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Gli outcome dell’OTLT: le aspettative del paziente e del medico

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Academic year: 2021

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Fin dai tempi dell’introduzione dell’ossigeno come agente terapeutico, molto è stato appreso sugli effetti nocivi dell’ipossiemia e sull’effetto benefico dell’ossige- noterapia nel correggere le complicazioni indotte dall’ipossiemia nei pazienti affetti da malattie polmonari in stadio avanzato. Attualmente l’ossigeno è conside- rato un farmaco altamente efficace per i pazienti ipossiemici: l’ossigenoterapia a lungo termine (OTLT) si è affermata come trattamento in grado di aumentare indiscutibilmente la sopravvivenza, migliorando contemporaneamente la qualità di vita dei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e ipossiemia. Questa affermazione si basa sui riscontri di numerose ricerche effet- tuate a partire dagli anni ‘60, fino alla pubblicazione dei due più importanti studi clinici controllati condotti in pazienti con BPCO: il Nocturnal Oxygen Therapy Trial (NOTT) e il British Medical Research Council (MRC) [1, 2]. Successivamente la OTLT è stata utilizzata anche nell’insufficienza respiratoria cronica dovuta ad altre patologie croniche polmonari, come la cifoscoliosi, la fibrosi e l’embolia pol- monare. In ogni caso, anche nella nostra esperienza (Fig. 1) la BPCO rimane la più frequente causa di ipossiemia cronica che necessita di OTLT.

Attualmente l’ampio numero di pazienti in terapia supplementare con ossige- no e gli alti costi necessari per la somministrazione di ossigeno domiciliare ren- dono indispensabile che il medico sia pienamente consapevole dei reali effetti della OTLT.

le aspettative del paziente e del medico

S. Tognella

BPCO Fibrosi Cifoscoliosi

Embolia polmonare Esiti tubercolari Neoplasmi Pneumoconiosi 80,6%

1,3%

2,6%

2,6%

2,9%

3,9%

6,1%

Fig. 1.Patologie trattate con OTLT negli ultimi dieci anni (1995-2004, n=309)

Nulla che sia del tutto nuovo è perfetto (Cicerone, Brutus)

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Effetti dell’ossigenoterapia a lungo termine sulla mortalità

Gli studi NOTT e MRC [1, 2] hanno chiaramente dimostrato che la OTLT aumen- ta la sopravvivenza nei pazienti con BPCO severa associata con ipossiemia a ripo- so ed entrambi hanno evidenziato che migliori risultati si ottengono con la tera- pia più continua possibile.

L’esatto meccanismo con cui la OTLT aumenta la sopravvivenza non è ancora completamente conosciuto ma si ritiene che giochi un ruolo fondamentale il miglioramento di molteplici variabili emodinamiche indotto dall’ossigenoterapia.

Studi clinici più recenti hanno però reso noti tassi di mortalità più alti rispet- to a quanto riferito nei primi studi, soprattutto nei soggetti di sesso maschile [3].

MacNee ha riscontrato che pazienti con BPCO più severa possono non ottenere un beneficio significativo dalla OTLT [4], mentre Soler at al. hanno rilevato che i pazienti ipossiemici con BPCO trattati con OTLT sembrano avere la medesima aspettativa di vita dei pazienti BPCO non ipossiemici [5].

In un’analisi di 10 anni dell’osservatorio francese ANTADIR (Association Nationale pour le Traitment à Domicile de l’Insuffisance Respiratoire Chronique), la sopravvivenza media dei pazienti con bronchite cronica è risultata essere di 3 anni, mentre è apparsa lievemente migliore per i soggetti affetti da bronchiectasie e asma e peggiore per coloro che sono portatori di enfisema polmonare [6]. In que- sto studio, i pazienti con cifoscoliosi e con malattie neuromuscolari hanno avuto la più alta sopravvivenza, mentre i pazienti con esiti di tubercolosi mostrano la mede- sima sopravvivenza di quelli con BPCO (3 anni). La prognosi risulta peggiore nei pazienti con pneumoconiosi o fibrosi: il 50% muore nell’anno successivo all’inizio della terapia domiciliare. L’associazione di una malattia ostruttiva cronica sembra inoltre peggiorare la prognosi dei cifoscoliotici e dei pazienti con malattie neuro- muscolari e porta la loro sopravvivenza vicina a quella dei pazienti BPCO.

Fra i pazienti con BPCO, il sesso maschile, la maggiore età, il basso indice di massa corporea (BMI), il FEV1 percento del predetto, la PaO2e la PaCO2 sono da considerarsi fattori prognostici negativi indipendenti. Per i soggetti affetti da esiti tubercolari e cifoscoliosi, il sesso femminile, la giovane età, l’alto BMI, la PaO2e la PaCO2 (e per la cifoscoliosi anche il miglior rapporto fra FEV1/capacità vitale [VC]) sono fattori prognostici favorevoli e indipendenti. Nella fibrosi polmonare bassi valori di PaO2, PaCO2, VC percento del predetto e alto rapporto FEV1/VC sono da considerarsi fattori prognostici negativi [6].

Come già riportato in altre parti di questo volume, l’esperienza del nostro gruppo coinvolge numerosi pazienti in OTLT seguiti per vent’anni: questi pazienti sono stati gestiti con un peculiare protocollo di assistenza domiciliare che includeva un controllo continuo telemetrico domiciliare della saturazione di ossigeno, della frequenza cardia- ca e del consumo di ossigeno [7].Abbiamo recentemente analizzato gli ultimi dieci anni di lavoro: nei 309 pazienti l’età media globale al momento dell’inizio della OTLT è stata di 70,7 anni±13,7 ds e la corrispondente età al termine della OTLT è stata di 76,8 anni±7,7 ds (Fig. 2). Dalla Figura 3 si evince che le femmine (30,4% dei soggetti) ini- ziano solitamente la OTLT almeno due anni dopo i maschi e che la durata media di vita dei soggetti in OTLT è inferiore a quanto atteso in Italia per uomini e donne rispettiva- mente, secondo i dati ISTAT. Al contrario delle donne, gli uomini in OTLT sembrano

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64 68 72 76 84

66 82 80 78

70 74

All’inizio Alla fine

Età (anni)

Femmine

ISTAT femmine ISTAT maschi Maschi

Fig. 3.Confronto tra le età medie dei pazienti maschi e femmine all’inizio e alla fine della OTLT tele- metrica rispetto alla durata media di vita in Italia (ISTAT) (n=309)

66 68 72 76 78

70 74

All’inizio Alla fine

Età (anni)

Totale Femmine Maschi

Fig. 2.Età media dei pazienti all’inizio del programma di OTLT e alla fine. L’ultimo valore corrisponde all’età media dei pazienti al momento del decesso in più del 98% dei casi. Sono indicate anche le età medie di maschi e femmine (n=309)

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avvicinarsi di più al previsto valore dell’ISTAT in termini di vita media.

La durata complessiva media della OTLT con telemetria è stata di 3,6 anni±2,8 ds, con un range compreso fra 0,12-13 anni. La Tabella 1 evidenzia che i cifosco- liotici rappresentano il gruppo più giovane di soggetti in OTLT (p<0,01), inizian- do l’ossigenoterapia molto prima degli altri pazienti e con la maggior durata di partecipazione al programma di OTLT con telemetria.

L’effetto positivo della OTLT telemetrica è anche enfatizzato dalla considera- zione che nell’ultima decade della nostra gestione domiciliare di gravi pazienti respiratori, il numero dei sopravvissuti è progressivamente aumentato, conside- rando l’elevato numero di nuove ammissioni al programma vs. il corrispondente numero di interruzioni di OTLT (>98% dovuto alla morte dei pazienti) (Fig. 4).

Mentre i benefici indotti dalla OTLT per i pazienti con BPCO associata a ipos- siemia <60 mmHg a riposo sono ben conosciuti, non è stato ancora stabilito se la terapia supplementare con ossigeno sia utile anche per i pazienti BPCO con ipos- siemia lieve-moderata [8-10]. Alcuni studi infatti [11, 12] non hanno riscontrato alcuna differenza dei tassi di sopravvivenza in pazienti BPCO con ipossiemia lieve-moderata (>56 mmHg) con e senza OTLT.

Effetti dell’ossigenoterapia a lungo termine sull’emodinamica polmonare

L’ipertensione polmonare (IP) è una complicanza frequente della BPCO in stadio avanzato e si sviluppa come risultato dell’ipossia alveolare cronica che induce il Tabella 1.Durata media della telemetria riferita alle diverse patologie trattate con OTLT

Età all’inizio Durata della OTLT

(media ± ds) (media ± ds)

Totale 70,7 anni ± 13,7 3,6 anni ± 2,8

(min. 0,2; max. 13)

BPCO 72,34 anni ± 8,5 3,6 anni ± 2,8

(min. 0,2; max. 13)

Fibrosi 71,9 anni ± 10,1 2,0 anni ± 2,0

(min. 0,4; max. 6,4)

Cifoscoliosi 59,2 anni ± 10,2 4,7 anni ± 0.9

(min. 3,6; max. 5,4)

Embolia polmonare 74,1 anni ± 6,9 4,0 anni ± 1,7

(min. 1,2; max. 6)

Esiti tubercolari 72,2 anni ± 8,4 1,5 anni ± 0,6

(min. 0,9; max. 2,4)

Neoplasmi 68,5 anni ± 5,2 3,2 anni ± 2

(min. 1,3; max. 6,8)

Pneumoconiosi 74,6 anni ± 3,1 3,2 anni ± 2

(min. 1,4; max. 4,6)

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rimodellamento della parete dell’arteria polmonare [13, 14]. I primi studi sull’uti- lizzo della OTLT nei pazienti con BPCO severa hanno valutato anche gli effetti sulla pressione dell’arteria polmonare (PAP) con risultati molto incoraggianti.

Nello studio MRC [1], i pazienti trattati con ossigeno per 15 ore/die hanno mostra- to la stabilizzazione dei valori di PAP durante quasi due anni di trattamento, men- tre nel gruppo di controllo senza ossigenoterapia la PAP è aumentata di 2,8 mmHg per anno. Nello studio NOTT [2], i pazienti trattati con ossigeno in continuo (18 ore/die) hanno mostrato una riduzione della PAP di 3 mmHg, in contrapposizio- ne alla mancanza di effetto registrata nei soggetti trattati con ossigeno per solo 12 ore al giorno. Weitzenblum et al. [15] hanno studiato l’emodinamica polmonare nei pazienti con BPCO prima e dopo l’introduzione dell’ossigenoterapia. Prima della OTLT, la PAP cresceva con una media di 1,5 mmHg/anno, mentre, nello stes- so gruppo di soggetti, l’inizio della OTLT (16 ore/die) ha indotto una riduzione della PAP di 2,2 mmHg/anno.

Più recentemente Zielinski et al. [16] hanno effettuato uno studio prospettico di 6 anni sull’emodinamica polmonare nei pazienti BPCO. Le conclusioni dello studio sono state che la OTLT per 14-15 ore/die induce una minima riduzione dell’IP dopo i primi due anni, seguita da un ritorno ai valori iniziali, con successi- va stabilizzazione della PAP nei 6 anni di osservazione: tale stabilizzazione a lungo termine della PAP si verifica malgrado il peggioramento della limitazione dei flus- si respiratori e dell’ipossiemia.

Si definisce cuore polmonare cronico (CPC) l’ipertrofia, la dilatazione o la dis- funzione del ventricolo destro (VD) dovuti a IP indotta da patologia o disfunzio- ne del sistema respiratorio. Il CPC, patologia frequente che negli Stati Uniti causa circa 80.000 morti all’anno, può derivare da numerosi ed eterogenei processi,

1995 52

1996-1998 75

1999-2001 80

2002-2004 82

15 30 63 61

N. di sopravvissuti

N. di pazienti che terminano la OTLT N. di pazienti che iniziano la OTLT

37 112 82 162 99 181 120

Fig. 4.Variazione nel numero di sopravvissuti con OTLT telemetrica nell’ultimo decennio (1995-2004, n=309)

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primo fra tutti la BPCO, che portano all’evidenza di un quadro clinico caratteri- stico [17].

Gli obiettivi del trattamento del CPC includono il sollievo dei sintomi di insuf- ficienza cardiaca destra, il miglioramento della capacità funzionale e della sorav- vivenza. Tali obiettivi possono essere raggiunti tramite la correzione operativa dei principali meccanismi patofisiologici: ipossiemia, acidosi, aumento delle resisten- ze vascolari polmonari e attivazione neuro-ormonale.

Scopo della OTLT è quello di ridurre l’ipossiemia tissutale e la vasocostrizione ipossica polmonare, aumentando così la sopravvivenza dei pazienti affetti da CPC [1, 2]. L’ossigenoterapia dovrebbe essere considerata la prima scelta per ridurre il postcarico del VD nei pazienti ipossemici con CPC, tenendo anche in considera- zione che è in grado di ridurre la vasocostrizione renale e migliora la distribuzio- ne dell’ossigeno agli organi “critici”, inclusi cuore e cervello [18].

In conclusione, uno degli effetti benefici della OTLT è l’eliminazione della ipos- sia alveolare con conseguente prevenzione della IP e della comparsa dei segni cli- nici del CPC. Negli anni ’50, un gran numero di pazienti con BPCO è morto per scompenso destro, mentre oggi, grazie alla OTLT, il quadro sembra essere cambia- to. Infatti, in un recente studio multicentrico, solo il 13% dei pazienti in OTLT è deceduto per scompenso destro, mentre la maggior parte dei pazienti è morta per il peggioramento della insufficienza respiratoria di per sé [19].

Effetti dell’ossigenoterapia a lungo termine sul sonno

Le Linee Guida della American Thoracic Society [20] sulla diagnosi e il tratta- mento della BPCO raccomandano di aumentare di 1 l/min il flusso dell’ossigeno durante il sonno nei pazienti in OTLT al fine di prevenire le desaturazioni nottur- ne, che rappresentano un evento più frequente nei pazienti “blue bloater”.

Esistono numerosi meccanismi che possono essere considerati responsabili delle desaturazioni notturne nei pazienti con BPCO. Durante il sonno la ventila- zione minuto si riduce, in modo simile nei soggetti normali e in quelli con BPCO, e la maggior parte degli eventi si verifica durante il sonno REM. Respiri irregola- ri, soprattutto se rapidi e superficiali che aumentano lo spazio morto fisiologico, e l’ipoventilazione sono responsabili di questo fenomeno [21]. La riduzione dell’at- tività dei muscoli intercostali e l’aumento delle resistenze delle alte e basse vie aeree contribuiscono a peggiorare la riduzione della ventilazione alveolare. Il nuovo setting dei centri di controllo respiratori indotto dalla elevata PaCO2con bassa PaO2durante il sonno riduce inoltre la risposta ventilatoria alle alterazioni dei gas ematici [22]. L’assenza del riflesso della tosse durante il sonno nei pazien- ti con alterazione della clearance mucociliare aumenta inoltre lo squilibrio del rapporto ventilazione/perfusione indotto dalla ritenzione di muco nelle piccole vie aeree. L’ipoventilazione e l’aumento del rapporto ventilazione/perfusione inducono episodi di ipossiemia transitoria, soprattutto durante il sonno REM [23].

L’importanza clinica di questi episodi di desaturazione notturna nei soggetti BPCO è ancora dibattuta. Fletcher et al. hanno riscontrato che circa il 25% dei pazienti con BPCO con una PaO2 diurna superiore a 60 mmHg mostra episodi di desaturazione notturna [24]: coloro che desaturano hanno PAP più elevata a ripo-

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so e durante l’esercizio [25]. In un altro studio, durante un follow-up di 3 anni, i soggetti con desaturazione notturna trattati con OTLT hanno mostrato una ridu- zione della PAP, al contrario del gruppo di controllo in cui la PAP è aumentata e in cui si è registrata una ridotta sopravvivenza [27].

Tuttavia, un lavoro di Chaouat et al. [28] non ha confermato che le desatura- zioni notturne nei pazienti con BPCO con PaO2diurna superiore a 55 mmHg com- portino un aumento permanente della PAP.

Generalmente è stato riscontrato che i livelli di PaO2 durante il giorno correla- no bene con le desaturazioni notturne [29], nonostante esistano ampie variazioni individuali dell’ipossiemia notturna nei pazienti con BPCO. I dati di Plywaczewski [30] hanno confermato che è piuttosto difficile predire le desaturazioni notturne dagli indici spirometrici e dai valori diurni di PaO2, mentre il miglior indice pre- dittivo sembra essere la PaCO2diurna.

In conclusione, circa metà dei pazienti con BPCO in OTLT mostra ipossiemia notturna nonostante l’inalazione di ossigeno a un dosaggio che assicura una sod- disfacente ossigenazione diurna: ci si deve pertanto aspettare la presenza di desa- turazioni durante il sonno soprattutto nei pazienti con PaCO2 superiore a 45 mmHg e PaO2inferiore a 65 mmHg durante la somministrazione di ossigeno.

Le desaturazioni durante il sonno si possono presentare inoltre in pazienti non qualificati per la OTLT tradizionale, come per esempio i soggetti con PaO2diurna superiore a 55-60 mmHg [31]. L’ossigenoterapia notturna potrebbe essere giustifi- cata se l’ipossiemia notturna dimostrasse effetti deleteri sull’aspettativa di vita, cosa che non è stata a oggi confermata in modo soddisfacente [32], e sull’emodinamica polmonare, evento piuttosto controverso. I risultati di due studi iniziali [33, 34], che suggerivano un aumentato rischio di sviluppare ipertensione polmonare nei sog- getti con desaturazione notturna senza marcata ipossiemia diurna, non sono stati confermati da lavori più recenti con maggiore numerosità di pazienti [35]. Lo studio di Chaouat ha evidenziato che l’ossigenoterapia notturna in soggetti che non hanno i criteri per la OTLT convenzionale ma con desaturazioni notturne non interferisce in alcun modo con la progressiva evoluzione dell’emodinamica polmonare [35]: gli autori concludono che probabilmente la sola prescrizione di ossigenoterapia not- turna non è giustificata nei pazienti con malattie polmonari ostruttive croniche.

Effetti dell’ossigenoterapia a lungo termine sull’esercizio fisico

È stato dimostrato che nei pazienti con BPCO con lieve ipossiemia a riposo la somministrazione di ossigeno durante lo sforzo fisico porta a un miglioramento acuto della tolleranza all’esercizio e della dispnea [36, 37]. Tuttavia, non è stato ancora chiarito in quali tipi di pazienti con BPCO tale miglioramento sia più evi- dente; inoltre risulta difficile predire in quali pazienti la somministrazione di ossi- geno possa essere più efficace o importante [36, 38].

È stato suggerito che i meccanismi che portano al miglioramento nella tolle- ranza all’esercizio da parte dell’ossigenoterapia siano multifattoriali e includano il sollievo della dispnea, la prevenzione della desaturazione durante lo sforzo, il miglioramento dell’emodinamica polmonare, la riduzione della ventilazione e della iperinsufflazione dinamica associata, il miglioramento della distribuzione

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dell’ossigeno e del metabolismo ossidativo dei muscoli respiratori e periferici durante l’esercizio [38-40].

Woodcock et al. [36] hanno dimostrato che la somministrazione di ossigeno induce un aumento del 12% della distanza percorsa durante il test del cammino di 6 minuti e un miglioramento della dispnea del 16% nei pazienti “pink puffer”.

Tuttavia, in questo studio non è stata trovata una correlazione significativa tra l’entità di questi miglioramenti e i riscontri sull’emodinamica polmonare e i valo- ri dei gas ematici a riposo.

Fujimoto et al. hanno confermato che il supplemento di ossigeno aumenta signi- ficativamente la prestazione durante l’esercizio dei pazienti con BPCO con lieve ipos- siemia a riposo [41]. In questo studio il miglioramento è stato più accentuato nel gruppo di pazienti con BPCO moderata-severa rispetto a quelli con BPCO lieve e si correlava negativamente con %FEV1, mentre non era associato con la PaO2 a riposo o con il grado di desaturazione registrato durante il test del cammino.

Lo studio di Fujimoto sembra suggerire che la somministrazione di ossigeno induca un miglioramento della resistenza all’esercizio maggiore nei pazienti con BPCO con una severa ostruzione delle vie aeree, nonostante questi soggetti possa- no avere una lieve ipossiemia a riposo o durante lo sforzo fisico.

È stato dimostrato che l’ossigenoterapia può portare a un miglioramento significa- tivo della tolleranza all’esercizio fisico e della mancanza di respiro nei pazienti con BPCO in cui si riscontra ipossiemia da sforzo [42], mentre lo stesso fenomeno non è stato ancora sufficientemente studiato nei pazienti senza ipossiemia da esercizio.

Somfay et al. [43] hanno recentemente pubblicato uno studio da cui risulta che la somministrazione di ossigeno riduce significativamente il punteggio della dispnea, l’iperinflazione dinamica ricavata dai risultati delle manovre di capacità inspiratoria, la ventilazione e la frequenza respiratoria durante l’esercizio anche nei pazienti non ipossiemici con BPCO severa. Questo miglioramento sembra correlare con la ridu- zione dell’iperinflazione dinamica che si sviluppa facilmente nei pazienti con BPCO con severa ostruzione al flusso aereo e iperinsufflazione, con effetti deleteri sulla meccanica dei muscoli respiratori, contribuendo così al peggioramento della sensa- zione di mancanza di respiro e alla limitazione della capacità allo sforzo fisico [44].

Non appare perciò sorprendente che l’effetto dell’ossigeno sia più accentuato nei sog- getti con maggior ostruzione al flusso aereo. Ciò suggerisce che il miglioramento della tolleranza allo sforzo e della dispnea sia il risultato dell’ossigenoterapia per i pazienti con severa ostruzione delle vie aeree, e che l’ipossiemia lieve possa essere principalmente correlata alla riduzione della iperinflazione dinamica indotta dalla riduzione dell’aumento della ventilazione durante l’esercizio.

Effetti dell’ossigenoterapia a lungo termine sulla disfunzione cognitivo-neurologica e sulla qualità di vita

I pazienti con BPCO severa mostrano anche un danno cognitivo, ansia e depres- sione, con maggior frequenza rispetto alla popolazione generale. Molteplici fatto- ri, non solo sociali e fisici, ma anche le aspettative del paziente, le loro speranze e paure possono contribuire a danneggiare lo stato di salute dei pazienti con BPCO severa. La dispnea da sforzo può aumentare l’ansia e indurre una perdita del con-

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trollo al di là della malattia. Jones et al. hanno pubblicato uno studio da cui risul- ta che, benché il 50% della variabilità nei questionari specifici per la qualità di vita possa essere spiegata dalla tosse, dal broncospasmo e dalla distanza percorsa nel cammino e dall’ansia, il rimanente 50% di variabilità nel punteggio è attribuibile ad altri fattori [45]. La ragione della disfunzione psicologica nei pazienti con ipos- siemia cronica è ampiamente sconosciuta: non è probabile che siano importanti gli effetti dell’ipossia sul cervello mentre è possibile che siano in causa alcune atti- vità su alcuni neurotrasmettitori cerebrali, accoppiati con gli effetti dell’invecchia- mento di questa popolazione [45].

È molto difficile valutare la possibile relazione fra disfunzione neuropsichia- trica e OTLT. Alcuni dati dello studio NOTT hanno evidenziato un miglioramento della funzione neuropsichiatrica, che sembra migliore nel gruppo trattato con ossigenoterapia continua rispetto al gruppo con ossigeno solo notturno, special- mente nei riscontri a 12 mesi [46]. Nessun altro valido studio controllato ha con- fermato questi riscontri; tuttavia McIntyre ha rivisto numerosi studi storici o caso-controllo, riscontrando che la OTLT non migliora necessariamente il punteg- gio neuropsichiatrico, benché l’ossigenoterapia risulti in grado di stabilizzare que- sti sintomi [47].

Molteplici studi hanno evidenziato che la qualità di vita (QV) peggiora nei sog- getti ipossiemici con BPCO [48, 49]. Inoltre, in pazienti con ipossiemia moderata- severa, il punteggio della qualità di vita è correlato al grado di ipossiemia se viene misurato con un questionario specifico per la patologia [50]. Tuttavia pochi studi hanno valutato l’impatto della OTLT sulla qualità di vita e i risultati disponibili sono conflittuali. In uno studio ancillare del NOTT, non si è dimostrato, in sei mesi, un miglioramento della qualità di vita dei pazienti con BPCO ipossici tratta- ti con ossigeno se confrontati con gruppo di controllo paragonabile per età senza BPCO [51]. Okubadejo et al. [52] hanno pubblicato risultati simili [53, 54] non ritrovando cambiamenti nella qualità di vita dei pazienti con BPCO dopo sei mesi di OTLT: al contrario esistono alcune pubblicazioni che riportano un migliora- mento della qualità di vita dopo l’inizio della OTLT [55, 56].

La qualità di vità può inoltre essere peggiorata dalla disfunzione erettile che è molto comune negli uomini con insufficienza respiratoria e ipossiemia. Nello stu- dio di Aasebo, il 42% dei pazienti ha sperimentato la risoluzione dell’impotenza sessuale durante OTLT: i responder, al contrario dei non-responder, evidenziavano un aumento della PaO2arteriosa e del testosterone sierico e una riduzione della globulina legante l’ormone sessuale [57].

Effetti dell’ossigenoterapia a lungo termine sull’ospedalizzazione

Nonostante i costi dell’ossigenoterapia siano elevati, sono stati dimostrati rilevan- ti vantaggi economici derivanti dalla riduzione delle ospedalizzazioni correlati all’ossigenoterapia stessa. Un primo studio degli anni settanta e due altri studi recenti, che includevano un piccolo numero di pazienti che fungevano da control- lo verso se stessi, hanno indicato che la OTLT riduce il numero di ospedalizzazio- ni [58, 59]. Tuttavia, lo studio MRC, che prevedeva un gruppo di controllo rando- mizzato, non è riuscito a dimostrare questo vantaggio della OTLT [1]. Oggi è con-

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siderato non etico effettuare studi controllati verso placebo nei pazienti con BPCO ipossiemici. Inoltre, studi in cui i pazienti rappresentano anche i controlli di se stessi possono essere falsati dal fatto che la frequenza delle ospedalizzazioni e la decisione di prescrivere la OTLT possono essere fra loro correlate: il medico può essere più propenso a iniziare l’ossigenoterapia nei pazienti con ricoveri frequen- ti piuttosto che in quelli stabili. La riduzione dei ricoveri dopo l’inizio della OTLT potrebbe inoltre riflettere semplicemente il fenomeno di “regressione verso la media”, un errore che non è stato focalizzato negli studi precedenti [58, 59].

0 0,5 1,5 2,0 2,5

1,0

1 anno prima Primo anno Secondo anno Terzo anno 1 anno prima Primo anno Secondo anno Terzo anno

0 10 20 30 40

5 35

15 25

N. ospedalizzazioni/annoGiorni di ricovero/anno

BPCO Fibrosi

Fig. 5.Frequenza e durata dell’ospedalizzazione prima dell’inizio della OTLT e durante i tre anni di OTLT telemetrica attiva

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Tendendo conto di tutto ciò, l’effetto della OTLT sull’ospedalizzazione è stato valu- tato da Ringbaek in un ampio studio in cui i pazienti fungevano da controllo di se stessi [60]. Inoltre, posto che non tutti i pazienti utilizzano l’ossigeno per il nume- ro di ore prescritte (almeno 15/die), gli Autori hanno valutato se l’aderenza alla terapia potesse avere un impatto sull’ospedalizzazione. Gli Autori hanno concluso che nei pazienti ipossiemici con malattie ostruttive croniche l’OTLT è associata a una riduzione del numero di giorni trascorsi in ospedale e che questo effetto bene- fico sembra riflettere un effetto della terapia di per sé piuttosto che un fenomeno di “regressione verso la media” [60]. Dati simili derivano anche dalla nostra espe- rienza: analizzando l’anno precedente l’inizio della OTLT e i tre anni successivi all’attivazione del programma di OTLT con telemetria, abbiamo riscontrato una sostanziale riduzione del numero di ricoveri, in particolare dei pazienti con BPCO verso i fibrotici (Fig. 5): nei pazienti con fibrosi polmonare infatti il numero dei giorni di ricovero non si riduce significativamente. Questo particolare andamento sembra suggerire che, nonostante si possano evitare alcuni ricoveri anche nelle fibrosi polmonari, quando le condizioni cliniche precipitano rendendo indispen- sabile l’ospedalizzazione, la durata del ricovero non può essere ridotta, probabil- mente perché, sfortunatamente, questi pazienti stanno procedendo verso la con- dizione di “stadio finale” dei loro polmoni.

Effetti dell’ossigenoterapia a lungo termine sullo stato di nutrizione

L’associazione fra malnutrizione, perdita di peso e mortalità è stata dimostrata nei pazienti con BPCO, ma l’influenza prognostica della malnutrizione non è stata esaustivamente valutata nei soggetti con più grave BPCO trattata con OTLT. Toth et al. hanno suggerito che lo stato nutrizionale è strettamente correlato con la pro- gnosi nei pazienti con insufficienza respiratoria cronica trattati con ossigenotera- pia domiciliare: in questi pazienti, un basso BMI, bassi livelli di colesterolo pla- smatici, e bassi livelli di albumina sono correlati a una peggior sopravvivenza a 2 anni [61]. Lo studio di Chailleux ha evidenziato che la carenza nutrizionale defi- nita dal basso BMI è associata con una aumentata mortalità e con un tasso di ospe- dalizzazione più elevato, indipendentemente dalla gravità dell’ostruzione delle vie aeree, in una ampia popolazione di pazienti ipossiemici BPCO trattati con OTLT.

In questo studio la miglior sopravvivenza e il più basso tasso di ospedalizzazione sono stati osservati nei soggetti obesi [62]. Questo sorprendente riscontro è stato confermato anche da altri Autori [63-65], benché l’obesità sia usualmente associa- ta con una aumentata mortalità indotta prevalentemente dall’aumentato rischio cardiovascolare. Non ci sono meccanismi patogenetici chiari che possano spiega- re come l’obesità migliori la sopravvivenza dei paziente con BPCO severa. È stato suggerito che i pazienti obesi con BPCO siano più protetti dalla riduzione della massa cellulare corporea durante i periodi di malattia acuta a causa di maggiori riserve energetiche [64]. Un’altra ipotesi sostiene che l’obesità possa contribuire di per sé alla riduzione del FEV1, in modo tale che i soggetti obesi classificati come pazienti con BPCO severa abbiano in realtà una bronco-ostruzione meno grave e quindi una migliore sopravvivenza [66].

In conclusione, la OTLT rappresenta l’unico intervento terapeutico in grado di

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aumentare l’aspettativa di vita di questi pazienti e di migliorare la qualità di vita, soprattutto se associata alla riabilitazione respiratoria. I benefici specifici della OTLT includono il miglioramento del cuore polmonare, della funzione cardiaca e della policitemia, l’aumento del peso corporeo, il miglioramento delle funzioni neuropsichiatriche e della resistenza all’esercizio fisico, la riduzione dell’iperten- sione polmonare, il miglioramento del metabolismo muscoloscheletrico e la pos- sibile scomparsa della impotenza sessuale; inoltre l’uso ambulatoriale della ossi- genoterapia è in grado di ridurre la necessità di ospedalizzazione.

Bibliografia

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