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Autosoccorso cordata ghiacciaio

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Academic year: 2021

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Autosoccorso cordata su ghiacciaio

Premessa

La caduta di un componente della cordata è da considerarsi un evento raro in quanto se si progredisce con la corretta legatura e si hanno tutte le

conoscenze per una corretta scelta del percorso, i rischi nell’attraversare una zona crepacciata possono essere praticamente annullati.

In genere le carte topografiche riportano i tratti del ghiacciaio ritenuti pericolosi e le relazioni indicano quale percorso più sicuro seguire.

Occorre altresì avere delle buone conoscenze di terreno d’alta montagna e saper valutare le condizioni della neve. Il periodo più favorevole per

l’attraversamento di un ghiacciaio è dalla primavera, con neve indurita e trasformata, all’autunno in quanto i ponti di neve sono ben consolidati (attenzione però alle nevicate recenti, peggio se accompagnate da vento, che possono formare dei ponti molto aleatori!). In una zona sconosciuta risultano molto utili i sopralluoghi, si tenga presente che nella

maggioranza dei casi i ghiacciai vengono attraversati di notte per

raggiungere gli attacchi delle vie. Il ghiacciaio si dice “secco” quando la superficie è priva di neve, in questo caso i crepacci sono ben visibili ed evitabili. Viceversa se il ghiacciaio è ricoperto di neve si dice “umido” e i crepacci non sono facilmente individuabili, spesso occorre “sondare” la consistenza di un ponte e osservare avvallamenti e linee con neve

leggermente vitrea. L’imbraco deve essere indossato prima di mettere piede sul ghiacciaio (meglio appena si esce dal rifugio).

Qui di seguito saranno illustrati vari metodi di recupero da crepaccio. La scelta di un metodo o di un altro dipende dal numero di soccorritori esterni e dal fatto che il caduto possa collaborare o no. Il metodo di recupero maggiormente usato è il sistema Vanzo. Fortunatamente è raro dover applicare delle manovre di autosoccorso, per questo motivo è bene esercitarsi periodicamente per saperle effettuare in un momento di emergenza.

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Saranno descritte le seguenti manovre:

Paranco semplice con rinvio al compagno (compagno in grado di collaborare).

Recupero con azione interna ed esterna (compagno in grado di collaborare).

Paranco veloce con sistema Vanzo (compagno in grado di collaborare).

Paranco Mezzo Poldo con piastrina (compagno non in grado di collaborare oppure corda a disposizione insufficiente).

Paranco Mezzo Poldo con piastrina e spezzone ausiliario (compagno non in grado di collaborare oppure corda a disposizione insufficiente).

Tutte le manovre hanno in comune il sistema di messa in sicura della cordata e la predisposizione iniziale di recupero da crepaccio considerando la necessità di dover effettuare la manovra più complessa.

Se la cordata si muove a corda tesa la trattenuta di un eventuale caduta di un componente in un crepaccio dovrebbe avvenire entro pochi metri. Colui che assicura si oppone alla caduta abbassandosi in linea e piantando i ramponi in modo da scaricare l’impegno per la trattenuta sui quadricipiti.

Una volta bloccata la caduta, con il peso del caduto che grava sull’imbracatura si dovrà prevedere a stabilizzare la propria posizione per poter predisporre un ancoraggio provvisorio. L’alpinista caduto, se è in grado, per agevolare questa operazione, può ancorarsi alla parete del crepaccio con la picca o un chiodo o due da ghiaccio. Se la neve è poco consistente il soccorritore può seppellire la piccozza, gli sci o lo zaino orizzontalmente in una buca facendo uscire il cordino

precedentemente fissato al baricentro dell’attrezzo (utile un corpo morto) tramite un nodo barcaiolo. Con neve con sufficiente consistenza si pianta la piccozza leggermente inclinata o lo sci in verticale. Con neve molto dura o ghiaccio piantare la becca della piccozza o un chiodo.

Collegare l’anello di cordino da ghiacciaio all’ancoraggio provvisorio, con neve con sufficiente consistenza questa operazione può avvenire contestualmente all’infissione del manico della piccozza o dello sci. Caricare l’ancoraggio

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assicurandosi della sua tenuta e tenerlo sotto controllo per tutto il tempo della predisposizione dell’ancoraggio definitivo.

Realizzare l’ancoraggio definitivo, su neve poco consistente generalmente quello provvisorio, se eseguito con cura, può già essere considerato definitivo, nel caso di neve con consistenza collegare il provvisorio con un altro attrezzo e nel caso di neve dura o ghiaccio aggiungere un chiodo. La soluzione migliore è quella di costruire un ancoraggio di sosta nuovo a monte del provvisorio e collegare gli elementi con un cordino di diametro adeguato e sufficientemente lungo. Nel punto di derivazione inserire un moschettone a ghiera con piastrina autobloccante e inserire la corda di cordata compresa tra il barcaiolo all’anello di servizio dell’imbracatura e il nodo Prusik del cordino da ghiacciaio, tensionare e trasferire il peso del caduto dall’ancoraggio provvisorio all’ancoraggio definitivo sciogliendo contro asola e poi asola al cordino sopracitato. Inserire nel foro libero della piastrina un moschettone a ghiera e collegare la corda scarica con un barcaiolo. Effettuare l’autoassicurazione mediante un nodo Machard bidirezionale alla corda di cordata sul ramo in uscita dalla piastrina (ramo scarico privo di nodi a palla) e raggiungere il bordo del crepaccio per poter valutare le condizioni del compagno. Frapporre tra corda e bordo del crepaccio, dopo averlo opportunamente assicurato, un qualsiasi attrezzo (piccozza, bastoncini, zaino) o un capo di abbigliamento in modo da evitare che la corda, durante la fase di recupero, incida profondamente la neve sul bordo del crepaccio rendendo estremamente difficoltose le successive operazioni di recupero. A questo punto valutare quale sistema di recupero adottare.

Paranco semplice con rinvio al compagno

Questo sistema è adatto a gruppi numerosi in quanto si basa sulla grande forza derivante dal cospicuo numero di soccorritori presenti. Lavora il ramo senza i nodi a palla.

Per poter utilizzare il paranco semplice è necessario che:

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• il compagno caduto collabori almeno parzialmente al recupero;

• si disponga di una quantità di corda pari al doppio della distanza tra compagno caduto e ancoraggio a cui è assicurato (la

corda deve essere sufficiente almeno a risalire dal bordo del crepaccio);

• i soccorritori siano almeno 3-4;

• almeno 4 moschettoni (consigliati a ghiera e a base larga tipo H);

• 1 piastrina autobloccante.

Inviare al caduto la corda disponibile doppiata e predisposta con un moschettone a ghiera che il caduto dovrà agganciare al suo anello di servizio.

Effettuare il recupero con una trazione coordinata dei soccorritori

Prevedere un autobloccante sul ramo di corda che viene trazionato oppure una sicura a spalla da parte del soccorritore più lontano dal bordo del crepaccio.

Recupero ad azione interna esterna

Si basa sulla risalita autonoma del caduto sulla corda priva di nodi a palla azzerando praticamente lo sforzo del soccorritore.

Questo sistema richiede:

• 1 soccorritore esterno;

• una quantità di corda pari al doppio della distanza tra caduto e ancoraggio;

• caduto in grado di collaborare fattivamente;

• 2 cordini;

• 5 moschettoni (consigliati a ghiera e a base larga tipo H);

• 1piastrina autobloccante.

Il soccorritore deve valutare la distanza del compagno e inviargli la corda doppiata con moschettone e predisposta con un Machard con moschettone sulla corda fissa (quella in uscita

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dalla piastrina) a cui collega un cordino per la staffa collegato con barcaiolo.

Il caduto dovrà farsi passare il cordino per la staffa sotto al cinturone dell’imbraco.

La corda di ritorno dal caduto deve essere inserita nel foro rimasto libero della piastrina.

A questo punto il recupero sarà di fatto una risalita autonoma della corda con il caduto che innalzerà il piede nella staffa entro un barcaiolo, spostando verso l’alto il relativo nodo autobloccante, il tutto sul ramo fisso della corda.

Il soccorritore provvederà a recuperare il ramo mobile della corda in modo che rimanga sempre teso.

Se non dovesse funzionare questo sistema, con il ghiera collegato all’anello di servizio dell’imbracatura del caduto si può passare al paranco semplice o al Vanzo.

Paranco Vanzo

Per effettuare il recupero con questo sistema si tenga presente che è necessario avere la possibilità di posizionarsi sul bordo del crepaccio in quanto è efficace solo se viene eseguito sulla verticale del caduto eliminando così ogni attrito. Lavora il ramo di corda privo di nodi a palla.

Per eseguire questa manovra è richiesto:

• 1 soccorritore esterno;

• una quantità di corda disponibile pari a circa il doppio della distanza tra compagno caduto ed ancoraggio su cui questo è stato assicurato dopo la caduta (la corda deve almeno risalire oltre il bordo del crepaccio);

• il caduto in grado di collaborare anche solo parzialmente;

• il bordo del crepaccio privo di cornici e sufficientemente solido;

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• 1 spezzone di cordino in dyneema della lunghezza di 3,20 – 3,50 metri (cordino da ghiacciaio);

• 5 moschettoni a ghiera a base larga tipo H;

• piastrina autobloccante.

Doppiare il cordino di 3,50 m facendo in modo di ottenere due rami con lunghezze leggermente differenti e costruire un Prusik chiuso con nodo delle guide, sul tratto di corda non in tensione (ramo di corda in uscita dalla piastrina dopo il barcaiolo).

Realizzare l’autoassicurazione del soccorritore mediante un nodo barcaiolo costruito sul ramo più corto del cordino, in prossimità del capo, ed agganciato al moschettone a ghiera posto nell’anello di servizio dell’imbracatura (fare nodo di sicurezza).

Inviare al caduto la corda doppiata e dotata di moschettone a ghiera affinché il compagno possa agganciarlo alla propria imbracatura.

Eseguire sulla parte di corda di ritorno dal compagno un nodo bellunese, con il ramo più lungo e ancora libero del cordino.

Durante la fase di recupero mantenere il nodo bellunese all’altezza del bordo del crepaccio e sempre in tiro mediante la realizzazione, a monte del

bellunese stesso, con un cordino sottile, di un’asola sufficientemente larga da far scorrere agevolmente la corda che verrà recuperata durante il sollevamento del caduto, ma tale da trattenere il nodo bellunese (con un bulino).

Il ramo libero di questo cordino sarà avvolto attorno allo scarpone facendo attenzione a far uscire il ramo che porta all’asola sopra descritta sotto ed esternamente allo scarpone. Tale sistema impedirà al nodo bellunese di

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salire durante il recupero del compagno impedendo di perdere corda durante le fasi di rilascio.

Il recupero potrà a questo punto avere inizio trazionando la corda che risale dal compagno che sarà stata precedentemente disposta sotto l’ascella e sopra la spalla opposta. Il sollevamento, al fine di non affaticare la schiena, dovrà avvenire piegando e distendendo le gambe, mantenendo il busto verticale.

Al fine di ridurre lo sforzo del soccorritore, sarebbe opportuno che il caduto realizzasse una staffa sul ramo fisso di corda tra i due che gli sono stati calati. In questo modo la fase di recupero assomiglierà a quella precedentemente descritta (recupero con azione interna esterna).

Paranco Mezzo Poldo con piastrina

Questo è un sistema di recupero in grado di garantire il successo anche con un solo soccorritore e caduto impossibilitato a collaborare, si basa sulla demoltiplicazione delle forze e lavora il ramo con nodi a palla. Il paranco, considerando l’attrito su un bordo di ghiaccio e non utilizzando pulegge, necessita nel recupero di una forza circa pari alla metà del peso del caduto, mentre la quantità di corda da recuperare è QUATTRO volte maggiore di quanto deve essere sollevato il compagno.

Questa manovra richiede:

• spazio minimo per la manovra 1,20 m;

• 1 soccorritore esterno;

• 1 piastrina autobloccante;

• 5 moschettoni (consigliati a ghiera e a base larga tipo H);

• 1 spezzone di cordino (altrimenti si usa il capo che collega il soccorritore);

• 1 cordino

Nel moschettone (C) posto nel foro libero della piastrina (B) non eseguire il barcaiolo ma passare lo spezzone del Mezzo Poldo o un tratto della stessa corda di cordata.

Portarsi con l’altro capo dello spezzone sul bordo del crepaccio.

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Costruire sul ramo di corda in tensione (ramo che scende al caduto) un nodo Machard bidirezionale molto corto. Inserire nel

Machard un moschettone (M1).

Far passare il capo libero dello spezzone del Mezzo Poldo nel moschettone del Machard (M1) e quindi costruire un nodo barcaiolo (con nodino di sicurezza) nel quale inserire un moschettone (M2).

Ripassare il ramo libero dello spezzone nel moschettone M2.

Recuperare il compagno trazionando il ramo in uscita dal moschettone M2 fino a che sul ramo in tensione si venga a formare un lasco tale da consigliarne il recupero mediante piastrina.

Quando necessario riposizionare lo spezzone lo si blocca con una mano in entrata e in uscita dal moschettone M2 e lo si fa scorrere verso il crepaccio sui due moschettoni C e M1

Durante il recupero i nodi a palla giungeranno ad interferire dapprima con il Machard e successivamente con la piastrina. Nel primo caso sarà sufficiente pensionare la corda di recupero mediante piastrina, sciogliere il Machard e ricostruirlo a valle del nodo a

palla. Nel secondo caso, sarà necessario bloccare lo spezzone del Mezzo Poldo mediante asola di bloccaggio e controasola, dopo aver recuperato sufficiente corda da consentirne il reinserimento nella piastrina a valle del nodo a palla. Mettere in tensione la corda di recupero mediante piastrina, sciogliere controasola e asola dallo spezzone e riprendere le operazioni di recupero.

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Paranco Mezzo Poldo con piastrina e spezzone ausiliario

Sistema più lento del precedente, ma meno faticoso, si basa su un’ulteriore demoltiplicazione delle forze e lavora anch’esso con il ramo di corda con i nodi a palla.

Questo sistema risulta utile, quando l’infortunato è molto pesante o in presenza di forti attriti. Il paranco in questione, considerando l’attrito su un bordo di ghiaccio e non utilizzando pulegge, necessita, nel recupero, di una forza circa pari ad un terzo del peso del caduto, mentre la quantità di corda da recuperare è OTTO volte maggiore di quanto deve essere sollevato il compagno.

La manovra richiede:

• spazio minimo di manovra 1,50 m;

• 1 soccorritore esterno;

• 1 piastrina autobloccante;

• 6 moschettoni (consigliati a ghiera e a base larga tipo H)

• 1 cordino

• 1 spezzone di corda meglio 2

Nel moschettone C bloccare con barcaiolo e nodo di sicurezza lo spezzone ausiliario.

Portarsi con l’altro capo sul bordo del crepaccio.

Costruire un Machard molto corto sul ramo in tensione che va al compagno con moschettone (M1).

Far passare il capo libero dello spezzone ausiliario nel moschettone M1e quindi costruire un nodo barcaiolo (con nodino di sicurezza) nel quale inserire un moschettone (M2).

Passare un ramo del secondo spezzone (o parte di corda di cordata) nel moschettone posto nell’anello inferiore della piastrina (C) a fianco del barcaiolo precedentemente costruito.

Predisporre in un capo del secondo spezzone un nodo barcaiolo con moschettone (M3).

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Passare il ramo attrezzato con il moschettone M3 nel moschettone M2 posizionato sul capo del primo spezzone

Ripassare il ramo libero del secondo spezzone nel moschettone M3.

Recuperare l’infortunato fino a che sul ramo in tensione si crei un lasco da recuperare con la piastrina.

Nota importante:

In tutte le operazioni di recupero il soccorritore DEVE essere assicurato a sua volta. Per potersi spostare durante la manovra si può ad esempio collegare il capo di corda libero all’ancoraggio definitivo su moschettone a ghiera con barcaiolo e nodino di sicurezza e costruire un Machard da collegare tramite moschettone a ghiera all’anello di servizio dell’imbraco.

Nelle esercitazioni vi faremo notare che alcune manovre si possono effettuare con il minimo materiale a disposizione in quanto nella preparazione dello zaino occorre pensare anche al peso!

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