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CAPITOLO 5: DISCUSSIONE

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 5: DISCUSSIONE

La ricerca e lo sviluppo di un vaccino efficace contro FIV è di fondamentale importanza non solo in ambito veterinario ma soprattutto in quello medico dato che per le notevoli somiglianze con HIV questo modello potrebbe contribuire all’allestimento di vaccini protettivi contro HIV ed i lentivirus più in generale.

Il processo iniziale dell’infezione cellulare di un lentivirus, consiste nel legame e nella fusione del virus con la membrana cellulare della cellula target. Questa fusione è permessa grazie alle proteine Env dell’envelope virale: la glicoproteina di superficie o SU e la glicoproteina transmembrana o TM, fra loro legate non covalentemente e che presentano domini variabili e altamente glicosilati. Queste ultime caratteristiche rendono il virus in grado di eludere la risposta immune dell’ospite e di mascherare le regioni Env che interagiscono con i recettori cellulari (Wyatt et al., 1998).

Quando la SU lega il recettore cellulare (CD4 per HIV, CD134 per FIV) e i corecettori (CXCR4 e CCR5 per HIV, CXCR4 per FIV) la TM subisce un cambio conformazionale che le permette di esporre una regione idrofobica attiva nel meccanismo di fusione. Tra altre proprietà questa regione si caratterizza per un inusuale cluster di aminoacidi aromatici, in particolare Trp particolarmente conservato tra tutti i lentivirus (Suarez et al., 2000). Ciò potrebbe indicare un ruolo importante del dominio Trp nella fusione e entrata cellulare. In HIV, sono stati effettuati studi che hanno chiaramente dimostrato che delezioni o mutazioni di questa regione aboliscono la capacità fusogenica di HIV e ne bloccano l’entrata nella cellula (Munoz-Barroso et al., 1999; Salzwedel et al., 1999).

Un peptide sintetico, di 36 aminoacidi, detto T-20 costruito sulla regione idrofobica della TM si è dimostrato un buon inibitore del

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processo di fusione ed è correntemente impiegato nella cura di soggetti HIV-infetti (Kilby et al., 1998).

Il processo di legame dell’Env e l’induzione della fusione con la cellula target è una fase particolarmente importante poiché a questo stadio il virus espone degli epitopi che sono normalmente nascosti o inaccessibili e che sono in grado di indurre anticorpi neutralizzanti capaci di abolire efficacemente l’infettività del virus. Infatti, nonostante l’infezione da HIV e da FIV generi alti livelli di anticorpi, la maggior parte di questi non hanno attività neutralizzante. Lo sviluppo di strategie atte ad evocare la produzione di anticorpi neutralizzanti è uno dei principali obbiettivi per ottenere un vaccino efficace contro il virus o per poter allestire terapie immunologiche (Burton et al., 2004).

Per questo motivo, particolare attenzione è attualmente volta alla caratterizzazione e sviluppo di immunogeni derivati dai domini N- o C- terminali della proteina TM che abbiano la capacità di stimolare la produzione di anticorpi neutralizzanti contro quegli epitopi che giocano un ruolo cruciale nel legame e nella fusione del virus alla cellula target. In FIV, come in HIV, è stato recentemente individuato un piccolo peptide sintetico di soli 8 aminoacidi ricostruito sulla regione ricca in Trp e altamente conservata della TM che ha evidenziato una forte attività antivirale su tutti gli isolati testati (Giannecchini et al., 2003). La sua funzione è legata all’integrità di questo motivo in quanto mutanti in cui uno o tutti i residui Trp sono sostituiti perdono parzialmente o totalmente l’attività antivirale (Giannecchini et al., 2003). Questa regione gioca dunque un ruolo critico nell’entrata del virus ed è dunque un target estremamente interessante per sviluppare un buon immunogeno in grado di indurre una risposta di tipo umorale. Questo se contenuto in una regione più ampia di 44mer (Etrp44m) si è rivelato in grado di indurre anticorpi neutralizzanti ed è quindi un potenziale immunogeno vaccinale.

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anch’essi appartenenti alla famiglia delle retroviridae ed hanno il vantaggio di non essere patogeni negli ospiti infettati nonostante l’alta prevalenza riscontrata in natura e sebbene l’infezione persista per tutta la vita (Saib, 2003).

I vettori FFV derivati sono stati realizzati a partire dal clone wild-type del FFV (pFeFV-7) dal gruppo del prof. Loechelt (University of Heidelberg, Germany) in collaborazione col nostro laboratorio. Per lo studio sono stati prodotti due vettori replicazione-competenti e due vettori SIN veicolanti Etrp44m ed il gene reporter GFP.

Scopo di questo lavoro è stato valutare e caratterizzare in vitro la stabilità dei vettori e i livelli di espressione del peptide nel tempo e la capacità di replicazione dei costrutti FFV derivati. Questo studio è una premessa indispensabile all’analisi in vivo nella quale si valuterà l’efficacia di Bet-FIV44m come possibile vaccino anti-FIV.

La prima prova effettuata è stata quella di comparare l’efficienza di espressione della GFP del costrutto Bet-GFP rispetto al SIN tramite l’analisi al FACS delle cellule trasfettate e trasdotte. Inizialmente, a 2 giorni dalla trasfezione l’espressione della GFP, come atteso, è simile per entrambi i costrutti mentre già a 5 giorni il costrutto replicazione competente mostra un’efficienza di trasfezione decisamente superiore rispetto al SIN. Ciò è dovuto al fatto che il virus nel primo caso continua a replicarsi e a infettare nuove cellule. Differenze ancora più marcate si vedono ai passaggi di infezione successivi.

Una conferma della minore efficienza di espressione dei costrutti SIN è stata vista anche tramite l’analisi su western blot delle cellule trasfettate e trasdotte con i costrutti esprimenti il peptide, il Bet-FIV44m e il Bet-Bet-FIV44m SIN. A quattro giorni dalla trasfezione l’espressione del peptide, da parte dei due costrutti è simile, come risulta per la GFP dall’analisi al FACS; al primo passaggio d’infezione invece il costrutto SIN esprime meno rispetto al replicazione competente. In base a questi risultati è stato perciò scelto di utilizzare i

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costrutti replicazione competenti superiori ai rispettivi SIN sia per espressione della GFP che dell’immunogeno.

È stata successivamente valutata la stabilità dei vettori replicazione-competenti mediante monitoraggio dei livelli di espressione di GFP nel tempo: da una percentuale di cellule esprimenti GFP dell’85% del primo passaggio scende a 35% nel quarto. Questo dato può essere spiegabile o dal fatto che il virus nel tempo perde la propria capacità infettiva o che l’espressione della GFP diminuisce nel tempo. L’osservazione delle cellule al microscopio ha escluso la prima ipotesi in quanto l’effetto citopatico che si vede negli ultimi passaggi d’infezione è marcato come nei primi. Una conferma ci è stata data anche da un saggio di immunofluorescenza nel quale si vede che l’espressione della GFP nel tempo diminuisce mentre l’espressione di Bet è costante.

Lo stesso risultato è stato visto dopo un western blot sulle cellule trasfettate e trasdotte con il Bet-GFP in parallelo al costrutto wild-type. A quattro giorni dalla trasfezione la forma predominante è la proteina di fusione Bet-GFP. È evidente tuttavia anche la proteina Bet wild-type la cui presenza è dovuta al fatto che esiste un sito di taglio per una proteasi cellulare fra il gene Bet e la GFP. Al secondo passaggio d’infezione la forma wild-type diventa prevalente rispetto a quella di fusione finchè, come si osserva nel terzo e quarto passaggio, l’unica forma rimanente è quella della Bet wild-type a dimostrazione che la GFP viene persa o riarrangiata. Questo riarrangiamento della proteina è probabilmente dovuto alle sue grosse dimensioni.

Alla luce di questi risultati è stata analizzata la stabilità e la durata di espressione dei cloni 4 e 8 Bet-FIV44m. L’espressione del peptide si è dimostrata stabile e duratura almeno fino al terzo passaggio d’infezione Quest’ultimo è un risultato positivo in quanto se si confronta con GFP al terzo passaggio si vede che questa è già completamente deleta mentre il peptide è ancora espresso. La maggiore stabilità di Bet-FIV44m è probabilmente favorita dalle piccole dimensioni del peptide.

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È stato effettuato un saggio di competizione per dimostrare che la banda evidenziata sul western all’altezza di 50KDa è data dall’espressione del nostro peptide. In questo saggio è stato fatto un western blot sulle cellule a 4 giorni dalla trasfezione col Bet-FIV44m usando in parallelo il siero e il siero incubato precedentemente col peptide libero. In questo modo gli anticorpi presenti nel siero legano il peptide in forma libera e non sono più disponibili per riconoscere quello espresso dalle cellule.

Infine i costrutti Bet-FIV44m e Bet-GFP sono stati poi valutati per la loro infettività facendo una titolazione delle particelle virali infettanti tramite il saggio di infettività (Yu and Linial, 1993). Questo è un metodo semplice e rapido per la titolazione quantitativa del virus e prevede l’utilizzo della linea cellulare FeFAB. Queste cellule hanno integrato stabilmente il gene della β-galattosidasi sotto il promotore LTR del FFV. Se le cellule vengono infettate dal virus il suo genoma si integra e comincia a esprimere la proteina Bel1 che essendo un forte transattivatore va a legarsi all’LTR endogeno delle FeFAB, inducendo così l’espressione della β-galattosidasi.

I risultati ottenuti mostrano che sia il costrutto GFP che Bet-FIV44m mantengono costante nel tempo la propria capacità infettante. Uno dei due cloni di Bet-FIV44m mostra tuttavia una tendenza all’aumento del titolo infettante che potrebbe preludere alla ricombinazione alla forma wild-type. Questa ipotesi è ancora in fase di valutazione monitorando l’espressione del peptide per un periodo di tempo più lungo, dato fondamentale per poterne poi valutare il suo potenziale uso in vivo come immunogeno.

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