Latte alimentare
Come si osserva in tabella 1, il prez- zo del latte a destinazione alimentare subisce delle forti oscillazioni legate al mercato mondiale e ai mercati interni.
Dall’altro lato, sul fronte dei costi, il co- sto di produzione totale è in costante aumento (+24% nel quadriennio) anche a causa dell’incremento del costo dei mangimi. Il dato interessante è che il prezzo del latte, da solo, nel quadrien- nio analizzato non è mai in grado di coprire il costo di produzione, ma nel rapporto con i costi tende sempre a coprire tra l’80 e il 90% dei costi tota- li. Il restante 10-20%, come è noto, vie- ne compensato da premi pac e ricavi carne oppure non viene compensato e l’azienda va in perdita.
Il tasso di sostituzione delle aziende monitorate dall’indagine Crpa negli ul- timi anni è stato elevato, in pratica le aziende in cui il prezzo in media non riesce a coprire l’80% dei costi tota- li in pochi anni si trovano costrette a chiudere.
Latte
per Parmigiano-Reggiano
Per quanto riguarda i produttori di Parmigiano-Reggiano anche in questo caso il prezzo del latte è stato volatile e i costi di produzione in continua cre- scita (+14% nel quadriennio). Fortuna- tamente le quotazioni del formaggio e quindi del latte, in particolare nel 2010 e nel 2011, sono riuscite a coprire com- pletamente i costi di produzione.
Anche in questo caso nei periodi di quotazioni basse le aziende attive sono quelle il cui costo di produzione riesce a essere coperto per almeno l’80% dal prezzo del latte (tabella 2).
A guardare questi numeri, se an- dassimo a ragionare solo in termini di profi tto (ricavi totali – costi totali) la nostra zootecnia da latte sarebbe già scomparsa.
La redditività e la resistenza della aziende zootecniche è invece legata
Il prezzo del latte copre solo il 90% dei costi di produzione
di
Alberto Menghi, Ermanno Comegna
S
ono in molti a chiedersi co- me mai, nonostante con un prezzo del latte che nel 2013 ha raggiunto livelli tra i più alti dell’ultimo quadriennio, le con- segne di latte nell’ultimo anno siano in costante calo e le aziende da latte continuino a diminuire. Per avere una risposta bisogna andare a vedere la redditività complessiva delle aziende da latte negli ultimi anni.Dalle analisi effettuate dal Crpa su campioni di aziende reali distinte per destinazione del latte è possibile vedere la variazione dei prezzi e dei costi di produzione nell’ultimo qua- driennio (2009-2012).
INDAGINE CRPA SUI COSTI DI PRODUZIONE DEL LATTE NEL 2013
●
Nel migliore dei casi il prezzo del latte copre il 90% del costo totale di produzione, quando
tale valore scende sotto l’80% l’allevamento chiude.
Nei prossimi anni si rischia che la capacità produttiva nazionale subisca una riduzione ovvero
che gli allevamenti più performanti non sopperiscano alla mancata produzione di quelli che chiudono
TABELLA 1
- Costi e ricavi (Iva inclusa) di produttori di latte alimentare 2009-2012 (euro/100 kg)
2009 2010 2011 2012
Numero medio di vacche allevate
100 91 90 88Produzione media per vacca
8.962 9.182 9.315 9.102Prezzo del latte alimentare
39,85 41,74 47,33 46,68Altri ricavi (carne e sussidi pac)
7,95 7,98 6,91 7,34Costo di produzione totale
46,09 48,78 53,89 57,24di cui mangimi acquistati
11,22 11,51 13,94 15,60 Prezzo del latte su costo totale (%) 86 86 88 82Fonte: elaborazione Crpa su dati del servizio online per il calcolo della redditività delle aziende da latte Milk Money.
Il prezzo del latte nel campione copre meno del 90%
dei costi di produzione, il profi tto dell’impresa rimane negativo; la manodopera e i fattori di produzione apportati dall’allevatore restano sottoremunerati.
TABELLA 2
- Costi e ricavi (Iva inclusa)
di produttori di latte per Parmigiano-Reggiano 2009-2012 (euro/100 kg)
2009 2010 2011 2012
Numero medio di vacche allevate
123 142 134 126Produzione media per vacca
7.478 7.415 7.474 7.693Prezzo del latte
43,75 59,30 61,89 55,10Altri ricavi (carne e sussidi pac)
6,19 6,19 6,43 6,12Costo di produzione totale
53,32 54,67 60,82 60,85di cui mangimi acquistati
14,89 17,48 19,59 19,60 Prezzo del latte su costo totale (%) 82 108 102 91Fonte: elaborazione Crpa su dati del servizio online per il calcolo della redditività delle aziende da latte Milk Money.
Il prezzo del latte solo in due casi supera il costo pieno di produzione e remunera a pieno i fattori di produzione apportati dall’agricoltore (manodopera, capitale fondiario, capitale circolante).
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• supplemento a L’Informatore Agrario 4/2014
ECONOMIA
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alla differenza esistente tra il prezzo del latte e i costi di produzione espliciti che in sintesi esprime il margine lordo e cioè quello che resta in tasca all’alle- vatore dopo aver pagato tutte le spese dei fornitori di beni e servizi.
Dal grafi co 1 si osserva l’andamento del margine lordo per le diverse desti- nazioni del latte in Italia nel quadrien- nio 2009-2012.
Dopo una situazione molto diffi ci- le registrata nel 2009, uno dei peg- giori anni di crisi per i produttori di latte italiani, il margine era decisa- mente migliorato, con un aumento dei prezzi del latte soprattutto per i produttori legati a prodotti dop nel 2010-2011.
Contemporaneamente, però, cresce- vano in modo più che proporzionale i costi di produzione del latte, in parti- colare trainati dall’aumento dei prezzi delle materie prime per l’alimentazio- ne del bestiame.
In pratica, i margini nel 2012 si so- no riportati ai livelli del 2009. Per dare un’idea, un’azienda media con un centi- naio di vacche che ipotizziamo produca latte alimentare per 800.000 kg, a fi ne 2012 si ritrova in tasca circa 70.000 euro che diffi cilmente riescono a coprire/re- munerare la manodopera familiare, la terra in proprietà, i capitali investiti e gli ammortamenti di macchine e fab- bricati aziendali.
Rispetto al 2009 però, il livello di fra- gilità delle aziende è aumentato a cau- sa della combinazione di diversi fat- tori. In primo luogo sono aumentati i costi diretti e quindi le spese neces-
sarie per saldare i fornitori. In queste fasi di alti e bassi dei prezzi, le aziende possono trovarsi in crisi di momenta- nea liquidità, ma proprio a causa della crisi generale non trovano i fornitori propensi ad accettare ritardi nei paga- menti. A chiudere il cerchio di questo circolo vizioso troviamo gli istituti di credito, che con crescente diffi coltà concedono prestiti alle aziende agri- cole, per cui situazioni che fi no a qual- che anno fa venivano risolte in modo semplice in questo periodo trovano ostacoli quasi insormontabili, che si traducono spesso in crisi aziendali ir- reversibili.
Le soluzioni alla crisi del settore
L’indagine periodica condotta dal Crpa sui conti economici degli alleva- menti che producono latte bovino in Italia conferma come la situazione sia piuttosto critica, aggravata peraltro dal- la turbolenza del mercato dei prodotti fi niti (materia prima
latte) e dei più im- portanti fattori della produzione (alimen- ti zootecnici e pro- dotti energetici).
Nelle aree del Pae- se dove ancora re-
siste la zootecnia da latte si avverte un diffuso disagio degli imprenditori agricoli, alcuni dei quali stanno seria- mente pensando di prendere in con- siderazione l’ipotesi di abbandonare defi nitivamente il settore.
Vero è che da tanti anni a questa parte c’è stato un costante esodo che ha già abbondantemente decimato gli allevamenti presenti sul territorio. No- nostante ciò, vi è il rischio che tale evoluzione possa proseguire e maga- ri accentuarsi in futuro, comportando però, a differenza di quello che è acca- duto fi no a oggi, un ridimensionamen- to globale della potenzialità produttiva nazionale e magari una ulteriore con- centrazione nei pochi bacini produttivi più performanti.
Va sottolineato, infatti, come da qualche decennio a questa parte il nu- mero di allevamenti si sia ridimensio- nato, ma ciò non abbia comportato una diminuzione delle consegne che fi no alla metà del 2011 hanno continuato a crescere, toccando gli 11 milioni di tonnellate di latte per anno, sempre al limite dello sforamento quote.
Con il trend degli ultimi mesi, il ri- schio che potrebbe materializzarsi in futuro è quello della contestuale dimi- nuzione del numero degli allevamen- ti e della produzio- ne di latte. Sarebbe una vera catastrofe per un settore che è determinante al- l’interno del siste- ma agroalimenta- re italiano e che va assolutamente scongiurata, con azio- ni mirate di politica agraria, senza trascurare l’esigenza di un nuovo ap- proccio in termini di comportamenti da parte degli attori economici del- la fi liera.
35 30 25 20 15 10 5
Margine lordo (euro/100 kg)0
Parmigiano-
Reggiano Grana Padano Latte alimentare
2009 2010 2011 2012
GRAFICO 1
- Margine lordo in base
alla destinazione del latte nell’ultimo quadriennio (euro/100 kg)
Il margine lordo è mediamente più alto per i produttori di latte destinato a Parmigiano-Reggiano e Grana Padano rispetto a quello rilevato per i produttori di latte alimentare.
Fonte: elaborazione Crpa su dati del servizio on-line per il calcolo
della redditività delle aziende da latte Milk Money.
Da diversi anni il numero di allevamenti si è ridotto,
ma nonostante ciò le consegne hanno continuato a crescere fi no a 11 milioni di tonnellate di latte all’anno, al limite dello sforamento quote
Gli istituti di credito concedono con crescente diffi coltà prestiti
alle aziende agricole
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supplemento a L’Informatore Agrario •4/2014© 2014 Copyright Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l.
Qual è allora una ragione- vole ricetta che può essere applicata in Italia per ridare smalto alla produzione di lat- te bovino?
Sono state individuate tre misure che di seguito vengo- no presentate.
La prima.
È necessario miglio- rare l’organizzazione del siste- ma lattiero-caseario lungo tut- ti i canali della fi liera, a partire da coloro che forniscono ser- vizi, innovazioni e fattori del- la produzione, per fi nire con l’anello terminale della com- mercializzazione dei prodotti fi niti. Oggi la componente de- bole e più esposta ai fenomeni di instabilità che coinvolgono ilsistema è sicuramente l’allevatore, sog- getto sul quale si scaricano le tensioni e l’ineffi cienza. È suffi ciente rifl ettere su come la compagine agricola si presen- ta nei riguardi dell’industria acquiren- te per negoziare il rinnovo del prezzo del latte crudo alla stalla, per render- si conto di quanta strada debba anco- ra essere percorsa prima di arrivare a una situazione accettabile.
È curioso evidenziare come, mentre l’Unione Europea con il pacchetto lat- te spinge verso l’aggregazione in or- ganizzazioni produttori e in organi- smi interprofessionali, in Italia ci sia ancora un modello di relazioni eco- nomiche che defi nire antiquato è una benevolenza.
Il latte è una materia prima grezza (commodity) e indifferenziata che so- lo in poche fortunate circostanze si presta a essere trattata con le moder- ne politiche di marketing della fi liera corta, della vendita diretta e l’utilizzo virtuoso con il legame del territorio. La grande maggioranza del latte prodotto in Italia è consegnato all’industria di trasformazione, per metà di tipo coo- perativo e per metà di tipo privato ca- pitalistico di piccola, media e grande dimensione che, peraltro, è in forte concorrenza, agendo spesso sugli stes- si segmenti di mercato.
Come può un singolo allevatore fron- teggiare il potere contrattuale degli ac- quirenti, se si presenta isolato nei con- fronti del proprio interlocutore?
Ecco allora che diventa imperativo costituire sul territorio delle op in gra- do di rappresentare la produzione ita- liana di latte e di valorizzarla commer- cialmente sul mercato, con operatori esperti in grado di collocare al meglio
il prodotto e fare in modo di restituire all’allevatore una parte della ricchez- za prodotta lungo la catena del valore che oggi non riesce a intercettare per effetto del defi cit organizzativo.
La nuova pac 2014-2020 offre interes- santi opportunità per procedere verso una più funzionale organizzazione dei produttori di latte. In particolare ciò po- trà avvenire combinando misure e inter- venti contenuti nella nuova ocm unica e nel regolamento dello sviluppo rurale, senza dimenticare che il nuovo regime del sostegno specifi co potrà parimenti essere utilizzato per facilitare la trasfor- mazione di cui si avverte la necessità.
La seconda.
Nei prossimi anni van- no ridotti gli oneri amministrativi e burocratici che gravano sugli alleva- tori. Ripetutamente le organizzazioni agricole e gli stessi produttori di latte singolarmente hanno parlato, anche di recente, di un insopportabile costo generato dalla burocrazia, con incom- benze quali la registrazione dei farma- ci, la tenuta e l’aggiornamento della Anagrafe bovina, i numerosi requisiti richiesti dalla sicurezza sul lavoro e la sorveglianza sanitaria, i costosi adem- pimenti per le valutazioni e le autoriz- zazioni di natura ambientale.Le competenti amministrazioni regio- nali e nazionali, devono, una volta per tutte, acquisire la consapevolezza che è stato superato il limite di sopportazione da parte dell’impresa e non si può pre- tendere che un’azienda agricola dedichi eccessive risorse lavorative, organizzati- ve e fi nanziarie per adempimenti buro- cratici che magari possono essere giusti- fi cati soltanto a livello di medie e grandi imprese artigianali e industriali.
È necessario concentrare controlli, verifi che e valutazio- ni in un solo adempimento, fa- cendo in modo che l’imprendi- tore si assuma direttamente la responsabilità nei confron- ti dell’amministrazione, uti- lizzando in maniera ampia il dispositivo della autocertifi - cazione o della certifi cazione unica da parte di enti esterni.
La terza.
Bisogna favorire l’accesso al credito e ai nuovi strumenti di ingegneria fi nan- ziaria da parte delle imprese zootecniche. Come è stato di recente messo in evidenzia dal Rapporto trimestrale del- l’Osservatorio sul credito di Ismea nel periodo 2007-2012, il credito agrario ha subìto una erosione media annua di 3 punti percentuali. Per que- sto va incentivata la tenuta di bilanci aziendali che mettano in evidenza non tanto i profi tti, che come abbiamo vi- sto sono spesso negativi, quanto i mar- gini aziendali che esprimono la reale capacità di generare reddito da parte delle aziende agricole. La presenza dei bilanci permetterebbe alle banche di disporre dei parametri oggettivi per valutare la concessione dei crediti.La nuova politica di sviluppo rurale 2014-2020 deve rappresentare l’occa- sione per invertire la tendenza e per impostare in Italia nuovi e più funzio- nali strumenti di ingegneria fi nanzia- ria in grado di favorire il processo di investimento nel settore agricolo in generale e nella zootecnia da latte in particolare. Tali interventi potrebbero essere utilmente predisposti e perse- guiti da subito in Italia, anche grazie ai nuovi strumenti messi a disposizione dalla pac 2014-2020.
Sicuramente, in prospettiva, ci sa- rebbero altre misure che pure possono funzionare come argine al rischio di un indebolimento eccessivo del siste- ma produttivo lattiero-caseario italia- no. Intanto, però, si inizia da qualche primo elemento fermo.
Alberto Menghi Crpa, Reggio Emilia Ermanno Comegna Collaboratore de L’Informatore Agrario
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È importante costituire sul territorio delle op
che permettano di meglio rappresentare le produzioni italiane di latte e valorizzarle economicamente sul mercato
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