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La memoria celebrata. La festa del 4 novembre a Lucca tra dopoguerra e fascismo. Marco Baldassari. Italia contemporanea, marzo 2006, n.

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La memoria celebrata

La festa del 4 novembre a Lucca tra dopoguerra e fascismo

Marco Baldassari

Nella storia della festa del 4 novembre, dal primis­ simo dopoguerra fino al 1930,si puòcogliere l’af­ fermazione e l’evoluzione di una nuova liturgia pa­

triottica incentrata sulricordo della grandeguerra nelpassaggio dalla crisi dello Stato liberaleall’

scesa del fascismo. Il presente saggiosi proponedi mostrare lacentralità assunta dalla memoriadi quel conflitto,enon solo inquantocardine del tentativo dipervenire a una ricomposizione nazionaledegli autorispecchiamenticollettivi. Essa divenneinfatti il fulcro di un più vasto processodiridefinizione dell'identità collettiva e individuale esteso all’inte­ ra società,concui la stessacerimoniadovette ben prestoconfrontarsi.Levoluzione dellafesta sicol­

locò nello scontrotra ilfascismoeuna pluralità di memorie e identità diversea cominciaredalle or­

ganizzazionidegliex combattentiedal mondo cat­

tolico,nel tentativo del primo di ottenerne ilpie­

no controlloe ridisegnarecosì una nuovamemoria storica nazionale in grado di identificare totalmen­

te nazione efascismo. Lanalisi, circoscritta al ri­

stretto spazio della città di Lucca, ceneha facilita­ tol’osservazione.

Avviatasisottotutelacattolica,e rilanciata con for­ zadai combattenti, lafesta arrivò cosìnel 1930 a es­

sere completamente incorporata nella nuova liturgia patriottica diregime.

Tuttavia, le profonde difficoltà incontrate nellaf- fermare nel tessutourbanoi segni delnuovomito della guerra monumenti e lapidi aicadutima­ nifestano l’incompiutezza diquel processo e,dun­

que, i limiti del tentativo del regimedicompletare il superamento della centralità dellamemoria della guerraafavore dell’esaltazione dell’opera costrut­ trice dellarivoluzione come momento di fondazio­

nein fieri dellanuova civiltà totalitaria.

In thè story ofthè 4thNovember Day sincethè ear- liestpost-war period until 1930, onecanobservethè developmentof anew patriotic liturgybased on thè memory ofthe Great War during thè transitionfrom thè crisis oftheliberal State to thè rise of Fascism.

The A. points outthè centrai role acquired by thè memory ofthatarmedconflict, not only as akey fac- tor in thè reshaping of a national self-representa- tion, but evenas thè cornerstone ofawider process aimed atredefining both thècollective andindivid­ uai identities ofthe whole Italian society, a program which thè ceremony itselfwas soonto deal with. The evolution ofthe festivitywas infact marked by thè clash of Fascism against a variety ofidentities and memories starting from thèex-servicemen and catholic associationswith thèformer striving to gain full control and thus mouldthè regime andthè Nation into a new and unifying nationalmemory.

The rather small scopeofthiscase study, restricted to thè town of Lucca, has somehow beenofhelp.

Barnunder catholic sponsorship and later revived by thèwar veterans,thè festivity wasfinally incor- poratedin thènewpatriotic liturgy of thèregime.

Yet thègreatdifficultiesencountered in establishing thè symbols ofthe new war mythmemorials and thè like — inside thè town texture reveal thèincom- pleteness ofthat process and, therefore,thè limits of thè regime ejfort to convert thèmemory ofthewar into an exaltation of thè constructivepower of thè Fascisirevolution in its march toward thènewto- talitarian civilization.

‘Italia contemporanea”, marzo 2006, n. 242

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Marco Baldassari

Nel delincare la storia della festa del 4 novem­

bre dal primissimo dopoguerra al 1930, si può tentare di leggere il processo di affermazione e trasformazione di un culto nazionale impernia­

to sul ricordo della grande guerra di fronte al­

l’ascesa di una nuova liturgia patriottica elabo­

rata dal fascismo. Tuttavia, per rintracciare l’im­

portanza e la sorte della festa nella nuova ritua­

lità, si dovrà fare riferimento al ruolo chiave svolto dalla memoria di quel conflitto come car­

dine di una complessiva rielaborazione dell’i­

dentità individuale e collettiva1.

1 MauriceHalbwachs, Lamemoria collettiva,a cura diPaoloJedlowski e Teresa Grande, Milano, Unicopli, 1987.

2 Cfr. Jiirgen Habermas, Luso pubblicodella storia, in Gian Enrico Rusconi (a curadi),Germania:un passato che non passa. Icrimini di guerranazistie l’identità tedesca,Torino, Einaudi,1987; Nicola Gallerano (a cura di), L’uso pubblico dellastoria,Milano, Franco Angeli,1995;Gianpasquale Santomassimo (acura di), Le guerre delNovecen­ to e luso pubblico della storia, numero monografico di “Passato e Presente”, 2001, n. 54.

3 Cfr. Diego Leoni? Camillo Zadra (a cura di), La Grande Guerra: esperienza, memoria, immagini, Bologna, Il Muli­ no,1986; MarioIsnenghi, GiorgioRochat, La Grande Guerra,1914-1918, Milano,Sansoni,2004; Paul Fussel, La Grande Guerra e lamemoriamoderna, Bologna, Il Mulino,1984.

In tal senso, un aspetto importante è costitui­

to dall’avvio di un “uso pubblico della storia”

teso ad affrontare le lacerazioni della nuova so­

cietà di massa, e della nascente opinione pub­

blica, per ricomporre un’identificazione nazio­

nale condivisa e unificante2. Tuttavia, l’impres­

sione è che l’affermazione di una rielaborazio­

ne della memoria di guerra non possa essere let­

ta solo come estensione meccanica di un discorso dall’alto, ma sia piuttosto da analizzare come collocata all’interno di un più vasto processo di rielaborazione identitaria basato sul ricordo del conflitto ed esteso all’intera società, con cui que­

sta è destinata a confrontarsi e scontrarsi.

Sotto tale aspetto, la costruzione della nuova liturgia patriottica finì così per dispiegarsi come un processo dal forte carattere conflittuale, im­

perniato dapprima sulle lacerazioni identitarie del primo dopoguerra e in seguito sul duro at­

tacco mosso dal fascismo ormai al potere nel tentativo di pervenire a una drastica ricomposi­

zione unitaria sotto il proprio emblema. A que­

sto riguardo, si punterà a mostrare come l’af­

fermazione del disegno fascista di costruire una liturgia patriottica imperniata sulla rielabora­

zione del ricordo del conflitto costituisca il frut­

to del forte scontro tra le istanze ufficiali e la pluralità di risposte “dal basso”. L’impressione è, infatti, che su tale scontro si possano valuta­

re gli effettivi risultati del processo di comples­

siva riscrittura della memoria nazionale avvia­

to dal fascismo e rinvenire così il ruolo della fe­

sta del 4 novembre, come espressione della cen­

tralità della memoria di guerra.

La scelta di restringere lo sguardo alla città di Lucca non mira dunque a porre un modello esem­

plare o meccanicamente estendibile. L’intento è piuttosto quello di studiare quel complesso di de­

clinazioni, rielaborazioni e risposte che il di­

scorso di guerra subisce nel confronto tra il mes­

saggio dall’alto e le rappresentazioni dal basso o di parte e che costituiscono, a mio avviso, il fulcro del suo processo di affermazione.

Esperienza e memoria di guerra

Vista nel contesto postbellico, l’esperienza del­

la grande guerra ebbe davvero un peso fonda­

mentale nella vita e nell’immaginario degli ita­

liani, tanto da divenire ben presto il fulcro della costruzione di un’identità collettiva appuntata a posteriori sugli ambigui riflessi di quell’evento3.

Una comunità come quella lucchese si trovò così a pesare i forti stimoli dati da quell’inedito contatto col corpo della nazione a favore del- l’affermazione di un senso di identificazione na­

zionale. Non solo le molteplici forme dell’e­

sperienza, ma soprattutto l’impatto con la mor­

te di massa, divennero il tramite e il segno di una nuova mobilitazione sociale e intellettuale che la guerra aveva inesorabilmente innescato. Le

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forme di partecipazione e di attivismo solidari­

stico apparivano così come l’espressione del- l’emergere di una nuova società di massa, for­

temente sollecitata a un senso di riunificazione comunitaria daglj stimoli dell’esperienza belli­

ca e da una condizione di “universalità del lut­

to”. La nascita di un vasto associazionismo com­

battentistico, il consolidamento di una capillare rete assistenziale di matrice cattolica, per la cu­

ra dei reduci, la ricerca di dispersi o di loro no­

tizie, le diverse forme di elaborazione del lutto, ne costituivano i segni più evidenti4.

4 Cfr. Jay Winter, Il lutto e lamemoria. La GrandeGuerra nella storiaculturale europea, Bologna, Il Mulino, 1995, pp. 45-75; George L. Mosse,Leguerremondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, Roma-Bari, Laterza, 1999, pp.79- 90.Interritorio lucchese sisegnalano: l’Opera lucchese per gli orfani deimorti in guerra, laCrocerossa, la Colonia agricoladi Mutigliano — rivolta agli orfani di guerra,la Misericordia e laCasadelsoldato, tra le opere cattoliche;

tra le associazioni combattentistiche, le maggiori eranolelocali sezioni dell’Associazionenazionalecombattenti(Anc) edell’Associazione nazionalemutilati e invalidi di guerra(Anmig).

5 Siveda: suscala regionale,SimonettaSoldani, La GrandeGuerra lontanodalfronte,in Storia d’Italia. Le regioni dall’unità ad oggi, voi. La Toscana, a curadi Giorgio Mori,Torino,Einaudi,1986; sul piano nazionale, Roberto Vi­

vateli!, Storiadelle originidel fascismo.L’Italia dalla grandeguerra alla marcia su Roma,2 voli., Bologna, Il Muli­ no, 1991, in particolare voi. II,cap. IV,Le agitazioninelle campagne', in area lucchese, infine,Paolo Baldanzi, Alle origini delfascismo lucchese. Uominievicende1914-1920, “Documenti estudi”, 1987,n. 6-7.

6 MarioIsnenghi, IlmitodellaGrandeGuerra, Bologna, Il Mulino, 1970; Antonio Gibelli, Lagrande guerra degli italiani, Milano, Sansoni,1999, pp. 317-388.

7 Cfr. Lo Statuto, “Il Serchio”,4 giugno1921 e II XX settembre aLucca, Il Serchio”, 22 settembre 1920; La patriot­ tica festadi domenica per il giuramentodegli Allievisottufficiali, IlSerchio”, 31 marzo1921; Lafesta ela proces­

sione del Corpus Domini, Il Serchio”, 28 maggio 1921; “Il Risveglio”,5 novembre 1921.

Tuttavia, rispecchiando la sua ambivalenza, l’esperienza di guerra divenne ben presto il car­

dine di una rielaborazione identitaria rivolta ad appuntare su tale evento una molteplicità di au­

torispecchiamenti sociali e politici che si riflet­

tevano nella profonda conflittualità interna sor­

ta con l’esplodere della nuova società di massa.

La centralità della riflessione sulla guerra nelle gravi lacerazioni interne alla società postbellica divenne così lo specchio della forte conflittua­

lità insita nell’elaborazione del ricordo di guer­

ra e dunque delle forti difficoltà destinate a pre­

sentarsi di fronte ai tentativi di pervenire a una ricomposizione in senso nazionale5.

La costruzione della festa del 4 novembre si trovò così a prendere le mosse dall’indilaziona­

bile necessità dell’avvio dell’elaborazione di un

“mito della grande guerra”, di un “mito postu­

mo”, che sull’assenza di una rappresentazione

condivisa, procedeva a recuperare a posteriori un consenso a quell’evento tendendo alla ri­

composizione di identità e memorie assai di­

stanti attraverso un’immagine edulcorata e uni­

ficante del conflitto6. In questo senso, infatti, di­

retta a creare una nuova pedagogia celebrativa in grado di ottenere una riunificazione naziona­

le, essa finì per scontrarsi con un panorama ri­

tuale estremamente frazionato. Differenti “Ita­

lie” si fronteggiavano in un complesso ciclo ce­

lebrativo teso a far emergere il chiaro segno di identità e memorie differenti e in contrasto.

Il complesso celebrativo cittadino appariva, infatti, piuttosto frazionato e informe. Da un la­

to, si collocavano la liturgia dello Stato libera­

le, incentrata sul retaggio storico del Risorgi­

mento e dell’Unità italiana — la festa dello Sta­

tuto e del 20 settembre — e le feste dell’eserci­

to, entrambe destinate a far emergere la scolo­

rita eredità della liturgia liberale. Accanto ad es­

se, le feste religiose tradizionali e quelle dell’i­

dentità cittadina, destinate, in una realtà tradi­

zionalmente cattolica come Lucca, a formare un unico complesso liturgico dal forte richiamo po­

polare. Per finire, le nuove e vistose manifesta­

zioni di parte socialista e la rinnovata presenza di un attivismo cattolico popolare, molto pre­

senti in area lucchese7.

Ma si andava altresì affermando una nuova spinta celebrativa che, muovendo dall’impulso dato dall’esperienza bellica, e in particolare dal­

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la morte di massa, alla rinascita del sentimento religioso tra la popolazione, si esprimeva nella diffusione di un culto dei caduti incentrato sul­

la mitizzazione della figura del soldato defunto.

Espressosi anche in quell’ondata di monumen­

ti ai caduti che attraversò capillarmente il pae­

se, rappresentando spesso il primo segno tangi­

bile della nazione, fu però soprattutto attorno al­

le nuove ricorrenze della guerra che esso sem­

brò costituire il tramite principale per una “ri­

conquista” degli italiani al culto della patria at­

traverso il mito della guerra8.

8Tra la vastaproduzione storiografica si veda: Claudio Canal, La retoricadella morte. I monumenti ai caduti della Grande Guerra, “Rivista di storiacontemporanea”,1982, 4; Bruno Tobia,Dal milite ignotoalnazionalismo monu­ mentale fascista(1921-1940), in Storia d’Italia.Annali, 18,Guerrae pace, a cura di Walter Barberis, Torino, Einau­ di, 2002; Renato Monteleone, Pino Sarasini, I monumenti italiani ai caduti dellaGrande Guerra, inD. Leoni, C. Za- dra(a curadi), La Grande Guerra:esperienza, memoria,immagini, cit.

9 Cfr.Unacorona di fiori sulle tombe dei soldati,Il Serchio,4 novembre1919; Funzione di requiem pei caduti, Il Serchio”, 4 novembre1919,p.2; La commemorazione della Vittoria fatta dal Reggimento CavalleggieridiAlessan­ dria,Il Serchio”, 4 novembre 1919. Si veda inoltre Maurizio Ridolfi, Lefeste nazionali, Bologna, Il Mulino, 2003.

10 Cfr. Lasolennebenedizione dellalampada votiva per la pace, Il Serchio”,6 novembre 1919;Dalla cerimonia ci­ vile ai suffragi religiosi, Il Serchio”,4 novembre 1920.

11 Una storica data. Il 4 Novembre, “Il Serchio,4 novembre1920, p. 1. Siveda inoltre: Giorgio Rochat,L’esercito italianodaVittorio Venetoa Mussolini, Bari, Laterza, 1967.

Commemorare il Milite ignoto

Diretta a convogliare la devozione popolare espressa nel nascente culto dei caduti per istitui­

re, attorno a una liturgia chiara ed univoca, un nuovo culto nazionale imperniato sul nascente mito della grande guerra, la festa del 4 novem­

bre incontrò nel contesto del primissimo dopo­

guerra un forte ostacolo alla sua affermazione.

Nel primo anniversario della vittoria, di fron­

te alla scelta delle autorità statali di astenersi dai festeggiamenti, si era affermato un ciclo cele­

brativo diviso tra i riti delle autorità locali — il 1° novembre — , le commemorazioni delle isti­

tuzioni e associazioni cattoliche — il 2 novem­

bre — e le celebrazioni indette dall’esercito, ge­

neralmente situate nel giorno effettivo dell’an­

niversario. L’estrema frammentazione del ritua­

le in un lungo ciclo celebrativo, appannando gli sforzi per costruire un momento liturgico unico

e definito, andò pertanto a configurarsi come espressione di diverse nazioni, ognuna con una propria data e una propria rappresentazione ri­

tuale e identitaria9.

In questo quadro, due elementi del rituale co­

sì affermatosi — la vicinanza alle cerimonie per il 2 novembre e la presenza nei luoghi abituali di culto della cultura cristiana (la funzione in chiesa, la visita al cimitero) — sembrarono ri­

condurre la festa sotto la predominante identità cattolica, così importante tanto nella generale elaborazione del lutto quanto nel contesto cul­

turale di una città come Lucca. In tal senso, as­

sorbendo pratiche rituali e modelli discorsivi del­

la liturgia cattolica, la festa apparve assorbita al­

l’interno di un ciclo celebrativo incentrato sul­

la tradizionale cerimonia commemorativa dei defunti, finendo per orientarsi verso una com­

memorazione luttuosa nella pietà cristiana ver­

so i morti della comunità locale che metteva in ombra il richiamo a una dimensione nazionale e laica dell’omaggio dello Stato verso i propri cittadini dispersi10.

Del resto, nella frammentarietà del rituale, l’opacità della retorica commemorativa, arroc­

cata sull’immagine chiusa dell’esercito o del re­

taggio risorgimentale — la guerra come ultima tappa del Risorgimento — testimoniava l’as­

senza di una mitologia e di una simbologia in grado di condensare gli autorispecchiamenti di una società appena uscita da una guerra di mas­

sa. Segno anche della lontananza della classe di­

rigente liberale, questo aspetto sancì la debo­

lezza della festa11.

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Su questo quadro, tuttavia, un influsso deter­

minante si ebbe soprattutto a partire dal 1920, quando due realtà nate su diretta influenza dalla guerra — il combattentismo e il fascismo — det­

tero avvio su di essa alla costruzione di una li­

turgia pubblica del culto dei caduti basata sul­

l’elaborazione di un mito dell’esperienza belli­

ca che, attingendo direttamente alle immagini del conflitto, si presentava come un mito fondativo più consono alla realtà della società del dopo­

guerra. Il corteo condotto congiuntamente dai primi nuclei di fascisti e di combattenti cittadini attraverso le strade di Lucca pose, infatti, un’im­

pronta indelebile sull’andamento della festa co­

me forma rituale archetipa e primo modello au­

torappresentativo. E tuttavia si era affermato co­

me manifestazione “di partito”, specchio di un processo di progressiva ideologizzazione dell’i­

dea di nazione12. Sorta per festeggiare lo Stato e un suo evento fondante — la vittoria —, la festa sembrava avviarsi piuttosto a testimoniarne l’as­

senza, finendo per veicolare un’autorappresen­

tazione della nazione affermatasi al di fuori, se non in contestazione, dello Stato stesso13.

12 Come fufesteggiato il 2.anniversario della Vittoria aLucca, Il Serchio, 10 novembre 1920.

13 Non èforse un caso se, pursenza alcunasanzione ufficiale, si andavagiàparlandodi una nuovafestanazionale”.

Cfr. Vival’Italia, Il Serchio”, 4 novembre 1919, p.2.

14Sulla figura delMiliteignoto e sulle celebrazioni in suoonore si veda: Vito Labita, Il Milite ignoto. Dalletrincee all’AltaredellaPatria,in Sergio Bertelli,Cristiano Grottanelli (a cura di), GliocchidiAlessandro.Potere sovranoe sacralità del corpo da AlessandroMagnoa Ceausescu,Firenze,Pontealle Grazie, 1990; B. Tobia,Dalmilite ignoto alnazionalismomonumentale fascista, cit., pp. 595-597; Mario Isnenghi, Le guerre degliitaliani. Parole, immagini, ricordi.1848-1945,Bologna, Il Mulino, 2005,p.342; J.Winter,Il luttoe lamemoria,cit, pp. 117-157.

15Archivio di Stato di Lucca, Gabinetto diPrefettura (d’ora in poi ASL, Gp), flz. 204,cart. “1921. Onoranze al Sol­ dato ignoto”.

16 L’Ignoto, Il Combattente”, 4 novembre 1921.Nellastessa direzione il manifesto nazionale della celebrazione: “Il grande morto sarà così tuttiimortidati inolocausto dalleMadri d’Italia alla più grande Madre”, Onoranze al solda­

to ignoto, in ASL, Gp, flz. 204, cart. “1921. Onoranze al Soldato ignoto”. Cfr. Le onoranze diLucca al Milite Ignoto,

Il Serchio”, 5 novembre 1921, p. 1.

Le cerimonie del 1921 rappresentarono ef­

fettivamente un momento di forte rilancio nel­

l’elaborazione di una retorica e di una liturgia adeguate alla costruzione di una festa naziona­

le. Fu, infatti, come espressione primaria del va­

sto associazionismo combattentistico che la ce­

rimonia, riprendendo in parte quanto avvenuto negli altri paesi belligeranti, si focalizzò sulla costruzione della figura del Milite ignoto. Sim­

bolo della perdita d’identità e della uguaglian­

za di soldati e caduti portata dall’esperienza bel­

lica, ma anche modello di cittadino umile e ub­

bidiente verso lo Stato, fu l’espressione della forte ricerca di un’identificazione collettiva ba­

sata sull’esaltazione del senso comunitario del

“popolo delle trincee”. Il rito della scelta e del trasporto della salma da Aquileia a Roma, con la sua inumazione nell’Altare della Patria, nel diffuso clima di “attesa del ritorno” dei disper­

si, rivelò infatti la fortissima spinta impressa a favore di un autorispecchiamento nazionale — se non di un’appropriazione simbolica — attor­

no a quell’immagine unificante14. La profonda novità di un simbolo che, eludendo le tradizio­

nali grandi figure militari, ricercava un’efficace raffigurazione del “popolo”, un’estensione “na­

zionale e popolare”, influì decisamente sull’af­

fermazione di un rituale teso a eliminare la pom­

pa dei tradizionali riti pubblici nell’intento di ot­

tenere il coinvolgimento di tutti i cittadini al di là delle differenze di classe e partito15.

La cerimonia di Lucca, svoltasi secondo il sin­

cronismo con il rito romano stabilito per tutte le celebrazioni della penisola e imperniata sulla par­

tecipazione emotiva alla figura del fante ignoto e alla cerimonia nazionale, riuscì infatti ad assi­

curarsi una partecipazione popolare assoluta- mente medita, tale da far pensare al raggiungi­

mento di quell’agognato rito di autocelebrazio­

ne nazionale nella ritrovata unità dei cittadini16.

Nonostante il permanere del controllo delle autorità locali, segno della dominante diffiden­

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za della classe dirigente liberale per le masse e della sua profonda insensibilità per la “religio­

sità” scaturita dalla guerra, fu il forte richiamo della nuova retorica e della nuova simbologia nate intorno all’immaginario bellico a sancire la centralità assunta dal combattentismo nella fe­

sta. Per i combattenti questa divenne da allora il fulcro dell’elaborazione di un mito della guerra rivolto al conseguimento di una riunificazione nazionale basata sull’esaltazione della vicenda bellica come cardine di una rigenerazione per­

sonale e collettiva17.

17 Un soldato alfratello ignoto, IICombattente”, 13 novembre1921.

18 Cfr. P. Baldanzi,Alle origini del fascismo lucchese, cit.;V.Labita. Il Milite ignoto,cit,pp. 131-135.

19 Cfr. Emilio Gentile,La Grande Italia. Ascesa e declino del mitodella nazionenel ventesimosecolo, Milano,Mon­

dadori,1997, pp. 73-90.

20 Rdl. 23ottobre 1922, n. 1355, convertito nella legge 26 novembre 1925, n. 2030. Sulla storia legislativa della festa si veda: M. Ridolfi,Le feste nazionali, cit.

Tuttavia, il tentativo, espresso in quelle ce­

rimonie, di costruire un culto nazionale in gra­

do di elaborare un’immagine della nazione le­

gata all’idea di libertà, nel tentativo di unire gli italiani al di là delle differenze di classe e di par­

tito, si risolse in un fallimento. Quella che era apparsa come la conquista di un’unione spiri­

tuale fu, in realtà, soltanto la sospensione di un conflitto interno, che proseguì anche a Lucca dopo le cerimonie perpetuando un’aspra divi­

sione fra le diverse anime della società tanto sul tema della nazione quanto su quello fonda­

mentale della guerra18.

L’impressione è, a tal riguardo, che fu pro­

prio la sovrapposizione operata in quelle ceri­

monie tra idea di nazione e memoria di guerra a dare avvio, nell’assenza di una rappresenta­

zione unificante e condivisa, a un processo di

“ideologizzazione” della nazione rivolto a una sua riformulazione in termini sempre più esclu­

sivistici. Il fallimento del tentativo di costruzio­

ne di un culto nazionale di matrice risorgimen­

tale aprì dunque la strada alla definitiva rottura con il mito nazionale liberale, rivolto al coin­

volgimento di tutti i cittadini al di là delle dif­

ferenze sociali e politiche, assegnando alla fe­

sta il compito di approntare sulla costruzione di una memoria pubblica della guerra la ridefini­

zione della comunità nazionale19.

La festa della vittoria

Diretta a raccogliere il forte richiamo espresso nel 1921, la sanzione ufficiale della celebrazio­

ne del 4 novembre come festa nazionale, avve­

nuta il 23 ottobre 1922, apparve come la chiara attestazione della sua centralità nell’istituzione di un nuovo culto nazionale basato sull’esalta­

zione della vittoria quale nuovo evento fondan­

te20. E tuttavia, proprio rispecchiando l’ambi­

guo portato di quelle cerimonie, per una signi­

ficativa sovrapposizione di eventi, quello che avrebbe dovuto essere l’atto di nascita di una nuova religione della patria dello Stato liberale imperniata sul suo mito fondativo fu, in realtà, uno degli ultimi atti di quello stesso Stato, de­

stinato di lì a pochissimi giorni ad assistere al­

l’avvio del proprio declino.

Fu così l’avvento e l’ascesa al potere del fa­

scismo che s’incaricò di mostrare come, sul fal­

limento del culto nazionale liberale e nel defi­

nitivo abbandono delle ambiguità della relativa idea di nazione, questa nuova realtà si appre­

stasse ad imprimere un netto mutamento nello statuto della festa e, su di essa, nell’evoluzione della liturgia patriottica.

Del resto, il lento e difficoltoso processo di affermazione di un culto nazionale districatosi tra la scarsa sensibilità liturgica e il guardingo sospetto verso le masse dei dirigenti liberali, ave­

va consegnato inevaso al dopoguerra il proble­

ma dell’integrazione delle masse nella vita del­

lo Stato e, con esso, l’urgente necessità di av­

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La memoria celebrata

viare l’elaborazione di un’idea di nazione con­

divisa e unificante21. Il forte impulso dato dal fascismo alla costruzione di una vigorosa litur­

gia patriottica può dunque essere letto come il tentativo di rispondere alla conflittualità della nuova società postbellica attraverso la conver­

sione forzata degli italiani a una nuova “fede”

collettiva in grado di pervenire all’affermazio­

ne di un saldo e organico corpo nazionale22.

21 Sui caratterieleredità del culto nazionaleliberale siveda:Ilaria Porciani, La festadellanazione. Rappresentazio­ ne dello Stato e spazisociali nell’Italia unita,Bologna. Il Mulino. 1997; Mario Isnenghi,L'Italia in piazza. I luoghi della vita pubblica dal 1848 ai giorninostri, Milano, Mondadori, 1994; Bruno Tobia, Una patria per gli italiani.Spa­

zi, itinerari,monumenti nell’Italiaunita (1870-1900), Roma-Bari, Laterza. 1991.

22 Su questo si vedaprincipalmente: EmilioGentile,Il culto del littorio. La sacralizzazione dellapolitica nell'Italia fascista, Roma-Bari,Laterza, 1995,pp. 157-195;PhilipV.Cannistraro, Lafabbrica del consenso. Fascismoe mass media, Roma-Bari, Laterza, 1975.

23Telegramma della Presidenza del Consiglio alprefetto di Lucca,in ASL, Gp, flz. 213, cartellaOrdini e disposizioni”.

24 Cfr.B. Tobia, Dalmilite ignotoalnazionalismo monumentalefascista, cit.;Id.,Salveopopolo d’eroi. La monti- mentalità fascista nelle fotografiedell’istituto Luce,Roma, Editori Riuniti,2002.

25 Rdl. 30 dicembre1923, n. 2859.Si vedaanche in ASL,Gp, flz. 215.cart. “Calendario generale del Regno.Feste civili”.

26 Cfr.G.L.Mosse, Leguerre mondiali, cit., pp. 175-199; Angelo Ventrone, La seduzione totalitaria. Guerra,moder­ nità, violenzapolitica (1914-1918), Roma,Donzelli, 2004.

A tal riguardo, il rilancio di un culto dei ca­

duti in via di affermazione — tanto nella forma dell’ondata di monumenti ai caduti quanto an­

cor più nelle celebrazioni commemorative — apparve ad esso come il cardine su cui poter av­

viare l’elaborazione di quel mito della grande guerra con cui si stava riaprendo, del tutto po­

steriormente al conflitto, la ricerca di una unifi­

cazione identitaria della nazione all’interno di una nuova liturgia patriottica.

Fu così cogliendo l’importanza politica del­

la ripresa di tale celebrazione per esaltare la sua opera di ricostruzione del culto della patria, che lo stesso Mussolini, pochi giorni dopo essere sa­

lito al potere, impartì precise disposizioni affin­

ché la cerimonia fosse celebrata in grande sti­

le23. A partire da tali indicazioni, si andò affer­

mando un modello celebrativo imperniato sulla centralità delle cerimonie romane e in partico­

lare dell’omaggio al Milite ignoto, rivelando la fondamentale importanza che il simbolo posto Sull’Altare della Patria, accanto al mito di Ro­

ma, andò a occupare come principale riferimento

simbolico della ritualità patriottica del fascismo al potere24.

In tal senso, come segno della volontà di per­

venire a una drastica e chiara definizione di una liturgia patriottica, con il decreto legge del 30 dicembre 1923, rimettendo mano al calendario celebrativo giolittiano, si confermava la festa del 4 novembre come festa nazionale, riconoscen­

do così la cerimonia come cardine di un nuovo culto della patria incentrato sul mito fondativo della grande guerra25.

Tuttavia, la riproposizione in tempo di pace dei modelli e dell’atmosfera di guerra costituì lo specchio di una profonda svolta intollerante che il fascismo impresse al rilancio della costruzio­

ne di una religione patriottica26. In questo sen­

so, il tessuto cittadino s’incaricò molto presto di testimoniare come l’avvento del fascismo al go­

verno nazionale e la sua parallela ascesa al po­

tere locale — sotto la guida ormai indiscussa di un rappresentante del fascismo intransigente quale Carlo Scorza — stesse imprimendo una fortissima accelerazione nell’occupazione ri­

tuale e simbolica dei principali luoghi di rap­

presentazione del potere. L’occupazione della piazza principale, l’esposizione del gagliardet­

to al palazzo del potere locale, la sfilata e l’o­

maggio alle lapidi: tutto questo complesso for­

matosi già nello squadrismo si apprestava a di­

venire parte integrante della nuova ritualità pa­

triottica, insieme alle pratiche attinte con l’os­

servazione o la partecipazione ai riti pubblici

(8)

svoltisi negli spazi cittadini, compresi quelli de­

gli avversari politici27.

27 Cfr. Ilritorno dei Fascisti e degli ex Combattenti lucchesi da Roma, Il Serchio”, 4 novembre1922. Sul fascismo lucchese e sulsuo capo indiscussofinoal1932, si vedasoprattuttoUmberto Sereni, Il fascismo nell’isola dell’anti­ modernità. Ilcasodi Lucca,in Giunta regionale toscana, 28 ottobree dintorni.Le basi sociali e politiche delfascismo in Toscana,Firenze, Polistampa,1994; Giuseppe Pardini,Alle radici delfascismo“intransigente" : teoria e prassi po­ litica nel fascismolucchese (1920-1922),Documenti,e studi”, 1994, n. 14-15; Roberto Pizzi, Carlo Scorza - Un uo­

modai mille misteri, in Id.,L’Intrepido”.Giornale del fascio di combattimento lucchese (1920-1925), “Documenti e studi”, 1988-1989,n.8-9, appendice 4.Ottenuto ormai il pieno controllo del fascismo lucchese, CarloScorza pro­ cedette acostruirsi, come ras della Lucchesia, unapoderosaascesafino ai verticidel partito.

28M. Isnenghi, LItaliain piazza,cit.,pp.207-300.

29 E. Gentile, Il culto del littorio, cit., pp. 61-103.

30 Le solenni funzionidel 4 novembre,Il Serchio,8novembre 1922. Cfr. B. Tobia, Dal milite ignoto al nazionali­

smomonumentale fascista, cit.,p. 597;Giorgio Rochat, Il soldato italianodalCarso a Redipuglia,in D. Leoni, C. Za- dra (a cura di), La Grónde Guerra: esperienza, memoria, immagini, cit., pp. 616-626.

31 M. Isnenghi, L’Italiain piazza,cit.,pp.301-329.

Come cardine di questo processo, la festa, sot­

to la nuova tutela fascista, si apprestò a diveni­

re il fulcro della costruzione di un nuovo culto della patria intollerante e totalitario, teso a eli­

minare la presenza degli avversari politici per portare a compimento il processo di “conquista della piazza”28. Quella che sembrava essere la conclusione definitiva della lunga ricerca di una liturgia patriottica, rappresentò invece il defini­

tivo abbandono dello stesso culto nazionale li­

berale e dell’idea di nazione in esso espressa.

Sulla scorta di questo processo, l’affermazione nella festa di un modello celebrativo chiaro e di­

stinto divenne, almeno fino al 1925, il terreno

— e lo specchio — del duro scontro che il fa­

scismo intraprese contro gli altri partecipanti per ottenere, in linea con il suo carattere totalitario, l’esclusiva definizione del rito di un nuovo cul­

to intollerante29.

L’avvio del rito — la funzione in suffragio ai caduti nella principale chiesa cittadina — ri­

fletteva a riguardo l’importanza assegnata alla presenza ecclesiastica e cattolica, riconducendo la festa entro un luogo di rappresentazione del­

la fissità delle gerarchie di potere proprio dei ri­

ti dello Stato liberale. Tuttavia, l’importanza as­

sunta da un nuovo complesso simbolico legato alla figura del caduto e della nazione — il tu­

mulo al centro della chiesa attorniato dall’el­

metto, il fucile e in seguito la motivazione del­

la medaglia d’oro al Milite ignoto, affiancati dal

tricolore —, ma soprattutto il consolidamento della centralità di combattenti e fascisti, contri­

buirono a mutare il volto tradizionale di quel ri­

to per renderlo espressione di una nuova “reli­

giosità” volta all’affermazione liturgica del na­

scente mito della grande guerra30.

Sull’onda dei mutamenti innescati con l’in­

gresso di queste due nuove realtà, l’elaborazio­

ne di un nuovo rituale portò così a una progres­

siva perdita d’importanza della funzione reli­

giosa, in ogni caso importante momento di le­

gittimazione pubblica, a favore del consolida­

mento di un corteo cittadino. Fu, infatti, su que­

sto che il fascismo concentrò i suoi sforzi per elaborare una liturgia adeguata alla costruzione di un culto nazionale totalitario, cogliendone la centralità come occasione di visualizzazione pubblica dei suoi simboli e di occupazione dei luoghi di autorappresentazione collettiva già sperimentati nel tessuto cittadino. Specchio del­

la compresenza di differenti identità, la sfilata divenne così il fulcro, e l’espressione, dell’at­

tacco ingaggiato da questo contro gli altri par­

tecipanti nell’intento di allestire, in una piazza finalmente “domata”, la liturgia di un nuovo cul­

to della patria teso alla definizione di una na­

zione in termini esclusivamente fascisti31.

Fu, infatti, sull’affermazione e nel confronto di fascisti e combattenti che il corteo apparve evolversi da un percorso tradizionalmente lega­

to ai principali luoghi di rappresentazione del potere, retaggio della festa militare, — la sola piazza principale, il palazzo provinciale, la ca­

(9)

serma — per approdare a un nuovo e definito assetto32. Rivelando quanto la compiuta elabo­

razione di un rituale adeguato alla nuova festa si affermasse proprio al culmine dello scontro intrapreso dal fascismo contro gli altri parteci­

panti, i combattenti in primo luogo, fu nelle tur­

bolente cerimonie del 1924 che questo raggiun­

se la più completa definizione. Cogliendo, in­

fatti, la raggiunta centralità della sfilata come momento di rappresentazione dell’immagine della nazione e del ricordo di guerra, il fascismo, scatenando violente azioni tanto nel territorio lucchese quanto in tutto il resto d’Italia, si sca­

gliò contro ciò-che si era fatto espressione del­

l’estremo tentativo dei combattenti di rivendi­

care il proprio ruolo autonomo nel nuovo culto nazionale33. Sull’onda di uno dei maggiori mo­

menti di tensione per il fascismo al potere, e per 1 ’ importanza assegnata a tale occasione dai com­

battenti, il corteo riuscì dunque a delineare un assetto piuttosto chiaro e coerente, teso a ridi­

segnare nel tessuto urbano percorsi e autori­

specchiamenti legati ai simboli di una nuova li­

turgia imperniata sull’esaltazione della guerra e della vittoria: il passaggio per le vie cittadine dai nomi rievocanti gli eventi della guerra e del pa­

triottismo — via Vittorio Veneto, via Vittorio Emanuele, piazza XX settembre —, l’omaggio ai primi segni del culto dei caduti — il nascen­

te Parco della Rimembranza e la visita al cimi­

tero — divenivano il segno di un’acquisita au­

tonomia e chiarezza del corteo34.

32 Cfr. L’austera e solenne celebrazione diVittorio Veneto, L’Intrepido”,5novembre1923; Lucca - La celebrazione del 4 novembre, Il Combattente”, 11 novembre 1923.

33 M. Ridolfi, Le feste nazionali, cit., pp. 159-162.

34 La celebrazione del V anniversario della grandevittoria italiana, “Il Serchio”, 7 novembre 1923.

35 Cfr. Celebrazione dellafesta dellaVittoria,L’Intrepido”, 4 novembre 1924.

36Sullimportanza del “Bollettino dellaVittoria”, siveda M.Isnenghi, Le guerre degli italiani,cit., pp.77-80.

37 M. Isnenghi, L’Italia in piazza,cit., pp. 301-329.

38 Laustera celebrazionedel VII anniversario dellaVittoria, L’Intrepido”,5 novembre 1925.

A partire da quel momento di crisi, del resto, si affermava anche un ordine di sfilata definito, nel quale si esprimeva l’esito del tentativo fa­

scista di penetrare nelle file combattentistiche per riorientarne l’immagine storica a proprio fa­

vore. Nella sfilata prendevano posto in succes­

sione: i corpi armati, i rappresentanti ammini­

strativi e politici locali; il vasto associazionismo combattentistico; le rappresentanze e le orga­

nizzazioni del partito fascista; gli istituti scola­

stici; le opere assistenziali religiose, l’associa­

zionismo cattolico; infine, le organizzazioni mu­

sicali, ricreative e sportive35.

In questo senso, inoltre, il culmine della ce­

rimonia si andò concentrando intorno al rito di raccoglimento compiuto dai presenti disposti in­

torno a un quadrato all’interno del cimitero cit­

tadino, orientato, dal 1924 in poi, attorno alla lettura del “Bollettino della Vittoria”. Si affer­

mava così una liturgia profondamente evocati­

va in grado di elaborare, sul recupero della ri­

tualità militare e del retaggio simbolico del con­

flitto, una mitizzazione dell’esperienza bellica basata su quella “lettura” ufficiale e ormai na­

zionalmente diffusa36.

Sotto questo aspetto, emergeva dunque come il punto di approdo del processo di costruzione di una liturgia “sacra” si stesse affermando nel­

la festa attorno a un rituale che, escludendo la parola dei partecipanti, si apprestava a divenire espressione di una nuova religioné della patria ricondotta sotto 1 ’ esclusiva tutela fascista37. Non fu un caso quindi che le cerimonie del 1925 af­

fidassero l’unico spazio destinato alla parola di un oratore proprio al ferreo discorso di Carlo Scorza, ormai affermato ras della Lucchesia38.

Nell’affermazione di una liturgia chiara e de­

finitiva, occupava tuttavia un aspetto fonda­

mentale il conflitto simbolico ingaggiato dal fa­

scismo all’interno di una pluralità di identità di­

verse, nel tentativo di conquistarne e riorientar­

ne la simbologia e la ritualità a favore di un nuo­

vo culto intollerante diretto alla sua esclusiva esaltazione.

(10)

32

Atal riguardo, l’imposizione del culto del tri­

colore, già affermatasi con lo squadrismo e ora assicurata da una rigida legislazione tesa al coin­

volgimento forzato del cittadino, divenne con la festa la principale espressione della lotta per un nuovo culto patriottico totalitario, ormai di­

retto all’identificazione della nazione con il fa­

scismo stesso39.

39Prescrittol’obbligo dell’esposizione del tricolore, nel gennaio e nel settembre1923,rispettivamente nelle scuolee negli ufficipubblici, nel riordino del calendario festivo, si stabilivalaprecedenza del tricolore su ogni altro vessillo.

Rdl.24 settembre 1923 n.2072; rdl. 30 dicembre 1923.

40 Sivedano,per esempio, le controversiesorteintorno aimaggiori monumenti italiani:cfr. Patrizia Dogliani, Redi- puglia; Livio Vànz.etto, Monte Grappa, in Mario Isnenghi (a curadi), Iluoghidella memoria.Simbolie miti dell'Ita­ lia unita, Roma-Bari,Laterza, 1996; B. Tobia, Dalmilite ignotoal nazionalismo monumentale fascista,cit., pp.607- 632;R. Monteleone, P.Sarasini, Imonumentiitaliani ai caduti della GrandeGuerra,cit.; Bruno Tobia,CatherineBri- ce(a cura di), La memoria perduta, Roma,Nuova Argos, 1998.

41 Opinione espressa in E. Gentile, Il culto del littorio, cit., pp. 36-38.

42Sui ParchidellaRimembranza,siveda: Dario Lupi, Parchi e viali della Rimembranza, Firenze, 1923; C. Canal, La retoricadella morte, cit.;B.Tobia, Dalmiliteignotoal nazionalismo monumentalefascista, cit., pp. 598-600;M. Isnen-

Fu tuttavia come principale espressione di un mito della guerra in via di diffusione negli spa­

zi pubblici cittadini e nazionali, che lo scontro parve rispecchiarsi all’interno del tessuto urba­

no soprattutto intorno alle lapidi e ai monumenti ai caduti. Rispecchiando le difficoltà organiz­

zative e la conseguente centralizzazione verifi­

catesi a livello nazionale, anche nella città di Lucca, le forti divisioni tra i promotori intorno all’erezione del monumento ai caduti cittadino riflettevano i gravi ostacoli incontrati nel con­

fronto con il tessuto urbano e con la pluralità di identità e memorie in esso racchiuse. La man­

canza del monumento ai caduti per tutti gli an­

ni venti, e la sua sostituzione con i segni del re­

taggio patriottico risorgimentale, significarono dunque, per la città e per la festa, una forte me­

nomazione che rispecchiava i gravi limiti posti alla elaborazione di una simbologia legata al mi­

to della guerra condivisa e unificante40.

In questo senso, il caso di Lucca, anche con­

frontato con altri esempi illustri, ci suggerisce di ribaltare l’immagine dei monumenti ai cadu­

ti come base, spontanea e popolare, dell’edifi­

cazione di un nuovo culto nazionale impernia­

to sul mito della guerra41. Di fronte alle profon­

de difficoltà insite nel confronto col permanere

di differenti memorie e autorispecchiamenti nel tessuto urbano, la costruzione di quel simbolo del ricordo di guerra si verificò solo con molto ritardo: notevolmente rielaborato rispetto al suo significato originario, questo apparve così il frut­

to posteriore, non già l’origine, di un culto na­

zionale profondamente mutato. In questo senso, dunque, furono piuttosto le nuove cerimonie pa­

triottiche, la festa del 4 novembre in testa, ad av­

viare la costruzione di una religione della patria che arrivò infine a esprimere nei monumenti ai caduti il segno ultimo di una memoria della guer­

ra ormai definitivamente rielaborata.

Immersa nel contesto “promiscuo” di un pa­

norama urbano in cui il ricordo di guerra si af­

fiancava al retaggio risorgimentale, la festa sem­

brò così trovare nella costruzione del locale Par­

co della Rimembranza, solennemente inaugura­

to nel 1924, un potente simbolo del ricordo di guerra. Di fronte alla difficoltà incontrata nel­

l’impatto con gli spazi cittadini, la costruzione di una nuova simbologia legata al mito della grande guerra sembrò così indirizzarsi verso la creazione di un luogo sacro, in grado di astrar­

si dal difficile confronto col tessuto urbano e di divenire dunque luogo di elezione di una nuova liturgia nazionale che, escludendo la parola dei partecipanti, riconduceva al solo fascismo la rap­

presentazione del conflitto e della nazione42.

Le “due Vittorie”

Appariva chiaro ormai, come, prendendo le mos­

se dal fallimento del culto nazionale liberale e

(11)

con esso dell’affermazione di un’identità e una memoria unificanti, la costruzione del nuovo culto della patria s’incentrasse su un processo di rielaborazione della memoria di guerra che il fa­

scismo individuò come il cardine su cui avvia­

re una progressiva ridefinizione della comunità nazionale in senso esclusivistico. Sancendo il definitivo abbandono delle ambiguità dell’idea di nazione liberale, già delineatesi nel disaccor­

do tra un richiamo formale alle origini volonta­

ristiche della nazione e un’effettiva concezione organica della stessa, e il distacco dal culto na­

zionale ad essa collegato, esso affidò così alla costruzione di un ricordo pubblico del conflitto i suoi sforzi per definire una comunità totalita­

ria integralmente identificata con esso43.

A tal riguardo, la festa del 4 novembre ap­

parve da allora il cardine del tentativo del fa­

scismo di intraprendere, ormai ottenuta l’esclu­

sione dei socialisti, un attacco ai movimenti pa­

triottici affini nell’intento di acquisire il mono­

polio dei nuovi riti di autorispecchiamento na­

zionale. In questo senso, infatti, esso si appre­

stò da subito a riorientare l’originario carattere appartato della prima ritualità commemorativa, così come si era andata formando sotto la tute­

la cattolica e in parte combattentistica, per ride­

finirla all’interno di una liturgia che, assumen­

do esplicitamente i caduti come modello del cit­

tadino dedito totalmente alla patria, cercava di ricondurne il culto nell’esplicita esaltazione del­

la nazione e dei suoi interpreti44.

Tanto le forti spinte del fascismo intransigente lucchese, sotto Carlo Scorza, quanto le linee di

sviluppo sul piano nazionale, esprimevano co­

me il forte rilancio dei simboli e dei riti del cul­

to dei caduti — imperniato sull’immagine del Milite ignoto e dei caduti in generale — rap­

presentasse un passaggio fondamentale nella co­

struzione di una liturgia diretta all’esaltazione del fascismo come interprete del corpo nazio­

nale scaturito dalla guerra.

Al centro di questa evoluzione emergeva tut­

tavia il netto cambiamento che tale riscrittura della memoria dell’esperienza bellica introdu­

ceva nel retaggio storico del nuovo culto nazio­

nale. La festa del 4 novembre divenne così la principale occasione in cui il fascismo dette av­

vio alla elaborazione di quel mito della grande guerra teso a rappresentare il conflitto come at­

to di nascita di una “nuova Italia” di cui esso si ergeva a unico e autentico rappresentante45. Dan­

do sbocco a quanto anche 1 ’ intransigentismo luc­

chese da tempo affermava, si andava in tal mo­

do innestando l’immagine della marcia su Ro­

ma come seconda e definitiva affermazione di quella nuova nazione, di cui esso si ergeva a uni­

co e solenne rappresentante. Si affermava così una progressiva sovrapposizione della “storia sacra” fascista con la memoria nazionale all’in­

terno di uno sviluppo teleologico che, rianno­

dando i fili della storia italiana, confluiva nel­

l’avvento del fascismo al potere46.

Come espressione della raggiunta conquista monopolistica della liturgia nazionale, le cele­

brazioni del 1925 s’incaricano di sancire uffi­

cialmente la definitiva equiparazione della mar­

cia su Roma alla vittoria come secondo mito fon­

ghi,L’Italia in piazza, cit., pp. 306-310. La città diLucca risulta unadelleprime in Italiaa far sorgereuncomitato per la costruzionedel Parco.

43 Cfr.E.Gentile, La Grande Italia,cit., pp. 149-162. Sull’ideadi nazione liberale si veda Alberto Maria Banti,La na­

zione delRisorgimento,Torino, Einaudi, 2000.

44 Cfr. B. Tobia,Dal milite ignoto al nazionalismo monumentalefascista, cit., pp. 598-607; E. Gentile, Il culto del lit­

torio, cit.,pp.61-84.

45 Sullacentralitàdel mito dellagrandeguerra nelfascismo, si vedano: M. Isnenghi, Il mito della grandeguerra, cit.;

Emilio Gentile,Un’apocalissenellamodernità. La GrandeGuerra e il Mitodella Rigenerazione dellapolitica, “Sto­ ria contemporanea”, 1995, n.5; G.L.Mosse, Le guerre mondiali,cit., pp.201-209; Giorgio Rochat, L’Italianella pri­

ma guerra mondiale. Problemi di interpretazione e prospettive di ricerca, Milano, Feltrinelli, 1976,pp. 23-41.

46 Solamente oggi Sull’Altare della Patria il Fratello Ignotoriposasotto l’ala dellariconquistata Vittoria, “L’Intrepi­

do, 5 novembre 1922. Si veda inoltreM. Isnenghi,Il mito della grande guerra,cit.

(12)

34

dativo di una comunità nazionale sempre più identificata col fascismo. Furono così le parole di Carlo Scorza che, facendo eco al discorso ro­

mano di Mussolini, rispecchiarono la definitiva appropriazione della memoria della guerra da parte fascista:

Quando parlo di guerra, o Signori, parloancheeso­

prattutto di Fascismo, perchénonc’è soluzione di con­

tinuitàfrail4Novembre 1918 e il28 ottobre 1922.

[... ]La Patria, o gente di Lucca, ètutta ritornata una, e sia un grandeMiliteIgnotoche dormeilsuosonno in Roma che vigila, sial’ultima Camicia Nera caduta nell’angolo di una strada, uccisa dalcolpo assassino diuna rivoltella, il ciclo èchiuso e noi, che potremmo affermare inquesta nostra adunata,se nonquestova­

lore dello spirito?47

47 Parla Carlo Scorza,L’Intrepido”,5 novembre 1925.

48Le stesse parole di Mussolini, inquelle cerimonie, prefiguravanola strada apertada tale mutamento: “la vittoria non èun punto darrivo,è un punto di partenza;non è una meta,è una tappa; [...] l’Italia non si è esaurita; è nella secon­

daciviltà e pe sta già creando la terza(Il discorso delDuce, L’Intrepido”,5 novembre 1925).

49 Cfr. J. Winter, Il luttoe la memoria,cit., pp. 169-201; G.L.Mosse, Le guerre mondiali,cit.

Rispecchiando gli sviluppi della liturgia statale e della simbologia della guerra, attorno alle “due Vittorie” — la vittoria e la marcia su Roma — si affermava così un doppio mito di fondazione.

Come cardine di un netto passaggio di fase, ta­

le evoluzione prefigurava del resto una profon­

da svolta nel culto della patria tanto rispetto al- rimmaginario fondativo della nazione quanto, di conseguenza, nel rito come luogo di forma­

zione del corpo nazionale48.

Verso una nuova nazione

Nella rielaborazione del ricordo di guerra si ri­

fletteva, dunque, come l’avvento del fascismo nella festa stesse determinando un importante punto di passaggio del processo di ridefinizio­

ne dell’idea di nazione. Una volta eliminata la presenza degli avversari politici, esso dette co­

sì avvio ad un duro attacco contro i movimenti affini nell’intento di ottenere il monopolio del patriottismo e il pieno controllo della liturgia na­

zionale. Due, del resto, erano le maggiori realtà

con cui si trovò presto in competizione nella co­

struzione di un nuovo autorispecchiamento na­

zionale: i cattolici e i combattenti.

I cattolici

Il ruolo fondamentale svolto dagli ambienti cat­

tolici nella nascita e nello sviluppo di un vasto culto dei caduti, rafforzato dall ’ apporto di un lin­

guaggio e di una liturgia adeguate alla elabora­

zione del lutto, costituisce l’elemento centrale attorno a cui si può spiegare la loro fortissima presenza nella ritualità commemorativa del do­

poguerra in Italia e ancor più nella cattolicissi­

ma Lucca49. L’affermazione di una diffusa li­

turgia volta al ricordo dei caduti ebbe una note­

vole influenza nello sviluppo della festa del 4 novembre, avviatasi sotto la preponderante in­

fluenza cattolica. La fondamentale importanza del suo peso sul piano rituale e retorico e la stret­

ta e significativa vicinanza con le cerimonie le­

gate alla celebrazione dei morti, inserirono, in­

fatti, la festa in un ciclo celebrativo incentrato sull’attigua cerimonia del 2 novembre, dise­

gnando i contorni di una commemorazione lut­

tuosa dei caduti della comunità locale. Nella frammentarietà complessiva del rituale, l’in­

gresso delle pratiche cultuali cattoliche — la messa di suffragio, la visita al cimitero — e del­

la relativa retorica — il culto pietoso dei morti

— fornirono alla festa un importante modello rituale e discorsivo. Se dunque da un lato l’ini­

ziale tutela cattolica forniva il segno della forza di una vasta spinta commemorativa di matrice religiosa, dall ’ altro trasmetteva alla festa un ele­

mento di debolezza, orientandola più verso gli elementi luttuosi rispetto alle prospettive di ri­

nascita del ricordo di guerra.

Su questa duplice eredità, la ritualità cattoli­

ca rappresentò per il fascismo al suo ingresso nella festa un modello fondamentale nella co­

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