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La Bibbia libro da interpretare. Teologia Sacra Scrittura

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Academic year: 2022

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La Bibbia libro da interpretare

Teologia Sacra Scrittura

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La Bibbia libro da interpretare

La Bibbia non è stata scritta per essere conservata come un documento d'archivio. Essa è stata scritta per essere letta,

proclamata e ascoltata. Dunque è in grado di parlare al di là del tempo in cui sorse, al di là dei suoi destinatari storicamente

determinati. Il testo scritto, resosi in qualche modo autonomo, è portatore di un senso universale. Ciò si addice a tutti i classici della letteratura. Ma vale in modo particolare per la sacra Scrittura:

essendo ispirata, essa è anche ispirante, qui e ora. San Paolo cita le Scritture di Israele talora al presente: "la Scrittura dice".

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Nell'interpretazione di un testo ci sono sempre due elementi di cui tener conto: Il dato storico - letterario e il senso.

• L'esegesi storico - critica della Bibbia si attiene prevalentemente al dato,

l'ermeneutica dice il senso del testo.

Per questo non ci si può accontentare della sola ricerca storica.

Bisogna passare all' ermeneutica.

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Ogni testo è da interpretare

L'ermeneutica è perciò la giusta reazione al positivismo storico che vorrebbe rapportarsi ai testi applicando gli

stessi criteri di oggettività impiegati nelle scienze naturali.

L'ermeneutica parte dalla constatazione della distanza.

Una prima distanza, come ha spesso ripetuto P.

Ricoeur, è quella che esiste fra il testo e il suo autore poiché, una volta scritto, il testo acquista una sua autonomia.

Un'altra distanza è quella che si dà fra il testo e i suoi lettori, soprattutto allorché il lasso di tempo che li separa è consistente.

L'ermeneutica biblica consiste appunto nel decifrare,

attraverso il linguaggio umano dei testi, il linguaggio divino, e cioè la parola di Dio con la sua valenza universalistica.

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C’è chi rifiuta ogni approccio critico ed ermeneutico alla Bibbia. Si tratta delle letture fondamentaliste, le uniche respinte senza mezzi termini dalla Interpretazione della Bibbia nella Chiesa (da ora IBC). Partono da un

presupposto giusto dal quale tirano una conseguenza erronea. Il presupposto è che la Bibbia è parola di Dio ispirata e veritiera. La conseguenza è che essa va

interpretata letteralisticamente in tutti i suoi dettagli. Per questo i fondamentalisti si oppongono all'utilizzazione di ogni metodo scientifico per lo studio della Bibbia. L'errore di questa posizione consiste nel non tener conto del carattere storico della rivelazione, e cioè del fatto che la parola di Dio ispirata "è stata espressa in linguaggio umano ed è stata redatta, sotto l'ispirazione divina, da autori umani le cui capacità e risorse erano limitate" (IBC, pag 22).

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Interpretare la Scrittura: un po' di storia recente

Nell'Ottocento e anche agli inizi del 900 all'interno della Chiesa

cattolica, vi era una certa diffidenza nei confronti dello studio storico- critico delle Scritture, soprattutto a causa della pregiudiziale

razionalistica e liberale con cui molti studiosi vi si accostavano. Ma nello stesso tempo le autorità ecclesiastiche svolsero anche

un'opera di promozione degli studi biblici, il cui atto più significativo fu forse la creazione del Pontificio istituto biblico di Roma nel 1909, in piena crisi modernista. Nel 1943 Pio XII accettò

definitivamente l'uso del metodo filologico e storico nello studio della Bibbia, che da allora in poi è diventato egemone

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Dovrebbe essere fuori discussione che l'esegesi ha come finalità la comprensione storica dei testi biblici: essa deve mettere in luce ciò che questi testi hanno significato in origine, all'epoca in cui nacquero, evidenziando però nel contempo il loro messaggio permanente. Per questo parliamo di comprensione: non si tratta infatti soltanto di dare informazioni filologiche e storiche, o di ricostruire ciò che è storicamente avvenuto, ma di confrontarsi col messaggio dei testi.

“La ricerca esclusiva del senso letterale perseguita da alcuni studiosi si è rivelata riduttiva in quanto è esposta al rischio di vedere nella Bibbia solo un documento storico tra molti altri... ma non il testimone della divina

rivelazione” (I. De La Potterie)

Finalità dell'esegesi

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Metodi e approcci per l'interpretazione

Per metodo esegetico si intende un insieme di

procedimenti scientifici per spiegare i testi, mentre per approccio si intende una ricerca orientata a partire da un particolare punto di vista.

I metodi, a loro volta, si distinguono in diacronici e sincronici.

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Si tratta di un metodo storico, non soltanto perché si applica a testi antichi, nel nostro caso a quelli della Bibbia, e ne

studia la portata storica, ma anche e soprattutto perché

cerca di chiarire i processi storici di produzione dei testi biblici, processi diacronici talvolta complicati e di lunga durata. Nelle diverse tappe della loro produzione, i testi

della Bibbia si rivolgevano a diverse categorie di ascoltatori o di lettori, che si trovavano in situazioni spazio-temporali differenti.

Si tratta di un metodo critico, perché opera con l’aiuto di criteri scientifici il più possibile obiettivi in ciascuna delle sue tappe (dalla critica testuale allo studio critico della redazione), in modo da rendere accessibile al lettore moderno il significato dei testi biblici, spesso difficile da cogliere.

Il metodo storico - critico

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Esso concretamente comincia con la critica testuale

(stabilire un testo biblico il più vicino possibile all'originale), prosegue con l'analisi linguistica (morfologia e sintassi) e con la critica letteraria (unità testuali, potenza interna dei testi, eventuali doppioni e divergenze, fonti, generi letterari, forme). Si passa poi alla critica delle tradizioni a cui testi appartengono, la critica storica (qualora il testo appartenga al genere letterario storico) e alla critica della redazione

(stesura finale del testo).

Il metodo storico-critico è non solo legittimo, ma richiesto per lo studio della Bibbia. Esso permette di mettere in luce l'intenzione degli autori e dei redattori della Bibbia, e il messaggio da essi rivolto ai suoi primi destinatari. Il limite di questo metodo è che esso spesso si limita alla ricerca del senso del testo biblico al tempo della sua produzione.

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I nuovi metodi di analisi letteraria: analisi retorica

L'IBC prende in considerazione dapprima l'applicazione dell'analisi retorica (retorica classica, retorica di tipo

semitico, nuova retorica). Questo metodo, soprattutto nella forma della nuova retorica, attira l'attenzione sul fatto che la Bibbia non è semplicemente enunciazione di verità.

La retorica è l’arte di comporre discorsi persuasivi.

Dato che tutti i testi biblici sono in qualche misura dei testi persuasivi, una certa conoscenza della retorica fa parte del bagaglio normale degli esegeti.

Applicata alla Bibbia, la “nuova retorica” cerca di

penetrare nel cuore del linguaggio della rivelazione in quanto linguaggio religioso persuasivo e valutare il suo impatto nel contesto sociale della comunicazione.

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L'analisi narrativa si presta a indagare i numerosi testi presenti nella Bibbia sotto forma di racconto e di

testimonianza. L'Antico Testamento e Nuovo Testamento raccontano in ultima analisi la storia della salvezza.

Questo metodo riabilita il racconto della salvezza nella sua concretezza e nella sua capacità di coinvolgere

esistenzialmente il lettore. Esso si presta pertanto anche a utilizzazione di tipo pastorale e catechistico.

Un testo continua a esercitare la sua influenza nella misura in cui i lettori reali (per esempio noi stessi, alla fine del XX secolo) possono identificarsi con il lettore

implicito (lettore immaginario a cui un testo è rivolto). Uno dei compiti principali dell’esegesi è quello di facilitare

questa identificazione.

L’analisi narrativa

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L'analisi semiotica

L'analisi semiotica dapprima chiamata col termine

generico di “strutturalismo”, può vantare come antenato il linguista svizzero Ferdinand de Saussure che, all’inizio di questo secolo, ha elaborato la teoria secondo la quale ogni lingua è un sistema di relazioni che obbedisce a regole determinate. Il testo è visto come rete di

relazioni, a partire dalla quale si costruisce il

significato del testo, indipendentemente dagli autori, i destinatari, ecc.

Il testo poi viene analizzato a diversi livelli: della

narrazione, del discorso con le sue figure, della logica significante. Questo metodo concentra l'attenzione sul fatto che ogni testo biblico è un tutto coerente,

considera il testo biblico finale, quello ispirato.

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Per concludere sinteticamente:

Il metodo storico – critico (diacronico) rivolge prevalentemente la sua attenzione al mondo e all'intenzione dell'autore del testo, considerato come documento informativo sul passato.

I metodi sincronici privilegiano il mondo e l'intenzione del testo scritto, nella sua unità di forma e di contenuto. Il testo non è solo visto come documento informativo, ma è esso stesso evento di comunicazione dell'esperienza che ne fa il lettore. Ci si accosta al testo come opera letteraria, poetica, con un certo disinteresse per la storia.

Alcuni approcci privilegiano e talora assolutizzano il mondo e l'intenzione del lettore. Per cogliere la verità di un testo ci si rifà alla storia degli

effetti che il testo ha provocato nel corso della storia.

Una teoria del testo dovrebbe tenere conto di tutti gli elementi del testo in quanto evento di comunicazione, come mettono in risalto gli studiosi del linguaggio e della comunicazione, e per di più evento di comunicazione speciale, cioè salvifica, in cui è coinvolto Dio stesso. Ma,

contemporaneamente deve essere attenta a ciò che il testo dice a noi e agli uomini di tutti i tempi, grazie anche alla storia dei suoi effetti trasmessici dalla tradizione della Chiesa.

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I sensi della Scrittura

Gli studiosi contemporanei parlano di una polisemia (pluralità di

sensi) dei testi biblici. Ne erano consapevoli i Padri della Chiesa e gli autori medievali. In tempi recenti si è parlato, oltre che del senso

letterale, anche del senso spirituale, del senso tipologico e del senso pieno delle Scritture. La IBC si attiene alla fondamentale distinzione fra senso letterale e senso spirituale, e fa rientrare in quest'ultimo tutti gli altri sensi.

Il senso letterale quello espresso direttamente dagli autori umani ispirati, e quindi è anche il senso voluto da Dio.

Il senso letterale non va però confuso col senso letteralistico, sul quale si basano i fondamentalisti.

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L’ampia gamma di ricerche sulla Bibbia, l'uso di metodi e di approcci differenti, il ricorso alla critica filosofica e storica, alla

linguistica, ermeneutica, alle scienze del testo ecc., non sono fine a sé stesse. Il fine consiste nel trasmettere in modo fedele e attuale il contenuto delle Scritture affinché diventino alimento della fede, della speranza e della carità dei credenti.

La IBC afferma senza alcuna esitazione che, unita alla Tradizione vivente, "la Bibbia è lo strumento privilegiato di cui Dio si serve per guidare, anche ora, la costruzione e la crescita della Chiesa in

quanto popolo di Dio".

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La verità profonda della Scrittura non si può scoprire che al di là di ciò che è scritto, al livello del mistero e della fede, e non può essere imprigionata. Nel testo - afferma P. Ricoeur - c'è sempre un

surplus di senso, se è vero, come dice Gesù nel Vangelo di

Giovanni, che le parole che io vi ho detto sono spirito e vita (Gv 6,63).

La legge dell'incarnazione ci obbliga però a passare attraverso la via stretta del testo dal momento che per parlare agli uomini e alle donne... Dio ha sfruttato tutte le possibilità del linguaggio umano, ma nello stesso tempo ha dovuto sottomettere la sua Parola a tutti i condizionamenti di questo linguaggio". Il perché ultimo di questa scelta di Dio venne espresso in modo incisivo da Sant'Agostino: "Dio parla in modo umano per mezzo dell'uomo perché è parlando così che ci cerca" (De Civ. Dei 17,6,2).

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