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Effetti della carenza o dell'eccesso di tessuto adiposo sul sistema immunitario: caratterizzazione delle cellule T regolatorie e del fenotipo dei macrofagi derivati dai monociti

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Facoltà di Biologia applicata alla biomedicina

curriculum fisiopatologico

Effetti della carenza o dell’eccesso di tessuto adiposo sul sistema

immunitario:

caratterizzazione delle cellule T regolatorie e del fenotipo dei

macrofagi derivati dai monociti

RELATORI:

Dott.ssa Margherita Maffei

Dott.ssa Gaia Scabia

CANDIDATA:

Alessia Dattilo

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Indice

RIASSUNTO ABSTRACT 1. INTRODUZIONE 1.1.La lipodistrofia 1.2.Classificazione delle lipodistrofie 1.3.Sistema immunitario e tessuto adiposo 1.4.Parametri del sistema immunitario adottati in questo studio

• Cellule T che regolano la reattività del sistema immunitario • Macrofagi derivati dai monociti: un modello in vitro per studiare

l’immunità innata propria dei tessuti

2. SCOPO DELLA TESI 3. MATERIALI E METODI

3.1.Popolazione

3.2.Raccolta di sangue e preparazione di siero autologo 3.3.Analisi di laboratorio

3.4.Valutazione delle cellule Tregs ed iNKTs circolanti mediante citofluorimetria a flusso

3.5.Isolamento e coltura di macrofagi derivati da monociti 3.6.Colorazione Oil Red O (ORO)

3.7. Real time PCR quantitativa

• Estrazione dell’RNA

• DNasi treatment e sintesi del cDNA • Real Time (PCR)

3.8. Statistica

4. RISULTATI

4.1. Variazioni in cellule T circolanti con funzione regolatoria e nel fenotipo morfologico delle MDMs in pazienti con sindrome di Dunnigan

4.2.Variazioni in cellule T circolanti con funzione regolatoria e nel fenotipo morfologico delle MDMs in pazienti con lipodistrofie ad eziologia varia e in pazienti obese

5. DISCUSSIONE BIBLIOGRAFIA pag. 1 pag. 3 pag. 5 pag. 5 pag. 8 pag. 11 pag. 14 pag. 14 pag. 16 pag. 18 pag. 18 pag. 18 pag. 20 pag. 19 pag. 20 pag. 24 pag. 25 pag. 26 pag. 26 pag. 26 pag. 26 pag. 28 pag. 29 pag. 29 pag. 33 pag. 40 pag. 46

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1 RIASSUNTO

La lipodistrofia comprende un gruppo di disordini rari ed eterogenei, con perdita parziale o generalizzata di tessuto adiposo bianco sottocutaneo. Si conoscono forme ad eziologia genetica e forme acquisite; la più comune tra le forme monogeniche è la lipodistrofia parziale familiare di Dunnigan. Indipendentemente dalla causa della patologia, il tessuto adiposo dei lipodistrofici è incapace di svolgere la sua funzione di deposito dei lipidi in eccesso; questo genera, in un apparente paradosso, un quadro clinico simile a quello degli obesi, caratterizzato da disturbi metabolici quali insulino-resistenza, dislipidemia, steatosi epatica non alcolica.

È noto che anche nell’obesità patologica il tessuto adiposo sottocutaneo, deputato all’immagazzinamento dei trigliceridi, riduce questa sua funzione a causa di infiammazione, necrosi, ipossia.

Studi condotti da diversi gruppi di ricerca pongono l’attenzione sulla relazione tra metabolismo e sistema immunitario, tanto da parlare di “immuno-metabolismo”, un tema emergente di ricerca.

Scopo della mia tesi è di verificare se esistano delle variazioni nelle popolazioni di cellule T che modulano la reattività immunitaria e dei macrofagi derivati da monociti (MDMs), in pazienti lipodistrofici e obesi.

Gli studi sono stati condotti su 16 donne lipodistrofiche, di cui 6 affette da sindrome di Dunnigan e 10 da forme eterogenee di lipodistrofia, 16 donne obese (BMI> 30 kg/m2) e 16 donne sane, normopeso, che rappresentano il gruppo dei controlli.

In collaborazione con i medici del centro obesità dell’ospedale di Cisanello, sono stati determinati i parametri fisici, il profilo lipidico plasmatico, la glicemia, l’emoglobina glicata, i livelli di leptina.

Per mezzo di citometria a flusso, è stato rilevato il numero circolante di cellule T regolatorie CD4/CD25hi (Tregs), che hanno la funzione di sopprimere l’iper-reattività del sistema immunitario e di cellule T invarianti natural killer (iNKTs), che promuovono un fenotipo anti-infiammatorio nei macrofagi.

Sono stati caratterizzati i macrofagi derivati da monociti (MDMs), per morfologia e, tramite colorazione Oil-Red-O che ha definito 2 morfotipi principali, le lipid laden (LL) e le spindle-like (Sp) MDMs. Sono stati quindi eseguiti studi di espressione genica, utilizzando marcatori pro e anti-infiammatori.

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I risultati ottenuti mostrano che sia le pazienti lipodistrofiche che quelle obese hanno un profilo lipidico alterato, caratterizzato da livelli elevati di trigliceridi e di LDL ossidate e livelli inferiori di HDL rispetto ai controlli sani.

Nelle pazienti lipodistrofiche le popolazioni di Tregs ed iNKTs sono significativamente diminuite, il numero delle LL-MDMs è maggiore mentre quello delle Sp-MDMs è minore. Il gruppo di pazienti lipodistrofici ad eziologia omogenea, rappresentato dai Dunnigan, ha mostrato risultati simili.

La più alta prevalenza del fenotipo LL-MDMs trovato nelle pazienti lipodistrofiche è associato ad una minor espressione nei macrofagi del marcatore anti-infiammatorio IL-10 e con una maggior espressione di CD68, un fattore pro-infiammatorio.

Nell’obesità le alterazioni del sistema immunitario risultano simili a quelle riscontrate nella lipodistrofia, seppur con un fenotipo meno pronunciato.

Dall’analisi di correlazione emerge un’associazione significativa del morfotipo LL-MDMs con alti livelli di trigliceridi e di LDL ossidate e con bassi livelli di HDL.

Si può concludere che lipodistrofia e obesità mostrano un numero ridotto di cellule T che sopprimono l’iper-reattività immunitaria e un aumento marcato di macrofagi che si infiltrano nel tessuto adiposo, dando accumulo di lipidi e di cellule infiammatorie. Il profilo lipidico è significativamente associato a questi cambiamenti.

Questi risultati rafforzano il concetto che l’eccesso o la deplezione del tessuto adiposo possono comportare disfunzioni simili ed evidenziano ulteriormente la relazione tra il metabolismo e il sistema immunitario.

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3 ABSTRACT

Lipodystrophy syndrome is a group of rare and heterogeneous disorders characterized by partial or generalized loss of subcutaneous white adipose tissue. It occurs as a result of genetic defects or acquired conditions; among the monogenic forms of Familial Partial lipodystrophy (FPL), Dunnigan type (FPLD2) is the most common.

Regardless of the aetiology of the disease, the fatty tissue of lipodystrophic patients is unable to perform its function to store the excess fat; in an apparent paradox, the result is a clinical picture similar to that of obese, characterized by metabolic disorders, insulin resistance, dyslipidemia, non-alcoholic fatty liver disease.

It is known that during morbid obesity the subcutaneous adipose tissue reduces its function of triglycerides storage, due to inflammation, necrosis, hypoxia.

Studies by several research groups focus on the relationship between metabolism and immune system, thus the new term "immune-metabolism" was created, and is an emerging research topic.

The aim of my thesis was to investigate whether T cells populations with regulatory function and monocyte-derived macrophages (MDMs) are affected by LD and obesity.

The study group included 16 female patients diagnosed with different types of lipodystrophy, including 6 patients with Dunnigan (DUN) syndrome, 16 female obese subjects (OB, BMI ≥ 30 Kg/m2) and 16 female normal weight controls.

In collaboration with the clinicians of Cisanello Hospital obesity center, physical parameters, plasma lipid profile, blood glucose, glycated haemoglobin and serum leptin levels were obtained.

The number of circulating regulatory T cells CD4/CD25hi (Tregs), able to suppress immune over- reactivity and the number of invariant natural killer T cells (iNKTs), promoting an anti-inflammatory phenotype in macrophages, were obtained using flow cytometry.

Characterization of MDMs included morphology/Oil-Red-O staining that defined 2 main morphotypes: lipid laden (LL) and spindle-like (Sp) MDMs. Gene expression studies have been performed using pro and anti-inflammatory markers.

Results show that both lipodystrophic and obese patients have an altered lipid profile, characterized by higher triglycerides and oxidized LDL levels and lower HDL levels as compared to healthy controls.

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In lipodystrophic patients Tregs and iNKTs were significantly decreased, the number of LL-MDMs was significantly greater Sp-LL-MDMs were depleted.

The homogeneous group of lipodystrophic patients with Dunnigan syndrome has shown similar results.

The highest prevalence of LL-MDMs phenotype found in lipodystrophic patients is associated with a lower expression of the anti-inflammatory marker IL-10 in macrophages and with an increased expression of the pro-inflammatory marker CD68.

During obesity the immune disorders are similar to those found in lipodystrophy, despite a less marked phenotype.

Analysis of correlation indicated a significant association between LL-MDMs morphotype with high triglycerides and oxidized LDL levels and low HDL levels.

In conclusion lipodystrophy are associated with a depleted number of T cells with regulatory function (Tregs and iNKTs) and overrepresentation of lipid laden monocytes derived macrophages, infiltrating adipose tissue and inducing lipid and inflammatory cells accumulation.

The lipid profile is significantly associated with these changes.

These findings strengthen the concept that fat excess or depletion may involve similar dysfunction and further highlight the relationship between the metabolism and the immune system.

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5 1. INTRODUZIONE

1.1. La lipodistrofia

La lipodistrofia (LD) comprende un gruppo di disordini rari ed eterogenei ed è caratterizzata dalla perdita parziale o generalizzata di tessuto adiposo bianco (WAT). Indipendentemente dalla forma della patologia, e dalla sua origine, genetica o acquisita, il tessuto adiposo dei lipodistrofici è incapace di svolgere la fisiologica funzione di deposito dei lipidi in eccesso; ciò genera, in un apparente paradosso, un quadro clinico simile a quello degli obesi, caratterizzato da una triade di disturbi metabolici quali insulino-resistenza, dislipidemia, steatosi epatica non alcolica (1).

La deplezione di WAT (o lipoatrofia) colpisce soprattutto il tessuto adiposo sottocutaneo (SAT), dove normalmente avviene il deposito dei trigliceridi introdotti in eccesso con la dieta. Questo deposito è importante per fornire all’organismo acidi grassi liberi nei periodi di digiuno ed esercizio fisico e per proteggere gli altri tessuti dagli effetti lipotossici dell’assunzione di lipidi con la dieta. Inoltre il SAT è la principale fonte di produzione della leptina, ed esiste una correlazione positiva e molto significativa tra la quantità di SAT e i livelli plasmatici di leptina (2). I livelli plasmatici di insulina, invece, correlano con la quantità di grasso intra-addominale, quindi col tessuto adiposo viscerale (VAT). Il VAT è un sito ectopico di deposizione dei trigliceridi e il legame tra la sua espansione e il rischio di sindrome metabolica è ampiamente riconosciuto (2,3). Gli adipociti del grasso viscerale, infatti, sono metabolicamente più attivi e rispondono agli stimoli lipolitici in misura maggiore rispetto agli adipociti sottocutanei, quindi contribuiscono di più ai livelli di acidi grassi liberi nel plasma (2). Questo spiega perché nella lipodistrofia il SAT ridotto o assente danneggia la capacità dell’organismo di depositare i TG in modo corretto e porta a deposito ectopico nel VAT, con conseguente insulino-resistenza e alterazioni metaboliche (4).

L'ipotesi classica per spiegare la resistenza all'insulina nelle lipodistrofie è l'incapacità del tessuto adiposo di depositare i trigliceridi portando ad un aumento del livello di acidi grassi non esterificati circolanti, con conseguente deposito ectopico di grasso e lipotossicità. Le conseguenze sono: diminuzione dell’assorbimento del glucosio nel muscolo, aumento della produzione epatica di glucosio e trigliceridi, diminuita produzione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas (Figura 1).

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6

La diagnosi di lipodistrofia risulta piuttosto facile quando le regioni interessate dalla deplezione di grasso sono quelle in cui normalmente si verifica un importante accumulo del grasso stesso; la perdita di grasso in guance e tempie dà un volto scarno e, negli arti, rende i muscoli e le vene estremamente visibili. Possono invece esserci delle difficoltà nella diagnosi se il fenotipo è lieve e se i pazienti sono maschi, in quanto hanno fisiologicamente una minor quantità di grasso negli arti inferiori rispetto alle donne sane (5). Le donne, quindi, manifestano effetti estetici più evidenti e disfunzioni metaboliche più severe e, per questi motivi, sono più facilmente diagnosticabili rispetto agli uomini magri (1).

Poiché le lipodistrofie umane sono generalmente associate a grave resistenza all'insulina, un valido aiuto per effettuare diagnosi, in particolare in pazienti normopeso, possono essere proprio i segni clinici che si manifestano come conseguenza di insulino-resistenza a lungo termine: presenza di lesioni cutanee, acanthosis nigricans, ovvero pelle con lesioni brunastre presenti a livello di ascelle, collo e altre pieghe corporee, caratteristiche acromegaloidi, che interessano in modo particolare il viso (osservato soprattutto nelle forme congenite), aumento della dimensione degli organi genitali nei bambini prepuberi, iperandrogenismo ovarico che porta a virilizzazione e irsutismo, sindrome dell'ovaio policistico e ipertecosi nelle donne e frequente associazione ad epatomegalia e steatosi.

↑ LIPOLISI ↑ ACIDI GRASSI LIBERI

MUSCOLO PANCREAS FEGATO

↑ OSSIDAZIONE DI

ACIDI GRASSI LIBERI

↓ SECREZIONE DI INSULINA DI ACIDI GRASSI ↑ OSSIDAZIONE

LIBERI ↑ GLUCONEOGENESI ↓ UTILIZZO DEL GLUCOSIO ↓ CATABOLISMO DELL’INSULINA ↑ PRODUZIONE DI GLUCOSIO E TRIGLICERIDI IPERGLICEMIA IPERTRIGLICERIDEMIA IPERINSULINEMIA Figura 1. Effetti dell’aumento della lipolisi e della mobilizzazione degli acidi grassi liberi. Modificato da (3) Ibrahim MM. Subcutaneous and visceral adipose tissue: structural and functional differences. Obes Rev. 2010; 11(1): 11-8. doi: 10.1111/j.1467-789X.2009.00623.x. Epub 2009 Jul 28.

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A livello metabolico, le lipodistrofie sono caratterizzate da alterazioni del glucosio e dei lipidi che possono essere lievi o addirittura assenti durante l'infanzia e diventano progressivamente più gravi con l’età.

Le alterazioni lipidiche associate ad aumentato livello di trigliceridi (TG), anche fino a 100 mmol/l, con diminuzione del colesterolo HDL, elevano il rischio di pancreatite acuta, la principale complicanza acuta riscontrata nei pazienti lipodistrofici.

I valori glicemici possono rimanere nel range della normalità in pazienti giovani, se la secrezione di insulina è in grado di compensare l'insulino-resistenza, ma aumentano progressivamente, portando intolleranza al glucosio e poi diabete. Le complicanze croniche derivano soprattutto dal diabete: microangiopatia, che colpisce la retina, il rene e i nervi, macroangiopatia, che porta ad aterosclerosi precoce e a complicanze epatiche quali steatosi, steatoepatite e, talvolta, a cirrosi ed ipertensione portale (5).

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1.2. Classificazione delle lipodistrofie

È possibile classificare le lipodistrofie in base all’eziologia della patologia, in forme genetiche o acquisite e, a seconda della distribuzione anatomica del tessuto adiposo, in parziali o generalizzate.

Tabella 1. Classificazione delle lipodistrofie.

GENE/proteina Trasmis-sione Distribuzione del tessuto adiposo Parametri clinici e biologici GENETI- CHE Genera- lizzate BSCL1 BSCL2 BSCL3 BSCL4 AGPAT2/AGPAT2 BSCL2/seipina CAV1/caveolina1 PTRF/cavin1 AR AR AR AR Lipoatrofia completa Acanthosis nigricans, dislipidemia, diabete Parziali FPLD2 MAD-A LMNA/lamina A/C LMNA/lamina A/C AD AR Lipoatrofia di arti e natiche, accumulo di grasso su viso e collo, lipodistrofia mite o assente Acanthosis nigricans, dislipidemia, diabete

Parziali FPLD3 PPARG/PPAR γ AD Lipoatrofia nella

parte bassa del corpo

Ipertensione, acanthosis nigricans, dislipidemia, diabete Parziali FPLD4 PLIN1/perilipina AD Parziali FPLD CIDEC/CIDEC AR

Parziali AKT2 linked AKT2/Akt2 AD Lipodistrofia parziale Ipertensione,

acanthosis nigricans, diabete

Parziali APL LMNB2/lamina B2 Fattore di

rischio ACQUI- SITE Genera- lizzate Sindrome di Lawrence Sconosciuti; a volte disordine autoimmune Lipoatrofia completa Panniculiti, acanthosis nigricans, dislipidemia, diabete Parziali Sindrome di Barraquer-Simmon Sconosciuti (LMNB2/lamina B2 proposti ma non confermati) Lipoatrofia nella parte alta del corpo, accumulo di grasso nella parte bassa del corpo Alterazioni metaboliche non comuni; a volte basso C3 e glomerulonefriti membrano-proliferative

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9 Parziali Legate a eccesso di cortisolo Eccesso di cortisolo esogeno o endogeno Lipoatrofia nella parte bassa del corpo, accumulo di grasso nella parte alta del corpo Dislipidemia, spesso diabete Genera- lizzate o parziali

HIV linked Farmaci antiretrovirali Lipoatrofia periferica; lipoatrofia centrale o accumulo di grasso Dislipidemia, a volte diabete

Le lipodistrofie generalizzate congenite sono autosomiche recessive e presentano il fenotipo metabolico più severo, poiché la gravità del fenotipo metabolico aumenta all’aumentare della perdita di WAT (1).

Le lipodistrofie parziali sono caratterizzate da una diminuzione della massa grassa, che, solo occasionalmente è a livelli normali e da una distribuzione anomala del tessuto adiposo che si accumula in maniera eccessiva in alcune parti del corpo (1,6).

Le sindromi familiari parziali di lipodistrofia (FPLD) sono autosomiche dominanti, presentano minori complicazioni metaboliche rispetto alle forme generalizzate e possono non essere evidenti fino alla pubertà. Gli effetti predominanti sono visibili soprattutto nei depositi di grasso di arti e glutei, con variabile coinvolgimento del tronco ed eccesso di deposito di tessuto adiposo a livello di collo e viso (1).

La più comune tra le forme monogeniche è la lipodistrofia parziale familiare di Dunnigan (FPLD2), causata da una mutazione nel gene LMNA (posizione di mappa 1q22), codificante per una lamina di tipo A dei filamenti intermedi nucleari. Fisiologicamente la lamina A viene dapprima tradotta come prelamina A, contenente una sequenza consensus C-terminale CSIM (Cys-Ser-Ile-Met) maturata nel reticolo endoplasmatico. Inizialmente un gruppo farnesile viene aggiunto al residuo di cisteina del motivo CSIM, quindi i residui di SIM vengono tagliati e il residuo di cisteina è carbossimetilato. Queste modifiche sembrano essere necessarie per il targeting della prelamina A nella membrana nucleare interna, dove ZMPSTE24 (zinco metalloproteinasi STE24) elimina gli ultimi 15 amminoacidi C-terminali. Pertanto la normale lamina A nella sua forma matura non è farnesilata. Molte delle mutazioni note interessano il dominio C-terminale Ig-simile, causando l’accumulo di prelamina A farnesilata. Tale BSCL=Berardinelli-Seip congenital lipodystrophy; FPLD=familial partial lipodystophy; MAD=mandibuloacral dysplasia;

APL=acquired partial lipodystrophy; AGPAT2=acylglycerol-3-phosphate O-Acyltransferase; CAV1=caveolina1; PTRF=Polymerase I And Transcript Release Factor; LMNA=lamina; PPARG/PPARγ=recettore dei perossisomi attivante la proliferazione;

PLIN1=perilipina; CIDEC; AD autosomica dominante; AR autosomica recessiva; HIV = human immunodeficiency virus

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mutazione è associata a difetti nella forma del nucleo e inoltre il livello di prelamina A farnesilata sembra essere un fattore chiave nel determinare la gravità del fenotipo.

Circa l'85% dei pazienti FPLD2 presenta mutazioni missenso in eterozigosi nel codone 482 di LMNA, che comportano la sostituzione di un aminoacido basico con uno neutro, all’interno di una sequenza di legame al DNA. Questa regione potrebbe essere direttamente coinvolta nel meccanismo che regola l’organizzazione della cromatina che controlla la trascrizione durante processi di differenziamento tessuto-specifici, con conseguente diminuzione di affinità della lamina A per il DNA (6).

FPLD2 è caratterizzata da deplezione di WAT sottocutaneo a livello degli arti inferiori e accumulo di grasso su collo, viso, regioni ascellare e pelvica e ipertrofia muscolare (1,5). La causa delle differenze regionali di deplezione di tessuto adiposo in FPLD2 non è stata identificata. Un accumulo di prelamina A e un’alterazione nella funzione di fattori di trascrizione adipogenici come PPAR γ (recettore dei perossisomi attivante la proliferazione) potrebbero contribuire alla lipoatrofia (6). FPLD2 è associata a insulino-resistenza. È stato ipotizzato che in questi pazienti la funzione del fattore chiave per l’adipogenesi SREBP1c e la via di segnalazione dell’insulina siano compromesse dall’accumulo di prelamina, come illustrato in figura 2. Figura 2 . Ipotesi di espressione genica e alterata segnalazione nelle lipodistrofie legate a difetti in LMNA. (A) SREBP1c è tagliato e trasloca nel nucleo, influenzando l’omeostasi dei lipidi e l’espressione dei geni coinvolti nell’adipogenesi. La via di segnalazione dell’insulina induce fosforilazione di ERK1/2 e la sua traslocazione nucleare. Sull’involucro nucleare, ERK1/2 fosforila c-Fos, che viene rilasciato dall’involucro nucleare e attiva la trascrizione di geni che mediano la trasduzione del segnale insulinico. (B) Mutazioni nella lamina A e/o accumulo di prelamina A trattengono SREBP1c, ERK1/2 e c-Fos sull’involucro nucleare e modificano le attività trascrizionali, portando a difetti nell’omeostasi dei lipidi, nell’adipogenesi e nella via di segnalazione dell’insulina. Modificato da (6) Bidault G, Vatier C, Capeau J, Vigouroux C, Bereziat V. LMNA-linked lipodystrophies: from altered fat distribution to cellular alterations. Biochem Soc Trans. 2011; 39(6): 1752-7. doi: 10.1042/BST20110675.

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L’eziologia delle forme acquisite di LD è varia e spesso ancora sconosciuta. L’insorgenza più frequente si ha in pazienti affetti da HIV in terapia con inibitori delle proteasi; in altri casi è stato dimostrato un legame con l’autoimmunità, che porta a distruzione immuno-mediata prematura degli adipociti oppure può esserci un’associazione con altre patologie autoimmuni come dermatomiosite giovanile, lupus eritematoso sistemico, anaemia emolitica autoimmune, epatite autoimmune, bassi livelli di proteina C4 del complemento (1,5).

1.3. Sistema immunitario e tessuto adiposo

L’interazione tra sistema immunitario e metabolismo è un campo in grande espansione: ci sono numerose dimostrazioni dell’esistenza di tale relazione, tanto da parlare di “immuno-metabolismo” (7) ma, nonostante ciò, la disfunzione immunitaria sistemica che si verifica sia in condizioni di deplezione che di eccesso di massa grassa, è lontana dall’essere completamente chiarita.

L’obesità è caratterizzata da alterati livelli di ormoni circolanti e di nutrienti come glucosio e lipidi e le cellule immunitarie circolanti e residenti nei tessuti sono immerse in questo contesto. La comprensione di come questo ambiente pro-infiammatorio e caratterizzato da eccesso di sostanze energetiche impatti sulla funzione del sistema immunitario è la chiave per capire lo stato infiammatorio cronico di bassa intensità, a livello topico (nel tessuto adiposo bianco) e sistemico, associato all’obesità.

Le adipochine immunomodulatorie prodotte dal tessuto adiposo includono leptina, adiponectina e citochine pro-infiammatorie TNF-α (Tumor Necrosis Factor α), IL-6, IL-1β (IL=interleuchina).

È stato dimostrato che i livelli di adiponectina risultano più bassi in soggetti obesi e sono state trovate mutazioni geniche che impediscono la normale produzione di leptina in persone poi diventate obese e aventi difese immunitarie indebolite. Al contrario vi è un eccesso nei livelli plasmatici di TNF-α, IL-6, IL-1β; il modo in cui la produzione di queste citochine infiammatorie possa agire sulla funzione delle cellule immunitarie deve ancora essere delucidato. Una possibilità è che nelle cellule immunitarie si verifichi un processo di desensitizzazione dovuto ad esposizione cronica, quindi un’alterata risposta a stimoli infiammatori durante le infezioni (8).

Nieman et al. hanno riportato considerevoli discrepanze nel numero dei leucociti e dei fagociti e nell’attività ossidativa dei monociti nella condizione di obesità (9). Negli obesi c’è alterata

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proliferazione dei linfociti in risposta a stimoli policlonali, è promosso l’invecchiamento del timo e c’è riduzione della diversità del repertorio delle cellule T, con possibile impatto sulla sorveglianza immunitaria e sull’aumentata suscettibilità alle infezioni (8).

Un fenomeno importante che avviene nell’individuo obeso è l’infiltrazione del tessuto adiposo bianco da parte di cellule infiammatorie (linfociti e monociti). La migrazione dei linfociti precede ed è preparatoria (10) rispetto all’infiltrazione di monociti che migrano dal circolo sanguigno sotto lo stimolo di fattori chemiotattici: a questo riguardo un ruolo critico è svolto dalla proteina chemiotattica dei monociti 1 (MCP1), dal suo recettore CCR2 (11), e dall’aptoglobina (Hp) (12). Recenti scoperte di Lumeng et al. indicano che l'accumulo di macrofagi nel WAT non è solo quantitativamente, ma anche qualitativamente alterato a seguito dell'espansione della massa grassa. Secondo questo modello, i macrofagi presenti nel WAT di un individuo sano magro sono prevalentemente nello stato alternativamente attivato M2, caratterizzato dalla produzione di mediatori anti-infiammatori (IL-10, IL-4, arginasi), mentre i macrofagi presenti nel WAT di individui obesi sono prevalentemente nello stato attivato classicamente M1, costituiscono una componente chiave nella progressione dell’insulino-resistenza e una delle principali fonti di sostanze pro-infiammatorie presenti a livello plasmatico (TNF-α, IL-6, IL-12) (13, 14, 15).

L'obesità è associata anche ad una robusta espansione delle cellule T CD4+ e CD8+ nel tessuto adiposo, che stimolano l'infiammazione locale e favoriscono l'accumulo di macrofagi nel tessuto adiposo della popolazione obesa (16). I linfociti T CD4+ residenti nel VAT sono coinvolti anche nell’aumentata resistenza insulinica nei topi con obesità indotta da dieta grassa ipercalorica (17). Oltre ai linfociti pro-infiammatori e anti-infiammatori, le cellule T regolatorie influenzano lo stato infiammatorio del tessuto adiposo (18).

Inoltre lo stato metabolico alterato dell’obeso, caratterizzato da elevati livelli di glicemia, colesterolo e acidi grassi e la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) da parte di cellule immunitarie e adipociti, con conseguente perossidazione lipidica, contribuiscono all’aumento del profilo infiammatorio delle cellule immunitarie (19).

Più sopra si è accennato ad un paradosso secondo cui le conseguenze metaboliche dell’avere troppa massa grassa (obesità), sono molto simili a quelle dell’averne troppo poca (lipoatrofia). I lipidi depositati in siti ectopici in assenza di capienza del WAT, portano a insulino-resistenza, dislipidemia, diabete e, di conseguenza, problemi cardiovascolari, riproduttivi ed epatici (4).

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Per ciò che riguarda il sistema immunitario, la situazione nella lipodistrofia è stata poco studiata.

Si sa che le condizioni di malnutrizione, oltre che di obesità, alterano la funzionalità delle cellule T e la suscettibilità alle infezioni (20).

Questi dati danno forza al concetto che alterazioni nello stato metabolico abbiano un impatto sul sistema immunitario e forniscono un buon razionale a questo studio.

Alla luce di quanto appena descritto, c’è infatti ragione di pensare che si potrebbero trovare delle alterazioni immunitarie anche nella lipodistrofia, una condizione in cui le alterazioni del metabolismo non sono dovute all’eccesso di massa grassa, bensì ad una carenza di quest’ultima e alla deposizione ectopica di tessuto adiposo.

In alcune forme di lipodistrofia, per esempio nella lipodistrofia generalizzata acquisita (AGL), c’è alterazione della produzione di adipochine, principalmente deficit di leptina causata da perdita di tessuto adiposo (21).

Inoltre, per alcune forme acquisite, è stata dimostrata un’eziologia autoimmune , con prematura distruzione immuno-mediata degli adipociti (1,5) o un’insorgenza in concomitanza con altre patologie autoimmuni quali tiroidite di Hashimoto, artrite reumatoide, anemia emolitica, epatite cronica (21).

La funzione del sistema immunitario nella lipodistrofia è stata studiata solo nel contesto degli effetti del trattamento con leptina. Oral AE et al hanno dimostrato che, in condizioni basali, in pazienti lipodistrofici, il numero di linfociti B era maggiore rispetto al range di valori normali e non si osservavano cambiamenti dopo 4 e 8 mesi di terapia con leptina ricombinante umana. Le cellule T, in condizioni basali, in pazienti lipodistrofici, erano vicine al limite minimo di normalità e, dopo 4 mesi di terapia con leptina ricombinante umana, si verificava un aumento significativo del numero assoluto di tutti i lineages di cellule T, senza alterazione del rapporto CD4+/CD8+ (22).

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1.4. Parametri del sistema immunitario adottati in questo studio

Nel presente studio è stata focalizzata l’attenzione su due popolazioni cellulari del sistema immunitario di cui è nota l’alterazione in funzione dello stato metabolico, le cellule T regolatorie CD4+CD25hi (Tregs) e le cellule T invarianti naural killer (iNKTs) e sui macrofagi derivati da monociti (MDMs) presenti in circolo.

• Cellule T che regolano la reattività del sistema immunitario

Attraverso l’uso del modello animale, i linfociti T CD4+ che esprimono anche CD25, la catena

alfa del recettore dell’IL-2, ovvero le cellule T CD4+CD25hi (Tregs), sono state caratterizzate come una popolazione di cellule T che mantiene la tolleranza immunologica periferica, inibendo l’attivazione e l’espansione di cellule T self-reattive in molte condizioni infiammatorie, incluse patologie autoimmuni e cancro (23,24). Le cellule Tregs sono prodotte dal timo e sono rese anergiche e soppressive attraverso un processo di selezione timica (Figura 3).

In vitro, tali cellule sopprimono potentemente l’attivazione/proliferazione antigene-aspecifica di altre cellule T CD4+ e CD8+ e, al contrario delle altre cellule T regolatorie, che esercitano un

TCR transgenic mice, it is necessary to determine their Ag spe-cificities or the ligands selecting them. We postulate that the CD25!4!8"thymocytes may be reactive with self peptides/class II MHC complexes (57, 73) or class II MHC itself (74) expressed in the thymus and rendered anergic (hence, harmless) because the avidities of their TCRs for self peptides/class II MHC might be rather high (but not so high as to be deleted) (Fig. 9). Furthermore, an activated or primed phenotype of CD25!4!8"thymocytes and T cells in normal naive mice suggests that they might be contin-uously stimulated by self Ags in the normal internal environment. This possible self-reactivity of CD25!4!8" thymocytes is cur-rently under investigation.

The CD25 molecule is expressed on activated T cells (34, 75). This poses a question as to whether activated CD25!4!T cells derived from CD25"4!T cells can also acquire the suppressive activity. In our study, the CD25!4!T cells that had differentiated in nude mice from the inoculated CD25"4!T cells exhibited the cell surface phenotype generally shared by activated, primed, or memory CD4!T cells and similar to the phenotype of CD25!4! T cells in normal naive mice (Fig. 7, A and B, vs Fig. 1C). They, however, scarcely exhibited suppressive activity (Fig. 7, C and D). Although these CD25" cell-derived CD25!4! T cells were hy-poresponsive to TCR stimulation (Fig. 7C), this could be attributed to the refractoriness of chronically stimulated T cells (including autoimmune effector T cells) to further TCR stimulation, as CD25"4!8"thymocytes stimulated in vitro were hyporesponsive to further stimulation (Fig. 5C). Indeed, CD25!4! T cells pre-pared in vitro by activating CD25"T cells from normal BALB/c mice did not exhibit suppressive activity either on the proliferation of other T cells in vitro (Fig. 5C) or on the development of auto-immune disease in vivo when cotransferred to nude mice with CD25" T cells (Y. Kuniyasu et al., manuscript in preparation). Furthermore, the anergic/suppressive state of CD25!4!8"

thymo-cytes or CD25!4!peripheral T cells in normal naive mice appears to be their basal default condition, since the CD25!4!8" thymo-cytes/T cells broken of their anergic/suppressive state by TCR stimulation along with anti-CD28 Ab or a high dose of IL-2 re-verted to the original anergic/suppressive state upon removal of anti-CD28 Ab or IL-2 from the culture milieu (Fig. 5C and Ref. 24). Taken together, these results indicate that, once the CD25!CD4!8" thymocytes acquire the suppressive activity in the thymus, they may stably maintain the activity, and that other T cells could hardly acquire it upon activation in the periphery (Fig. 9). Our findings, which were mainly obtained from in vitro pro-liferation assay, would not, however, exclude the possibility that CD25"cell-derived CD25!activated T cells might somehow sup-pressively influence functions of other T cells in vivo through the cytokine network (13, 26 –30). Other T cells with activated phe-notype, for example NKT cells, may also play a regulatory role in self-tolerance by secreting immunoregulatory cytokines, although both CD25!4!8"thymocytes and CD25!4!peripheral T cells do not express NK1.1 Ag, indicating that they are different from NKT cells (61, 62).

Together with this possible inability of CD25"4! T cells to acquire the anergic/suppressive property upon activation, the fol-lowing findings suggest that the anergic/suppressive CD25!4!8" T cells in the thymus and periphery of normal naive mice may have developmental continuity as a common T cell lineage and constitute a T cell subpopulation functionally distinct from other T cells or thymocytes. First, both the thymic and the peripheral CD25!4!T cells are functionally similar in their in vivo autoim-mune prevention, in vitro suppression, and unresponsiveness to TCR stimulation. Second, they are phenotypically similar in the expression profile of various cell surface molecules (Fig. 1, B and

C), especially in high CD62L expression, which contrasts with low

CD62L expression on autoimmune effector T cells (Fig. 7) or usual activated or memory T cells (40, 54 –56). The finding that CD25!4!8" thymocytes/T cells are CD5high, CD45RBlow, and partially CD62Lhighalso correlates with the findings made by us and others that autoimmune-suppressive CD4!thymocytes/T cells are CD5high, CD45RBlow, and CD62Lhigh(8 –10, 12–16, 52, 53), although it remains to be determined whether the thymocyte/T cell population with the anergic/suppressive property can be further reduced to a smaller population, for example, the CD62Lhigh or CD62Llow population included in the CD25!4!8" population (Fig. 1, B and C). Third, both CD25!4!8" thymocytes and CD25!4!peripheral T cells are absent in RAG-2-deficient TCR transgenic mice; and, in TCR transgenic mice, both are constituted of high proportions of thymocytes/T cells expressing endogenous TCR !-chains (Fig. 8 and see discussion above). Furthermore, both were shown to be characteristically resistant to a superanti-gen-induced clonal deletion (76, 77).

Given the thymic production of the anergic/suppressive CD25!4!thymocytes, their possible lineage continuity to the pe-ripheral CD25!4!T cells, and possible inability of other T cells to acquire the anergic/suppressive property (see above), abrogation of their peripheral migration from the beginning of their ontogeny may well lead to their paucity in the periphery and, as a conse-quence, to the development of autoimmune disease. In the previ-ous report (14), we showed that CD25!4!T cells begin to appear in the periphery at about day 3 after birth in normal mice; they are substantially reduced by thymectomy at about day 3; such neonatal thymectomy elicited autoimmune diseases similar to those pro-duced in the present experiments; and the inoculation of CD25!4! T cells from normal mice prevented the autoimmune development. These findings taken together indicate that the neonatal thymec-tomy may be able to selectively reduce the anergic/suppressive

FIGURE 9. Thymic production of anergic/suppressive CD25!4! T

cells as a key function of the thymus in maintaining immunologic self-tolerance. While the normal thymus deletes T cells highly reactive with self Ags expressed in the thymus, it continuously produces some potentially pathogenic self-reactive CD4!T cells, which persist in the periphery at

CD25" quiescent state. The normal thymus also continuously produces

anergic and suppressive CD25!4!T cells, which are suppressing the

ac-tivation and expansion of CD4!self-reactive T cells from CD25"dormant

state. When the immunoregulatory CD25!4! T cells are eliminated or

substantially reduced, or their regulatory function is impaired, CD25"

self-reactive T cells become activated, expand, and differentiate to CD25!

ac-tivated autoimmune effector T cells (dotted arrow), which may help B cells to form autoantibodies (Th2 response) or conduct cell-mediated immune responses by recruiting inflammatory cells, including activated macro-phages (M") (Th1 response).

5324 THYMIC PRODUCTION OF CD25!4!8"IMMUNOREGULATORY T CELLS

by guest on April 3, 2017

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Figura 3. Produzione timica di cellule CD4+CD25hi anergiche/soppressive come funzione chiave del timo nel mantenimento della tolleranza immunologica. Mentre il timo normale elimina le cellule T altamente reattive con antigeni self espressi nel timo, produce

continuamente alcune cellule T CD4+ autoreattive potenzialmente patogene, che persistono nella periferia allo stato quiescente CD25. Il timo normale inoltre produce continuamente cellule CD4+CD25hi anergiche e soppressive, che sopprimono l'attivazione e l'espansione delle cellule T CD4+ autoreattive dallo stato dormiente per CD25. Quando le cellule T immunomodulatorie CD4+CD25hi vengono eliminate

o sostanzialmente ridotte o la loro funzione regolatoria è compromessa, le cellule T autoreattive CD25 si attivano, si espandono e differenziano in cellule T CD25+ effettrici autoimmuni attivate (freccia punteggiata) che possono aiutare le cellule B a formare autoanticorpi (risposta Th2) o condurre reazioni immunitarie cellulo-mediate reclutando cellule infiammatorie, compresi macrofagi attivati (M) (risposta Th1).

Modificato da (24) Itoh M, Takahashi T, Sakaguchi N, Kuniyasu Y, Shimizu J, Otsuka F et al. Thymus and autoimmunity: production of CD25+CD4+ naturally anergic and suppressive T cells as a key function of the thymus in maintaining immunologic self-tolerance. J Immunol. 1999; 162(9): 5317-26.

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controllo mediato da citochine sulle cellule T che potrebbero dare autoimmunità, le cellule Tregs sopprimono altre cellule T sulla superficie di cellule presentanti l’antigene (APC) grazie all’interazione con strutture cellulari affini. L’eliminazione di queste cellule CD4+CD25+CD8- o il danno alla loro funzione anergica/soppressiva può dare malattie autoimmuni nei topi (24). È noto che le cellule Tregs con un profilo di espressione genica peculiare che include PPARγ e alta espressione di IL-10 (interleuchina 10) si accumulano nel tessuto adiposo con l’età. Le cellule T invarianti natural killer (iNKTs), sono un sottotipo specializzato di cellule T e usano i loro recettori TCR per riconoscere lipidi self e non-self presentati come antigeni da cellule CD1d. Queste cellule svolgono un ruolo chiave in diverse condizioni patologiche, come infezioni microbiche, patologie autoimmuni, cancro e allergie. Il loro potenziale immunomodulatorio scaturisce dal modo unico con cui combinano insieme caratteristiche dell’immunità innata e caratteristiche dell’immunità acquisita, funzionando come “ibridi innati-adattativi”. Le cellule iNKTs hanno un recettore αβ TCR che dipende da ricombinazione somatica (caratteristica dell’immunità adattativa) e selezione nel timo, ma rispondono ai segnali di pericolo e alle citochine pro-infiammatorie con un meccanismo più simile all’immunità innata, esercitando le loro funzioni effettrici entro qualche ora dall’attivazione (25) (Figura 4).

Nature Reviews | Immunology

NK cell High‑a nity microbial lipid antigen PRR ligand Pathogen PRR CD1d Lipid TCR Cytokine receptor Cytokine NK cell APC

TCR-dominated activation model Cytokine-dominated activation model Strong TCR signal Strong cytokine signal PRR activation PRR activation Low‑a nity microbial lipid antigen or self lipid antigen eak cytokine

signal eak TCR signal

iNKT cell

Ischaemia–reperfusion injury

An injury in which the tissue first suffers from hypoxia as a result of severely decreased, or completely arrested, blood flow. The restoration of normal blood flow then triggers inflammation, which exacerbates the tissue damage.

receptors that can mediate or regulate their activation, such as phosphatidylserine receptors that may lead to iNKT cell activation in the presence of apoptotic cells139

and adenosine receptors that have been shown to limit iNKT cell activation in ischaemia–reperfusion injury140,141.

Collectively, the insights gleaned from the study of lipid antigens, TCR binding and non-TCR-driven activa-tion of iNKT cells suggest a dominantly innate strategy for antigen recognition and activation. Irrespective of whether the CD1d-presented lipid antigens are α-linked microbial antigens or danger-induced β-linked self anti-gens, the mode of recognition by the TCR is essentially the same, and different lipid antigens impart differ-ent signal strengths rather than differdiffer-ent specificities. During infection, the TCR signal is complemented by what appears to be an equal or even stronger signal from pro-inflammatory cytokines for which iNKT cells con-stitutively express surface receptors. These cytokines, like lipid self antigens, are induced by danger signals, such as microbial patterns. Thus, iNKT cells are acti-vated by the innate-like recognition of danger or of pro-inflammatory signals (FIG. 3). Importantly, this allows for their activation even in the absence of foreign antigen recognition, by virtually any microorganism or non-infectious state in which pathogen-associated molecu-lar patterns or danger-associated molecumolecu-lar patterns are sensed by APCs.

Determining the outcome of iNKT cell activation How can a relatively small population of lymphocytes with a nearly monospecific TCR repertoire have so many strong influences on immune responses? The answer to this lies in the contextual regulation of the multiple effector functions of activated iNKT cells and their rapid production of large amounts of many cytokines. The distinct mechanisms of iNKT cell activation can partially control the resulting effector functions. For example, the activation of iNKT cells with a potent lipid antigen leads to the production of both T helper 1 (TH1)- and TH2-type cytokines,

whereas activation with IL-12 or TLR agonists leads to the production of IFNγ but not to TH2-type cytokine

production14,15. In addition, different lipid antigens

can influence not only the magnitude, but also the quality, of iNKT cell activation. αGalCer variants have been generated that skew iNKT cells to produce either TH1- or TH2-type cytokines102,142–144, and similar

pheno-mena are likely to occur with endogenous antigens and physiologically relevant foreign antigens. The mechanisms by which different lipids lead to polar-ized iNKT cell activation involve CD1d-binding kinetics, the subcellular localization of lipid-loaded CD1d molecules and antigen targeting to different APCs101,116,145,146. Besides the differences in how iNKT

cells are activated, multiple phenotypically distinct

Figure 3 | TCR- and cytokine-driven activation of iNKT cells. Two signals are involved in the physiological activation of invariant natural killer T (iNKT) cells: a T cell receptor (TCR) signal provided by a lipid–CD1d complex; and a cytokine signal that depends on the constitutive expression of certain cytokine receptors by iNKT cells. The left panel shows activation by a strong foreign antigen, which is dominated by the TCR signal and has little dependence on antigen-presenting cell (APC)-derived cytokines that are generated in response to the stimulation of pattern-recognition receptors (PRRs). By contrast, the right panel shows cytokine-dominated iNKT cell activation. In this scenario, PRR-mediated activation of APCs leads to the generation of pro-inflammatory cytokines such as interleukin-12 (IL-12). For cytokine-mediated activation, a TCR signal is still required in most cases and can be provided by a low-affinity microbial lipid antigen or self lipid antigen. The relative contributions of TCR and cytokine signals to iNKT cell activation are likely to be context dependent.

R E V I E W S

108 | FEBRUARY 2013 | VOLUME 13 www.nature.com/reviews/immunol

R E V I E W S

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Figura 4. Attivazione delle cellule iNKTs guidata da TCR e citochine. Due segnali sono coinvolti nell'attivazione fisiologica di cellule T invarianti natural killer (iNKTs): un segnale di T cell receptor (TCR) fornito da un complesso lipidico-CD1d e da un segnale citochinico che dipende dall'espressione costitutiva di alcuni recettori citochinici da parte delle cellule iNKTs. Il pannello a sinistra mostra l'attivazione da parte di un forte antigene estraneo, dominato dal segnale TCR e poco dipendente dalle citochine prodotte dalle cellule presentanti l’antigene (APC) in risposta alla stimolazione dei recettori di riconoscimento dei pattern (PRRs). Al contrario, il pannello a destra mostra l'attivazione di cellule iNKTs dominata da citochine. In questo scenario, l'attivazione mediata da PRR di APC porta alla generazione di citochine pro-infiammatorie come l'interleuchina-12 (IL-12). Per l'attivazione mediata da citochine, nella maggior parte dei casi è ancora necessario un segnale TCR e può essere fornito da un antigene lipidico microbico a bassa affinità o da un antigene lipidico self. I contributi relativi dei segnali TCR e citochinici all'attivazione di cellule iNKTs sono probabilmente dipendenti dal contesto. Modificato da (25) Brennan PJ, Brigl M, Brenner MB. Invariant natural killer T cells: an innate activation scheme linked to diverse effector functions. Nat Rev Immunol. 2013; 13(2): 101-17. doi: 10.1038/nri3369. Epub 2013 Jan 21.

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Sia nei topi che nell’uomo, i livelli sierici di iNKTs correlano negativamente con l’aumento di peso. È stato dimostrato che l’accumulo di iNKTs nel tessuto adiposo promuove un fenotipo anti-infiammatorio nei macrofagi e stimola la proliferazione e la funzione delle cellule Tregs (26). Quindi si pensa che le cellule iNKTs giochino un ruolo protettivo nell’infiammazione indotta da obesità e nella ridotta tolleranza al glucosio (27).

• Macrofagi derivati dai monociti: un modello in vitro per studiare l’immunità innata

propria dei tessuti

I macrofagi derivati da monociti (MDMs) sono considerati un buon modello in vitro di macrofagi che si infiltrano nei tessuti. MDMs possono essere polarizzati, in vitro, in cellule M1 pro-infiammatorie e in cellule M2 anti-infiammatorie, esponendo i monociti a cocktails di citochine/chemochine o a fattori stimolanti le colonie (CSFs) (Figura 5).

Questi due fenotipi rappresentano gli estremi di uno spettro continuo di sottotipi di macrofagi che popolano i tessuti animali e umani e sono l’esempio dell’alto grado di plasticità fenotipica di queste cellule (28,29). L’infiltrazione nel WAT da parte dei macrofagi è un esempio di questa plasticità: negli individui magri predomina il fenotipo dei macrofagi M2, mentre nei pazienti Figura 5. Cascate di segnalazione della polarizzazione dei macrofagi. La figura illustra diversi meccanismi alla base della polarizzazione dei macrofagi e mostra la regolazione retroattiva tra le cascate di segnalazione di M1 e M2. Questi includono l'attivazione di STAT1 mediata dal recettore di IFN-γ, l’aumento di IRF5, NF-κB, così come l'espressione di AP1 mediata da Toll-like receptor 4 (TLR4), l’aumentata espressione di AP1 mediata dal recettore citochinico, l'attivazione di STAT6 e l’aumentata IRF4 mediata dal recettore di IL-4, un aumento del livello di PPARγ mediato dal recettore dell'acido grasso e una maggiore espressione in CREB da TLR4. La regolazione a feedback tra M1 e M2 è attuata da STAT1-STAT6, IRF5-IRF4, NF-κB-PPARγ, AP1-CREB e AP1-PPARγ che svolgono ruoli essenziali nell'iniziazione, nello sviluppo e nella cessazione di malattie infiammatorie. Modificato da (28) Liu YC, Zou XB, Chai YF, Yao YM. Macrophage polarization in inflammatory diseases. Int J Biol Sci. 2014; 10(5): 520-9. doi: 10.7150/ijbs.8879. eCollection 2014.

Int. J. Biol. Sci. 2014, Vol. 10

http://www.ijbs.com 522

Figure 2. Signal pathways of macrophage polarization. The figure illustrates several mechanisms underlying macrophage polarization and shows the feedback regulation between M1 and M2 signal pathways. Those include the activation of STAT1 mediated by IFN-γ receptor, increase in IRF5, NF-κB, as well as AP1 expression mediated by Toll-like receptor 4 (TLR4), enhanced AP1 expression mediated by cytokine receptor, activation of STAT6 and increased IRF4 mediated by IL-4 receptor, increased level of PPARγ mediated by fatty acid receptor, and enhanced expression in CREB by TLR4. The feedback regulation between M1 and M2 are implemented by STAT1-STAT6, IRF5-IRF4, NF-κB-PPARγ, AP1-CREB, and AP1-PPARγ, and they play essential roles in the initiation, development, and cessation of inflammatory diseases.

Infection by Various Pathogens

Bacteria

When tissues are challenged by pathogens, in-flammatory monocytes in circulation are recruited and differentiated into macrophages, which keep a homeostatic status with the resident macrophages in the affected tissues. Generally, macrophages are de-liberated to be polarized toward an M1 phenotype in the early stage of bacterial infection. When the path-ogen associated molecular patterns (PAMPs) pre-sented in bacteria are recognized by pathogen recog-nition receptors (such as Toll-like receptors, TLRs), macrophages are activated and produce a large amount of pro-inflammatory mediators including TNF-α, IL-1, and nitric oxide (NO), which kill the in-vading organisms and activate the adaptive immuni-ty[11]. This mechanism has been considered to be involved in infection with Salmonella typhi, Salmonella

typhimurium, Listeria monocytogenes [21], and the early

phases of infection with Mycobacterium tuberculosis,

Mycobacterium ulcerans, and Mycobacterium avium [22].

If macrophage-mediated inflammatory response cannot be quickly controlled, a cytokine storm is formed, thereby contributing to the pathogenesis of severe sepsis [23].

In order to counteract the excessive inflamma-tory response, macrophages undergo apoptosis or polarize to an M2 phenotype to protect the host from excessive injury and facilitate wound healing [24]. For example, microarray analysis and transcriptional profiling of peripheral blood cells showed that typical

M1 genes and M1-related genes were replaced by M2 signature during treatment or convalescence in pa-tients with typhoid fever [25]. LPS, large molecules in the outer membrane of gram-negative bacteria, play a critical pro-inflammatory role in acute infections. As the infection persists, host may present a LPS-tolerant state, and macrophages are polarized to M2 pheno-type. A recent study has confirmed that the p50 sub-unit of NF-κB served as the key regulator of M2-driven LPS-tolerant state in this transformation [26]. As the excessive injury is reduced, however, M2 phenotype macrophages also induce an immunosup-pressive state, resulting in a more susceptible situa-tion to re-infecsitua-tion, thus relapse may occur or a carrier state may be found.

Virus

Macrophage polarization is also involved in vi-rus infection, and M2 phenotype macrophages can suppress inflammation and promote tissue healing. Influenza virus augments the phagocytic function of human macrophages, which is a major feature of M2 phenotype, to clear the apoptotic cells and accelerate the resolution of inflammation [27]. In severe acute respiratory syndrome (SARS)-Cov infection, M2 phenotype macrophages are critical to regulate im-mune response and protect host from the long term progression to fibrotic lung disease by a STAT de-pendent pathway [28]. In addition, severe respiratory syncytial virus (RSV) induced bronchiolitis is closely associated with mixed M1 and M2 macrophages [29]. IL-4-STAT6 dependent M2 macrophage polarization can attenuate inflammation and epithelial damage,

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obesi si osserva uno spostamento verso il fenotipo pro-infiammatorio M1 (14). Tale fenomeno gioca un ruolo importante nello stato di infiammazione cronica associata all’obesità (30). Nell’obeso gli adipociti rilasciano mediatori pro-infiammatori, come CCL2 (CC chemokine ligand-2) TNF-α, acidi grassi liberi, che inducono il reclutamento e l’attivazione di macrofagi del tessuto adiposo (ATM). Gli ATM attivati secernono citochine pro-infiammatorie, generando un circuito infiammatorio che blocca l’azione dell’insulina negli adipociti con conseguente sviluppo di insulino-resistenza (Figura 6).

Nei topi obesi è stato dimostrato l’accumulo di macrofagi con fenotipo M1 che secernono citochine pro-infiammatorie insieme con gli adipociti, contribuendo all’insulino-resistenza, mentre si ha l’accumulo di macrofagi con fenotipo M2 quando c’è perdita di peso. I macrofagi M2 hanno un ruolo nel promuovere la lipolisi e l’omeostasi tissutale, prevenendo l’infiammazione e promuovendo l’insulino-sensibilità (28).

Oltre a M1 e M2, è stato descritto un altro sottotipo di macrofagi, che costituiscono un marker infiammatorio importante nelle placche aterosclerotiche: i macrofagi carichi di lipidi (lipid laden macrophages - LL-MDMs), noti anche come cellule schiumose, foam cells. LL-MDMs si sviluppano dall’internalizzazione delle lipoproteine modificate, in particolare sotto forma di lipoproteine ossidate a bassa densità (oxLDL), che svolgono un ruolo chiave nella formazione delle foam cells sia in vitro che in vivo (31,32).

Figura 6. I macrofagi classicamente ed alternativamente attivati regolano in modo diverso l’insulino-sensibilità

nell’obesità.

Modificato da (29) Wynn TA, Chawla A, Pollard JW. Macrophage biology in development, homeostasis and disease. Nature. 2013; 496(7446): 445-55. doi: 10.1038/nature12034.

function of tissue parenchymal cells, in this case the white and brown adipocytes.

Liver and pancreas

Liver integrates nutrient, hormonal and environmental signals to main-tain glucose and lipid homeostasis in mammals. Over the past few years, evidence has emerged that Kupffer cells, the resident macrophages of liver, facilitate the metabolic adaptations of hepatocytes during increased caloric intake. During obesity, an imbalance between the uptake, syn-thesis and oxidation of fatty acids results in increased lipid storage in hepatocytes, a key factor in the development of hepatic insulin resistance67.

Interestingly, Kupffer cells directly participate in this process by regulat-ing the oxidation of fatty acids in hepatocytes. An early insight into this process came from studies that identified PPAR-d as an important regu-lator of the IL-4- and IL-13-driven program of alternative macrophage activation58,61. These studies revealed that loss of PPAR-d in myeloid

cells specifically impaired alternative activation of Kupffer cells, resulting in hepatic steatosis and insulin resistance. A similar phenotype was observed when Kupffer cells were depleted in rodents using gadolinium chloride or clodronate-containing liposomes68 Although the precise

factors elaborated by Kupffer cells are still not known, co-culture studies suggest that Kupffer-cell-derived factors work in a trans-acting manner to maintain hepatic lipid homeostasis58,61.

Pancreas functions as an endocrine and exocrine gland in mammals. Recent findings suggest that, analogous to obesity-induced WAT inflammation, high-fat feeding induces the infiltration of macrophages into the insulin-producing islets. In this case, the increased intake of dietary lipids results in beta-cell dysfunction, which induces the expres-sion of chemokines, such as CCL2 and CXCL1, to recruit inflamma-tory monocytes or macrophages into the islets69,70. Consequently, the

secretion of IL-1b and TNF-a by the infiltrating macrophages augments

beta-cell dysfunction, resulting in impaired insulin secretion and hyper-glycaemia in obese mice. Although these reports have elucidated the pathogenic role of macrophages in beta-cell dysfunction, in the future it will be important to determine whether macrophages also participate in the physiological regulation of beta-cell biology as they do during development and pregnancy19.

Macrophages in disease

When tissues are damaged following infection or injury, inflammatory monocytes (Ly6c1in mice) are recruited from the circulation and dif-ferentiate into macrophages as they migrate into the affected tissues4.

These recruited macrophages often show a pro-inflammatory pheno-type in the early stages of a wound-healing response. They secrete a variety of inflammatory mediators, including TNF-a, IL-1 and nitric oxide, which activate anti-microbial defence mechanisms, including oxidative processes that contribute to the killing of invading organisms7.

They also produce IL-12 and IL-23, which direct the differentiation and expansion of anti-microbial TH1 and TH17 cells (T helper cells that express IFN-c and IL-17) that help to drive inflammatory responses forward3. Although these inflammatory macrophages are initially

bene-ficial because they facilitate the clearance of invading organisms, they also trigger substantial collateral tissue damage because of the toxic activity of reactive oxygen and nitrogen species and of TH1 and TH17 cells71. Indeed, if the inflammatory macrophage response is not quickly

controlled, it can become pathogenic and contribute to disease progression, as is seen in many chronic inflammatory and autoimmune diseases72,73.

To counteract the tissue-damaging potential of the inflammatory macrophage response, macrophages undergo apoptosis or switch into an anti-inflammatory or suppressive phenotype that dampens the pro-inflammatory response while facilitating wound healing7. These

regula-tory macrophages often produce ligands associated with development,

IL-4 IL-13 Type 2

immunity

Blood Adipose tissue

IFN-γ Toll ligands

IL-1β, TNF, IL-6 Saturated fatty acids

CCR2 Ly6c CCR2 Ly6c CCL2 OPN Monocyte recruitment Adipocyte IL-1β TNF IL-6 IL-10 IL-1β TNF Omega-3 fatty acids Adiponectin IL-10 IL-10 IL-10 KLF4 PPAR STAT6 JNK IRF3 MR NF-κB Bacterial and viral pathogens Helminths Increased numbers of CAMs in obesity Inflammatory monocytes Increased numbers of AAMs in lean adipose tissue

CCR2 Ly6c CCL2 CCL5 CCL8 Blood ? ? Insulin sensitivity and nutrient storage Lipolysis CAM AAM Mono Mono Mono Treg ILC2 Eos Eos Eos TH1 TH1 TH1

Figure 3|Activated and alternatively activated macrophages differentially regulate insulin sensitivity in obesity. In lean healthy animals, adipose tissue macrophages comprise 10–15% of stromal cells, and express markers that link them with AAMs, which are critical for maintaining insulin sensitivity in adipocytes, partly through the production of 10. Type 2 cytokines such as IL-4 and IL-13, which are derived from a variety of cellular sources, including eosinophils, seem to be important for the maintenance of the AAM phenotype in lean tissues. In contrast, during obesity, Ly6chimonocytes are recruited,

which increases macrophage content to 45–60%. These macrophages, in contrast to normal resident macrophages, express an inflammatory phenotype,

characterized by the production of TNF-a, IL-6 and IL-1b. These inflammatory macrophages decrease insulin sensitivity while facilitating the storage of excess nutrients. The enlarging white adipose tissues in turn release chemokines, such as CCL2, CCCL5 and CCL8, to recruit additional Ly6chiinflammatory

monocytes that exacerbate the process. This mechanism is also enhanced during bacterial and viral infections, so essential nutrients are diverted to lymphocytes, which must use glycolysis to enhance their activation at times of stress. CAM, classically activated macrophage. Eos, eosinophils; ILC2, type 2 innate lymphoid cells; Mono, monocytes.

REVIEW RESEARCH

2 5 A P R I L 2 0 1 3 | V O L 4 9 6 | N A T U R E | 4 4 9

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2. SCOPO DELLA TESI

Lo scopo della mia tesi è di verificare se esistano delle variazioni nelle popolazioni di cellule T che modulano la reattività immunitaria e di caratterizzare il fenotipo dei macrofagi derivati da monociti, in pazienti lipodistrofici e obesi. Altro obiettivo dello studio è di capire se questi cambiamenti siano dovuti alla deplezione grasso in sé che si verifica nella lipodistrofia o alle condizioni dismetaboliche, simili a quelle dei soggetti obesi.

3. MATERIALI E METODI

3.1. Popolazione

I soggetti, tutti di sesso femminile, includono: 16 pazienti lipodistrofiche, 16 donne obese (OB, BMI ≥ 30 kg/m2), 16 soggetti di controllo, normopeso (CNT, BMI < 25 kg/m2) che sono stati reclutati presso il Centro Obesità (Direttore Professor Ferruccio Santini) della sezione di Endocrinologia/Ospedale Universitario di Pisa. Sia le pazienti LD sia quelle OB sono state sottoposte a prelievo di sangue per i test di laboratorio di routine e anche ai CNT, reclutati tra la popolazione generale, è stato chiesto di donare campioni di sangue.

Le pazienti LD presentano diagnosi per diversi tipi di lipodistrofia, tra cui 6 con sindrome di Dunnigan (DUN) (vedi tabella 2). Tutte le pazienti DUN presentavano una mutazione missenso in eterozigosi nel gene LMNA, 5 con sostituzione dell’aminoacido in posizione 482 (circa l'80% dei casi di FPLD2 noti) (33) e 1 in posizione 545 (sostituzione anch’essa già nota) (34 ). Le caratteristiche cliniche di DUN sono riportate in Tabella 3 (vedi Risultati) e non vi è alcuna differenza significativa rispetto alle 10 non DUN. Lo studio è stato approvato dal Comitato Etico locale (Prot 21752) ed è stato condotto secondo la dichiarazione di Helsinki; tutti i partecipanti hanno firmato un consenso informato.

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Tabella 2. Tipi di lipodistrofia diagnosticate alle pazienti oggetto di studio.

3.2. Raccolta di sangue e preparazione di siero autologo

Il prelievo di sangue venoso è avvenuto dopo una notte di digiuno. Sono stati prelevati 6 ml di sangue in tubi trattati con EDTA (K3 EDTA Vacutest®, Vacutest Kima, Italy) per effettuare la citofluorimetria e l’isolamento di cellule mononucleate del sangue periferico (PBMCs = peripheral blood mononucleated cells) e 8-9 ml di sangue in tubi non trattati (Clot activator Vacutest®, Vacutest Kima, Italy) per la preparazione del siero autologo. Il siero autologo è stato

preparato come segue: i campioni di sangue, lasciato coagulare a temperatura ambiente (RT = room temperature) per 30 minuti, sono stati centrifugati a 3000 rpm (revolutions per minute = rotazioni al minuto) per 15 minuti, a 4°C. Il siero è stato quindi accuratamente prelevato dalla fase superfiaciale e usato per la crescita dei macrofagi derivati da monociti, come descritto più avanti (paragrafo 3.5) o conservato a -80°C.

Sottotipo di lipodistrofia Mutazione Numero di pazienti Età Sesso FPL tipo 1 (Sindrome di Kobberling IGNOTA 1 48 F FPL tipo 2 (Sindrome di Dunnigan) LMNA (Arg482Gln) LMNA (Arg482Trp) LMNA (Arg545His) 3 2 1 22, 51, 53 53, 56 17 F F F Lipodistrofia parziale acquisita 5 45,60,27,21,36 F Lipodistrofia generalizzata acquisita 2 35, 6 F Sindrome progerioide - MDPL - Sindrome di Werner atipica POLD1 (Arg507Cys) LMNA (Arg133Leu) 1 1 51 40 F F

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3.3. Analisi di laboratorio

I parametri clinici, misurati su campioni di sangue venoso prelevati dopo una notte di digiuno, sono i seguenti: glicemia, emoglobina glicata (HbA1c), trigliceridi, colesterolo totale, colesterolo LDL (lipoproteine a bassa densità) e HDL (lipoproteine ad alta densità), proteina C reattiva (PCR). Le analisi sono state eseguite dal laboratorio di Chimica Clinica dell’ospedale di Cisanello (Direttore Dottor Pellegrini).

La leptina sierica è stata misurata mediante ELISA (Mediagnost, Germania).

I livelli di lipoproteine a bassa densità ossidate (oxLDL) presenti nel siero sono state misurate mediante kit ELISA disponibili in commercio (Mecordia, Svezia). Questo kit è basato sulla tecnica dell’ELISA sandwich diretto, nel quale due anticorpi monoclonali riconoscono determinanti antigenici diversi, presenti su molecole di apolipoproteina B ossidate. I pozzetti della piastra sono coperti da anticorpi murini monoclonali mAb-4E6 che, durante l’incubazione col campione di siero (diluito 1:6561 con il Sample buffer fornito dal kit, secondo le indicazioni del produttore), legano le oxLDL presenti al suo interno. Dopo il lavaggio, che porta via tutto ciò che non si è legato, si procede con una seconda incubazione con un anticorpo anti-apolipoproteina B umana, coniugato con la perossidasi; questo anticorpo riconosce e lega un altro determinante antigenico sull’apolipoproteina B ossidata. Un secondo lavaggio rimuove l’eccesso di anticorpo che non si è legato, così l’enzima coniugato può essere rivelato in seguito all’aggiunta prima del substrato TMB (3,3’,5,5’-tetramethylbenzidine) per 15 minuti a RT e poi di una soluzione acida che pone fine alla reazione colorimetrica. La lettura è stata eseguita a 450 nm tramite iMarkTM microplate reader Biorad. I risultati sono stati interpolati sulla curva di calibrazione costruita con i calibratori forniti dal kit, ricavandone così la concentrazione delle oxLDL nei campioni che deve essere moltiplicata per il fattore di diluizione (6561).

3.4. Valutazione delle cellule Tregs ed iNKTs circolanti mediante citofluorimetria a flusso

La citofluorimetria a flusso è una tecnica che permette di valutare simultaneamente caratteristiche fisiche diverse di singole particelle, generalmente cellule, quando queste attraversano, in un mezzo fluido, un raggio laser incidente. Le proprietà misurate sono la dimensione relativa, la complessità morfologica (es. granularità) e la fluorescenza relativa (autofluorescenza o in seguito a marcatura delle cellule con anticorpi accoppiati a fluorocromi). Tali informazioni sono ottenute usando un sistema ottico-elettronico accoppiato, che rivela

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come le cellule deviano il raggio laser incidente ed emettono fluorescenza. La deviazione della luce e la fluorescenza sono convertite in impulsi ed analizzate via computer. Le cellule che possono essere analizzate con tale tecnica devono possedere dimensioni comprese tra 0,2 e 150 µm. Ciascuna cellula che passa attraverso la luce incidente viene registrata come un “evento”. La deviazione del raggio luminoso, “scattering”, dipende dalla dimensione e dalla morfologia delle cellule. I fattori che condizionano lo scattering sono la membrana plasmatica, il nucleo e il materiale granulare presente nel citosol.

Esistono 2 sensori per valutare i diversi scattering (Figura 7): - sensore posto di fronte che

rivela il Forward Scattered light (FSC), proporzionale alla dimensione della cellula. - sensore posto a 90° che rivela il Side Scattered light (SSC), proporzionale a parametri di morfologia cellulare (granularità o complessità interna dalla

cellula, rapporto

nucleo/citoplasma).

Dalla combinazione di questi due tipi di segnale si ottiene

un diagramma

bidimensionale, detto citogramma, che permette di discriminare diverse popolazioni cellulari in base a parametri fisici.

Inoltre le cellule marcate con fluorocromi hanno la capacità di assorbire energia luminosa e di riemettere l’eccesso di energia sotto forma di fluorescenza. Le singole cellule vengono così identificate e analizzate sulla base di marcatori antigenici di superficie riconosciuti dall’anticorpo monoclonale, coniugato al composto fluorescente. In una popolazione cellulare

Figura 7: I due tipi di scattering in un citofluorimetro a flusso.

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