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PAZIENTE DEI RISULTATI DI UN ESAME ISTOLOGICO CON ESITO DI CARCINOMA DELLA COLECISTI

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TAGETE 1-2009 Year XV

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AN UNUSUAL CASE OF MEDICAL MALPRACTICE DUE TO LACK OF COMMUNICATION TO THE PATIENT OF THE RESULTS OF A HISTOLOGICAL EXAMINATION POSITIVE FOR A CARCINOMA OF

THE GALLBLADDER

UN INSOLITO CASO DI RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE IN AMBITO SANITARIO A SEGUITO DI MANCATA COMUNICAZIONE AL

PAZIENTE DEI RISULTATI DI UN ESAME ISTOLOGICO CON ESITO DI CARCINOMA DELLA COLECISTI

Dr. Alberto De Lorenzis*

ABSTRACT

L’autore analizza un insolito caso di responsabilità professionale medica dovuto alla mancata comunicazione al paziente dei risultati di un esame istologico che aveva evidenziato un carcinoma della colecisti. Questa mancata comunicazione ha portato ad un ritardo terapeutico da considerare verosimilmente come causa del suo seguente decesso.

The Author reports an unusual case of professional responsibility due to lack of communication to the patient of the outcome of a histological examination with findings of carcinoma of the gallbladder. This omission led to a delay in the patient’s therapeutic treatment and most likely, the death of the same patient was directly linked to this delay in therapy.

Key words: carcinoma of the gallbladder; professional medical responsibility.

* Docente a contratto di Medicina Legale, Università Cattolica del Sacro Cuore

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2 Introduzione

L’errore nella diagnostica anatomo-patologica, con misconoscimento di una patologia tumorale pur rilevabile da una attenta lettura dei preparati citologici ed istologici, rappresenta un evento non raro e riconducibile a molteplici fattori sia di natura umana che di natura tecnica (1,2,3). Rara è invece da considerarsi l’evenienza di una mancata comunicazione al paziente dell’esito dell’esame istologico nel caso in cui tale esame abbia dato esito a diagnosi di patologia neoplastica, circostanza cui consegue la mancata informazione del paziente e quindi il mancato approntamento degli appropriati presidi diagnostici e terapeutici che il caso necessita.

Fatto

Nel marzo del 2006 una donna di 70 anni fu accompagnata presso il Pronto Soccorso di un nosocomio del Lazio per riferito dolore localizzato in ipocondrio destro associato a vomito biliare. La paziente riferiva in anamnesi ipertensione, tireopatia nodulare e calcolosi della colecisti da circa 40 anni.

L’esame obiettivo rilevò addome trattabile, dolente alla palpazione in ipocondrio destro;

segno di Murphy negativo.

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3 La paziente fu quindi ricoverata presso il locale reparto di Chirurgia Generale con diagnosi di colica biliare recidivante in colecisti litiasica. In anamnesi la paziente riferiva dolore addominale e vomito da due giorni.

A distanza di alcuni giorni la paziente fu sottoposta ad intervento chirurgico di colecistectomia con tecnica videolaparoscopica convertito in un secondo tempo – a causa di riferite “intense note di flogosi” - in intervento chirurgico a cielo aperto mediante incisione sottocostale destra.

A distanza di una settimana dall’intervento chirurgico la paziente fu dimessa e rinviata al proprio domicilio in dimissione ordinaria (non protetta) con diagnosi principale di colecistite calcolosa e con esito definito di “Guarigione chirurgica”.

Nella scheda di dimissione ospedaliera furono riportate le prescrizioni relative a terapia medica domiciliare da effettuarsi per 10-15 giorni e successiva visita ambulatoriale per

“medicazione”. Diagnosi effettuata di “empiema della colecisti”.

A distanza di un anno dall’intervento chirurgico di colecistectomia la paziente si recò presso il pronto soccorso del medesimo nosocomio a causa di dolore addominale localizzato ai quadranti inferiori. La paziente in particolare riferiva frequenti episodi di dolore addominale dal periodo del pregresso intervento di colecistectomia effettuato un anno prima. Fu dimessa con diagnosi di colica addominale.

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4 Dopo alcuni giorni la stessa si recò presso il Pronto Soccorso di un nosocomio di Roma a causa di riferito dolore di tipo trafittivo in epigastrio con vomito alimentare e biliare da circa sei giorni.

L’esame obiettivo rilevò addome trattabile, dolorabile alla palpazione profonda in epigastrio e fossa iliaca destra; segni di Murphy, Blumberg e Mc Burney negativi.

La paziente fu ricoverata presso il locale reparto chirurgico con diagnosi di occlusione intestinale da stenosi dell’antro gastrico di natura da determinare.

Persistendo il quadro occlusivo addominale fu sottoposta d’urgenza ad intervento chirurgico di laparotomia xifo-ombelicale con reperto al IV segmento epatico di neoplasia infiltrante il piccolo omento, il duodeno e l’antro gastrico con concomitante notevole gastrectasia. Fu effettuata una gastro-digiunostomia antecolica isoperistaltica ed una digiuno-digiunostomia sec. Braun.

L’esame istologico dei frammenti del IV segmento epatico diede esito di infiltrazione di adenocarcinoma moderatamente differenziato con associate aree di necrosi; aspetti istologici compatibili con carcinoma delle vie biliari.

La paziente fu dimessa con prescrizione di successiva visita chirurgica ambulatoriale di controllo.

A distanza di alcuni giorni dalla dimissione è sopraggiunto l’exitus per cachessia neoplastica.

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5 L’esame macroscopico ed istologico della colecisti asportata nel corso dell’intervento chirurgico del 2006, il cui esito è venuto a conoscenza della paziente soltanto un anno dopo l’intervento di colecistectomia, su richiesta del referto da parte della stessa paziente, aveva evidenziato un “Adenocarcinoma moderatamente differenziato della colecisti infiltrante la parete a tutto spessore fino alla tunica sierosa viscerale. pT2”.

Discussione

Nel caso di specie trattasi di una donna dell’età di 70 anni la quale si rivolgeva presso un pubblico nosocomio per la presenza di dolore localizzato in ipocondrio destro associato a vomito biliare da due giorni. Fu pertanto sottoposta ad intervento chirurgico di colecistectomia dapprima con tecnica videolaparoscopica e quindi con intervento chirurgico a cielo aperto mediante incisione sottocostale destra. La colecisti, come da prassi, fu inviata all’esame dell’anatomo-patologo.

La paziente fu dimessa dopo alcuni giorni con diagnosi di empiema della colecisti ed esito definito di guarigione chirurgica. Fu prescritta la sola medicazione della ferita in assenza di altre prescrizioni di sorta. Non fu effettuato alcun riferimento in merito all’esame istologico della colecisti ancora in corso.

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6 A distanza di un anno dall’intervento di colecistectomia la paziente fu costretta a ricorrere nuovamente alle cure dei sanitari a causa di violenti dolori addominali con associato vomito alimentare e biliare da alcuni giorni.

Sottoposta ad intervento chirurgico di urgenza per occlusione intestinale fu formulata diagnosi di adenocarcinoma moderatamente differenziato avente aspetti istologici compatibili con carcinoma delle vie biliari, infiltrante il piccolo omento, il duodeno, l’antro gastrico ed il IV segmento epatico.

A distanza di circa un mese dal secondo intervento chirurgico la paziente è deceduta per cachessia neoplastica. Soltanto a distanza di un anno dall’intervento di colecistectomia, su iniziativa della paziente la quale aveva avanzato richiesta della cartella clinica relativa al periodo di ricovero per l’intervento di colecistectomia, la stessa è venuta a conoscenza di essere affetta da carcinoma della colecisti diagnosticato dai sanitari fin dall’epoca immediatamente successiva all’intervento di asportazione della colecisti, come da referto dell’esame istologico che, tuttavia, non è stato portato a conoscenza della paziente.

A causa di tale omissione la paziente ha subito un ritardo di diagnosi, e conseguentemente di terapia, pari ad un anno, ritardo che potrebbe essere stato determinante nel verificarsi dell’evento morte della paziente per cachessia neoplastica a tredici mesi dall’intervento di colecistectomia.

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7 Il tumore primitivo della colecisti (GBC) è la neoplasia maligna più comune dell’albero biliare ed il quinto tumore in ordine di frequenza dell’apparato digerente. L’età media di insorgenza è intorno ai 65 anni mentre è molto raro al di sotto dei 40 anni. E’ più comune nelle donne rispetto al sesso maschile. Dal punto di vista anatomo-patologico la maggior parte dei GBC sono adenocarcinomi con un grado variabile di differenziazione (4).

I soggetti a più alto rischio di sviluppare colangiocarcinoma sono rappresentati dai pazienti affetti da colangite sclerosante primitiva, infezioni parassitarie delle vie biliari, malattia di Caroli, cisti congenite del coledoco, adenoma dell'ampolla di Vater e calcolosi intraepatica. Recentemente sono stati chiamati in causa anche i virus epatotropi HBV ed HCV. Per le categorie non a rischio, alcuni studi sperimentali hanno chiamato in causa l'esposizione ad alcuni derivati della diossina (idrocarburi poli- alogenati aromatici) che si sviluppano da inceneritori o dalla combustione e dalla lavorazione di materiali elettrici, vernici, metalli (5). Recentemente è stato dimostrato che il colangiocarcinoma è sensibile all'attività proliferativa degli estrogeni (6) i quali oltre a promuovere direttamente la crescita della neoplasia, inducono anche la neoangiogenesi nella massa tumorale (7).

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8 Dal punto di vista clinico il tumore si presenta con i sintomi di una colecistite acuta nel 15% dei casi: questi pazienti solitamente hanno un carcinoma meno avanzato, una maggiore percentuale di resecabilità chirurgica e quindi una probabilità di sopravvivenza maggiore.

Nel 45% dei pazienti il tumore si manifesta con i sintomi di una colecistite cronica mentre nel restante 40% il tumore esordisce con i sintomi tipici di una neoplasia: ittero, calo ponderale, astenia, anoressia, dolore persistente al quadrante superiore destro, occlusione intestinale o sanguinamento del tubo digerente.

Con il progredire della malattia il tumore tende a coinvolgere il fegato, lo stomaco ed il duodeno per estensione diretta alle strutture viciniori. Le sedi più comuni di metastasi sono infatti il fegato (coinvolto nel 60% dei casi), gli organi adiacenti (55%), i linfonodi regionali (35%), il peritoneo (25%) e gli organi viscerali distanti (30%).

L'unico trattamento efficace è la resezione chirurgica la quale però è possibile in meno del 30% dei casi diagnosticati (8).

Dal punto di vista prognostico occorre tuttavia rilevare come, nell’ipotesi in cui il tumore non abbia superato la parete della colecisti (stadio II) la sopravvivenza del paziente 5 anni dopo la resezione chirurgica è pari al 30% (8).

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9 Nello specifico caso in esame occorre sottolineare, ai fini prognostici, che la paziente in questione non presentava ittero al momento del ricovero né un tumore di alto grado dal punto di vista cito-istologico. Pertanto la prognosi, qualora si fosse intervenuti in tempo, probabilmente rientrava tra le migliori tra tutti i pazienti con tale tipo di patologia tumorale.

Appare pertanto evidente l’esistenza di un nesso di causalità materiale tra la condotta della struttura nosocomiale ove è stato effettuato l’intervento di colecistectomia con relativo esame istologico della colecisti ed il posticipo del trattamento della patologia tumorale pari a circa un anno, posticipo determinato dalla mancata comunicazione alla paziente dell’esito di adenocarcinoma della colecisti rilevato dall’esame istologico della stessa, mancata comunicazione che si è tradotta per la paziente in un mancato trattamento terapeutico e conseguente morte sopraggiunta per cachessia neoplastica a distanza di 13 mesi dalla colecistectomia.

Altresì è da ritenersi altamente probabile l’esistenza di un nesso di causalità materiale tra il ritardo pari ad un anno (a causa di mancata comunicazione della diagnosi) del trattamento della neoplasia e la morte della paziente a causa della stessa.

In definitiva, fatto assolutamente inescusabile in quanto indice di grave negligenza da parte dei sanitari e della struttura ospedaliera, la paziente non è stata posta al corrente

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10 della diagnosi definitiva di adenocarcinoma della colecisti quale risultata dall’esame istologico successivo all’intervento di colecistectomia.

L’insieme di tali circostanze ha determinato, come i fatti in seguito hanno dimostrato, un ritardo diagnostico e terapeutico di un anno della patologia tumorale con conseguente morte della paziente a causa della stessa.

Tale errore appare ancora più grave ed inescusabile se si considera che la paziente è stata dimessa con esito di ‘guarigione chirurgica’, come riportato in scheda di dimissione, e pertanto la stessa, alla luce di tale giudizio, non si è preoccupata della ricerca dell’esito dell’esame istologico, a maggior ragione se si considera che dell’effettuazione in corso di tale esame istologico la paziente non ne era a conoscenza in quanto, alla dimissione, non era stata informata sul merito e pertanto non derivava nemmeno un obbligo – o quantomeno un interesse – per la paziente di andare alla ricerca dell’esito dell’esame istologico in corso.

Da quanto risulta dalla documentazione clinica la paziente nemmeno era a conoscenza dell’esame istologico in atto in quanto non ricorreva alcuna delle condizioni che potessero suffragare una simile ipotesi.

Spettava infatti alla struttura sanitaria, una volta venuta a conoscenza dell’esito dell’esame istologico, esito che deponeva per un adenocarcinoma della colecisti, contattare immediatamente la paziente e metterla al corrente delle importanti novità

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11 inerenti le proprie condizioni di salute, novità dalla cui immediata conoscenza dipendevano la vita o la morte della paziente stessa.

Pertanto è ravvisabile una condotta censurabile da parte dei sanitari e della struttura ove la paziente è stata sottoposta ad intervento di colecistectomia con successiva diagnosi istologica di adenocarcinoma della colecisti, censurabile soprattutto sotto il profilo della negligenza a causa della mancata comunicazione alla paziente dell’esito definitivo dell’esame istologico della colecisti asportata, esito di cui la paziente è venuta a conoscenza con un anno di ritardo e soltanto su propria iniziativa a causa della progressione della patologia neoplastica, progressione che la conoscenza del referto istologico avrebbe probabilmente scongiurato.

In dottrina ed in giurisprudenza vi è unanime consenso nel ritenere che “un evento dannoso è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cosiddetta teoria della condicio sine qua non) (9). Tuttavia non risulta sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi all’interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l’evento, non appaiono del tutto inverosimili (cosiddetta teoria della causalità adeguata o della regolarità causale)” (10,11).

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12 Occorre pertanto ricercare, all’interno della serie causale degli eventi, la causa avente rilevanza giuridica la quale sia anche ritenuta verosimilmente idonea e non ininfluente nel determinismo dello specifico evento di danno. Se tale causa, oltre che idonea e determinante, assume anche una rilevanza giuridica, si addebita al soggetto responsabile la responsabilità dell’evento dannoso che da tale causa è derivato.

La incongrua condotta dei sanitari, nel caso di specie, è quindi ravvisabile nella mancata comunicazione alla paziente della circostanza relativa alla presenza di un tumore della colecisti.

La patologia tumorale della colecisti, sebbene tra le più aggressive, riserva comunque un margine di trattamento chirurgico a scopo curativo al 30% dei pazienti al momento della diagnosi di tale tumore (8) e l’aver omesso di comunicare alla paziente la diagnosi istologica di adenocarcinoma della colecisti ha negato alla stessa la possibilità di poter usufruire del 30% di probabilità di guarigione chirurgica al momento della diagnosi come previsto dalla letteratura sull’argomento.

Conclusioni

Sebbene possa verificarsi un errore diagnostico di patologia tumorale riconducibile ad errata interpretazione di esami strumentali e di laboratorio, errori dovuti a numerose variabili di natura umana e tecnica delle metodiche e degli strumenti di indagine (1,2,3),

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13 tuttavia la mancata comunicazione al paziente di una diagnosi di patologia tumorale correttamente effettuata con le metodiche di indagine, con conseguente omissione di un appropriato trattamento terapeutico, rappresenta la conseguenza di un errore inescusabile da parte della struttura sanitaria presso la quale l’esame è stato effettuato.

Tale tipo di errore può essere evitato con una corretta gestione delle informazioni relative alla diagnosi ed all’iter terapeutico del paziente con conseguente informazione dello stesso circa eventuali novità relative al proprio stato di salute anche nella ipotesi di dimissioni già avvenute.

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14 Bibliografia

1) Heald RJ., Adenomyomatosis as a source of error in the diagnosis of gall-bladder disease. Br J Surg. 1970 May;57(5):353-6.

2) Bardales RH, Stanley MW, Simpson DD, Baker SJ, Steele CT, Schaefer RF, Powers CN., Diagnostic value of brush cytology in the diagnosis of duodenal, biliary, and ampullary neoplasms. Am J Clin Pathol. 1998 May;109(5):540-8.

3) Rupp M, Hawthorne CM, Ehya H., Brushing cytology in biliary tract obstruction. Acta Cytol. 1990 Mar-Apr;34(2):221-6.

4) Maringhini A., Gallstones, gallbladder cancer, and other gastrointestinal malignancies: An epidemiologic study in Rochester, Minnesota. Ann Intern Med 107:30, 1987.

5) Kurt J. Isselbacher, E. Braunwald, J.D. Wilson, J.B. Martin, A.S. Fauci, D.L. Kasper, Harrison – Principi di Medicina Interna, McGraw-Hill Ed., XIII edizione, 1996, pag.

1718.

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15 6) Alvaro D., Estrogens and insulin-like growth factor 1 modulate neoplastic cell growth in human cholangiocarcinoma. Am J Pathol. 2006; 169(3): 877-88.

7) Mancino A., Estrogens stimulate the proliferation of human cholangiocarcinoma by inducing the expression and secretion of vascular endothelial growth factor (VEGF) [Abstract]. Hepatology. 2006;44: A540.

8) D.A. Casciato, B.B. Lowitz, Manuale di Oncologia Clinica, Masson Ed., 1997, pagg.

166-70.

9) Fiori A.: Medicina legale della responsabilità medica. Giuffrè, Milano, pp. 561-86, 2000.

10) Cass. Civ., Sez. III, 03.12.2002, n. 17152. www. cortedicassazione.it.

11) Alpa G., La responsabilità civile. Giuffrè, Milano, p. 321, 1999.

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