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Parrocchia San Michele Arcangelo Tel. 06/ ab. 06/

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Academic year: 2022

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Parrocchia San Michele Arcangelo

Tel. 06/9630802 – ab. 06/9626173

monteverde_velletri@virgilio.it - www.zetagamma.it

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I INCONTRO

IMPEGNO e RESPONSABILITA’

Perché la Catechesi Familiare?

Su 120 risposte eccone alcune

1.

Perché è presso questa parrocchia che abbiamo celebrato il nostro Matrimonio, il

Battesimo di nostra figlia Chiara e la sua Comunione. Qui abbiamo battezzato Gianluca e qui

vorremmo fosse anche ammesso alla Comunione. Frequentiamo questa comunità con

partecipazione ed entusiasmo e ne condividiamo gioie e problemi.

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Sì, Le modalità le abbiamo conosciute in occasione della preparazione ai Sacramenti sopra descritti e le abbiamo condivise.

In occasione del nostro Matrimonio abbiamo informato il parroco di Santa Maria che frequentiamo la chiesa di San Michele Arcangelo e che desideriamo condividere con questa comunità i sacramenti per noi e per i nostri figli (che naturalmente sono pienamente in accordo con noi genitori).

Fam. Maola – Antonelli

2.

Occorre fare un passo indietro di tre anni, quando, in occasione della Prima Comunione del nostro primogenito Simone, dopo aver sentito parlare di un parroco “alternativo” a Velletri, ci avvicinammo alla parrocchia di San Michele Arcangelo. La formula della catechesi familiare ci entusiasmò, tanto da voler provare; ed oggi, ad esperienza fatta, possiamo dare una risposta positiva alle aspettative che avevamo e vederne i risultati.

- E’ stata coinvolgente e, in taluni momenti, su argomenti personali, particolarmente toccante per i genitori e per i ragazzi.

- E’ stato sicuramente un momento di aggregazione, condivisione di esperienze altrui, comunicazione e confronto con persone che vivono diverse realtà, ma unite nella ricerca di Gesù, cosa ormai rara in una società sempre più individualista che ha perso l’abitudine a “parlare.”

- Vivendolo intensamente con gli incontri del catechismo e della Messa, ha fatto conoscere ai nostri figli la Parola di Cristo, sapere che esiste e tenerne conto nella vita quotidiana; cosa che da soli non avremmo ottenuto con la stessa incisività.

- I nostri figli ci chiedono di Dio, Gesù e della religione; questo è un buon risultato.

Non so quanto effettivamente questo ci renda più cattolici ma sicuramente abbiamo confermato il nostro amore per Gesù e vorremmo ripetere l’esperienza con il nostro secondogenito Andrea. Siamo convinti che questo parroco, così fuori le righe, ancora una volta ci stupirà.

Fam. Moranti

3. Premetto di aver avuto da lei, don Gaetano, come insegnante per cinque anni (Liceo Scientifico), quindi conosco il modo, l’approccio, il metodo che lei adotta nell’insegnare, ammesso che il tempo trascorso non l’abbia completamente cambiata. Ho memoria della mia catechesi e non vorrei che mio figlio la vivesse in quel modo. Poiché mio marito è venuto a mancare (ben sette anni fa), mi occupo da sola di questo bambino, Antonio. Cerco di trasmettergli, tra le altre cose, anche la fede. Non è facile, anche perché la mia fede è stata messa a dura prova e, rispetto alla “religione”, ho momenti alterni, per cui già denominare questo percorso come Catechesi Familiare mi sembra proprio un buon inizio. Del resto mi sono informata e mi piacciono i racconti delle esperienze dei bimbi che hanno fatto la Catechesi con lei.

Le modalità con cui si svolge mi sono note, anche se non nei dettagli e mi sembrano incoraggianti.

Ovvio che per quanto sopra detto, mi impegno a metterle in atto. Anzi, decisamente, mi auguro siano d’aiuto anche a me.

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Non ho, francamente idea di chi sia il mio parroco, e mi perdoni la sincerità, poco mi importa.

Capisco le “esigenze burocratiche”, ma credo che il sentimento religioso non sia adatto ad essere inquadrato in circoscrizioni, quartieri, ecc…. La chiesa (e Dio) è ovunque vi sono dei fedeli che pregano, presumo di poter pregare ovunque mi piaccia di più (mi passi la presunzione). Ne consegue che non ho informato nessuno della mia scelta.

Fam. Bocca

4.

Gentile don Gaetano, mi chiamo Barbara e sono la mamma di una bambina di nove anni (frequenta la IV elementare) che si chiama Eleonora. Noi viviamo a Borgo Montello (vicino Borgo Podgora), ho scelto la sua parrocchia perché la mia vicina di casa (Antonella, mamma di Giacomo, che ha fatto la Comunione da lei lo scorso anno) mi ha parlato molto bene di lei e dei suoi insegnamenti, del suo modo di relazionarsi con i bambini e i genitori.

Le modalità le conosco, almeno quelle descritte dalla mia vicina di casa ma non ho ancora avuto il piacere di parlare con lei. Ci impegniamo, sia io che la mia bambina, a metterle in atto.

La Comunione è un passaggio, un momento molto importante a mio avviso, per la formazione

spirituale di un essere umano. Noi ci siamo trasferiti a Montello pochi anni fa e mia figlia, visto

che ha una nonna molto credente, la domenica mattina va a messa con lei a Roma. Mi spiego

meglio: Qualche anno fa mi sono separata da mio marito, vivevamo a Roma, ed io ho deciso

di venire con mia figlia a Borgo Montello dove ho la mia famiglia di origine. Il fine settimana

spesso la bambina lo trascorre a Roma dal padre e la domenica mattina va a messa con la nonna

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paterna. Io svolgo un lavoro di ufficio dalle 09:00 alle 18:00 dal lunedì al venerdì.

Cortesemente, visti i miei orari e nessuno su cui poter contare, le chiedo di poter valutare l’eventualità di inserire Eleonora nelle lezioni del sabato. Visto che io con l’ufficio avrei problemi con l’incompatibilità degli orari e anche il padre della piccola Eleonora lavora e vive a Roma. Se è possibile le chiedo appunto di poter inserire la bambina il sabato pomeriggio, così io la porto e il papà la viene a prendere.

Fam. Baldassari Izzi

5.

Mi scuso anticipatamente per il mio modo di scrivere non proprio corretto! Comunque, abbiamo scelto di fare la Catechesi Familiare presso questa parrocchia proprio perché ne conosciamo le modalità, cioè sappiamo che i bambini sono seguiti da vicino dal parroco che permette anche a noi genitori di parteciparvi. Quindi questa catechesi diventa proprio un’esperienza “familiare”.

Io che sono la mamma del bambino che dovrà ricevere la Prima Comunione, avrei dovuto fare la Cresima presso questa parrocchia ma purtroppo i miei genitori avevano fretta di farmi fare questa Cresima, forse perché, come a volte ancora mi capita di ascoltare da altri genitori, avevano paura che se fossi stata troppo grande mi sarei “vergognata” di ricevere questo Sacramento. Che stupido modo di pensare! Ma se si ha vergogna di ricevere un Sacramento significa che non si ha una vera fede, allora sarebbe meglio lasciar perdere e non prendere in giro nessuno. Questa era una parentesi che mi sentivo di esporre anche se non era proprio inerente all’argomento.

Comunque, sia io che mio marito ci impegniamo a seguire nostro figlio in questo cammino e speriamo di esserne all’altezza. Non abbiamo messo al corrente di questa scelta il nostro parroco, in primo luogo perché neanche lo conosciamo e poi perché siamo nati a Velletri e vissuti qui, quindi ci sentiamo di Velletri. Inoltre secondo noi la parrocchia è quella dove ognuno di noi si sente veramente a casa. Noi non siamo molto praticanti, ma, quando la Santa Messa è celebrata da don Gaetano, è impossibile non essere attenti poiché lui ha la capacità di attirare l’interesse non solo degli adulti, i quali anche per una questione di educazione sono composti e partecipanti in ogni caso, ma anche dei bambini che in genere durante la Messa pensano a tutt’altro.

Fam. Cafarotti

6.

Abbiamo scelto di fare la Catechesi Familiare perché è la “catechesi familiare”. A differenza delle altre parrocchie questa coinvolge tutta la famiglia e permette anche a noi genitori di percorrere lo stesso cammino dei nostri figli. Non nego che il fatto che si frequenti un solo anno sia vantaggioso, ma la cosa più importante è stare vicino ai nostri figli e seguire la loro crescita fisica, morale e religiosa.

Il parroco ci ha spiegato le modalità del corso, consistono nel partecipare a incontri settimanali e alla funzione domenicale.

Cercheremo di impegnarci visto che viviamo la condizione di genitori separati, perché Mattia è molto importante per noi.

Non ho informato il nostro parroco perché non frequento la parrocchia di appartenenza, vivere come una persona “segnalata”, perché ho scelto di separarmi, non mi piace, quindi, quando posso, vado a Messa dove mi capita.

Fam. Di Palo

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II INCONTRO

PAROLA, LUCE, VITA

(Gv 1, 1-18)

E FEDERICO

1.

Questa domenica è iniziata con l’ennesima discussione con mia figlia adolescente che, proprio perché tale, mi rende nervosa e in costante tensione; da una sciocchezza si creano dei nervosismi che mi infastidiscono e mi guastano l’umore.

Più tardi sono venuta alla messa e qui mi sono sentita proprio misera, quando Don G. ci ha detto della morte di Federico, un ragazzo di 18 anni dalla vita molto travagliata. Ho provato a immaginare la vita di questo ragazzo e della sua famiglia, di sua madre che per 18 lunghi anni lo ha amato, curato, che ha sofferto con lui e che ora deve patire la morte di questa parte di sé.

Mi sento proprio misera, io con le mie piccole questioni giornaliere di fronte a questi giganteschi esempi di amore, sacrificio e dolore. Mi spiace per Federico e per la sua famiglia, nessuno merita quello che è successo a loro e a tanti altri. Non c’è consolazione, non c’è risposta alla domanda

“perché?”, non si può neppure “accettare la cosa” come spesso viene consigliato. Forse non rimane che lasciare fluire il dolore come un torrente impetuoso fino a quando sarà meno violento e ci lascerà di nuovo respirare. (Reginato)

Lavoro da svolgere in famiglia

F – Il primo giorno di catechismo

G Dopo le prime esperienze con la messa vi siete pentiti della scelta fatta?…

Cosa vorreste proporre di meglio o di diverso rispetto a quella

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Una lettera al Cardinale

E’ un bambino come tutti gli altri

Vorrei occupare un piccolo spazio nei suoi mille impegni, Eminenza, tentando di attirare la sua attenzione raccontandole la mia breve storia.

Sono la mamma di due bambini meravigliosi Federico e Ludovico. Federico è il primogenito, un bambino non vedente (e non solo). Dopo la sua nascita c’è stato diagnosticato il suo handicap, può immaginare la nostra angoscia: due genitori presi da un così gran problema. Io mamma, pensando di avvicinarmi alla FEDE e di fare il suo bene, ho iniziato ad andare per santuari, santoni, preti esorcisti, guaritori, ecc..

Era per me una sofferenza tornare ogni volta a vedere che i cambiamenti da noi desiderati e soprattutto da loro promessi (come la frase: “CHI HA DETTO CHE NON CI VEDE?”) non c’erano e così associando tutto questo alla FEDE, per me è stato il buio totale, chiusa nel mio dolore non volevo più sapere che cosa era Gesù e mi ponevo mille domande: perché proprio a me?

Che cosa ho fatto di così grave per meritarmi questo?

Poi è successo qualcosa dentro di me. Ci siamo chiesti, perché non fargli fare la prima comunione?

E’ un bambino come tutti gli altri!

Per un anno e mezzo, insieme con altri suoi coetanei, ha frequentato il catechismo nella chiesa di S. Maria in Trivio. Tornava a casa sempre agitato, si tappava continuamente le orecchie, gli altri bambini lo innervosivano, troppa confusione.

Non lo mandai più. Poi conobbi Don Gaetano, parroco della chiesa di S. Michele Arcangelo: la sua catechesi comprendeva soprattutto la presenza di noi genitori. FANTASTICO!…

Era quello che cercavamo per Federico. Lui ascoltava tutto quello che si diceva; coccolato dai suoi genitori, partecipava rispondendo alle domande che gli faceva il parroco. E’ stata un’esperienza bellissima di comunità, di socializzazione, di scambi di pareri diversi.

Soprattutto è servito a me per riavvicinarmi a Gesù!

Grazie a Don Gaetano ho imparato che il vero miracolo lo facciamo noi con l’amore per nostro figlio. Grazie a Don Gaetano, amico di tutti, anche dei più deboli.

Eminenza, vorrei chiederle di ascoltare le nostre storie di vita vissuta e la storia di quel parroco confortevole con buoni e sani principi che, per motivi a noi ingiustificati, c’è stato tolto.

Accludo a questa mia anche lo scritto di una nipote.

Sono la nipote della mamma di Federico. Non so cosa mi abbia spinto a scriverle questa lettera, è una cosa partita dal cuore, forse perché il problema di Federico ha toccato tutta la mia famiglia e ha provocato tanto dolore, credo sia normale e umano.

L’unica cosa giusta che potevamo fare è stargli vicino. I miei zii hanno sofferto tanto e, nonostante tutti i buoni propositi e le parole di conforto da noi date, non sono servite ad alleviare il loro dolore, dolore misto a tanta rabbia.

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Avevano perso la speranza, la fede in Dio, poi soltanto una persona è riuscita a riportare in loro quel che avevano perso.

Don Gaetano con la sua catechesi, con la sua bontà, umanità e con la sua voglia di aiutare il prossimo è riuscito a illuminare il loro cammino verso la serenità, verso quella consapevolezza che niente è perduto, che non si è totalmente soli. In poco tempo ho visto mia zia diversa, euforica, doveva farla tacere perché non mi dava la possibilità di parlare, quando mi raccontava degli incontri avuti con Don Gaetano.

Il giorno della prima comunione di Federico è stato bellissimo; vederlo con gli altri bambini è stata una cosa che non potrò mai dimenticare, l’amore, la fraternità che si sentiva in quella chiesa!… Deve credermi, non ci sono parole per descrivere quelle sensazioni, si devono solo provare.

Così ho iniziato a conoscere don Gaetano, purtroppo ho assistito a sole poche messe da lui celebrate, ma sono bastate per capire che mia zia aveva ragione.

Eminenza, non so i motivi che l’hanno spinta a prendere questa grave decisione, spero soltanto che lei faccia tesoro di queste poche righe perché sono scritte con il cuore…

Per me e per mia nipote. (Donatella C.)

2. Il Vangelo dice…

Durante la messa odierna Matteo ha partecipato al rito della vestizione con la camiciola posta sul bambino che è stato battezzato.. Vedo mio figlio sempre più disinvolto, anche quando è stato chiamato per cantare l’Alleluia; ciò significa che si sente un po’ come a casa sua. Ciò mi rende felice.

Il Vangelo di oggi ci dice che il Verbo (la Parola) è la Vita e la Vita è la Luce… Ciò si scontra con la durissima realtà: la morte di Federico, un bambino che io non ho conosciuto, ma che molti conoscevano, perché ha fatto la prima comunione a S. Michele.

Sono andata a rileggere la lettera scritta dalla mamma di Federico all’attuale Papa e quella scritta dalla nipote. Vi ho letto una speranza, vi ho letto una fede e serenità ritrovata, grazie ad una catechesi e ad un parroco che l’ha saputa capire e aiutare. E’ doloroso pensare che anche questa speranza, questa LUCE ritrovata si sia spenta: non lo trovo giusto.

La lettera della nipote dice che il giorno della prima comunione di Federico è stato bellissimo. Spero per questa mamma, che ha anche un altro bambino, che questi ricordi indimenticabili l’aiutino ad a andare avanti, anche se mi rendo conto che, sopravvivere ad un figlio è contro natura e che il dolore è troppo grande da superare… (Simonetti)

NOTA del parroco

Il 4 gennaio del 2009 lo ricorderò per un fatto triste.

C’era il sole quella mattina ed era domenica. Il vestito scuro e il volto segnato dal dolore erano l’immagine straziante di una donna che piangeva la morte di una persona cara.

- Donatella, cosa ti succede?

- Federico!…

La pochezza delle parole si rivelò immediatamente incapace di colmare il vuoto causato dalla perdita di un figlio. Tutto ciò che avrei potuto dire morì sulle labbra, lasciando al silenzio il compito gravoso di consolare una mamma.

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Le mamme dei bambini portatori di handicap soffrono già abbastanza nella loro vita e il buon Dio non dovrebbe continuare a martoriarle con altro dolore. Questo fu il primo pensiero che ebbi, ma che non manifestai, frenato dal ruolo che fa di me il mercante di idee non sempre condivise, nonostante la mia fede sia proclamata a piene mani. Quanto è difficile affidarsi alla bontà di Dio, quando si ha dinanzi la morte di un ragazzo che godeva, nonostante il suo essere cieco, della gioia formidabile di vivere.

- Adesso che faccio?

Lo smarrimento di Donatella era totale. Aveva dedicato tutto il proprio essere alla sua creatura, colmando passo dopo passo le lacune di quella natura apparentemente malvagia. Ora, la scomparsa improvvisa del motivo fondamentale della sua esistenza, provocava in lei il vuoto più assoluto, quel vuoto che fa desiderare la morte, anzi, che è già la morte.

Se poi dai cocci di una vita distrutta si riuscirà a mettere insieme qualcosa che somigli ad un esistere comunque, ciò che ne verrà fuori apparirà diverso, perché da lì inizierà una nuova storia.

Quella mamma rinascerà senz’altro dal dolore che l’attanaglia, e ciò accadrà non per il figlio che non c’è più, ma per i figli degli altri che l’opinione pubblica continua a condannare chiamandoli

“disabili”.

Continuano, purtroppo, ad esistere persone malvagie che dell’handicappato fanno motivo di guadagno … e allora la mamma, rinata dal dolore, scaglierà contro di loro la rabbia di una giustizia ferita. Le istituzioni, che carinamente chiamano “non vedente” il cieco, offrono tutt’ora strutture con gravi limiti per incuria o per egoismo… e allora la mamma, di nuovo padrona del tempo, a gran voce indicherà, proprio là dove il tremore un tempo l’aveva bloccata, le soluzioni migliori per una giusta assistenza alle famiglie che la pietà cristiana continua a chiamare “benedette dal Signore”.

E stiano in guardia gli uomini di chiesa che degli handicappati fanno una merce da mostrare nei santuari o da porre in prima fila sulle piazze dove celebrerà il Papa, magari sotto un sole cocente, magari senza il conforto di un gesto che li faccia sentire realmente importanti. Stiano in guardia coloro che elargiscono benedizioni sui fruitori di carrozzelle, senza affondare le mani, sporcandosele, nelle tragedie delle famiglie che con amore li sostengono… Tutti costoro stiano in guardia, perché Donatella, già da questo momento, scansando gli abbracci consolatori, potrebbe denunciare la strumentalizzazione sciocca e malevola che dei portatori di handicap si fa sfacciatamente.

la mamma di un bambino portatore di handicap, mentre lo trastulla nelle carezze, avverte che il suo amore cresce per lui in dismisura… e quell’amore fonde i due cuori, le due anime, le due volontà, le due vite in una mirabile unità inscindibile. Per cui il prete che nega la comunione al cerebroleso condanna la stessa mamma all’astinenza eucaristica; la catechista che scarica il bambino “superattivo”, ritenendolo incapace di guadagnare il traguardo dell’amore di Dio, stupidamente sbarra alla stessa mamma la strada che porta alla Grazia. (dg)

. Questa domenica Don Gaetano mi ha chiamato per tenere un libro per celebrare un battesimo. Dopo aver fatto il battesimo Don Gaetano ha parlato di un bambino che è morto ed era non vedente, la mamma era disperata per quella perdita.

Io sono ancora un bambino, ma credo che perdere un figlio sia una grande sofferenza.

E’ proprio un peccato, io non lo

conoscevo, ma lo avrei voluto conoscere per

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III INCONTRO

Lavoro da svolgere in famiglia

G – Nella classe di vostro figlio è presente un bambino disabile o uno straniero di altra religione, qual è la vostra reazione?

F – Se un bambino della tua classe ha dei problemi, tu sei disposto a essergli

amico? Facendo cosa?

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I GENITORI sono i veri EDUCATORI

Testimonianze di ragazzi ormai maturi o quasi

1.

Secondo me i miei genitori anche non frequentando la chiesa in maniera assidua, non essendo cattolici praticanti, sono riusciti a darmi una buona educazione cristiana: fin da piccolo, in particolare mia madre, ha sempre aiutato a crescere, anche come cristiano. Mi insegnava a pregare, a rispettare Gesù ed a conoscere la sua storia, anche con libri x bambini. Mi ha sempre spinto ad avvicinarmi a Dio anche in quei momenti che sembrano i più difficili, mi ha insegnato a rispettare la chiesa e le sue le regole.

Ciò che ho scritto prima potrebbe sembrare discordante con il fatto che io a 30 anni sto chiedendo di fare la Cresima, in quanto generalmente è quasi una regola farla intorno ai 13 anni e sarebbe stato compito loro spingermi a farla, ma c’è da dire che mi hanno seguito con assiduità fin quando ho iniziato ad avere delle mie idee: ho fatto la comunione, poi, quando dovevo far la cresima, dapprima per testardaggine poi per scelta ragionata ho deciso di non farla, anche se all’inizio non sono stati d’accordo con la mia decisione, mi hanno lasciato libero di scegliere. Non so dire se questo comportamento sia stato giusto, so solamente che ora scelgo comunque di fare la cresima anche se non sono un ragazzino…

Daniele

2.

Penso che i miei genitori abbiano svolto un buon lavoro dandomi una sana educazione cristiana, anche se non siamo stati molto costanti nel praticarla. Ogni anno andiamo a San Giovanni Rotondo, a visitare la chiesa e la tomba di Padre Pio che per loro è una figura importante e adesso lo è anche per me.

Non attribuisco a loro la colpa di non avermi insegnato ad andare regolarmente a messa, ma la reputo una mia scelta e sono d’accordo con il loro modo di vedere la religione cristiana. Una cosa molto importante per loro è che io riceva tutti i sacramenti, compresa la cresima che, però, è stata anche una mia scelta per avere un rapporto migliore con Dio.

Silvia

3.

I miei genitori, quando mi hanno battezzata, si sono impegnati a darmi un’educazione cristiana e, secondo me, ci sono riusciti.

Loro non sono impeccabili, ma durante il corso della mia vita, mi hanno insegnato a capire e distinguere il bene dal male. Non mi hanno, però trasmesso il culto di frequentare la messa domenicale, forse perché questa buona abitudine non è stata trasmessa neanche a loro. Il mio problema, come per altri ragazzi, è la pigrizia: la domenica è l’unico giorno di riposo dalla scuola, nel quale si può fare altro, ma ogni tanto penso che quel qualcosa potrebbe essere una bella messa insieme alla mia famiglia.

Quando ero piccola e frequentavo il corso di catechismo con don Gaetano, mi recavo molto più spesso alla messa e mi faceva piacere passare un po’ di tempo in chiesa, sarebbe bello tornare alle

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vecchie abitudini. Concludo dicendo che i miei genitori si sono sempre preoccupati della mia educazione cristiana e spero che continuino.

Flavia

4.

E’ difficile giudicare il lavoro dei miei genitori perché l’educazione cristiana è qualcosa di soggettivo, ossia non tutti la interpretano allo stesso modo.

Comunque, riflettendo sulla persona che sono,sul modo in cui ragiono, ritengo che abbiano svolto un buon lavoro.

Innanzitutto mi hanno lasciata libera di scegliere, chiedendo sempre il mio parere e soprattutto dandomi delle spiegazioni prima di arrivare ad una scelta, quindi discutere anche litigando, in modo da fornire i mezzi per prendere una decisione.

Ora, non posso dire che abbiano svolto proprio un ottimo lavoro, ma comunque devo ammettere che si sono impegnati.

Sara

5.

Fin da quando sono stato battezzato, i miei genitori hanno cercato di darmi una buona educazione e credo che abbiano fatto un buon lavoro.

Loro mi hanno insegnato cosa è giusto fare nella vita: rispettare e aiutare gli altri e se stessi.

Alcune volte mi hanno dato delle vere e proprie regole da rispettare, come in fondo è la vita. Molte volte vedo dei genitori che non hanno interesse per il comportamento dei figli e molti figli che non hanno rispetto dei genitori.

Io penso di essermi comportato quasi sempre bene con loro e anche loro con me e di questo li ringrazio. Circa il punto di vista cristiano, anche non essendo degli assidui frequentatori, mi hanno comunque insegnato a credere in Dio e a rispettarlo e spero che Lui mi aiuterà nei momenti difficili.

Claudio

6.

I miei genitori, nonostante siano entrambi cristiani, non mi hanno imposto un’educazione cristiana, hanno lasciato che fossi io a scegliere e, dopo la mia scelta ad essere cattolica, si sono interessati affinché io capissi cosa significa credere in Dio e nei fondamenti della nostra religione.

Direi che fin qui hanno fatto un buon lavoro; la domenica mi hanno sempre portato a messa, mi hanno insegnato molte preghiere e mi hanno spiegato molte cose che da bambina non riuscivo a capire: come, per esempio, fosse possibile che il corpo di Cristo fosse un semplice pezzo di pane rotondo.

Tuttavia non ho avuto nessuna imposizione, sono stata sempre libera di scegliere quando e come volevo stare vicino a Dio, esattamente come ho scelto questa catechesi.

Giulia

NOTA del parroco

Nonni e genitori

Quando il lavoro diventa passione la fatica che si accumula nella giornata sparisce alla sera, lasciando spazio solo al peso della responsabilità che comunque si avverte ogni qualvolta, incontrando gente, si parla delle cose di Dio.

Questa è una di quelle sere in cui la fatica della giornata si nasconde dietro quanto è accaduto nell’incontro di catechesi familiare. Tra i genitori che con i figli si sistemavano nella sala, lesta lesta,

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quasi per non farsi notare, si è intrufolata una nonna. L’ho fissata negli occhi e, prima ancora che le rivolgessi la parola, si è sentita lei in dovere di annunciare il motivo della sua presenza.

- Ho accompagnato la nipotina perché il papà sta fuori e la mamma è impegnata col negozio.

Sono stato duro, forse troppo, nel dirle che i genitori della sua nipotina si erano impegnati seriamente a non delegare nessuno, ma a essere loro presenti agli incontri, per cui non potevano esserci scuse al mondo…

- Se è così, ce ne andiamo…

Ho chiesto scusa alla nonnina per il tono e la poca cortesia usatale e l’ho pregata di rimanere, affidandole il compito di riferire agli interessati le mie rimostranze.

La presenza dei nonni nella famiglia, da anni non più patriarcale, si sta rivelando preziosa, perché, là dove i genitori come trottole rincorrono per l’intera giornata gli impegni di lavoro, loro sono per i bambini l’unico punto di riferimento affidabile. Eppure ai miei occhi questa intromissione dei nonni nella vita della famiglia moderna non sempre appare provvidenziale, specie quando a farne le spese sono i nipotini, orfani per volontà dei loro stessi genitori.

E’ un discorso questo difficile da farsi, sia perché si corre il rischio di inglobare dei meravigliosi rapporti tra nonni e nipoti in una improvvida generalizzazione, sia perché, anche là dove è facile denunciare le assenze di mamma e papà, non sempre è possibile determinarne le rispettive responsabilità.

Strano a dirsi, mi ritrovo a tracciare pareri severi su taluni genitori, assenti ingiustificati, proprio perché da parte mia c’è nei loro confronti un’abbondanza di stima, che non vorrei andasse sprecata.

Non a caso, infatti, gran parte del mio lavoro interessa proprio quei genitori che cerco di incontrare nella messa e nella catechesi, e ci tengo a fare emergere dal loro cuore e dalla loro mente quella straordinaria ricchezza interiore che senza dubbio posseggono, ma di cui spesso non hanno coscienza.

I genitori di oggi hanno da raccontare una vita caotica che si imbroglia ancor più nelle ultime avventure familiari, nelle diatribe con i figli adolescenti, nei contrasti forti che si affacciano prepotenti nel dialogo sempre più misero dei ragazzi vicini alla maggiore età. E spesso i figli non bastano ad attutire il dramma, quando i giorni di matrimonio conoscono il turbinio delle passioni e i due coniugi stentano magari a ritrovare ciascuno il proprio equilibrio. Anzi, i figli in talune circostanze sono di intralcio e chi li ha generati spesso in quei momenti pensa di disfarsene, affidandoli… ai nonni.

Non ho prove particolari per dimostrare la consistenza delle mie argomentazioni, ma, se cerco tra quanto i genitori vanno scrivendo in queste settimane, mi viene naturale pensare che i loro sentimenti, i loro problemi e perfino le loro ansie a riguardo dell’educazione dei figli non potranno mai essere sostituite dalla più serena visione delle cose che i nonni offrono, perché questa serenità è carente delle tensioni che sono per i nipotini la forza e la voglia di lottare sulla piattaforma inevitabile della realtà presente.

I figli per vivere hanno bisogno di semplici genitori, ma per crescere necessitano di madri e di padri che sappiano perfino sbagliare.

Sia ben chiaro, quando esalto la funzione dei genitori, dichiarandola insostituibile, perché ponte essenziale tra le generazioni future e quelle passate, non trascuro la preziosa complementarietà dei nonni.

Padre nostro, che sei nei cieli,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te.

Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.

Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte.

Amen.

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IV INCONTRO CREDERE in DIO

Cosa pensano i ragazzi della cresima a proposito di Dio?

1.

Credere in Dio significa amare, saper sopportare il dolore, l’indifferenza,le avversità della vita, sperare che da qualche parte lassù ci sia la casa della nostra anima, della nostra felicità e che all’entrata ci sia Dio ad aspettarci.

Anch’io a volte ho dubitato della sua presenza, perché nei periodi tristi, duri, per me senza uscita, mi sentivo sola, abbandonata e anche arrabbiata e mi domandavo perché Lui non mi aiutasse.

Solo dopo ho capito che proprio in quei momenti bui, Dio era con me e mi aiutava a superare quelle difficoltà.

Ora sono sicura che in qualsiasi posto io sia, qualsiasi cosa io faccia Lui è con me e che col tempo mi indicherà la strada giusta per raggiungere quel cancello.

Lavoro da svolgere a casa

G Credete in Dio… Non credete… Credete, ma…

Ai bambini che chiedono di Lui, cosa rispondete?

F – Quando senti parlare di Dio, a cosa pensi?

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Belli Lidia

2.

Per me credere in Dio è come credere alle parole e ai consigli che ti può dare un nonno o un padre, qualcuno che ti conduce sulla buona strada e non ti fa fare cattive amicizie.

Dio lo vedo quindi come un saggio che sa tutto della vita e dei suoi intrighi. Credere in Dio vuol dire anche essere altruisti, aiutare le persone che sono in difficoltà.

Credere in Dio sta a significare proteggere un amico dagli sbagli che può commettere, come ad esempio rubare, fare del male agli altri...

Con questo mio pensiero e con le mie idee, spero di aver fatto riflettere le persone che hanno commesso degli sbagli nella vita e che un giorno possano migliorare.

Ma, soprattutto, credere in Dio è avere la speranza che, nei momenti più difficili della vita, ci sia sempre qualcuno che ti aiuti a superarli con serenità.

Iacobelli Leonardo

3.

Credere in Dio è probabilmente una delle cose più semplici e allo stesso tempo più complicate che una persona possa fare: è semplice perché la fede è qualcosa che nasce dentro, indipendentemente da noi. Ciò che però spesso emerge, è la difficoltà di credere a qualcosa della cui esistenza non si hanno prove: relazionandosi con gli altri e venendo a contatto con lo studio scientifico dei fenomeni, nascono molte domande a cui è difficile trovare una risposta:”Cosa dipende da Dio e cosa no?”, oppure:”Se a tutto ciò che ci circonda, c’è una spiegazione scientifica, allora dov’è che Dio interviene?”

Detto questo, io credo che credere in Dio voglia dire riuscire a far convivere la nostra parte più razionale con quella in cui ci permettiamo di credere in qualcosa che esce dalla nostra percezione, mantenendoci, tuttavia, disposti ad accettare altre opinioni ed altri credo religiosi: se siamo infatti convinti del nostro, non dovremmo aver paura di conoscerne degli altri; in caso contrario, l’accettare un credo più convincente, non potrebbe che andare a nostro vantaggio.

Mangosi Arianna

4.

Credere in Dio non è facile, le persone si avvicinano a Dio per cercare conforto e illuminare i momenti più bui della vita!!

Credo che l’essere umano debba credere che esista un’entità superiore, in modo da sentirsi protetto e chiedere aiuto tramite riti, preghiere ecc..

Se l’uomo non sentisse il bisogno di credere in qualcosa, molto probabilmente si sentirebbe perso, insicuro di sé e soprattutto solo! Fin dai tempi antichi, l’uomo ha sentito il bisogno di credere in qualcuno o in qualcosa, sia esso il sole e la luna, o un dio scaturito dalla fervida immaginazione di qualcuno.

Nardone Tiziano

5.

Credere in Dio e cosa significa per me, è una domanda difficile alla quale, forse, non sono in grado di rispondere. Da sempre credere in Dio, per me è stato aggrapparsi ad un’ancora di salvezza, quando sembra che quest’ultima non ci sia più, per me la fede è l’unica cosa che mi resta quando intorno a me c’è solo oscurità, quando ho paura o quando sono triste. Credere in Dio non è solo dire una preghiera o non bestemmiare, è molto di più, ma ora, da quando ho perso alcuni miei parenti ai quali tenevo moltissimo, devo ammettere che la mia fede si è leggermente spenta.

Quando si vive un lutto, si è tristi e arrabbiati, con chi prendersela? Io me la sono presa con Dio, mi sono chiesta perché proprio i miei parenti, così buoni, ma non ho trovato risposte.

Ultimamente sto trovando stupido il mio “litigio” con Dio, ma non riesco a non prendermela con lui. Nonostante ciò non ho perso la fede, perché se chiudessi con Dio, chiuderei anche con le persone che ho perso, perché dove c’è Lui, ci sono anche loro ed è l’ultima cosa che voglio. Ammetto di sbagliare per questo ed è per ciò che sono qui al catechismo, per ritrovare la mia fede e per far pace con Dio, nel quale crederò sempre nonostante tutto.

Zaccagnini Marta

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6.

Tutto. Per me credere in Dio significa tutto. Lui è un faro nella notte, una lucciola in una notte buia, una luna in un cielo privo di stelle. Lui c’è sempre ovunque vada. Lui ama tutti e non guarda il colore della pelle o l’orientamento sessuale. Lui ci accoglie e ci ama tutti. Mi piace pensarlo, mi piace il pensiero di un padre che abbraccia i propri figli.

Un giorno, sono entrata in chiesa vestita di nero e il prete ha cominciato a urlarmi e ad accusarmi di essere una satanista e un’eretica. Ci sono rimasta davvero male perché non credevo che ancora potesse esserci la mentalità de ‘400.

Dio non discrimina nessuno, né le prostitute, né gli omosessuali e nessun altro.

Musso Veronica

7.

E’ complesso spiegare agli altri a parole, cosa significa credere in Dio, perché è più un fatto spirituale, personale e soggettivo.

Ogni persona ha un suo speciale modo di credere in qualcosa e ogni cristiano crede in Dio in un modo differente. Io personalmente, non sono mai stata molto praticante, ovvero non mi reco a messa troppo spesso, ma se mi dovessero chiedere se credo in Dio, la risposta sarebbe affermativa. Io penso che ci deve essere qualcuno al di sopra di noi che sa tutto di noi e che ci guida per la nostra via, giusta o non.

Fin da piccola, ho sentito parlare di Lui, all’inizio non ci credevo nemmeno, pensavo che fosse una specie di leggenda, come babbo natale, ma poi ho capito che da qualche parte lui c’è, ci aiuta ed è per questo che voglio fare la cresima.

Muscedere Elisa

8.

Me la faccio spesso questa domanda, ma non perché non ci credo, ma perché alcune volte mi vengono i dubbi: perché muore tanta gente? Dio la vorrà accanto a sé? A queste domande mi dico sempre che lui le vuole vicino perché le vuole conoscere e pensa che abbiano passato una buona parte di tempo con noi.

Faccio riferimento anche ai discorsi che fanno i ragazzi della mia età e noto che sono molto pochi quelli che credono, forse alcuni si vergognano di dirlo, altri non credono perché la chiesa li allontana.

Due anni fa quando c’era papa Giovanni Paolo II, i giovani, compresa me, andavano più volentieri in chiesa. Adesso con il nuovo Papa, è tutto cambiato e penso, sia peggiorato.

Comunque io ci credo in Dio e, anche se non conosco il suo aspetto fisico e non sento la sua voce, so che di Lui io mi posso fidare e che gli posso chiedere qualsiasi cosa, perché per ogni decisione, lui mi è vicino.

Felci Letizia

Quando le apparenze ingannano

NOTA del parroco

Era come se la vergogna, cui altri l’avevano costretta, fosse così evidente sul suo volto da doverla nascondere ai miei occhi. Dalle parole smozzicate e dal discorso che stentava a farsi chiaro dovevo capire che nella sua anima c’era un grosso problema. Era una mamma che mi chiedeva di poter frequentare il corso di catechesi familiare, nonostante il suo bambino fosse terribilmente vivace.

I capelli scuri e il volto contratto rendevano dura ai miei occhi, la signora, non ancora abituata a sopportare il peso del giudizio severo che tutti le riservano solo perchè una diagnosi dichiara che suo figlio è un bambino “iperattivo”.

Tutti i ragazzi della cresima hanno risposto più o meno in questo modo, dimostrando di credere in Dio e di vivere secondo i principi cristiani.

Il terreno su cui si lavora è buono… e le speranze sono molte.

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Ho tranquillizzato la signora, offrendole ogni tipo di collaborazione e rassicurandola sulla comprensione che avrebbe trovato, infatti: “Ogni anno si presentano casi simili, signora, e in genere ce la caviamo bene. Comunque, l’appuntamento è per la messa domenicale e per l’incontro pomeridiano di ogni venerdì. Venga, signora, lei e il suo bambino.”.

Domenica 11-01-09

Per mio figlio. la messa di questa domenica è stata un’esperienza bellissima, non come nelle altre chiese dove lo costringono a stare fermo. Si è sentito veramente libero insieme alle altre persone (in famiglia), perché devi sapere, Don Gaetano, mio figlio è stato cacciato e trattato male dai bambini e dalla società di oggi: lui non viene accettato a causa del suo problema. Loro non si rendono conto della difficoltà di mio figlio. Io in qualità di madre soffro molto, perché vengo sempre messa in mezzo e guardata dall’alto in basso.

Mio figlio è un bambino dolce e buono, normale come tutti, solo che, al contrario degli altri, non rendendosi conto del suo comportamento, parla senza controllo, come se fosse una macchinetta alla quale non finisce mai la benzina. Mi dica lei, io come mi devo comportare? Io ho accettato questo problema che chiamano “DHDA”, ma è così frustrante per me. Sono furiosa ancora del fatto che mio figlio sia stato cacciato dai boy-scout, ritrovandosi alla porta come un cagnolino bastonato. E io sempre a soffrire e a essere giudicata, non solo dalla società, ma anche dai parenti che, cretini e idioti, dicono che io non sono in grado di dare l’educazione a mio figlio.

Io non giudico e non voglio essere giudicata, però sono tutti bravi a tenere a freno i bambini buoni che stanno fermi, zitti come scimmiette ammaestrate, mentre il mio che è vitale e solare viene messo da parte da persone inette che non capiscono niente…

Domenica 18-01-09

Domenica scorsa in chiesa è successo questo: mio figlio come al solito non sta fermo. Per quanto faccia mi sfugge è più forte di me anche fisicamente a volte.

Si è messo a correre ed è andato a sbattere contro la sedia di una signora che si è molto risentita, reagendo oltre il dovuto, facendo intervenire altre persone vicine e additando me come la madre che non ha saputo dare al bambino la giusta educazione.

Sa come mi sono sentita io, già frustrata dal fatto di dover ingoiare tutti i giorni commenti del genere? Mi sono sentita tutta ad un tratto arrabbiata, aggressiva, ma, conoscendo la mia situazione, ho lasciato correre come al solito.

Ora non voglio essere più brava e buona!…. Sono stanca!… No mi escono più neanche le lacrime!…

Che devo fare? Disintegrarmi per gli altri?… Basta!…

Io sto facendo tutto quello che è nelle mie possibilità di madre, per dare un futuro sereno a mio figlio e per insegnargli l’“educazione”, quella che pretendono le persone che inconsapevolmente mi feriscono. Costoro feriscono una madre che nel dare la giusta educazione al figlio, non riesce a farsi capire in nessun modo da lui, tanto è accecato dal disturbo che lo affligge. Feriscono una madre che non riesce, non riesce ancora!…

Il ragazzino sa di fare cose sbagliate, chiede anche scusa, piange con me, ma non può fare a meno di fare, di fare, di fare; di parlare, di parlare, di parlare… E la mia frustrazione cresce sempre più con l’essere additata dalle persone per ciò che mio figlio fa.

Ma è mio figlio, è la mia anima, lo amo e, fino a che avrò un solo alito di vita, lo difenderò con tutto il mio orgoglio, con tutta le mie forze.

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Non voglio sentirmi dire “poveretta”… Non voglio essere compatita, NO!… Vorrei solo essere capita in modo da calmare un pochino questo fiume di lava incandescente che mi corre dietro.

Ho avuto questi fogli due sere fa. Ero nei pressi dell’altare, pronto per la celebrazione della messa.

Un improvviso frastuono dalla porta d’ingresso e poi un bambino che si catapulta all’interno, pattinando su l’ultimo tratto del pavimento che lo divideva dalla balaustra. Mi aveva salutato appena e già gironzolava sull’altare toccando in modo spasmodico ogni cosa potesse sollecitare la sua curiosità. L’ho lascito fare, tenendo d’occhio il calice e il microfono, i due oggetti che più di altri mi erano sacri in quel momento per la funzione che avrebbero dovuto svolgere.

E’ arrivata anche la mamma: “Questo è il racconto delle due messe alle quali abbiamo assistito…

Ho scritto tutto quel che sentivo nel cuore… Chiedo scusa…”.

Ha raccattato il figlio, che di seguirla non aveva alcuna intenzione, e insieme hanno riguadagnato l’uscita.

Mentre invitavo i pochi fedeli feriali a chiedere perdono per i peccati commessi, ho pensato a cose belle, gettando lo sguardo sui fogli che piegati in due avevo sistemato presso le ampolle dell’acqua e del vino. Ho immaginato per un attimo la felicità di quella mamma che, secondo il mio parere, aveva trovato finalmente uno spazio accogliente per sé e per il proprio bambino. Anche perché c’era stato già un incontro con le altre famiglie e lui, che avevo nominato mio segretario… se ne stava al mio fianco intento a fare aerei di carta… e uno di quelli era grande, grande quanto il foglio di giornale che avevo messo in disparte per un articolo che avrei voluto leggere. Mi guarda e mi chiede di poter lanciare l’enorme velivolo sulle teste degli astanti…

Quale può essere la sorte di un bambino che non smette mai di parlare, di parlare, di parlare e di fare, di fare, di fare? E alla mamma, che non vuole essere compatita, cosa possiamo dire?

Ho preso il telefono e con quella mamma, insieme, abbiamo concordato di riportare l’accaduto negli incontri settimanali, convinto io, lei un po’ meno, di sensibilizzare ulteriormente le coscienze normalmente disposte a essere buone, anche quando il disagio di una presenza scomoda li coinvolge direttamente.

Raccontare la parabola del Buon Samaritano è cosa facile; ascoltare una bella predica sul comandamento dell’amore è esaltante, senz’altro gratificante è il compiere un’azione a vantaggio di un qualche malato, ma il fastidio persistente di un vociare sconnesso o di un muoversi continuo di un bambino nel luogo dove si desidera discorrere con serenità, sembra renda impossibile, perfino a chi cristiano si dichiara, essere paziente nella giusta misura…

***

Dall’esperienza negativa è nata l’occasione per un confronto sincero e concreto tra i genitori dei diversi gruppi. Ancora una volta il coraggio di manifestare un disagio ha convinto altri a esternare le proprie difficoltà. Ancora una volta, senza piangersi addosso, è prevalsa la forza dello stare insieme.

Lavoro da svolgere a casa

G – Accadono fatti di estrema gravità a scuola e dovunque…

Quale e quanta responsabilità morale (del singolo e del gruppo) si riesce a trasmettere ai propri figli? Come?

F – Se un compagno ti invita a fare qualcosa di poco bello, tu come reagisci?

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V INCONTRO

EDUCARE AL RISPETTO

Una mamma

– C’è da premettere che non ho avuto una vita facile, da bambina ho convissuto in istituto con bambini diversi da me in tanti modi, come di colore, di religione e di modi di vivere che non ignoravo ma, comunque, conoscevo molto poco, quindi a volte anche io stessa ho provato la sensazione tremenda di essere non disabile ma diversa, quindi non ho problemi a stare con persone diverse in qualsiasi modo da me, partendo dal presupposto che siamo tutti esseri umani, ed è questo che insegno a mio figlio, anche se spesso mi rendo conto che siamo veramente in pochi a non avere pregiudizi e chi non ha sofferto a volte sembra che non capisca ( o non vuole capire).

Una mamma

– Nella classe di mio figlio non c’è alcun bambino disabile, né vi sono bambini stranieri. Se vi fossero non so quale sarebbe la mia reazione. Intanto il termine “reazione” mi sembra già pieno di significati negativi, nel senso che la reazione è una risposta ad un’“aggressione.” La disabilità altrui o l’essere straniero in quanto tale non è certo un’aggressione. Sono entrambi aspetti delle diversità, che, come tale, non è di per sé aggressione o pericolo. Avrei di certo una maggiore attenzione finalizzata a rassicurarmi che mio figlio non dovesse correre pericoli ulteriori rispetto a quelli che già fanno parte del nostro, pur tranquillo, quotidiano.

Dicendo ciò, comunque, mi rendo conto e sono consapevole che i rischi che i nostri figli corrono ogni giorno non derivano dalla diversità cui si riferisce il tema di questa riflessione, poiché anche nell’apparente “normalità” si nascondono disagi e incapacità di confrontarsi con gli altri che portano spesso a reazioni sbagliate che si traducono in rischi di violenza fisica e/o verbale nei confronti dei nostri figli. “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” è la regola comportamentale che cerco di insegnare ai miei figli, perché sappiano distinguere tra giusto e sbagliato e soprattutto quando e come reagire di fronte al comportamento sbagliato altrui. Cerco anche di far capire loro che non bisogna mai accettare il sopruso, quale che sia, e dunque che non bisogna mai porgere l’altra guancia.

Una mamma

– Mi è indifferente l’appartenenza di qualcuno ad un’altra religione; è una cosa ormai consueta, nella classe di mia figlia accade e questo non costituisce un problema. Mi disturba semmai l’aspetto socio-culturale: pensare infatti ad alcuni bambini che un domani potrebbero avere parecchie limitazioni (spesso non continuare più gli studi, avere imposizioni vestiario etc.), ecco;

questo è l’aspetto che mi infastidisce. Il bambino disabile in classe invece spesso costituisce una ricchezza: può creare disagi, certo, ma questo permette agli altri bambini di entrare in contatto con la diversità, gli fa apprezzare il dono della salute, li aiuta a sperimentare e trovare possibilità alternative alla comunicazione. Io penso che spesso, di fronte alla nostra paura del diverso, ci sia un nostro imbarazzo dovuto al non sapere come comportarci, come rapportarci all’altro. I bambini sanno capire e percepiscono l’impossibilità dell’altro. Ma l’handicap dovrebbe essere chiaro, leggibile, non può

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essere scambiato e frainteso. Nella classe di mia figlia c’è stato chi ha fatto per quattro anni il buono e cattivo tempo, è un ragazzo sicuramente con un grosso disagio personale, una grande rabbia che lo rende a volte aggressivo ma in fondo è un bambino che potrebbe essere figlio nostro. Però ha reso fragili e insicuri altri bambini, ha generato rabbia e impotenza e ha creato un disagio generalizzato;

inoltre, in diversi casi ha agito con violenza. C’è chi diceva che i bambini avrebbero imparato a SOPPORTARE, sopportare cosa? Le prepotenze altrui? Io diffido di un certo buonismo e di quella psicologia spicciola che nasconde l’incapacità di gestire le situazioni e riempie le braccia di falsa protezione e comprensione.

Un papà

– Devo premettere che non sono d’accordo con l’equiparare un bambino disabile ad un bambino straniero o di altra religione. Nel primo caso si tratta di un bambino penalizzato in via definitiva, negli altri casi il disagio o l’imbarazzo possono essere superati con l’esperienza e la crescita.

Riguardo al bambino disabile credo che l’approccio giusto sia quello di accettarlo per quello che è, con i suoi pregi e difetti, di non eccedere nel vittimismo e di non cadere nell’indifferenza. Riuscire a sorridere del proprio handicap penso sia il modo migliore per viverlo serenamente.

Una mamma

– Penso che la “diversità” sia sempre una fonte di arricchimento e di crescita personale. Se in classe di mia figlia fosse presente un bambino disabile, questa sarebbe un’opportunità di riflessione molto importante che ci permetterebbe di abbandonare per un po’ la futilità e le piccole certezze del quotidiano, per entrare in un mondo reale quanto il nostro, dove la porta d’accesso è solo l’Amore. L’amore verso il prossimo e quindi anche l’amore per il nostro Creatore. Insegnerei a mia figlia ad amare questo bambino anche più degli altri, ma soprattutto, quando possibile la starei ad osservare in silenzio perché sono sicura che l’innocenza e la spontaneità di un bambino di fronte ad un altro bambino con dei problemi, sarebbero per me il più grande insegnamento.

Un papà

– Nella classe di mia figlia c’è una bambina straniera che è stata più volte ospite a casa nostra. Non ci sono bambini disabili e se anche vi fossero stati sono sicuro che mia figlia non avrebbe alcun sentimento di rifiuto nei loro confronti. Quel proverbio che dice: Dio li fa e poi li accoppia, calza perfettamente con me e mia moglie: noi siamo intolleranti soltanto con quelle ideologie, quelle religioni che ci possono privare della libertà. Io, il papà di Elena, ho un leggero handicap che mi accompagna da quando avevo quattordici mesi: sono stato colpito da poliomielite ad una gamba ed ho trascorso alcuni anni in istituti di riabilitazione dove ho subito due interventi chirurgici. Là ho conosciuto ragazzi paralizzati alle gambe in seguito ad incidenti stradali e la loro disperazione, ragazzi affetti da distrofia che ora non ci sono più, ragazzi completamente paralizzati dalla polio costretti a vivere senza l’uso delle gambe o delle braccia, su una sedia a rotelle o, peggio, su una barella a guardare per interminabili ore il soffitto. Ciò non mi ha condotto all’indifferenza bensì a sviluppare una così estrema sensibilità che a volte mi mette a disagio anche nella mia famiglia. Come potremo non insegnare alla nostra bambina il rispetto per chi è venuto al mondo meno fortunato di lei?

Ci sforziamo di insegnare la tolleranza la dove vediamo anche dei leggeri atteggiamenti di insofferenza nei confronti di compagni che le risultano poco simpatici.

Ritengo che la società e le istituzioni italiane continuano a macchiarsi del gravissimo peccato di indifferenza e sordità ai bisogni e alle critiche dei meno fortunati. Esiste una legge per il collocamento obbligatorio presso le aziende pubbliche e private ma queste ultime preferiscono pagare una multa

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irrisoria e rimettersi in coda alle altre piuttosto che assumere un disabile (vero peccato mortale?).

molte persone in passato ed alcune ancora adesso pur perfettamente sani riescono a farsi riconoscere invalidi, con la complicità delle persone preposte, allo scopo di prendere un lavoro o meglio dire:

rubarlo a chi ne ha veramente diritto.

I disabili totali ricevono una pensione da miserabili e senza l’aiuto dei parenti più stretti sarebbero costretti a vivere in comunità senza neanche conoscere cos’è il calore di una famiglia. cosa sarà di loro quando i vecchi genitori non ci saranno più?

Quante mamme allungano con i denti la loro vita pur di continuare a essere insieme ai loro eterni bambini?

Quanti purtroppo nelle loro famiglie saranno sempre considerati inferiori ai fratelli nati sani e liberi? E’ di una tristezza senza limiti la discriminazione che si fa in famiglia.

Eppure mi sento di discriminare, di discriminare le persone cattive quale che sia la ragione per cui lo sono diventate.

Un bambino – Se un bambino della mia classe ha dei problemi, io vorrei essere suo amico e lo aiuterei a fare le cose che non può fare da solo. Giocherei con lui per non farlo sentire solo e diverso da me. Molti bambini hanno dei problemi, ma non per questo si devono lasciare da soli e non essere loro amici.

Don Gaetano ci ha raccontato di Federico, un bambino malato che la sua mamma aveva deciso di fargli fare la Prima Comunione, però, questo bambino dopo un po’ di tempo che aveva ricevuto la Prima Comunione è morto. Io mi sono sentito molto triste e mi dispiace di non averlo conosciuto.

Mattia

Perché lo stupro di ragazze inermi…?

Risponde una ragazza del gruppo della CRESIMA

E’ una delle cose più orribili che possono accadere nei confronti di chiunque. Parlo per esperienza personale…

Vede, Don Gaetano, io sono stata con un ragazzo per circa tre anni, di cui l’ultimo è stato orribile per me.

Era una sera di inizio estate, come tutti i sabati era venuto a prendermi per uscire e per

l’ennesima volta era ubriaco. Io non so neanche perché sono salita in quella macchina, forse

avevo la speranza di chiarire con lui, perchè era già da qualche giorno che gli avevo comunicato

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di non volere più continuare la storia, visto che non faceva altro che drogarsi, bere e soprattutto picchiarmi.

Quella sera mi portò in una stradina dove passavano raramente macchine e quelle poche erano guidate da cacciatori intenti nel loro hobby. Gli dissi che mi ero stancata, che non volevo stare più con lui, che volevo essere libera. Lui non capiva il perché e continuava a dare pugni contro il finestrino. Gli dissi ancora una volta che volevo essere libera. Lui si girò, mi saltò sopra e cominciò a sbottonarmi i pantaloni; lì mi sono subito spaventata, cercavo di spingerlo, di scansarlo… e piangevo. Lui però era più forte, cominciò a fare i suoi comodi, mentre io piangevo, lo supplicavo di lasciarmi andare. Lui continuava e mi faceva male. Una delle cose che ricordo benissimo è il suo sguardo pieno di cattiveria e compiacimento insieme, mentre io nei miei pensieri speravo che di lì passasse papà, l’unica persona che mi ama veramente e che lo avrebbe fermato… e invece di lì non passava anima viva. Gli gridavo ancora di lasciarmi, mi ha dato uno schiaffo e ha continuato…

Dopo un’ora circa (che per me è stata l’ora più lunga della mia vita) è sceso dalla macchina e ha cominciato a ridere sghignazzando. Ero distrutta, tornai a casa e la prima cosa che feci fu una doccia.

Ero arrabbiata e pensavo, “perché a me?”. Ero appena una sedicenne, piena di gioia di vivere. Quella gioia lui me l’ha distrutta. Non dissi niente a nessuno. Lui da quel giorno è sparito per mia fortuna.

Tutt’ora sto male al solo pensiero di quella sera.

Non so come si possono fermare questi atti orribili, più si va avanti e più penso che non ci sia una soluzione. Ne parlai con i miei genitori, però solo dopo due anni e ho sbagliato. Loro all’inizio sono rimasti sorpresi (come non esserlo) per il tempo che ho lasciato trascorrere senza dire nulla. La prima cosa che hanno fatto è stata quella di starmi accanto per aiutarmi a superare il dolore che ancora forte sentivo nell’anima. Li ringrazio.

Vorrei far capire a tutti che quando si è vittima di una violenza così atroce, la cosa migliore è parlarne con qualcuno, perché fa sentire meglio e aiuta a superare il dolore, anche se il ricordo vivrà sempre… ma sarà diverso.

B. L.

Lavoro da svolgere a casa

G – Quale valore date alla vita, voi che della vita siete anche i facitori?

Riuscite, nonostante tutto, a vivere la vostra in modo decente? O cosa…?

F – Hai detto mai a mamma e papà di essere contento di essere nato? E da

grande cosa vuoi fare?

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VI INCONTRO

CORREZIONE FRATERNA

Tra i tanti scritti pervenuti, tutti molto preziosi, ne abbiamo scelto uno.

Un papà dalle idee chiare

La domanda che ci pone il parroco questa settimana è quella che ci poniamo da sempre ogni qualvolta succedono fatti di cronaca estremamente gravi o che, se meno gravi, ci toccano da vicino.

La risposta più frequente e a volte anche la più banale è che le famiglie non riescono, per tante ragioni, a trasmettere determinati valori morali ai propri figli i quali agiscono, in età adulta, senza freni.

E’ sempre così? Nella stragrande maggioranza dei casi la risposta non può che essere affermativa.

Quanto tempo dedicano

alcuni genitori ai propri figli nei primi anni di età nell’insegnamento di ciò che è bene e ciò che è male? Con il dividere per categorie e farle imparare a memoria? Certamente si insegna a distinguere ciò che è bene e ciò che è male ma si insegna soprattutto con l’esempio. Si insegna con il mostrare disgusto nel vedere le immondizie per strada e nel non buttarle noi stessi nel mostrare commozione per il male che viene fatto agli altri, nell’offrire sostegno alle persone che ne hanno bisogno, nell’essere caritatevoli, nel mostrare indignazione per fatti di corruzione e malgoverno, nel mostrare rabbia contro coloro che si macchiano di reati gravissimi di razzismo.

Se in una famiglia si prova tutto questo, i figli, fin dalla tenera età, assorbono questi valori allo stesso modo come si nutrono con il pane. Viene da dire:

nutrire i figli con pane e amore

verso gli altri.

In quante famiglie accade tutto questo? Non saprei quantificare ma sicuramente non in tutte.

Quante sono quelle famiglie che considerano i valori morali ed etici delle sciocchezze da deboli?

In quante famiglie in questi ultimi tempi non si fa che parlare male dello straniero violento, dell’omosessuale o altro inculcando ai propri figli

l’odio verso il diverso

?

Conosco padri di famiglia che ammirano chi è

arricchito in modo illecito

perché comunque ci ha saputo fare e stanno allevando in famiglia un probabile corrotto o corruttore.

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Conosco padri, madri e nonni che insegnano ai loro maschietti che

il pisellino è potenza

. Che avvilimento morale!…

Poi si scandalizzano o non credono che i loro maschietti non hanno alcuna considerazione delle ragazze e che arrivano a stuprare per loro sporco soddisfacimento.

La scuola

può fare molto per i bambini e i ragazzi con tali genitori. Può farlo con l’esempio, con il portare le scolaresche ad Aushwitz, con il mostrare films con alto valore educativo. Può fare molto di più mostrare un film come “THE ELEPHANT MAN” che insegnare la tabella del 7 proprio quel giorno.

Come poi non additare determinate

trasmissioni televisive

che inculcano superficialità e frivolezza?

Papà di Elena

Il pensiero di alcuni giovani

- Mania di grandezza… che è prepotenza contro i più deboli (bullismo) - Stupidità… che dà fuoco al barbone sulla panchina della stazione…

- Spregiudicatezza che nel branco diventa violenza… (stupro di ragazze inermi…)

Come pensi si possa reagire nei singoli casi a tanta miseria?

1.

La superficialità umana ci porta ad avere comportamenti irrazionali; a volte pensiamo di essere invincibili e compiamo azioni di cui ce ne pentiremo e che mettono a rischio la vita degli altri.

Ad esempio quei ragazzi che hanno dato fuoco al barbone, perché sotto sostanze stupefacenti, per avere”forti emozioni” hanno quasi ucciso un uomo inerme senza rendersene conto.

Anche il bullismo, quando ci crediamo superiori e invincibili facciamo del male a persone più deboli che non sanno difendersi, questo avviene spesso anche in gruppi dove ragazzi si lasciano trasportare e compiono azioni che non vorrebbero fare. E’ il caso di quelle ragazze stuprate dagli amici di cui si fidavano, ma che le hanno tradite e usate come divertimento, provocando loro traumi a cui non sarà facile riparare.

Avallone Chiara

2.

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25

Per quanto riguarda le manie di grandezza, c’è poco da fare. Oggi la maggior parte delle persone si sente superiore rispetto a chi non sa o non può difendersi.

Non so come si possa reagire in questo caso, ma credo che la cosa più giusta da fare è non ripagare i bulli con la stessa violenza, ma semplicemente cercare un confronto con loro o chiedere aiuto ad un altro.

Riguardo al secondo punto, penso che l’uomo non si renderà mai conto della stupidità che dimostra finché non vi cadrà vittima egli stesso. Quelle persone che hanno dato fuoco a quel povero uomo sulla panchina,dovrebbero riflettere e, anche se molti di voi non approveranno, provare sulla propria pelle l’abominio che hanno commesso. Non c’è modo di reagire a fatti come questi se non punendoli.

Circa la terza situazione, non basterebbe neanche mettere in carcere certa gente, perché come abbiamo detto lunedì scorso, rimarrebbe comunque libera mentalmente.

Intanto però si continua solo a punire con il carcere togliendo la libertà fisica, mentre la vittima dello stupro viene privata della sua dignità.

Sta di fatto che non ci sono modi di reagire a casi di vera e propria violenza fisica e psicologica che ci fanno rimanere stupiti ogni giorno di più per la loro crudeltà.

Zaccagnini Marta

3.

Oggi si assiste sempre più spesso a queste scene di violenza, senza sapere bene perché ciò accade. La maggior parte delle persone che compie queste azioni, sono ragazzi che hanno più o meno la mia età.

Io spesso mi chiedo perché ciò accade e poi magari penso che lo fanno solo per divertimento o per svagarsi dalla noia di tutti i giorni.

Anch’io, come altri miei coetanei, ho delle giornate storte, in cui mi sento nervosa o annoiata, ma di certo non mi comporto in questo modo.

Penso che bisognerebbe capire perché le persone si comportano in questo modo.

Ci sono dei ragazzi che compiono questi gesti perché magari hanno problemi in famiglia e per questo si sfogano facendo del male alle altre persone, ma ciò comunque non aiuterà a risolvere i loro problemi.

Le persone che si comportano in questo modo, lo fanno soprattutto nei confronti di colui che è “diverso”, come ad esempio attaccare una persona soltanto perché è straniera o più debole.

Queste azioni ormai fanno parte della nostra quotidianità e ogni volta che si accende la TV purtroppo si sentono sempre le stesse notizie.

Io credo che la gente sia esausta e frustrata per ciò che accade e penso che molte persone dentro di loro, hanno una forte rabbia nei confronti di chi compie tali atti.

Veroni Chiara

(26)

26 4.

Molti ragazzi compiono atti del genere perché sono stanchi della propria vita e delle persone che li circondano, perciò arrivano a casi estremi. Spesso è la noia che porta a fare cose di cui neanche loro si rendono conto.

Arrivano a commettere atti che ai loro occhi sembrano normali, come per esempio dare fuoco a un barbone perché è di un’altra nazionalità o le continue violenze che sentiamo ogni giorno sulle ragazze, o il bullismo ormai frequente nelle scuole, ma anche tra gli stessi compagni.

Secondo me tutti questi ragazzi, si comportano così, perché vogliono apparire grossi e farsi accettare dal gruppo.

Invece secondo me per far parte di un gruppo serve essere se stessi, con il proprio carattere e la propria personalità.

I bulli cercano di attirare l’attenzione di altri e perciò si comportano stupidamente.

Parente Federica

5.

Secondo me il bullismo nasce dal mancato insegnamento d’educazione da parte dei genitori e delle istituzioni (scuola) nei confronti dei ragazzi.

Il bullismo, la stupidità e lo stupro di ragazze inermi, avvengono quando più ragazzi sono insieme e per fare bella figura compiono questi atti.

Secondo me, per tutti e tre i casi, i genitori devono prendersi più cura dei propri figli, la scuola deve insegnare educazione civica e lo Stato deve mettere pene più severe.

La cosa più importante è che ci sia più coscienza di ciò che si fa, soprattutto quando si è in compagnia. Dottori Davide

I primi cristiani

(Atti 2, 42-48)

Erano assidui nell`ascoltare l`insegnamento degli apostoli e nell`unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la stima di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

Lavoro da svolgere a casa

G – Quando e come il confronto diretto tra persone (famiglia, scuola, lavoro,

chiesa) può migliorare i nostri comportamenti?

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VII INCONTRO

Il BATTESIMO

I bambini che, fortunati, hanno vissuto l’esperienza della messa a partire da ottobre fin qui, sicuramente hanno assistito all’amministrazione di qualche battesimo.

In quel contesto hanno avuto modo di conoscere le fasi essenziali del rito, ne hanno condiviso le emozioni, sono stati in quelle circostanze dei veri attori.

Hanno saputo che in ogni sacramento ricorrono tre elementi e nel caso del Battesimo questi sono:

- La materia – L’acqua…

- La forma – “Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo…”

- Il ministro – Nella persona del sacerdote, o del diacono, o di chiunque altro in caso di necessità…

Hanno notato la presenza dei Padrini, cogliendo con interesse l’importanza del loro ruolo nel proseguo della crescita cristiana del neonato…

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