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REGIONE LAZIO. Comune di SANT'ELIA FIUMERAPIDO Provincia di Frosinone

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REGIONE LAZIO

Comune di

SANT'ELIA FIUMERAPIDO Provincia di Frosinone

01_Relazione Tecnica

Novembre 2021

IL RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO: Geom. Angelo Di Cicco

01_RELAZIONE TECNICA.pdf

COMPONENTI RTP: Ing. Fabio Santamaria Andreone (mandatario) Ing. Giuseppe Meta (mandante)

Ing. Sara Medici (mandante)

Intervento di messa in sicurezza dissesti idrogeologici territorio comunale versante Nord-Est Loc. Cese.

CUP (Codice Unico di Progetto): C77C19000040001

PROGETTO ESECUTIVO

art. 33 d.P.R. n. 207/2010

MANDATARIO

Ing. Fabio SANTAMARIA ANDREONE

Via Provinciale, 34 AUSONIA (FR) - Cell. 393 8461272

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Sommario

PREMESSA ... 2

1. STATO DEI LUOGHI_INQUADRAMENTO ... 2

2. FRANE ... 4

2.1 Aspetti Generali ... 4

2.2 Classificazione dei fenomeni franosi ... 5

2.3 La caduta massi ... 8

3. TERRE RINFORZATE ... 12

3.1 Istruzioni operative per la realizzazione del rilevato strutturale ... 12

3.1.1 Posa degli elementi di rinforzo ... 12

3.1.2 TMVL (TERRAMESH VERDE LIGHT) ... 13

3.1.2.1 Compattazione ... 14

4. INTERVENTI ... 15

4.1 Generalità ... 15

4.2 Tipologie di interventi ... 15

4.2.1 Sistemi di difesa attiva ... 16

4.2.1.1 Interventi che modificano la geometria del versante ... 16

4.2.1.2 Interventi che modificano la resistenza meccanica del versante . 17 4.2.1.3 Interventi che agiscono sulla superficie dell’ammasso roccioso per proteggerlo contro l’alterazione ... 17

5 . INTERVENTI DA ESEGUIRE SUL VERSANTE IN ESAME ... 20

5.1 Interventi da eseguire sul versante in esame: interventi strutturali . 20

5.2. Interventi da eseguire sul versante in esame: interventi non

strutturali ... 23

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PREMESSA

Il presente documento si riferisce all’intervento di messa in sicurezza dissesti idrogeologici territorio comunale versante Nord-Est Loc. Cese nel comune di Sant’Elia Fiumerapido (FR).

1. STATO DEI LUOGHI_INQUADRAMENTO

L’area oggetto di intervento è interessata da un movimento franoso che ha interessato una porzione della viabilità esistente mediante lo scivolamento di una porzione di versante a Nord della frazione di Valleluce.

Figura 1 ubicazione intervento

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Figura 2 Movimento franoso

Il movimento franoso ha interessato uno sviluppo di circa 15,50 ml, ed ha comportato la riduzione della carreggiata stradale di circa 2,00 ml.

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2. FRANE

2.1 Aspetti Generali

Nonostante la definizione apparentemente semplice, i movimenti franosi sono fenomeni molto complessi, la cui classificazione risulta spesso incerta.

I movimenti franosi sono dei fenomeni di massa coinvolgenti rocce, detriti o terre, attraverso i quali si manifesta tendenza, da parte di un corpo, al raggiungimento di un minimo di energia potenziale, (Varnes D.J., 1978). Il distacco e il movimento dei volumi di roccia coinvolti, è sostenuto da un unico campo di forze: il campo di attrazione gravitazionale.

Agli sforzi gravitativi, le rocce oppongono in generale una resistenza, che prende il nome di resistenza al taglio. Questa è determinata dalle forze di attrito meccanico che si generano lungo i piani di rottura e scorrimento, che possono essere espresse in termini di coefficiente di attrito interno, e dalle forze di legame tra gli elementi costituenti le rocce, in dipendenza di legami elettrostatici o cementazione di grani e matrice, che esprimono una proprietà meccanica, che in misura fortemente variabile, tutte le rocce possiedono: la coesione.

Moltissimi sono, però, i fattori che possono intervenire, in modo naturale o per causa dell’uomo, a turbare questo delicato e instabile equilibrio, venendo a variare l’attrito o la coesione del materiale, o intervenendo sulla gravità, con variazioni di peso del materiale. Il tipo di movimento, il volume del materiale e la velocità del movimento dipendono proprio da questi fattori.

Per ogni piano ipotetico di rottura, è possibile definire sforzi agenti, che tendono a deformare le rocce e sforzi resistenti che a questa deformazione, si oppongono. Il rapporto tra questi ultimi ed i primi, esprime il cosiddetto coefficiente di sicurezza che, con valore unitario, identifica le condizioni di equilibrio statico limite del versante. Per valutare le condizioni di equilibrio lungo una ipotetica superficie di rottura è dunque necessario caratterizzare le proprietà meccaniche dei volumi di roccia coinvolti. Le prove geotecniche di laboratorio consentono di valutare i valori di coesione ed angolo di attrito di taglio di campioni indisturbati, prelevati sui versanti in studio.

Inoltre le condizioni di equilibrio dipendono fortemente dalla presenza della fase acquosa all’interno del sottosuolo. Infatti, quest’ultima incrementa il peso dei volumi di roccia, diminuisce il valore di coesione e di angolo di attrito di taglio di alcune rocce, e soprattutto altera le condizioni di sforzo sui piani di scorrimento.

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2.2 Classificazione dei fenomeni franosi

Nella classificazione degli eventi franosi ha un ruolo primario il tipo di materiale coinvolto, che viene classificato tenendo conto dello stato precedente al movimento iniziale. A questo proposito si distinguono tre tipologie principali di materiale: Roccia, Terreno e Detrito.

Per Roccia si intende un aggregato naturale di granuli o minerali legati da elevata coesione (cementati), che non viene perduta anche dopo essiccamento o prolungata immersione. In genere le rocce sono interessate da piani di discontinuità che influenzano profondamente il comportamento meccanico dell’intero ammasso.

Il Terreno è un mezzo granulare multifase, in quanto costituito da grani di minerali in contatto tra di loro; nei pori presenti tra i grani, può essere presente sia acqua che aria.

Qualora, all’interno dei vuoti, sia presente solamente acqua il corpo è saturo, nel caso contrario siamo nella condizione di terreno asciutto.

Il Detrito è un aggregato naturale di grani minerali e può presentare diversi gradi di cementazione tra gli elementi della matrice; può essere costituito da materiale prevalentemente grossolano (debris), in cui si hanno numerosi granuli (20‐30%) con dimensioni maggiori dei 2 mm, oppure può essere costituito da materiale in prevalenza fine (earth), in cui si hanno circa il 70‐80% delle particelle di dimensioni minori dei 2 mm.

Secondo l’approccio seguito dal progetto EPOCH (1991‐93), si effettua la classificazione dei movimenti franosi in base al tipo di movimento della massa spostata ed al tipo di materiale interessato.

I movimenti sono stati suddivisi in sei differenti tipi:

1. Crollo

2. Ribaltamento 3. Scivolamenti 4. Espansioni laterali 5. Colamenti

6. Complessi

Nel nostro caso analizzeremo i Ribaltamenti e i Crolli che sono i movimenti compatibili con il versante in questione.

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Ribaltamenti:

Sono fenomeni simili ai crolli e, generalmente, si verificano in versanti interessati da discontinuità strutturali preesistenti.

Il ribaltamento comporta una rotazione rigida frontale o un’inflessione di una massa intorno ad un punto o un asse situato al di sotto del baricentro della massa stessa.

Questo movimento avviene in presenza di alcune famiglie di discontinuità, che devono essere sia sub verticali sia sub-orizzontali.

Le superfici di discontinuità sono costituite generalmente da: giunti di stratificazione, piani di faglia, fratturazione tettonica, fessurazione di varia natura, piani di scistosità o di laminazione superfici di contatto tra materiali aventi caratteristiche geo-meccaniche differenti.

Il movimento non necessariamente implica il collasso del materiale coinvolto; qualora questo si verifichi segue il cinematismo di un crollo o di uno scivolamento.

Il fenomeno può svilupparsi in tutti i tipi di materiali: rocce, detriti e terre.

Figura 3 Ribaltamento

Questa tipologia di movimento può avvenire con velocità estremamente variabili, da molto lente a molto rapide, nel caso in cui culminino in un crollo improvviso.

Le cause innescanti sono anche in questo caso i cicli di gelo e disgelo, lo scalzamento alla base ad opera di alvei fluviali, l’azione sismica, e l’incremento della pressione dell’acqua presente tra le discontinuità.

Le fratture presenti (faglie e piani di stratificazione) nelle zone superiori possono essere aperte oppure riempite da detrito o altro materiale.

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Crolli:

Sono dei fenomeni che iniziano con il distacco di roccia da un pendio acclive, lungo una superficie avente resistenza a taglio limitata o nulla.

Generalmente si verificano in versanti interessati da discontinuità strutturali preesistenti (faglie e piani di stratificazione) o di neoformazione e sono caratterizzati da velocità abbastanza alte e scarsi segni premonitori; infatti, sono osservabili solo cedimenti nelle zone laterali dell’ammasso e piccole fessure superficiali.

Cause innescanti per questo tipo di movimento sono tutti i meccanismi in grado di determinare la rottura dei contatti residui presenti su un sistema di piani di debolezza strutturale favorevolmente orientati quali: cicli di gelo e disgelo, scalzamento alla base del versante ad opera di alvei fluviali, azione sismica, pressione dell’acqua presente tra le discontinuità, azione degli apparati radicali della vegetazione, etc..

I fenomeni di tipo crollo sono tipici delle rocce lapidee in cui si sviluppa un sistema di superfici di rottura piane o leggermente curve; il materiale si muove generalmente per caduta libera nell’aria e con successivi rimbalzi e/o rotolamenti fino ad azzerare la propria energia cinetica.

Figura 3 Movimento franoso tipo ribaltamento

Nello studio dei fronti di crollo, importante è riuscire ad identificare le possibili aree di distacco definendo le eventuali dimensioni e la relativa forma dei massi instabili ed

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ipotizzando l’eventuale tragitto del masso lungo il versante. La definizione dei possibili percorsi consente

di individuare i beni esposti al rischio ed eventualmente organizzare dei sistemi di difesa passiva a loro protezione.

2.3 La caduta massi

Per caduta massi si intende il fenomeno di distacco ed il successivo movimento verso valle di blocchi rocciosi perlopiù isolati e volumetricamente limitati (compresi tra 0.02 m3 fino a 5m3), da pareti rocciose particolarmente acclivi e tettonicamente disturbate.

Questi materiali lapidei possono raggiungere grandi energie cinetiche con velocità che possono arrivare fino a 30 m/s.

Figura 4 Grosso masso ostruisce strada di montagna

Tale fenomeno rappresenta uno dei rischi geologici più frequenti nel territorio nazionale, in particolar modo negli ambienti montani, con gravi conseguenze sulla

Figura 17

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percorribilità dei tratti viari, sulle infrastrutture, e conseguenti gravi disagi ai centri abitati.

Il distacco dei blocchi da un versante è fortemente influenzato dalle condizioni strutturali dell’ammasso (famiglie di discontinuità, persistenza, spaziatura), dalla geometria (giacitura e orientazione delle discontinuità rispetto al versante), dalle caratteristiche meccaniche (resistenza a taglio delle discontinuità, resistenza a trazione di eventuali ponti di roccia) e da eventuali sollecitazioni esterne (presenza di acqua in pressione nelle discontinuità, sismi, ecc.).

La caduta massi è un tipico problema dovuto ad influenze interne ed esterne al pendio interessato, insieme all’azione della gravità.

I fattori esterni sono l'alterazione chimica superficiale delle rocce, le variazioni di temperatura, il gelo, lo scorrimento superficiale dell'acqua, l'azione del vento, l'erosione al piede del pendio e la pressione esercitata dalle radici delle piante.

I fattori interni sono legati agli sforzi residui della roccia di tipo geologico, alle fratture presenti, alle discontinuità. Da tenere particolarmente in considerazione l'azione dell'acqua ed i cicli di gelo e disgelo: la massima frequenza di caduta di massi avviene infatti nei periodi di elevate precipitazioni e quando le temperature oscillano intorno ai 0° C. Una volta avvenuto il distacco, la traiettoria seguita da un blocco è la combinazione di quattro processi principali: scivolamento e/o ribaltamento, caduta libera, rimbalzo e rotolamento. Questi processi sono governati da leggi fisico‐

meccaniche ben conosciute e possono essere descritti con semplici equazioni.

Lo scivolamento è generalmente limitato alle fasi iniziali di un crollo, ha luogo su corte distanze (da pochi centimetri ad alcuni metri) ed è caratterizzato da basse velocità e da una considerevole dissipazione di energia per attrito.

Per massi di grosse dimensioni può anche verificarsi al momento dell’impatto, con significativa perdita di energia. La caduta libera rappresenta lo stato di moto predominante di un crollo in roccia.

Guidato dalla gravità, il processo è descritto da traiettorie di tipo parabolico ed è caratterizzato da velocità elevate.

Durante la caduta libera, l’energia potenziale del masso viene trasformata in energia cinetica. Raramente il movimento principale di un masso avviene per puro rotolamento: di solito infatti questo tende a realizzarsi tramite una sequenza ravvicinata di rimbalzi che generano delle traiettorie paraboliche di altezza modesta

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(Broili, 1973; Azzoni et al., 1991). Il rotolamento si osserva solo in blocchi di forma sferica, ovale o cilindrica, quando la velocità del masso è modesta ed il versante presenta superfici pseudo ‐ piane, a bassa inclinazione e scarsa rugosità delle superfici.

L’impatto al suolo è il fattore più complesso, difficile da modellare e meno conosciuto di un crollo. Al momento dell’impatto, si ha una perdita di energia e la direzione di movimento del masso può cambiare.

Le peculiarità che possono essere ravvisate nel fenomeno sono numerose, ed è per questo che la sua analisi risulta sempre molto complessa e densa di problematiche, ma si può affermare che gli aspetti che principalmente lo contraddistinguono dagli altri movimenti franosi sono due:

• Il distacco e la successiva caduta di un masso, o di più massi, interessano una singola porzione di roccia, ma il comportamento dinamico delle singole porzioni è sostanzialmente indipendente da quello delle altre.

• Le dimensioni degli elementi di roccia in movimento sono solitamente contenute rispetto alle altre caratteristiche geometriche del problema, come il dislivello o la lunghezza del percorso di caduta.

Le condizioni necessarie affinché avvenga il distacco del materiale roccioso possono essere sintetizzate in quanto segue:

• Devono esistere sul pendio blocchi separati dal resto dell’ammasso; quindi devono essere presenti delle famiglie di discontinuità più o meno accentuate;

• L’inclinazione del pendio deve essere tale da rendere instabili i blocchi;

• Deve esistere una forza esterna che dà origine al dissesto.

È evidente come le frane di crollo in roccia rappresentino dei fenomeni di dissesto piuttosto gravosi da un punto di vista tecnico, sia per la loro diffusione in diversi ambiti geografici e geomorfologici (scarpate montane, rilievi collinari, falesie costiere, ecc.) che per la complessità della loro analisi che può riguardare aspetti molto diversi, dalla valutazione dell’equilibrio geostatico dei blocchi alla previsione delle traiettorie di propagazione dei massi.

Il processo infatti, pur essendo in apparenza riconducibile ad una schematizzazione piuttosto semplice dei meccanismi che lo governano, in realtà è complicato dal fatto che la definizione dei parametri che controllano i fenomeni di rottura ed evoluzione risente di un grado elevato di incertezza; spesso inoltre, l’ampia estensione delle aree

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coinvolte rende difficile raccogliere informazioni sufficienti per condurre analisi dettagliate.

Anche la traiettoria di un masso in caduta dipende da una serie di fattori la cui incertezza risulta predominante, quali la localizzazione dell’area di distacco, le condizioni strutturali dell’ammasso in tale area, la geometria del masso, le proprietà meccaniche della roccia e del versante e la topografia (Ritchie, 1963), fattori, questi, difficili da verificare sul terreno e che non possono essere determinati con esattezza.

Per questo motivo la stabilità di un versante può essere valutata solo in modo probabilistico e le misure di protezione e di mitigazione del fenomeno devono essere legate alla determinazione della pericolosità, funzione dell’estensione delle aree coinvolte, dell’intensità del fenomeno e della probabilità di occorrenza.

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3. TERRE RINFORZATE

Nel campo della geotecnica è definita come opera in terra rinforzata o pendio rinforzato, una struttura atta al contenimento o alla stabilizzazione di una scarpata costituita, essa stessa, da terreno e da elementi di rinforzo di forma e materiale opportuno, capaci di assorbire sforzi di trazione. Tali elementi vengono di solito disposti lungo piani di posa orizzontali durante il riempimento e la compattazione del rilevato di terreno strutturale, che avviene per strati successivi. Così facendo, il regime di sollecitazioni che s’instaura nel rilevato strutturale con l'aumentare dei carichi, è tale da mobilitare la resistenza a trazione dei rinforzi in virtù della propria aderenza per attrito con il terreno. Il terreno che costituisce il rilevato strutturale, invece, offrirà il suo contributo di resistenza alla compressione per effetto dei carichi verticali. Nella progettazione di queste strutture è pertanto necessario individuare i meccanismi di rottura potenziali nel terreno al fine di valutare il contributo di stabilità offerto dalla presenza dei rinforzi. Il dimensionamento di una struttura in terra rinforzata implica pertanto la scelta corretta della lunghezza e della spaziatura verticale dei rinforzi necessarie a garantire la stabilità, noti che siano i parametri geotecnici del rilevato strutturale (angolo d’attrito, peso specifico) e le caratteristiche meccaniche dei rinforzi (carico rottura, coeff. aderenza terreno).

3.1 Istruzioni operative per la realizzazione del rilevato strutturale

3.1.1 Posa degli elementi di rinforzo

Il piano di posa dovrà essere predisposto fino a raggiungere la quota d’imposta del primo elemento di Terramesh da eseguire, secondo le indicazioni riportate negli elaborati di progetto. Si dovrà provvedere innanzitutto al taglio delle piante e alla estirpazione delle ceppaie, radici, arbusti ecc, il terreno dovrà quindi essere adeguatamente rullato e compattato fino ad ottenere le caratteristiche previste nel capitolato. Il piano di fondazione dovrà essere regolare ed idoneo per la posa e compattazione del primo strato di riporto con ottenimento dei requisiti richiesti. Non si dovrà operare in presenza di ristagni d’acqua o con terreni rammolliti, né in presenza di elevato contenuto organico (nell’eventualità questi dovranno essere bonificati, per completa sostituzione). Nel caso in cui il piano di posa si trovi localmente depresso, in

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condizioni favorevoli ai ristagni d’acqua, si dovranno eseguire delle canalette di scolo laterale in pendenza con adeguato recapito. Prima di eseguire il primo riporto occorre eseguire almeno 2-3 passate con un rullo liscio. Il materiale proveniente dallo scavo di preparazione del piano di posa dei rilevati e dallo scavo di sbancamento per bonifica potrà essere reimpiegato, se ritenuto idoneo, nella sistemazione a verde delle scarpate.

Ogni qualvolta i rilevati dovranno poggiare su declivi con pendenza superiore al 20%, ultimata l'asportazione del terreno vegetale e fatta eccezione per diverse e più restrittive prescrizioni derivanti dalle specifiche condizioni di stabilità globale del pendio, si dovrà provvedere all'esecuzione di una gradonatura con banche in leggera contropendenza (tra 1% e 2%) e alzate verticali contenute in altezza.

3.1.2 TMVL (TERRAMESH VERDE LIGHT)

Gli elementi di Terramesh Verde Minerale dovranno essere posti in opera per strati costanti, secondo le modalità di seguito riportate:

1. Apertura e predisposizione dell’elemento Terramesh avendo cura di stendere il telo di rinforzo eliminando le linee di piegatura preformate in fase di produzione e mettere in posizione gli elementi;

2. Posizionamento degli elementi a squadra per dare l’inclinazione al paramento. Per l’assemblaggio e la legatura degli elementi, è necessario essere provvisti di pinze e tenaglie e di una graffatrice tipo pneumatico, con alimentazione ad aria compressa (6-8 bar). In generale, per le operazioni di legatura per una continuità strutturale, si consiglia un intervallo tra punto e punto massimo di 20 cm;

3. Riempimento della parte a tergo del paramento manualmente con terreno vegetale che subirà una compattazione “leggera” per permettere l’attecchimento della vegetazione;

4. Riempimento degli elementi di rinforzo in rete con materiale idoneo, fino a formare uno strato di spessore di 300 mm;

5. Compattazione del materiale posto in opera mediante rullatura, secondo le indicazioni successivamente riportate;

6. Risagomatura del piano di posa per l’esecuzione dell’elemento Terramesh successivo;

7. Ripetizione delle azioni da 1 a 6 fino a completamento della struttura.

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3.1.2.1 Compattazione

Le operazioni di compattazione, il tipo, le caratteristiche dei mezzi di compattazione, nonché le modalità esecutive di dettaglio (numero di passate, velocità operativa, frequenza) devono essere tali da garantire la prevista densità finale del materiale. In ogni modo, deve ritenersi esclusa la possibilità di compattazione con pale meccaniche. Nel caso in cui lo sviluppo planimetrico dei manufatti sia modesto e gli spazi di lavoro disponibili siano esigui, si useranno mezzi di compattazione leggeri, quali piastre vibranti e costipatori vibranti azionati a mano. Ogni strato sarà messo in opera con un grado di compattazione pari al 95% del valore fornito dalle prove Proctor (ASTM D 1557). La compattazione dovrà essere condotta con metodologia atta ad ottenere un addensamento uniforme. A tale scopo, i mezzi dovranno operare con sistematicità lungo direzioni parallele, garantendo una sovrapposizione fra ciascuna passata e quella adiacente pari al 10% del mezzo costipante. La compattazione a tergo delle opere eseguite dovrà essere tale da escludere una riduzione dell’addensamento e nello stesso tempo il danneggiamento delle opere stesse. In particolare, si dovrà fare in modo che i compattatori a rullo operino ad una distanza non inferiore a 0.50 m dal paramento esterno, e procedere quindi ad una successiva compattazione con “rana compattatrice”

o piastra vibrante della porzione di terreno posta ad una distanza inferiore a 0.50 m dal paramento. Questo procedimento consente di non generare deformazioni locali indotte dal passaggio o urto meccanico dei mezzi contro i componenti del sistema. Durante la costruzione, nel caso di danni causati dalle attività di cantiere o dovuti ad eventi meteorologici si dovrà provvedere al ripristino delle condizioni iniziali.

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4. INTERVENTI

4.1 Generalità

Il distacco e la caduta di masse rocciose da pareti e versanti costituisce uno dei maggiori rischi geologici al quale sono esposti persone ed infrastrutture di vario tipo, presenti in ambienti rupestri e montani. Le opere di difesa dalla caduta dei massi hanno lo scopo di intercettare ed arrestare i blocchi in caduta lungo il versante. Per questo motivo è opportuno che gli interventi vengano realizzati lungo il percorso dei blocchi o in corrispondenza dei punti di maggior criticità del pendio. Per il dimensionamento di una qualsiasi opera di difesa sono quindi indispensabili accurate indagini geognostiche del versante e analisi traiettografiche dei potenziali corpi di caduta.

Si devono aggiungere inoltre fattori di carattere economico e logistico, che possono essere sintetizzati come segue:

• Importanza economica del bene da proteggere (natura, valore, vulnerabilità);

• Costi di intervento, legati all’accessibilità del sito, alla messa in opera, alla manutenzione, all’approvvigionamento dei materiali;

• Fattori ambientali relativi all’impatto visivo dell’opera e alle modifiche che essa apporta al territorio in cui viene collocata;

• Fattori legati alla vincolistica dell’area di studio.

4.2 Tipologie di interventi

In letteratura troviamo numerose classificazioni in merito alle diverse tipologie di interventi, ma le più diffuse sono quelle che distinguono gli interventi in:

• Opere ATTIVE: intervengono all’origine del problema provvedendo ad impedire il distacco degli elementi lapidei dal versante;

• Opere PASSIVE: intercettano o deviano i massi che si siano mobilizzati con interventi localizzati prevalentemente alla base dei pendii o delle pareti rocciose.

Tra gli interventi di difesa attiva possiamo elencare:

• Interventi che modificano la geometria del versante;

• Interventi che modificano la resistenza meccanica;

• Interventi che modificano le condizioni piezometriche;

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• Interventi che agiscono sulla superficie dell’ammasso roccioso per proteggerlo contro l’alterazione.

Le difese di tipo passivo si distinguono invece in:

• Riprofilatura del versante con la creazione di berme intermedie;

• Installazione di barriera paramassi a rete con diverse tecnologie di smorzamento dell’energia cinetica dei blocchi;

• Muri di protezione;

• Gallerie artificiali;

• Trincee;

• Rilevati in terra (rinforzata o non rinforzata), scogliere, terre armate, muri cellulari;

• Reti in aderenza e rafforzamenti corticali.

4.2.1 Sistemi di difesa attiva

4.2.1.1 Interventi che modificano la geometria del versante

Lo scopo di una variazione della geometria di un fronte di scavo o di un fronte naturale è la riduzione delle forze instabilizzanti e/o l’eliminazione di volumi di roccia instabili di varia grandezza.

Gli interventi di questo tipo sono:

• La riprofilatura di un versante intero (con rimodellazione con l’uso di esplosivo o abbattimento meccanico);

• La rimozione di singoli grandi volumi rocciosi instabili mediante operazioni manuali;

• Il disgaggio sistematico di piccoli elementi rocciosi (intervento tra i più diffusi).

La riprofilatura di un versante richiede un’attenta valutazione delle forze instabilizzanti agenti sui cinematismi generati dalle discontinuità, controllando che esse siano ridotte aumentando adeguatamente il coefficiente di sicurezza e che la geometria risultante sia stabile a lungo termine. Il disgaggio dalle pareti rocciose di blocchi di varia grandezza

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consiste nella rimozione di elementi instabili o potenzialmente instabili presenti in parete, al ciglio, o accumulatisi nelle berme intermedie.

4.2.1.2 Interventi che modificano la resistenza meccanica del versante

Il principio di base di questa tipologia di interventi è l’inserimento nel volume roccioso instabile di elementi esterni che contribuiscono ad aumentarne la stabilità. La scelta dell’elemento di sostegno dipende dalle caratteristiche geomeccaniche e dal livello di instabilità del versante, ma in generale si può affermare che questo tipo di interventi è consigliabile nel caso in cui l’ammasso roccioso abbia un elevato grado di fessurazione interna. In tal caso infatti, attraverso l’inserimento di chiodi, bulloni, o tiranti, la forza destabilizzante che si sviluppa sulla superficie di discontinuità a causa dello scivolamento verso valle del volume critico viene equilibrata. Si può ricorrere anche ad iniezioni nell’ammasso roccioso di miscele appositamente realizzate (sospensioni, soluzioni, emulsioni) che ripristinano la continuità materiale in corrispondenza dei vuoti aumentandone la resistenza meccanica. Un’ulteriore metodologia di difesa contro l’instabilità dei blocchi lapidei è la realizzazione di una copertura superficiale di calcestruzzo spruzzato (Spritz Beton), che impedisce il distacco dei volumi instabili e costituisce una protezione contro gli agenti atmosferici.

L’utilizzo di “spritz beton” rappresenta un sistema efficace che comporta tuttavia un forte impatto visivo nel contesto dell’ambiente, naturale o urbano, circostante.

4.2.1.3 Interventi che agiscono sulla superficie dell’ammasso roccioso per proteggerlo contro l’alterazione

Come noto gli agenti atmosferici rappresentano un elemento destabilizzante nei confronti dell’equilibrio di un versante roccioso, e per questo anche un pendio in condizioni geostatiche non preoccupanti può venire a trovarsi in condizioni critiche se particolarmente esposto a gli agenti atmosferici. Le opere di protezione dall’alterazione sono messe in opera principalmente per tre obiettivi:

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• Porre l’infiltrazione ed il ruscellamento delle acque meteoriche sotto controllo tramite impermeabilizzazioni superficiali, rivegetazione della superfici dell’ammasso o costruzione di sistemi drenanti, di raccolta e smaltimento delle acque;

• Impedire o limitare l’azione degli agenti esterni quali vento, pioggia e gelo mediante impermeabilizzazioni, protezione con manto naturale di vegetazione o protezione con manto artificiale (per esempio usando calcestruzzo proiettato);

• Impedire l’innesco di fenomeni di rottura progressiva dalla superficie verso l’ammasso, con l’uso di reti in aderenza ad anelli oppure maglia esagonale, sia semplici sia doppia trazione, eventualmente rinforzate con reticolo di fune, o anche con reti in pannelli di fune, calcestruzzo proiettato (semplice o fibrorinforzato) o interventi di chiodatura diffuse. Le reti in aderenza a maglia esagonale, semplici o a doppia trazione, sono le opere più diffuse, malgrado non esistano linee progettuali complete che forniscano metodologie in grado di valutare l’effettivo aumento del fattore di sicurezza: alcuni metodi di calcolo sono in fase di sviluppo.

Figura 5 Rivestimento in rete semplice

Le reti sono usate essenzialmente per guidare piccoli blocchi di roccia verso il piede del pendio, ed evitarne il crollo sulle vie di transito. In questo senso svolgono un ruolo di tipo passivo; quando invece la rete metallica viene ancorata saldamente al versante in più punti e posta in tensione, essa contribuisce anche ad evitare ulteriori distacchi di porzioni rocciose, svolgendo così una funzione attiva. In questo caso si parla di rafforzamenti corticali.

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Figura 6 Rivestimento in rete rinforzata

4.2.2 Sistemi di difesa passiva

Come ormai noto gli interventi di tipo passivo hanno come funzione principale quella non di prevenire il distacco dei massi ma di intercettare ed arrestare gli elementi lapidei ormai in moto sul pendio.

Possiamo distinguere tre fondamentali tipi di intervento:

• Valli e rilevati paramassi

• Gallerie paramassi

• Barriere paramassi

intercettare frammenti rocciosi o piccoli massi che potrebbero superare la struttura difensiva.

Figura 7 Rilevato paramassi in terra rinforzata e rilevato paramassi con barriera

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5 . INTERVENTI DA ESEGUIRE SUL VERSANTE IN ESAME

5.1 Interventi da eseguire sul versante in esame: interventi strutturali

L’intervento in progetto consiste nel ripristino delle condizioni di fruibilità della strada mediante la realizzazione di opere di contenimento in terra rinforzata.

Figura 8 Indicazione interventi

Nello specifico si realizzerà un’opera di contenimento a gradoni rinverditi in terra rinforzata a coprire l’intero versante in frana con un’estensione di circa 10,00 ml per lato. Il sistema prevederà da un lato la formazione di 2 gradonate in quanto, il dislivello complessivo risulta superabile già con 2 soli gradoni.

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Figura 9 Riprofilatura versante - Sez.1_2 gradoni in terra rinforzata

Scendendo in direzione Valleluce, il sistema si comporrà di 3 gradoni in quanto il dislivello da superare è superiore a 11,00 ml.

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Figura 10 Riprofilatura versante - Sez.2_3 gradoni in terra rinforzata

Le terre rinforzate sono realizzate mediante corsi posti ad interasse verticale di 0,73 m di elementi tipo Terramesh Verde “Terra” con ancoraggio di lunghezza variabile tra 2,00 m e 4,00 m derivante dalle operazioni di calcolo di verifica, secondo la rappresentazione rilevabile sugli elaborati di progetto. Il paramento esterno inclinato rispettivamente a 65°, 63°, 52° e 61° rispetto all’orizzontale, riempito a tergo con terra vegetale, consente un completo rinverdimento della struttura rendendo piacevole l’impatto visivo dell’opera. È chiaro quindi che la componente vegetale svolge una funzione fondamentale ai fini della buona riuscita dell’opera sia in funzione strutturale (paramento previsto a verde) che in chiave estetica.

Molto importante per la buona riuscita dell’intervento risulta essere la buona qualità del terreno strutturale (terreno compreso tra i rinforzi) e soprattutto la sua compattazione che dovrà essere particolarmente curata (vedi modalità di posa su tavola esecutivi strutturali).

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5.2. Interventi da eseguire sul versante in esame: interventi non strutturali

A completamento delle opere strutturali, si prevedono le seguenti opere:

• Allargamento sede stradale mediante realizzazione di nuovo pacchetto stradale composto da misto granulare naturale di spessore 40 cm, binder di collegamento di spessore 7 cm e strato di usura spessore 3 cm;

• Posa in opera di canaletta in cls vibrocompresso classe Rck 300, per la raccolta e il convogliamento delle acque piovane, a sezione interna semicircolare con battente per l'alloggiamento della griglia. Posta in opera su massetto di cls opportunamente livellato secondo pendenza. Compresa la griglia zincata carrabile per traffico leggero; sezione interna 200 cm;

Figura 11 Dettaglio canaletta

• Zanella stradale prefabbricata in cemento vibrato, di larghezza fino a cm 70, e spessore non inferiore a cm 10, fornita e posta in opera. È compreso il sottostante basamento di calcestruzzo di cemento.

Figura 12 Dettaglio cunetta

• Ripristino fosso di guardia laterale mediante pulizia dei margini stradali ed asportazione della vegetazione infestante;

• Posizionamento di barriere metalliche - guardrail, rette o curve, fornite e poste in opera su terreno, su opera d’arte o con funzione di spartitraffico centrale, del tipo corrispondente alle Classi previste dal D.M. 223/92,

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aggiornato dal D.L. del 21.06.2004 n. 2367, e successive modificazioni e integrazioni, complete di ogni elemento costruttivo (sostegni, distanziatori, dissipatori, fasce, elementi di raccordo, rifrangenti, bulloniera, piastre di ancoraggio, tirafondi e quant’altro occorre), di ogni magistero, nessuno escluso, ed oneri per la perfetta esecuzione e funzionalità della barriere così come indicato nelle norme tecniche. La qualità dei materiali forniti dovrà essere certificata con le modalità prescritte dalla Circolare Ministeriale dei LL.PP. n. 2357 del 16.5.1996, integrata secondo le specifiche tecniche particolari di cui al capitolato speciale d’appalto; barriere in acciaio di classe H/2 su terra;

Figura 13 Dettaglio guardrail

• Posa in opera di tubazioni in PE-AD (polietilene ad alta densità) di tipo corrugato coestruso a doppia parete per condotte di scarico interrate non in pressione, conformi al progetto di norma UNI EN 13476, controllate secondo gli standard Europei ISO 9001, complete di manicotto o bicchiere in PE-AD e guarnizione elastomerica a labbro, compresi pezzi speciali; Classe di rigidità 4 kN\m² del diametro esterno di 200 mm ed interno minimo di 167 mm;

• Posa in opera di pozzetti di ispezione forniti e posti in opera in elementi prefabbricati di calcestruzzo, realizzati con cemento tipo 42,5R ed inerti lavati e vagliati opportunamente dosati per ottenere un cls di classe > 350, costruiti con i seguenti elementi: elemento di fondo di altezza cm 100 con impronte di riduzione di spessore per l'introduzione del tubo di attraversamento. Soletta

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calcestruzzo di spessore 20 cm, armata con rete elettrosaldata maglia 20x20, di dimensioni maggiori di 20 cm rispetto alle dimensioni esterne del pozzetto.

Gli elementi saranno tra loro sigillati e stuccati con l'interposizione di malta cementizia; fondo di sezione interna 60x60 h.=100 cm, spessore pareti 12 cm;

• Realizzazione di gabbioni metallici a scatola eseguito con pietrame in scapoli di opportuna pezzatura proveniente da cave, sistemato in opera a mano;

compreso l'onere della formazione delle facce viste con elementi di maggior grossezza e squadratura, l'avvicinamento del materiale e quanto altro necessario per dare il lavoro compiuto a regola d'arte: con pietrame calcareo;

• Rafforzamento corticale di una superficie di 1500mq, il quale prevede le seguenti lavorazioni:

1. Preparazione di parete rocciosa parzialmente ricoperta di vegetazione spontanea, resa fatiscente da radici, infiltrazioni ed altro, fessurata e con elementi distaccati e pericolanti, eseguita mediante diserbo, estirpazione delle radici, scarnitura profonda delle connessure a punta di Scarpello, raschiatura e pulizia delle fessure, asportazione di elementi e massi in precario equilibrio, compreso il trasporto dei materiali di rifiuto all'interno del cantiere e successivo riempimento delle connessure con malta cementizia sino alla loro completa sigillatura.

2. Rilevamento puntuale dello stato di suddivisione delle masse rocciose, taglio di piante, demolizione ed abbattimento di volumi rocciosi in equilibrio precario compresa attrezzatura completa da roccia quali:

caschi, funi, moschettoni, carrucole e imbracature; attrezzatura idraulica ad alta pressione completa di martinetti ed allargatori nonché degli accessori d'uso, motosega completa degli accessori d'uso, compreso carico e trasporto all'interno del cantiere di quanto tagliato, demolito ed abbattuto.

3. Rafforzamento corticale di pendice rocciosa comunque acclive con ancoraggi alla sommità, al piede e lungo la pendice con incidenza di un ancoraggio ogni 18,00 mq di pendice, in barre DN20,00 con lunghezza 3,00 m, munito, all'estremo libero, di asola con radancia e manicotto pressato, con fune metallica DN16,00 di sostegno alla sommità e fune

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metallica DN12,00 dell'orditura verticale, romboidale e di contenimento al piede con incidenza di 24,00 m di fune ogni 18,00 mq di pendice rafforzata, con rete di filo metallico tipo C ricotto (UNI 3598) DN 3,00 in maglia esagonale 80x100 mm a doppia torsione con anelli metallici di giunzione compresa la preparazione del terreno alla sommità e lungo le pendici, sollevamento lungo la verticale della piattaforma di servizio e suo bloccaggio contro roccia, perforazione degli ancoraggi con idonea attrezzatura e cementazione dei fori.

Figura 14 Indicazione intervento di rafforzamentocorticale

Figura 15 Dettaglio rafforzamento corticale

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