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4. La Georgia 4.1. Lingua georgiana

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4. La Georgia

4.1. Lingua georgiana

La Georgia si trova nella regione del Caucaso ed è uno stato trans caucasico, ad est del Mar Nero, situato sulla linea di demarcazione che separa l’Europa dall’Asia. È repubblica dell’Unione Sovietica. La sua capitale è Tblisi.

La lingua georgiana (nome Kartuli ena) appartiene al gruppo sud-caucasico (Kartvelico), di ceppo non indoeuropeo. Rappresenta anche una lingua franca1. Il georgiano è l’unica lingua della famiglia non indoeuropea Kartvelica ad avere una sua scrittura e una sua letteratura.

Sotto l’aspetto strutturale, il georgiano presenta caratteristiche morfologiche e sintattiche da segnalare. Per quanto riguarda quelle morfologiche, si tratta di una lingua agglutinante, e questo risulta evidente soprattutto nei verbi. Il verbo può essere suddiviso in parti differenti: a-g-e-shen-eb-in-a-t; ogni morfema qui contribuisce al significato del tempo verbale o della persona che compie l'azione del verbo.

Si tratta di una lingua agglutinante (nella quale cioè gli elementi si combinano a formare le parole in sequenza lineare), come risulta evidente soprattutto nei verbi. Possiede una flessione nominale che si articola in sette casi: nominativo ergativo dativo genitivo strumentale avverbiale e vocativo.

Una caratteristica interessante del georgiano è che, mentre il soggetto di una frase è generalmente nel caso nominativo, e l'oggetto è nel caso accusativo (o dativo), nel georgiano si può verificare il contrario in molte situazioni (questo dipende principalmente dal carattere del verbo). Questa inversione viene chiamata costruzione dativa.

Per quanto riguarda le caratteristiche sintattiche, il georgiano è una lingua postposizionale vale a dire che le apposizioni sono poste dopo (piuttosto che prima) dei sostantivi che esse modificano, come suffissi o come parole separate. Il georgiano ha una struttura frasale primaria SVO, ma l'ordine delle parole non è rigoroso, per es. in Inglese. Non tutti gli ordini delle parole sono accettabili, ma è anche possibile incontrare la struttura costituita da SOV.

1 Una lingua franca è una lingua che viene usata come strumento di comunicazione internazionale o

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Il georgiano non ha un genere grammaticale; anche i pronomi sono di genere neutro e non esistono articoli.

4.1.1. L’alfabeto georgiano

L’alfabeto georgiano è uno dei quattordici alfabeti esistenti al mondo. Nel passato si componeva di 38 lettere, oggi ne conta solo 33: 5 vocali e 28 consonanti, tante quanti sono i suoni della lingua: ad ogni suono corrisponde una lettera. Pertanto si scrive come si pronuncia, e viceversa.

Riportata da Leonti Mroveli (XI secolo) e dall'anonima Cronaca georgiana (XII-XIII secolo), asserisce che questo alfabeto fu inventato sotto il regno di Parnavaz I di Kartli (299-234 a.C.), in un periodo di forte influsso culturale greco dal vicino stato seleucide2.

Secondo i resoconti tradizionali scritti da Leonti Mroveli nell'XI secolo, il primo alfabeto georgiano venne creato dal primo re dell'Iberia caucasica (nota anche come Kartli), Pharnavaz, nel III secolo a.C. Tuttavia, i primi esempi di quest'alfabeto, o la sua versione modificata, risalgono al V secolo d.C. Nel corso di molti secoli, l'alfabeto venne modernizzato. Ci sono adesso tre alfabeti georgiani completamente diversi, chiamati asomtavruli (lettere maiuscole), nuskhuri (lettere minuscole) e mkhedruli (non ci sono forme separate per le lettere maiuscole). I primi due sono utilizzati insieme come lettere maiuscole e minuscole, formando un singolo alfabeto usato dalla chiesa ortodossa georgiana e chiamato khutsuri (dei sacerdoti).

I ritrovamenti epigrafici più recenti avvalorano una datazione del primo alfabeto georgiano anteriore alla cristianizzazione. A Nek’resi (Kaxetia), sono state rinvenute cinque iscrizioni che sono state datate al I-III secolo su base paleografica. Altri documenti appartenenti allo stadio più antico dell'alfabeto georgiano sono le iscrizioni musive nei monasteri georgiani della Palestina, l'iscrizione della chiesa di Bolnisi, (città della Georgia nell regione di Kvemo Kartli), del V secolo, e alcune righe su palinsensti del V-VI secolo contenenti testi biblici.

Secondo il rinomato linguista georgiano Tamaz Gamqrelize, l’alfabeto georgiano ha come base l’alfabeto greco, e ciò sembra confermato anche dal

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corrispondente valore numerico delle lettere. La sua invenzione tuttavia viene attribuita, al re Farnavas sul finire del IV secolo a.C.

4.1.2. Tabella Alfabeto Georgiano

N˚ Simbolo Nome Trascrizione Valore

1 ა ani a A 2 ბ bani b B 3 გ gani c Γ 4 დ doni d ∆ 5 ე eni e E 6 ვ vini v / 7 ზ seni z Z 8 თ tani t Θ 9 ი ini i I 10 კ kani k K 11 ლ la(s)si l Λ 12 მ mani m M 13 ნ nari n N 14 ო oni o O 15 პ pari p Π 16 ჟ jani ž / 17 რ rae r Ρ 18 ს sani s Σ 19 ტ tari t' T 20 უ uni u OT 21 ფ pari p Φ 22 ქ kani k X 23 ღ rani γ / 24 ყ qari q' / 25 შ scini š / 26 ჩ cini č / 27 ც (z)zani c / 28 ძ zili Z / 29 წ tzili c' / 30 ჭ ciari č / 31 ხ hani x / 32 ჯ giani Z / 33 ჰ hae h /

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4.2. Il pronome

4.2.1. Generalità

I pronomi, in georgiano si distinguono in dieci diversi gruppi:

1. Personali; 2. Dimostrativi; 3. Possessivi; 4. Interrogativi; 5. Interrogativo-possessivi; 6. Relativi; 7. Determinanti; 8. Indefiniti; 9. Reciproci; 10. Negativi;

Ne viene fatta però una suddivisione in tre gruppi3, per praticità:

1. pronomi personali: (da cui derivano i pronomi possessivi) e pronomi riflessivi (a loro volta derivati dai possessivi, ma riferiti ai personali);

2. pronomi dimostrativi;

3. pronomi interrogativi, da cui derivano i relativi e gli indefiniti (legati a questi e agli interrogativi sono i pronomi negativi). A parte vengono considerati i pronomi determinanti.

4.3. I pronomi personali

I pronomi personali sono, io, tu egli/ella (per il singolare), noi voi essi/esse (per il plurale). Solo i pronomi delle prime due persone sing. e plur. sono propriamente personali; quello di terza persona sing. e plur. è considerato in georgiano un pronome dimostrativo.

1. Per quanto riguarda la declinazione i pronomi di 1a e 2 a pers. plur. e sing. non hanno il caso strumentale e avverbiale. Il vocativo ce l’hanno solo le seconde

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persone, ed è uguale al nominativo. Queste due forme, sono indeclinabili, eccetto la prima pers. sing (io), che nel genitivo diventa (di io).

Il genitivo è il caso in cui si saldano le eventuali posposizioni, anche quelle che di solito reggono un altro caso. Il genitivo, cosa molto importante da sottolineare, costituisce la base dei pronomi possessivi.

2. I pronomi di 3a pers. sing. e plur. si comportano così: al singolare, la declinazione completa (ecc. il vocativo), è quella del pronome dimostrativo privato della ი–

iniziale (= aferesi) nei casi diversi dal nominativo; al plurale, ha la declinazione ridotta del plurale antico.

Il verbo usato alla 3a pers. plur. senza pronome espresso acquista senso indeterminato: come l’on francese oppure il man tedesco; che sarebbe il si italiano.

Nel georgiano, va detto che a differenza dell’italiano, l’uso dei pronomi è abbastanza limitato, perché la forma verbale contiene già in sé l’espressione della persona.

4.4. I pronomi possessivi

I pronomi possessivi delle prime due persone sing. e plur. derivano dal genitivo dei pronomi personali.

Il pronome di 3a pers. sing. e plur. non riflessivo deriva dai pronomi dimostrativi tramite il genitivo dei pronomi personali.

Il pronome di 3a pers. sing. e plur. riflessivo თავიხი e თავიანთი deriva dal

genitivo di თავი = testa: rinvia quindi al soggetto della frase (tale è il significato del

termine riflessivo).

I possessivi sono declinati come gli aggettivi a tema consonantico ( = declinazione ridotta) quando vengono impiegati attributivamente: in questo caso però il dativo della 1a e 2a pers. sing. e plur. esce in - ხ, cioè con la terminazione completa del dativo.

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4.5. I pronomi riflessivi

I pronomi riflessivi sono legati, concettualmente, ai pronomi personali o, per la terza persona, a un sostantivo che compiano l’azione di soggetto e nei confronti dei quali essi esprimono identità diretta e totale ( = riflessivi veri e propri) o indiretta e parziale ( = riflessivi apparenti).

Come impiego va precisato che i pronomi riflessivi prima esposti si impiegano qualora si tratti di oggetto diretto riflessivo. In questo caso, essi richiedono le desinenze dell’oggetto, poiché grammaticalmente costituiscono come una terza persona (cioè un oggetto diretto) rispetto al soggetto:

A volte però si ottiene lo stesso risultato sopprimendo il possessivo e rimpiazzandolo con la vocale preradicale - ი -, quando il concetto risulta chiaro

ugualmente.

4.6. I pronomi dimostrativi

Come in latino e in italiano, le prime tre forme si distinguono a seconda della lontananza di chi ascolta da chi parla: questo indica la vicinanza, quello la lontananza, codesto la distanza intermedia (in italiano la vicinanza a chi ascolta).

Le altre forme affermano l’identità, che viene maggiormente messa in risalto dalla particella - ვე.

I pronomi dimostrativi, nella loro declinazione al singolare si servono rispettivamente delle radici ამა, მაგა, იმა: la prima e la terza hanno

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4.7. I pronomi interrogativi

Sono:

I pronomi interrogativi derivano da due radicali:

1. ვი - per le persone (animato/a);

2. რა - per gli animali, le cose e gli astratti.

Dal secondo radicale derivano pure gli avverbi interrogativi (di modo, di tempo, di causa…); gli avverbi interrogativi di luogo (e la congiunzione di tempo “fintantoché”) derivano dal radicale -სა.

Ecco di seguito i pronomi interrogativi:

1. ვინ? = Chi?

2. რა? = Che cosa? Che?

რომელი? = Quale?

როგორი? (რანაირი?) = Quale? Di che specie? რამდენი? = Quanto?

რამხელა? = Di che dimensione? რამდენნაირი? = Di quante specie?

1. ვინ? = Chi?

Ha una declinazione molto ridotta:

Mancano alcuni casi, l’avverbiale, lo strumentale ed il vocativo:

Esistono solo due forme: una per il nominativo e l’ergativo, un’altra per il genitivo e il dativo singolari;

Il plurale non c’è.

Singolare

Nom. – Erg. = ვინ?

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Il pronome ვინ? Non ha il plurale. In caso di necessità, si può

ripetere.

Es. ვინ ნახა? = Chi (sogg.) l’hai visto? (erg.: fascia l’aoristo)

Chi (ogg.) egli ha visto? (nom. fascia l’aoristo)

2. რა? = Che cosa?

Si declina come un sostantivo a tema vocalico in -ა, cioè con

l’elisione della finale davanti a desinenza che inizia per vocale. Manca il vocativo. Il plurale c’è solo nella lingua parlata.

Il nominativo si usa, oltre alla solita funzione logica, anche nelle esclamazioni.

3. რომელი? = quale?

La declinazione di questo pronome non si allontana da quella impiegato rispettivamente come attribuito o come sostantivo (isolato).

I pronomi interrogativi, ripetuti, possono avere il senso dei pronomi indefiniti: alcuni…altri…altri ancora.

Nella lingua parlata si ripete spesso, nella risposta, il pronome oppure l’avverbio interrogativo della domanda.

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4.8. I pronomi indefiniti

I pronomi indefiniti derivano, per lo più, dagli interrogativi con l’aggiunta dei suffissi –მე e –ღაც: con –მე con i quali viene indicata

l’indeterminatezza totale, con –ღაც una indeterminatezza che sottace una

precisione che non si vuol dire. Sono (i più comuni):

ვინმე = qualcuno, uno რამე (რაიმე) = qualche cosa რომელიმე = uno qualsiasi რამდენიმე = qualcuno, uno ვიღაც = qualcuno, uno რაღაც = qualche cosa რომელიღაც = un certo

ზოგი (alcuni), ერთი (uno), ზოგიერთი (certi, certuni), კაცი (qualcuno).

Gli indefiniti derivati dagli interrogativi restano invariati, se impiegati come aggettivi; si declinano come i sostantivi a tema vocalico, se esercitano la funzione di pronomi: quelli in –მე con la radice non troncata,

quelli in –ც con la radice troncata.

Gli altri indefiniti si regolano alla stessa maniera, ma seguendo la regola dei temi consonantici.

Gli indefiniti ერთი (uno) e კაცი (qualcuno) di loro natura sono,

rispettivamente, aggettivo numerale e sostantivo, e come tali vengono impiegati.

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