• Non ci sono risultati.

MICROZONAZIONE SISMICA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "MICROZONAZIONE SISMICA"

Copied!
88
0
0

Testo completo

(1)

Aprile 2015

Relazione illustrativa

Rocca San Giovanni (CH)

Comune di

MICROZONAZIONE SISMICA

REGIONE ABRUZZO

Tecnico incaricato: Geol. Caterina Vellante Collaboratore: Geol. Francesca Fonticoli

Validazione del Tavolo Tecnico MZS

Data

(2)

1

INDICE

1. Introduzione pag. 1

2. Definizione della pericolosità di base e degli eventi di riferimento pag. 3 3. Assetto geologico e assetto geomorfologico dell’area pag. 13

3.1 Assetto geologico dell’area pag. 13

3.2 Assetto geomorfologico dell’area pag. 19

4. Dati geotecnici e geofisici pag. 27

5. Modello del sottosuolo pag. 33

6. Interpretazioni e incertezze pag. 36

7. Metodologie di elaborazione e risultati pag. 38

8. Elaborati cartografici pag. 65

8.1 Carta delle Indagini pag. 65

8.2 Carta Geologico-Tecnica pag. 66

8.3 Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica e delle

Frequenze di Risonanza pag. 76

9. Confronto con la distribuzione dei danni degli eventi passati

(cenni sulla storia urbanistica del territorio comunale di Rocca S.Giovanni) pag. 79 10. Analisi dei rapporti tra la carta delle M.O.P.S. e lo strumento urbanistico pag. 81

11. Bibliografia pag. 83

ALLEGATI

Carta degli affioramenti - scala 1:10.000;

Carta delle Indagini - scala 1: 5.000;

Carta Geologico-Tecnica - scala 1: 5.000;

Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica e delle Frequenze di Risonanza - scala 1: 5.000.

(3)

1. INTRODUZIONE

Nell’ambito del programma pluriennale (2010-2016) in materia di prevenzione del rischio sismico, all’interno del quale rientrano gli studi di microzonazione sismica (MZS) da effettuarsi sul territorio regionale, in base a quanto disposto dall’Ordinanza n. 3907 del 13.11.2010 e D.G.R. n. 474 del 24.06.2013, è stato affidato alla scrivente da parte dell’Amministrazione Comunale di Rocca San Giovanni (CH), l’incarico per lo studio di Microzonazione Sismica di livello 1, tramite il Disciplinare di Incarico Professionale stipulato tra il Comune, Ente Attuatore, e la sottoscritta, Soggetto Realizzatore, in data 28.02.2014. In qualità di collaboratrice, con anzianità inferiore a 5 anni di iscrizione all’Ordine dei Geologi della Regione Abruzzo al momento della stipula dell’incarico, figura la Dott.ssa Geol. Francesca Fonticoli - Via Dante 34, 65015 Montesilvano (PE).

Lo studio di cui sopra, è stato realizzato, in accordo con l’A.C., in un’area che comprende il centro abitato del Capoluogo ed alcune frazioni o contrade, come Foce, Lappeto, Perazza, Piane Favaro, Puncichitti, San Giacomo, Santa Calcagna, Tagliaferri, Vallevò, Vetiche, per un territorio di circa 9 km2 su circa 21 km2 del territorio comunale totale, così come presentato nella relazione preliminare (Fig. 1.1).

L’obiettivo è stato quello di redigere la Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica (M.O.P.S.), ovvero di individuare e classificare, sulla base delle risultanze della Carta Geologico-Tecnica, le zone del territorio comunale che presentano caratteristiche geologiche predisponenti alle amplificazioni e alle instabilità sismiche; lo studio, di primo livello, che potrà essere utilizzato anche per indirizzare le future scelte pianificatorie, è stato realizzato rispettando quelli che sono i requisiti richiesti dalla Regione Abruzzo - Dip. Protezione Civile per gli studi di MZS:

• “Indirizzi e criteri per la microzonazione sismica” redatti dal Dipartimento della Protezione Civile ed approvati il 13 novembre 2008 dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome;

• “Microzonazione sismica per la ricostruzione dell’area aquilana”, redatto dal D.P.C. e dalla Regione Abruzzo a seguito dell’evento sismico del 2009;

• “Standard di rappresentazione cartografica e archiviazione informatica”- Specifiche tecniche per la redazione degli elaborati cartografici ed informatici relativi al livello 1 delle attività di microzonazione sismica - versione 1.2 - Regione

(4)

Abruzzo - Gruppo di lavoro per le attività di microzonazione sismica (art. 5

comma 3 o.p.c.m. n. 3907/2010 e art. 6 comma 1 o.p.c.m. n. 4007/2012) - L’Aquila - 30 luglio 2012 (di seguito ”Linee guida”);

“Microzonazione sismica - Standard di rappresentazione e archiviazione informatica” – Versione 3.0 - Commissione Tecnica per la microzonazione sismica (art. 5 comma 7 dell’OPCM 3907/2010) – Roma – Ottobre 2013.

Nell’ambito del presente studio sono stati prodotti i seguenti elaborati cartografici:

- Carta degli affioramenti, in scala 1: 10.000;

- Carta delle Indagini, in scala 1: 5.000;

- Carta Geologico - Tecnica, in scala 1: 5.000;

- Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica (MOPS) e Frequenze di Risonanza, in scala 1: 5.000.

Fig.1.1 Aree urbane/urbanizzabili oggetto di studio

(5)

2. DEFINIZIONE DELLA PERICOLOSITA’ DI BASE E DEGLI EVENTI DI RIFERIMENTO

In riferimento alle nuove N.T.C. (Norme Tecniche per le Costruzioni, introdotte con il Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008), la sollecitazione sismica sulle costruzioni viene stimata a partire da una “pericolosità sismica di base” di un sito, definita dalla probabilità che, in un fissato lasso di tempo, in detto sito si verifichi un evento sismico di entità almeno pari ad un valore prefissato. Tale lasso di tempo, espresso in anni, è denominato “periodo di riferimento” VR e la probabilità è denominata “probabilità di eccedenza o di superamento nel periodo di riferimento” PVR.

La pericolosità sismica viene definita in termini di accelerazione massima orizzontale attesa ag, in condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido (categoria A) con superficie topografica orizzontale (T1), e di ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad esso corrispondente Se(T), in determinato periodo di riferimento VR, con riferimento a prefissate probabilità di eccedenza PVR.

Ai fini di questa normativa, le forme spettrali vengono definite sulla base dei valori dei seguenti parametri su sito di riferimento orizzontale:

• ag accelerazione orizzontale massima al sito;

• F0 valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale;

• Tc periodo di inizio del tratto a velocità costante nello spettro in accelerazione orizzontale.

I valori di accelerazione orizzontale massima ag e dei parametri che permettono di definire gli spettri di risposta ai sensi delle NTC, riferibili a condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale, possono essere calcolati genericamente per il territorio del comune di Rocca San Giovanni mediante il software

“Spettri-NTC” messo a disposizione dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (tab.

2.1).

Con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 Marzo 2003 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’08 Maggio 2003), sono stati emanati criteri di nuova classificazione sismica, basati in particolare sull’analisi della probabilità che un determinato territorio venga interessato, in un certo intervallo di

(6)

tempo solitamente pari a 50 anni, da un evento sismico che superi una determinata soglia di intensità e/o magnitudo.

La classificazione sismica italiana, aggiornata al 2014, attribuisce a ciascun comune una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali l’intero territorio nazionale è stato riclassificato, e che sono (fig. 2.1):

• ZONA 1 - zona più pericolosa, dove possono verificarsi forti terremoti;

• ZONA 2 – zona in cui possono verificarsi terremoti abbastanza forti;

• ZONA 3 – zona soggetta a scuotimenti modesti;

• ZONA 4 – zona meno pericolosa, le possibilità di danni sismici sono basse.

A ciascuna zona, inoltre, è stato attribuito un valore dell’azione sismica utile in chiave di progettazione, valore espresso in intervalli di accelerazione (ag), con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni:

• ZONA 1 – ag < 0.25

• ZONA 2 – 0.15 < ag ≤ 0.25

• ZONA 3 – 0.05 < ag ≤ 0.15

• ZONA 4 – ag ≤ 0.05

Nel caso specifico, il Comune di Rocca San Giovanni rientra in zona 3 (zona soggetta a scuotimenti modesti), anche in base

Fig. 2.1 Classificazione simica italiana 2012 Tab. 2.1 Valori dei parametri ag, Fo, TC* per i periodi di ritorno TR di riferimento in un sito generico nel Comune di Rocca San Giovanni (fonte: Spettri-NTC da Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici).

(7)

all’ultimo aggiornamento del 2014. La permanenza nella suddetta categoria è riepilogata nella tabella seguente:

Codice ISTAT

2001

Denominazione

Categoria secondo la classificazione

precedente (Decreti fino al

1984)

Categoria secondo la proposta del

GdL del 1998

Zona ai sensi dell’OPCM 3274 (2003)

Classificazione sismica comuni italiani (2014)

13069074 Rocca San

Giovanni N.C. III 3 3

Gli studi di pericolosità vengono impiegati soprattutto nelle analisi territoriali e regionali finalizzate alle zonazioni (pericolosità di base per la classificazione sismica) o microzonazioni (pericolosità locale), ovvero a individuare le aree a scala comunale che, in occasione di scuotimenti sismici, possono essere soggette a fenomeni di amplificazione, e quindi fornire indicazioni utili per la pianificazione urbanistica.

L’approccio alla valutazione della pericolosità può essere di due tipi:

deterministico: studio dei danni osservati in occasione di eventi sismici che hanno interessato storicamente un sito, ricostruendo gli scenari di danno per andare a stabilire la frequenza con cui si sono ripetute nel tempo scosse di uguale intensità;

probabilistico: probabilità che in un dato intervallo di tempo si verifichi un evento con assegnate caratteristiche; il metodo più utilizzato è quello di Cornell, che prevede di individuare nel territorio zone responsabili degli eventi sismici (zone sismogenetiche), di quantificare il loro grado di attività sismica e calcolare gli effetti provocati da tali zone sul territorio in relazione alla distanza dall’epicentro.

Per ricostruire la sismicità storica del territorio comunale sono stati reperiti gli eventi sismici dal Catalogo parametrico, il CPTI11, che comprende tutti i terremoti avvenuti tra l’anno 1000 ed il 2006 (fonte: http:// emidius. mi.ingv.it/CPTI11/).

(8)

Fig. 2.2 Eventi sismici dal 1000 al 1899 tratti dal Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI11 (fonte: http://emidius.mi.ingv.it/CPTI11/), e riportati sulla mappa interattiva. In rosso il Comune di Rocca San Giovanni.

Nelle successive mappe vengono riportati tali eventi: nella prima a fianco quelli dal 1000 al 1899 (Fig. 2.2) e nell’altra

gli eventi dal 1900 al 2006 (Fig.

2.3).

Per il periodo successivo al 2006, le informazioni sono ricavabili dal catalogo di sismicità

strumentale ISIDE

(http://iside.rm.ingv.it/iside/standar d/index.jsp), nel quale sono stati ricercati gli eventi sismici avvenuti dal 2006 ad oggi, con Magnitudo maggiore di 2.5, ed epicentro ad una distanza massima di 100 km da Rocca San Giovanni.

Tra questi terremoti sono presenti quelli relativi allo sciame sismico aquilano del 2009, ed inoltre si osserva come tali eventi

sono prevalentemente

superficiali, con profondità epicentrali inferiori ai 20 km e con distanze comunque superiori ai 40-50 km dal territorio comunale in studio (Fig. 2.4).

Fig. 2.3 Eventi sismici dal 1900 al 2006 tratti dal Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI11 (fonte: http://emidius.mi.ingv.it/CPTI11/), e

(9)

Dal collegamento tra i precedenti Cataloghi, e soprattutto in relazione al CPTI11, è stato realizzato il DBMI11, Database Macrosismico Italiano versione 2011, contenente i dati di intensità relativi a 1681 terremoti che fanno parte di CPTI11. Da questo database (fonte: http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11/), sono stati estrapolati, attraverso la consultazione per località, gli eventi sismici più significativi che hanno interessato il territorio del Comune di Rocca San Giovanni, caratterizzando quindi la sua storia

Fig. 2.4 Localizzazione eventi sismici dal 2006 ad oggi, con Magnitudo > 2.5 e distanza massima di 100 Km da Rocca San Giovanni, tratti dal catalogo di sismicità strumentale ISIDE (http://iside.rm.ingv.it/iside/standard/ index.jsp). Terremoti totali: 1369.

(10)

sismica; tali eventi sono riportati nella seguente tabella 2.2, con relativo diagramma di intensità.

Storia sismica di Rocca San Giovanni [42.250, 14.466]

Numero di eventi: 8

Effetti In occasione del terremoto del:

I[M Data Ax N Mw

4-5 1984 05 07 17:49 Appennino abruzzese 9 5.89 ±0.09

4 1987 07 03 10:21 PORTO SAN GIORGIO 3 5.09 ±0.09

NF 1990 05 05 07:21 Potentino 1 5.80 ±0.09

3-4 1992 02 18 03:30 ABRUZZO COSTIERO 7 4.27 ±0.14

4 1997 09 26 09:40 Appennino umbro-marchigiano 8 6.01 ±0.09

4 2002 11 01 15:09 Subapp. Dauno 6 5.72 ±0.09

3-4 2003 06 01 15:45 Molise 5 4.50 ±0.09

NF 2006 05 29 02:20 Promontorio del Gargano 3 4.63 ±0.09

La figura 2.5 mostra la carta della pericolosità sismica del territorio nazionale espressa in termini di accelerazione massima del suolo, a partire da zone sismogenetiche note, che presentano valori di accelerazione maggiori (Fonte: INGV Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia).

Tab. 2.2 Storia sismica di Rocca San Giovanni in tabella e in diagramma (fonte: http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11/).

(11)

Fig. 2.5 Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale Fonte www.ingv.it

Per quanto riguarda la pericolosità sismica su reticolo di riferimento nell’intervallo di riferimento, viene fornita dai dati pubblicati sul sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (http://esse1.mi.ingv.it/). Il territorio del Comune di Rocca San Giovanni presenta valori di accelerazioni di picco orizzontali del suolo compreso tra 0,075

< ag < 0,100, come mostrato nella Fig.

2.6.

Fig. 2.6 Valori di pericolosità sismica espressi in termini di accelerazione massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10%

in 50 anni riferita a suoli rigidi di Categoria A (riferimento O.P.C.M. 3519 del 2006, All. 1b). Fonte: www.ingv.it.

(12)

Inoltre, in base alla mappa di zonazione sismogenetica aggiornata ZS9 (Fig. 2.7), elaborata da un Gruppo di Lavoro I.N.G.V. per la redazione delle mappe di pericolosità sismica, come riferimento per la maggior parte delle valutazioni di pericolosità sismica dell’area italiana, che si basa sulle informazioni delle sorgenti sismogenetiche relative alle faglie attive italiane (a tale mappa vengono associate le probabilità di occorrenza dei terremoti per diverse magnitudo), il territorio del Comune di Rocca San Giovanni non ricade all’interno di nessuna delle Zone Sismogenetiche che presentano una magnitudo caratteristica (Mwmax).

La disaggregazione della pericolosità sismica (es. McGuire, 1995; Bazzurro e Cornell, 1999) è un’operazione che consente di valutare i contributi di diverse sorgenti sismiche alla pericolosità di un sito. La forma più comune di disaggregazione è quella bidimensionale, espressa in magnitudo e distanza (M-R) che permette di definire il contributo di sorgenti sismogenetiche a distanza R capaci di generare terremoti di magnitudo M. Espresso in altri termini il processo di disaggregazione in M-R fornisce il terremoto che domina lo scenario di pericolosità (terremoto di scenario) inteso come l’evento di magnitudo M a distanza R dal sito oggetto di studio che contribuisce maggiormente alla pericolosità sismica del sito stesso. Analogamente alla disaggregazione in M-R è possibile definire la disaggregazione tridimensionale in M-R-ε dove ε rappresenta il numero di deviazioni standard per cui lo scuotimento (logaritmico) devia dal valore mediano predetto da una data legge di attenuazione dati M ed R (Spallarossa e Barani, 2007).

In base alla disaggregazione dei valori di accelerazione orizzontale di picco su suolo rigido (ag) con probabilità di superamento del 10% in 50 anni (Spallarossa e Barani, 2007), sono stati ottenuti i valori medi e modali di magnitudo e di distanza per

Fig. 2.7 Zonazione sismogenetica ZS9 (Fonte:

http://zonesismiche.mi.ingv.it/).

(13)

ciascun comune, attribuendo i valori massimi dei punti della griglia che ricadono all'interno del territorio comunale, oppure i valori del punto della griglia più vicino al confine comunale, così come fornito dal sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (http://esse1.mi.ingv.it/) – v. Fig. 2.8.

Per il Comune di Rocca San Giovanni si ottiene la griglia di disaggregazione M-R riportata nella sovrastante Fig. 2.8, in cui è mostrato anche il contributo percentuale alla pericolosità; da essa si evince che il contributo maggiore alla pericolosità sismica di questo territorio è dato da terremoti di magnitudo compresa tra 4.5 e 5.5 con epicentro atteso ad una distanza compresa tra 10 e 20 km; eventi con magnitudo maggiore sono attesi progressivamente a distanze maggiori e con contributi via via minori; nella tabella a destra è riportato il valore medio di magnitudo e distanza tra tutti quelli presenti nella griglia ed anche il relativo numero di deviazioni standard ε.

A tal proposito, si introduce di seguito (Fig. 2.9) la Carta della sismicità e delle strutture attive alla base del Quaternario (Rif. Ispra, Carta geologica dei Mari italiani, Foglio NK 33-5 Pescara), in cui si evidenziano, attraverso i relativi meccanismi focali, le caratteristiche delle principali faglie attive nelle aree circostanti il territorio in studio, che presentano un orientamento prevalentemente NW-SE con tipologia inversa; d'altra parte si osservano, in particolare, due strutture in prossimità della linea di costa con orientamento e tipologia praticamente opposte alle precedenti descritte.

Valori medi

Magnitudo Distanza Epsilon

5.830 39.800 1.400

Fig. 2.8 Valori di pericolosità sismica espressi in termini di accelerazione massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni riferita a suoli rigidi di Categoria A (riferimento O.P.C.M. 3519 del 2006, All. 1b) e valori di PGA su griglie di disaggregazione della pericolosità. Fonte: www.ingv.it.

(14)

Fig. 2.9 Carta della sismicità e delle strutture attive alla base del Quaternario, tratta dalla Carta geologica dei Mari italiani Foglio NK 33-5 Pescara. Fonte: ISPRA.

(15)

3. ASSETTO GEOLOGICO E ASSETTO GEOMORFOLOGICO DELL’AREA

3.1 ASSETTO GEOLOGICO DELL’AREA

Il territorio comunale di Rocca San Giovanni (Fig. 3.1), esteso per circa 21 km2, è collocato nella fascia costiera abruzzese, con quote variabili da pochi metri s.l.m. a circa 200 m s.l.m.. E' delimitato a Nord dal F.sso San Tommaso, che segna il confine comunale con il territorio di San Vito Chietino, a Sud dal F.sso San Biagio, che lo separa dal territorio di Fossacesia, mentre ad Ovest confina con i Comuni di Treglio e di Lanciano.

L’area oggetto di studio rientra nel Foglio Est della Carta Geologica dell’Abruzzo di Vezzani e Ghisetti, scala 1:100.000, e nei fogli 148 “Vasto” e 147 “Lanciano” del Sevizio Geologico d’Italia, scala 1:100.000.

Si tratta del settore geologico più esterno relativo all’evoluzione orogenica dell’Appennino Centrale, che si è prolungata fino a tempi molto recenti; la storia della sua tettogenesi è schematizzabile, da fine Miocene al Pleistocene superiore, da una sorta di ciclo tettonico cui partecipano quattro principali unità: margine tirrenico, catena, avanfossa, avampaese. La costruzione della catena è avvenuta, quindi, per accavallamenti successivi a vergenza prevalentemente orientale attraverso piani di scivolamento a basso e bassissimo angolo. La costante evoluzione neogenica con migrazione del sistema orogenico catena, avanfossa, avampaese è testimoniata anche

Fig. 3.1: panoramica del centro abitato di Rocca San Giovanni dal versante Sud.

(16)

dai sedimenti torbiditici e silicoclastici di avanfossa che hanno età più recenti spostandosi verso la fascia adriatica. Con il termine avanfossa, si intende un bacino interposto tra una catena montuosa (gli Appennini nel nostro caso) e la piattaforma stabile dell’avanpaese (il Mare Adriatico centrale) dove la subsidenza è meno elevata rispetto a quella dell’avanfossa (Ori et alii, ibidem).

Il territorio in esame comprende la successione plio-pleistocenica (Fig. 3.2) del bacino periadriatico ubicata pochi chilometri ad Est del fronte sepolto delle unità alloctone derivanti dal bacino lagonegrese-molisano (Mostardini & Melrini, 1986). A partire dal Pliocene medio la fascia compresa tra il bordo orientale della catena appenninica e la costa adriatica, soggetta in precedenza a subsidenza differenziata, subisce un sollevamento che risulta maggiore lungo il bordo appenninico, di circa 550 m, e minore verso la costa adriatica, compresa tra 130 e 30 m (Dramis,1992). Durante il sollevamento i depositi plio-pleistocenici vengono basculati sia verso Nord che verso ESE.

Tutta la fascia costiera compresa tra Pescara e Casalbordino è stata soggetta a forte abbassamento durante il Pleistocene inferiore, mentre dal Pleistocene medio si è verificato un intenso sollevamento (Consiglio Nazionale delle Ricerche,1987). Le evidenze di questi movimenti sono testimoniate da elementi geologici e morfologici, come inclinazione ed immersione degli strati, asimmetria dei depostiti alluvionali lungo i corsi d'acqua, valli e reticoli fluviali asimmetrici, meandri abbandonati, terrazzi marini e fluviali, ecc.

Fig. 3.2: schema strutturale del settore esterno abruzzese; fonte: note illustrative foglio 361 “Chieti”

CARG Carta Geologica d’Italia .

(17)

Evidenze di una tettonica locale post-orogenica sono rappresentate da sistemi di faglie normali con andamento WSW-ENE, SW-NE e N-S, alcune ubicate in corrispondenza di alcuni corsi d'acqua principali.

L’evoluzione pre-, sin- e tardo-orogenica termina con successioni conglomeratiche di transizione dal marino al continentale al tetto della successione marina plio- pleistocenica. In particolare, nel territorio in studio si riscontrano i sedimenti clastici del Pleistocene inferiore-medio, depositati con un trend generale shoaling upward; essi sono composti dal basso verso l'alto, da peliti, sabbie e ghiaie (Fig. 3.3). I depositi pelitici basali non si osservano mai in affioramento perché i versanti sono costantemente coperti da coperture e frane; inoltre dai sondaggi e dai lavori di scavo eseguiti durante la realizzazione del nuovo tracciato ferroviario tra Ortona e Casalbordino, si è dedotto che il passaggio dalle peliti basali alle sovrastanti sabbie avviene gradualmente attraverso una litofacies pelitico-sabbiosa, il cui spessore raggiunge il massimo di 80-90 m nei pressi della zona di F.sso San Giovanni (Chiocchini & Giorelli, 1994).

Fig. 3.3: schema della successione litostratigrafica del territorio in esame (a sinistra tratto da Chiocchini & Giorelli, 1994, a destra tratto da Chiocchini et alii, 2006).

(18)

La Formazione di Mutignano rappresenta la successione marina del Pliocene superiore-Pleistocene inferiore; i suoi termini sono riferibili ad ambienti che vanno dall'offshore allo shoreface e la loro organizzazione verticale individua un chiaro trend di progradazione degli ambienti deposizionali verso le aree bacinali, con tendenza al colmamento del depocentro plio-pleistocenico. Lo spessore affiorante della formazione, anche se non nel territorio in studio, è valutabile in almeno 200 m. Mostra al suo interno variazioni di facies e di spessore, discordanze angolari e lacune sedimentarie, legate essenzialmente alla tettonica sinsedimentaria.

A partire dal basso verso l'alto (vedi Fig. 3.3) è costituita da depositi basali pelitici di ambiente da infraneritico ad epibatiale, entro cui sono intercalati, a varie altezze stratigrafiche, orizzonti sabbiosi, talora a geometria lenticolare, seguiti da depositi pelitico-sabbiosi di facies di transizione della sequenza denominata Qm in Fig. 3.3 (livello 7 nella sezione di Fig. 3.4), caratterizzati prevalentemente da limi argillosi e sabbie fini, che contengono resti vegetali con diverso grado di conservazione fino a

Fig. 3.4: tratto della sezione stratigrafica realizzata nell'area tra Ortona e la stazione ferroviaria di Casalbordino (Chiocchini et alii, 2006).

(19)

carbonioso, ed anche, in alcune zone, intercalazioni di corpi lenticolari di sabbie fini e limi grigi (livello 7a nella sezione di Fig. 3.4); a seguire verso l'alto si riscontrano i depositi sabbiosi della sequenza Qm1 in Fig. 3.3 (livelli 6 nella sezione di Fig. 3.4), costituite in prevalenza da sabbie gialle con una granulometria medio-fine, ben classate, in strati da medi a spessi, con lamine piane o incrociate a basso angolo oppure si presentano intensamente bioturbate.

I depositi pelitico-sabbiosi della sequenza Qm possono essere riferiti ad un ambiente neritico di piattaforma la cui età dovrebbe essere compresa tra il Pliocene superiore sommitale e l'Emiliano (Cantalemessa et alii, 1986); il loro spessore non è stato valutato con esattezza perché non sono visibili in affioramento, ma in generale da dati di sottosuolo potrebbe, in alcuni punti, essere maggiore di 100 m (Chiocchini et alii, 2006). Sono separati dai sovrastanti depositi della sequenza Qm1 da una marcata superficie di discontinuità, che ha un andamento piuttosto articolato ma è seguibile per molti chilometri (almeno 29 km della sezione stratigrafica di Fig. 3.4); esiste inoltre una discordanza angolare di circa 7° tra i depositi Qm1 ed i sottostanti della sequenza Qm, dovuta probabilmente a episodi di tettonica sinsedimentaria, a loro volta collegati alle fasi tettoniche compressive ed al sollevamento delle strutture ubicate ad Ovest dell'area in esame (Chiocchini et alii, 2006). L'attività tettonica è continuata anche durante la deposizione della sequenza Qm1, come è testimoniato dalla presenza di una ulteriore discordanza angolare di circa 5° presente al suo interno tra le sabbie gialle e i depositi pelitico-sabbiosi intercalati (Bigi et alii, 1995).

All'interno della sequenza Qm1 sono state individuate almeno sei superfici principali di unconformity, che sono ben evidenti dove sono associate ad un netto contrasto di facies, come nella zona tra il Torrente Feltrino e il F. Sangro, che comprende l'area in studio. Le sabbie gialle sono infatti associate a depositi di spiaggia, caratterizzate da facies di battigia alternate a facies di spiaggia sommersa, con presenza di conglomerati o di peliti verdastre di ambiente fluvio-deltizio. Lo spessore totale di questa sequenza è stimata tra 10 e 60 m e l'età è riferita al Pleistocene inferiore (Siciliano, da Chiocchini et alii, 2006).

I depositi di chiusura del ciclo sedimentario presenti al tetto della successione danno origine a corpi tabulari debolmente immergenti verso E-NE, che sono costituiti prevalentemente da ghiaie e conglomerati riferibili ad un ambiente di transizione da

(20)

marino a continentale (CANTALAMESSA et alii, 1986; BIGI et alii, 1995; 1996). Tale successione è rappresentata dalla sequenza Qc in Fig. 3.3 (livelli 5 nella sezione di Fig.

3.4), costituiti dai sedimenti ruditici (ghiaie e ciottoli calcarei, con contenuto in matrice variabile); il contatto con le sottostanti sabbie è brusco secondo una superficie di unconformity che risulta fortemente ondulato (si rinviene a quota 90 m s.l.m. tra il T.

Feltrino e Valle Grande, sale a quota 100 m s.l.m. fino al F.sso san Giovanni-F. Sangro, per poi scendere a 85-60 m s.l.m.).

Lo spessore delle ghiaie e dei conglomerati varia da pochi metri a circa 35 m e l'ambiente di sedimentazione è fluvio-deltizio, l'età è Pleistocene medio-superiore (Bigi et alii, 1997). Le ghiaie sono costituite in prevalenza da ciottoli e ciottoli grossolani di calcari mesozoici con forme per lo più lamellari embriciate, sferiche e sferiche allungate;

la matrice sabbiosa può essere scarsa e a luoghi sono presenti livelli cementati con litotipi conglomeratici o intercalazioni di corpi lenticolari di sabbie gialle o di arenarie medio-grossolane; inoltre dati del sottosuolo indicano che nelle ghiaie si intercalano corpi lenticolari di peliti di colore grigio-verde, che contengono resti vegetali carbonizzati, resti di paleosuoli rossastri e patine di ossidazione.

Da una correlazione con le successioni stratigrafiche riportate sulle carte geologiche d'Italia del Progetto CARG, in particolare del vicino Foglio "Vasto" 372, le varie sequenze sopra descritte (Fig. 3.4) possono essere rapportate a specifiche formazioni, che ne rispecchiano le caratteristiche litostratigrafiche, di età e di ambiente deposizionale.

La sequenza sommitale Qc può essere associata alla formazione delle “Argille e conglomerati di Ripa Teatina”, una successione di transizione che crea estesi plateau o può mostrarsi, localmente, con forme canalizzate e caoticizzate, la cui genesi è con molta probabilità da attribuire a slumpings sottomarini, testimonianze dell’approssimarsi della linea di costa.

Le associazioni di cui si compone la Formazione di Mutignano corrispondono alle altre sequenze sopra descritte, in particolare l'associazione sabbioso-conglomeratica (FMTd) può essere correlata alla sequenza Qm1, mentre quella sabbioso-pelitica (FMTc) alla sequenza Qm dei depositi pelitico-sabbiosi di transizione; infine l'associazione pelitico-sabbiosa (FMTa) corrisponderebbe ai depositi pelitici basali (Fig.

3.3).

(21)

Inoltre nel territorio sono presenti depositi olocenici che testimoniano una dinamica geologica molto attiva e sono caratterizzati da coltri di depositi di frana e di depositi eluvio-colluviali interessanti sia i versanti interni che la fascia costiera.

L’assetto geologico e tettonico sopra descritto si esplica, a livello locale, con la presenza di terreni di età plio-pleistocenica e quaternaria, che vengono distinti in Unità Geologiche Marine – U.G.M. (depositi marini e di transizione) e Unità Geologiche Continentali – U.G.C. (depositi continentali). Tra le Unità Geologiche Marine, rilevate nel territorio in studio, sono presenti, quindi, la Formazione delle Argille e Conglomerati di Ripa Teatina (unità di transizione dal marino al continentale) e l'associazione sabbioso- conglomeratica (FMTd) della Formazione di Mutignano; le altre associazioni di quest'ultima, quelle sabbioso-pelitica (FMTc) e pelitico-sabbiosa (FMTa), non affiorano quasi mai nell'area in studio, ma sono state intercettate attraverso i sondaggi geognostici.

Le Unità Geologiche Continentali presenti corrispondono a:

• Depositi di frana (fra);

• Depositi antropici (ant);

• Coltre eluvio colluviale (col).

Tutte le U.G.M. e le U.G.C. saranno dettagliatamente descritte al Cap. 8.2.

3.2 ASSETTO GEOMORFOLOGICO DELL’AREA

L’assetto geomorfologico del territorio comunale di Rocca San Giovanni è caratterizzato, in generale, da una serie di valli profonde e aree di cresta sub- pianeggianti, che si attenuano con l’avvicinarsi della linea di costa; in particolare, è stato possibile effettuare una ripartizione del territorio in aree che presentano caratteristiche morfologiche simili:

• aree pianeggianti: comprendono tutte le aree sommitali e alle quote più elevate del territorio comunale (massima quota 210 m s.l.m.), che costituiscono ampi ripiani a sviluppo tabulare allungate secondo direzioni preferenziali NE-SW, delimitate dalle diverse incisioni, e la porzione terminale delle valli del fosso Valle Cupa, del fosso Valle Carburo e del Torrente Fontanelli. Queste zone si distinguono per le basse pendenze. Anche il centro abitato del capoluogo è

(22)

collocato su uno stretto ripiano tabulare, a quota circa 155 m s.l.m., delimitato a Sud dal F.sso Valle Cupa e a Nord dal F.sso Rocca San Giovanni;

• aree di impluvio: caratterizzate dalla presenza di torrenti e fossi che incidono profondamente i rilievi sommitali e comprendono le valli generate dai corsi d’acqua, a diverso grado di evoluzione, ed i versanti che li contraddistinguono, con pendenze e scarpate medio-alte, lungo le quali si sono instaurati i principali processi geomorfologici;

• area costiera: comprende tutta la porzione di territorio che si identifica come la fascia costiera recente; infatti, è compresa tutta l’area che va dalle falesie poste a monte della S.S. Adriatica fino alla linea di costa.

Nella porzione più interna del territorio comunale, l’elemento geomorfologico predominante è la scarpata, distinta tra scarpate di frana e scarpate di erosione fluviale, per lo più ad alto angolo, le quali delimitano le principali incisioni torrentizie e le aree di cresta pressoché sub-pianeggianti e si riscontrano, quindi, lungo la parte alta delle valli generate dai corsi d’acqua che incidono le litologie prevalentemente argilloso-sabbiose.

L’erosione di tipo lineare costituisce, infatti, uno dei processi geomorfologici più attivi nel territorio comunale; a tale processo si associa l’evoluzione degli argini che, spesso, presentano angoli elevati (>60°-70°), pertanto vengono rilevati locali processi gravitativi che interessano limitate porzioni collocate in prossimità del ciglio o lunghi i fronti delle scarpate ad alto angolo; ciò determina l’evoluzione laterale del fosso e rappresenta una potenziale situazione di pericolo delle aree pianeggianti limitrofe.

Sono assenti veri e propri corsi d’acqua, in quanto il reticolo idrografico è contraddistinto da fossi e torrenti, con incisione più o meno evoluta che, frequentemente, costituiscono delle vie di drenaggio in cui vengono convogliate le acque piovane provenienti dalle aree di cresta; il deflusso è tipicamente stagionale, con presenze idriche limitate a periodi distinti da particolare piovosità.

Tra i principali corsi d’acqua si menzionano a partire da nord: Fosso S. Tommaso, Torrente Fontanelli, Fosso Valle Carburo, Fosso Valle Cupa e il Fosso S. Biagio, al limite comunale sud.

All’interno del territorio comunale si individuano n.2 bacini idrografici principali, che confluiscono in un’unica ampia valle in prossimità della foce:

(23)

• a nord il bacino Valle Grande, che comprende dall'interno F.sso Fontanelli, il F.sso Scarafaglie, il F.sso Novella, e numerose ramificazioni di limitata lunghezza;

• a sud il bacino relativo al F.sso Valle Cupa, che comprende il F.sso Valle Carburo, il F.sso Rocca San Giovanni, il F.sso Callarone e varie piccole ramificazioni.

Nel complesso il territorio di Rocca San Giovanni è caratterizzato da versanti interessati, diffusamente, dalla presenza di più o meno estesi fenomeni franosi. Dal punto di vista dell'evoluzione geomorfologica dell'area, la franosità rappresenta indubbiamente l'aspetto più importante perché i movimenti di versante sono numerosi, distinguibili in attuali o vecchi (paleofrane), presenti sia lungo i versanti prospicienti i corsi d'acqua, che, soprattutto, lungo la fascia costiera.

Sono spesso il risultato dell'erosione delle sabbie e delle ghiaie sommitali, i cui prodotti formano lungo i versanti una copertura detritica che tende ad obliterare i depositi pelitici basali e localmente è soggetta a lenti movimenti verso il basso. Tale copertura risulta facilmente imbevuta di acqua con conseguente scadimento delle caratteristiche fisico-meccaniche, che la conducono ad uno stato precario, poco resistente agli effetti di eventuali opere ed interventi antropici.

Gli aspetti morfologici di tali movimenti sono (Cancelli et alii, 1984), in prevalenza, i seguenti: le zone in frana mostrano una notevole estensione laterale, spesso risultante dalla coalescenza di più frane singole; le scarpate principali si presentano arcuate con pareti sub-verticali nelle sabbie e nelle ghiaie; le zone di accumulo si estendono fino al mare o invadono il letto dei corsi d'acqua.

Gli aspetti cinematici generali di queste frane variano in base all'ubicazione delle stesse; lungo le incisioni dei fossi, infatti, il movimento è brusco perché connesso a repentini crolli a causa dell'erosione dei corsi d'acqua. I dissesti che si riscontrano lungo la fascia costiera, invece, sembrano dovuti ad un primo movimento che interessa le peliti basali, successivamente si vengono a sviluppare verso monte rotture progressive che provocano spostamenti anche nelle parti alte dei versanti; questi fenomeni causano lo scivolamento verso il basso di una parte dei ripiani sommitali delle colline, con formazione di strutture a graben, mentre la parete originaria si continua a muovere in maniera prevalentemente orizzontale; durante gli scivolamenti, il movimento del detrito

(24)

lungo il pendio causa instabilità e l'estendersi della rottura progressiva, determinando l'arretramento della parete e l'allargamento del graben (Chiocchini et alii, 2006).

In merito alle problematiche relative ai movimenti franosi presenti sul territorio comunale, l'analisi viene intrapresa a partire dagli inquadramenti riportati sulle cartografie del Progetto IFFI (ISPRA-Regione Abruzzo) (Fig. 3.5) e su quelle del vigente Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico dei bacini regionali abruzzesi (P.A.I.) (Fig.

3.6).

Nello specifico, i dissesti più estesi ed importanti si concentrano, come già indicato, lungo gli impluvi principali (Valle Grande), ma soprattutto lungo i versanti prospicienti la fascia costiera (Località Vallevò e zona di Punta Cavalluccio).

Nella cartografia del progetto IFFI (Fig. 3.5) si osserva che quasi tutti i dissesti riscontrati sul territorio comunale, sia sulla costa che all'interno, sono classificati come scivolamenti rotazionali/traslativi; a Punta Cavalluccio si riporta, diversamente, un'ampia area soggetta a crolli e ribaltamenti. Nella carta geomorfologica P.A.I. (Fig. 3.6) gli

Fig. 3.5: stralcio territorio in studio Progetto IFFI (ISPRA, Regione Abruzzo).

(25)

stessi dissesti, con perimetri leggermente diversi, sono classificati in varie tipologie di frana, da scorrimenti rotazionali o traslativi a versanti interessati da deformazioni superficiali lente o a frane complesse; lo stato di attività riportato è in prevalenza quiescente.

Fig. 3.6: stralcio Carta Geomorfologica P.A.I.- Fogli 362-o e 362-e (Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico dei bacini di rilievo regionale abruzzesi).

(26)

La zona di Punta Cavalluccio è caratterizzata dalla presenza di molte scarpate sia di frana che morfologiche, con pareti sub-verticali, caratterizzate da conglomerati e sabbie-arenarie, che possono dar luogo a fenomeni da crollo; ma sono anche presenti fenomeni di scorrimenti a valle delle stesse scarpate. Questa, così come le altre forme di instabilità geomorfologica di natura gravitativa presenti nel territorio comunale saranno descritte al Cap. 8.2 e sono le seguenti:

• frane di scorrimento rotazionale (in stato quiescente, non attivo);

• deformazioni superficiali lente (in stato attivo);

• frane complesse (in stato quiescente, in stato attivo).

Un maggiore approfondimento viene invece affrontato per quanto riguarda il movimento franoso o più esattamente i vari movimenti gravitativi di versante in atto lungo la costa in Località Vallevò. L'area in dissesto si colloca a valle del Piano dei Marchi, un esteso terrazzo marino, a luoghi profondamente inciso da corsi d'acqua a regime per lo più torrentizio, caratterizzato a livello stratigrafico da depositi ghiaiosi- conglomeratici sommitali poggianti su depositi sabbioso-arenacei; nella zona di valle il versante si presenta meno acclive e con morfologia più irregolare.

L'area di Vallevò è interessata ed è stata interessata anche in tempi non recenti da vasti movimenti che hanno comportato vari problemi non solo al centro abitato presente lungo la costa ma anche alle strade principali e alla linea ferroviaria; alla luce dei rischi presenti nella zona è stato effettuato nel febbraio 2011 un sopralluogo da parte del CNR-IRPI, dal quale è derivata una relazione tecnica comprensiva di indagine foto- geologica e di una carta inventario degli elementi di dissesto riscontrati in quella fase (Fig. 3.7). L'indagine effettuata ha evidenziato l'esistenza di tre classi di frane, distinte sulla base della loro dimensione ed età relativa: frane presumibilmente molto antiche, frane presumibilmente antiche, frane attive e/o in evoluzione nel 1954.

L'analisi della carta inventario (Fig. 3.7) permise di riscontrare l'esistenza in località Vallevò Prima, di un'estesa area in frana, con scarpate associate spesso a trincee e contropendenze, caratterizzata da uno scivolamento profondo di tipo rotazionale. Questo esteso movimento era interessato da un successivo scivolamento rotazionale retrogressivo il cui piede raggiungeva la S. S. n. 16 Adriatica. Sia nell'area di scarpata che nell'area di accumulo, il tratto di versante era interessato da frane superficiali di tipo colata o da scivolamenti superficiali in evoluzione nel 1954.

(27)

Fra le località Vallevò Prima, a SE, e Vallevò,a NO, era stata individuata un'estesa area di frana molto antica che è stata interessata successivamente da scivolamenti rotazionali retrogressivi; alla base della cornice sommitale conglomeratica sono state mappate due frane in evoluzione nel 1954 del tipo scivolamento - colata e scivolamento superficiale. Inoltre lungo il tratto di versante sul quale si sviluppa l'abitato di Vallevò sono state identificate frane di tipo scivolamento, di varie dimensioni. Nella parte alta del versante è presente un impluvio impostato in una trincea, riconducibile al graben e alla scarpata di una frana molto antica. Verso valle sono state evidenziate scarpate e trincee meno pronunciate che corrispondono ad un'area in frana di tipo scivolamento multiplo (Relazione tecnica CNR-IRPI).

In sintesi, l'area di Vallevò è stata sottoposta a successive fasi nell'ambito dell'evoluzione geomorfologica del versante; l'orlo del terrazzo su cui sorge località Piano dei Marchi è bordata da una profonda trincea che drena verso il mare le acque

Fig. 3.7: carta inventario di Loc. Vallevò - Allegato 2 alla Relazione tecnica del CNR-IRPI - febbraio 2011 (realizzata attraverso l'interpretazione visiva di fotografie aeree stereoscopiche riprese nel 1954).

(28)

provenienti dalla superficie del terrazzo; a valle di questa trincea sono presenti più generazioni di scarpate concave verso valle, a dimostrazione di un unico movimento pregresso nel tempo; inoltre si sono sviluppati in tempi più recenti movimenti franosi più superficiali di dimensioni ridotte e di vario tipo, come colate, scivolamenti traslativi o rotazionali, presenti più a valle e che lambiscono in alcuni casi la S.S. 16 Adriatica.

Sono stati proposti negli anni vari tipi di interventi mirati a ridurre le condizioni di pericolosità locali e a mitigare il rischio da frana in C.da Vallevò, in considerazione del fatto che nell'area sono presenti edifici destinati a civile abitazione e a servizi, come ristoranti e trattorie, oltre ad arterie viarie importanti, come la nuova linea ferroviaria e la S.S. 16 Adriatica. Sono state previste e, solo in parte realizzate, opere di sostegno, quali palificate, finalizzate ad aumentare la resistenza locale al franamento, e varie tipologie di opere idrauliche per la regimazione delle acque superficiali, al fine di migliorare e controllare il deflusso e limitare lo sviluppo o la riattivazione di fenomeni erosivi locali.

(29)

4. DATI GEOTECNICI E GEOFISICI

Per quanto riguarda le indagini geognostico-tecniche si fa riferimento agli studi messi a disposizione dall’Amministrazione comunale, in particolare allo studio geologico realizzato nel 2009 dalla ditta Geoprogetti, a supporto dello strumento urbanistico vigente (Piano Regolatore Esecutivo), e da ulteriori altri lavori, realizzati da colleghi nell’ambito dell’attività edilizia privata e pubblica svolti all’interno del territorio comunale oggetto di studio di MZS di Livello 1. Nello specifico, le indagini geognostiche provengono anche dalla relazione geologica realizzata a supporto dei "Lavori di consolidamento del movimento franoso in C.da Vallevò" e dagli studi geologici eseguiti durante la realizzazione del nuovo tracciato ferroviario tra Ortona e Casalbordino (Chiocchini & Giorelli, 1994, Chiocchini et alii, 1994 per la galleria Moro).

Nell’ambito dei dati geotecnici, gli elementi pregressi raccolti ed archiviati nel presente studio derivano da indagini geotecniche del tipo:

- prove penetrometriche dinamiche superpesanti DPSH;

- prove SPT in foro;

- analisi di laboratorio su campioni indisturbati (solo nella fascia costiera).

In primo luogo, dall’esame dei risultati dei sondaggi e dalla loro correlazione con i rilevamenti geologici, si ottiene la stratigrafia media geologico-tecnica del territorio comunale, che però viene distinta in due schemi stratigrafici differenti, riportati nelle tabelle di seguito 4.1 e 4.2, una rappresentativa della zona interna, che comprende il centro del capoluogo, Loc. Piano Favaro, l'area artigianale commerciale e la zona di nuova urbanizzazione ad Ovest, e l'altra rappresentativa della fascia costiera.

AREAINTERNACOMPRESOILCAPOLUOGO

STRATO LITOLOGIA SPESSORE

(m)

SIGLE RA1 DPC2 1 - Copertura superficiale Terreno vegetale o/e materiale di riporto

e/o coltri eluvio-colluviali variabile PT/RI E6 SM 2 - Ghiaie e conglomerati

clasto-sostenuti (Formazione delle Argille e Conglomerati di Ripa Teatina)

Ghiaie e conglomerati, con clasti di piccolo e medio diametro, di colore biancastro

giallino, non sempre ben cementate, moderatamente addensate

da pochi metri a max 35

C1 GR

3 – Sabbie ed arenarie gialle medio-fini (Associazione

Sabbie e sabbie limose debolmente

cementate o arenarie deboli, di colore da 5-10 m ad un

C3 GRS/

(30)

sabbioso-conglomeratica FMTd della F.ne Mutignano)

giallastro, a grana medio-fine, addensate o molto addensate

massimo di 35- 40 m

GR

Tabella 4.1: stratigrafia schematica media geologico-tecnica del territorio interno di Rocca San Giovanni.

(1 Codici di riferimento Linee Guida Regione Abruzzo.)

(2 Codici di riferimento di MS2012 del Dipartimento Protezione Civile nazionale.)

FASCIACOSTIERA

STRATO LITOLOGIA SPESSORE

(m)

SIGLE RA1 DPC2 1 - Copertura superficiale Terreno vegetale o/e

materiale di riporto

Da 0,0 a circa

2,00 m PT/RI

2 - Coltri eluvio-colluviali spesso alterati

Limi sabbiosi e sabbie limose alterate, scarsamente addensate e con incluso

ghiaietto sparso (costituiscono in prevalenza i corpi di frana) oppure limi

argillosi e sabbiosi poco consistenti

da pochi metri a max 10 m

F3 ML

3 – Limi argillosi alternati a limi sabbiosi (Associazione sabbioso-pelitica FMTc della F.ne Mutignano)

Limi sabbiosi e sabbie limose e argillose, di

colore nocciola, mediamente consistenti da pochi metri a 30-70 m

4 Argille limose (Associazione pelitico- sabbiosa FMTa della F.ne Mutignano)

Argille limose e sabbiose grigiatre, con intercalazioni sabbiose ed arenacee, da

mediamente a molto consistenti.

-

Tabella 4.2: stratigrafia schematica media geologico-tecnica della fascia costiera di Rocca San Giovanni.

(1 Codici di riferimento Linee Guida Regione Abruzzo.)

(2 Codici di riferimento di MS2012 del Dipartimento Protezione Civile nazionale.)

Durante la campagna di indagini per la realizzazione del nuovo tracciato della linea ferroviaria tra Ortona e Casalbordino, sono state eseguite quasi 70 perforazioni di sondaggio, in particolare per gli scavi delle gallerie, integrate con prove S.P.T. e con prelievo di campioni indisturbati su cui sono state effettuate analisi di laboratorio. Dai risultati delle prove S.P.T. realizzate su ghiaie e prevalentemente su sabbie (dai sondaggi per la galleria Moro realizzati a Nord dell'area in studio) si evince che si tratta di terreni molto addensati, con valori di N> 50. In tabella 4.3 si riportano i valori del numero di colpi N della prova S.P.T. nei fori di sondaggio, tratto dallo studio geologico di Chiocchini et alii, 1994.

(31)

Tabella 4.3: valori del numero di colpi N della Standard Penetration Test (SPT) nei fori di sondaggio realizzati per lo studio geologico relativo allo scavo della galleria Moro (tratto da Chiocchini et alii, 1994). La elevata profondità di esecuzione di tali prove comporta di considerare i risultati con cautela.

Per quanto riguarda le prove di laboratorio, esse sono state realizzate prevalentemente su campioni prelevati all'interno della sequenza caratterizzata dai depositi pelitico-sabbiosi (associazione sabbioso-pelitica FMTc); di seguito, in tabella 4.4, sono riportati i valori medi dei parametri geotecnici significativi (tratto dallo studio geologico di Chiocchini et alii, 1994).

Tabella 4.4: valori medi dei parametri geotecnici significativi; tra parentesi il numero di dati mediato per ogni parametro tra tutti quelli ottenuti dalle analisi di laboratorio realizzate sui campioni indisturbati prelevati nei fori di sondaggio per lo scavo della galleria Moro (tratto da Chiocchini et alii, 1994).

(32)

Le analisi granulometriche indicano che si tratta di limi argillosi con contenuto in argilla variabile dal 25 al 67% ed in sabbia dal 4 al 40%.

Analizzando nell'insieme tutti i dati a disposizione, anche i risultati delle varie prove penetrometriche dinamiche DPSH, delle altre prove S.P.T. in foro, variamente distribuite sul territorio comunale e delle analisi di laboratorio realizzate in particolare su campioni prelevati in Loc. Vallevò, si riportano di seguito (tabelle 4.5 - 4.6) i valori geotecnici mediati riferiti alle stratigrafie geologico-tecniche ricostruite e riportate nelle tabelle precedenti 4.1 - 4.2:

AREAINTERNACOMPRESOILCAPOLUOGO STRATO Peso unitario di

volume (kN/m3)

Fi (°) Cu (MPa) Dr (%)*

STRATO1 18 - 19 18 - 22 0,00 – 0,04 20 - 30

STRATO2 19 – 20 27 - 32 0,00 – 0,00 50 - 60

STRATO3 20,5 – 21 30 - 45 0,00 – 0,00 60 - 70

Tabella 4.5: range di parametri geotecnici relativi alla stratigrafia schematica media del territorio interno di Rocca San Giovanni riportato nella tabella 4.1.

* Dato, riferito alla densità relativa, influenzato da valutazioni soggettive.

FASCIACOSTIERA STRATO Peso unitario di

volume (kN/m3)

Fi (°)* C’ (MPa) Cu (MPa)

STRATO1 18 - 19 18 - 21 0,01 – 0,02 0,02 – 0,05

STRATO2 18 – 19 22 - 24 0,01 – 0,04 0,02 – 0,06

STRATO3 19 – 21 24 - 26 0,02 – 0,06 0,04 – 0,20

STRATO4 19 - 20 26 - 27 0,06 - 0,08 0,10 - 0,15

Tabella 4.6: range di parametri geotecnici relativi alla stratigrafia schematica media della fascia costiera di Rocca San Giovanni.

riportato nella tabella 4.2.

Le caratteristiche idrogeologiche sono direttamente influenzate dall’assetto stratigrafico, ed in particolare la presenza di formazioni con alto grado di permeabilità, come i banchi di ghiaie ed arenarie e sabbie, interrotte da strati meno permeabili (sabbie limose o argillose addensate) favorisce il crearsi di possibili falde sospese la cui

(33)

entità dipende direttamente dalle precipitazioni. I livelli della falda, riscontrati in alcuni dei sondaggi a disposizione, presentano quote molto superficiali, anche di pochissimi metri dal piano campagna, tuttavia non si può essere certi, dato il numero esiguo di dati puntuali, che i livelli di acqua misurati corrispondano univocamente a vere e proprie falde freatiche, ma potrebbero essere temporanei accumuli al tetto di livelli meno permeabili.

Per quanto riguarda la circolazione idrica sotterranea, in generale, la situazione idrogeologica è abbastanza semplice, dato che si riconosce un acquifero composto dalle ghiaie a permeabilità elevata e dalle sabbie a permeabilità medio-bassa; tale acquifero è sostenuto da un acquiclude costituito dai depositi pelitico-sabbiosi e dalle peliti basali; lo spessore del complesso ghiaie-sabbie e la configurazione morfologica dell'area non consentono l'accumulo di corpi idrici rilevanti. L'idrogeologia del sottosuolo diventa, talora, complessa all'interno dei depositi pelitico-sabbiosi e pelitici, che contengono livelli sabbiosi con presenza di corpi idrici, che possono dare origine a più falde sovrapposte (Chiocchini & Giorelli, 1994).

Nell’ambito dei dati geofisici sono state acquisite le informazioni, di carattere puramente indicativo, contenute all'interno dello studio geologico-geotecnico, realizzato dalla ditta Geoprogetti ad integrazione del nuovo P.R.E., in cui vengono classificate sismicamente le diverse unità geologiche presenti come appartenenti tutte alla categoria di suolo C (in base ai valori generali degli NS.P.T., compresi tra 15 e 50), con Vs30 compreso tra 180 e 360 m/s, tranne che i depositi colluviali, i quali avendo caratteristiche geomeccaniche più scadenti, ricadono in categoria di suolo D (con Vs30 <

180 m/s).

Tra le indagini pregresse, si ha a disposizione un solo stendimento sismico di tipo M.A.S.W. realizzato in Loc. Vallevò (tratto dalla relazione geologica realizzata a supporto dei "Lavori di consolidamento del movimento franoso in C.da Vallevò"), il cui modello sismico del sottosuolo ottenuto, riportato di seguito (Fig. 4.1), evidenzia che le Vs dei diversi sismostrati raggiungono al massimo il valore di 330 m/s e che velocità

>800 m/s vengono raggiunte in questo singolo caso oltre i 16 m di profondità dal p.c..

In base, quindi, ai seppur pochi dati sismici raccolti dagli studi geologici a diposizione, si evince che le unità di substrato geologico affioranti, presenti nel territorio

(34)

del Comune di Rocca San Giovanni, non hanno velocità delle onde sismiche di taglio tali da poter essere considerate anche substrato sismico (Vs > 800 m/s).

A supporto del presente studio, sono state effettuate n. 7 misurazioni HVSR, che hanno fornito valori delle frequenze di risonanza e delle relative ampiezze, indispensabili per la stesura della carta delle frequenze di risonanza. Per le metodologie di elaborazione e i relativi risultati si rimanda al capitolo 7.0.

Fig. 4.1: modello sismico del sottosuolo, in cui si riportano i valori di Vs e densità e lo spessore di ogni sismostrato, ottenuti dall'indagine sismica tipo M.A.S.W. realizzata nell'ambito dello studio geologico a supporto dei "Lavori di consolidamento del movimento franoso in C.da Vallevò" di Geol. D. Pelliciotta e Ing. B. Bianco.

(35)

Rocca San Giovanni

225

125 275

175

100 150 200 250 300

I’

NE

I

m s.l.m. 100 150 200 250 SW 300

125 175 225 275

FMT -C3d FMTc

FMTc/FMTa RPT-C1

S3

S9 S8 S10

ant-G

II - II’

5. MODELLO DEL SOTTOSUOLO

Nella ricostruzione del modello di sottosuolo, ci si è avvalsi dei dati di superficie dedotti durante il rilevamento geologico, integrati dalle informazioni stratigrafiche, e non, acquisite dalle indagini, principalmente di tipo geognostico, realizzate sul territorio comunale esaminato e riepilogate nell’allegata Carta delle Indagini.

Le diverse unità litologiche che, in generale, rappresentano i litotipi di base dell’intero territorio comunale, fanno riferimento alle associazioni appartenenti alla Formazione di Mutignano e alla formazione delle Argille e conglomerati di Ripa Teatina, sovrapposte da unità litotecniche eluvio-colluviali, di riporto antropico, o di movimenti franosi.

Le aree urbanizzate e/o urbanizzabili oggetto del presente studio di MZS sono caratterizzate in sostanza dalle stesse unità geologiche di substrato, con sovrastanti unità di copertura variabili sia in senso areale che in spessore.

L’assetto litostratigrafico locale, schematizzato nelle tabelle 4.1-4.2 del precedente capitolo, dove si tiene conto della litologia e della distribuzione spaziale dei litotipi, viene rappresentato nelle seguenti sezioni geologiche, in cui si evidenziano anche i rapporti geometrici tra le diverse unità, in modo da meglio definire i modelli geologici di sottosuolo dell’area in studio.

Figura 5.1: sezione geologico-tecnica longitudinale, che attraversa il centro abitato di Rocca San Giovanni, da SW verso NE.

Dalla sezione sovrastante I-I’ (Fig. 5.1), che attraversa il centro abitato di Rocca San Giovanni in direzione NE–SO, si evidenzia che il substrato presente è appartenente alla Formazione di Mutignano, caratterizzato dall’associazione sabbioso- conglomeratica (FMTd), in assetto giaciturale monoclinalico, chiuso al tetto con contatto erosivo dalla Formazione delle “Argille e Conglomerati di Ripa Teatina” (RPT), una successione di transizione di cui rimangono i lembi estesi dei plateau sommitali.

(36)

II

NW

Rocca San Giovanni I - I’

125 175

75 50 100 150 200

II’

SE

FMT -C3d FMT -C3d

FMTc RPT-C1 Col-E6-II RPT-C1

Col-E6-II Col-E6-II

RPT-C1 RPT-C1

100 150 200

7 5 12 5 17 5

m s. l. m. 50

Zona industriale/commerciale

fra

125 175

75 100 150 200

III’

SE RPT-C1

Col-E6-II RPT-C1

III

m s.l.m.

NW

FMT -C3d FMT -C3d

FMTc 100

150 200

75 125 175

Le associazioni sabbioso-pelitica (FMTc) e pelitico-sabbiosa (FMTa) della F.ne Mutignano, pur non affioranti quasi mai nell’area studiata, vengono rappresentate al di sotto dell’associazione FMTd, così come riscontrato nei sondaggi geognostici (soprattutto quelli ubicati in prossimità o all’interno della fascia costiera, oltre che dai dati bibliografici (Chiocchini et alii, 2006)).

Lo spessore che caratterizza la formazione delle Argille e Conglomerati di Ripa Teatina è modesto, al massimo di circa 30-35 m, mentre il membro sabbioso- conglomeratico FMTd varia da 5-10 m ad un massimo di 35-40 m; quello sabbioso- pelitico, da bibliografia, è compreso tra 30 e 70 m, mentre quello pelitico-sabbioso può raggiungere qualche centinaia di metri.

Sulle suddette unità di substrato sono sovrapposte variamente materiali di copertura, in prevalenza coltri eluvio-colluviali, e in maniera subordinata, depositi antropici o derivanti dai movimenti gravitativi, che interessano vari versanti, per lo scivolamento di porzioni del membro sommitale della Formazione Mutignano. Lo spessore che caratterizza questi depositi di frana sono alquanto variabili, ma comunque piuttosto modesti.

Lo stesso modello di sottosuolo viene rappresentato nelle sezioni II-II’, che attraversa il centro abitato di Rocca San Giovanni da NW a SE (Fig. 5.2), III-III’ che interessa la zona industriale/artigianale (Fig. 5.3), ed in parte nella IV-IV’(Fig. 5.4), che da Loc. Piano Favaro si estende fino alla linea di costa.

Figura 5.2: sezione geologico-tecnica trasversale, che attraversa il centro abitato di Rocca San Giovanni.

Figura 5.3: sezione geologico-tecnica trasversale, che attraversa la zona industriale commerciale.

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

[r]

[r]

[r]

[r]

Zona di attenzione per Instabilità di versante Attiva / non definito Zona di attenzione per Instabilità di versante Quiescente / non definito Zona di attenzione per Instabilità

Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica (scala 1:5.000 – 1:10.000) con identificazione delle zone stabili, zone stabili suscettibili di amplificazioni locali,

Per le sole aree in cui il valore di F H  &gt; S s +0,1, il Funzionario Regionale Responsabile  del  Procedimento  emetterà,  nel  Parere  ai  sensi  del  DPR