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04-12-2020

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il manifesto

Sindacato/

biente

Lettera aperta

ai compagni

della Cgil

LUCIANA CASTELUNA ROSSELLAMURONI

ari compagni della Cgil, non siamo cer-to le sole che sono rimaste sconcertate leggen-do quanto i sindacati

Filc-tem-Cgil, Femca e Flaei-Cisl e Unitec-Uil hanno propo-sto qualche giorno fa per far fronte alle urgenze del disa-stro ambientale. Cirivolgia-mo a voi perché, pur con diverse sensibilità legate alle nostre età differenti, ci sentiamo, per storia e collo-cazione politica, parte inte-grante di un fronte di cui da sempre la Cgil ha costituito il nucleo decisivo. Per que-sto partiamo da voi, ma cer-cheremo il confronto anche con Cisl e UiL Per dirvi con

Sindacato/Ambiente

Lettera aperta ai compagni della Cgil

LUCIANA CASTELLINA •, ROSSELLA MuRONI ••

— segue dalla prima —

però, adesso siamo arri-vati a un punto cruciale, il processo di distruzio-ne del nostro ecosistema ha fatto un salto di qualità, la pan-demia, che ne è un aspetto, è li a provarlo. Se non innestiamo subito la svolta indispensabile, che significa governare la ri-conversione verso un diverso e nuovo progetto di produzione e di consumo, il prezzo che pagheranno i più deboli sarà tremendo.

Può il sindacato tirarsi fuori dallo scontro che si aprirà, la-sciando che chi lucra su que-sto modello di economia e di società decida del nostro desti-no? O non deve, al contrario, decidere di stare in prima li-nea nella lotta per chiedere e imporre che si imbocchi un'al-tra sun'al-trada? L'urgenza di affron-tare seriamente i nodi irrisolti del nostro confronto l'abbia-mo avvertita quando abbiamo preso conoscenza delle propo-ste del documento unitario dei tre sindacati che rappresenta-no i lavoratori dell'energia, del tessile e dei chimici. Il docu-mento unitario proposto ci sembra abbia lo sguardo rivol-to al passarivol-to, un passo indietro per l'intero movimento sinda-cale, in particolare per un sin-dacato come la Cgil. Può la Cgil, che si è sempre distinta proprio perché ha sempre sa-puto guardare lontano, oltre la rivendicazione immediata, rinunciare a svolgere il pro-prio ruolo storico propro-prio nel

momento in cui la rivoluzione forse più difficile del nostro tempo è entrata nel nostro or-dine del giorno?

Siamo anche noi consapevoli che nel porre mano al proget-to di una trasformazione del sistema energetico non si può non prevedere una fase di tran-sizione, ma vorremmo segna-lare che se si parla di transizio-ne bisogna indicare la nuova sponda dove si vuole arrivare, che non può essere il ritorno alle centrali a gas a ciclo combi-nato, solo poco meno inqui-nanti di quelle a carbone, sa-pendo peraltro che quelle av-viate già 15 anni fa sono resta-te sottoutilizzaresta-te. Non si transi-ta, ma si ristagna, se non si in-dica, anzi nemmeno si nomi-na, l'approdo strategico: di fa-re dell'Italia un paese capace di ridurre i suoi bisogni di ener-gia e di produrre quella di cui necessita con le fonti energeti-che rinnovabili, quelle vere e non quelle assimilate, già oggi anche più economicamente convenienti. Citate fra le rinno-vabili solo l'idroelettrico, ma sapete anche voi che questa è stata una fantastica risorsa usa-ta dai nostri avi, oggi tuttavia insufficiente, soprattutto in Italia, e comunque incapace di offrire una produzione energe-tica quale quella possibile ri-correndo al solare fotovoltaico e termico, o all'eolico, le tecno-logie su cui tutto il mondo sta puntando.

Altrettanto sconcertante è la proposta di fare centrali a me-tano per produrre l'idrogeno

sincerità che proprio per via di questo legame non cí sem-bra giusto limitarsi ad espri-mere sconcerto, sentiamo l'obbligo di rendere pubbli-co il nostro dissenso per av-viare fra noi una discussio-ne seria che impedisca che un tema decisivo come le sorti della Terra che abitia-mo venga utilizzato per divi-derci. Sappiamo bene che la linea assunta dai sindacati menzionati non è quella delle confederazioni,e però ci sembra non possa esser

blu, come a Civitavecchia, una scelta che fa capire la centrali-tà che viene data dal documen-to sindacale al gas rispetdocumen-to alle rinnovabili, visto che viene pressoché ignorato l'idrogeno verde, quello prodotto con fon-ti rinnovabili, come sostenuto da gran parte del mondo scien-tifico. Così non si transita, si rafforza solo la catena che ti inchioda alla riva da cui dovre-sti salpare. C'è da chiedersi, infine, quali siano i centri di ricerca scientifica che fornisco-no queste indicazioni ai tre sindacati e colpisce negativa-mente che la sola società ricor-data nel documento sia la So-gin, quella incaricata di gestire i rifiuti nucleari, tristemente famosa per aver totalmente fallito il suo compito. Ma c'è anche un altro, decisivo aspet-to:: quello relativo al decentra-mento della produzione e di-stribuzione, universalmente riconosciuto come essenziale al nuovo modello fondato su altre fonti, ma anche sul rispar-mio energetico.

In proposito non c'è nel docu-mento neanche una parola sul carattere democratico e di par-tecipazione popolare di cui è portatore. E questo sebbene stia qui la vera chiave di un progetto che vuole davvero «transitare» verso le fonti rin-novabili. Se manca finisce per prendere piede uno sviluppo come quello realizzato in qua-si tutto il mezzogiorno dove si sono sottratti migliaia di ettari all'agricoltura per riempirli di pale eoliche e

successivamen-passata sotto silenzio. I nostri avversari hanno cer-cato di dividerci. Soprat-tutto da quando si è co-minciato a parlare di disse-sto ambientale, di cui è stata offerta una versione spesso del tutto infonda-ta: una rivendicazione dei privilegiati, un po' più di verde e di aria pulita per vivere meglio.

Insomma, l'odioso ricatto imposto agli operai dell'Il-va: «meglio morire di can-cro che di fame».

— segue a pagina 6 —

tedi pannelli solari, senza al-cun criterio programmatorio,

ma spesso solo per una corsa, a volte mafiosa, agli incentivi. Un nuovo modello energetico non può che avere al suo cen-tro le comunità energetiche, nel quadro dell'invocata eco-nomia circolare. Non si può cioè fare affidamento solo su ciò che sono oggi, pur nelle loro diversità, Enel e Eni, gran-di aziende ricche gran-di competen-ze, ma figlie di un modello cen-trali7zato e monopolistico in larga parte da superare. Sappiamo tutti quali e quanti sono i temi su cui ragionare assieme. Negli anni '50 Di Vit-torio lanciò il Nano del lavoro; negli anni 90 Sergio Cofferati sottoscrisse con Legambiente un patto di consultazione che portò a numerose piattaforme unitarie ed infine prima Epifa-ni e poi Susanna Camusso ave-vano cercato di dare continui-tà a queste iniziative; Maurizio Landini ha subito e più volte riproposto questo tema ora annunciando una conferenza di programma; e indicando nella sua prima relazione a segretario generale a Bari, an-che un nuovo modo di organiz-zarsi del sindacato: non più solo in categorie ma anche in «sindacato di strada», capace di aggregare i tanti soggetti diver-si che vivono nel territorio e che potrebbero costituire un nuovo assai interessante sog-getto rivendicativo capace di tradurre il discorso ecologico in vertenza. Oggi abbiamo l'oc-casione di un finanziamento

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pubblico, quello del piano eu-ropeo Next Generation, per innescare la transizione.

Evitia-mo che queste risorse vengano

disperse per soddisfare i tanti «ecofurbi» in circolazione. Ab-biamo poco tempo: ancora ieri un'altra esondazione di fiumi

in Sardegna, altri morti, altri danni. Investire in un rinnova-mento profondo non è spesa, è risparmio.

Portavoce Taskforce Natura e Lavoro

"Deputata LeU, ex presidente Le-gaAmbiente ~ .._ :..

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Patrimoniale ri pescaia: ora $i può fare

Discarica di Bussi, il Terdel Lazio smentisce il governo

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