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Capitolo 4

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Academic year: 2021

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Capitolo 4

LE IMPLICAZIONI AMBIENTALI

4.1 Vari tipi di inquinamento

Come ogni attività industriale, anche quella lapidea genera rifiuti e inquinamenti di vario genere.

I principali sono:

● inquinamento da polveri ed acustico; ● deturpazione del territorio;

● inquinamento delle acque e sorgenti.

– Inquinamento da polveri ed acustico

Le polveri rappresentano ormai da qualche decennio un problema rilevante a livello locale.

Riguardano in modo particolare il centro di Carrara e tutto il territorio della lavorazione del marmo: infatti esse creano conflittualità tra i camionisti e gli imprenditori del settore lapideo da un lato, mentre dall'altro i cittadini

che vivono lungo le vie di transito dei camion che trasportano i detriti di marmo.

Il problema inizia a manifestarsi solo negli anni '90. Fino ad allora era

abitudine abbandonare i detriti di scarto della lavorazione del marmo lungo i versanti della montagna creando ciò che localmente si chiama "ravaneto"(ne parleremo successivamente).

A seguito di grandi proteste da parte dei cittadini si è determinato il divieto di abbandonarli sui versanti montani.

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E' da ricordare che assieme agli scarti solidi finivano nei ravaneti anche la marmettola (soluzione acquosa di carbonato di calcio e sabbia) prodotta dal taglio del marmo, gli oli e i grassi usati per lubrificare gli strumenti di taglio e vari idrocarburi che hanno determinato l’inquinamento di diverse sorgenti che alimentavano gli acquedotti di Carrara e Massa.

L'obbligo di portare via dalle cave gli scarti è divenuto col tempo una nuova occasione imprenditoriale poiché si sono scoperti come fonte di materia prima per la produzione di granulati e di polvere di carbonato di calcio. Tutto ciò però ha generato problemi relativi al loro trasporto.

Per il trasporto, infatti, vengono usati grossi camion con una portata media di 25 tonnellate sostenendo circa 200.000 viaggi all'anno. Questi camion

attraversano il centro di Carrara causando grave disagio alla popolazione residente sia per il rumore e le vibrazioni prodotte, che per le polveri che si fanno alzare.

Dalla lettura quotidiana dei valori di inquinanti dispersi per l'aria si rileva un dato scioccante per quanto riguarda le polveri PM 10, cosi denominate perché hanno un diametro inferiore ai 10 micron: il loro valore nel 2006 ha superato i limiti consentiti dalla legge per gran parte dell'anno.

Non solo, ma gli ultimi dati indicano che il PM 10 sarebbe composto per la quasi totalità da PM 2,5, cioè da polveri ultrafini molto più nocive alla salute. Questo poiché la frazione superiore a 2,5 micron raggiunge il naso, la gola, la trachea e i bronchi ma poi è intrappolata nel muco e allontanata all'esterno grazie al movimento delle ciglia nel giro di poche ore.

La frazione inferiore a 2,5 micron riesce invece a penetrare più profondamente raggiungendo i bronchioli e gli alveoli polmonari provocando danni alla

respirazione.

Sembra che l’alto valore di PM 10 sia imputabile più alle polveri prodotte dal fango trascinato dalle ruote dei camion e al materiale fine perduto che ai prodotti di combustione del gasolio.

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Questa ipotesi, ancora oggetto di studio, sembra confermata dal fatto che quando le strade sono appena spazzate e le ruote dei camion pulite ed asciutte le concentrazioni di polvere manifestano una significativa diminuzione. A questo scopo è stata avviata come soluzione provvisoria il lavaggio dei cassoni e delle ruote dei camion e la pulizia giornaliera delle strade. E' stata, inoltre, emessa una ordinanza che prevede un giorno di fermo dei camion nel caso superino per 3 volte consecutivamente i limiti dei PM 10. Quale rimedio definitivo ai disagi causati dal transito dei camion è stata prevista ed iniziata da qualche anno la costruzione della "strada dei marmi", cioè una strada moderna, funzionale e sicura che collega direttamente i luoghi di estrazione con i luoghi di lavorazione. Il percorso è stato progettato lontano dai centri abitati con larghissimo uso di gallerie e cercando di ridurre il più possibile i tempi di percorrenza.

Il primo lotto è già stato inaugurato, ed il termine dei lavori è previsto per il 2011.

Il problema delle polveri è presente anche sia nella fase estrattiva che in quella della lavorazione.

Nel primo caso il rischio giunge dai gas di scarico dei mezzi meccanici e dalle polveri che sorgono dal taglio dei blocchi.

Ci sono state contromisure come l'applicazione di dispositivi di depurazione ai tubi di scappamento dei mezzi, e attuando visite periodiche sia in merito allo stato dell'aria che alla salute dei lavoratori.

Ma queste rimangono soluzioni di modesta efficacia e da parte delle autorità non c'è abbastanza interesse e preoccupazione per provvedere seriamente. Nel secondo caso la situazione è ancora più grave trattandosi di luoghi chiusi. Qui sono necessari mezzi di areazione per espellere le polveri, perché se inalate potrebbero provocare varie malattie.

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Altre misure sono creare spazi molto ampi in cui lavorare, con ampie aperture, ma sempre limitando l'inquinamento acustico che ne fuoriesce.

Infatti particolare attenzione è stata posta alla soluzione del problema acustico. Per quanto riguarda il trasporto, in tutti i tratti viari a contatto diretto con il territorio naturale e antropizzato è stata prevista la realizzazione di

pennellature schermanti che appaiono naturali ed armonizzate con il paesaggio.

Invece parlando della lavorazione, il problema si basa sia sul rumore

all'interno dei luoghi di lavoro, sia quello che si espande all'esterno di questi. Dati dicono che solo il 20% dei lavoratori non ha problemi di udito, mentre l'80% ne accusa di varie gradazioni.

Le soluzioni principali si basano sulla separazione delle zone all'interno dei capannoni tramite telai fonoassorbenti, introducendo telecamere che seguano passo passo il taglio senza l'obbligo di presenza umana, ma molte aziende non possono permettersi queste spese.

Recentemente è in corso di sperimentazione la tecnica detta “anti-noise

reduction”, che si basa sulla creazione di onde in netta opposizione a quelle

del rumore, per annullarsi a vicenda. La cosa problematica è che le onde del rumore non sono regolari e quindi è molto difficile effettuare una perfetta sincronizzazione tra le due tipologie di onde.

Per il rumore esterno invece non ci sono state molte soluzioni in passato a causa di amministrazioni poco interessate al territorio.

Fortunatamente in data 1/3/1991, il decreto del Presidente del Consiglio ha fissato i “limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno”, concedendo alle aziende sei mesi per mettersi in regola o per presentare un piano di risanamento, pena lo spostamento in aree

industriali dismesse.

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- Deturpazione del territorio

In conseguenza di un'attività estrattiva intensa e prolungata nel tempo, i bacini marmiferi apuani sono caratterizzati da enormi volumi di detrito di scarto della coltivazione, i cosiddetti "ravaneti", che vengono riversati lungo i versanti adiacenti alle aree di cava e che costituiscono ormai un elemento tipico del paesaggio delle Alpi Apuane. Attualmente il materiale di scarto derivante dall'attività estrattiva rappresenta circa i 2/3 dello scavato a monte.

Questo quantitativo di materiale di scarto della lavorazione costituisce una risorsa primaria per la creazione di granulati e polveri, che trovano oggi nel mercato una grande richiesta in ragione di una vasta gamma di applicazioni. Inoltre il prelievo di tali materiali costituisce una fondamentale operazione di recupero e gestione razionale dei giacimenti stessi che in molti casi risultano totalmente, o in parte, coperti da queste spesse coltri di detrito.

I ravaneti tuttavia rappresentano anche una delle prime fonti di dissesto idrogeologico che riguardano le aree estrattive e alcuni centri abitati.

Negli ultimi anni, infatti, molti ravaneti sono stati interessati da fenomeni di frana rappresentati in prevalenza da trasporti in massa di materiale detritico. In particolare alcuni studi identificano questi dissesti come colate di “debris

flow” , ovvero, come rapidi movimenti di una miscela di acqua, detrito e aria

che si comportano come un fluido viscoso.

Lo studio dei dati pluviometrici registrati in concomitanza dei dissesti ha evidenziato come siano sufficienti 60 mm di pioggia in 5 ore, con intensità di soli 14 mm in un'ora, perché si arrivi all'innesco di tali

movimenti e quindi come sia molto bassa la soglia per l'attivazione dei debris flow .

Inoltre questi lavori mettono in evidenza che l'aumento, negli ultimi anni, della frequenza di questa tipologia di dissesti è collegato all'introduzione di

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In molti casi, infatti, è possibile osservare come il corpo detritico del ravaneto sia costituito dalla sovrapposizione di strati a differente composizione

granulometrica e permeabilità. Blocchi grossolani con scarsa unità sabbiosa costituiscono gli strati più profondi (e quindi più antichi), mentre gli strati più superficiali risultano costituiti, oltre che da blocchi e massi di dimensioni eterogenee, anche da una grande quantità di materiale fine (limi) che diminuisce la permeabilità generale.

Tutto ciò porta a gravi problemi anche per quanto riguarda il paesaggio circostante

Un valido esempio è il Passo della Focolaccia1

Qui è stata addirittura cancellata da una zona di grande pregio ambientale e di impareggiabile bellezza, la cresta di un monte che univa il Monte Cavallo al Monte Tambura.

Questo Passo da una quota di 1685 metri a cavallo del confine dei comuni di Massa a di Minucciano ora risulta abbassato di oltre 50 metri.

I dati raccolti da più fonti parlano chiaro: nell'arco di un cinquantennio si è passati da trecentomila a oltre cinque milioni di tonnellate di marmo estratte l'anno.

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Tale attività ha prodotto numerosi danni indelebili tra cui l'alterazione e deturpazione di bellezze naturali e la distruzione dell'ambiente circostante , sotto il profilo geologico, per le imponenti modificazioni morfologiche dell'assetto territoriale ivi compresa l'ostruzione di cavità naturali, in zona carsica.

Sotto il profilo idrogeologico, va evidenziata l'ostruzione della parte iniziale dell'aveolo del torrente Acqua Bianca, trattandosi inoltre di una zona ad alta vulnerabilità degli acquiferi in stretta comunicazione con la sorgente del Frigido di Forno, la più grande della Toscana.

In più e' stata distrutta una dolina (un grande imbuto naturale) che convoglia le acque piovane nelle falde acquifere cementificandola, trasformandola in un deposito d'acqua per la cava in questione.

Altro problema è creato dall’enorme ravaneto sottostante che ha comportato tra l'altro il massacro di moltissime piante. Infatti c'è il rischio di vedere compromesso il patrimonio ecologico delle Apuane.

Le precipitazioni e le grandi altezze hanno consentito l'insediamento di piante nordiche, tipiche dell'Artico o della Siberia, mentre la vicinanza del mare ha permesso la crescita di piante mediterranee. Delle 5.599 specie floristiche d'Italia, poco meno della metà sono presenti nelle Alpi Apuane.

Oltre ciò il ravaneto, essendo un ammasso di rocce in precario equilibrio, rappresenta di fatto una situazione di grave pericolo per le popolazioni sottostanti (paesi di Gorfigliano e Gramolazzo) in caso di gravi calamità naturali, come quelle che si sono verificate sul versante versiliese e garfagnino delle apuane che hanno seminato morte e distruzione.

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- Inquinamento delle acque

Questo problema è forse il più importante tra quelli precedentemente menzionati, perché l'attività estrattiva genera un forte inquinamento delle sorgenti e dei fiumi, fonti di vita per l'intera popolazione biologica della zona. Anche se la zona è abbastanza piovosa e, quindi, c'è un grande ricircolo di acqua, la morfologia delle rocce riduce l'assorbimento di sostanze nocive che quindi vanno a riversarsi quasi completamente nelle sorgenti e nei fiumi. Infatti i marmi, come le altre formazioni carbonatiche (es. calcari), sono

soggetti al carsismo e quindi lo scorrimento dell’acqua fa dissolvere il carbonato di calcio. Perciò le piccole fratture superficiali della roccia si allargano man mano che si scende, dando luogo ad un complesso di grotte nelle quali scorrono ruscelli.

Naturalmente durante le piogge i grandi volumi d’acqua scorrono sui versanti, raccolgono gli inquinanti (idrocarburi, marmettola, terre…) e si infiltrano nelle fratture alimentando i ruscelli, che si trasformano in impetuosi torrenti.

Tutto ciò finisce poi nelle sorgenti dei fiumi e successivamente nel mare. Questo perché le sorgenti sono situate ad un'altitudine minore delle cave, e fanno quindi da imbuto a tutta l'acqua che arriva, distribuendola poi al terreno e al corso d'acqua.

Si potrebbero eliminare, in parte, alcuni di questi problemi d’inquinamento se fossero rispettati i criteri dettati dalle normative di legge vigenti in materia; ad esempio per quanto riguarda gli idrocarburi e gli oli minerali, il serbatoio di carburante deve essere collocato sotto una tettoia e dentro una vasca capace di contenere un’eventuale fuoriuscita, i cambi d’olio vanno fatti su una piazzola impermeabilizzata, e gli oli esausti devono essere ritirati dal consorzio per lo smaltimento;

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in ogni caso, anche utilizzando tutte le accortezze del caso, si avrà un residuo proveniente dei mezzi utilizzati dalla lavorazione che si unisce con la polvere di marmo presente e può infiltrarsi nel sottosuolo a seguito delle

precipitazioni.

Un altro problema di inquinamento era dovuto ai lubrificanti delle tagliatrici a catena, ma è stato superato con l’utilizzo dei grassi vegetali biodegradabili. Per quanto riguarda i fiumi, bisogna dire che hanno avuto la storia contro. Infatti negli anni e decenni passati, la loro acqua veniva usata per raffreddare i macchinari e per scaricare i residui.

Proprio per questo le segherie e i laboratori venivano costruiti lungo il loro corso, mentre ora non è più necessario sia perché l'acquedotto fornisce acqua nelle zone interne, sia perché, a causa dell'alto inquinamento, le autorità hanno impedito di smaltire i rifiuti nei corsi d'acqua.

La principale nemica delle acque è la “marmettola”, vale a dire il fango bianco prodotto quando l’acqua incontra le polveri calcaree residue della segagione del marmo.

Nell’ottobre del 1994 la società Geoscience srl ha condotto un’indagine per risalire alle cause di alcuni fenomeni di intorbidimento dell’acqua verificatisi indipendentemente da eventi meteorici.

I risultati dell’indagine hanno portato alla conclusione che la presenza di solidi sospesi, in quantità particolarmente alte, era dovuta solo in minima parte alla natura carbonatica delle rocce.

Il bacino di alimentazione delle falde sotterranee da cui scaturiscono le

sorgenti coincide in gran parte con la più grande area estrattiva di marmi delle Alpi Apuane, e quindi è chiaro che l’aumento dei solidi sospesi nelle acque delle sorgenti è da imputarsi all’attività estrattiva che negli ultimi decenni ha subito un notevole incremento, sviluppandosi anche in gallerie.

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Infatti nelle cave, la marmettola si disperde sui piazzali, dove viene più o meno raccolta, ma nelle aree di maggior frattura, come già detto

precedentemente, c'è il rischio che si infiltri e vada ad inquinare la falda. Nelle segherie viene prodotta durante la lavorazione e per molti anni è stata scaricata, con gli additivi e gli emulsionanti utilizzati, nei fiumi.

Questa sostanza non è tossica in sé (è carbonato di calcio), e infatti è classificata come rifiuto speciale sia perché ha una ridotta percentuale di elementi tossici, sia perché rispetta i limiti della tabella A della legge 319/76 riguardo ai metalli pesanti in soluzione.

Il lato negativo è che esercita un impatto biologico nettamente superiore a quello degli scarichi fognari: la porzione in sospensione inquina pesantemente le acque fluviali e quella sedimentaria porta sia alla distruzione dei

microhabitat con la conseguente riduzione della flora e della fauna acquatica e l'inquinamento delle falde acquifere sotterranee, sia all’impermeabilizzazione degli alvei che comporta piene più frequenti e violente, perché le acque non vengono più rallentate dai sedimenti.

A questo contribuisce anche la presenza del “cocciame” vale a dire frammenti di maggiore dimensione, anch’essi residuo della lavorazione di segherie, il cui scarico nei corsi d'acqua porta all’innalzamento degli alvei e determina un maggior rischio idraulico.

La mancanza della flora e fauna che ha un'attività depurativa, fa si che l'acqua che raggiunge il mare sia molto inquinata, generando divieti di balneazione che sono un duro colpo per l'economia turistica versiliese.

Nel 1998, solo per scolmare la marmettola in un tratto del fiume Frigido, si sono spesi cinque miliardi, oltre sette miliardi per un analogo intervento sono stati spesi a Carrara per il Carrione.

Proprio su quest'ultimo si era registrato l'impatto ambientale più drammatico: infatti venne ridotto alla V Classe di Qualità Biologica per quasi tutta la sua lunghezza, mentre il Frigido,

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sottoposto ad un minor carico inquinante, ebbe l'abbassamento alla III, IV e V Classe di Qualità Biologica a partire dall'inizio del tratto planiziale, dove cioé la riduzione di pendenza induceva la sedimentazione della marmettola.

Da alcuni anni però è terminata la pratica dello scarico indiscriminato della marmettola nei fiumi. Tuttavia, sebbene le acque abbiano riacquistato la loro limpidezza e una qualità chimica accettabile, la qualità biologica è rimasta pessima: la permanenza dei depositi di marmettola ha cioè reso permanente l'impatto ambientale.

Oggi si stanno finalmente creando le condizioni per un sostanziale recupero anche se è prevedibile che il pieno recupero strutturale e funzionale richiederà altro tempo.

4.2 Impatto ambientale del settore lapideo e cenni sulla relativa legislazione

Il territorio apuano, nel corso degli ultimi decenni, è stato protagonista di significativi cambiamenti, dovuti all'evoluzione del contesto economico-produttivo.

Tale evoluzione ha comportato continui adeguamenti nei processi di sfruttamento delle risorse naturali disponibili, ai fini dell'ottenimento di obiettivi economici in linea con gli orientamenti del mercato e le esigenze evolutive in ambito tecnologico ed organizzativo. Questo sfruttamento però non è stato adeguatamente correlato da una protezione e rispetto per l'ambiente e le risorse utilizzate.

Il settore lapideo, tra le varie attività della zona, è quello più attivo e fondamentale per l'economia, soprattutto nella città di Carrara.

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E' da evidenziare il fatto che il comprensorio lapideo della provincia di Massa-Carrara rappresenta oltre il 70% dell'intero distretto apuo-versiliese, che occupa un territorio esteso su due regioni,Toscana e Liguria, e tre province, Massa Carrara, Lucca e La Spezia.

L'attività estrattiva è regolamentata dal Piano Regionale delle Attività Estrattive, approvato nel 1995. Questo Piano è però risultato incompleto e incapace di rispondere alle esigenze di razionalizzazione del settore estrattivo e di tutela del patrimonio ambientale.

Successivamente, nel 1998, è stata emanata una nuova norma, la Legge Regionale denominata "Testo unico in materia di cave, torbiere, miniere,

recupero di aree escavate e riutilizzo di residui recuperabili". Tale legge ha

previsto la realizzazione di un nuovo "Piano Regionale delle Attività Estrattive di Recupero delle aree escavate e di riutilizzo dei residui recuperabili".

Scopo del nuovo Piano, approvato nel 2003, è anche quello di definire i quantitativi di materiali prelevabili dall'escavazione e di quelli provenienti dall'attività di recupero.

Il comprensorio estrattivo della provincia apuana comprende il territorio di quattro comuni: Carrara, Massa, Fivizzano e Casola in Lunigiana, e si estende su un'area di oltre 3.200 ettari.

Gran parte di tale area è coperta da ravaneti, le "discariche" di marmo frutto di anni di escavazione (solo nel territorio del comune di Carrara se ne contano circa 900) che rappresentano un elemento di estrema importanza, dal quale non è possibile prescindere in un’analisi che riguardi l’attività estrattiva nel suo complesso. Nel corso dei secoli, infatti, l’attività estrattiva ha prodotto una impressionante quantità di scarti di lavorazione, che attualmente coprono il 35-40% dei giacimenti marmifero.

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La tabella riportata nel seguito riporta le superfici occupate per tipologia di ravaneto:

tab. 18 Superfici occupate per tipologia di ravaneto2

TIPOLOGIA SUPERFICIE attivi 89,4 inattivi 152,8 storici 13,7 vecchi 264,2 TOTALE 515,6 ha

Questa situazione ha cambiato profondamente i caratteri del paesaggio delle Alpi Apuane. Fino a non molto tempo fa, infatti, lo scarico nei ravaneti e la creazione di nuove discariche di materiali di scarto era ritenuta una operazione assolutamente normale e autorizzata.

Solo a partire dal 1999 la Conferenza dei Servizi, che rilascia le autorizzazioni allo scavo, ha cambiato rotta, autorizzando l’utilizzo dei ravaneti solo come scivolo per lo scarico dei detriti, in seguito raccolti e trasportati da ditte che provvedono al loro riutilizzo.

Un’altra problematica di notevole importanza è quella collegata alla produzione della marmettola e dei fanghi.

Le moderne tecniche di lavorazione producono infatti materiale di scarto composto non solo da massi di varie dimensioni, ma anche da una abbondante percentuale limosa. Nei ravaneti costruiti negli ultimi anni la quantità di questi si aggira attorno al 30-40% del campione totale.

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Oltre che dai tagli di cava, una grossa quantità di marmettola presente nei ravaneti deriva proprio dalle recenti attività di recupero degli scarti di lavorazione.

Infatti, dopo aver scelto i sassi migliori per il trasporto, il materiale fine viene scaricato direttamente nei ravaneti.

Da questo si deduce che i ravaneti costruiti negli ultimi decenni, con

abbondanti quantità di materiale fine, che ricoprono la rete idrografica nelle immediate vicinanze delle sorgenti, risultano essere i principali responsabili del fenomeno del loro inquinamento, che negli ultimi anni ha assunto una notevole rilevanza, denotando la forte vulnerabilità delle falde acquifere. E’ anche per ciò che questi corpi detritici sono stati inseriti tra i siti di bonifica di interesse nazionale ai sensi della L. 426/1998 e Dm 21/12/1999.

E' inoltre, sempre per questo motivo, i ravaneti di Sponda, Calocara e Ponti di Vara, inclusi nel comprensorio estrattivo del comune di Carrara, sono stati inseriti nel Sito di Interesse Nazionale (SIN) di Massa Carrara, bacino nell'ambito del quale vengono attuate azioni complesse di recupero ambientale.

L’inquinamento da marmettola, quindi, è principalmente dovuto, in primo luogo, ad una cattiva gestione degli scarti dell’attività estrattiva. Prima venivano accantonati senza alcun controllo nei ravaneti, e ora, riescono comunque a raggiungere le sorgenti situate a valle.

Il danno provocato ai corsi d’acqua, invece, è da attribuire ormai solo in minima parte agli scarichi dei laboratori per la lavorazione dei materiali lapidei.

Il controllo di tali scarichi, infatti, è già in massima parte attuato con

l’introduzione di sistemi di depurazione dell’acqua di scarto della lavorazione del marmo.

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Importante da ricordare è che negli ultimi anni si è iniziato a riutilizzare i residui delle segherie e dei laboratori.

In questo ambito si distingue tra i fanghi derivati dalla lavorazione del marmo e quelli del granito.

I primi sono costituiti quasi esclusivamente da carbonato di calcio e il loro riuso trova numerosi impieghi sia industriali che ecologici.

Il problema è considerare anche i costi per il loro trasporto e l'inquinamento prodotto per la loro trasformazione in prodotti per il mercato.

Riguardo ai secondi la situazione è molto più complessa a causa della loro composizione chimica che include anche elementi inquinanti.

Un campo in cui possono essere usati è nella costruzione di discariche grazie alla loro impermeabilità

Relativamente poi all’inquinamento da idrocarburi, possiamo dire che colpisce soprattutto le sorgenti. In realtà gli episodi di questo tipo d’inquinamento si limitano a quattro in un periodo di 10 anni, due nel 1991 e due nel 2001. La prevenzione iniziò, da parte delle USL, dal 1991 con un monitoraggio continuo delle sorgenti e la redazione di un opuscolo contenente dei

suggerimenti sulle azioni da intraprendere per prevenire ulteriori incidenti. Successivamente a queste iniziative e a un’Ordinanza del Sindaco sono stati raggiunti buoni risultati, in particolare per il conferimento degli oli usati. Oltre questi ci sono stati altri importanti provvedimenti tra cui la Lr 3 novembre 1998 n. 78 “Testo unico in materia di cave, torbiere, miniere, recupero di aree escavate e riutilizzo di residui recuperabili” prevede che “chiunque intenda procedere alla coltivazione di materiali di cava o torbiera

su terreni dei quali abbia la disponibilità, deve chiederne l’autorizzazione al Comune territorialmente competente in conformità con le previsioni dello strumento urbanistico comunale;

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il Comune nel procedimento per il rilascio delle autorizzazioni acquisisce, in sede di Conferenza di Servizi…i pareri relativamente ai rispettivi ambiti di competenza, dell’Azienda Regionale Protezione Ambientale Toscana e dell’Azienda Sanitaria Locale.”

Vengono inoltre autorizzate esclusivamente le cave in cui sono presenti sistemi di riciclaggio e filtrazione delle acque di lavorazione.

La Lr 3 novembre 1998, n. 79 “Norme per l’applicazione della valutazione di impatto ambientale”, include le cave e torbiere con più di 500.000 m3/anno di materiale estratto o di un’area interessata superiore a 20 ha tra i progetti sottoposti alla valutazione di impatto ambientale (VIA) di competenza del Comune, mentre per le cave restanti è prevista una procedura preliminare di verifica, sempre di competenza comunale, tesa a valutare la necessità o meno del ricorso all’effettuazione della VIA.

Sono comunque sottoposte a VIA le cave ricadenti, anche parzialmente, all’interno delle aree protette e delle relative aree contigue; in tal caso la procedura di VIA è di competenza degli Enti Parco.

E’ questo il caso del distretto marmifero apuano, in cui la quasi totalità delle cave ricade in area contigua del Parco delle AlpiApuane. Qualsiasi estensione e/o modifica del progetto di coltivazione di una cava deve necessariamente pertanto sottostare alle procedura di VIA.

E’ importante, infine, rilevare che la legge n. 388/2000 ha promosso

l’istituzione del “Parco archeologico delle Alpi Apuane”, al fine di conservare e valorizzare gli antichi siti di escavazione e i beni di rilevante testimonianza storica, culturale e ambientale, connessi con l’attività estrattiva.

Di particolare rilievo è anche l’inserimento di quattro ravaneti nella

perimetrazione del sito di bonifica di interesse nazionale di Massa e Carrara, avvenuta con Dm 21/12/1999.

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Il relativo Piano di caratterizzazione è stato approvato nel 2001 e darà luogo ad uno specifico progetto di bonifica.

Fino ad oggi, le iniziative intraprese riguardano la messa in sicurezza e le soluzioni per il controllo della marmettola dispersa nell’ambiente.

Anche per quanto riguarda la prevenzione dell’inquinamento da idrocarburi delle acque, il Comune ha introdotto l’obbligo di una dichiarazione dei

quantitativi di oli conferiti e, anche a seguito di controlli e verifiche, oltre che dell’accresciuta sensibilità degli operatori, si sono ottenuti positivi risultati3.

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Bibliografia capitolo 4

– PINNA S. : “Il comprensorio apuano del marmo”, Società Geografica

Italiana, Roma 1999. Relativamente alle pag. 49-68, 153-162;

– SANTOPRETE G. : “Alcune industrie di rilevante interesse per la regione

Toscana”, Giappichelli Editore, relativamente all' ”industria dei marmi”;

– SANTOPRETE G. : “Ambiente e risorse naturali, attività antropiche e

inquinamento”, ETS, Pisa 2003;

– “Piano strutturale del Comune di Massa, parte seconda”, dicembre 2006; – PANDOLFI D. e S. : “La cava” , relativamente alla parte IV;

– www.wikipedia.org/wiki/debris_flow – www.a.marsala.it – www.infoemas.it – www.xoomer.alice.it – www.coresmarmi.it – www.intotoscana.it

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CONCLUSIONE

In conclusione, vorrei aggiungere che lo scenario complessivo del settore lapideo nazionale ha visto un 2007 sostanzialmente positivo, con crescite distribuite e molte opportunità utilizzate, ma con il persistere di un grande limite: nel corso degli anni precedenti, infatti, si è svolta una sorta di selezione di imprese, a seguito della quale il settore è diventato più

robusto e attivo, ma di conseguenza anche più piccolo, sia per il mercato che riguarda che per il livello occupazionale che interessa.

Da questa cernita sono scaturite imprese più solide, meglio attrezzate alla concorrenza, mediamente più grandi, ma meno numerose, soprattutto in alcune fasi di lavoro e in alcune aree.

Tutto ciò è principalmente legato dalla concorrenza sui prezzi con i nuovi competitori, che è stata talmente elevata, da far sopravvivere solo le imprese che hanno potuto operare sul lato dei ricavi, sia per la qualità del prodotto, sia per la disponibilità di nicchie di mercato, sia per altri motivi, ma per le

imprese più deboli che hanno cercato di vivere il mercato giorno per giorno la selezione c’è stata, e ha pesato.

Infatti, la competizione sul lato dei costi da parte di produttori esteri

concorrenti dell'industria nazionale è talmente diversa rispetto ai vincoli che interessano le aziende italiane, che solo le attività più forti e presenti sul territorio e che sono state in grado di essere più flessibili hanno potuto

reggere; e si è dimostrato ancor più vero che in passato che non si può puntare sul prezzo come elemento di competizione e confronto, né sul mercato interno, né su quello esterno.

Quindi la scelta, deve quasi esclusivamente orientarsi verso fattori che insistono sui ricavi, e che valorizzano tutto ciò che sta dietro al prodotto nazionale, a partire dal nome e dalla qualità dell’output, come nel nostro caso, qualità che va sostenuta e potenziata in ogni modo possibile.

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Già dal 2005 si è sviluppato, sempre più in modo più strutturato, il fenomeno dell’integrazione delle produzioni proprie interne con produzioni, da svolgere in maniera il più possibile controllata e garantita, al di fuori dei confini

dell’azienda, del distretto e del Paese.

Quindi vediamo che per ridurre i costi e tornare ad essere competitivi, si opera anche all’estero se necessario, con il fine di mantenere una struttura aziendale sempre efficiente e dinamica nei confronti del mercato finale.

Questo ha portato alla sopravvivenza di imprese, non necessariamente grandi, ma comunque in grado di attuare delle scelte politiche e di finanziarle, per integrarsi anche produttivamente all’estero e godere poi dei vantaggi che gli altri Paesi possono offrire e per mantenere quote di mercato sempre più significative.

Ma è anche un processo che ha elevati costi, in tutti i sensi, sia sociali che occupazionali, e che contiene forti elementi di rischio evolutivo per i prossimi anni.

Infatti oltre certi limiti si può incorrere in vari problemi tra cui, la

spersonalizzazione della base produttiva, la perdita delle specializzazioni e soprattutto il pericolo di emancipazione competitiva e definitiva dei nuovi partner produttivi, che porterebbero al dissolvimento del distretto di partenza. La soluzione che viene proposta è quella di affiancare a questo percorso elementi caratteristici, che consentano di mantenere almeno alcune parti della gestione e dello svolgimento della produzione, in modo da tutelare quegli elementi di unicità che sono caratteristici del distretto industriale. Si va dalle esclusive sulla materia prima alle politiche di fidelizzazione dei clienti e alle garanzie di qualità.

Il futuro del distretto, quindi, è probabilmente legato ad un mix di strategie di crescita che deve puntare sulla possibilità di migliorare qualitativamente le imprese già esistenti,

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di far nascere nuove piccole imprese che utilizzano scelte organizzative completamente differenti da quelle tradizionali e di portare fuori dal mercato alcune imprese che non sono più ristrutturabili per problemi di mancanza di risorse economiche o manageriali.

A questo proposito potrebbe essere utile anche una politica di diffusione dell’innovazione, da attuarsi utilizzando le esperienze di successo che si sono avute in altre aree a declino manifatturiero, quali sono state, per esempio, le vecchie aree di produzione del tessile, della siderurgia, del settore carbonifero. Quindi vediamo che la più importante tra le politiche di sviluppo locale, è quella che favorisce la diffusione dell’innovazione all’interno del distretto, con lo scopo di portare un cambiamento positivo nel comportamento

imprenditoriale.

Infatti l’idea di fondo è che grazie a queste politiche si potrebbe migliorare il benessere dell’area, aumentando la ricchezza prodotta dalle imprese e

distribuita sul territorio locale. Evitando, così, la concorrenza di prezzo dei PVS, le imprese locali potrebbero ampliare i propri mercati e crescere

dimensionalmente, conducendo l’intera area locale su uno stesso percorso di miglioramento qualitativo.

(22)

BIBLIOGRAFIA GENERALE

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INDICE DELLE TAVOLE

– TAV 1 : Produzione di lapidei grezzi nell’arco temporale

2003-2006 pag 10

– TAV 2 : Import-Export graniti nell’arco temporale 2004-2006 pag 38 – TAV 3 : Import-Export marmi nell’arco temporale 2004-2006 pag 39 – TAV 4 : Import-Export lavorati nell’arco temporale 2004-2006 pag 40 – TAV 5 : Produzione italiana di grezzo nel 2005 e 2006 pag 48 – TAV 6 : Esportazioni Italia 2005-2006 pag 50 – TAV 7 : Esportazioni Italia 2000-2006 pag 51 – TAV 8 : Esportazioni Italia 2000-2006 blocchi, lastre e lavorati pag 51 – TAV 9 : I numeri del settore lapideo in provincia di

Massa-Carrara nel 2007 pag 72

– TAV 10 : Aspettative delle imprese lapidee locali per il 2008 pag 73 – TAV 11 : Evoluzione media annua delle esportazioni del lapideo pag 74 – TAV 12 : Evoluzione quinquennale delle esportazioni del lapideo pag 75 – TAV 13 : I primi 10 Paesi per valore esportato dei

prodotti grezzi della provincia di Massa-Carrara pag 77

– TAV 14 : I primi 10 Paesi per valore esportato dei

prodotti lavorati della provincia di Massa-Carrara pag 78

– TAV 15 : I primi 10 Paesi per valore esportato totale dei

prodotti lapidei della provincia di Massa-Carrara pag 78

– TAV 16 : Importazioni estere di materiali lapidei del distretto pag 79 – TAV 17 : Movimentazione nel porto nell’arco temporale

2004-2007 pag 86

Figura

tab. 18  Superfici occupate per tipologia di ravaneto 2

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