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Propulsori pulsati a solido
2.1 - Introduzione
primi studi su acceleratori di questo tipo risalgono ai primi anni ’60. Fin da subito risultarono evidenti i pregi di questi propulsori per utilizzi spaziali. Le caratteristiche più attraenti erano la semplicità, la robustezza, il breve tempo di sviluppo ed i bassi costi di produzione. Per questi motivi il PPT (Pulsed Plasma Thruster) fu reso operativo molto presto, addirittura prima di altri prototipi di SPT (Stationary Plasma Thruster) che promettevano efficienze ben superiori ma solo dopo decine di anni di studio in laboratorio.
Il primo PPT ad entrare in orbita fu quello montato sullo Zond 2, lanciato verso Marte dagli ingegneri dell’ex Unione Sovietica nel 1964. Il suo compito era quello di mantenere il controllo in assetto del velivolo.
Da quel momento in poi molti altri PPTs cominciarono ad essere sempre più utilizzati, sempre per compiti di controllo, ad esempio nel 1974 a bordo di una stazione meteorologica SMS (Synchronous Metereological Satellite); come conferma della affidabilità di questi acceleratori basti pensare che nel 1968 il PPT montato sul satellite LES-6 ha avuto una durata in servizio di 10 anni.
Successivamente nel 1981 a bordo del sistema di navigazione dei satelliti della serie Navy Transit, dei PPT si sono occupati del mantenimento di un’orbita drag- free e lo hanno fatto per circa 28 anni.
Ecco uno schema di alcuni PPTs utilizzati nel corso di varie missioni:
I
Propulsore
E
0( ) J
TipoI
s( ) s
I
bit( µ N ! s ) J
I
bit! "
$ #
%
& ' s J µ N
E
0! m
! "
$ #
%
&
g J µ
area
! m
! "
$ #
%
&
'
cm
2g area
m µ
LES-6 1.85 BF 300 26 14 4.8 3.3
SMS 8.4 BF 450 133 15 3.4 3.9
LES-8/9 20 BF 1000 297 15 1.5 4.8
TIP-
II(NOVA) 20 BF 850 375 19 2.3 5.7
MIT Lab 20 SF 600 454 23 2.8 4.3
MIPD-3 100 SF 1130 2250 23 2.0 4.3
Millipound 750 SF 1210 22.3 30 2.5 27.7
Primex-
NASA 43 BF 1136 737 17 1.5 2.6
PPT-3 Lab 7.5 CF 600 450 60 10.0 36.0
Japan Lab 30.4 BF 423 469 15 3.7 6.4
China Lab 23.9 BF 990 448 19 1.9 5.3
Legenda: BF = Alimentazione posteriore; SF = Alimentazione laterale;
CF = Alimentazione radiale;
Tab. 2-1 - Valori caratteristici di spinta e massa ablata per vari PPT
Fig. 2-1 - Valori di impulse bit ed impulso specifico per vari PPT realizzati negli anni-[15]
I propulsori pulsati a solido, sono soggetti durante il loro esercizio a molteplici e
complessi fenomeni fisici che interagiscono l’un l’altro rendendo molto difficile
riuscire a creare un modello di calcolo universalmente valido.
Infatti i processi coinvolti riguardano la ionizzazione dei plasmi, gli effetti della comprimibilità dei gas, il moto di particelle immerse in campi elettromagnetici, ecc.
Per questi motivi, come sarà illustrato tra poco, prima di procedere ad un’analisi analitica è necessario definire modelli semplificati che descrivano nel migliore dei modi l’effettivo comportamento del processo accelerativo. Solo allora infatti sarà possibile definire procedure di calcolo semplici ed intuitive.
Ovviamente sarà poi cura dell’esperienza del progettista stabilire quale modello è più consono per studiare un determinato fenomeno.
A differenza dei motori MPD stazionari i motori pulsati lavorano sempre in fase di transitorio. Questa caratteristica potrebbe sembrare una inutile complicazione ma non è così:
- L’efficienza di un MPD stazionario a campo magnetico autoindotto tende ad aumentare con l’aumento della densità di corrente di scarica; in un propulsore di questo tipo la massima corrente generabile durante la scarica è superiormente limitata o dalla disponibilità di energia contenuta negli accumulatori o dalla capacità degli elettrodi di resistere all’erosione.
La spinta generata è proporzionale al quadrato della corrente che fluisce attraverso la scarica ( L! è l’induttanza per unità di lunghezza):
2
2 1 L I
F = !
(2.1)E’ per questo che possiamo attenderci migliori risultati in termini di spinta da un propulsore che genera scariche intermittenti di alta intensità ma per breve durata (in modo da non affaticare gli elettrodi) piuttosto che da uno stazionario nel quale gli elettrodi a parità di scarica non resisterebbero all’erosione. Quindi altro vantaggio è il probabile minore consumo degli elettrodi.
- La non-stazionarietà implica anche un campo elettromagnetico non stazionario, questo fatto genera un fenomeno, chiamato “effetto pelle”, il quale fa si che la corrente della scarica passi da anodo a catodo in una zona prossima all’inizio del condotto del propulsore, posizione molto favorevole come vedremo per il funzionamento di questo tipo di motori.
Gli effetti della non-stazionarietà portano poi ad una trattazione teorica del
problema più semplice, infatti grazie all’ ”effetto pelle” la scarica di corrente
genera uno stretto strato di plasma il quale grazie alla grande intensità di corrente
che contiene, sicuramente si troverà in stato di completa ionizzazione.
Di qui modelli semplificati come lo snowplow model o lo slug-model come vedremo poi.
2.2 Modelli dinamici
Per poter descrivere analiticamente il comportamento del propulsore con elementi mobili (come ad esempio la scarica elettrica) sono dovuto ricorrere all’utilizzo di modelli euristici che mi hanno permesso di risolvere il problema idealizzando il comportamento fisico dei fenomeni che avvengono durante la scarica.
Ho usato questo tipo di approccio perché il problema dinamico è di tipo non lineare, infatti la corrente di scarica che genera la forza che spinge lo strato di corrente è determinata dalla posizione e dalla velocità degli elementi mobili (come ad esempio lo strato di plasma).
Alcuni dei modelli più utilizzati sono i seguenti
1: 2.2.1 - Slug model:
Questo è il più semplice dei modelli proposti ed idealizza il comportamento del PPT assumendo che tutta la massa ablata che verrà accelerata durante la scarica sia già presente nel plasma nella configurazione di minima induttanza, ovvero alla radice del propulsore dove la scarica stessa si genera.
Dopodiché mentre la scarica si muove verso la bocca d’uscita si presume che non ci siano né perdite nè aggiunte di massa:
Le equazioni che descrivono l’andamento delle funzioni caratteristiche per questo modello verranno trattate più avanti.
2.2.2 - Snowplow model:
Questo modello è stato introdotto per risolvere le discrepanze con il comportamento fisico del propulsore causate dall’aver considerato tutta la massa concentrata nella configurazione di minima induttanza.
La variazione introdotta è la seguente: la massa ablata non è più costretta a rimanere bloccata nella configurazione di minima induttanza ma si distribuirà lungo il canale; inoltre lo strato di plasma è assunto essere una superficie impermeabile e completamente assorbente, la quale muovendosi lungo il canale d’uscita raccoglie tutta la massa che incontra.
La maggiore corrispondenza di questo modello con la realtà fisica è evidente, infatti al momento della formazione della scarica particelle di propellente solido
1[4]
sublimano e a causa del gradiente di pressione e temperatura si spostano lungo il canale dando origine ad una certa funzione di distribuzione di massa (come vedremo meglio nel prossimo capitolo).
Fig. 2-2 - Fasi del modello Snowplow dall’iniezione della scarica all’espulsione della massa ablata
2.2.3 - Gasdynamic model:
Il modello gasdinamico è una raffinazione del modello snowplow infatti mantiene l’ipotesi di strato di corrente impermeabile alle particelle di massa ablata ma considera gli effetti dovuti alla comprimibilità.
A causa della comprimibilità si forma un’onda d’urto appena davanti allo strato di corrente che avanza; questa onda accelererà bruscamente il gas che incontra comprimendolo nel piccolo spazio che esiste tra lo strato di corrente impermeabile e l’onda d’urto stessa.
Per mettere in relazione le caratteristiche del gas intrappolato e la velocità dell’onda d’urto con le condizioni ambiente e la velocità del pistone si possono utilizzare le equazioni dell’urto normale
2.
2[4]
Fig. 2-3 - Schema per modello gasdinamico
Il modello da me adottato è lo Snowplow model, scelto per la relativa semplicità e buona corrispondenza con gli esperimenti.
2.3 - Analisi del circuito degli acceleratori pulsati
Prendendo come riferimento un PPT a lastre parallele, l’analisi dei fenomeni elettrici che interessano il propulsore può essere ricondotta allo studio di un circuito LCR a parametri variabili.
Infatti come sorgente energetica è possibile prendere per adesso un semplice condensatore, con capacità C e tensione iniziale V ; il circuito costituito dagli
0elettrodi, dal condensatore e dai collegamenti tra le parti avrà, una volta stabilita la geometria del propulsore e scelti i componenti, una data induttanza iniziale L , che
0varierà quando con l’avanzare della scarica cambia la geometria del circuito; la scarica di plasma assieme al circuito esterno costituiscono la resistenza R ,
0anch’essa variabile con l’avanzare della scarica:
Fig. 2-4 - Schema elettrico di un PPT
Questa equivalenza non è valida solamente all’istante iniziale, infatti si può pensare che, quando la scarica formatasi alla radice della camera di combustione ha raggiunto la giusta intensità e comincia a muoversi verso la bocca d’uscita, in ogni istante il sistema costituito da condensatore - elettrodi - scarica costituisca un nuovo circuito LCR dove sia la resistenza che l’induttanza sono cambiate.
L’equazione che descrive l’andamento di tensione e corrente nel circuito si ricava dall’equazione di Maxwell:
( ) LI IR L I I L
dt IR d IR
V = + ! & = + = + & + &
(2-2)dove
!
" è il flusso magnetico.
La potenza liberata dal circuito è espressa dalla seguente:
L I dt LI
R d I L I I LI R I IV
P
2&
2&
2 2 2&
2 1 2
1 ! +
"
$ #
%
&
+
= + +
=
=
(2-3)dove il primo termine alla destra del segno di uguale rappresenta il calore generato per effetto Joule, il secondo il rateo di cambiamento dell’energia immagazzinata nel campo magnetico ed il terzo il lavoro fatto per muovere lo strato di plasma.
Ovviamente l’ultimo termine è quello che deve essere massimizzato.
Assumendo che tutta l’energia immagazzinata inizialmente nel condensatore 2
01 CV
W = sia liberata nel circuito in un singolo impulso di durata ! , posso scrivere:
!
! = % & ' + " # $
=
( (0
2 2
0 0
2
1 I L dt R
I Pdt
W &
(2-4)Dalla quale è ovviamente scomparso il termine che esprimeva la variazione di energia immagazzinata nel campo magnetico in quanto è nullo per definizione al tempo t = 0 e t = ! .
Per avere un indice della bontà delle prestazioni del propulsore posso definire un’efficienza elettrica !
e:
( )
0 0
2
2 1
W dt L I
e
!
=
"
#
&
(2-5)
Induttanza per unità di lunghezza:
Il valore dell’induttanza per unità di lunghezza,
!
"
L , è una delle più importanti differenze in termini di prestazioni tra PPT a lastre parallele e PPT a geometria coassiale. Viene calcolato valutando l’integrale del flusso magnetico sul volume racchiuso dalla scarica.
L’induttanza per unità di lunghezza per la configurazione ad elettrodi paralleli è la seguente:
w
L
lastreparallele= µ
0h
(2-6)dove con h e w indico la distanza e la larghezza tra gli elettrodi. Da tenere presente che essendo le lastre di dimensione finita il campo elettrico non sarà perfettamente uniforme, ovviamente soprattutto ai bordi, vedi figura.
Per il PPT coassiale ad elettrodi paralleli tali problemi non esistono vista la simmetria della configurazione geometrica e l’induttanza per unità di lunghezza vale, ipotizzando inoltre che lo strato di plasma sia perfettamente piano:
!! "
#
$$ %
&
=
in out coassiale
r
L ln r
2
0
'
µ
(2-7)dove
!
r
oute
!
r
indelimitano la zona di campo dove si instaura la scarica di plasma.
Fig. 2-5 - Valori di induttanza per vari tipi di PPT
2.4 - Dispositivi sperimentali
Esistono vari tipi di configurazioni geometriche con le quali sono stati studiati e realizzati propulsori pulsati, quelli presi in considerazione da questa tesi sono i seguenti:
- Parallel-rail accelerator:
Questa configurazione è stata la prima ad essere operativa; ne esistono vari tipi a seconda del metodo con cui il propellente viene introdotto in camera di spinta (vedi capitolo 7).
Fig. 2-6 - PPT a lastre parallele
Nota: esistono anche configurazioni con elettrodi non più paraleli ma inclinati (vedi capitolo 7).
- Coaxial gun:
Questo tipo di propulsore è costituito da due cilindri concentrici, che sono gli
elettrodi, si trova sia con elettrodi paralleli che sagomati, il sistema di
alimentazione può essere posteriore o radiale come illustrato meglio nel
capitolo 7.
Fig. 2-7 - PPT coassiale ad alimentazione posteriore
Altre configurazioni di PPT sono le seguenti (per dettagli vedi [4]):
Fig. 2-8 - In ordine: Pinch, Button Gun, T tube