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Il riordino normativo realizzato nel 1998 con il Testo Unico delle

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INTRODUZIONE

Lo sviluppo dell’industria dei fondi comuni è stato segnato negli ultimi anni da molti elementi innovativi, che ne hanno ridisegnato sia l’offerta sia la domanda. La crescita e l’introduzione di nuovi strumenti sono stati molto intensi ed altrettanto rapido è stato il percorso evolutivo seguito dai risparmiatori che hanno dovuto affrontare, con attenzione e prontezza, il calo dei rendimenti dei titoli pubblici, adattare la loro cultura finanziaria a diverse forme di investimento, tenere in considerazione le possibili conseguenze sul loro portafoglio del mutato scenario economico e finanziario.

L’accentuarsi della volatilità dei mercati finanziari, a seguito della globalizzazione degli stessi e della progressiva liberalizzazione dei movimenti internazionali di capitali, ha reso evidente la necessità di affidare i processi di allocazione e diversificazione del risparmio ad operatori istituzionali.

Al fine di rispondere prontamente alle nuove tendenze della domanda, sempre più sensibile all’andamento congiunturale dei mercati, le Società di Gestione del Risparmio hanno operato nella direzione di una sempre maggiore diversificazione e specializzazione dei prodotti offerti alla clientela.

Il riordino normativo realizzato nel 1998 con il Testo Unico delle

disposizioni in materia di Intermediazione Finanziaria ha reso più flessibile

la regolamentazione, ampliando in modo considerevole l’ambito di

operatività dei fondi comuni. I provvedimenti attuativi, in particolare,

hanno concorso a definire una cornice giuridica aperta all’innovazione di

prodotto, introducendo il tipo non armonizzato, con limiti agli investimenti

più ampi ed una maggiore latitudine dell’oggetto di investimento, e con la

conseguente possibilità di istituire fondi con particolari specializzazioni (in

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quote di fondi, in strumenti derivati, in depositi bancari, nonché legati ad indici di mercato, ampliando così in modo significativo la gamma delle varianti tipologiche del fondo comune).

Il recepimento delle direttive comunitarie 2001/107/CE e 2001/108/CE ha poi consentito di ridefinire ulteriori aspetti della disciplina del servizio di gestione collettivo del risparmio; nel complesso sono emerse novità di rilievo per le SGR, che hanno portato ad un ampliamento, in varie direzioni, delle facoltà operative ed organizzative riconosciute alla società di gestione nonché al riconoscimento del “passaporto europeo”. La direttiva

“prodotto” ha poi ampliato il novero delle attività in cui il patrimonio di un fondo può essere investito, rendendo più flessibile la definizione della politica di investimento.

Da qui il promanare di profittevoli opportunità per i gestori italiani e, più realisticamente, di nuove potenziali minacce riconducibili all’azione dei principali operatori esteri, che potranno promuovere nel nostro Paese tipologie di fondi in regime di mutuo riconoscimento.

Il presente studio si concentra sull’analisi dei Fondi Speculativi,

versione italiana dei più noti Hedge Funds diffusi negli Stati Uniti e sulle

piazze off-shore. L’introduzione nel nostro ordinamento dei Fondi

Speculativi rappresenta una forte novità per l’arricchimento delle

opportunità di investimento disponibili per gli investitori e per le diverse

logiche di gestione cui gli intermediari sono obbligati nel provvedere alla

loro offerta. Mentre l’intervento della regolamentazione nell’industria dei

fondi comuni è rilevante e ad ampio raggio, l’Hedge Fund propone una

soluzione di tipo opposto: vengono meno gli obblighi normativi ad una

diversificazione minima degli investimenti; non sono previsti limiti

all’universo dei titoli investibili; è possibile operare mediante vendite allo

scoperto e ricorrere ad un ampio utilizzo della leva finanziaria. Ciò

ovviamente non si traduce in una libertà assoluta del gestore nelle scelte di

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investimento, ma in un’ampia autonomia contrattuale tra gestori e risparmiatori.

Gli Hedge Funds, infatti, si caratterizzano per l’adozione di una varietà enorme di strategie di investimento, con caratteristiche di rischio/rendimento molto differenziate tra di loro. Gli Hedge Funds possono essere specializzati in approcci di investimento a lungo termine, in opportunità di arbitraggio o strategie di trading di breve periodo, realizzare profitti quando i mercati crescono o quando crollano; alcuni offrono protezione contro i trend ribassisti o neutralizzano certi rischi di mercato, laddove altri amplificano l’esposizione sui vari mercati.

La discrezionalità decisionale concessa al gestore di Hedge Funds ed il conseguente impegno a monitorare la sua attività, richiedono capacità e costi che gli investitori devono possedere e trovare conveniente sostenere.

Da qui la preoccupazione del legislatore di imporre un limite minimo all’ammontare della singola sottoscrizione ed un limite massimo al numero di partecipanti.

Il presente studio, dopo aver delineato in termini evolutivi il quadro normativo in materia di fondi comuni di investimento, propone una disamina sia degli aspetti strutturali che caratterizzano i Fondi Hedge, sia delle peculiari strategie di investimento da essi adottate.

Il lavoro si completa poi con un’analisi quali-quantitativa dell’asset management industry in Italia, con particolare attenzione ai profili evolutivi

del patrimonio gestito dai Fondi Speculativi di diritto italiano e, soprattutto,

alle performance da questi realizzate nel corso del 2007, distinguendo in

relazione alle singole strategie di investimento adottate.

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