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2. La zona meridionale della città 2.1. La Valle dell’Ilisso e i più antichi santuari cittadini

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2. La zona meridionale della città

2.1. La Valle dell’Ilisso e i più antichi santuari cittadini

Tucidide, in un noto passo delle sue Storie1, identifica il nucleo storico più antico di Atene con la zona che, sviluppandosi dalle pendici meridionali dell’Acropoli, si estendeva fino alla Valle dell’Ilisso.

Lo storico, con la sicurezza di chi sta trattando una materia a lui molto familiare, afferma che, grazie a Teseo, l’antico stanziamento di Atene, fatto di piccoli villaggi sparsi, si ampliò fino a diventare la capitale dell’Attica, con un unico Bouleuterion ed un unico Prytaneion, e quella che già ai suoi tempi si chiamava Acropoli era un tempo la polis, insieme alla zona a sud di essa, cioè la valle dell’Ilisso, come dimostra la presenza in questa parte della città dei santuari più antichi:

“Infine fu Teseo, geniale e potente, che ristrutturò l’ordinamento politico del paese e, abrogati i consigli e le magistrature degli altri nuclei urbani, accentrò e fece gravitare la vita amministrativa e civile dell’intera popolazione su quella che ora è la città, mediante l’istituzione di un consiglio e di un pritaneo unico. (…) In ricordo di quel fatto, ancor oggi, dopo tanto tempo, gli ateniesi celebrano in onore della Dea, a spese pubbliche, le solennità Sinecie. Nel periodo precedente a questo, di cui ho trattato, si considerava città quella che attualmente è l’acropoli, e

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soprattutto quella zona di essa che degrada a meridione. Eccone la prova: sorgono appunto nell’area dell’acropoli il tempio di Atena e altri di diversi dei; quelli edificati oltre la cerchia dell’acropoli, si trovano per lo più in questa fascia meridionale della città. Cito il santuario di Zeus Olimpio, del Pizio, di Gea e di Dioniso delle Paludi, in cui onore si solennizzano, nel dodicesimo giorno del mese di Antesterione, le Dionisie più antiche, usanza ancor oggi molto sentita presso gli Ioni, ateniesi d’origine. Altri antichi santuari erano ubicati in questa parte. La fontana che è denominata ora Enneacruno, per significare la sistemazione e l’aspetto che le hanno adattato i tiranni, ma che in antico, quando le polle sgorgavano libere si chiamava Calliroe, era usata in tempi lontani, per la sua vicinanza, nelle occasioni più solenni: da quei vecchi giorni si è tramandato l’uso di utilizzare ancora quell’acqua per le cerimonie di nozze e altri riti festivi. La circostanza che gli insediamenti urbani si raccoglievano, in epoche remote, sull’acropoli, ha mantenuto in vigore, fino ai giorni nostri, la sua denominazione di <città>”2.

Queste parole, che collocano il settore più antico della città alla sua estremità meridionale, sono in contrasto con l’ubicazione del centro politico di Atene ad est dell’Acropoli, creato da Teseo con l’atto di sinecismo, mediante la fondazione di importanti edifici pubblici (Bouleuterion e Prytaneion)3. Sulla scorta delle parole di Tucidide, dunque, si possono distinguere due antichi poli della città, uno a sud-est e uno ad est dell’Acropoli, da considerare, rispettivamente, il più antico insediamento e un suo deliberato ampliamento: si

2 Trad. PICCOLO 2009. 3 Thuc. II, 15, 1-2.

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tratterebbe, dunque, di due successivi centri, il primo attestato dalla costruzione dei più antichi santuari, e il secondo da una serie di attività ed edifici pubblici. Questo ampliamento, stando alle parole dello storico, veniva attribuito a Teseo.

Secondo la tradizione, tramandata dai cronisti attici a cui attinse Plutarco nella redazione della biografia dell’eroe, questa dicotomia topografica rifletteva due distinti momenti nella vita di Teseo: infatti, le vicende del valoroso giovane arrivato ad Atene, del suo riconoscimento da parte di Egeo e della sua partenza per Creta si svolgono tutte nella parte sud-orientale di Atene, specialmente nel santuario di Apollo Delphinios, ovvero il palazzo di Egeo4; gli episodi legati al Teseo re, invece, sono ambientati tutti ad est dell’Acropoli, nella vecchia agorà, dove vennero da lui convocati in assemblea tutti gli abitanti dell’Attica, mediante la fondazione di un unico Bouleuterion e di un unico Prytaneion5.

Questa sorta di bipolarismo dell’Atene delle origini appare confermata dagli storici locali e dagli antiquari, che arricchiscono il quadro tucidideo di dettagli preziosi, ribadendo lo strettissimo legame che intercorreva tra l’Acropoli e l’Ilisso, e tra quest’ultimo e gli altri poli dell’Atene primitiva, come l’archaia

agora o il Falero, sia nell’ambientazione dei miti degli albori che nei percorsi

sacri e processionali di molte delle principali feste dell’età storica, che di tali miti conservavano spesso memoria negli aitia di fondazione e nella ritualità. Ad esempio, le vicende dei primi re risultano spesso divise tra l’Acropoli, luogo di residenza, talvolta di sepoltura, oltre che del culto di Atena, e l’Ilisso, sede di altri importanti culti6. Inoltre, a supplemento e integrazione di Tucidide, la tradizione

4 Pluth., Thes. 12, 2-6; 14, 1; 18, 1-2. 5 Pluth., Thes. 24, 1-4; 25, 1.

6 Si pensi, ad esempio, a Cecrope, il primo a regnare in una data fissata dalla cronografia antica tra

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storiografica locale ambientava presso l’Ilisso anche episodi salienti della saga dei Teseidi.

Il settore meridionale di Atene, delimitato a nord dall’Acropoli, ad ovest dalla collina delle Muse e a sud dalla sponda meridionale dell’Ilisso, è diviso in due distretti molto diversi per vocazione e destinazione: quello settentrionale, a partire dalle basse pendici della rocca, consisteva in uno spazio abitativo densamente occupato a cominciare dalle fasi insediative più remote e fino alla fine dell’antichità; quello meridionale, periferico, era solcato dal principale corso d’acqua della città, un torrente stagionale che dalle sorgenti dell’Imetto sfociava nella baia del Falero. La presenza dell’Ilisso ne fece uno dei suburbi più ambiti di Atene e la sede, fin dalle epoche più antiche, di una serie di culti che, per numero e concentrazione, appare confrontabile solo con quelli dell’Acropoli e delle sue pendici.

Dai piedi della rocca il terreno scende fino alla riva del fiume, con una pendenza a tratti anche notevole; l’unica emergenza significativa sulla riva destra del torrente è la bassa collina su cui sorge l’Olympieion, che si prolunga a sud-ovest in uno sperone roccioso, cosiddetto “di Ghe”. Invece, sulla riva sinistra, si snoda, a breve distanza dal corso dell’Ilisso e parallela ad esso, una dorsale di bassi rilievi che superano anche i 100 m, tra i quali spicca la collina cd. “del mulino”7 (figg. 43-44).

Titani Kronos e Rhea, legato a una festa, i Kronia, che ancora si celebrava in età classica. Oppure si pensi a Deucalione, l’unico sopravvissuto al diluvio universale, destinato a essere, con la moglie Pirra, l’artefice della genesi di una nuova stirpe umana, che, durante il regno di Cranao, successore di Cecrope (1506-1497 a. C.), avrebbe costruito ad Atene il primo tempio in onore del padre degli dei, l’Olympieion, nei pressi della crepa attraverso la quale erano defluite le acque del cataclisma: in età storica, essa era al centro di un rito di commemorazione annuale, verosimilmente chiamato

Hydrophoria (GRECO 2011, pp. 373-374).

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Fig. 43. L’area dell’Ilisso (GRECO 2011, p. 370, fig. 198).

Fig. 44. Veduta della zona dell’Ilisso in una fotografia degli anni ’60 dell’Ottocento: in primo piano, l’Arco di Adriano e l’Olympieion; sullo sfondo, l’alveo dell’Ilisso e, sulla sponda opposta, il

quartiere di Metz e la collina coronata del mulino (GRECO 2011, p. 371, fig. 199).

Dal punto di vista della ricostruzione topografica, l’area pone molti problemi dovuti alla difficoltà di conciliare una quantità molto ricca di notizie tramandate dalle fonti antiche, letterarie ed epigrafiche, con resti archeologici molto poveri e discussi.

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A fornirci una descrizione esaustiva della zona meridionale di Atene e dei suoi monumenti è ancora una volta Pausania, il quale visita la valle dell’Ilisso dopo essere stato nell’antica agorà. “Scendendo dal Pritaneo verso la parte bassa

della città”8, il periegeta incontra innanzitutto il tempio di Serapide, il cui culto fu importato dall’Egitto; il tempio di Ilizia9; il santuario di Zeus Olimpio10, il cui

recinto, ampio quattro stadi, ospitava “una statua bronzea di Zeus, un tempio di

Kronos e Rhea e il santuario di Ghea chiamata Olimpia”11. Dopo l’Olympieion,

Pausania incontra una statua di Apollo Pythios e il tempio dedicato ad Apollo

Delphinios12 e, nella località chiamata “Giardini”, il tempio di Afrodite, la cui statua era opera di Alcamene13; proseguendo, viene menzionato il Cinosarge, luogo sacro ad Eracle, il Liceo e la tomba di Niso, re di Megara ucciso da Minosse14. Infine, passato l’Ilisso, Pausania incontra, nella località di nome Agre, il tempio di Artemide Agrotera e lo stadio costruito da Erode Attico15, per poi

tornare indietro fino al Pritaneo, ripercorrendo nuovamente la Via dei Tripodi, e raggiungere il teatro di Dioniso.

Per quanto riguarda le sfuggenti evidenze archeologiche, è innegabile che a sud dell’Acropoli, oltre che naturalmente sulla rocca, si trovi quasi la totalità delle testimonianze archeologiche relative alle fasi più antiche dell’occupazione della città e che, fin dall’inizio, i due poli indicati dalla tradizione sembrino configurarsi come due nuclei insediativi distinti e coevi.

8 Paus. I, 18, 4 (Trad. BESCHI, MUSTI 1983). 9 Paus. I, 18, 5.

10 Paus. I, 18, 6-8.

11 Paus. I, 18, 7 (Trad. BESCHI, MUSTI 1983). 12 Paus. I, 19, 1.

13 Paus. I, 19, 2. 14 Paus. I, 19, 3-5. 15 Paus. I, 19, 6.

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Nell’Antico Elladico, le tracce di abitato si concentrano sulle pendici dell’Acropoli, in continuità con la precedente occupazione neolitica, ma all’Ilisso è stata scoperta una delle due tombe ateniesi note per questo orizzonte cronologico, segno di un’occupazione stabile dell’area. Anche per il Medio Elladico i dati provengono soprattutto dalle pendici della rocca, sebbene in questo periodo l’occupazione sia meglio attestata anche a sud, dove si registra il rinvenimento di resti di case e di tombe. Nel Tardo Elladico, la zona meridionale di Atene sembra continuare a condividere il primato con l’Acropoli.

L’occupazione non sembra interrompersi sul finire dell’Età del Bronzo, come ha dimostrato il rinvenimento di varie tombe sub-micenee in tutte le aree frequentate in precedenza, alle pendici del Museion, nel settore orientale, lungo la via del Falero e nell’area dell’Ilisso; tuttavia, si tratta di piccoli gruppi, composti da una decina di sepolture al massimo, per nulla confrontabili con le grandi necropoli strutturate del Ceramico e della periferia orientale della città16.

Nei primi secoli del I millennio (X-VIII sec. a. C.) il quadro si arricchisce ulteriormente, diventando più tangibile la presenza a sud dell’Acropoli di una delle komai che probabilmente costituivano l’Atene dell’epoca. La maggior parte delle testimonianze, comunque, è di ambito funerario: i sepolcreti lungo la via del Falero continuano ad essere frequentati, mentre sono state rinvenute altre sepolture a nord dell’Olympieion, lungo la strada identificata con l’Hestia Odos, che si dipartiva dalle pendici orientali dell’Acropoli. Tuttavia, accanto alle evidenze funerarie, sono note anche tracce di abitato (frammenti ceramici, pozzi e qualche struttura) e le indagini recenti presso l’edificio Weiler hanno portato alla luce i resti di un abitato tardo-geometrico strutturato, con ricchi depositi di

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materiali, muri, lacerti di pavimenti, pozzi e una fornace ceramica di poco più antica di quella rinvenuta presso la Tholos dell’agorà17.

Il VII sec. a. C. sembra rappresentare anche nell’area meridionale, come in quasi tutta Atene, una cesura radicale, dal momento che la frequentazione funeraria cessa completamente e si riducono le tracce relative all’abitato. A partire dalla metà del secolo, tuttavia, una certa ripresa sembra indicata proprio nell’ambito dei culti.

I dati tornano a crescere nel VI sec. a. C., quando l’abitato appare ancora prevalentemente concentrato a sud dell’Acropoli, su terrazze create mediante la costruzione di imponenti muri di sostegno, e una situazione analoga si ripropone anche nella fascia immediatamente a ridosso. Per quanto riguarda i santuari, l’Ilisso continua a condividere il suo primato con l’Acropoli e un tempio generalmente datato all’età alto-arcaica costituisce la prima fase dell’Olympieion18.

Di fatto, però, furono soprattutto i tiranni a dedicare grande attenzione ai santuari dell’Ilisso, legando il loro nome a tre monumenti e realizzando nel settore meridionale della città alcuni degli interventi portanti del loro programma urbanistico. Il primo di questi edifici è il tempio in onore dell’Apollo di Delfi, il

Pythion, la cui costruzione viene attribuita dalla tradizione lessicografica a

Pisistrato; al tiranno o, in alternativa, ai suoi figli, la tradizione riferisce anche la costruzione di un nuovo tempio di Zeus Olympios, mai finito a causa della caduta del loro potere; infine, agli stessi Pisistratidi le fonti attribuiscono la monumentalizzazione della Kallirhoe nella valle del fiume, la sorgente naturale

17 GRECO 2011, p. 376. 18 GRECO 2011, pp. 377-378.

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ricordata già da Tucidide come fonte alla quale era consuetudine da tempi antichissimi attingere l’acqua usata nelle varie cerimonie sacre19.

Il primo santuario menzionato dallo storico in questa zona è quello dedicato a Zeus Olympios, il più imponente edificio templare costruito in onore della massima divinità olimpica nella Grecia propria. Situato su una bassa cresta che domina da nord-ovest la valle dell’Ilisso, è menzionato in numerosissime fonti, non sempre, però, di chiara interpretazione se confrontate con i dati archeologici20. Le difficoltà maggiori riscontrate nella storia degli studi sono state

causate dalla frequentazione continua dell’area, interessata dalla costruzione di numerosi edifici e dall’impiego ininterrotto nel corso dei secoli del materiale architettonico relativo al tempio.

Il tempio ha avuto almeno cinque fasi principali (dal VI sec. a. C. ca. all’età romana), ma in questa sede riveste particolare interesse la prima, datata in età alto-arcaica21. Attribuibile a questo periodo è stato individuato solo un tratto della fondazione, in calcare dell’Acropoli, che correva in direzione nord-sud all’interno della cella dell’ultima fase del tempio, così come i suoi limiti a nord-est e a sud-ovnord-est. Essa era relativa ad un periptero in poros, ricostruito con 8 x 16 colonne, che attesta l’antichità della scelta del luogo di culto legato alla mitica fondazione di Deucalione22, la cui tomba, secondo le fonti, era situata nei pressi del tempio23.

19 Thuc. II, 15, 3.

20 GRECO 2011, pp. 458-463.

21 Non è stata ancora chiarita l’interpretazione di alcune fondazioni di età geometrica (VIII sec. a.

C.) rinvenute a sud del temenos dell’Olympieion, in un’area di necropoli (attiva dal submiceneo all’età geometrica), attribuite o al culto di Apollo Delphinios (TRAVLOS 1971) o a quello di Zeus (ROBERTSON 1992).

22 Mar. Par. FGrHist 239 A4. 23 Paus. I, 18, 8.

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Mancano notizie sicure sulla cronologia di questo primo impianto, ma è stato proposto come teminus post quem la riforma di Solone, cui si attribuisce l’introduzione del piede attico, utilizzato nella modulazione del tempio24.

L’attribuzione a Solone della fondazione di un luogo destinato al culto di Zeus, insieme al tempio di Atena sull’Acropoli, sarebbe avvalorata dalla presenza esclusiva di queste due divinità negli scritti del legislatore e dal fatto che si tratta degli unici culti sicuramente attestati archeologicamente ad Atene prima del VI sec. a. C. Non a caso, questo santuario è citato da Tucidide tra le “prove” dell’antichissima Atene a sud dell’Acropoli25.

Pausania26 riferisce quanto ai suoi tempi, cioè poco dopo la metà del II sec. d. C., era ancora visibile all’interno del peribolo dell’Olympieion e nelle sue immediate adiacenze settentrionali, davanti al propileo di accesso. Accanto alle opere contemporanee, per lo più di statuaria, il periegeta ricorda anche una serie di

archaia ugualmente ubicati en to periboloi: una statua bronzea di Zeus, un naos di

Kronos e Rhea e un temenos di Ghea Olympia. Quest’ultimo, viene precisato, si trovava presso una crepa naturale del terreno, di circa un cubito, attraverso la quale erano defluite le acque del diluvio scatenato da Zeus ai tempi di Deucalione, il mitico fondatore del santuario ateniese del dio27. Qui gli Ateniesi gettavano ogni anno farina di grano mista a miele, probabilmente nell’ambito di una cerimonia nota da altre fonti, chiamata Hydrophoria, di cui si avrà modo di parlare.

24 TÖLLE-KASTENBEIN 1994, pp.15-33. 25 GRECO 2011, p. 459.

26 Paus. I, 18, 6-8.

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Il santuario di Ghe Olympia è menzionato anche da Tucidide28, nell’elenco dei luoghi di culto più antichi della città, e da Plutarco29.

Anche il culto di Kronos e Rhea è menzionato altrove e considerato molto antico. Filocoro, infatti, attribuiva al primo re di Atene Cecrope, e quindi a un’età precedente al diluvio, la fondazione di un altare in onore dei due Titani30. Secondo la tradizione, questo re avrebbe istituito contestualmente anche un pasto rituale a base di cereali e frutti della terra, che schiavi e padroni consumavano assieme in onore delle due divinità31. In età classica, i Kronia cadevano al culmine

dell’estate, il 12 di Ecatombeone (luglio-agosto), nel mese che nell’Atene delle origini, ai tempi di Teseo, era chiamato proprio Kronios, a testimoniare l’importanza della ricorrenza32.

Tuttavia, gli scavi compiuti all’interno del peribolo del tempio di Zeus e nell’area situata immediatamente a nord di esso, non hanno individuato tracce riconducibili con certezza a nessuno di questi monumenti indicati dagli autori antichi. Inoltre, rimane da capire se all’interno del santuario ci fossero anche altri

archaia, non menzionati da Pausania, come il monumento che commemorava

un’Amazzone, su cui le fonti appaiono non del tutto concordi. Plutarco, ad esempio, pone presso lo hieron di Ghe Olympia una stele attribuita da alcuni ad Antiope, l’Amazzone venuta ad Atene con Teseo e caduta combattendo al suo fianco contro le compagne, quando esse invasero l’Attica per vendicare la spedizione greca contro Temiscira33. Del resto, nella zona sud-orientale della città,

28 Thuc. 2, 15, 4. 29 Pluth., Thes. 27, 6.

30 FGrHist 328 F97; Mar. Par. FGrHist 239 A4. 31 FGrHist 328 F97.

32 Pluth., Thes. 12, 2; Hsch., Phot., Suid. s.v. Kronia. 33 Pluth., Thes. 27.

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la tradizione poneva il teatro di una delle due battaglie cruciali tra Teseo e le Amazzoni, la cui ala sinistra fu attaccata a tenaglia dal Palladion, dal Liceo e dall’Ardetto34.

Tra i santuari più antichi della valle dell’Ilisso c’era senza dubbio quello di Apollo Delphinion, in cui il dio era venerato come protettore dei naviganti, in ricordo di un episodio legato alla fondazione del santuario del dio a Delfi35. Questo culto, secondo la tradizione, sarebbe stato istituito da Egeo al suo ritorno da Delfi, dove si era recato per consultare l’oracolo in merito alla mancanza di discendenza. Il nuovo santuario, infatti, in cui era venerata anche Artemide

Delphinia, sorse vicino alla casa del re36.

Grazie alle testimonianze degli autori antichi, capiamo che tale santuario era strettamente legato alla figura di Teseo, in quanto, presso di esso o nelle sue immediate vicinanze, si svolsero la gran parte degli episodi cruciali della vita dell’eroe. Al suo arrivo da Trezene in cerca del padre, il giovane diede una prima dimostrazione del suo valore ai carpentieri che stavano ultimando il tetto del tempio e che lo avevano deriso per il suo aspetto femmineo, sciogliendo dal giogo una coppia di buoi e scaraventandoli in aria37. Poco dopo, si tenne nella dimora di Egeo, e quindi presso il santuario, il banchetto durante il quale l’anziano re, non avendo ancora riconosciuto nello straniero suo figlio, intendeva avvelenarlo, ma la pozione finì a terra proprio nel punto in cui, nel successivo Delphinios, si trovava un recinto chiamato periphrakton, la cui funzione non è chiara38. Ad Apollo

34 Pluth., Thes. 27, 5.

35 Secondo la tradizione, Apollo si era procurato i primi sacerdoti dirottando, sotto le sembianze di

un delfino, una nave di Cretesi diretta a Pilo (h. Ap. 388-545).

36 Pluth. Thes. 12, 6; Lex Patmense in D, 23, 74; Poll. 8, 119 e AB 1, 255, 19 s.v. epi Delphinioi. 37 Paus. I, 19, 1.

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Delphinios Teseo fu poi costantemente devoto: in suo onore, sacrificò il toro di

Maratona39 e, alla vigilia della partenza per Creta, nella spedizione contro il Minotauro, gli offrì il ramo d’ulivo avvolto nella lana, la hiketeria, simbolo dei supplici, raccomandandogli la salvezza dei giovani sorteggiati per il sacrificio al Minotauro40. Al suo ritorno, l’eroe adempì il voto con la celebrazione di una panspermia di legumi e con la dedica al dio dello stesso ramo di ulivo, ora ricoperto di primizie e chiamato eiresione, a simboleggiare la fine della carenza di figli che, a causa del periodico tributo di vite umane, aveva colpito gli Ateniesi41.

Le vicende connesse alla saga di Teseo, e in particolare all’impresa cretese, sono l’aition di fondazione di una serie di riti che nell’età storica coinvolgevano il santuario. Plutarco riferisce che il sesto giorno del mese di

Mounichion (aprile-maggio), giorno della partenza dell’eroe per Creta42, le fanciulle ateniesi solevano andare a supplicare il dio al Delphinion recando la

hiketeria43.

Questo edificio svolge anche un ruolo fondamentale nella festa di

Pyanopsia44, il 7 di Pianepsione (ottobre-novembre), giorno del ritorno di Teseo

da Creta, quando una panspermia e l’offerta dell’eiresione replicavano i riti

39 Pluth., Thes. 14, 1; secondo Pausania, invece, l’episodio ha avuto luogo sull’Acropoli (Paus. I,

27, 10).

40 Pluth. Thes. 18, 1.

41 Pluth. Thes. 22, 4-7; cfr. 17, 1.

42 Questo era anche il giorno sacro ad Artemide, sorella del dio, anch’ella adorata nel Delphinion

(Poll. VIII, 119; IG II2 3725).

43 Pluth. Thes. 18, 2. Robertson spiega questa incongruenza tra la storia mitica, in cui la supplica

veniva effettuata dai fanciulli di entrambi i sessi, e la sua commemorazione storica, in cui erano coinvolte le sole fanciulle, ipotizzando che la supplica delle fanciulle fosse relativa alla festa di Artemide, adorata nel Delphinion, mentre nel giorno della festa di Apollo (in realtà, il 7 di

Mounichion) è più logico pensare che i supplici fossero dei fanciulli (ROBERTSON 2005, pp.

58-59). Comunque, le opinioni dei moderni sulla ricorrenza divergono: alcuni studiosi la chiamano

Hiketeria, ipotizzando così una festa non altrimenti nota, mentre altri la identificano con i Delphinia, una celebrazione in onore di Apollo attestata anche in altre poleis del mondo greco;

altri ancora preferiscono connetterla piuttosto ad Artemide Delphinia (GRECO 2011, pp. 471-472).

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compiuti dall’eroe e costituivano il nucleo della festa prima menzionata che prendeva nome dalla purea di fave (pyanion) cucinata per l’occasione45.

È ipotesi moderna46, invece, che il Delphinion fosse anche il luogo di

svolgimento degli Hekatombaia, una festa in onore di Apollo Hekatombaios, che probabilmente smise di essere celebrata ben prima dell’età classica, ma la cui importanza sembra testimoniata dal fatto che da essa prendeva il nome il primo mese del calendario ateniese (luglio-agosto), chiamato in origine Kronion e poi, a un certo punto, Hekatombaion47. Le principali testimonianze a riguardo giunte

sino a noi sono quelle di Bacchilide48, Ovidio49, Plutarco50 e Pausania51, ma le informazioni fornite sono piuttosto scarse. La festa viene interpretata come un originario e antichissimo rituale di ingresso dei neo-cittadini nel corpo civico sotto la tutela di Apollo52, il cui aition di fondazione sarebbe da identificare nella cerimonia pubblica che seguì il riconoscimento di Teseo, nel corso della quale Egeo presentò al resto della cittadinanza l’eroe come suo figlio53.

Al suo importante ruolo religioso si aggiunge anche quello che l’edificio svolgeva in campo istituzionale, dal momento che all’epoca di Pausania il santuario ospitava ancora il tribunale del Delfinio, una delle cinque corti ateniesi deputate ai delitti di sangue, che giudicava gli assassini che avevano agito per legittima difesa, la cui fondazione è anch’essa collegata all’epopea di Teseo. Esso,

45 Pluth., Thes. 22, 4-7; Ath. 9, 408a; cfr. Harp. s.v. Pyanopsia; Poll. 6, 61; Phot. s.vv. Pyanepsia e

Pyanepsion; Suid. s.v. Pyanepsionos.

46 ROBERTSON 1992, pp. 3-21. 47 AB 1, 247, 1-2 s.v.; EM 321, 1 s.v. Hekatombaion; cfr. Hsch. s.v. Hekatombaios; cfr. F, 33. 48 Bacch. Dithyr. 17. 49 Ov. Met. 7, 404-52. 50 Plut. Thes. 12, 2-6. 51 Paus. I, 19, 1.

52 Robertson (cit.) ritiene che il tempio di Apollo Delphinios, proprio per questa funzione, doveva

avere un ampio spazio aperto adatto a contenere l’assemblea dei cittadini.

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infatti, venne istituito per celebrare il processo a cui l’eroe fu sottoposto per i numerosi assassinii di cui si era macchiato, prima dei briganti incontrati lungo la strada da Trezene ad Atene e poi dei Pallantidi ribelli54, e da cui fu assolto.

Occasionalmente, esso era anche sede di giuramenti prestati davanti agli arbitri popolari (diaitetai) in casi in cui occorreva certificare la paternità legittima, e quindi la cittadinanza, di un individuo e non è escluso che ciò avvenisse proprio in memoria del fatto che il santuario di Apollo era stato il luogo dell’antico riconoscimento di Teseo da parte di Egeo55.

I dati sull’ubicazione del Delphinion sono rari, ma l’unico ancoraggio topografico certo è Pausania56, che lo menziona subito dopo la statua di Apollo

Pythios, nelle immediate vicinanze dell’Olympieion. Tuttavia, l’incertezza che

riguarda anche la localizzazione del Pythion rende l’informazione poco utile e neppure le poche dediche votive riferibili al culto57, tutte relativamente tarde e

problematiche, sono di grande aiuto. Desta molte perplessità, inoltre, che il santuario non venga menzionato da Tucidide nel noto passo sui luoghi di culto ancestrali di Atene presso l’Ilisso58, dove ci si aspetterebbe di trovarlo, sia per la

sua antichità che per la sua posizione.

Secondo l’iniziale ipotesi di Travlos, ampiamente condivisa, il santuario era a nord dell’Olympieion, per l’identificazione della Porta IX con quella di Egeo59. In seguito, però, le scoperte a sud del tempio di Zeus Olympios lo portarono a rivedere la teoria e l’identificazione della Porta di Egeo si spostò

54 Paus. I, 28, 10. 55 GRECO 2011, p. 472. 56 Paus. I, 19, 1. 57 IG II2 3725, 4743, 4851. 58 Thuc. II, 15, 3-6. 59 TRAVLOS 1960, pp. 46, 53.

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conseguentemente a quella delle mura tardo-romane (Porta X)60. Ma continuano a mancare prove definitive in questa direzione61.

L’altro santuario dedicato ad Apollo in questa parte della città è il Pythion, annoverato da Tucidide tra i santuari più antichi di Atene. Lo storico, però, non precisa le circostanze della fondazione del culto dell’Apollo di Delfi. Invece, una ricca tradizione attribuisce a Pisistrato la costruzione di un naos, il cui cantiere sarebbe stato finanziato con una tassa straordinaria, che avrebbe causato molto malcontento tra i cittadini e ripetuti episodi di vandalismo62.

Tuttavia, la paternità pisistratea del Pythion rimane discussa63, ma in ogni caso esso, che in età classica era legato alla commemorazione delle vittorie coregiche conseguite nella festa delle Tharghelia64, va messo in relazione con la famiglia dei Pisistratidi, come attestato dall’altare, ricordato anche da Tucidide65,

che Pisistrato il Giovane consacrò al dio nell’anno del suo arcontato (522/1 a. C. ca.), la cui iscrizione fu trovata in situ66.

In realtà, è probabile che questo culto ad Atene sia stato solo incrementato nell’età della tirannide, e che il naos e, successivamente, l’altare, dedicato da Pisistrato, figlio di Ippia, siano stati realizzati in un temenos già esistente67. Infatti, la stretta connessione del Pythion ateniese con le Apaturie e, soprattutto, con i

60 TRAVLOS 1971, pp. 83-90.

61 Di recente, è stato ipotizzare di ubicare il Delphinion nell’area intramuranea situata alle spalle

della Porta XI, da identificare, pertanto, con quella di Egeo (ROBERTSON 2005), ma l’ipotesi si basa su una nuova proposta di ricostruzione del percorso di Pausania che necessita di ulteriori conferme.

62 Zen. s.v. en Pythioi kreitton en apopatesai; Hsch. s.v. en Pythioi chesai; Phot. s.v. Pythion;

Suid. s.vv. Pythion e en Pythioi kreitton en apopatesai.

63 GRECO 2011, pp. 430-431. 64 ROBERTSON 2005, p. 53. 65 Thuc. 6, 54, 6-7.

66 GRECO 2011, p. 29; pp. 430-431. 67 FICUCIELLO 2008, p. 28.

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Thargelia68 e con i rituali di purificazione connessi a questa festa ancestrale,

farebbero propendere per un radicamento del culto in un’epoca più remota rispetto al VI sec. a. C.

Inoltre, anche questo santuario è strettamente legato alla figura di Teseo, in quanto menzionato nel racconto del ritorno dell’eroe da Creta69; e questo è il

luogo in cui la tradizione ambienta l’incontro dell’eroe con Eracle70, presentatosi

al giovane Teseo con un tripode votivo71.

Da un punto di vista topografico, la localizzazione del Pythion rimane ancora oggi molto controversa72. Grazie al cenno topografico contenuto in Strabone73, capiamo che il santuario doveva essere ubicato in prossimità delle mura, ma non si sa se all’interno del circuito o fuori di esso. Tuttavia, una legge sacra ellenistica di riorganizzazione dei Tharghelia nel 129/8 a. C.74 colloca inequivocabilmente en Kepois sacrifici e processioni da celebrare durante le feste, facendo legittimamente pensare che anche il Pythion si trovasse nei “Giardini”, il sobborgo di Atene celebre soprattutto per il santuario di Afrodite, che le fonti indicano come extramuraneo e prossimo all’Ilisso75. Purtroppo, però, la precisa

localizzazione di questo distretto rimane incerta.

L’unica traccia concreta per l’ubicazione del Pythion viene dalla serie di rinvenimenti epigrafici sicuramente pertinenti al santuario: il coronamento

68 Suid., s. v. Πύθιον (…). 69 Pluth., Thes. 22, 4-7. 70 E. Supp. 1197-1200. 71 Pluth., Thes. 22, 7.

72 Sulla posizione del Pythion grava da molto tempo un’ipotesi storiografica fuorviante, risalente a

Dörpfeld (W. Dörpfeld, Die Ausgrabungen am Westabhange der Akropolis. II. Das Lenaion oder

Dionysion in den Limnai, AM 20, 1895, pp. 161-206), che localizzava il santuario e l’eschara di

Zeus Astrapaios sulle pendici nord-occidentali dell’Acropoli. Ma Tucidide, Strabone e Pausania non lasciano dubbi sull’ubicazione del Pythion nell’area dell’Ilisso (GRECO 2011, pp. 432-433).

73 Str. IX, 2, 11. 74 SEG 21, 469, 26-27. 75 GRECO 2011, p. 433.

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dell’altare di Pisistrato il Giovane, scoperto fuori contesto nel 1877 in prossimità dell’Ilisso, e oltre quindici basi di tripode recuperate a più riprese, sempre in giacitura secondaria, nella zona sud-orientale di Atene, tra la cinta e l’Ilisso, dove oggi si localizza il santuario76.

Ultimamente, però, c’è chi propende per una sua ubicazione a sud dell’Olympieion sulla base di una nuova ricostruzione del percorso di Pausania77,

ma la localizzazione del tempio in tale spazio e la sua collocazione all’interno o all’esterno della cinta muraria, rimane problematica. L. Ficuciello78 ritiene che

l’edificio attribuito da Travlos al culto di Kronos e Rhea79 corrisponda in realtà al

Pythion.

Un altro antico santuario ricordato da Tucidide tra i più antichi luoghi di culto a sud dell’Acropoli era dedicato al Dioniso ἐν λίμναις. Esso era definito “il più antico e il più sacro fra i templi di Dioniso”80 ed era al centro, non a caso, di

un’importante festività dedicata al dio e legata all’inizio della primavera, all’apertura delle botti di vino nuovo e al ritorno dei defunti antenati nel mondo dei vivi, le Anthesteria, ricorrenza festiva di tutti gli Ioni, considerata da Tucidide la più antica festa dionisiaca ateniese81. Esse si svolgevano dall’11 al 13 di Antesterione (tra febbraio e marzo) e la loro direzione, come per le Lenee, spettava al basileus.

76 GRECO 2011, p. 433.

77 ROBERTSON 2005. Una voce isolata (W. Aly, Delphinios. Beiträge zur Stadtgeschichte von

Milet und Athen, Klio 11, 1911, pp. 1-25) ha proposto, senza alcun seguito, di considerare il Pythion tutt’uno con il Delphinion, ipotesi che consentirebbe di risolvere molti problemi

interpretativi e che meriterebbe di essere approfondita, anche considerando la contiguità tra i due culti attestata chiaramente da Pausania.

78 FICUCIELLO 2008, p. 30 79 TRAVLOS 1971, pp. 292-293. 80 Dem., Neaera 76.

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Nel primo giorno, Pithoighia (“apertura degli orci”), si spillava il vino nuovo e lo si offriva a Dioniso Limneo; esso, diluito con acqua, veniva quindi consumato collettivamente dalla folla radunata nel santuario delle Paludi. Alla fine di questo primo giorno, con ogni probabilità, apparteneva la cerimonia descritta da Fanodemo, il maggiore storico nell’Atene di Licurgo: “In prossimità

del santuario di Dionysos en limnais gli Ateniesi solevano miscelare, spillandolo dalle botti, il nuovo vino, che vi avevano trasportato, per il Dio e per poi assaggiarne essi stessi. Da ciò Dionysos fu chiamato Limnaios, perché il dolce vino, essendo stato combinato con l’acqua, fu bevuto per la prima volta come una miscela (…)”82.

Dalle fonti, sappiamo anche che il tempio di Dioniso era aperto solo un giorno all’anno, il 12 di Antesterione83, cioè il secondo giorno di festa. Questa

giornata era chiamata Choes dal nome dei “boccali” utilizzati nei certamina potori che si tenevano a fine giornata in privato, nelle case, ma anche, in forma più ufficiale nel Thesmotheteion84. Le gare rituali, che consistevano nello scolare, al suono della tromba, la propria quantità di vino fino all’ultima goccia, si chiudevano nel Limneo, ove venivano dedicate le corone indossate dai concorrenti, avvolte attorno al boccale. L’aition del rituale è individuato nell’episodio dell’arrivo di Oreste ad Atene e nel suo accoglimento da parte di Pandione o Demofonte, prima del processo e dell’assoluzione, quando, affinché i cittadini non fossero contaminati, ciascuno ricevette un chous per bere

82 Fanodemo, FGrHist 325 fr. 12.

83 Ce ne parla Demostene dicendo che “le qualifiche della basilinna erano poste nel più antico e

sacro santuario di Dionysos a Limnae, così che pochi potessero conoscere ciò che vi era scritto; poiché solo una volta all’anno è aperto, il dodici del mese di Anthesterion.” (Dem., Neaera 76).

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separatamente, e le corone, che erano state indossate sotto lo stesso tetto di Oreste, furono avvolte attorno ai vasi e così dedicate nel santuario85.

Il terzo giorno, era quello dei Chytroi (“pentole”), quando in ogni casa si faceva bollire il pasto a base di granaglie (panspermia), offerto ad Hermes

Chthonios86. Il carattere dell’offerta, il cui aition era rappresentato da quella fatta

dai sopravvissuti al diluvio universale al tempo di Deucalione, è legato alla presenza dei defunti che, secondo la leggenda, in questo giorno tornavano dall’aldilà per vagare nella città. A protezione da essi, infatti, venivano chiusi tutti i templi e le case (sulle cui porte si spalmava la pece) e bloccati tutti i santuari, ad eccezione di quello di Dioniso Limnaios. Ai Chytroi e alla loro eziologia è stato ricondotto il rituale degli Hydrophoria87, comprendente una processione di idrofore (desunta da rappresentazioni vascolari), da mettere forse in relazione con la crepa nella roccia del santuario di Ghe, in cui era stata risucchiata l’acqua del diluvio, cui era annualmente destinata un’offerta di farina e miele88.

La sera di questo stesso giorno, nel santuario dionisiaco prestavano servizio quattordici donne dette “le venerande” (gherairai), sacerdotesse di Dioniso e assistenti della basilinna, che danzavano intorno ad un idolo del Dio, mentre alla moglie dell’arconte basileus spettavano le nozze sacre con il dio stesso (probabilmente lo stesso basileus mascherato), pratica ierogamica che avveniva nel Boukoleion, l’antica sede del basileus nell’archaia agora, molto probabilmente una reiterazione del mito di Dioniso e Arianna, fanciulla

85 Phanodem. FGrHist 325 F11; Apollod. FGrHist 244 F133; Suid. s.v. Choes. 86 Theopomp. FGrHist 115 F347 a, b.

87 Hsch., Phot., Suid. s.v. hydrophoria; Pluth. Sull. 14, 6-7. 88 Paus. I, 18, 7.

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abbandonata da Teseo, eroe a cui sono in qualche modo legati tutti gli edifici più antichi della Valle dell’Ilisso.

Dal santuario di Dioniso Limneo probabilmente partiva anche la pompe delle Oscoforie dirette al Falero89.

La remota antichità del santuario, dunque, è palesata sia dal ruolo rivestito durante le Antesterie, in connessione con altri relitti topografici della polis altoarcaica, come il Boukoleion, sia dall’eredità del passato regio di Atene nelle funzioni spettanti in piena età storica alla massima autorità religiosa, il basileus, e alla basilinna, sua moglie.

Questo santuario, che non mostra alcun legame con l’aspetto teatrale del culto dionisiaco, viene taciuto da Pausania, per il quale il più antico Dionysion è quello delle pendici dell’Acropoli90. Tale silenzio priva il lettore moderno di un’indispensabile informazione topografica e ha aperto la strada alle più svariate congetture sull’ubicazione del santuario.

Sicuramente alla sua presenza nella Valle dell’Ilisso rimandano sia la coerenza del brano tucidideo sia la possibilità di ubicarvi le “Paludi”. E. Greco, infatti, lo colloca proprio en Limnais, cioè nelle paludi che costeggiavano il fiume Ilisso, non lontano dalla Kallirhoe91, quasi certamente nella zona a sud-ovest dell’Olympieion, nei pressi del santuario di Gaia, di Neleo e di Agrai, sede dei Piccoli Misteri92. Si ricordi, comunque, che a prescindere dalla topografia del luogo, le paludi furono spesso, nel mito dionisiaco, luoghi d’elezione del dio per scendere agli Inferi.

89 GRECO 2011, p. 424.

90 Paus. I, 20, 3. Dal silenzio di Pausania si è dedotto che, alla metà del II sec. d. C., il santuario

fosse ormai lasciato in abbandono, ma è un’ipotesi priva di qualsiasi base certa.

91 GRECO 2011, pp. 30-31.

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Riguardo al santuario di Afrodite, non sorprende l’esistenza di un culto della dea in questo settore urbano, dal momento che ella aveva un’importanza primaria nella religione greca di epoca arcaica e ad Atene le erano dedicati numerosi, antichi santuari, dislocati in diversi punti della città antica93 (fig. 45). Il santuario della valle dell’Ilisso, fuori le mura, in una località denominata Kepoi (“Giardini”)94, era dedicato ad Afrodite οὐρανία/ ἐν Κήποις ed era il più antico di

tutti, insieme a quello ubicato all’estremità opposta, presso la collina del Kolonos Agoraios.

Fig. 45. Atene, le mura temistoclee e i cinque santuari dedicati ad Afrodite (ROBERTSON 2005, p. 44, fig. 1).

Come attestato da Plutarco, la dea era onorata in primavera, il 4 del mese di Mounichion, all’incirca nello stesso periodo in cui si svolgeva la processione al

93 Alla dea, onorata con epiclesi diverse, erano dedicati ben cinque santuari: Afrodite οὐρανία/ ἐν

Κήποις nella parte sud-orientale della città; Afrodite οὐρανία/ ἐν Κήποις sulle pendici settentrionali dell’acropoli; Afrodite πάνδημος sotto l’ingresso dell’acropoli; Afrodite ἐφ’ ‘Iππολύτωι sulle pendici meridionali dell’acropoli; Afrodite οὐρανία/ ἐφ’ ‘Iππολύτωι presso il Kolonós Agoraios (ROBERTSON 2005, pp. 43-112).

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Delphinion, posto nelle immediate vicinanze95. Il culto appare privo di una storia di fondazione, ma sembra ancora una volta legato a Teseo: la leggenda, infatti, dice che l’eroe, prima di partire, sacrificò ad Afrodite nella parte sud-est di Atene, il quarto giorno del suddetto mese96.

Del santuario non si possiede alcun resto materiale e la questione topografica è complessa, ma disponiamo comunque di una serie di dati significativi. Tucidide, come si è potuto notare, non lo nomina tra quelli più antichi del settore meridionale97, ma Pausania, che è l’autore più puntuale nel

localizzare il santuario di Afrodite, lo menziona dopo il Pythion e il Delphinion, prima del Cinosarge, inducendo quindi a localizzarlo nella zona extramuranea meridionale, in prossimità dell’Ilisso. Robertson, ricostruendo l’itinerario del periegeta nella Valle dell’Ilisso e i rapporti topografici fra i vari monumenti da lui menzionati, colloca il tempio della dea vicino la “Porta di Egeo” (Porta XI), subito al di fuori delle mura temistoclee98 (fig. 46).

95 Pluth., Thes. 18. 96 Pluth., Thes. 18, 3. 97 Thuc. II, 15, 3-6.

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Fig. 46. Atene sud-orientale, i santuari della Valle dell’Ilisso e gli itinerari di Pausania secondo la ricostruzione di Robertson (ROBERTSON 2005, p. 47, fig. 3).

La questione topografica appare ulteriormente complicata da una seconda menzione dello hieron di Afrodite en Kepois a opera dello stesso Pausania99, nell’ambito del racconto del rituale compiuto dalle Arrephoroi nella notte della festa annuale100. L’interpretazione che a lungo ha prevalso ritiene che dall’Acropoli le fanciulle portassero i misteriosi hiera in un peribolos di Afrodite

en Kepois situato poco lontano, in città, e qui li depositassero in un passaggio

naturale sotterraneo, ricevendo in cambio un nuovo carico da ricondurre indietro. Su questa base, è stata identificata la meta della processione con il santuario rupestre di Eros e Afrodite sulle pendici settentrionali della rocca101, il quale sarebbe stato una sorta di succursale del luogo di culto della Valle dell’Ilisso, di fatto nell’ambito di una teoria più generale, che poneva attorno all’Acropoli una serie di duplicati di santuari siti presso il fiume.

99 Paus. I, 27, 3.

100 BURKERT 1975, pp. 23-49 101 BRONEER 1932, pp. 31-55.

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Per concludere, tra i monumenti menzionati da Tucidide102 come tekmeria dell’ubicazione del nucleo originario della città a sud dell’Acropoli, in prossimità dell’Ilisso, c’era anche la fonte Kallirhoe (“ben scorrente”). Essa era nota, tra le sorgenti naturali dell’Attica, per la freschezza e l’abbondanza delle sue acque e, come tale, rimase celebre fino all’avanzata età romana. Non si trattava di una semplice sorgente, ma di un luogo sacro, come testimonia lo stesso storico ateniese, dato che sin da tempi molto antichi era consuetudine prelevare di qui l’acqua usata in varie occasioni rituali, come il bagno nuziale, nella cerimonia nota come loutrophoria. Pertanto, meta abituale delle fanciulle, la fonte fu teatro di un episodio celebre della più remota storia di Atene, la violenza commessa dai Pelasgi ai danni delle “figlie egli Ateniesi”103, un tema che, secondo alcuni,

sarebbe rappresentato sul fregio attribuito al vicino tempio ionico dell’Ilisso104.

Alla luce dell’importanza religiosa della fonte d’acqua, che prosegue anche nell’avanzata età classica, non stupisce che essa sia stata al centro dell’interesse di Pisistrato che, a detta degli autori antichi, la monumentalizzò trasformandola nell’Enneakrounos, la “fontana dalle nove bocche”105. Il progetto

si poneva nella tradizione delle grandi opere di approvvigionamento idrico promosse dalle tirannidi in tutto il mondo greco, probabilmente da collegare alla costruzione del primo acquedotto ateniese, archeologicamente ben noto, il cui ramo meridionale è stato intercettato sulle pendici dell’Acropoli106.

102 Thuc. 2, 15, 4-5. 103 Hdt. 6, 137, 3.

104 WYCHERLEY 1957, pp. 137-142; GRECO 2011, p. 476.

105 Thuc. 2, 15, 4-5; Paus. I, 14, 1; Harp. s.vv. Enneakrounon e loutrophoros kai loutrophorein;

Poll. 3, 43; Hsch. s.v. Enneakrounos; Phot. s.v. loutrophoros kai loutrophorein; Suid. s.v.

Enneakrounon.

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Nonostante la ricca documentazione, la localizzazione della fontana rimane molto controversa, a causa di un’evidente contraddizione tra le fonti. In linea con Tucidide, diversi autori pongono infatti la fonte presso l’Ilisso107, non

lontano dalla strada per il Cinosarge108 o dall’Olympieion109. Invece, Pausania è l’unico a collocarla nell’Agorà del Ceramico, tra l’Odeion di Agrippa e l’Eleusinion110. Gli studiosi hanno variamente cercato di conciliare le due diverse

tradizioni, senza giungere, tuttavia, ad un’interpretazione condivisa111, ma l’opinione comune sin dal Seicento la localizza nel tratto di Ilisso ancora oggi visibile a sud-est dell’Olympieion, davanti alla chiesa di Hag. Fotini, dove fino agli anni ’50 del Novecento sgorgava una copiosa sorgente112 (figg. 47-48).

Fig. 47. Monumenti a sud-est dell’Olympieion presso le rive dell’Ilisso, con l’ubicazione della cd. Kallirhoe in evidenza (GRECO 2011, p. 478, fig. 262).

107 Cratin. fr. 198 PCG IV; St., Theb. 12, 629-633; Him. fr. 1,7. 108 Pl., Ax. 364a.

109 Plin., Nat. 31, 50; Tarantinos, apud Hippiatr. 1, 13. 110 Paus. I, 14, 1.

111 Per le varie ipotesi rimando a GRECO 2011, pp. 477-478. 112 TRAVLOS 1971, pp. 204-204, p. 289.

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Fig. 48. La cd. Kallirhoe presso la chiesa di Hag. Fotini in una foto del 1875 (GRECO 2011, p. 479, fig. 263).

Dunque, oltre alle attestazioni letterarie, che, come si è visto, pongono in quest’area i più antichi luoghi di culto della città, tutti in qualche modo legati all’eroe fondatore di Atene, nonché la dimora stessa di Egeo113, sappiamo molto

poco dal punto di vista archeologico, soprattutto per quanto attiene alle fasi più antiche, e le varie ricostruzioni topografiche proposte risultano del tutto ipotetiche (fig. 49). Non si sa neanche con precisione quale fosse l’antico percorso della cinta temistoclea che, in corrispondenza di questa zona, doveva presentare una porta aperta sull’Ilisso (probabilmente la porta III in fig. 49).

113 Poll. VIII, 119, che posiziona la sua abitazione presso il santuario di Apollo Delphinios, il cui

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Fig. 49. I monumenti della valle dell’Ilisso secondo la ricostruzione di Beschi-Musti; in evidenza la probabile ubicazione della porta aperta sull’Ilisso (BESCHI, MUSTI 1983, CXVII).

Per quanto riguarda la viabilità, la Valle dell’Ilisso risultava attraversata da un percorso stradale orientato in senso nord-ovest/sud-est114, di cui è noto solo un segmento messo in luce nel corso degli scavi condotti a sud dell’Olympieion, il cui plateau di epoca adrianea obliterò parte del suo antico percorso.

Se l’antichità di tale strada fosse confermata, essa doveva rappresentare un’importante via processionale connessa, evidentemente, con antichissime festività cittadine legate agli importanti santuari della città più antica115. Tuttavia, la conformazione monumentale dell’area a sud dell’Olympieion, caratterizzata dalla presenza di numerosi luoghi di culto e santuari la cui attribuzione è ancora oggetto di discussione116, che insistono proprio nello spazio attraversato dall’asse

114 FICUCIELLO 2008, pp. 78-79. 115 Thuc. II, 15, 3; Paus. I, 18, 7; 19, 1-6. 116 ROBERTSON 2005, pp. 44-58.

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viario, non è stata mai chiarita del tutto perché gli scavi condotti da Travlos e Threpsiadis negli anni ’60 sono rimasti quasi del tutto inediti117.

Il tratto suburbano del percorso stradale è molto antico ed era prossimo al guado del fiume Ilisso, che permetteva di raggiungere Agrai. Il primo segmento urbano, invece, attraversava un’area che risulta compresa tra due recinti sacri posti a nord e a sud dell’asse: rispettivamente, l’Olympieion e il santuario identificato da Travlos come Delphinion118. La prosecuzione di tale percorso all’interno della città non è ben nota e anche l’ipotesi ricostruttiva mostra incertezze, ma piuttosto convincente è la ricostruzione di Travlos119, secondo cui la strada raggiungeva l’archaia agora e rappresentava una direttrice che collegava due santuari strettamente connessi con l’efebia: l’Aglaurion ad ovest ed il santuario di Artemide Agrotera ad est120.

Dalle fonti deduciamo che anche il Pythion, con il suo altare, era ubicato nel settore della città posto a sud dell’Olympieion, in prossimità delle mura121, ed

è probabile che si trovasse in stretta contiguità con la strada o con un percorso che doveva passare a breve distanza da esso. Comunque, l’ubicazione del tempio di Apollo Pizio nella Valle dell’Ilisso è ancora dibattuta e soprattutto non è chiara la sua posizione in relazione alla cinta muraria, cioè non si sa se il temenos si trovasse all’interno o all’esterno del circuito122. Come si è avuto modo di dire, secondo L. Ficuciello123 esso potrebbe essere identificato nel tempio presso le

117 TRAVLOS 1949, pp. 25-43; THREPSIADIS, TRAVLOS 1961-62, pp. 9-14. 118 TRAVLOS 1971, pp. 100-103, 335-339.

119 TRAVLOS 1971, cit. 120 BESCHI 2003, pp. 7-36. 121 Str. IX, 2, 11; Paus. I, 19, 1.

122 TRAVLOS 1971, pp. 100-103; ROBERTSON 2005, pp. 50-55; GRECO 2009, pp. 291-297. 123 FICUCIELLO 2008, pp. 29-30.

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mura attribuito da Travlos a Kronos e Rhea124, e, in base a questa ipotesi, si potrebbe pensare che il percorso che attraversava questa zona della città continuasse fino al santuario di Dioniso Eleutereo, dal momento che nell’area del teatro è stato scoperto un omphalos che potrebbe essere connesso proprio con il tragitto della “via sacra Pitaide”125, l’importante via processionale che partiva dal

Pythion, attraversava tutta l’area urbana fino alla Hiera pyle, procedeva lungo la Hiera hodos fino ad Eleusi e da qui proseguiva fino a Delfi passando per la

Focide e la Beozia126. Al tragitto urbano, probabilmente, era pertinente un horos

del IV sec. a. C., rinvenuto nel 1938 reimpiegato in una casa tardo-romana ad ovest della stoa di Attalo127 (fig. 50).

Fig. 50. Horos della via Sacra Pitaide (FICUCIELLO 2008, p. 26, fig. 1).

Tuttavia, la ricostruzione del percorso urbano della strada è molto problematica e al momento rimane incerta, ma esso doveva rivestire una certa

124 TRAVLOS 1971, pp. 292-293. 125 FICUCIELLO 2008, p. 31. 126 FICUCIELLO 2008, pp. 26-33.

127 LALONDE, LANGDON, WALBANK 1991, H 34. È stato ipotizzato che la collocazione degli

horoi solo lungo alcuni percorsi e, in particolare, la loro dislocazione lungo le vie processionali,

avesse una stretta relazione con la gestione e la manutenzione degli assi viari principali che attraversavano la città ed il territorio. È possibile, dunque, che ad Atene, nel IV sec. a. C., potesse essersi verificata una ridefinizione del percorso della Pitaide, cui fece seguito la sistemazione degli

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importanza dal momento che corrispondeva, evidentemente, ad un percorso che era percepito come strettamente connesso con la più antica viabilità della città. La cerimonia correlata alla processione rievocava simbolicamente la materializzazione del tracciato stradale primigenio della città, celebrando una sorta di vero e proprio atto di fondazione128.

Comunque, indipendentemente dall’ubicazione problematica del santuario, intramuranea o meno, la via Sacra Pitaide è probabile che lo costeggiasse e, secondo L. Ficuciello, il settore urbano della strada potrebbe essere stato formato, più che da un asse unico, da più segmenti pertinenti a diverse strade, e doveva procedere lungo un percorso che collegava il Pythion alla Hiera pyle che immetteva nella via per Eleusi129 (fig. 51).

Fig. 51. Ipotetico percorso (in rosso) della via Sacra Pitaide.

128 FICUCIELLO 2008, p. 27; Eschilo, nelle Eumenidi, ricorda la tappa ateniese di Apollo da Delo

a Delfi, precisando che la strada da Atene a Delfi era stata aperta dai figli di Efesto keleuthopoioi, costruttori di strade, a colpi d’ascia (Eu. 12-14). Il suo scoliasta spiega che per questo motivo la teoria della Pitaide era preceduta da un drappello di uomini muniti di pelekeis, asce a doppio taglio forgiate da Efesto, i quali procedevano come se dovessero aprire un varco per poter avanzare (Schol. ad A. Eu., 12-14).

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