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(2)d) Risoluzione 1165 del 30 aprile 1998 per la creazione di una terza camera.1 2.Il contesto storico

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Il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda.

1. Premessa.

Il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (ICTR dall’inglese International Criminal Tribunal for Rwanda) è un tribunale speciale creato l'8 novembre 1994 con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per giudicare i responsabili del Genocidio ruandese e di altre gravi forme di violazioni dei diritti umani commessi sul territorio ruandese o da cittadini ruandesi negli stati confinanti dal 1 gennaio al 31 gennaio 1994.

Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riguardo all'ICTR sono state quattro:

a) Risoluzione 955 dell'8 novembre 1994 che stabiliva la nascita del tribunale.

b) Risoluzione 977 del 7 febbraio 1995 con cui il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite disponeva che la sede del tribunale fosse ad Arusha, in Tanzania.

c) Risoluzione 978 del 27 febbraio 1995 che imponeva la collaborazione di tutti gli stati dell'ONU con il tribunale.

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d) Risoluzione 1165 del 30 aprile 1998 per la creazione di una terza camera.1

2.Il contesto storico.

Il genocidio del Ruanda fu uno dei più sanguinosi episodi della storia del XX secolo. Dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994, per circa 100 giorni, vennero massacrate sistematicamente (a colpi di armi da fuoco, machete e bastoni chiodati) tra 800.000 e 1.000.000 di persone. Il genocidio, ufficialmente, viene considerato concluso alla fine dell'Opération Turquoise, una missione umanitaria voluta e intrapresa dai francesi, sotto autorizzazione ONU.

Le vittime furono prevalentemente Tutsi. L'idea di una differenza di tipo razziale fra gli Hutu e i Tutsi è legata al primo colonialismo belga in Africa. I coloni belgi si basarono sulla semplice osservazione dell'aspetto fisico degli appartenenti ai diversi gruppi. Essi osservarono che i Twa (un terzo gruppo etnico dell'area) erano di bassa statura, gli Hutu erano di media altezza, e i Tutsi erano molto alti e snelli. Inoltre, i Tutsi tendono ad avere il naso, e l'intero volto,

1 www.wikipedia.org

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più sottile. La divisione tra Tutsi e Hutu non fu fatta dai colonizzatori belgi, ma esisteva già, nonostante la monarchia belga abbia aumentato le discordie interne, creando apposite carte d'identità per gli hutu e per i tutsi. I Tutsi erano in maggioranza rispetto agli Hutu, mentre i Twa costituivano un altro gruppo ancora meno numeroso. Anticamente si poteva passare da un gruppo ad un altro, ci si poteva sposare tra gruppi diversi. La differenza era prevalentemente di tipo sociale: i Tutsi erano più ricchi degli Hutu e nell'ultimo gradino della scala sociale vi erano i Twa. Ma non era definitivo, chiunque poteva migliorare la propria condizione. I colonizzatori belgi fecero l'errore di considerare questi gruppi come delle divisioni razziali.

Così facendo i gruppi si irrigidirono e non fu più possibile cambiare gruppo. I Tutsi divennero i ricchi al potere, gli Hutu i poveri che dovevano subire tutto. Dopo sanguinose rivolte e massacri, gli Hutu, con l'accordo dei belgi, presero il potere e iniziò la lunga persecuzione dei Tutsi. Molti di loro fuggirono nei Paesi limitrofi, soprattutto in Uganda. Nel periodo del genocidio gli Hutu erano il gruppo di popolazione maggiore. Erano Hutu anche i due gruppi paramilitari principalmente responsabili dell'eccidio.2

2 www.wikipedia.org

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3.La competenza del Tribunale.

Considerando la situazione di guerra civile tra Hutu e Tutsi, come minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, la struttura e la competenza del Tribunale Penale Internazionale per l Ruanda, sono in larga parte analoghe a quelle del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia. Anche in questo caso, infatti, il fondamento giuridico risiede nel Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite.

Situato ad Arusha, in Tanzania e composto da tre Camere di primo grado, una Camera d’Appello, un Procuratore e un Cancelliere, ha competenza ratione materiae riguardo ai seguenti crimini:

a) genocidio;

b) crimini contro l’umanità;

c) violazione dell’articolo 3 comune alle convenzioni di Ginevra e del II Protocollo Addizionale (conflitti armati di carattere non internazionale).

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Giudica esclusivamente persone fisiche, per crimini commessi in Ruanda da chiunque, o negli Stati vicini ma solo da autori ruandesi, nel periodo che va dal 1 gennaio al 31 dicembre 1994.

Non sono riconosciute immunità di alcun tipo.

Le pene non sono determinate precisamente; vi è solo l’esclusione della pena di morte, mentre per l’applicazione delle pene detentive si dovrà avere riguardo alla prassi generale seguita dalle corti del Ruanda.3

4.Il crimine di Genocidio.

Il crimine di Genocidio trova il suo riscontro normativo nella Convenzione di New York del 1948, che riflette l’attuale diritto consuetudinario.

Inoltre, a livello di responsabilità internazionale dello Stato, si riconosce ormai diffusamente che la norma sul divieto di genocidio pone obblighi di natura solidale ed appartiene allo jus cogens ossia a

3 www.storia900bivc.it

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quelle regole che non sono, in nessun modo, derogabili né dai trattati internazionali, né dalla legislazione interna.4

L’art 2 della Convenzione sul genocidio definisce in modo chiaro le condotte che costituiscono il crimine di genocidio, e cioè:

a) uccidere membri di un gruppo nazionale, etnico,razziale o religioso;

b) causare gravi lesioni fisiche o mentali ai membri del gruppo;

c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita volte a provocare la sua distruzione fisica,in tutto o in parte;

d) imporre misure volte a prevenire le nascite all’interno del gruppo;

e) trasferire n modo forzato i bambini di un gruppo in un altro gruppo.

L’art 2 della Convenzione non si applica invece a quei comportamenti oggi conosciuti con l’espressione “pulizia etnica”, ossia l’espulsione forzata di civili, appartenenti ad un gruppo determinato, da un’area, un villaggio o una città.

La definizione accolta dalla Convenzione, non prevede però, che la commissione del crimine di genocidio, avvenga nel quadro di una

4 “Le sfife attuali del diritto internazionale” Antonio Cassese Paola Gaeta Ed. Il Mulino 2008 Pag.188.

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prassi sistematica o diffusa di violenza: in altri termini, a differenza dei crimini contro l’umanità, il genocidio non annovera tra i suoi elementi costitutivi l’esistenza di un contesto di violenza collettiva o di una politica di genocidio. Ciò è molto importante sul piano probatorio perché l’accusa non deve fornire elementi circa l’esistenza di una siffatta prassi, al fine di dimostrare la fondatezza di accuse di genocidio. In realtà, gli atti di genocidio raramente costituiscono episodi sporadici o isolati: di norma essi fanno parte di un più ampio disegno, approvato o tollerato dalle autorità dello Stato. Tuttavia, si tratta solo di un dato di fatto: sotto il profilo giuridico, il concretarsi del crimine di genocidio non richiede l’esistenza di una prassi sistematica o diffusa.

Infine, sempre per quanto concerne l’elemento oggettivo del crimine di genocidio, l’articolo 2 della Convenzione prevede che i gruppi che possono essere oggetto della condotta di genocidio sono soltanto i gruppi nazionali, etnici, razziali o religiosi; si esclude quindi il genocidio culturale e quello politico.

Quanto all’elemento soggettivo del crimine di genocidio, esso è descritto all’articolo 2 , par.1, della Convenzione: “l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o

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religioso in quanto tale”. Si tratta di un’ipotesi di dolo speciale, che richiede che l’agente miri a perseguire una finalità che non si realizza immediatamente con la condotta illecita, ma va al di là di quest’ultima. La necessaria sussistenza del dolo specifico esclude quindi ipotesi di genocidio di tipo colposo e quelle caratterizzate da dolo eventuale.

L’articolo 2 della Convenzione, se ha il merito di indicare con sufficiente precisione gli elementi costitutivi del genocidio,ha però

“ingessato” la definizione del crimine. L’enumerazione tassativa dei gruppi protetti, da un lato, e delle condotte che possono integrare il crimine, dall’altro, rendono più difficile l’evoluzione consuetudinaria in materia.5

5.Il rapporto con le giurisdizioni nazionali e il rispetto del principio

“nullum crimen sine lege”.

Il Tribunale deve processare tutti i cittadini ruandesi che si sono macchiati di crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e di altri

5 “Le sfide attuali del diritto internazionale” Antonio Cassese Paola Gaeta Ed. Il Mulino 2008 Pag.188-190.

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crimini in violazione della Convenzione di Ginevra. Le giustizie nazionali possono giudicare i ricercati ruandesi presenti sul proprio territorio.

In Belgio sono stati processati quattro ruandesi per genocidio.

La Francia ha giudicato sei ruandesi per genocidio.

La Svizzera ha processato un cittadino ruandese per genocidio.

I crimini su cui deve esprimersi il Tribunale sono adeguatamente dettagliati, quindi il principio di legalità si può ritenere rispettato.6 Tuttavia, riguardo al crimine di Genocidio, il Tribunale ha l’obbligo di attenersi all’articolo 2 della Convenzione di New York del 1948, il quale essendo molto stringente, blocca la definizione di tale crimine entro parametri tassativi.

E’ da valutare quindi con favore lo sforzo compiuto dal Tribunale, di superare attraverso l’interpretazione, i limiti posti dal dettato convenzionale e dalla normativa consuetudinaria corrispondente, al fine di rilevare i mutamenti occorsi nel frattempo. Il Tribunale ha infatti accolto una definizione di “gruppo vittima” più ampia di quella della Convenzione, in quanto ha affermato che, per accertare se si è in presenza di uno dei “ gruppi” contemplati e protetti dalla

6 www.storia900bivc.it

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Convenzione, si può utilizzare sia una definizione oggettiva di gruppo, cioè basata sugli elementi oggettivi intrinseci che contraddistinguono un certo agglomerato umano, sia una definizione soggettiva basata sull’ autopercezione di un insieme di persone come membri di un gruppo protetto e sulla percezione altrui dell’esistenza del gruppo.

Il Tribunale ha poi interpretato estensivamente la disposizione normativa che include tra le condotte criminose il fatto di causare gravi danni fisici o mentali a membri del gruppo, osservando che tali danni non necessariamente debbono essere permanenti e irrimediabili.7

6.Alcune sentenze “storiche” del Tribunale.

1. La condanna all’ergastolo di Jean Kambanda, Primo Ministro nel periodo del genocidio. Il processo è stato il primo esempio in cui una persona accusata per il crimine di genocidio ammise la propria colpa di fronte ad un tribunale penale internazionale. Fu anche il primo caso di condanna di un Capo di Governo per il crimine di genocidio.

7 “Le sfide attuali del diritto internazionale” Antonio Cassese Paola Gaeta Ed Il Mulino 2008 Pag.190.

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2. La sentenza riguardante un ex sindaco, Jean-Paul Akayeshu, è stata la prima in cui un tribunale è stato chiamato a interpretare la definizione di genocidio così come definita nella Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio (1948). La sentenza Akayeshu affermava anche che stupro e aggressione sessuale costituiscono atti di genocidio nella misura in cui siano commessi con l’intento di sterminare, in modo totale o parziale, un determinato gruppo di persone. Essa ha rivelato che, nel caso del Ruanda, l’aggressione sessuale costituiva una parte integrante del processo di annientamento del gruppo etnico dei Tutsi e che lo stupro era sistematico e perpetrato solo sulle donne di etnia Tutsi, manifestando quella specifica intenzionalità richiesta da tali azioni per potere essere considerate reato di genocidio.

3. Il “ Caso Media “ del Tribunale nel 2003, è stato il primo, a partire dalla condanna di Julius Streicher a Norimberga dopo la Seconda guerra mondiale, in cui il ruolo dei media è stato esaminato nell’ambito della giustizia penale internazionale: il c.d “ Media dell’Odio.”8

8 www.wikpedia.it

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7.Il Sistema Giudiziario Nazionale Ruandese.

Il Sistema Giudiziario Nazionale Ruandese persegue coloro accusati di avere pianificato il genocidio o commesso gravi atrocità, tra cui lo stupro. Ancora nel 2000, le corti nazionali stavano esaminando più di 120mila sospetti in attesa di processo; a metà 2006 le corti nazionali avevano processato circa 10mila sospettati di genocidio.

Per affrontare la questione delle migliaia di accusati ancora in attesa

di giudizio da parte del sistema nazionale e per riportare giustizia e riconciliazione nella società, il governo del Ruanda ha ripristinato il sistema giudiziario tradizionale chiamato “Gacaca”,divenuto pienamente operativo nel 2005.

Le comunità al livello locale eleggono giudici che presiedono lo svolgimento di processi a carico di soggetti accusati di tutti i reati tranne quello di pianificazione del genocidio. Le corti comminano sentenze più miti nel caso in cui il convenuto sia pentito e cerchi di riconciliarsi con la comunità. Spesso, prigionieri che abbiano confessato fanno ritorno a casa senza ulteriori pene o ricevono l’imposizione dello svolgimento di attività coattive.

Pur riconoscendo che Gacaca non costituisce un sistema equo in base a standard internazionali, il primo Pubblico Ministero presso l’ICTR,

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Richard Goldstone, ha comunque affermato che nel caso del genocidio in Ruanda, dove il numero dei responsabili equivaleva a quello delle vittime, il sistema Gacaca ha svolto un compito utile.

Inoltre, i processi Gacaca hanno contribuito a promuovere la riconciliazione dando modo alle vittime di apprendere la verità sulla morte dei loro familiari e ai responsabili di confessare i propri crimini, mostrare pentimento e chiedere perdono di fronte alle loro stesse comunità.9

8.Il processo di Unità e Riconciliazione.

Il processo di riconciliazione in Ruanda si concentra sulla ricostruzione dell’identità ruandese, in un giusto equilibrio di giustizia, fiducia e situazione futura di pace e sicurezza del paese. Il governo ruandese ha adottato diverse misure al fine di permettere che responsabili e vittime possano vivere fianco a fianco in pace. Ad esempio, la Costituzione ora stabilisce che tutti i ruandesi condividono eguali diritti. In questo senso sono state adottate leggi contro la discriminazione e l’ideologia estrema su cui si fondò il genocidio.

9 www.unric.org

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La Commissione di Riconciliazione e Unità nazionale (NURC) ha la responsabilità primaria negli sforzi di riconciliazione in Ruanda. Le attività principali che essa svolge sono:

-Ingando: Un programma di educazione alla pace in campi di

solidarietà. Dal 1999 al 2009, più di 90mila ruandesi hanno partecipato a questi programmi, che mirano a fare luce sulla storia del Ruanda, comprendere le origini della divisione all’interno della popolazione,promuovere il senso di identità nazionale e combattere l’ideologia del genocidio.

-Itorero ry’Igihugu: Stabilito nel 2007, questo programma si pone

l’obiettivo di promuovere i valori ruandesi ed educare i governanti che si pongono al servizio dello sviluppo della comunità. Dal 2007 al 2009, il programma ha annoverato 115.228 partecipanti.

-Seminari: Prevedono la formazione della classe governativa, leader

politici, assistenza psicologica a giovani e donne, tecniche di mediazione e risoluzione dei conflitti, ,sistemi di allerta preventiva.

-Vertici nazionali: Dal 2000, sono stati organizzati vari vertici su scala nazionale, su temi attinenti a giustizia, buon governo, diritti umani, sicurezza nazionale e storia nazionale.

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-Ricerca: Il NURC ha pubblicato una serie di studi sulle cause dei conflitti in Ruanda e sulle modalità per contenerli e risolverli.10

9.L'atteggiamento del mondo e le sue conseguenze.

La storia del genocidio ruandese è anche la storia dell'indifferenza dell'Occidente di fronte ad eventi percepiti come distanti dai propri interessi. Emblematico fu l'atteggiamento dell'ONU che si disinteressò del tutto delle tempestive richieste di intervento inviategli dal maggiore generale canadese Roméo Dallaire comandante delle forze armate dell'ONU. Il Dipartimento per le Missioni di Pace con sede a New York non inviò la richiesta d'intervento alla Segreteria Generale né al Consiglio di Sicurezza.

L'ufficio dell'ONU fu quindi capace di lavorare a pieni ranghi solo dopo il termine del genocidio, ma numerosi autori delle stragi rimasero impuniti o indirettamente protetti da paesi occidentali, come la Gran Bretagna, a causa dell'assenza di trattati di estradizione con il Ruanda.

10 www.unric.org

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Inoltre gran parte dei responsabili trovarono rifugio nel confinante Zaire (poi Repubblica Democratica del Congo). Gli odi razziali passarono così alle nazioni vicine: si suppone infatti che essi abbiano alimentato la Prima e la Seconda guerra del Congo (rispettivamente, 1996-97 e 1998-2003), e che siano stati uno dei principali fattori della Guerra civile del Burundi (1993-2005).11

11 www.wikipedia.it

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