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Tra i prodotti finanziari del risparmio gestito corrispondenti ai fondi mobiliari aperti "indicizzati" (o fondi-indice), sono compresi gli ETF, ETC, ETN.

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(1)

L

EZIONE

15

Exchange Traded Funds (ETF), Exchange Traded Commodities (ETC), Exchange Traded Notes (ETN)

Tra i prodotti finanziari del risparmio gestito corrispondenti ai fondi mobiliari aperti "indicizzati" (o fondi-indice), sono compresi gli ETF, ETC, ETN.

Gli ETF sono quotati nell’M

TF1

– che, come noto, è parte del M

IV

– mentre gli ETC e ETN sono negoziati direttamente da intermediari finanziari come market makers. Nel caso degli ETC, questi si distinguono a seconda che abbiano o meno come sottostante un materiale "concreto". In presenza di materiale concreto si parla di ETC "physically backed", perché la sottoscrizione di questi può avvenire non solo attraverso un investimento in denaro, ma anche consegnando una determinata quantità del sottostante.

Per gli ETC semplici l’elemento caratterizzante può essere identificato nella presenza di derivati cartolarizzati quotati nel S

EDEX

. In ultimo, nel caso degli ETC ETN, si tratta di strumenti finanziari "di secondo grado"

emessi da particolari categorie d’intermediari

2

e negoziati nel S

EDEX3

. Guardandoli con gli occhi del giurista non lontano dalle logiche dell’economia, essi risultano, almeno in parte – cioè, quanto agli obiettivi

1 A partire dal 30 settembre 2002 a Piazza Affari.

2 Si tratta – secondo il TUF e le discipline secondarie emanate in base allo stesso – delle società di gestione del risparmio (SGR) e delle società di gestione armonizzate (SGA), cioè di intermediari finanziari abilitati a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio.

Non è irrilevante osservare che questi strumenti finanziari sono negoziati sul SEDEX, piuttosto che nel MIV: è da verificare se e quali intermediari sono abilitati ad operare in entrambi i mercati gestiti da Borsa Italiana Spa.

3 Attualmente, nel SEDEX sono quotati anche ETC su alcune commodities, come l’oro, l’argento, il platino, il palladio, lo zinco, l’alluminio, lo stagno, la soia, il bestiame vivo, il grano, il mais e il petrolio.

(2)

d’investimento, nonché ai costi cui è soggetto il risparmiatore che intende accedervi – fungibili rispetto ai cc. dd. “fondi indicizzati” o ad altri prodotti finanziari come i fondi pensione o i prodotti assicurativo-finanziari.

Nati per effetto di una stagione estremamente critica per i mercati finanziari – dove diviene abbastanza improbabile per un gestore di fondi riuscire a

“battere il benchmark”, mentre (d’altro canto) i costi di gestione imputati al fondo in base al regolamento di gestione danno luogo a rendimenti risibili o, addirittura, ad una completa “erosione” del valore del patrimonio gestito – sono progressivamente divenuti uno strumento finanziario di successo, se non fosse per una certa “ritrosia” a collocarli da parte delle banche e degli altri intermediari finanziari (che, effettivamente, hanno un modesto interesse a collocare prodotti … dove il “ritorno” per il collocatore – in termini di commissioni ed altri costi di gestione da imputare agl’investitori – pare molto contenuto).

Costituiscono oggi, anche nel nostro Paese

4

, un potente strumento per trarre profitto dalla crescita dei mercati (soprattutto azionari, ma non solo) nel lungo periodo.

Una particolarità assolutamente degne di nota oggi – perché potrebbe apparire addirittura in contrasto con le considerazioni appena proposte circa il ridotto interesse degli intermediari a collocare prodotti finanziari di questo tipo – è quella che consente di rilevare un crescente interesse diretto degli stessi intermediari a questo genere d'investimento, che può quindi essere oggetto di negoziazioni per conto proprio, ad opera degli stessi soggetti abilitati. In effetti, quando si considera la possibilità – che poi si riscontra concretamente a livello pratico – di costruire "sinteticamente" dei prodotti finanziari che riproducono un determinato tipo di rischio/rendimento, si individua subito un oggetto d'investimento che può

4 Dove sono presenti circa 28 ETF, di cui 5 su indici obbligazionari.

(3)

esprimere un dato interesse proprio sia di un tipo determinato

5

d'investitori qualificati. Tra di essi si incontrano anche investitori professionali, come banche, intermediari finanziari (bancari e non), imprese di assicurazione, società emittenti strumenti finanziari quotati su mercati regolamentati o quanto meno diffusi in quel contesto e su sistemi alternativi di negoziazione indicati nella disciplina primaria e secondaria applicabile.

1. Le caratteristiche: il derivato “azione-indicizzata” e il sottostante; il N

AV

.

Si tratta di titoli rappresentativi di portafogli che replicano particolari indici o panieri di indici in borsa.

Sono emessi da intermediari finanziari di primaria importanza – i più attivi, per ora, sono Société Générale, Barclays, Morgan Stanley e Merrill Lynch – che operano come “market makers”, garantendo la liquidità del titolo sul mercato

6

e costituendo (a fronte dell’emissione) un portafoglio sottostante

5 Corrispondente agli intermediari bancari (di cui agli artt. 106 ss. e 113 TUB), finanziari (ai sensi degli artt. 1, comma I, lett. e-g), ma anche del successivo comma II-quater lett.

d), nn. 1)-3), TUF) o assicurati (sulla base degli artt. 106-116CAP). È da evidenziare che i margini di sovrapposizione tra queste varie voci risultano cospicui in modo da porre in rilievo l'istanza d'armonizzare la regolazione dei vari settori di operatività propri di ciascuna impresa.

6 Tale obbligo si specifica in quello (per il market maker) d’inserire sempre un certo numero di proposte (d’acquisto e di vendita), con uno spread “denaro-lettera” (v. nel prosieguo) al massimo dell’1%. Chiaramente, se non sussistono proposte provenienti da terzi (risparmiatore o investitori istituzionali), l’emittente può reagire – alla richiesta di disinvestimento o d’investimento – rimborsando le azioni-indicizzate (più precisamente, annullando le azioni e consegnando il sottostante), ovvero emettendo nuove azioni- indicizzate e acquistando strumenti finanziari da immettere nel portafoglio sottostante.

Ognuna delle operazioni citate comporta il necessario coinvolgimento della banca depositaria:

I. Presso di essa viene aperto un apposito conto per depositare la liquidità riferibile agli ETF;

II. È la banca depositaria che – a fronte di ordini conformi provenienti dall’intermediario-gestore – provvede all’acquisizione o alla dismissione dei titoli che costituiscono il portafoglio sottostante all’ETF;

III. Da ultimo, spetta alla banca depositaria custodire – in un deposito-titoli intestato all’intermediario-emittente dell’ETF – i titoli che abbiamo indicato come azioni-

(4)

corrispondente da un punto di vista qualitativo e quantitativo all’indice di riferimento in quel determinato momento. Il sottostante, tuttavia, potrebbe pure essere stato costruito "a tavolino" dall’emittente, costituendo un portafoglio di strumenti finanziari derivati con il risultato di emulare l’andamento di un indice relativo a commodities o ad altre variabili economico-finanziarie rilevanti per qualcuno dei soggetti operanti sul mercato.

L’emissione ha l’obiettivo di generare sinteticamente un profilo di rischio/rendimento corrispondente all’indice. La differenza tra gli E

TF

e i cc. dd. fondi-indice (o “indicizzati”) è che i primi costituiscono titoli negoziabili in tempo reale e possono essere anche “venduti allo scoperto”

7

. La maggior parte degli E

TF

non ha scadenza, rappresentando allora uno strumento per sfruttare la crescita di lungo periodo dei mercati azionari in modo semplice, trasparente, a costi contenuti e con una buona liquidabilità

8

. Sono meno efficienti – di futures ed options – se utilizzati a fini speculativi, non potendo adoperare l’effetto-leva.

Anche negli E

TF

rileva, accanto al prezzo di mercato il valore del patrimonio netto corrispondente alla quota (il c.d. N

AV

); dal momento che quel valore viene calcolato giornalmente, mentre la quotazione degli E

TF

è in continua, è possibile che si determinino scostamenti, ma la tendenziale coincidenza tra quotazione e N

AV

viene garantita dalla presenza di investitori istituzionali, autorizzati ad operare in E

TF

come “arbitraggisti”.

In caso di prezzo di mercato inferiore al N

AV

, l’arbitraggista tenderà a comprare i titoli (le cc. dd. “azioni indicizzate”) corrispondenti all’ E

TF

,

indicizzate. Dunque, ogni operazione (di acquisto, vendita, sottoscrizione e smobilizzo) relativa a quei titoli transita per la banca depositaria.

7 Come se fossero vere e proprie azioni e senza attendere i tempi di sottoscrizione e riscatto, cosa che accade nel caso delle quote di fondi comuni d’investimento.

8 Potendo essere comprati e venduti “a pronti”, la liquidabilità degli ETF è del tutto corrispondente a quella di un investimento azionario, essendo “regolato” nei tre giorni di borsa aperta successivi.

(5)

cederle alla banca depositaria in cambio dei titoli che ne costituiscono il sottostante, da cedere sul mercato per lucrare sulla differenza di prezzo (in tal caso, l’aumento della domanda determina un apprezzamento del titolo E

TF

, mentre l’incremento dell’offerta per i titoli sottostanti ne deprime la quotazione). Così l’attività dell’arbitraggista, che pure profitta degli scostamenti tra prezzo di mercato

9

dell’ E

TF

e il suo N

AV

, tende a ridurre quelle differenze fino ad annullarle.

Al contrario, nell’ipotesi che il prezzo dell’ E

TF

sul mercato superi il suo N

AV

, un arbitraggista potrebbe acquistare sul mercato i titoli – nella composizione qualitativa e quantitativa corrispondente al portafoglio sottostante l’E

TF

– consegnarli alla banca depositaria in cambio di azioni indicizzate (il cui numero allora aumenta), per rivenderle infine sul mercato. Chiaramente, in tal caso il prezzo sul mercato dell’E

TF

(inteso come azione-indicizzata) tenderà a ridursi – per effetto di un aumento dell’offerta – mentre il valore del N

AV

corrispondente (come effetto della domanda dei titoli inclusi nell’indice, acquistati sul mercato) cresce: anche qui l’attività dell’arbitraggista migliora l’efficienza del mercato.

2. “Replicare” un indice e gestione passiva; l’abbattimento dei costi di gestione e “liquidità” del titolo.

L’attività finanziaria dell’emittente di E

TF

è da ricondurre nell’alveo della c.d. “gestione passiva”: ci si limita a “replicare” l’indice, cioè a costruire – a fronte dell’emissione di nuove azioni-indicizzate – un portafoglio corrispondente, sia dal punto di vista qualitativo (vale a dire, quanto ai caratteri della composizione) che quantitativo (cioè, in riferimento al peso relativo dei componenti e all’ammontare dell’investimento).

Dunque, a differenza dei fondi comuni d’investimento, che vengono gestiti dalla S

GR

nello sforzo continuo (ancorché spesso vano) di “battere il

9 Sul mercato ETF Plus o nel SEDEX, a seconda che si tratti i ETF o ETC.

(6)

benchmark”, gli emittenti di un E

TF

(che possono essere costituiti da banche o intermediari finanziari, ma probabilmente non da S

GR

) – limitandosi solo a conformare la composizione del portafoglio sottostante a quella di un indice prefissato – “risparmiano” il costo delle analisi tecniche del mercato e dello studio di strategie gestionali, sicché possono applicare commissioni di gestione molto basse, di fatto limitando la loro remunerazione alla sola commissione di negoziazione, sostanzialmente definita come per le altre azioni quotate sul M

TA

.

L’unica attenzione dell’intermediario-emittente attiene all’adeguamento del portafoglio quando varia la composizione dell’indice. In tal caso, dovrà cedere i titoli già inclusi nell’indice, per sostituirli con quelli che costituiscono una “new entry”. La cosa potrebbe apparire banale, se non fosse che l’inserimento o l’uscita dal paniere di riferimento di un indice rappresentano in genere indicazioni imprescindibili per i gestori di fondi comuni e persino per il c.d. “risparmio gestito” (come gestioni patrimoniali su base individuale), il che determina aumenti della domanda – in corrispondenza dell’ingresso di un titolo nel paniere e, corrispondentemente, un aumento dell’offerta nel caso dell’uscita, da cui derivano rispettivamente movimenti del prezzo in salita e in discesa. I riflessi sul valore dei portafogli sottostanti gli E

TF

interessati dal cambiamento sono evidenti, ma il monitoraggio e l’adeguamento del portafoglio rappresenta uno dei pochi oneri di gestione in capo all’intermediario.

Connesso anche ai movimenti di prezzo cui ci si è appena riferiti, peraltro,

pare tutta l’attività dell’intermediario-gestore che concerne le azioni-

indizizzate, ma quest’attività non può impedire che il semplice accesso di

un nuovo titolo nell’indice produca l’effetto prima dell’aumento di prezzo

di quel titolo, poi di una sostanziale sopravvalutazione per gli E

TF

collegati

a quell’indice, che conseguentemente ne deprimono i rendimenti attesi).

(7)

Insomma, è da ritenere che il c.d. “premio d’ingresso” (vale a dire l’aumento di prezzo dell’E

TF

generato dall’ammissione di un nuovo titolo nell’indice) possa costituire un problema rilevante per gl’investitori.

Per specificare, inoltre, la questione dei costi negli E

TF

, questi prevedono il pagamento (con cadenza annuale) di una commissione di gestione allineata a quella dei rari fondi indicizzati presenti in Italia (pari allo 0,50%) che, sommata agli altri costi imputati al portfolio genera un “total expence ratio” dello 0,90%. Tuttavia, nella valutazione relativa al rendimento di un investimento in E

TF

/E

TC

), occorre tener conto – oltre all’incidenza dei costi di gestione sul N

AV

– delle cc. dd. “commissioni di negoziazione” da pagare all’intermediario non solo in caso di compravendita relativa alle

“azioni-indicizzate”, ma anche per la loro emissione e rimborso. Del resto, nel primo caso l’emittente deve acquistare, nell’altro vendere i titoli del portafoglio corrispondente all’E

TF

, non avendo richieste di vendita o (rispettivamente) d’acquisto per le azioni-indicizzate. In aggiunta, è da considerare lo spread “denaro-lettera

10

”, pari al massimo all’1%, tale da poter rappresentare un ulteriore costo specifico della negoziazione.

3. Tra fondi comuni d’investimento e derivati: chi crea, gestisce e colloca gli ETF/ETC/ETN?

Oltre alle difficoltà già evidenziate in precedenza, la diffusione dei titoli E

TF

come possibile oggetto d’investimento per i risparmiatori e gl’investitori istituzionali ne incontra un’altra, estremamente importante: la sua “penetrazione” nei circuiti distributivi bancari e non bancari trova

10 Lo spread “denaro-lettera”, in qualsiasi titolo oggetto di negoziazione si riferisce al differenziale tra il prezzo d’acquisto (denaro) e il prezzo di vendita.(lettera).

L’investitore sa che se vorrà riuscire ad acquisire il titolo dovrà offrire un po’ più del prezzo corrente di mercato. Se, all’opposto, egli vorrà godere di una ragionevole probabilità di vendita per un titolo nel suo portafoglio, dovrà disporsi ad accettare anche un po’ meno del prezzo corrente di mercato.

(8)

ostacolo proprio nella circostanza che – a parità di condizioni

11

– le imprese intermediarie potrebbero essere più interessate a collocare altri prodotti finanziari che E

TF

/E

TC

/E

TN

. Infatti, sui prodotti diversi da questi ultimi – ad es., sui fondi comuni d’investimento, ma anche sul collocamento di gestioni patrimoniali in quote di fondi, di obbligazioni strutturate e polizze- vita – riescono a conseguire commissioni di gestione nonché, eventualmente, di “performance”, piuttosto interessanti e/o commissioni di collocamento notevolmente più altre delle commissioni di gestione e negoziazione ottenibili con gli E

TF

/E

TC

/E

TN

.

Mentre nel caso dei titoli E

TF

/E

TC

emessi dallo stesso negoziatore questi consegue – oltre alla commissione di negoziazione e agli eventuali effetti positivi dello spread denaro-lettera – gli introiti legati alla gestione del portfolio sottostante (ad es., la commissione di gestione). L’intermediario che si limita a svolgere la funzione di negoziazione (salvo che la cosa non sia già funzionale a chiudere un’operazione di arbitraggio avente ad oggetto l’E

TF

) non ha un forte interesse a collocare azioni-indicizzate.

Tuttavia, il ragionamento appena sviluppato può peccare di astrattezza, dal momento che è possibile che in date condizioni dei mercati finanziari sia obiettivamente più agevole collocare E

TF

rispetto ad altri prodotti finanziari: in tal caso, non è detto che un intermediario trovi disprezzabile un flusso di remunerazione certamente più ridotto rispetto a quello conseguibile con prodotti finanziari alternativi, ma che – in mancanza del collocamento di quelli – abbia anche il pregio di non disperdere un posizionamento dell’impresa sul segmento di mercato dei prodotti finanziari con finalità “d’investimento”.

Inoltre, se è nota la tendenza degl’intermediari (bancari e non) a collocare esclusivamente prodotti finanziari emessi da una società appartenente al

11 Id est, se l’investitore considera quei prodotti finanziari ugualmente interessanti ed appetibili come oggetto d’investimento, in termini di rapporto rischio/rendimento, di liquidabilità, ecc.

(9)

medesimo gruppo, è pur vero che l’evoluzione dei mercati finanziari sembra orientata nel senso dell’incremento della dimensione concorrenziale anche negli ambiti originariamente considerati ordinamenti settoriali e quasi “sancta sanctorum” sottratti alle dinamiche competitive, mentre nell’ambito della distribuzione dei prodotti finanziari si fanno strada esperienze di distribuzione “multi-marca

12

”.

L’impiego dei derivati, peraltro, ha permesso pure agli intermediari finanziari che hanno costituito questi portafogli di strumenti finanziari derivati di godere pure in varia misura del c.d. "effetto leva", vale a dire la capacità del portafoglio di moltiplicare l'entità di una variazione nel sottostante, persino nel breve periodo (con un orizzonte temporale di 2 anni).

4. Difficoltà d’impiego degli E

TF

per un investitore non professionale e per gl’investitori istituzionali

13

.

Anche a prescindere dalla difficoltà di reperire il prodotto finanziario. E

TF

nella rete distributiva degl’intermediari bancari e non bancari, un’ulteriore problematica per l’accesso del risparmio diffuso a tali strumenti è costituita dalla necessità di “costruire” un portafoglio di titoli aderente alle caratteristiche soggettive del risparmiatore, in termini di diversificazione – e quindi di “peso” degl’impieghi azionari, obbligazionari e differenti, di

12 Sembra far eccezione – almeno per ora – la distribuzione tramite reti dov’è consistente la presenza di promotori finanziari. In quel caso, infatti, il dovere di esclusiva in capo al promotore pare rivestire ancora un ruolo determinante rispetto al genere di prodotti suscettibili d’essere distribuiti. Tuttavia, è evidente che il “cavallo di Troia” – rispetto alla tenuta dei presidi normativi di quell’esclusiva potrebbe essere rappresentato dalla crescente sostituibilità – sul versante della domanda – dei prodotti assicurativi con i prodotti bancari e finanziari.

13 Nella normativa primaria, l’art. 6, comma II-quater, TUF, definisce – al poto degl’investitori istituzionali – le cc. dd. controparti qualificate riferendosi a: un insieme di soggetti più ampio rispetto a gl’investitori professionali (ad es., comprensivo dei fondi pensione).

(10)

singoli settori ed aree geografiche – e di rendimenti attesi. Dunque, l’investimento in E

TF

/E

TC

/E

TN

per il “comune” risparmiatore al dettaglio presenta la difficoltà di presupporre un comportamento pro-attivo e non passivo.

Ad esempio, la stessa possibilità di vendere allo scoperto E

TF

, presuppone che l’investitore sappia profittare del differenziale che si riscontra tra due prezzi (in denaro e lettera), che si determinano sul mercato nel corso della stessa seduta. A condizione che tale differenziale sia tale da consentire di coprire i costi di negoziazione – lasciando comunque nelle mani dell’investitore un ritorno positivo – questi può operare “a pronti” due compravendite di segno opposto contando nella regolazione simultanea, che dà luogo ad una compensazione – fatto salvo che per i costi di negoziazione, da corrispondere all’intermediario, e l’eventuale differenziale positivo che residua in capo all’investitore.

D’altro canto, gl’investitori istituzionali italiani possono trovare più conveniente investire in E

TF

stranieri, piuttosto che in analoghi prodotti finanziari disponibili in Italia, dal momento che i primi hanno costi decisamente inferiori. Tuttavia, è ipotizzabile che tale diversità di costi – attualmente riscontrabile e da reputare un forte svantaggio degli profittare di E

TF

italiani dal punto di vista competitivi – possa tendere a ridursi, man mano che dovesse aumentare la domanda del prodotto finanziario in questione e gli emittenti italiani vogliano ridurre il proprio svantaggio competitivo rispetto al contesto internazionale.

5. Gli E

TF

come prodotto finanziario e possibile oggetto

d’investimento: diversificazione e quotazione sull’E

TF

Plus

(11)

Considerando le azioni-indicizzate E

TF

-E

TC

come prodotto finanziario “sui generis”

14

” e possibile oggetto d’investimento, diventa evidente come la loro quotazione su di un mercato regolamentato (M

TF

o S

EDEX

) costituisce un fattore determinante del loro successo competitivo. Infatti, la quotazione di per sé migliora notevolmente la liquidabilità di un investimento in E

TF

, che non resta rimessa esclusivamente alla capacità dell’intermediario- emittente d’individuare un potenziale acquirente, né alla sua solvibilità nell’adempiere all’obbligazione di consegnare all’investitore (a fronte dell’annullamento delle azioni-indicizzate che non riesce ad alienare) il corrispondente quantitativo del portafoglio sottostante.

È pertanto evidente come la diversificazione cui ci si riferiva alludendo alla costruzione di un portafoglio di E

TF

-E

TC

con comportamento pro-attivo (di cui al punto precedente) non riguarda solo gli oggetti, i settori produttivi e le aree geografiche, ma concerne anche i mercati sui quali gli E

TF

possono essere scambiati, in funzione delle differenze di regolazione, di funzionamento, ecc.

G

LI

ETC (

O

“E

XCHANGE

T

RADED

C

OMMODITIES

”) 1. Definizione.

Gli ETC sono titoli senza scadenza emessi da una società veicolo a fronte dell’investimento diretto dell’emittente o in materie prime o in contratti derivati su materie prime.

Il prezzo degli E

TC

è quindi legato direttamente o indirettamente all’andamento del sottostante, come il prezzo degli ETF è legato al valore dell’indice a cui fanno riferimento.

14 Perché caratterizzato, come s’è già evidenziato in precedenza, da un valore sostanziale riferito al portafoglio sottostante costituito dall’emittente (da cui il rapporto tra prezzo di mercato dell’azione-indicizzata e NAV).

(12)

Gli E

TC

/E

TN

(abbreviazione di “Exchange Traded Notes", vale a dire titoli rappresentativi di rapporti contrattuali finanziari, quindi una macro-area certamente comprensiva anche degli E

TC

) – quando non hanno un sottostante rappresentato direttamente da materie prime o da altre realtà oggettive

15

– costituito da derivati, soprattutto futures e forwards, su commodities ovvero su tassi (d'interesse e di cambio), misure rilevanti anche in ambito economico e finanziario, comunque incidenti sulla produzione e lo scambio di beni e servizi. In questo caso – e diversamente da quanto osservato in precedenza (lezioni 5 e 6) – qui si tratta solo di derivati aventi come sottostante materie prime da impiegare nei processi industriali, come ad es., oro, palladio, alluminio, zinco, rame, petrolio e gas naturale, ma anche energia, persino bestiame (a differenza degli E

TN

, che possono avere sottostanti corrispondenti a variabili economiche, finanziarie e fisiche (si pensi alle temperature e ad altri dati climatici – per l'incidenza che manifestano su varie attività produttive e commerciali), come tassi d’interesse e di cambio.

In sintesi un ETC consente di:

Accedere direttamente al mercato delle commodities: Gli ETC replicano la performance di una singola commodity o di indici su commodities, grazie all’investimento diretto da parte della società emittente nella materia prima o in contratti derivati sulla materia prima. In questo secondo caso gli ETC consentono agli investitori di avere un’esposizione simile a quella che si otterrebbe gestendo una posizione a lungo in contratti commodity future senza leva finanziaria.

Rimanere costantemente allineato alle performance delle materie prime: a differenza di una posizione in future, gli ETC non

15 Caso che corrisponde agli ETC con un sottostante che corrisponde ad un materiale

"fisico" (cioè, concreto).

(13)

comportano la necessità di riposizionarsi da un contratto future ad un altro (roll-over), non richiedono nessun versamento di margini iniziali o di adeguamento, e non comportano altre spese di intermediazione/sostituzione dei contratti in scadenza. Infine gli ETC che investono direttamente nelle materie prime consentono di evitare gli oneri e i rischi legati allo stoccaggio delle materie prime acquistate.

Ottenere un’esposizione ad un rendimento assoluto (total return).

In caso di ETC legati al prezzo di contratti future sulla materia prima, il risparmiatore ha accesso ad un rendimento assoluto che comprende tre diverse componenti:

a) rendimento spot: è quello derivante dall’oscillazione del prezzo del future della materia prima sottostante;

b) rendimento legato al rolling (che può essere positivo o negativo):

è il rendimento associato all’attività di sostituzione dei contratti future in scadenza che consente di mantenere la posizione sul sottostante; è negativo (riporto) quando il contratto in scadenza ha un prezzo maggiore di quello successivo; è positivo (deporto) nel caso opposto.

c) rendimento del collaterale: è l’interesse che si ottiene dall’investimento del collaterale (l’acquisto di un future non richiede infatti alcun investimento se non il mantenimento di un margine che però è anch’esso remunerato).

Accedere al mercato delle commodities ad un costo molto contenuto: come per gli ETF nessuna commissione di “entrata”, di

“uscita” e di “performance” è a carico dell’investitore, le

commissioni di gestione sono contenute e sono applicate in

proporzione al tempo di possesso del titolo attraverso la riduzione

della quantità di materia prima di cui si ha diritto. Infine come per

(14)

l’acquisto di un qualsiasi altro titolo sul mercato, vanno considerate le commissioni applicate dalla propria banca/sim.

2. Il mercato degli ETC

Ciò che accomuna ETC e ETF è l’esistenza per ciascuna classe di titoli di un mercato primario e di un mercato secondario.

Il mercato primario, accessibile esclusivamente agli intermediari autorizzati, consente la sottoscrizione e il rimborso dei titoli su base giornaliera al prezzo del mercato ufficiale di riferimento della commodity sottostante (per alcuni ETC è prevista la possibilità di effettuare la sottoscrizione anche in natura, ossia consegnando all’emittente direttamente la materia prima).

Il mercato secondario è rappresentato dalla Borsa (Mercato E

TFPLUS

), dove tutti gli altri investitori possono negoziare gli ETC al prezzo determinato dalle migliori proposte in acquisto e in vendita presenti sul book di negoziazione. Questo meccanismo consente agli intermediari specializzati di effettuare arbitraggi che fanno sì che il prezzo degli ETC sia sempre costantemente allineato al valore di mercato della materia prima sottostante te come avviene per gli ETF.

G

LI

ETN (

O

E

XCHANGE

T

RADED

N

OTE

) 1. Definizione.

Anche in tal caso si tratta di strumenti finanziari cartolarizzati, negoziati sull’E

TF

Plus, comunque creato e gestito, conformemente al regolamento di mercato adottato da Borsa Italiana s.p.a.

Si tratta di “cloni”, cioè di strumenti frutto d’ingegneria finanziaria che

“replicano” l’andamento di un indice o di altre variabili rilevanti in ambito

economico-finanziario (prezzi, tassi, cambi ed altre variabili incidenti su

(15)

quell’ambito). Il loro collocamento sul mercato primario è opera di merchant banks (come emittenti) attive a livello internazionale e intermediari finanziari operanti nel nostro Paese in qualità di sottoscrittori.

Una volta “entrati” in ambito italiano (in quanto nel portafoglio d'intermediari vigilati dalle Authorithies finanziarie nazionali e distribuiti – gli ETN possono essere diffusi – anche tra gl'investitori al dettaglio italiani.

Essi possono pervenire sul mercato come ambito "aperto" agli investimenti da parte di una generalità indifferenziata attraverso la negoziazione sul

“mercato secondario” – anche a investitori al dettaglio (almeno per un’aliquota delle negoziazioni; cfr. gli artt. 32, comma I, 33, comma I e 40, comma I, lett. g), Reg. Mercati).

Mentre Borsa Italiana nel proprio regolamento del mercato esclude che i

“fondi indice” (cioè gli E

T

, E

TC

ed E

TN

) possano essere ricondotti nell’ambito degli O

ICR

, viceversa nel Reg. Gest. Col. Risp. – rispettivamente al punto 3.5 della Sezione II, Capitolo III, Titolo V, nonché alla fine del punto 2.1, ma del precedente Capitolo I nel medesimo Titolo V, o al punto 4.2.1 [lett. b), dove – alla nt. 7 – ammette gli stessi tra i prodotti finanziari di una gestione collettiva del risparmio. Del resto, a favore di tale soluzione militano sia ragioni pratiche, legate alla

“sostituibilità sul versante della domanda” dei fondi indice rispetto agli altri

O

ICR

, che ragioni più squisitamente giuridiche. In effetti, se si pretendesse

d’interpretare la regolazione come non riferita ai prodotti corrispondenti ad

E

TC

ed E

TN

non si potrebbe evitare una censura di illogicità di una

valutazione differente per situazioni obiettivamente corrispondenti (o,

quanto meno, simili).

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