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RELAZIONE ARCHEOLOGICA TECNICO

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Academic year: 2022

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QUADRO CONOSCITIVO propedeutica all’intervento di conservazione, recupero e valorizzazione del compendio denominato “EX CONVENTO ED EX CARCERE DI SAN

DOMENICO”

RELAZIONE ARCHEOLOGICA TECNICO – SCIENTIFICA

con esposizione dello stato delle ricerche e valutazione del rischio archeologico

L’analisi storica del Convento di San Domenico presentata nel Progetto Preliminare redatto in data 20 dicembre 2013 espone chiaramente le principali vicende storiche che hanno interessato l’area dalla fondazione del Convento fino all’abbandono nel XX secolo.

Il luogo era già utilizzato come necropoli in epoca etrusca, come dimostra il rinvenimento di una tomba ipogea a cinque camere già nel XVI secolo durante alcuni lavori, successivamente però non sembrano essere noti reperti per tutta l’epoca romana e le prime notizie di una nuova frequentazione con scopi civili sono dell’XI secolo.

Il periodo medievale è dettagliatamente analizzato nell’analisi storica del Progetto Preliminare, sia perché le fonti scritte ne permettono una buona ricostruzione, sia perché l’attenzione verso l’analisi stratigrafica delle murature è fondamentale per un corretto progetto di restauro e valorizzazione di un complesso storico come quello in oggetto.

La scarsa leggibilità dei luoghi, dovuta principalmente alle pesanti intonacature dei muri, alla vegetazione e alle superfetazioni contemporanee, non ha al momento permesso agli autori una lettura stratigrafica basata sulla divisione in Unità Stratigrafiche Murarie (USM) organizzate in un Matrix e suddivise per fasi.

Poiché ad oggi la leggibilità delle murature non è cambiata rispetto al momento in cui è stata redatta l’analisi storica del Progetto Preliminare, allo stesso modo è stato impossibile effettuare un’analisi stratigrafica degli alzati completa e fornire schede di USM con dati quantitativi sulla tipologia dei mattoni, delle malte, delle tecniche murarie, o della classificazione delle finestre, dei portali e di altri elementi architettonici caratterizzanti e datanti.

Un tentativo simile, maldestro dal punto di vista scientifico e metodologico, avrebbe condotto il presente lavoro a collocarsi tra i contributi che, citando il Progetto Preliminare: “trovano radici più nella fantasia e nella suggestione che non nel dato documentario correttamente letto e interpretato”.

Volendo evitare delle inutili forzature si è scelto di ripercorrere le vicende storiche del Convento e di aggiungere i dati certi messi a disposizione dal nuovo rilievo, integrando la relazione con delle valutazioni generali sul rischio archeologico come normalmente si richiede per una relazione di VIArch (Valutazione Impatto Archeologico).

In questo modo si intende fornire uno strumento valido per la corretta prosecuzione dei lavori di indagine archeologica sia sugli alzati che sulle superfici orizzontali e i terreni dell’area.

Seguendo quindi l’ordine cronologico degli eventi, possiamo dire che la tipologia muraria più antica individuata è riconducibile ad un periodo tra XI e XII secolo. Si tratta di pietre di grandi dimensioni, squadrate e bugnate, conservate solo per un massimo di tre filari in altezza lungo il lato sud del complesso, incorporata nell’angolo di Sud Ovest della chiesa del XV secolo. Non è stato possibile rintracciare altre tracce sicure di questo tipo di muratura, che potrebbero appartenere ad una torre.

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Le fonti riportano l’esistenza in zona della chiesa di Santo Stefano in Canova o in Castello (esistente nel 1182), ma le indagini autoptiche non hanno permesso di riconoscerne alcun resto murario.

Il toponimo “castello” lascerebbe presupporre la presenza di mura o fortificazioni di qualche genere, mentre il toponimo “San Lorenzo in Ponte”, riferito ad un’altra chiesa alla fine di Via del Castello farebbe pensare a un attraversamento, ma anche di queste strutture non restano tracce murarie visibili.

Figura 1 particolare della più antica fase muraria riconoscibile nel complesso, situata lungo il lato Sud esterno della chiesa e costituita da grandi blocchi di pietra bugnati.

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La prima fase muraria riconoscibile dopo la suddetta in conci bugnati, è quella della facciata della chiesa attualmente visibile che, secondo le fonti scritte, doveva essere completata nel 1388. Anche in questo caso, non è stato possibile rinvenire altre tracce di questo tipo di muratura se non sulla porzione della facciata della chiesa visibile.

Figura 2 particolare della muratura della facciata della chiesa, in blocchi squadrati e lisciati, posti in opera con tessitura regolare.

La prima ala del convento ad essere costruita fu quella ad Est, tra il 1370 e il 1380, che ospitava al pianterreno la sacrestia, la sala capitolare, il refettorio, la cucina ed un probabile ospizio, mentre al primo piano il dormitorio dei frati.

La facciata di questa ala, rivolta a Est, oggi è quasi interamente intonacata, parzialmente coperta da vegetazione e superfetazioni moderne, e non è possibile individuarne con sicurezza le fasi murarie originali di XIV secolo.

Neppure del portico che aggetta dalla facciata, costruito su due livelli, è possibile determinare i legami fisici con le murature circostanti. Per questo motivo non si può affermare con certezza che facesse parte delle strutture costruite nel XIV secolo, ma in attesa di migliori possibilità di studio, si è deciso comunque di rilevare e disegnare l’unica porzione di muro visibile perché non coperta da intonaco. Si tratta di un tratto murario di circa 2,5 m di lunghezza per 1,3 m di altezza posto al di sopra del secondo arco da Sud.

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Figura 3 veduta da Est del portico esterno dell’Ala Est del complesso, rivolto verso il cortile dell’ora d’aria del carcere. Al centro si nota l’unica porzione di muratura visibile e si può anche vedere la tecnica muraria dei pilastri della parte superiore del portico.

La muratura è composta da pietre squadrate, pietre spaccate e mattoni, mescolati senza un preciso schema formale e un’organizzazione in filari regolari.

Le pietre squadrate hanno dimensioni comprese tra 30/40 cm di lunghezza e 20/25 di altezza, mentre lo spessore non è visibile.

I mattoni sono prevalentemente inseriti di testa nella muratura e spesso sembrano spaccati, l’unica misura rilevabile è la larghezza per lo più compresa tra 12 e 15 cm.

I materiali sono legati con malta di calce, ma non è possibile definirne correttamente il colore, la composizione e la consistenza a causa della presenza di parti di intonaco e dell’inaccessibilità del luogo.

I pilastri che reggono gli archi del piano superiore del porticato sono costruiti con un’alternanza tra due file di mattoni e una pietra squadrata di circa 38 cm di larghezza per 30 di altezza. I materiali usati non sono omogenei nelle dimensioni, quindi nel complesso il ritmo della muratura risulta interrotto.

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Figura 4 Rilievo grafico di dettaglio della porzione di muratura non intonacata del portico Est del cortile dell’Ora D’Aria - in nero le pietre, in rosso i mattoni, in grigio gli intonaci e i letti di malta – Scala Grafica.

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L’impressione generale è quella di un’opera realizzata con i materiali a disposizione, anche di recupero, cercando di mantenere una dignità formale e una qualità tecnica accettabili rispetto al luogo e alla committenza.

Questo dato e la posizione del porticato, aggettante in direzione Est e quasi in linea con l’abside della chiesa, che era assente nella sua prima fase costruttiva, lascerebbero propendere per una datazione del porticato posteriore rispetto all’Ala Est del convento, forse nella prima metà del XV secolo.

Tuttavia si tratta solo di considerazioni ipotetiche, non supportate, come già esplicitato, da corrispondenze stratigrafiche tra le strutture, che non sono verificabili allo stato attuale.

Nel 1475 le fonti riferiscono di lavori per l’ampliamento della chiesa e per la fondazione del chiostro. In conseguenza di questo le successive fasi murarie da identificare dovrebbero essere proprio quelle interne al chiostro.

Ad esse potrebbero aggiungersi le murature dell’Ala Nord del complesso, per il tetto della quale veniva stanziata una somma nel 1482. Il completamento definitivo dell’ala sarebbe databile al 1494, anno in cui dovevano essere logicamente terminate tutte le murature portanti.

Il lato Sud interno del chiostro è l’unico in cui i distacchi di intonaco permettano di vedere la muratura sottostante e di fare qualche considerazione in merito.

Si tratta prevalentemente di blocchetti di pietra sbozzata, messi in opera secondo filari regolari, legati da malta di calce a formare piani di posa abbondanti per regolarizzare i piani.

Questa tipologia di muratura è differente rispetto a quella del lato porticato rivolto a Est, ma non è possibile dire su quanta parte dell’intero complesso essa sia presente.

D’altra parte ciò che è visibile della facciata Sud interna del chiostro lascia intuire molteplici tamponature, la presenza di almeno un arco di finestra, poi tamponato con conci di pietra, e diversi interventi moderni che rendono impossibile una corretta e sicura lettura delle stratigrafie. Il rischio maggiore è quello di essere tratti in inganno dalla cospicua presenza di tipologie murarie che, ad un successivo esame senza intonaco, potrebbero rivelarsi tutt’altro che originarie e inalterate.

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Figura 5 Veduta da Nord del lato interno della facciata Sud del chiostro.

Si nota la muratura in blocchetti di pietra, ma anche alcuni interventi in muratura di mattoni non facilmente collocabili per tipologia e periodo.

Figura 6 Particolare di una piccola area esposta del muro dell’Ala Nord rivolto a Nord. Sulla destra sembra di poter identificare la muratura a blocchetti di pietra presente anche nelle parti Sud e Ovest, ma al centro le tracce di lavori moderni mostrano anche la complessità e l’incertezza dell’analisi in assenza di una pulizia completa delle facciate.

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Durante i lavori per l’edificazione del convento non mancarono i rinvenimenti archeologici, infatti nel 1502 nel “tondo” del convento, dove erano stati ammassati i materiali di risulta della chiesa di S. Stefano in Canova si rinvenne una tomba ipogea etrusca, con cinque camere e relativi reperti.

L’Ala Ovest del convento fu edificata nel 1511 e ospitava un nuovo refettorio al pianterreno e una libreria al primo piano.

Sempre nel 1511 e poi nel 1513 si innalzarono il muro di recinzione dell’area antistante la chiesa e il muro di recinzione dell’area destinata agli animali. Non è ben chiaro dove si trovasse esattamente quest’ultima area, ma nel complesso si dovrebbe trattare dell’attuale muro di cinta lungo i lati Sud, Ovest e Nord, oggi inglobati nel più alto muro in mattoni del carcere.

Questo muro di recinzione, presentato dalle fonti come costruito in un breve lasso di tempo, si presenta oggi molto eterogeneo quanto a tecniche murarie.

Il lato Sud esterno mostra una tecnica in blocchi di pietra e mattoni posti in opera disordinatamente, il lato Ovest esterno mostra, alla base, una tecnica muraria mista simile a quella del lato Sud, a cui si affianca una successiva tecnica mista di bozze di pietra e mattoni organizzati per filari regolari in cui due file di mattoni fungono da marcapiano tra ciascun tratto di muratura di pietre, il tutto legato con abbondante malta.

A queste due tecniche principali si sovrappone un ulteriore breve innalzamento realizzato con pietre spaccate e mattoni in forma non organizzata, su cui poggia il muro di mattoni del carcere.

Il muro del carcere è sostenuto internamente da arcate addossate al muro di cinta, ma nello spazio tra le arcate sembra di poter riconoscere la tecnica a blocchetti che contraddistingue i corpi di fabbrica principali del convento, cioè le ali Sud, Est, Nord e Ovest, cosicché risulta difficile comprendere se sia questa muratura a costituire il muro di cinta originario del XVI secolo, oppure se sia solo una riproposizione più recente di una tecnica da sempre in uso localmente. L’identificazione corretta delle fasi è resa impossibile dalla presenza di intonaci e vegetazione che impediscono una visione completa dei nessi fra i muri e dai numerosi interventi moderni che si intuiscono facilmente senza che sia possibile identificarli nelle misure e modalità in assenza di una attenta attività di pulizia mirata allo scopo archeo-stratigrafico.

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Figura 8 particolare della muratura del muro di cinta lungo il lato Sud del complesso, costituita da mattoni e blocchi di pietra di diverse dimensioni e rifiniture superficiali. Il tutto posto in opera con abbondante mala come legante e senza cura per un’orditura in filari regolari.

Figura 9 veduta del lato esterno del muro di cinta Ovest. In basso si vede una tipologia muraria simile a quella del lato Sud, a cui si sovrappone una tipologia mista di filari marcapiano in mattoni e intermezzi di pietre spaccate e sbozzate poste in opera in modo irregolare con legante di malta. In ultimo il muro di

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Figura 10 Veduta del lato esterno Nord del muro di cinta. In basso è visibile la muratura più antica con blocchi di pietra di maggiori dimensioni, quindi la muratura mista di filari di mattoni e pietre spaccate e sbozzate, più in alto uno strato di muratura costituita da materiale molto eterogeneo e posto in opera senza cura formale, su cui poggia il muro in mattoni del carcere.

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Figura 12 Veduta della parte interna del muro di cinta a Nord. Si vede in estensione la muratura di pietre spaccate con filari a intervalli regolari di mattoni come marcapiano.

Figura 13 Veduta della parte interna dell’angolo Nord-Ovest del muro di cinta. Si vedono gli archi del muro di mattoni del carcere addossati al muro preesistente sul quale sembra di notare la tecnica muraria di blocchetti già vista sulle ali principali del convento.

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Altra notizia è quella del 1520, quando venne costruito un atrio attiguo al nuovo refettorio, cioè all’Ala Ovest, forse dove oggi esiste un corpo di fabbrica aggettante dal profilo principale ed in cui è possibile notare una porzione di muratura esposta costituita da blocchi di pietra squadrati messi in opera con regolarità; nondimeno ciò contrasta con l’ulteriore notizia che i lavori non furono fatti a regola d’arte e che, dopo dei crolli, si apposero catene murarie e si alzò il sesto della volta. La muratura visibile potrebbe essere quella migliorata, ma la scarsa visibilità non rende questa che un’ipotesi e, d’altra parte, si dovrebbe prima poter verificare l’esattezza dell’attribuzione di questo corpo di fabbrica con l’atrio del 1520.

Figura 14 Veduta da Nord di un corpo di fabbrica con muratura in pietre squadrate, lisciate e poste in opera con regolarità, forse identificabile con l’atrio del 1520 che subì interventi migliorativi a causa di lavori di cattiva qualità.

Nel 1524 si rialzò la libreria, posta nell’ala Ovest, forse a questi lavori sono imputabili gli almeno cinque archi di finestra tamponati che si vedono oggi lungo la parte alta della facciata. Sotto ad essi un altro arco simile lascia presupporre una precedente teoria di finestre, già presenti nella prima fase costruttiva.

Anche sulla superficie di questa facciata sembra di poter a tratti identificare la presenza della tipica muratura

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Figura 15 Rilievo grafico di dettaglio delle porzioni di muratura non intonacate del prospetto esterno dell’Ala Ovest - in nero le pietre, in rosso i mattoni, in grigio puntinato gli intonaci e i letti di malta; la restante parte della facciata lasciata in bianco e non caratterizzata si intende coperta da intonaco – Scala Grafica.

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Figura 16 Veduta panoramica della facciata esterna dell’ala Ovest. Si vedono in alto le finestre ad arco tamponate e tagliate dalle successive finestre dal carcere.

Dal ‘500 in poi sono molte le notizie storiche che ci parlano di modifiche architettoniche, di lavori di manutenzione e di rifacimenti.

Ad esempio nel 1527 crollò parte della torre campanaria, forse a causa di un fulmine e alcuni materiali di risulta furono usati per la costruzione della cappella Mainardi. Nel 1559 venne di nuovo restaurata, ma successivamente si preferì abbatterla del tutto.

Nel 1528 vennero ricavate due stanze sopra il refettorio, non è chiaro quale, se il primo nell’Ala Est, o il secondo nell’Ala Ovest e in che modo, dato che entrambi si trovavano al pianterreno e non doveva essere possibile sfruttare il sottotetto.

Nel 1557 una forte pioggia danneggiò il muro di cinta dell’orto, la libreria (Ala Ovest) e il dormitorio (Ala Est).

Nel 1565 vennero aperte due finestre nel chiostro, si livellò e pavimentò la strada di accesso e il sentiero che circondava l’orto del chiostro con mattoni disposti di taglio, in modo da favorire il deflusso delle acque piovane nella cisterna.

Nel 1593 nel vecchio refettorio (Ala Est) venne eretto un muro e venne praticata un’apertura verso il chiostro, per adibirne una parte a “sindacaria” e dividerla dalla stanza del pane.

Nel 1599 si attuarono lavori all’interno della chiesa, rialzando il presbiterio, avanzando l’altare e trasferendo il coro dietro di esso, oltre che tamponando una finestra a Sud.

Nel 1603 vennero rifatti i muretti del chiostro, si completò il muro dell’orto e si ricavò una stanza lavatoio all’estremità Nord-Est del dormitorio inferiore (Ala Est).

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Nel 1645 vennero risanate due camerette davanti all’atrio della libreria (Ala Ovest) e nello stesso anno un fulmine danneggiò l’abside della chiesa e l’organo.

Nel 1692 si fecero lavori di manutenzione della gradinata antistante la chiesa e nel 1723 si lastricò la piazza antistante per evitare il fango.

Nel 1735 si ritrassero i cardinali domenicani e quattro pontefici sulle pareti dell’atrio del refettorio e della sacrestia.

Nel 1768 si ricavò una nuova cucina nel refettorio (Ala Est).

Infine, nel 1787, il convento venne soppresso e nel 1833 il complesso venne adibito a carcere.

Da questa data in poi inizieranno gli interventi legati alla sua nuova funzione, che porteranno ad una frammentazione degli spazi fino, a volte, a renderli irriconoscibili rispetto alle loro funzioni originarie.

Il primo luogo che occuparono le detenute fu la chiesa, suddivisa e forse già rialzata di un piano e sicuramente suddivisa in tre stanze separate.

Nel 1841 si fecero lavori per suddividere le celle dei frati, la tinaia e la cucina del convento, che venne realizzata nell’ex sala capitolare e nel refettorio. Al piano terra della chiesa furono realizzati due laboratori, nelle cappelle meridionali e nella stanza centrale. Il lato occidentale del chiostro fu adibito a magazzino per i vestiti delle recluse.

Nel 1846 furono divisi sial il laboratorio che il dormitorio al piano terra e al primo piano della ex chiesa.

Nel 1862 si fecero interventi di manutenzione di intonacatura, verniciatura, rifacimento tetti, restauro delle mura e dei locali.

Tra il 1866 e il 1869 i frati cappuccini vennero trasferiti e vennero ampliate le aree per la reclusione.

Il terremoto del 26 e 27 settembre del 1869 causò dei danni e vennero apposte delle catene in vari punti della muratura.

Nel 1871 venne ulteriormente alzato il muro di cinta e dotato di un ballatoio esterno, tre garitte e le scale per le sentinelle, ma non fu ancora sufficiente, perché il muro venne nuovamente rialzato di almeno mezzo metro nel 1882.

Nel 1884 vennero apportate modifiche di consolidamento lungo il lato Nord che, come si ipotizza correttamente nella Relazione Preliminare, potrebbero essere gli otto contrafforti esterni dell’Ala stessa, presenti nella planimetria del 1902, ma non in quella del 1841.

Nel 1938 furono create altre celle di punizione nei locali del magazzino, poi nel 1940 si rifecero i solai e il tetto dell’abitazione del cappellano, danneggiati da una frana.

Nel 1944 si scavò una lunga galleria con camere di sosta come rifugio sotterraneo per i detenuti e quanti lavoravano all’interno del carcere.

Negli anni ’60 del XX secolo venne chiusa parte del loggiato del chiostro, venne coperta con terra la pavimentazione di lastre di pietra serena del cortile centrale e il sottotetto del chiostro venne foderato con del cemento armato, poiché si era verificato un tentativo di evasione.

Nel 1992 il carcere venne sgomberato e, successivamente, fu oggetto di alcuni interventi di recupero e restauro da parte della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici, in particolare venne demolita una tamponatura, alcuni annessi nel chiostro e vennero rifatti degli intonaci.

Volendo riassumere brevemente le principali fasi di costruzione e modifiche del complesso del Convento di San Domenico possiamo accogliere le conclusioni tratte nell’analisi del Progetto Preliminare: 1350: Fondazione della chiesa della Ss.ma Annunziata (ala Sud); 1380: Costruzione Ala Est; 1400-1500: Costruzione Ala Nord e ampliamenti Ala Sud, costruzione muro di cinta; 1500-1550: Costruzione Ala Ovest; 1787: Soppressione del Convento; 1833:

Conversione a carcere; 1850-1950: Frazionamento degli spazi in celle, sopraelevazione del muro di cinta; 1950-1970:

Superfetazioni recenti; 1991: Chiusura del carcere e 1992-2010: Semiabbandono e utilizzo ridotto di alcune porzioni.

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VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Le notizie storiche e toponomastiche rendono l’area ad alto rischio assoluto per quanto riguarda le eventuali operazioni di scavo.

È attestata con sicurezza la presenza di una sepoltura ipogea etrusca e, se anche non sembrano emergere attestazioni per l’epoca romana, dall’età medievale tutta la zona venne interessata prima da strutture di fortificazione e poi dal Convento di San Domenico.

La realizzazione di scavi, anche a profondità molto ridotta, potrebbe rivelare l’esistenza di pavimentazioni precedenti come quella in lastre di pietra serena del chiostro o quella in mattoni dell’area antistante la chiesa.

Scavi a profondità anche di poco maggiori potrebbero portare all’individuazione di alcune delle strutture residue delle fortificazioni e a forti possibilità di rinvenire sepolture, normalmente presenti sia internamente che esternamente agli edifici chiesastici. A tal proposito si ricorda come una pianta del XVII secolo della chiesa riveli la posizione delle principali sepolture al suo interno e possa fungere da guida e utile strumento di lettura storica durante gli scavi. (ACSG, Ristretto delle cose notabili..., segnato D, Manoscritto 82).

Proseguendo con l’esposizione delle possibilità di rischio archeologico dovuto a scavi a terra si deve prendere in considerazione l’esistenza di strutture di periodo romano e, soprattutto, l’esistenza di sepolture etrusche.

Le sepolture ipogee potrebbero essere molteplici e non intatte, magari parzialmente riutilizzate durante i secoli in cui era in attività il convento, oppure intercettate a seguito di lavori per il carcere.

Le notizie storiche e i documenti del carcere forniscono un grande numero di informazioni ma, quasi sicuramente, non si tratta di resoconti completi, soprattutto in considerazione del fatto che la scoperta di tombe ipogee avrebbe potuto essere sottaciuta per motivi culturali durante i periodi di uso del convento e per motivi tecnici e di sicurezza durante l’uso come carcere.

Alcune forme di riuso di strutture ipogee potrebbe essere quella per pozzi o cisterne, ma anche per locali tecnici e di stoccaggio come le cantine, per questo oltre al rischio durante le operazioni di scavo si ritiene opportuno segnalare la possibilità di effettuare ricerche preventive di geognostica tentando di individuare cavità sotterranee ancora sconosciute. Questa buona pratica condurrebbe anche a risultati utili per la sicurezza statica dell’edificio, comprovandone la fondazione su un terreno saldo e non su vuoti di stabilità incerta.

Altre forme di indagine archeologica praticabili e fondamentali per un completo e utile lavoro di conoscenza del complesso sono legate all’assistenza di un archeologo durante lo smontaggio dei piani pavimentali e alle lavorazioni legate ai riempimenti delle volte che, spesso, contengono utili reperti datanti come ceramiche utilizzate come riempimento.

Naturalmente tra le indagini archeologiche eseguibili, sarebbe auspicabile il proseguimento della lettura stratigrafica degli alzati, che potrebbe essere effettuata anche durante le prime lavorazioni e utilizzando i rilievi tecnici eseguiti durante le dovute fasi di asportazione degli intonaci moderni e di recupero delle murature.

Il procedere di pari passo tra l’indagine stratigrafica degli alzati, l’individuazione e la descrizione delle murature e le opere pratiche di recupero delle stesse, conduce a risultati ottimali per quanto concerne la progettazione e

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