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LA PROGRAMMAZIONE PER DISCIPLINE PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO 1 20 14

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1 2014

Poste italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia Editrice La Scuola - 25121 Brescia Expédition en abonnement postal taxe perçue - tassa riscossa Pubblicazione mensile - Anno LX -ISSN 0036-9861

IL PIANO SCUOLA DEL GOVERNO: BISOGNI IN CORSO PROMUOVERE UNA SCUOLA INCLUSIVA

LA PROGRAMMAZIONE PER DISCIPLINE PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO

SETTEMBRE

(2)

e ditoriale

Scuola: lavori in corso

Pierpaolo Triani

Nel momento in cui mi appresto a scrivere l’editoriale per il primo numero della nuova annata, si conoscono da pochi giorni le “Linee Guida” del Governo sulla scuola.

Si intuiscono delle direzioni, se ne può fi nalmente leggere l’impianto complessivo, sebbene solo dopo la Legge di stabilità ne valuteremo la concretezza; per questo non è il caso di fare un commento articolato.

Può essere utile invece fermarsi un momento e fare alcune rifl essioni di ‘orizzonte’.

La prima riguarda la direzione a cui si tende. Quali sono le fi nalità di una nuova stagione di cambiamenti? A questo riguardo credo sia importante sottolineare che non è più possibile rispondere solo ad un logica, seppur necessaria, di carattere economico. Le trasformazioni di carattere organizzativo e curricolare della scuola hanno senso se sono pensate fi n dalla loro origine per migliorare le con- dizioni di l’apprendimento di ogni alunno e le condizioni di insegnamento dei docenti.

Avendo come riferimento questo duplice miglioramento, che naturalmente è un compito sempre aperto perché sollecitato continuamente dal cambiamento dei contesti reali di vita, è molto importante che un piano, prima di proporre soluzioni, sia molto attento e preciso nel deline- are quali sono i problemi a cui intende rispondere. Non si può discutere una proposta, ecco la seconda rifl essione, senza prima aver delineato il campo degli aspetti pro- blematici a cui, senza alcune pretesa di esaustività, si intende far fronte. Ne metto in evidenza alcuni, a mio parere prioritari.

La vita organizzativa della scuola ha bisogno oggi di trovare nuove soluzioni in merito alla valorizzazione e

gestione del personale docente. È molto diffi cile costru- ire la comunità professionale, giustamente sottolineata dalle nuove Indicazioni per il curricolo, in un sistema di costruzione degli organici segnato da profonde len- tezze e rigidità. Senza una maggiore autonomia scolastica nella valorizzazione delle competenze dei docenti diventa molto diffi cile rendere più fl essibile lo stesso impianto curricolare, che invece necessita sempre di più, ad esem- pio, di realizzare momenti formativi diversi dalla singola ora di lezione.

L’azione educativa della scuola ha bisogno di una mag- giore condivisione operativa tra i docenti. La collabo- razione e la condivisione delle pratiche non può essere pensata più come un fatto marginale del lavoro docente.

Occorre però trarre le conseguenze organizzative di que- sta consapevolezza, riconoscendo il fatto che insegnare non signifi ca solo stare in classe e mettere mano al poten- ziamento di forme di lavoro comune tra i docenti in ordine alla progettazione, alla valutazione, alla sperimentazione didattica. Certo è molto diffi cile fare questo a costo zero.

La professionalità docente ha bisogno di riconoscere la necessità di una formazione permanente ed è necessario a questo proposito proporre delle piste operative che non si limitino a riaffermare una obbligatorietà. Su questo punto avrò modo di tornare in un prossimo editoriale.

Infi ne, la scuola ha bisogno di partecipare attivamente ai cambiamenti che la riguardano. Non sarà possibile alcun piano senza il coinvolgimento dei docenti e dirigenti; non per cercare l’unanimità (impossibile) sulle proposte, ma per mettere a fuoco meglio i problemi del ‘sistema’ che essi ogni giorno vivono dall’interno.

(3)

1

numero

TFUUFNCSFtBOOP-9

sito editore: www.lascuola.it

sito rivista: scuolaedidattica.lascuola.it

Editrice La Scuola

S d

Mensile di problemi e orientamenti per la Scuola Se- condaria di I grado - Anno LX - Direttore responsabile:

Pierpaolo Triani - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 100 del 3-10-1955.

ISSN 0036-9861

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da AIDRO, corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail segreteria@aidro.org e sito web www.aidro.org Direttore: Pierpaolo Triani

Vicedirettore: Piero Cattaneo Collaboratori proposte didattiche:

Miriam Bertocchi, Emanuela Buizza, Monica Capuzzi, Evelina Chiocca, Francesco Cigada, Marina Cinconze, Raffaella Confalonieri, Samantha Cremonesi, Luigi Fabemoli, Barbara Finato, Francesco Fornasieri, Valentina Morgana, Luciano Pace, Sonia Pase, Manuela Valentini.

Curatore notiziario professionale: Mario Falanga Redazione: Giovanna Brotto, Annalisa Ballini -QTEKMRE^MSRIElena Laura Bresciani 7IKVIXIVMEsdid@lascuola.it

4VSKIXXSKVE½GSStudio Mizar, Bergamo Supporto tecnico area web: helpdesk@lascuola.it- tel. 0302993325

In copertina: ritratto di Giacomo Leopardi, illustra- zione di Monica Frassine.

s ommario

Francese Emanuela Buizza

Obiettivi e metodo 28

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

+ISKVE½E Sonia Pase

3FMIXXMZMI1IXSHS 29

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Inglese

Raffaella Confalonieri, Valentina Morgana

3FMIXXMZMI1IXSHS 34

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Italiano

Monica Capuzzi, Evelina Chiocca, Marina Cinconze

3FMIXXMZMI1IXSHS 37

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Matematica

Elisa Abeni, Stefano Grazioli, Luigi Larocchi, Clara Manenti, Mariacristina Vacatello

3FMIXXMZMI1IXSHS 44

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Musica Luigi Fabemoli

3FMIXXMZMI1IXSHS 46

Classe 1a Classe 2a Classe 3a Scuola: lavori in corso 1

Pierpaolo Triani

e

ditoriale

L’Italiano nei tre anni della Scuola WIGSRHEVMEHMTVMQSKVEHS

Enrico Pasini 5

Raccontare la Storia

Enrico Pasini 8

0E+ISKVE½EGLIGSW´r

Enrico Pasini 9

Scienze per comprendere la realtà

*VERGIWGS6ERHE^^S%VXYVS%V^YJ½

Pietro Stroppa 11

0MRKYIWXVERMIVIRIPPE7GYSPE

WIGSRHEVMEHMTVMQSKVEHS

'EXIVMRE'ERKMk 14

Scuola e Didattica

0ETVSKVEQQE^MSRI20

%VXIIMQQEKMRI Francesco Fornasieri

3FMIXXMZMI1IXSHS 22

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

)HYGE^MSRI½WMGE

Manuela Valentini, Samatha Cremonesi

3FMIXXMZMI1IXSHS 24

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

s

cuola in atto

(4)

6IPMKMSRIGEXXSPMGE Luciano Pace

3FMIXXMZMI1IXSHS 47

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Scienze Barbara Finato

3FMIXXMZMI1IXSHS 48

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Spagnolo Paolo Nitti

3FMIXXMZMI1IXSHS 51

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

n

Pluralismo e rinnovamento della scuola pubblica

Alessandro Catelani 62

otiziario professionale

c

Riformare la scuola media

Gian Carlo Sacchi 61

ambiamo la scuola media?

Storia Sonia Pase

3FMIXXMZMI1IXSHS 53

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Tecnologia Francesco Cigada

3FMIXXMZMI1IXSHS 54

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

Tedesco Miriam Bertocchi

3FMIXXMZMI1IXSHS 56

Classe 1a Classe 2a Classe 3a

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s cuola in atto

testualmente: “Lo sviluppo di com- petenze linguistiche ampie e sicure è una condizione indispensabile per la crescita della persona e per l’esercizio pieno della cittadinanza, per l’accesso critico a tutti gli ambiti culturali e per il raggiungimento del successo scolastico in ogni settore di studio”.

0´MXEPMERSPMRKYEHIPPE

cultura

La priorità dell’italiano sulle altre di- scipline è dovuta anche al fatto che l’italiano non impiega come lingua prima una lingua speciale, ma si basa essenzialmente proprio sulla lingua dell’esperienza e della cultura.

L’insegnamento dell’italiano, lingua materna, è la “chiave di volta” di ogni ordine di scuola, innanzitutto perché è lingua materna, in secondo luogo è lingua della cultura ovvero raccordo e punto di incontro dei sa- peri e tra le varie discipline.

In quanto «visione del mondo», che

“come lumache ci costruiamo”, la lingua è la forma dinamica della no- stra cultura, la sfera di cristallo del rapporto uomo-realtà, rapporto cer- cato e attuato perché l’uomo possa essere più uomo.

Il termine cultura ha due signifi cati fondamentali. Il primo e più antico è quello per il quale per cultura si intende la formazione totale e au- tenticamente umana dell’uomo, «ge- orgica dell’animo», come notava Ba- cone, spiegando l’origine etimologica e metaforica della parola. «Il secondo signifi cato è quello per cui esso in- dica il prodotto della formazione, cioè l’insieme dei modi di vivere e di pensare coltivati, civilizzati, ripuliti che si sogliono anche indicare con il nome di civiltà».

scia d’età compresa tra i 46 e 65 anni e prevalentemente al Sud. Inoltre, circa il 46% degli italiani ha mostrato una competenza alfabetica (42% una competenza numerica) al massimo pari al primo livello, il più basso, che rappresenta competenze/abilità estre- mamente modeste e fragili.

Stando così le cose si capisce perché tutti i protagonisti dei tentativi di ri- forma della scuola si sono posti come obiettivo prioritario la formazione linguistica e in particolare l’insegna- mento dell’italiano individuando un alto profi lo dell’alunno.

Il testo “Per l’attuazione degli indi- rizzi” sembra riconoscerlo parlando di “dimensione formativa e orienta- tiva degli apprendimenti linguistici”.

Questi, infatti, accompagnano gli allievi “alla scoperta di sé, alla va- lorizzazione delle potenzialità indi- viduali”; “sollecitano a riconoscere la TE propria identità culturale attra- verso un’esperienza multipla dell’alte- rità; arricchisce lo sviluppo cognitivo individuale potenziando la capacità di decentrarsi e di assumere punti di vista diversi”; contribuiscono alla

“maturazione della identità personale, all’educazione a diventare liberi citta- dini e cittadine di una Nazione antica e rinnovata quale è l’Italia della Re- pubblica, il nostro Paese”. Non si deve dimenticare che l’obiettivo ultimo, il

“sovrascopo” di ogni apprendimento e insegnamento è “la formazione di personalità mature, responsabili, soli- dali, informate, critiche”.

Sullo stesso tono sia le indicazioni per i Piani di studio personalizzati della Ri- forma Moratti sia le nuove Indicazioni per il curricolo del ministro Fioroni, che, introducendo i traguardi per lo sviluppo delle competenze, recitano L’insegnamento-apprendimento dell’i-

taliano è fondamentale per compren- dere la realtà, comunicarla, espri- merla, interpretarla, all’interno della scuola secondaria di primo grado se- condo il movimento di riforma in atto nel sistema scolastico, da almeno 15 anni e nella prospettiva di una scuola impegnata a educare istruendo.

-PTVMQEXSHIPP´-XEPMERSRIP

TVMQSGMGPSHMMWXVY^MSRI

“La qualità di alcuni compiti di ma- turità è bassissima. Alcuni compiti di esami di stato sono scritti in una lingua che assomiglia vagamente alla nostra, dove non c’è né connessione logica, né rispondenza alla traccia”.

Lo dice Castelletti Croce (Dirigente tecnico del MPI e delegato nazionale all’OCSE per Pisa 2000) nel “Qua- derno bianco sulla scuola”.

Questo dato conferma il rischio, rile- vato anni fa, che un diciottenne ita- liano su quattro fi nisca con l’essere analfabeta: è capace a malapena di leggere e scrivere. Il 50% dei ragazzi non sa che cosa signifi chi l’agget- tivo “remunerativo”, il 62% ignora il senso dell’espressione “a domicilio”, il 90% non conosce il signifi cato del termine “causale”; il 50% non capi- sce il senso di un articolo di giornale.

Secondo i dati dell’indagine OCSE- ALL del 2005, nella lettura/scrittura e nel far di conto (competenze alfa- betiche/numeriche funzionali o lite- racy), gli italiani tra i 16 e 64 anni presentano risultati inferiori sia agli statunitensi, sia ai canadesi e, anche tenendo conto di modalità di appren- dimento informali, si collocano dietro ad altri paesi. Gli “illetterati”, o anal- fabeti funzionali, in Italia sarebbero circa due milioni, concentrati nella fa-

L’Italiano nei tre anni della Scuola WIGSRHEVMEHMTVMQSKVEHS

Enrico Pasini

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s

cuola in atto

La lingua, in quanto «insieme delle abitudini linguistiche che permet- tono a un soggetto di comprendere e di farsi comprendere» (Saussure), è fattore fondamentale di vera cultura, che «è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, è di più, accede di più all’essere».

La cultura, in questa nella prima accezione, e la lingua, in stretta in- terrelazione con la cultura, ci fanno comprendere come l’insegnante di italiano svolga il suo compito nella misura in cui promuove esperienze culturali, cioè esperienze umane e umanizzanti, capaci di farsi «verbo», gesto consapevole, parola, insieme di signifi cato e di signifi cante.

“La lingua italiana costituisce il primo strumento di comunicazione e di accesso ai saperi. La lingua scritta, in particolare, rappresenta un mezzo importante per l’organizzazione del pensiero e della rifl essione e per l’ac- cesso ai beni culturali”.

-PGSRXVMFYXSHIPP´MXEPMERS

TIVMP±RYSZSYQERIWMQS² Il discorso fi nora svolto ci porta a considerare l’italiano come disci- plina prima, autenticamente uma- nistica. Con questo non vogliamo, ovviamente, né riproporre una vec- chia querelle né contrapporre un gruppo di insegnanti a un altro per fare emergere il docente di lettere sui colleghi delle discipline tecnico- scientifi che. Vogliamo, invece, sotto- lineare che il proprium dell’italiano non è tanto una specializzazione linguistica, quanto la promozione di un autentico umanesimo, di cui la competenza linguistica è strumento ed espressione.

L’italiano è un insieme linguistico ampio, aperto e capace di com- prendere la totalità delle esperienze dell’uomo. Per questo può e sa attra- versare il campo delle altre discipline arricchendosi e sviluppandosi conti- nuamente.

Affermare il carattere fortemente umanistico dell’italiano non vuol dire negare lo statuto scientifi co dell’educazione linguistica, ma met- tere in guardia contro il suo nemico

dichiarato: lo scientismo, l’uso ide- ologico della scienza in generale e, nel nostro caso, della linguistica in particolare.

Capita spesso di osservare come l’i- taliano insegnato nelle classi non sia la lingua della cultura nella sua forma orale e scritta, ma un metalin- guaggio, un discorso sulla lingua e sui linguaggi sviluppato in un’ottica scientista.

Rivendicare all’italiano il diritto/do- vere di considerarsi la lingua della cultura, nella pienezza e comple- tezza delle sue funzioni (di sim- bolizzazione, di espressione e di comunicazione), strettamente inter- dipendente con l’esperienza degli individui e della nazione di oggi e di ieri, è condizione per realizzare un alto traguardo di educazione, che in quanto formazione totale diventa educazione linguistica.

In questa maniera l’ora di italiano cessa di essere momento di istru- zione vaga e inutile delle teorie e dei procedimenti della linguistica, della semiotica, della cinematografi a, ecc., diventa, invece, l’ora di un lavoro motivato e sostenuto dallo sviluppo della coscienza dell’io come soggetto e oggetto della cultura e della lingua della cultura.

In questo quadro non sono compren- sibili né gli estremismi di didattiche, che censurano o ammazzano i testi della letteratura per l’idolatria dei te- sti pragmatici della lingua corrente, né le nostalgie, falsamente umani- stiche, degli aulici brani di antologia tutto stile e letteratura.

È fondata, invece, la proposta di una pratica didattica dell’insegnamento dell’italiano come incontro tra per- sone, con la tradizione di un popolo, con tutta la realtà e suo signifi cato, mediante un lavoro guidato sui testi (orali, scritti, multipli) della lingua della cultura, in un contesto in cui l’uomo è soggetto, oggetto e termine dell’azione e del rapporto didattico.

In tale prospettiva, l’insegnamento di italiano, in particolare nelle ore di antologia, persegue quelle che sono considerate le fi nalità generali, così elencate dalle Indicazioni:

a) “insegnare a ricomporre i grandi oggetti della conoscenza – l’uni- verso, il pianeta, la natura, la vita, l’umanità, la società, il corpo, la mente, la storia – in una prospettiva complessa, volta cioè a superare la frammentazione delle discipline e a integrarle in nuovi quadri d’insieme;

b) promuovere i saperi propri di un nuovo umanesimo: la capacità di cogliere gli aspetti essenziali dei pro- blemi; la capacità di comprendere le implicazioni, per la condizione umana, degli inediti sviluppi delle scienze e delle tecnologie; la capacità di valu- tare i limiti e le possibilità delle co- noscenze; la capacità di vivere e di agire in un mondo in continuo cam- biamento;

c) diffondere la consapevolezza che i grandi problemi dell’attuale condi- zione umana (il degrado ambientale, il caos climatico, le crisi energeti- che, la distribuzione ineguale delle risorse, la salute e la malattia, l’in- contro e il confronto di culture e di religioni, i dilemmi bioetici, la ricerca di una nuova qualità della vita) pos- sono essere affrontati e risolti attra- verso una stretta collaborazione non solo fra le nazioni, ma anche fra le discipline e fra le culture”.

(EPP´MXEPMERSEPPIEPXVI

QEXIVMIIZMGIZIVWE

“Tutti questi obiettivi possono essere realizzati sin dalle prime fasi della formazione degli alunni.

L’esperimento, la manipolazione, il gioco, la narrazione, le espressioni arti- stiche e musicali sono infatti altrettante occasioni privilegiate per apprendere per via pratica quello che successiva- mente dovrà essere fatto oggetto di più elaborate conoscenze teoriche e sperimentali. Nel contempo, lo studio dei contesti storici, sociali, culturali nei quali si sono sviluppate le cono- scenze è condizione di una loro piena comprensione. Inoltre, le esperienze personali che i bambini e gli adole- scenti hanno degli aspetti a loro pros- simi della natura, della cultura, della società e della storia sono una via di accesso importante per la sensibiliz- zazione ai problemi più generali e per

(8)

s

cuola in atto la conoscenza di orizzonti più estesi

nello spazio e nel tempo. Ma condi- zione indispensabile per raggiungere questo obiettivo è ricostruire insieme agli studenti le coordinate spaziali e temporali necessarie per comprendere la loro collocazione rispetto agli spazi e ai tempi assai ampi della geografi a e della storia umana, così come rispetto agli spazi e ai tempi ancora più ampi della natura e del cosmo.

Defi nire un tale quadro d’insieme è compito sia della formazione scienti- fi ca (chi sono e dove sono io nell’u- niverso, sulla terra, nell’evoluzione?) sia della formazione umanistica (chi sono e dove sono io nelle culture umane, nelle società, nella storia?)...

Oggi la scuola italiana può proporsi concretamente un tale obiettivo, con- tribuendo con ciò a creare le condizioni propizie per rivitalizzare gli aspetti più alti e fecondi della nostra tradizione.

Questa, infatti, è stata ricorrente- mente caratterizzata da momenti di intensa creatività – come la civiltà classica greca e latina, la Cristianità, il Rinascimento e, più in generale, l’ap- porto degli artisti, dei musicisti, degli scienziati, degli esploratori e degli ar- tigiani in tutto il mondo e per tutta l’età moderna – nei quali l’incontro fra culture diverse ha saputo generare l’idea di un essere umano integrale, capace di concentrare nella singolarità del microcosmo personale i molteplici aspetti del macrocosmo umano”.

In quest’ottica la disciplina tende ad andare oltre la materia, per offrirsi come strumento caratterizzato dalla consapevolezza che tutti docenti “in- segnano” italiano, sia per la natura della lingua (come cultura e veicolo dello studio), sia per lo scenario in cui è immersa la scuola, sia per l’alto profi lo di competenze comunicative e linguistiche che la funzione docente è chiamata a promuovere. Natural- mente questo non è facile, soprat- tutto nel contesto sociale culturale in cui crescono i nostri alunni. “Nel no- stro paese – si legge nel documento ministeriale – l’apprendimento della lingua avviene oggi in uno spazio antropologico caratterizzato da un varietà di elementi:

– la persistenza, anche se quanto mai ineguale e diversifi cata, della dialet- tofonia;

– la ricchezza e la varietà delle lingue minoritarie;

– la compresenza di più lingue anche extracomunitarie. Tutto questo com- porta che nell’esperienza di molti studenti l’italiano rappresenti una se- conda lingua. È necessario, pertanto, che l’apprendimento della lingua ita- liana avvenga sempre a partire dalle competenze linguistiche e comunica- tive che gli alunni hanno già maturato nell’idioma nativo”.

Non è facile, ma è necessario o meglio come ribadiscono le Nuove Indicazioni è “condizione indispen- sabile”, pena la catastrofe dell’ap- prendimento.

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Leggendo i vecchi programmi, i docu- menti di Berlinguer-De Mauro (1997- 2001), le “Indicazioni nazionali per i Piani di studio Personalizzati” della Moratti (2004), le nuove “Indicazioni per il curricolo” del 2012 rispetto all’educazione linguistica e all’in- segnamento della lingua italiana, si coglie quanto essa sia riconosciuta ormai da tempo come asse principale della scuola e come la sua trasversa- lità interessi tutte le discipline.

Obiettivo della formazione linguistica della scuola riformata – si legge, per esempio, nei testi di Berlinguer-De Mauro – è il “consolidamento del patrimonio linguistico e comunica- tivo” solido e difi erenziato di tutti gli alunni. La scuola di base, in conti- nuità con gli obiettivi raggiunti nella scuola dell’infanzia, deve realizzare un ambiente di apprendimento che consenta loro, in modo via via più consapevole, di consolidare e arric- chire le capacità espressive e comuni- cative, di acquisire un repertorio ricco e differenziato di abilità linguistiche riferito agli usi funzionali e creativi della lingua e a scopi diversi della co- municazione, di avviare un incontro gratifi cante con il piacere di leggere e con la fruizione di testi narrativi e poetici adeguati all’età e ai propri bi-

sogni di conoscenza, di sperimentare anche attivamente gli usi creativi e poetici del patrimonio linguistico, di imparare progressivamente a rifl ettere sulle caratteristiche sia della nostra lingua in rapporto alle altre sia dei testi e della comunicazione, infi ne di acquisire e rielaborare nuove cono- scenze in campi diversi del sapere.

Nelle “Indicazioni nazionali per i Piani di studio personalizzati nella Scuola Secondaria di 1° grado” si legge: “La ragazza e il ragazzo che concludono la terza media devono essere in grado di:

a) utilizzare, avendo imparato a ri- conoscerli, metodi di lettura diversa- mente fi nalizzati, in ordine alla lin- gua scritta; così come devono essere condotti allo sviluppo più completo possibile della capacità di compren- dere messaggi orali e visivi non solo negli aspetti espliciti, ma anche nelle loro pieghe implicite e connotative;

b) riconoscere e distinguere prodotti linguistici scritti e orali con caratte- ristiche e funzioni diverse; è abilità che va esercitata al fi ne di realizzare una produzione competente di tutto quel materiale linguistico, sia scritto che orale, indispensabile a un prea- dolescente per parlare/scrivere di sé, per relazionarsi con gli altri in situa- zioni diverse e molteplici in modo efi cace e funzionale al suo essere at- tuale, per affrontare e argomentare su problematiche quotidiane certa- mente ancora circoscritte, ma proiet- tate, con la guida dei docenti, in un contesto sempre più ampio”.

Dopo aver evidenziato il fi lo rosso dei tentativi di riforma e del dibattito in atto nella scuola italiana possiamo a questo punto riportare quelle che sono le competenze a cui l’insegna- mento di italiano, e quindi lo stru- mento – antologia, tende.

Al termine della scuola del primo ci- clo l’allievo deve aver acquisito e svi- luppato competenze in sette campi determinanti il suo rapporto con gli altri e con la realtà: l’oralità, la let- tura, la scrittura, la letteratura, la rifl essione linguistica, il senso dello sviluppo sincronico e diacronico della lingua, la creatività linguistica.

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s

cuola in atto

Raccontare la Storia

Enrico 4EWMRM

Insegnare storia nella Scuola secon- daria di primo grado richiede di cercare una risposta credibile alla domanda che ci pongono ogni anno i nostri studenti: «Perché dobbiamo studiare avvenimenti tanto lontani, quando non abbiamo nessun orien- tamento nemmeno sulla realtà di oggi?».

La prima risposta potrebbe essere quella che un poeta diede a chi con- tinuava a chiedergli: «A che serve la poesia?» «A che servono le trofi e al pesto? – replicò – Servono a non mangiarsi le unghie o i soliti mac- cheroni».

Ma dopo la battuta cosa potremmo aggiungere? Certo non li convincerà considerare la storia un gustoso di- versivo alla solita pasta…

L’unica opportunità ci è fornita dalla seconda parte della domanda: gli studenti rifi utano non la storia ma quanto di “remoto” essa sembra por- tare sempre con sé. In effetti c’è un certo modo di avvicinarsi alla storia che mette in luce soltanto lo studio del “vecchio” e non quei germi del presente coi quali potrebbero essere

sciolti tanti nodi dell’oggi a prima vista incomprensibili.

Si dovrà allora proporre un serrato confronto del passato con l’espe- rienza del presente, sia in generale nel profi lo sia nella specifi ca tratta- zione, per cui concetti, istituzioni, realtà attuali vengono ricondotti alla loro evoluzione nel tempo. Non si tratta di convincere i ragazzi che la conoscenza del passato costituisca la condizione necessaria per la com- prensione del presente: vogliamo indicare un metodo che, oltre a sti- molare la curiosità, sia capace di am- pliare la sensibilità degli studenti e li spinga a ritrovare altrove le radici dell’oggi.

A questo scopo si deve scegliere un’esposizione semplice, capace di restituire il senso del “racconto sto- rico”. Così la parte tradizionalmente diacronica permette allo studente di individuare immediatamente i nuclei fondanti del discorso, men- tre proporre loro schemi cronologici, schede rapide, i documenti, come del resto le sintesi a cloze, consentono di fi ssare i passaggi-chiave all’interno

della trattazione generale, che le ta- vole cronologiche e la documenta- zione iconografi ca sono chiamate a completare visivamente.

Il profi lo diacronico deve però, per defi nizione, soffermarsi sugli eventi passati e sulla loro concatenazione.

Solo un taglio tematico “sincronico”

può restituire attualità all’analisi dei fatti. Diventa allora decisivo vedere la storia come il prodotto di un’inda- gine condotta attraverso numerose discipline, quali l’arte, la scienza, il diritto, la fi losofi a, a testimonianza della quotidianità e della civiltà di un’epoca, mentre ritornare a saggi di ricerca avvicina gli studenti ai com- plessi problemi attraversati dall’uma- nità mediante il confronto delle tesi interpretative sostenute da studiosi di diverso orientamento.

Sembrano questi i metodi effi caci per evitare che la descrizione degli alberi fi nisca – come si dice – con l’occultare foresta e per far discutere i giovani su problemi che i popoli hanno affrontato e che in parte an- cora condizionano la società con- temporanea.

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cuola in atto

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Enrico Pasini

Il termine geografi a deriva dal greco.

In questa lingua Gea è la “Terra”, mentre il verbo grafein signifi ca

“scrivere”: quindi geografi a vuol dire

“descrizione della Terra”.

Già nell’antichità gli uomini si interes- sarono alla geografi a e si dedicarono a conoscere e descrivere la Terra. Oggi la geografi a ha un compito più ampio:

non solo deve descrivere la Terra, ma deve anche interpretarla.

Quindi per geografi a oggi s’intende la scienza che descrive e interpreta la Terra, nel senso che spiega come l’uomo abbia modifi cato con la sua presenza un certo territorio.

La Terra deve essere studiata nel suo insieme, cioè come un sistema in cui sono presenti vari aspetti: territorio, ambiente, clima, popolazione, eco- nomia ecc.

Poiché la geografi a si occupa di vari aspetti, oggi si è specializzata: ab- biamo così la geografi a economica, che studia l’economia di un territo- rio; la geografi a politica, che del ter- ritorio studia l’evoluzione politica; la geografi a urbana, quella agraria ecc.

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La Terra è il pianeta degli uomini, il loro ambiente, e in quanto tale viene studiata dalla geografi a. Ma dell’ambiente in cui vivono gli uo- mini si occupa anche l’ecologia.

Questo termine deriva dal greco e signifi ca “studio dell’ambiente”. L’e- cologia, dunque, indaga sui rapporti che collegano gli esseri viventi tra loro e con l’ambiente circostante. La Terra è un ambiente, formato a sua volta da tanti ambienti.

Ogni ambiente dà vita a un delicato equilibrio, che viene chiamato ecosi- stema. Un ecosistema è, ad esempio, un lago, un fi ume o un bosco.

All’interno di questi ambienti natu- rali possiamo osservare un insieme di elementi che interagiscono, cioè si infl uenzano reciprocamente.

L’ecologia studia alcune caratteristi- che di un ambiente, in particolare le caratteristiche fi siche (com’è fatto), chimiche (di che cosa è fatto) e bio- logiche (che vita c’è). A un certo punto, però, non può fare a meno di incontrarsi con la geografi a. Questo avviene quando l’ecologia cerca di capire come gli uomini hanno mo- difi cato quel lago, quel fi ume o quel bosco.

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Per descrivere e interpretare la Terra, la geografi a segue un metodo speci- fi co che deriva dalle caratteristiche dell’oggetto di studio.

Per conoscere un territorio, piccolo o grande, bisogna sapersi orientare per poterlo collocare nello spazio.

L’uomo ha imparato a orientarsi per potersi muovere sulla Terra, e la geo- grafi a ha inventato un metodo rigo- roso per l’orientamento.

Per descrivere un territorio la geo- grafi a ha defi nito un linguaggio ap- propriato e ha inventato un sistema per rappresentarlo in piccolo: la car- tografi a.

Lo sviluppo scientifi co e la tecnolo- gia hanno permesso alla geografi a di perfezionare nel tempo il metodo e gli strumenti. Oggi la fotografi a, l’a- stronomia e l’informatica permettono di riprendere, rappresentare e cono- scere la Terra come mai era stato pos- sibile all’uomo prima.

La geografi a ci insegna a conoscere il mondo e più precisamente ci per- mette di individuare le caratteristiche fi siche di un territorio (rilievi, mari, fi umi, clima, vegetazione ecc.) e le caratteristiche dei popoli che vivono su quel territorio e lo trasformano (lingua, religione, organizzazione po- litica e sociale, economia ecc.).

Studiando la geografi a impariamo ad analizzare e confrontare in modo

scientifi co le somiglianze e le dif- ferenze tra i territori, gli ambienti, i popoli. Inoltre impariamo a ragionare sul rapporto tra l’uomo e la natura e sulle trasformazioni che gli interventi dell’uomo producono sul territorio, che possono essere sia positive che negative.

Lo studio della geografi a, quindi, può sviluppare una particolare attenzione ai problemi dell’ambiente e la consa- pevolezza che le risorse della Terra non sono inesauribili e vanno utiliz- zate in modo appropriato. Così, dopo esserci formati una chiara idea del mondo, potremo adottare e diffon- dere i comportamenti più adeguati per salvaguardare le risorse naturali del nostro pianeta. La geografi a dun- que è una scienza particolarmente utile, perché ci mostra non solo le cause dei problemi, ma anche le pos- sibili soluzioni.

L’insegnamento/apprendimento della geografi a nella Scuola Secon- daria di I Grado si sviluppa con:

a. Un approccio regionale e con- cettuale

Nella Scuola Secondaria di primo grado l’approccio ai contenuti sarà regionale, concettuale e problema- tico, senza tralasciare quello gene- rale. In tutte e tre le classi si insisterà sull’approccio concettuale e, poiché l’età degli alunni lo consente, si uti- lizzeranno strumenti concettuali più fi ni. Non si può fare geografi a senza possedere termini e concetti specifi ci e senza saper parlare il linguaggio della geo-grafi cità, inteso come mo- dalità di trasmissione/ricezione, ma anche capacità di elaborazione delle informazioni spaziali. Si farà in modo che i ragazzi sappiano applicare ter- mini e concetti, e tradurre il linguag- gio verbale e numerico in quello geo- grafi co e viceversa; sappiano ottenere informazioni direttamente (con tutti i sensi) o indirettamente (per il tramite di qualcuno/qualcosa), che sappiano

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applicare termini e concetti anche in situazioni nuove. Sappiano operare confronti signifi cativi fra realtà terri- toriali diverse (ad es. gli Stati).

In terza classe l’approccio potrà mag- giormente essere per problemi: equi- libri ecologici, sviluppo sostenibile, disponibilità delle risorse idriche, alimentazione…

b. Un approccio sistemico

Gli alunni dovranno essere aiu- tati a vedere in modo sistemico e, attraverso l’analisi del paesaggio, dovranno giungere al concetto com- plesso di sistema antropofi sico. Dopo aver colto rapporti fra elementi gli alunni individueranno i fattori (non solo antropici – culturali, economici ecc. – ma anche fi sici) che non sono materialmente visibili nel paesaggio, ma si possono “leggere” sapendo ri- salire dai signifi canti ai signifi cati (ad es., in un paesaggio agrario la pre- senza di macchine agricole o di una rete di elettrifi cazione rimandano alla presenza di tecnologie moderne ecc.). Si farà sempre in modo che i ragazzi “vedano” collegamenti, si rendano conto dell’interdipendenza (anche la loro personale interdipen- denza) col resto del Mondo.

c. Il metodo scientifi co

Individuando problemi, verifi cando ipotesi, gli alunni non solo apprende- ranno nozioni e conoscenze di base, ma impareranno a essere critici, a dubitare scientificamente, a non dare tutto per scontato, a verifi care.

Si renderanno conto che la ricerca delle cause di fenomeni geografi ci e di assetti territoriali non è semplice, perché vari e molteplici ne sono i fat- tori, e che generalmente questi inte- ragiscono secondo pattern differenti.

d. La transcalarità

Si utilizzerà il vicino sia per l’acqui- sizione di concetti, sia per operare confronti signifi cativi con territori lontani. Per questo, anche se l’ap- proccio regionale è a scala nazionale, europea e mondiale, non si tralascerà di effettuare confronti con il territo- rio vicino. Si avrà cura di far sì che gli alunni continuino ad arricchire in modo signifi cativo le carte cognitive del proprio territorio e che utilizzino quest’ultimo come laboratorio per osservare e comprendere processi, e per osservare e valutare scelte e comportamenti spaziali.

e. Il lavoro sul terreno

Le lezioni brevi sul terreno dovranno essere frequenti, per imparare a os- servare, analizzare, verifi care. Le visite guidate e le cosiddette “gite”

dovranno essere momenti in cui le attività laboratoriali, già avviate in classe, proseguono all’esterno (per operare attivamente sul territorio, per compiere indagini, raccogliere dati e informazioni, verifi care ipotesi…).

Dovranno quindi essere impostate secondo una metodologia geogra- fi camente corretta. In un’uscita gli alunni potranno ad esempio valutare la qualità di uno o più quartieri della loro città: in classe individueranno quali elementi dell’ambiente valutare ed eventualmente con quale tipo di punteggio valutarli, poi usciranno per l’osservazione e la valutazione;

tornati a scuola, elaboreranno i dati.

Si potranno far osservare agli alunni comportamenti spaziali altrui e farli rifl ettere sui propri.

f. Strumenti per muoversi in modo consapevole nel territorio

Viviamo in un’epoca in cui stanno

crescendo i fl ussi di persone fra luoghi reciprocamente anche molto distanti (per motivi turistici, di lavoro ecc.);

la scuola, quella di base, ha il com- pito di insegnare a tutti a leggere carte stradali e piante, a utilizzare orari di mezzi pubblici, a saper calcolare le distanze non solo itinerarie, ma anche economiche (costo/tempo), per ope- rare scelte consapevoli.

g. Tecniche e strumenti didattici Si potrà far ricorso alla lettura di carte (anche topografi che dell’IGM), foto- grafi e (terrestri e aeree), immagini da satellite, documentari e fi lm; alla cor- relazione cartografi ca e grafi ca; agli studi-tipo; alle simulazioni e games;

all’uso della bussola, del computer e di Internet; alla costruzione di carte tematiche, cartogrammi e altre rap- presentazioni grafi che. In geografi a gli alunni, anche nelle verifi che, più che affi darsi al solo linguaggio ver- bale, devono imparare a comunicare, utilizzando carte, grafi ci e foto.

h. L’uso di modelli

Si avvieranno gli alunni a utilizzare criticamente modelli geografi ci inter- pretativi di assetti territoriali.

i. Il libro di testo

Durante tutte le attività gli alunni utilizzeranno oltre al libro di testo, l’atlante, altre fonti.

Particolare cura sarà stata dedicata alla scelta del libro di testo, che do- vrà caratterizzarsi soprattutto per la ricchezza e l’organicità di: strumenti grafi ci e cartografi ci, dati statistici, fotografi e geografi camente signifi ca- tive, schemi che sintetizzino feno- meni e processi, proposte di attività che portino gli alunni a operare per conoscere e comprendere.

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cuola in atto

Scienze per comprendere la realtà

Francesco Randazzo, Arturo %V^YJ½, Pietro Stroppa

Nel linguaggio degli insegnanti, per- mane ancora l’espressione “svol- gere il programma”: ha le sue radici nell’esistenza, nel passato, dei Pro- grammi Ministeriali, a cui ogni do- cente doveva attenersi.

Però, i Programmi Ministeriali sono stati sostituiti dalle Indicazioni Na- zionali, che hanno un altro signifi - cato. Infatti, i Programmi Ministeriali prescrivevano liste di obiettivi e di contenuti (spesso solo liste molto lunghe di contenuti), defi niti central- mente, senza considerare la grande varietà di situazioni che incontra un insegnante quotidianamente. Gli insegnanti dovevano, comunque, prendere atto di questi programmi ed applicarli.

Invece, le Indicazioni Nazionali propongono solo quegli obiettivi e contenuti che garantiscono l’uni- tarietà del sistema nazionale. Rap- presentano il quadro di riferimento delle scelte didattiche, che sono affi - date alla progettazione delle singole scuole e dei loro insegnanti.

Non sono differenze di poco conto!

Infatti, i Programmi Ministeriali erano molto prescrittivi, pur salva- guardando la libertà di insegnamento sulle scelte metodologiche. Le Indica- zioni Nazionali presentano, invece, pochi aspetti prescrittivi: infatti, vanno contestualizzati tenendo conto:

sDEIBISOGNIDEGLIALUNNI

sDELLEASPETTATIVEDELLASOCIETÌ

sDELLERISORSEDISPONIBILIALLINTERNO delle singole scuole;

s DELLE RISORSE DISPONIBILI NELLAM biente e nel territorio circostanti le singole scuole.

In altri termini, le Indicazioni Na- zionali vanno “metabolizzate” dalle varie realtà scolastiche.

La “metabolizzazione” si concretizza nel Curricolo di Istituto, che è l’ele- mento centrale del POF, essendo il suo “cuore didattico”.

Il Curricolo di Istituto, che com- prende i Curricoli disciplinari, viene predisposto da ogni istituzione scolastica, nel rispetto degli orienta- menti e dei vincoli posti, appunto, dalle Indicazioni Nazionali: la sua elaborazione è il terreno su cui si misura concretamente la capacità progettuale di ogni scuola.

La progettazione curricolare è un’o- perazione che coinvolge tutti i fattori connessi con il processo educativo, dai contenuti-obiettivi agli esiti for- mativi, dalle modalità di realizza- zione ai condizionamenti dovuti alle situazioni socio-ambientali.

Insomma, il luogo delle decisioni didattiche si sposta molto dal Mi- nistero alla singola istituzione scolastica. Tuttavia, il Curricolo di Istituto, che presenta una forte autonomia, non può essere un’al- tra cosa rispetto alle Indicazioni Nazionali. Questa ultima afferma- zione sembra contraddire quanto detto fi nora. Ma non è così; infatti, il progetto della scuola deve inte- grarsi con le richieste del Ministero.

La costruzione del curricolo deve manifestare una forte coerenza tra l’istanza centrale e l’istanza par- ticolare. Così inteso, il curricolo costituisce “un mosaico” di un disegno unitario nazionale: deve essere il risultato dell’integrazione delle esigenze che ogni scuola e ogni classe hanno saputo fare emergere, nel dialogo con la propria realtà di appartenenza, con le richieste che, attraverso le Indicazioni Ministe- riali, la comunità nazionale esprime.

In defi nitiva, al Ministero compete stabilire:

sIPRINCIPALIASSICULTURALI

sLEPRINCIPALIDISCIPLINECHEAESSISI

riferiscono;

sLEIRRINUNCIABILICONOSCENZEECOM petenze che gli studenti di ogni scuola del Paese devono sviluppare.

A ogni Istituzione scolastica compete:

sSPECIlCAREMEGLIO EPIáDETTAGLIATA mente, gli obiettivi da raggiungere, in termini di conoscenze e competenze;

sINTEGRARE EVENTUALMENTE LAGAMMA

degli insegnamenti;

s PRESTARE PARTICOLARE ATTENZIONE ALLE

specifi cità del contesto di riferimento, alle sue attese e ai suoi problemi;

s VALUTARE LE RISORSE CHE SI POSSONO

impiegare.

Il processo di costruzione del curri- colo non si conclude una volta per tutte, all’inizio di ogni anno sco- lastico, ma subisce modifi cazioni cammin facendo. Infatti, si confi gura come ricerca continua, grazie all’a- zione dei docenti, che diventano pro- fessionisti rifl essivi, impegnati in un costante lavoro di analisi e di rielabo- razione delle loro pratiche scolastiche.

Ciò valorizza la professionalità degli insegnanti. Infatti, nel caso del Pro- gramma nazionale, si richiedeva agli insegnanti di essere dei buoni ese- cutori di un testo elaborato altrove.

Nel caso del curricolo di Istituto, si chiede loro di essere coelaboratori, protagonisti ed esecutori delle scelte effettuate: insomma, l’insegnante

“non svolge più il programma”, ma

“progetta e gestisce il curricolo”.

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Il sapere scientifi co è uno dei princi- pali assi culturali nella scuola secon- daria di primo grado. Infatti, fornisce un solido substrato, che permette una migliore comprensione della realtà e costituisce la base per ulteriori oc- casioni di apprendimento, non solo scientifi che.

Ciò lo realizza grazie ai suoi conte- nuti, ai suoi linguaggi e al suo me- todo. Quest’ultimo non è importante solo nell’apprendimento delle disci- pline scientifi che.

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