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Nuovi bilanci, nuovi criteri di redazione: come l Italia recepirà la direttiva UE

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4 Maggio 2015

Redazione e valutazione

Nuovi bilanci, nuovi criteri di redazione: come l’Italia recepirà la direttiva UE

Il MEF, in collaborazione con la fondazione OIC, ha chiuso la consultazione pubblica riguardante le modifiche all’ordinamento italiano dallo stesso elaborate al fine di conformarsi a quanto richiesto dalla direttiva direttiva n.

2013/34/UE del 26 giugno 2013, che si sostituisce a tutte le precedenti in materia di redazione del bilancio d’esercizio; in particolar modo, alle modifiche in materia di criteri di redazione e valutazione, alle nuove tipologie di bilancio (ordinario, semplificato e delle micro imprese) ed agli schemi di Stato Patrimoniale e Conto economico. I documenti utilizzati per l’analisi delle modifiche non costituiscono una rappresentazione conclusiva del lavoro svolto dal MEF, bensì un punto intermedio su cui il MEF, in collaborazione con l’OIC, continuerà a lavorare anche in forza dei suggerimenti pervenuti in forza della consultazione.

di Marco Mangili - dottore Commercialista in Bergamo

Le norme di cui alla direttiva, in fase di recepimento in Italia, costituiscono quindi il riferimento unico europeo cui i singoli Stati aderenti sono chiamati ad uniformare i propri ordinamenti contabili, entro il prossimo 20 luglio 2015.

La direttiva, punta all’armonizzazione comunitaria delle modalità espositive, dei criteri di valutazione e dei principi di redazione degli schemi di bilancio “interni” adottati dai vari Paesi dell’Unione Europea, allo scopo di addivenire a una migliore proporzionalità tra gli obblighi comunicativi imposti alle società tenute alla redazione del bilancio d’esercizio e alle dimissioni delle stesse.

Le modifiche che verranno, pertanto, effettivamente apportate all’ordinamento italiano potrebbero anche differire rispetto a quanto evidenziato nel presente articolo.

Le modifiche elaborate dal MEF possono essere distinte nelle seguenti macro categorie:

- Modifiche attinenti alle normative in materia di bilancio d’esercizio;

- modifiche attinenti alle normative in materia di bilancio consolidato;

- specifiche modifiche alla redazione del bilancio d’esercizio di determinate categorie di intermediari finanziari;

- specifiche modifiche alla redazione del bilancio d’esercizio delle società di assicurazioni;

- specifiche modifiche in relazione agli obblighi di trasparenza delle società operanti nei settori estrattivi e forestale.

E’ pertanto opportuno analizzare le modifiche apportate alla redazione del bilancio d’esercizio ed, in particolar modo, alle modifiche in materia di criteri di redazione e valutazione, alle nuove tipologie di bilancio ( ordinario, semplificato e delle micro imprese) ed agli schemi di Stato Patrimoniale e Conto economico.

Modifiche ai criteri di redazione e valutazione del bilancio Tra le modifiche più significative, si segnalano in particolare:

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- l’acquisto di azioni proprie comporta una pari riduzione del patrimonio netto, tramite l’iscrizione di una specifica voce con segno negativo. Le azioni proprie non vengono, pertanto, più rilevate nell’attivo dello stato patrimoniale;

- viene appositamente introdotta all’articolo 2423 del Codice Civile la possibilità di non rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, presentazione e informativa, quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti ai fini di una

rappresentazione veritiera e corretta. In caso di usufruizione di tale possibilità se ne deve dare apposita menzione in nota integrativa;

- in tema di valutazioni viene introdotto all’articolo 2423-bis del codice civile il comma 1-bis, in cui viene previsto che la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del

contratto;

- viene introdotta, ove applicabile, la valutazione delle immobilizzazioni rappresentate da titoli con il criterio del costo ammortizzato;

- viene eliminata la possibilità di imputare a stato patrimoniale i costi di pubblicità e ricerca, mentre vengono modificati i periodi di ammortamento dei costi di sviluppo e dell’avviamento.

In particolare i costi di sviluppo vengono ammortizzati secondo la loro vita utile salvo i casi eccezionali in cui la vita utile non possa essere individuata, nel qual caso i costi vanno ammortizzati in un periodo non superiore a 5 anni.

Parimenti, anche l’avviamento diventa ammortizzabile secondo la propria vita utile e nei casi eccezionali in cui la stessa non possa essere individuata, in un periodo non superiore a 10 anni. Nella nota integrativa è richiesta una specifica spiegazione dell’individuazione del periodo di ammortamento dell’avviamento;

- viene variato il criterio di valutazione dei crediti, dei debiti e dell’aggio su prestiti, con l’applicazione del criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, limitatamente ai crediti, del valore di presumibile realizzo;

- vengono variati i criteri di valutazione delle attività in valuta a seconda che le stesse afferiscano o meno ad attività monetarie.

In particolare le attività e passività monetarie vengono valorizzate secondo il cambio a pronti alla data di chiusura, le attività e passività non in valuta vengono valorizzate al tasso di cambio vigente al momento del loro acquisto;

- viene introdotto un apposito principio di valutazione degli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri strumenti finanziari.

Il criterio di valutazione è il fair value e le sue variazioni devono essere imputate al conto economico oppure, ove lo strumento copra il rischio di variazione dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un’operazione programmata, in una riserva positiva o negativa di patrimonio netto.

Tale riserva va imputata al conto economico nella misura e nei tempi corrispondenti al verificarsi o al modificarsi dei flussi di cassa dello strumento coperto, o al verificarsi dell’operazione oggetto di copertura.

Gli utili che derivano dalla valutazione al fair value, non utilizzati o non necessari per la copertura, non sono distribuibili.

Le riserve di patrimonio netto che derivano dalla valutazione al fair value non vengono computate per le finalità di cui agli articoli 2420, 2433, 2442, 2446 e2447 e, ove positive, non possono essere utilizzate a copertura delle perdite.

La definizione di strumento finanziario derivato e la modalità di determinazione del fair value vengono forniti dal secondo comma dell’articolo 2426, opportunamente integrato rispetto alla versione attuale.

Modifiche alle tipologie di bilancio abbreviato e introduzione del bilancio delle micro imprese Per quanto riguarda le modifiche al bilancio delle società di piccole dimensioni si segnala che:

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- le società che redigono il bilancio abbreviato risultano esonerate dalla redazione del rendiconto finanziario;

- in deroga a quanto evidenziato nella sezione precedente le società che redigono il bilancio abbreviato hanno la facoltà di iscrivere i titoli immobilizzati al costo di acquisto e di valutare i crediti al valore di presumibile realizzo e i debiti al valore nominale.

Viene, inoltre, eliminato l’obbligo di detrarre in forma esplicita gli ammortamenti e le svalutazioni dalle voci BI ( immobilizzazioni immateriali) e BII ( immobilizzazioni materiali) dell’attivo ;

- viene introdotto il nuovo archetipo del bilancio delle micro imprese disciplinato dal nuovo articolo 2435-ter c.c., ai sensi del quale si considerano micro imprese le società di cui all’articolo 2435-bis c.c. (bilancio abbreviato) che nel primo esercizio o successivamente per due esercizi non superino due dei seguenti limiti: un totale dell’attivo

patrimoniale di 175.000€; ricavi delle vendite e prestazioni non superiori a 350.000€; numero dei dipendenti occupati in media nell’anno non superiore a 5;

le società che rispettano i requisiti per il bilancio delle micro imprese redigono il bilancio d’esercizio secondo i modelli previsti per il bilancio abbreviato, ma risultano esonerate dalla redazione: del rendiconto finanziario; della nota integrativa ove in calce allo stato patrimoniale risultino le informazioni di cui all’articolo 2427 numeri 9 e 16; della relazione sulla gestione ove in calce allo stato patrimoniale vengano riportate le informazioni di cui all’articolo 2428 numeri 3) e 4).

Al bilancio delle micro imprese non trova, inoltre, applicazione la valutazione degli strumenti finanziari derivati;

- ove una società che applichi il bilancio delle micro imprese superi per due esercizi consecutivi gli appositi parametri precedentemente evidenziati, è tenuta a redigere, a seconda della situazione, il bilancio abbreviato ovvero quello ordinario.

Modifiche agli schemi di stato patrimoniale e conto economico

Si segnalano infine le seguenti modifiche agli schemi di stato patrimoniale e conto economico:

- in forza delle modifiche apportate all’acquisto delle azioni proprie le voci di Stato Patrimoniale attivo B III, 4) e C III 5) vengono destinate alla nuova indicazione degli strumenti finanziari derivati attivi;

nelle voci di patrimonio netto viene eliminata la voce A VI, dedicata alla riserva per azioni proprie in portafoglio, con conseguente renumerazione delle voci seguenti.

Sempre a Patrimonio netto vengono introdotte la voce VII, relativa alla riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi e X, attinente alla riserva negativa per azioni proprie in portafoglio; alla voce B dello stato patrimoniale passivo viene introdotto il fondo per strumenti finanziari derivati passivi;

- viene eliminata la rappresentazione in calce allo stato patrimoniale dei conti d’ordine;

- la voce D del conto economico viene rinominata in: rettifiche di valore di attività e passività finanziarie ; alle voci rivalutazioni e svalutazioni viene introdotta la lettera d) relativa agli strumenti finanziari derivati;

La voce E e i numeri 20) e 21) vengono eliminati dallo schema di conto economico.

Ove confermate dall’approvazione delle versione definitiva, tali modifiche troveranno applicazione con decorrenza dagli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2016, o nel corso dello stesso anno.

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Rilevante il rapporto fiduciario

Licenziamento disciplinare: non incide la “particolare tenuità del fatto”

I nuovi istituti deflattivi della messa alla prova e della “particolare tenuità del fatto” non interferiscono necessariamente sulla valutazione della responsabilità disciplinare del lavoratore che permane in capo al datore di lavoro. La rinuncia alla pretesa punitiva da parte dello Stato, infatti, non esclude che i medesimi fatti possono incidere sugli interessi privati e contrattuali delle parti. Ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso, rilevante per procedere al licenziamento disciplinare, l’accento va posto, in particolare, sul rapporto fiduciario che intercorre tra datore di lavoro e dipendente.

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di Stefano Maria Corso - Dottore di ricerca in Diritto dell'Impresa presso l'Università L. Bocconi di Milano

L’autonomia del procedimento disciplinare da quello penale, più che il raccordo previsto dall’art. 654 c.p.p. tra

sentenza penale e giudizio disciplinare, consente di escludere che la assoluzione del lavoratore sia di ostacolo ad una valutazione del fatto idonea ad incidere sulla stabilità del rapporto di lavoro.

Con una articolata motivazione, la Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione (12 novembre 2014-5 gennaio 2015 n. 13) ha affermato il principio che il giudice civile, nel processo davanti a lui, ben può apprezzare la rilevanza di fatti pur risultati non decisivi per la configurazione del reato contestato [al punto da portare ad una definitiva assoluzione del lavoratore imputato].

I fatti materiali – penalmente irrilevanti – possono conservare rilievo ai fini del rapporto dedotto innanzi al giudice civile, che – conseguentemente – non trova alcuna preclusione alla cognizione della domanda avanzata.

La pronuncia è importante per determinare le ricadute lavoristiche dell’assenza o speciale tenuità del danno

patrimoniale subito dal datore di lavoro, soprattutto tenendo conto del fatto che, dal 2 aprile 2015, è in vigore il d. lgs. 26 marzo 2015 n. 28 che ricollega la non punibilità penale a illeciti caratterizzati dalla particolare tenuità del fatto e che potrebbe alimentare il corollario della necessaria irrilevanza disciplinare di illeciti del lavoratore già valutati di entità marginale in sede penale.

Come è reso evidente dalla cronologia, la sentenza della Suprema Corte è intervenuta prima del varo del d. lgs. n.

28/2015, ma sviluppa argomenti capaci di resistere anche al nuovo quadro normativo.

Innanzitutto, il sistema disciplinare è autonomo da quello penale, al punto che prende in considerazione e reprime anche condotte sicuramente non di rilievo penale.

In secondo luogo, le contestazioni di tipo disciplinare vanno valutate in modo autonomo, essendo diversi i criteri validi per le contestazioni di natura penale.

In terzo luogo, l’epilogo del procedimento penale non è di ostacolo alla libera valutazione in sede lavoristica e in sede civile di fatti che potrebbero conservare rilevanza ai fini civilistici.

In quarto luogo, ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso (rilevante per procedere al licenziamento disciplinare), l’accento va posto non sulla assenza o speciale tenuità del danno patrimoniale, ma sulla ripercussione che la condotta del lavoratore ha sul rapporto di lavoro ed, in particolare, sul rapporto fiduciario che intercorre tra datore di lavoro e dipendente.

La particolare tenuità appare, nei congrui casi, suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, in quanto sintomatica di un atteggiamento di distacco dagli obblighi, assunti con il contratto di lavoro e di non garanzia di un futuro corretto adempimento di detti obblighi che ben potrebbe essere ritenuto compromettente dell’elemento fiduciario insito nel rapporto di lavoro, soprattutto in relazione alla concreta posizione lavorativa ricoperta in ambito aziendale.

Alla luce di questo orientamento giurisprudenziale è agevole concludere che l’estinzione del procedimento penale per

“messa alla prova” (istituto introdotto con legge 28 aprile 2014 n. 67) e l’esclusione della punibilità per riconosciuta

“particolare tenuità del fatto” (art. 131 bis c.p. introdotto – come si è accennato – con d. lgs. n. 28/2015), pur risolvendo i problemi penali della persona fisica indagata o imputata, non hanno alcuna efficacia risolutiva sul versante disciplinare della condotta lavorativa.

La comprensione del legislatore penale si esaurisce con una sostanziale rinuncia alla pretesa punitiva, motivata da una volontà di deflazionare al massimo i carichi di lavoro giudiziario, ma non interferisce minimamente nella autonomia negoziale delle parti private e, quindi, nel potere di attivare il controllo giudiziale sulla esistenza e/o entità della

compromissione del rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore.

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Gestore del Fondo di Garanzia per le PMI

Microcredito: online scheda sugli adempimenti

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In attesa che della piena operatività, il Gestore del Fondo di Garanzia per le PMI ha pubblicato la scheda tecnica sugli adempimenti relativi alle operazioni di microcredito. Nel confermare le risposte della Fondazione Studi Consulenti del lavoro il Gestore del Fondo di Garanzia per le PMI ha charito alcuni aspetti della disciplina.

Il Gestore del Fondo di Garanzia per le PMI ha pubblicato la scheda tecnica sugli adempimenti relativi alle operazioni di microcredito, operative con la pubblicazione in G.U. del Decreto del MiSE del 18 marzo 2015 e con l’emanazione della circolare operativa.

Nella scheda operativa il Gestore del Fondo riepiloga la disciplina, confermando le risposte della Fondazione Studi Consulenti del lavoro contenute nelle Faq e chiarendone alcuni aspetti.L’intervento del Fondo di Garanzia per le PMI è volto a concedere una garanzia pubblica, assistita dalla garanzia di ultima istanza dello Stato Italiano, su finanziamenti rientranti nella definizione di operazioni di microcredito.

La concessione e l’erogazione di detti finanziamenti sono di esclusiva competenza degli intermediari finanziari abilitati all’esercizio del credito.

Sulle operazioni di microcredito non viene effettuata alcuna valutazione di merito di credito da parte del gestore del Fondo.

Ferme restando le ordinarie modalità di accesso alla garanzia del Fondo da parte dei soggetti richiedenti, i soggetti beneficiari finali possono attivare la procedura di accesso diretto.

I soggetti beneficiari finali possono, anche prima della presentazione della richiesta di finanziamento a un soggetto finanziatore, presentare al Gestore del Fondo richiesta di prenotazione delle somme necessarie alla copertura finanziaria della garanzia.

La richiesta di prenotazione è presentata in via telematica, accedendo all’apposita sezione del sito Internet del Fondo (www.fondidigaranzia.it) dedicata al microcredito, previa registrazione e utilizzo delle credenziali di accesso rilasciate.

I soggetti beneficiari sono:

- Professionisti e imprese titolari di partita IVA da non più di 5 anni;

- Professionisti e imprese individuali aventi fino a 5 dipendenti;

- Società di persone, SRL semplificate, cooperative con dipendenti non soci fino a 10 unità;

- Imprese che abbiano avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di richiesta di finanziamento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo fino a 300.000 euro;

- Imprese che abbiano realizzato, nei tre esercizi antecedenti la data di richiesta di finanziamento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, in qualunque modo risulti, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo fino a 200.000 euro;

- Imprese che alla data di richiesta di finanziamento presentino un livello di indebitamento fino a 100.000 euro.

Non rientrano tra i soggetti beneficiari le persone fisiche.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata Scheda tecnica

Corte Costituzionale

Pensioni: illegittima la mancata rivalutazione negli anni 2012 e 2013

È illegittima la norma del “Decreto Salva Italia” del 2011, che, per gli anni 2012 e 2013, ha di fatto bloccato l’adeguamento delle pensioni al costo della vita, disponendo la sospensione della perequazione automatica delle pensioni di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS. Lo ha dichiarato la Corte costituzionale bocciando la mancata rivalutazione monetaria dei trattamenti pensionistici operata dal Governo Monti, nonostante una precedente pronuncia della Consulta avesse dato indicazioni di segno opposto. La norma ha irragionevolmente sacrificato, nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio, l’interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti.

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La Corte Costituzionale ha dichiarato fondata la questione di legittimità, con riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost. della norma del “Decreto Salva Italia” del 2011, che, per gli anni 2012 e 2013, ha sospeso l’adeguamento delle pensioni al costo della vita, “bloccando” la sospensione della perequazione automatica delle pensioni di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS.

La perequazione automatica, quale strumento di adeguamento delle pensioni al mutato potere di acquisto della moneta, fu disciplinata originariamente dall’art. 10 della legge n. 903/1965 in materia di pensione, con la finalità di fronteggiare la svalutazione che le prestazioni previdenziali subiscono per il loro carattere continuativo. Nel corso degli anni, per perseguire questo obiettivo in funzione delle mutevoli condizioni economiche, la disciplina ha subito numerose modificazioni. In generale, semplificando, la disciplina prevede che soltanto le fasce più basse siano integralmente tutelate dall’erosione indotta dalle dinamiche inflazionistiche o, in generale, dal ridotto potere di acquisto delle pensioni.

Contestualmente, nel corso degli anni si sono avvicendati gli interventi del legislatore che, con orientamenti diversi, hanno disposto sospensioni del meccanismo perequativo, nel tentativo di bilanciare le attese dei pensionati con variabili esigenze di contenimento della spesa. La Corte, con la sentenza n. 70/2015, ricostruisce il quadro evolutivo di tutti questi interventi, sino ad arrivare all’esame dell’art. 24, comma 25, del D.L. n. 201/2011, oggetto di censura: tale norma ha stabilito che “In considerazione della contingente situazione finanziaria”, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici - in base al meccanismo stabilito dall’art. 34, comma 1, della legge n. 448/1998 – è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100%. Ciò ha determinato un’indicizzazione al 100% sulla quota di pensione fino a tre volte il trattamento minimo INPS, mentre le pensioni di importo superiore a tre volte il minimo non hanno ricevuto alcuna rivalutazione. In concreto, il blocco integrale della perequazione opera per le pensioni di importo superiore a euro 1.217,00 netti.

Si è trattato di un meccanismo per certi versi “nuovo” che si discosta sia da quello originariamente previsto dall’art. 24, comma 4, della “legge finanziaria 1986”, e confermato nel 1992, che non discriminava tra trattamenti pensionistici complessivamente intesi, bensì tra fasce di importo, sia dagli interventi successivi, dato che, tra l’altro, la sospensione ha una durata biennale e essa incide anche sui trattamenti pensionistici di importo meno elevato. La Corte Costituzionale ha perciò richiamato i “doveri” del legislatore, già affermati in precedenti sentenze:

- il legislatore, sulla base di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali deve “dettare la disciplina di un adeguato trattamento pensionistico, alla stregua delle risorse finanziarie attingibili e fatta salva la garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della persona” (Cost., sentenza n. 316/2010);

- per scongiurare il verificarsi di “un non sopportabile scostamento” fra l’andamento delle pensioni e delle retribuzioni, il legislatore non può eludere il limite della ragionevolezza (sentenza n. 226/1993);

- al legislatore spetta, inoltre, individuare idonei meccanismi che assicurino la perdurante adeguatezza delle pensioni all’incremento del costo della vita.

Pertanto, il criterio di ragionevolezza, così come delineato dalla giurisprudenza, circoscrive la discrezionalità del legislatore e vincola le sue scelte all’adozione di soluzioni coerenti con i parametri costituzionali.

Se si considera il comma 25 dell’art. 24 del D.L. n. 201/2011 sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico, si deve rotenere, invece, dice la Consulta, che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con “irrimediabile

vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività” (sentenza n. 349 del 1985). Sul punto, il Governo Monti non ha ascoltato il monito indirizzato al legislatore con la sentenza n. 316/2010.

La disposizione concernente l’azzeramento del meccanismo perequativo (contenuta nel comma 24 dell’art. 25 del D.L.

201/2011, come convertito), si limita a richiamare genericamente la “contingente situazione finanziaria”, senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui confronti si effettuano interventi così fortemente incisivi.

L’interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla

conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel

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nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio. Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di

quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36, primo comma, Cost.) e l’adeguatezza (art. 38, secondo comma, Cost.). Quest’ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e al contempo attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata Corte Costituzionale, sentenza 30/04/2015 n. 70

Sostegno del reddito

Lavoratori in mobilità: prolungato l’intervento a tutela del reddito

E’ stato concesso il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito, con esclusione della contribuzione figurativa, in favore dei lavoratori destinatari che, nell'anno 2014 non rientrano nel contingente di 10.000 unità ancorché abbiano maturato i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2011 e, comunque, entro il periodo di fruizione delle prestazioni di tutela del reddito. Il decreto interministeriale del 9 marzo 2015, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 2015.

Con decreto interministeriale (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle Finanze) del 9 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 2015, è stato concesso il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito, con esclusione della contribuzione figurativa, in favore dei lavoratori destinatari del decreto n. 85708 del 24 ottobre 2014. per i quali il medesimo prolungamento abbia avuto inizio in una data ricompresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2014.

Si tratta dei lavoratori che, nell'anno 2014 non rientrano nel contingente di 10.000 unità di cui all'art. 12, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122, ancorché abbiano maturato i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2011 e, comunque, entro il periodo di fruizione delle prestazioni di tutela del reddito.

Il prolungamento del sostegno al reddito è concesso limitatamente alle mensilità residue nell'anno 2015 nel limite di spesa di euro 19.888.696,00 e l'Inps è autorizzato, ad erogarlo in favore dei lavoratori che abbiano presentato

domanda per il pensionamento sulla base delle disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.

Gli oneri finanziari derivanti dall'applicazione del presente decreto, pari complessivamente ad euro 19.888.696,00, sono posti a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero dell’Economia e delle Finanze, decreto 09/03/2015 (GU 30/04/2015, n. 99)

Fondazione nazionale commercialisti

Regime forfetario, le istruzioni della FNC per il passaggio

Un contributo della Fondazione Nazionale Commercialisti illustra gli adempimenti necessari per il passaggio al nuovo regime forfetario introdotto dalla legge di stabilità 2015. Il documento illustra nel dettaglio le modalità di rettifica della detrazione dell’IVA e le procedure per evitare salti o duplicazioni d’imposta nel passaggio di regime.

Come noto l’art. 1, commi da 54 a 89, della legge di stabilità 2015 (L. 190/2014), ha introdotto, a decorrere dal 1°

gennaio 2015, un nuovo regime semplificato di determinazione del reddito imponibile per imprese individuali e

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lavoratori autonomi di ridotte dimensioni.

Pur presentando delle analogie con il vecchio regime dei contribuenti minimi, il nuovo regime si distingue in alcune caratteristiche essenziali quali ad esempio la determinazione del reddito. L’adozione del regime non è limitata a coloro che iniziano l’attività ma riguarda tutte le persone fisiche esercenti un’attività d’impresa/lavoro autonomo che rispettano i requisiti richiesti relativamente ai ricavi/compensi e alla “struttura minimale”.

I contribuenti che intendano passare al nuovo regime sono tenuti, in primo luogo, a verificare la necessità di procedere alla rettifica dell’IVA eventualmente detratta nel precedente regime. In tal caso, infatti, si rende necessario “restituire”

l’imposta detratta durante l’applicazione del regime ordinario al momento del passaggio al nuovo regime, con il meccanismo della rettifica della detrazione di cui all’art. 19-bis2, D.P.R. n. 633/1972.

Tale obbligo di rettifica della detrazione IVA si pone per tutti i contribuenti che hanno deciso di applicare dal 2015 il nuovo regime forfetario, quando gli stessi nel 2014 e precedenti hanno applicato:

- il regime ordinario IVA;

- il regime delle nuove iniziative produttive;

- il regime contabile agevolato (art. 27, comma 3, D.L. n. 98/2011).

Per i beni ammortizzabili, compresi i beni immateriali, la rettifica va eseguita se non sono trascorsi i 4 anni successivi a quello della loro entrata in funzione ovvero 10 anni dalla data di acquisto o ultimazione relativamente agli immobili. Sono esclusi dal procedimento non i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro per i beni il cui coefficiente

d’ammortamento è superiore al 25%.

Per il calcolo dell’ammontare dell’IVA da “restituire” all’Erario, il documento della Fondazione rileva come con riferimento alle rimanenze e ai servizi non ancora utilizzati, deve essere rettificato l’intero ammontare dell’IVA a credito detratta all’atto dell’acquisto. In relazione ai beni strumentali (diversi dagli immobili), invece, la rettifica deve essere effettuata con riferimento a tanti quinti dell’imposta quanti sono gli anni mancanti al compimento del quinquennio di tutela fiscale.

Infine, relativamente agli immobili, la rettifica deve essere effettuata con riferimento a tanti decimi dell’imposta quanti sono gli anni mancanti al compimento del decennio di tutela fiscale.

Sul piano operativo, la rettifica della detrazione dell’IVA deve essere eseguita nella prima dichiarazione annuale IVA presentata dopo l’ingresso nel regime, ossia in quella relativa all’anno precedente al passaggio nel regime in commento.

L’imposta dovuta a seguito della rettifica, da indicare nel rigo VF56, deve essere indicata altresì nel rigo VL all’interno dell’imposta complessiva a debito o a credito che emerge dalla dichiarazione IVA.

Sul piano probatorio, al fine di consentire il controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, è necessario predisporre un’apposita documentazione nella quale indicare distintamente, per categorie omogenee, la quantità e i valori dei beni facenti parte del patrimonio aziendale.

Nella seconda parte il documento si sofferma sui comportamenti da tenere per evitare salti o duplicazioni d’imposta nel passaggio al nuovo regime, in considerazione dell’applicabilità in quest’ultimo del principio di cassa anche per il reddito d’impresa.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata Fondazione nazionale commercialisti, il passaggio al regime forfetario

Riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni

Pubblica amministrazione: Ok dal Senato sul riordino

Approvato dal Senato il ddl n. 1577, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. La Riforma mira alla semplificazione vista come una riduzione dell'eccesso di regolazione di cui la pubblica amministrazione è afflitta. Ora il provvedimento passerà alla Camera dei deputati, per la seconda lettura.

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Approvato dal Senato il ddl n. 1577, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Il provvedimento, collegato alla manovra finanziaria, è articolato in quattro capi:

- il capo I riguarda le semplificazioni amministrative, - il capo II l'organizzazione,

- il capo III il personale,

- il capo IV la semplificazione normativa.

La Riforma mira alla semplificazione vista come una riduzione dell'eccesso di regolazione di cui la pubblica

amministrazione è afflitta. Il decreto delega il Governo ad adottare uno o più decreti per garantire la totale accessibilità on line alle informazioni e ai servizi della pubblica amministrazione e a riordinare la disciplina in materia di conferenza dei servizi.

Prevista altresì una riorganizzazione della Presidenza del Consiglio, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici e a riordinare funzioni e finanziamento delle camere di commercio.

In tema di lavoro con l'articolo 9 si sono riviste le norme sulla dirigenza pubblica in particolare, la dirigenza sarà articolata in ruoli unificati e coordinati, accomunati da requisiti omogenei di accesso e da procedure analoghe di reclutamento basate sul merito e la formazione continua e caratterizzate dalla piena mobilità tra i ruoli. I dirigenti privi di incarico, saranno posti in disponibilità e, alla scadenza di un certo tempo, decadranno dal ruolo unico. Inserito anche un termine temporale per gli incarichi dei dirigenti pubblici che avranno una durata di 4 anni rinnovabili senza procedura selettiva per altri due anni.

Con l’art 10 il decreto ha inteso promuovere orari di lavoro flessibili, mentre con l’art. 12 ha inserito la delega sulle azioni disciplinari verso i dipendenti pubblici, che come sanzione hanno il licenziamento. Nello stesso articolo si prevede la costituzione di un polo unico della medicina fiscale, le cui competenze saranno attribuite all’INPS.

Infine con gli articoli 13 e 14 il decreto reca criteri di semplificazione e deleghe in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche e riordino dei servizi pubblici locali di interesse economico generale.

Ora il provvedimento passerà alla Camera dei deputati, per la seconda lettura.

A cura della Redazione

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L’appello del CNDCEC

Revisione legale, Commercialisti in difesa dei controlli nelle SRL

In una nota il Consiglio nazionale dei commercialisti rivolge un appello al legislatore affinché mantenga inalterate le attuali soglie che sanciscono l’esenzione dall’obbligo di revisione legale nelle società a responsabilità limitata. I Commercialisti si pongono così in aperto contrasto rispetto alla posizione sostenuta da Assonime in risposta ad una consultazione avviata dal MEF sul recepimento della direttiva bilanci.

“Mantenere inalterate le attuali soglie che sanciscono l’esenzione dall’obbligo della revisione legale nelle società a responsabilità limitata, già sufficientemente depauperate dai recenti interventi legislativi che hanno abrogato l’ulteriore parametro legato al superamento del capitale sociale minimo stabilito per le società per azioni”. E’ questa, in estrema sintesi, la posizione che emerge in una nota diffusa ieri dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, con la quale la categoria si pone in aperto contrasto rispetto alle posizioni sostenute da Assonime in un documento di risposta alle consultazioni avviate dal MEF sul recepimento della direttiva 2013/34/UE (c.d. “Direttiva bilanci”).

Secondo Assonime, in particolare, le esigenze che giustificano la revisione legale sussistono in presenza di determinate caratteristiche dimensionali dell’impresa, oppure quando la stessa è obbligata alla redazione del bilancio consolidato, mentre viene proposto di eliminare l’obbligo di revisione per le società di piccole dimensioni non tenute alla redazione del consolidato che controllano una società obbligata alla revisione legale.

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Secondo il CNDCEC, invece, “è improponibile eliminare dal testo dell’art. 2477 c.c. la parte in cui si prevede la nomina obbligatoria dell’organo di controllo o del revisore legale delle SRL che controlla una società obbligata alla revisione legale”. Ciò in quanto, “l’inserimento di tale previsione nell’attuale formulazione dell’art. 2477 c.c.,origina dalla

considerazione che solitamente le SRL che esercitano il controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. sono di notevoli dimensioni e niente affatto assimilabili al modello descritto negli artt. 2462 e seguenti del codice civile”.

Revisione da estendere alle imprese di piccole dimensioni

Secondo i commercialisti, inoltre, “è oggettivamente giunto il momento di procedere alla riscrittura dell’art. 2477 del codice civile, purché lo si faccia in modo ragionevole”.

In quest’ottica – spiega il CNDCEC – l’art. 2 della nuova direttiva revisione (direttiva 2014/56/UE) consente agli Stati membri, attraverso la propria legislazione nazionale, l’individuazione delle tipologie di imprese da sottoporre all’obbligo di revisione in modo da ricomprendervi la categoria delle piccole imprese nel rispetto della libertà di opzione concessa dalla normativa comunitaria. Nulla vieta, pertanto, l’esercizio di tale opzione.

In particolare, prosegue la nota, “è necessario non confondere il corretto principio europeo del “think small first” con l’eliminazione di sistemi, quale quello della revisione legale dei conti, che sono generalmente riconosciuti come una salvaguardia sia delle piccole imprese sia di tutti i molteplici soggetti che con queste interagiscono”.

A cura della Redazione

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Dal 3 maggio 2015

Nuova territorialità per i servizi digitali e MoSS: il decreto in vigore

Dal 3 maggio 2015 sono entrate in vigore le novità comunitarie, recepite con il D.Lgs. n. 42 del 2015, che modificano la territorialità IVA dei servizi digitali, ora incentrata nel luogo di consumo, e consentono la definizione degli obblighi fiscali per tutte le citate prestazioni in ambito europeo nel Paese di identificazione. Il legislatore nazionale ha, altresì, esteso l’esonero dalla certificazione fiscale a tutti gli operatori che forniscono servizi TBES (telecomunicazione, broadcasting ed e-commerce) nei confronti di privati consumatori italiani.

di Gabriele Liberatore - Esperto tributario

Il D.Lgs. 31 marzo 2015, n. 42, è finalmente in vigore. L’Italia fa proprie le indicazioni europee e vara il documento definitivo a distanza di 5 mesi dalle modifiche apportate dalla direttiva n. 2008/8/CE alla disciplina dell’IVA:

- modificando la territorialità dei servizi digitali, ora rilevanti nel Paese di consumo,

- introducendo il regime speciale MoSS, che permette la definizione accentrata di alcuni obblighi per le prestazioni B2C ovunque fornite nella Comunità.

L’iter parlamentare è stato lungo ma proficuo. In primo luogo si è generalizzato, recependo le indicazioni della CNA, l’esonero dall’obbligo di certificazione fiscale, previsto inizialmente solo per il sistema speciale, a tutte le prestazioni effettuate verso “committenti che agiscono al di fuori dell’esercizio d’impresa, arte o professione” così come si è

rimediato ad una probabile svista prevedendo espressamente l’esclusione anche per i soggetti che hanno attivato il Mini sportello unico in un altro Stato membro (art. 74-septies, comma 4), ipotesi tralasciata nello schema.

Documento Data Situazione

Schema decreto legislativo 24 dicembre 2014 Esame preliminare del Governo 27 marzo 2015 Esame definitivo del Governo (con

modifiche)

D.Lgs. n. 42/2015 18 aprile 2015 Pubblicazione Gazzetta Ufficiale 3 maggio 2015 Entrata in vigore

A riguardo si deve comunque ricordare che il regolamento (UE) n. 282/2011, in particolare l’art. 63-quater, in vigore dal 1° gennaio, impone la tenuta di una contabilità “europea” dato che individua puntualmente sia le informazioni che le

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imprese che adottano il sistema MOSS devono conservare che le modalità di rilevazione.

Cause ostative “soggettive”: discrasia tra regime UE e non UE

Gli operatori che aderiscono al MOSS devono soddisfare determinati requisiti. Questi divergono in maniera apprezzabile a seconda che si adotti il regime UE o non UE. Mentre per i primi è possibile aderire al sistema speciale anche in presenza di identificazione spot negli altri Stati di consumo per il secondo metodo questa circostanza è causa ostativa rappresentando una preclusione assoluta.

Ciò determina che una società extracomunitaria che offra servizi digitali e effettui anche vendite di beni per corrispondenza verso consumatori privati non può aderire al MOSS.

Dal dettato letterale della disposizione si evince che detto principio è valido anche in presenza di una singola identificazione spot a fronte di transazioni di servizi digitali in tutti gli altri Stati membri.

Regime Requisito soggettivo Direttiva n. 2006/112/CE

Non UE “Soggetto passivo non stabilito nella Comunità”

Un soggetto passivo che non ha fissato la sede della propria attività economica né dispone di una stabile organizzazione nel territorio della Comunità né è tenuto altrimenti ad identificarsi ai fini dell’IVA.

art. 358-bis

UE “Soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di consumo”

Un soggetto passivo che ha fissato la sede della propria attività economica o dispone di una stabile

organizzazione nel territorio della Comunità ma non ha fissato la sede della propria attività economica né dispone di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato membro di consumo.

art. 369-bis

Provvedimenti emanati

L’art. 7, D.Lgs. n. 42/2015, rubricato “Disposizioni di attuazione”, prevede che il Direttore dell’Agenzia delle Entrate individui gli Uffici competenti per provvedere allo svolgimento dell’attività e dei controlli relativi al regime speciale MOSS.

Data/Prot. Contenuto Ufficio competente

30 settembre 2014, n.

122854/2014

Modalità operative per la

registrazione, ai fini dell’IVA, per il regime MOSS.

Il Centro Operativo di Venezia è preposto alle necessarie verifiche per l’identificazione ai fini MOSS dei soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea, non stabiliti né identificati in alcuno Stato membro dell’Unione.

23 aprile 2015, n.

56191/2015

Schemi di dati da trasmettere per via telematica ai fini dell’applicazione del regime speciale in materia di IVA (denominato Mini One Stop Shop) in tema di:

- registrazione (allegati A e C);

- dichiarazione trimestrale (allegati B e D)

La competenza delle attività di assistenza e liquidazione relativa ai rapporti con i soggetti MoSS è attribuita al Centro Operativo di Venezia.

Prospettive

La Commissione non nasconde la volontà di estendere il regime speciale anche ad altri settori, si pensi all’e-commerce indiretto. Anche se l’idea è in linea con la strategia proposta nel documento [COM(2010) 695] “Towards a simpler, more robust and efficient VAT system” e con le intenzioni dell’Unione che si è impegnata con lo Small Business Act a

rispettare il principio “pensare anzitutto in piccolo”, le insidie possono essere dietro l’angolo.

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Il MOSS agevola e semplifica le transazioni internazionali ma “accentra” gli obblighi di dichiarazione e versamento nel solo Paese di identificazione addossando su questo Governo il peso dell’accertamento delle operazioni ovunque prestate nel territorio comunitario. E’ noto che non tutti gli Stati membri garantiscono un livello adeguato di controllo così come non tutti hanno una politica fiscale trasparente, ciò implica che se non si equipara l’affidabilità tributaria dei Paesi

comunitari si rischierebbe una “comoda” allocazione dello sportello unico. Si pensi ad esempio a tutti i big del web che si sono stabiliti in Lussemburgo o in Irlanda.

Procedura di riscossione internazionale “immediata”

In tale direzione è stato introdotto un interessante sistema di riscossione rapida per i soggetti in regime MOSS che si rivelino “insolventi”.

Viene previsto che “[q]ualora l'Amministrazione finanziaria verifichi sulla base delle informazioni presenti al sistema informativo dell'anagrafe tributaria che il soggetto, non domiciliato o residente nel territorio dello Stato, non dispone di fonti di reddito o beni disponibili nel territorio nazionale, la riscossione delle somme contenute nell'avviso di accertamento di cui al comma 3 potrà essere chiesta direttamente ad uno Stato estero attraverso la cooperazione amministrativa per il recupero dei crediti ai sensi della direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010 o altri accordi sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei credili tributari comparabile a quella assicurala dalla direttiva 2010/24/UE, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo e senza l'affidamento in carico agli agenti della riscossione” (decreto IVA, articoli 54-quater, comma 4, e 54-quinquies, comma 4).

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Agenzia delle Entrate

Unico SC, SP, ENC, CNM e IRAP 2015 al restyling

Con un provvedimento del 30 aprile 2015, l’Agenzia delle Entrate ha approvato alcune modifiche alle istruzioni generali comuni ai modelli UNICO 2015 delle società e degli enti, nonché ai modelli di dichiarazione Unico SC, ENC, SP, Consolidato nazionale e mondiale e Irap relativi al 2015 comprese le relative specifiche tecniche.

Con provvedimento del 30 aprile 2015 (n. 60408), l’Agenzia delle Entrate ha approvato alcune modifiche alle istruzioni dei modelli di dichiarazione Unico 2015-ENC, Unico 2015-SC, Unico 2015-SP, Consolidato nazionale e mondiale (CNM 2015), Irap 2015 e alle istruzioni generali comuni ai modelli Unico 2015 delle società e degli enti, nonché ai modelli di dichiarazione Unico 2015-ENC, Unico 2015-SC e Unico 2015-SP, approvati con separati provvedimenti del 30 gennaio 2015.

Inoltre, con il presente provvedimento vengono approvate alcune modifiche alle specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati contenuti nei modelli Unico 2015-ENC, Unico 2015-SC, Unico 2015-SP, Consolidato nazionale e mondiale 2015 e Irap 2015, approvate con separati provvedimenti del 16 febbraio 2015.

Le modifiche alle istruzioni e ai modelli di dichiarazione si rendono necessarie per l’aggiornamento e la correzione di alcuni errori materiali riscontrati successivamente alla loro pubblicazione sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata Agenzia delle Entrate, provvedimento 30/04/2015, n. 60408

Il decreto attuativo della delega fiscale

Delega fiscale: come cambia la deducibilità degli interessi passivi

Ai fini del calcolo del ROL vanno considerati anche i dividendi relativi alle partecipazioni detenute in società non residenti che risultano controllate di diritto. Lo prevede il decreto recante misure per la crescita e

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l’internazionalizzazione delle imprese, che abroga anche la disposizione del TUIR in base alla quale, in caso di consolidato nazionale, la controllante-consolidante residente poteva considerare “virtualmente” partecipanti al regime anche le società estere controllate di diritto. Senza considerare i numeri sulla copertura/gettito collegati a tali modifiche, appare difficile valutare la convenienza o meno delle novità prevista dallo schema di decreto.

di Fabio Ghiselli - Dottore Commercialista e Revisore legale, Vice Presidente del CTF ANDAF

L’art. 4 della bozza di decreto legislativo recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese contiene alcune modifiche alla disciplina di cui all’art. 96 TUIR, sul quale si sono già scritti i primi commenti.

La prima modifica riguarda una parte centrale della normativa, quella che definisce il ROL (Reddito operativo lordo), inteso come la differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’art. 2425 c.c., escluse le voci di cui al n. 10, lettere a) e b) (ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali e materiali) e i canoni di locazione

finanziaria dei beni strumentali risultanti dal conto economico dell’esercizio. Per i soggetti che redigono il bilancio sulla base dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, si assumono le voci corrispondenti del conto economico.

Ebbene, il primo intervento, contenuto nel comma 1, lettera a), dispone che ai fini del calcolo del ROL vanno in ogni caso considerati anche i dividendi relativi alle partecipazioni detenute in società non residenti che risultano controllate di diritto, ex art. 2359, comma 1, n. 1, c.c..

Questa modifica riguarda tutti i soggetti cui si applica questa disciplina, quindi, le società industriali, commerciali e le c.d.

holding industriali, ossia quelle che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in società esercenti attività diversa da quella creditizia o finanziaria. Ne rimangono esclusi, quindi, i soggetti cui si applica la disciplina di cui al comma 5 dell’art. 96, ossia gli enti creditizi e finanziari (tra i quali rientrano le c.d. holding finanziarie), e in genere i soggetti finanziari indicati nell’art. 1, D.Lgs. n. 87/1992 (modificato e integrato da disposizioni successive).

La seconda modifica, evidentemente correlata alla prima, è contenuta nella lettera c) dello stesso comma 1, art. 4, dello schema di decreto, che abroga il comma 8 dell’art. 96. Questa disposizione prevedeva che qualora si fosse attivato il regime del consolidato nazionale, la controllante-consolidante residente potesse, quindi in via del tutto facoltativa, considerare “virtualmente” partecipanti a tale regime anche le società estere controllate di diritto ex art. 2359, comma 1, n. 1, aventi i requisiti e le specificazioni di cui agli articoli 120 e 132 TUIR.

Il coinvolgimento era appunto “virtuale”, limitato all’applicazione dell’art. 96 e alla determinazione degli interessi passivi deducibili, dal momento che la consolidante poteva utilizzare il 30% del ROL “libero” della controllata estera per dedurre le quote di interessi passivi propri o delle società consolidate residenti che, altrimenti, non avrebbero potuto essere dedotte. Per determinare la quota “libera” del ROL, la consolidante doveva applicare alla società estera la stessa disciplina di cui all’art. 96 (per una più specifica trattazione della normativa de qua, mi permetto di rinviare al mio scritto

“Gli interessi passivi”, in La fiscalità delle società IAS/IFRS, a cura di G. Zizzo, IPSOA, 2011, pag. 407 e ss.).

Senza considerare i numeri sulla copertura/gettito collegati all’art. 4 in commento, appare difficile valutare la convenienza o meno delle modifiche apportate dallo schema di decreto.

A parte la metodologia dell’intervento, che introduce un elemento strutturale obbligatorio e ne elimina uno facoltativo, in linea generale si possono fare le seguenti osservazioni.

In primo luogo, appare evidente che per sfruttare la posizione favorevole della controllata estera (quella con un teorico ROL “libero”), occorrerà per forza disporre la distribuzione di un dividendo: questo significa che il legislatore vuole indurre un rientro dei capitali dall’estero.

In secondo luogo, l’ingresso dei dividendi porterà un beneficio per l’erario considerato che dovranno scontare una tassazione in Italia almeno dell’1,375% (in regime pex).

In terzo luogo, il dividendo della società estera, entrando nel calcolo del ROL della controllante residente, potrà essere

“sfruttato” solo nella misura del 30%, per cui il suo beneficio rispetto all’utilizzo del 30% del ROL “virtuale” della società estera - dipenderà dalla sua dimensione numerica che, a sua volta, sarà subordinata alla misura delle componenti di costo e di ricavo non comprese nel ROL “virtuale”, quali

i) le voci del costo della produzione di cui ai nn. da 10 a 14, ii) i proventi e gli oneri finanziari lettera C),

iii) le rettifiche di valore di attività finanziarie lettera D),

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iv) i proventi e gli oneri straordinari lettera E), nonché le imposte dell’esercizio (o voci corrispondenti per i bilanci IAS/IFRS).

Non si può escludere a priori, quindi, che per avere un pari beneficio, si dovrà provvedere a distribuire un dividendo che integri l’utile di esercizio con una quota delle riserve di utili accantonati, qualora disponibili.

Non c’è dubbio, comunque, che una simile modifica normativa imporrà alle società di considerare attentamente il carico fiscale consolidato, di rivedere la pianificazione dei flussi finanziari e di valutare con attenzione gli effetti e la convenienza tra distribuire i dividendi delle società estere e riportare a nuovo gli interessi passivi non dedotti dal reddito delle società italiane.

Per completare un primo esame della nuova disciplina sugli interessi passivi, si ricorda che lo schema di decreto prevede altre modifiche all’art. 96 TUIR.

L’art. 4, comma 2, ha abrogato la disposizione contenuta nell’art. 3, comma 115, legge n. 549/1995 che prevedeva l’indeducibilità degli interessi passivi sulle obbligazioni emesse da società non bancarie e non finanziarie non quotate, eccedenti quelli corrispondenti al doppio del tasso ufficiale di riferimento (qualora le obbligazioni fossero state quotate), ovvero al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi (per quelle non quotate). Questa abrogazione ha

comportato la corrispondente eliminazione del riferimento normativo contenuto nell’art. 96, comma 6, che prevede la prioritaria applicazione delle regole di indeducibilità assoluta previste dalla stessa e da altre normative ad hoc.

Infine, l’art. 4, comma 4 ha modificato l’art. 1, comma 36, legge n. 244/2007 (Finanziaria per il 2008) che, accanto alla previsione di istituire una commissione di studio sulla fiscalità diretta e indiretta delle imprese immobiliari, disponeva l’esclusione dal vincolo di indeducibilità ex art. 96 TUIR, degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione.

L’intervento appare più stringente e in grado di generare un aggravio dell’onere fiscale per le imprese. Questo perché la norma del 2007, sulla quale interviene il legislatore, non conteneva alcun riferimento a una determinata tipologia di immobili e a una specifica categoria di attività, se non la condizione che fossero locati. Ciò comportava la deducibilità piena, senza alcuna limitazione derivante dall’art. 96, degli interessi “di finanziamento” riferibili alle acquisizioni di immobili qualificabili sia come beni “patrimoniali”, sia come beni “strumentali” sia, infine, come beni “merce”, laddove, beninteso, in armonia con i principi contabili nazionali e internazionali, non fossero stati capitalizzati.

Ora, invece, la deducibilità piena rimarrebbe circoscritta a quelle società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare, qualificate come quelle società il cui valore dell’attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentati per almeno i due terzi da canoni di

locazione.

Sulla base del testo approvato in Consiglio dei Ministri, le disposizioni entreranno in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2016.

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Domande fino al 19 luglio 2015

Conto termico, dal 20 maggio al via le iscrizioni ai registri

Dal 20 maggio fino al 19 luglio 2015, Amministrazioni pubbliche e soggetti privati (persone fisiche, condomini e soggetti titolari di reddito di impresa o di reddito agrario) potranno presentare domanda per iscriversi ai registri del Conto Termico per gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con sistemi dotati di pompa di calore o di generatori di calore alimentati a biomasse, con potenza termica nominale complessiva superiore a 500 kW e fino a 1 MW. La richiesta deve essere trasmessa esclusivamente per via telematica mediante l’applicazione informatica Portaltermico predisposta dal GSE.

di Bruno Pagamici - Dottore commercialista e pubblicista

Il GSE – Gestore dei Servizi Energetici - ha pubblicato, in data 20 aprile 2015, il bando 2015 per l'iscrizione ai registri del Conto Termico, di cui al DM 28 dicembre 2012.

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Tipologie di intervento per i quali è richiesta l’iscrizione ai registri L’iscrizione ai registri è obbligatoria per le seguenti categorie di intervento:

- la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale dotati di pompa di calore con potenza termica nominale complessiva superiore a 500 kW e fino a 1.000 kW (di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a, DM 28 dicembre 2012). Per le sole aziende agricole può essere incentivata, oltre alla sostituzione, anche l’installazione di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomassa;

- la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati a biomasse con potenza termica nominale complessiva superiore a 500 kW e fino a 1.000 kW (di cui all’articolo 4, comma 2, lettera b, DM 28 dicembre 2012).

La potenza termica nominale complessiva degli impianti (maggiore di 500 kW e inferiore o uguale a 1.000 kW) deve essere riferita al singolo edificio, unità immobiliare, fabbricato rurale o serra.

L’iscrizione ai registri è consentita per gli interventi ancora da realizzare.

Data di conclusione dell'intervento

Gli impianti iscritti ai registri in posizione utile devono essere conclusi entro 12 mesi, decorrenti dalla data di pubblicazione della graduatoria.

Eventuali ritardi saranno penalizzati con una decurtazione del 5% degli incentivi per ogni mese di ritardo, nel limite massimo di 6 mesi.

Superati i 6 mesi di ritardo, l’iscrizione al registro decade.

Unica eccezione si ha in caso di calamità naturali che siano attestate dall’Autorità competente.

Dotazione finanziaria

Per il 2015, il contingente di spesa annua messo a disposizione ammonta a 6,93 milioni di euro per gli interventi realizzati dalle Amministrazioni pubbliche e a 22,29 milioni di euro per gli interventi realizzati dai soggetti privati (persone fisiche, condomini e soggetti titolari di reddito di impresa o di reddito agrario).

Come specificato in una FAQ pubblicata dal GSE, il D.Lgs. 102/2014, entrato in vigore il 19 luglio 2014, all’art. 7, comma 6, lettera a), aggiorna il perimetro dei soggetti ammessi agli incentivi previsti dal DM 28 dicembre 2012, consentendo anche a Onlus, parrocchie, enti ecclesiastici e enti di culto in genere di accedere all’incentivazione, indipendentemente dall’essere titolari di redditi d’impresa o agrari.

Presentazione domande

La richiesta di iscrizione ai registri deve essere trasmessa dalle ore 9,00 del 20 maggio 2015 alle ore 21,00 del 19 luglio 2015, esclusivamente per via telematica mediante l’applicazione informatica Portaltermico predisposta dal GSE

(https://applicazioni.gse.it).

In tutti i giorni del periodo di apertura dei registri, ad eccezione dei giorni di apertura e di chiusura, l’applicazione è accessibile 24 ore su 24.

Possono richiedere l’iscrizione al registro i soli soggetti in possesso del titolo autorizzativo per la realizzazione e l’esercizio degli interventi oggetto delle agevolazioni.

In caso di comunicazione di dati inesatti, nel periodo di apertura del registro è possibile annullare una richiesta di iscrizione e presentarne una nuova.

Graduatoria

La graduatoria delle domande presentate, formata sulla base delle informazioni fornite dai soggetti, sarà redatta applicando, in ordine gerarchico, i seguenti criteri di priorità:

- minor potenza degli impianti;

- anteriorità del titolo autorizzativo/abilitativo;

- precedenza della data della richiesta di iscrizione al Registro.

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Nel caso in cui la disponibilità del contingente per l’ultimo intervento ammissibile sia minore della disponibilità residua è facoltà del soggetto richiedente accedere agli incentivi per la quota parte di spesa rientrante nel contingente.

Le graduatorie saranno pubblicate dal GSE entro 60 giorni dalla data di chiusura dei registri.

Dell’eventuale ammissione non sarà data comunicazione specifica ai soggetti responsabili partecipanti alla procedura.

Il GSE si riserva la possibilità di verificare in qualunque momento la veridicità e la correttezza delle informazioni dichiarate dai soggetti responsabili ed eventualmente decidere l’esclusione degli interventi dalle graduatorie.

L’esclusione può essere determinata anche dal mancato possesso dei requisiti per l’iscrizione, dal mancato rispetto dei termini o dall’incompletezza dei documenti richiesti.

L’intervento giudicato non idoneo all’iscrizione verrà escluso qualora la graduatoria non fosse stata ancora pubblicata.

Qualora invece in cui la pubblicazione fosse già avvenuta e gli elementi che determinano l’esclusione venissero riscontrati in un secondo momento, l’intervento perderebbe il diritto di ricevere gli incentivi.

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Investimenti per la sicurezza sul lavoro

Bando INAIL Isi: domande fino al 7 maggio per partecipare al click-day

Conto alla rovescia per le imprese che intendono partecipare al bando INAIL ISI 2014: le domande potranno essere inserite o modificate, con modalità telematica, solo fino alle ore 18.00 del 7 maggio 2015. Dopo questa scadenza partirà l’iter per giungere al click-day, previsto a giugno 2015. Intanto, dall’8 maggio 2015 le imprese potranno avviare gli investimenti su cui richiedono il contributo, ovviamente senza alcuna certezza sull’ottenimento dello stesso. Tra gli interventi finanziabili, la bonifica dell’amianto, la sostituzione di macchinari con altri più sicuri e l’adozione di sistemi di gestione per la sicurezza.

di Roberto Lenzi - Studio R.M.

Sono ormai rimasti pochi giorni alle imprese per preparare la domanda telematica di partecipazione al bando INAIL ISI 2014 che riserva oltre 267 milioni di euro di risorse per le imprese che investono nel miglioramento della sicurezza dei lavoratori.

L’ora “x” scatterà alle 18.00 del 7 maggio 2015 e da quel momento in poi non sarà più possibile inserire domande o modificare le domande già inserite.

Sarà una data significativa anche per le imprese che hanno fretta di avviare gli investimenti, poiché dal giorno successivo venerdì 8 maggio 2015 potranno essere versati acconti, avviati i lavori e/o acquistati i beni su cui l’azienda richiederà il contributo dell’INAIL.

Sono finanziabili una vasta gamma di interventi per migliorare la sicurezza dei lavoratori che vanno, a titolo di esempio, da progetti di bonifica dell’amianto, a sostituzione di macchinari con altri più sicuri, all’adozione di sistemi di gestione per la sicurezza.

Scadenza alle 18 del 7 maggio 2015

Fino alle ore 18:00 del 7 maggio 2015, le imprese potranno procedere alla compilazione della domanda on-line per la realizzazione di un progetto di investimento oppure per progetti per l'adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale. La compilazione può essere effettuata in più riprese avendo però cura di salvare quanto inserito in bozza, ma dopo le ore 18:00 del 7 maggio 2015 le domande salvate non saranno più modificabili.

Registrazione al portale dell’INAIL

Per accedere alla procedura di compilazione della domanda è necessario che l’impresa sia in possesso di un codice ditta registrato negli archivi INAIL. Le imprese non soggette ad obbligo assicurativo che ne siano sprovviste potranno iscriversi cliccando sull’etichetta “Registrati” collocata in alto a destra nella home page del portale www.inail.it e

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selezionando la voce “Registrazione utente generico”. Le imprese che non hanno mai utilizzato i servizi telematici dell’INAIL possono iscriversi al portale utilizzando il codice PIN1 reperibile sul certificato di iscrizione all’INAIL.

Click-day a giugno 2015

A partire dal 12 maggio 2015 le imprese la cui domanda salvata in precedenza abbia raggiunto o superato la soglia minima di ammissibilità prevista di 120 punti, potranno accedere all'interno della procedura informatica per il download del proprio codice identificativo che le identificherà in maniera univoca.

La stessa procedura, mediante un'apposita funzionalità, rilascerà un documento contenente tale codice che dovrà essere custodito dall'impresa ed utilizzato nel giorno dedicato all'inoltro telematico. Qualora il documento in questione venga smarrito, sarà possibile accedere in procedura per il nuovo download. Le imprese potranno inviare attraverso lo sportello informatico la domanda di ammissione al contributo, utilizzando il codice identificativo attribuito alla propria domanda e ottenuto mediante la procedura di download. Le date e gli orari dell’apertura e della chiusura dello sportello informatico per l’invio delle domande, saranno pubblicati sul sito www.inail.it a partire dal 3 giugno 2015, per cui il click-day avverrà presumibilmente entro la fine del mese di giugno 2015.

Le date potranno essere differenziate, per ambiti territoriali, in base al numero di domande pervenute ed alla loro distribuzione territoriale.

Le regole tecniche per l’inoltro delle domande on line saranno pubblicate sul sito www.inail.it almeno una settimana prima della data di apertura dello sportello informatico. Il codice identificativo, dopo l’invio telematico della relativa domanda, sarà annullato dallo sportello informatico e pertanto non sarà più utilizzabile. Lo sportello informatico collocherà le domande in ordine cronologico di arrivo sulla base dell’orario registrato dai sistemi informatici INAIL.

Al termine di ogni singola registrazione l’utente visualizzerà un messaggio che attesta la corretta presa in carico dell’invio.

Contributo fino a 130 mila euro

Il contributo, in conto capitale, è pari al 65% delle spese ammesse, calcolato sulle spese sostenute al netto dell’IVA. In ogni caso, il contributo massimo erogabile è pari a 130 mila euro, mentre il contributo minimo ammissibile è pari a 5 mila euro. Per le imprese fino a 50 dipendenti che presentano progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di

responsabilità sociale non è fissato il limite minimo di contributo.

Contributo in regime “de minimis”

Dal 1° luglio 2015 gli aiuti “de minimis” devono obbligatoriamente sottostare al nuovo regolamento UE n. 1407/2013.

Questo determina soprattutto che per i raggruppamenti di imprese è entrata in vigore la norma che prevede un unico massimale di 200 mila euro per tutte le imprese facenti parte del gruppo.

Il tetto massimo di aiuti per 200 mila euro nel triennio continuerà ad applicarsi alla singola impresa solo se non facente di un gruppo.

Chi ha già ottenuto il contributo non può fare domanda

Le imprese che hanno ottenuto, seguito della verifica amministrativa e tecnica della documentazione a conferma della domanda online, il provvedimento di ammissione al contributo per uno degli Avvisi pubblici INAIL 2011, 2012 o 2013 per gli incentivi alle imprese per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro non possono

presentare una nuova domanda.

Attenzione al DURC

Le imprese devono dichiarare di essere in regola con gli obblighi assicurativi e contributivi di cui al Documento Unico di Regolarità Contributiva (D.U.R.C.). In caso contrario, l’unica possibilità è l’applicazione di quanto previsto dall’articolo 31 del D.L. n. 69/2013 conv. da L. n. 98/2013, con particolare riferimento ai commi 8 e 8bis relativo all’invito alla regolarizzazione e pagamento diretto agli Enti previdenziali e assicurativi e alla Cassa edile di quanto dovuto per le inadempienze contributive accertate.

Avvio possibile dall’8 maggio 2015

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