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25 NOVEMBRE GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE. IL FEMMINICIDIO ATTRAVERSO LA DIVINA COMMEDIA.

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25 NOVEMBRE

GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE.

IL FEMMINICIDIO ATTRAVERSO LA DIVINA COMMEDIA.

Il termine femminicidio associato alla Divina Commedia sembra un anacronismo poiché, in realtà, tale parola è stata introdotta di recente nelle lingue contemporanee per identificare i numerosi casi di omicidio femminile da parte degli uomini, ma, anche, per definire una qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente allo scopo di perpetuare una sottomissione o di annientare l’identità e la dignità attraverso l'assoggettamento fisico e psicologico della donna in quanto tale, fino alla schiavitù o alla morte. I casi denunciati di femminicidio, negli ultimi trent’anni, sono tanti1 e, proprio per questo, sono oggetto di grande attenzione mediatica e di interventi istituzionali.

Tuttavia, prima che questo termine venisse coniato, fin dai tempi più antichi, i casi di femminicidio sono esistiti e, spesso, hanno fatto e condizionato la storia ed, in molti casi, hanno scosso l’animo di certi altri uomini, poeti ed artisti, che hanno saputo osservare, che hanno colto ed hanno raccontato. E’ il caso di Dante Alighieri, il quale, nella Divina Commedia, innanzitutto valorizza la donna per la sua capacità di intervenire e salvare: senza Beatrice, senza quella donna, la sua donna, egli, nella migliore delle ipotesi, sarebbe rimasto a vagare nella selva oscura o, verosimilmente, sarebbe diventato cibo per le tre fiere. Non solo, iniziato il suo viaggio, con straordinaria modernità, il sommo poeta denuncia, ben tre casi di femminicidio attraverso la voce stessa delle vittime: nell’Inferno, a parlare è Francesca da Rimini; nel Purgatorio, a parlare è Pia dei

1 La prima citazione del termine è del 1990, per opera della criminologa Diana E. H. Russel che, nel 1992 dedica al femminicidio un libro scritto a quattro mani con Jill Radford dal titolo “Feminicide: the Politics of woman killing.”. E’ proprio in questo libro che si dimostra che il femminicidio non è legato all’epoca contemporanea né risale soltanto a trent’anni fa. La Rassel, infatti, ha rintracciato il primo uso generico della parola feminicide (femminicidio) nel libro “The Satirical Review of London at the Commencement of the Nine teenth Century” pubblibato nel 1801 in Inghilterra.

Tolomei ed, infine, nel Paradiso, l’abuso raccontato da Piccarda Donati, non è un caso di omicidio femminile come i due precedenti, ma, certamente, è una storia di violenza di una donna costretta dai fratelli ad abbandonare il velo monacale per convolare a nozze, contro la sua volontà e contro ogni sua inclinazione.

Dante incontra Francesca da Rimini nel secondo cerchio dell’Inferno, tra i lussuriosi, anime dannate che, come nella vita si lasciarono travolgere da un vento di passioni perverse, qui, per la legge del contrappasso, sono tormentate da una bufera vera e propria senza posa. Dante nota Francesca che scontò, con la morte, l’adulterio per mano del marito offeso, Gianciotto Malatesta2; ascolta le sue parole e prova “pietà” per lei, quel turbamento che nasce dalla considerazione che anche i più nobili affetti di un’anima naturalmente generosa e calda, l’Amor

v. 100“Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende (…)

(...)

vv. 103-105“Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte, che come vedi, ancor non m’abbandona.”

possono generare la colpa,

vv.135-136“(...)questi, che mai da me fia diviso, la bocca mi baciò tutto tremante”

e scatenare un’indulgente forza devastatrice, v.106“Amor condusse noi ad una morte

(…).”

Per la pietà nei confronti di Francesca, per l’angoscia, che nasceva dal contemplare quell’infelicità senza scampo, Dante sviene,

vv. 140-142“sì che di pietade

2 Francesca, figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, andò sposa, poco dopo il 1275, a Gianciotto Mlatesta, signore di Rimini, zoppo e deforme. Il matrimonio, stipulato per sancire la pace ristabilita dopo lunghe contese fra i due potentati, era dettato da ragioni meramente politiche. Innamoratasi poi Francesca di Paolo, fratello di Gianciotto, entrambi furono sorpresi e trucidati dal marito offeso.

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io venni men così com’io morisse;

e caddi come corpo morto cade”.

Da qui l’acquisizione di un’esperienza per il sommo poeta, per noi, per tutte le donne vittime di qualsiasi violenza. La liberazione da un errore attraverso il chiarimento della verità: Francesca si era innamorata e, grazie alla potenza della parola poetica di Dante, il suo femminicidio, non è rimasto sepolto dal silenzio della storia, alla donna è stata data la possibilità di raccontare in prima persona la propria tragedia invocando memoria e giustizia.

Salendo nell’Antipurgatorio, i poeti, dante e Virgilio, s’imbattono in una schiera di anime che, nei gesti, appaiono affannate, ansiose di avvicinarsi, di parlare, di invocare una promessa di buoni suffragi. Sono anime di persone che morirono di morte violenta e fecero appena in tempo a invocare, nell’estremo sospiro, il perdono divino. Qui, nell’Antipurgatorio, le trattiene la colpa di aver tardato fino all’ultimo la cura della propria salvezza. Fra loro c’è Pia dei Tolomei, senese, vittima della furia omicida di suo marito: si tratta di Nello d’Inghiramo dei Pannocchieschi, signore del castello della Pietra nella Maremma, capitano della taglia guelfa nel 1284. Costui, avrebbe fatto uccidere Pia, della famiglia senese dei Tolomei, per poter sposare Margherita Aldobrandeschi.

vv.134-136“Siena mi fe’; disfecemi Maremma:

salsi colui che ‘nnanellata pria disposando m’avea con la sua gemma”.

Ascendendo in paradiso, nel cielo della Luna, Dante incontra gli spiriti che mancarono ai voti e qui parla subito con Piccarda Donati: entrata, fin da fanciulla, nel monastero delle clarisse a Firenze, era stata costretta dai suoi fratelli a lasciare la clausura e a sposare Rossellino della Tosa. La sofferenza per la violenza subìta fu così forte da farla morire, ancorché giovane, di crepacuore. Qui, in paradiso, invece, il dolore, il rimpianto, l’onta stessa del torto subito, si collocano ormai per Piccarda in uno spazio infinitamente remoto: chi parla è uno spirito che ha trovato la sua pace nella volontà divina, che ha toccato il porto ove si placa ogni tumulto di mondana tempesta.

Ora, Piccarda, è in paradiso e rievoca la sua storia con le parole velate di chi rifugge una

realtà dolorosa e si sforza di proteggere ancora il suo fragile ideale di purezza. In tutte e tre le cantiche, queste donne denunciano gli esecutori materiali della violenza senza nominarli per cui, la condanna del loro male operare, viene a colpire non tanto le persone singole quanto piuttosto un mal costume diffuso già allora, il retaggio di un’educazione distorta che propaga la sua eco fino ai giorni nostri. Concludiamo allora con la lezione di quella donna che abbiamo citato all’inizio del nostro percorso e che ha salvato lo stesso Dante: la lezione di Beatrice,

vv.7-12, Paradiso,

“Per che mia donna <<Manda fuor la vampa del tuo disio>>, mi disse, <<sì che ella esca

segnata bene de la intera stampa:

non perché nostra conoscenza cresca per il tuo parlare, ma perché t’ausi a dir la sete, sì che l’uom ti mesca>>”

bisogna imparare a dare voce ai propri desideri se si vuole sperare di ottenere ciò che si vuole. Perché saper chiedere è molto meglio che fare affidamento sulle capacità altrui di leggere nella nostra mente.

A tutte le donne e a tutti gli uomini che non hanno paura di dare voce ai propri pensieri ed ai propri desideri.

II D, IC RENDE QUATTROMIGLIA Prof.ssa Barbara Gagliardi

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Francesca Da Rimini

Francesca Da Rimini fu uccisa da suo marito perchè lo tradiva col fratello.

Capisco la rabbia del marito contro la moglie, ma ucciderla mi sembra molto esagerato. Dante Alighieri riuscì a convincere la donna a denunciare il femminicidio. In poche parole a Francesca Da Rimini fu proebito d'amare.

Giorgia Barbone

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IL FEMMINICIDIO ATTRAVERSO LA DIVINA COMMEDIA

25.11.

FRANCESCA DA RIMINI

FRANCESCA DA RIMINI venne uccisa dal

marito perché si era innamorata del fratello

del marito, Paolo. Secondo me il marito di

Francesca li ha uccisi per vendicarsi con loro

perché lo avevano tradito quindi perde la

testa e li uccide. Francesca racconta cosa era

successo, e dice che la colpa era solo del

marito invece la colpa è anche sua, racconta

il marito come un uomo spregevole e così

Dante la manda all’inferno.

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