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Comune di Viggianello Smistamento: AREA_DIRIGENZIALE Prt.G.0007530/2021 - U - 08/06/2021 16:07:15

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Comune di Viggianello

Smistamento: AREA_DIRIGENZIALE Prt.G.0007530/2021 - U - 08/06/2021 16:07:15

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Valutazione di Incidenza...pag. 1 di 16

SOMMARIO

1.

PREMESSA...3

2.

INQUADRAMENTO DELL’OPERA O DELL’INTERVENTO NEGLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE E DI PIANIFICAZIONE VIGENTI. . .4

a)

MONTAGNA DI BASSO – CHIESA E AREA DI SOSTA...4

b)

GALLIZZI – MUSEO DEL FOLKLORE E DELLA TRADIZIONE MURO DI SOSTEGNO………...4

c)

ANZOLECONTE – LAGHETTO E PERCORSO PANORAMICO...4

d)

PANTANA – EX EDIFICIO SCOLASTICO E STRADA DI ACCESSO AL CONVENTO DI S. ANTONIO……….5

e)

CENTRO STORICO – MUSEO COMUNALE...5

f)

TORNO – PIAZZETTA E PARCO GIOCHI...5

g)

PRASTIO...6

h)

ZARAFA...6

2.1.CARATTERI CLIMATICI……….6

2.2.GEOLOGIA E PEDOLOGIA………...8

2.3.LA VEGETAZIONE FORESTALE…..………...13

3.

NORMATIVA AMBIENTALE DI RIFERIMENTO VIGENTE...25

4.

DESCRIZIONE DELLE CARATTERISTICHE DEL PROGETTO CON RIFERIMENTO, IN PARTICOLARE………...26

4.1. ALLE TIPOLOGIE DELLE AZIONI E/O OPERE………...26

a)

MONTAGNA DI BASSO – CHIESA E AREA DI SOSTA………..26

b)

GALLIZZI – MUSEO DEL FOLKLORE E DELLA TRADIZIONE MURO DI SOSTEGNO………..26

c)

ANZOLECONTE – LAGHETTO E PERCORSO PANORAMICO……...26

d)

PANTANA – EX EDIFICIO SCOLASTICO E STRADA DI ACCESSO AL CONVENTO DI S. ANTONIO………..27

e)

CENTRO STORICO – MUSEO COMUNALE...27

f)

TORNO – PIAZZETTA E PARCO GIOCHI...28

g)

PRASTIO...28

h)

ZARAFA...28

4.2.ALLE DIMENSIONI E/O AMBITO DI RIFERIMENTO...28

a)

MONTAGNA DI BASSO – CHIESA E AREA DI SOSTA...28

b)

GALLIZZI – MUSEO DEL FOLKLORE E DELLA TRADIZIONE MURO DI SOSTEGNO……….29

c)

ANZOLECONTE – LAGHETTO E PERCORSO PANORAMICO...29

d)

PANTANA – EX EDIFICIO SCOLASTICO E STRADA DI ACCESSO AL CONVENTO DI S. ANTONIO……….. …..29

e)

CENTRO STORICO – MUSEO COMUNALE...29

f)

TORNO – PIAZZETTA E PARCO GIOCHI...30

g)

PRASTIO...30

(3)

h)

ZARAFA...30

4.3.ALLA COMPLEMENTARIETÀ CON ALTRI PIANI E/O PROGETTI...30

4.3.1 ALL'USO DELLE RISORSE NATURALI...31

4.4. ALLA PRODUZIONE DI RIFIUTI...31

4.5.ALL'INQUINAMENTO ED AI DISTURBI AMBIENTALI...31

4.6. AL RISCHIO DI INCIDENTI PER QUANTO RIGUARDA LE SOSTANZE E LE TECNOLOGIE UTILIZZATE………...31

5.

AREA VASTA DI INFLUENZA DEL PROGETTO - DESCRIZIONE DELLE INTERFERENZE DEL PROGETTO SUL SISTEMA AMBIENTALE CONSIDERANDO...32

5.1.LE COMPONENTI ABIOTICHE...32

5.2.LE COMPONENTI BIOTICHE...32

5.3.LE CONNESSIONI ECOLOGICHE...32

6.

DATI ED INFORMAZIONI DI CARATTERE AMBIENTALE,

TERRITORIALE E TECNICO, IN BASE AI QUALI SONO STATI

INDIVIDUATI E VALUTATI I POSSIBILI EFFETTI CHE IL PROGETTO PUÒ

AVERE SULL’AMBIENTE E LE MISURE CHE SI INTENDONO ADOTTARE

PER OTTIMIZZARNE L’INSERIMENTO NELL’AMBIENTE E NEL

TERRITORIO CIRCOSTANTE, CON RI- FERIMENTO ALLE SOLUZIONI

ALTERNATIVE TECNOLOGICHE E LOCA- LIZZATIVE CONSIDERATE ED

ALLA SCELTA COMPIUTA...33

(4)

1. PREMESSA

Il progetto è costituito da una serie di interventi differenti tra loro, poiché per alcuni non saranno variate le caratteristiche morfologiche dei siti, trattandosi di lavori all'in- terno di strutture esistenti, o di mere sistemazioni degli ambiti di pertinenza, per ren- derli più funzionali e decorosi; tuttavia ciascun punto della Valutazione di Incidenza farà riferimento ad ogni singola sub-unità progettuale, di seguito elencate:

a)

MONTAGNA DI BASSO – CHIESA E AREA DI SOSTA

b)

GALLIZZI – MUSEO DEL FOLKLORE E DELLA

TRADIZIONE MURO DI SOSTEGNO

c)

ANZOLECONTE – LAGHETTO E PERCORSO PANORAMICO

d)

PANTANA – EX EDIFICIO SCOLASTICO E STRADA DI

ACCESSO AL CONVENTO DI S. ANTONIO

e)

CENTRO STORICO – MUSEO COMUNALE

f)

TORNO – PIAZZETTA E PARCO GIOCHI

g)

PRASTIO

h)

ZARAFA

La presente relazione è stata predisposta secondo i dettami della Deliberazione

della Giunta della Regione Basilicata n. 2454 del 22/12/2003 con cui la Regione

ha emesso gli "Indirizzi applicativi in materia di valutazione d'incidenza" in

ottemperanza al D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 "Regolamento recante attuazione

della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e

seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatica".

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2. INQUADRAMENTO DELL’OPERA O DELL’INTERVENTO NEGLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE E DI PIANIFICAZIONE VIGENTI

Per la descrizione dei singoli interventi si rimanda alla Relazione Descrittiva e agli elaborati grafici del Progetto Definitivo;

a)

MONTAGNA DI BASSO – CHIESA E AREA DI SOSTA

Nella Tav. e-A.3 del Progetto Definitivo si riporta l'ubicazione e la zonizzazione in cui ricade l'intervento: zona B - Boschi di case - (BC) con riferimento al P.T.C.

vigente e Zona 2 (Riserva Generale: di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con limitato grado di antropizzazione) rispetto all'attuale perimetrazione del Parco Na- zionale del Pollino. La Chiesa della Madonna dell'Alto, è sottoposta a vincolo diretto della Soprintendenza per i Beni Architettonici.

b)

GALLIZZI – MUSEO DEL FOLKLORE E DELLA TRADIZIONE MURO DI SOSTEGNO

Sono previsti nella frazione Gallizzi i lavori di trasformazione dell'edificio della ex scuola elementare che sarà adibito a museo; sarà interessato esclusivamente l'interno del fabbricato; è poi stato progettato il completamento di un muro di sostegno (con ri- ferimento alla Tav. e-B.6 del Progetto Definitivo); l'area ricade in zona “C3” Paesaggi di rilevante interesse (RI) del P.T.C. vigente e in Zona 2 (Riserva Generale: di rilevan- te interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con limitato grado di antropizzazio- ne) rispetto all'attuale perimetrazione del Parco Nazionale del Pollino.

c)

ANZOLECONTE – LAGHETTO E PERCORSO PANORAMICO

Si tratta del lavoro più cospicuo dell'intero progetto delle Infrastrutture Turistiche; l'in- quadramento territoriale è riportato nella Tav. e-C.0, le zone interessate sono la Zona C4 Zona di sevizio al parco (SP) dove arriva il sentiero e Zona B (Boschi di casa) BC dove sarà ubicato il laghetto con riferimento al P.T.C. vigente e la Zona 2. (Riserva

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Generale: di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con limitato gra- do di antropizzazione) rispetto all'attuale perimetrazione del Parco Nazionale del Polli- no.

d)

PANTANA – EX EDIFICIO SCOLASTICO E STRADA DI ACCESSO AL CONVENTO DI S. ANTONIO

L'ex edificio scolastico della frazione Pantana sarà adibito a struttura ristorativa; l'in- tervento ricade all'interno dell'area di pertinenza del fabbricato e sarà rivolto alla strut- tura e al cortile. Non vi saranno incrementi volumetrici ma solo piccole variazioni estetiche, con la leggera modifica dei prospetti; nel cortile sarà razionalizzato l'accesso sia dal punto di vista funzionale che estetico.

La strada che porta al Convento di S. Antonio sarà pavimentata per migliorare il decor- o e l'accessibilità al monumento. Dalla Tav. e-D.0 si evince che la strada ricade nella zona Zona C1 - Rispetto Monumentale (RM) con riferimento al P.T.C. vigente e Zona 2. (Riserva Generale: di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con limitato grado di antropizzazione) rispetto all'attuale perimetrazione del Parco Nazio- nale del Pollino.

e)

CENTRO STORICO – MUSEO COMUNALE

I lavori edili sono limitati al solo rifacimento del manto di copertura, dei canali di gronda e delle pluviali. Il resto dell'intervento riguarda l'allestimento del Museo Co- munale “Ferdinando Santoro”.

f)

TORNO – PIAZZETTA E PARCO GIOCHI

Dalla Tav. e - F.0) si evince che il progetto della piazzetta e del parco giochi interessa la zona “C3” Paesaggi di rilevante interesse (RI) con riferimento al P.T.C. vigente e Zona 2. (Riserva Generale: di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e cultura- le con limitato grado di antropizzazione) rispetto all'attuale perimetrazione del Parco Nazionale del Pollino.

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g)

PRASTIO

Con riferimento alla Tav. e-G.0 si evince che i lavori di sistemazione dell'area antistante la chiesa di San Pasquale ricadono nella zona “C4” Area S – Zona di Servizio al Parco (SP) con riferimento al P.T.C. vigente e nella Zona 2 (Riserva Ge- nerale: di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con limitato grado di antropizzazione) rispetto all'attuale perimetrazione del Parco Nazionale del Pollino..

h) ZARAFA

Con riferimento alla Tav. e-H.1 il progetto interessa la zona “C3” Paesaggi di rilevante interesse (RI) del P.T.C. vigente e la Zona 2 (Riserva Generale: di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con limitato grado di antropizzazione) rispetto all'attuale perimetrazione del Parco Nazionale del Pollino.

2.1 – CARATTERI CLIMATICI

La tormentata e possente orografia e i notevoli contrasti morfologici, sono determinanti nel conferire al clima del territorio di Viggianello ai piedi del massiccio del Pollino una peculiar individualità nell’ambito del meridione d’Italia ed a concorrere alla formazione di più ambienti differenti fra loro. Il massiccio del Pollino saldandosi ad ovest con la Catena Costiera Calabrese costituisce una barriera bene organizzata nei confronti delle perturbazioni atlantiche provenienti da nord-est che, nella stagione invernale in assenza dell’anticiclone delle Azzorre, si susseguono con notevole frequenza. Il regime dei venti è molto vario. Si ha comunque una maggiore frequenza dei venti occidentali. Si tratta di venti molto ricchi di umidità che apportano precipitazioni di notevole intensità. Il clima, considerato in tutti i suoi componenti (termometria, udometria, venti, ecc.), esercita sulla 6copertura vegetale un'azione che produce la modifica della vegetazione stessa, per adattarsi a quella determinata situazione ambientale. Nel territorio i esame, è riscontrabile la caratteristica alternanza climatica delle regioni mediterranee, esistenza di due stagioni ben definite: estate calda ed arida ed inverno mite e piovoso, stagioni intermedie ridotte a brevi periodi di transizione con elevata luminosità. Per l’area in

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esame sono stati presi in considerazione i valori di pioggia e temperatura elaborati per la vicina stazione termopluviometrica di Lagonegro, su un periodo di 56 anni per le piogge e 21 per le temperature; a parte le precipitazioni elevate, concentrate in autunno inverno, e la temperature media di 13.2°C, si evincono alcuni indici bioclimatici normalmente utilizzati in campo ecologico e per la individuazione della produttività stazionale:

Altro fattore di particolare interesse nella zona è il vento; infatti, molte piogge utili alla vegetazione sono spesso fatte evaporare dai venti, prima che abbiano raggiunto le radici delle piante. Da notizie raccolte sul posto si può dedurre che:

• nell’intero anno predominano i venti del III quadrante;

• la stagione più ventosa è l’inverno, seguita dall’autunno, dalla primavera e dall’estate;

• i giorni di calma sono maggiori in estate, quindi in primavera, in autunno ed in inverno.

Dal punto di vista idrogeologico, il territorio comunale di Viggianello, per la natura delle strutture idrogeologiche sottostanti, è uno tra i territori della Regione Basilicata più ricchi per quanto riguarda le risorse idriche, basti pensare per esempio alle importanti Sorgenti del Mercure.

Il territorio si presenta con una innumerevole maglia di punti dove i sistemi acquiferi presenti, ricaricati dalle idrometeore dei lunghi e piovosi periodi autunnali e altrettanto nevosi inverni, originano sorgenti un tempo indispensabili per la vita delle popolazioni rurali di montagna, ma che oggi paesaggisticamente risultano altrettanto importanti, attirando nel territorio un buon flusso turistico estivo.

Per ciò che concerne i caratteri termo-pluviometrici del comprensorio, possiamo affermare che ci troviamo in un clima tipicamente mediterraneo, caratterizzato da abbondanti precipitazioni autunnoinvernali e con un periodo di siccità estiva a cavallo tra i mesi di luglio ed agosto. La zona in questione ricade tra la fascia del Castanetum sottozona fredda di tipo 1 e la fascia del Fagetum sottozona calda (classificazione del PAVARI).

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2.2 – GEOLOGIA E PEDOLOGIA

Il territorio del comune di Viggianello è testimone della complessità e della storia geologica dell’area del Pollino, con una successione di falde sovrapposte e con movimenti tettonici di varia intensità. Esso ricade al confine Calabro-Lucano in una zona che riveste un particolare interesse nella geologia dell’Italia meridionale, rappresentando la complessa fascia di raccordo tra i domini strutturali dell’Appennino Calcareo e le coltri cristallino- metamorfico-sedimentarie dell’Arco Calabro-Peloritano.

In questo contesto la catena del Pollino si configura come una delle maggiori strutture geologiche, costituendo, nell’accezione classica una estesa monoclinale, con direzione media WNW-ESE ed immersione generale a NE, di carbonati mesozoico-terziari di piattaforma (“Complesso Panormide” di OGNIBEN,1969, corrispondente all’Unità Alburno-Cervati di D’ARGENIO et al,1973), derivanti dalla deformazione della piattaforma campano-lucana (D’ARGENIO et alii,1973) o piattaforma appenninica (MOSTARDINI & MERLINI, 1986).

Le formazioni che compongono l’Unità Alburno-Cervati sono rappresentate in generale da un complesso calcareo-dolomitico di età compresa tra il Trias superiore ed il Cretacico superiore, a cui segue la trasgressiva e concordante Formazione di Cerchiara (SELLI.1957), costituita in prevalenza da calcareniti in facies neritica del Miocene inferiore.

La successione è chiusa in concordanza dalla formazione del Bifurto (SELLI,1957), data da un’alternanza di argilliti, calcari marnosi, calcareniti, brecciole a microforaminiferi rimaneggiati e quarzareniti del Miocene medio.

Questi sedimenti terrigeni affiorano immediatamente a nord della dorsale carbonatica, a

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nord di questa sono presenti soprattutto terreni appartenenti al Complesso Liguride.

L’insieme dei terreni liguridi costituisce l’elemento tettonico geometricamente più elevato della regione, riposando di norma sui termini carbonatici di piattaforma.

A sud della linea del Pollino auct., affiora l’Unità di Verbicaro, in settori contigui affiora l’Unità di S. Donato. Le caratteristiche geologico-strutturali delle unità che affiorano nell’Appennino Calabro-Lucano costituiscono uno degli elementi che permettono di ricostruire le principali tappe evolutive di questo orogene.

In particolare le unità ofiolitifere forniscono informazioni sui processi d’accrezione sviluppatisi, tra il Cretaceo superiore-Eocene e l’Oligocene superiore in seguito alla chiusura dell’oceano tetideo.

I successivi eventi deformativi, definiti da strutture a pieghe e sovrascorrimenti a vergenza apula, sarebbero avvenuti in regime di collisione continentale tra il Miocene medio ed il Pleistocene inferiore.

Le strutture trascorrenti si sarebbero attivate nel Pleistocene medio durante l’ultima fase di collisione, seguita dai processi estensionali ancora attivi.

Le principali unità affioranti nell’area del parco del Pollino sono le Unità Carbonatiche, che sono rappresentate da calcari, calcari dolomitici e dolomie ben stratificati passanti verso l’alto a calcilutiti contenenti intercalazioni di calcari oolitici. Questa sequenza costituisce l’ossatura di M.te Alpi ed il crinale del massiccio del Pollino, con le sue principali vette maggiori e minori.

Il mesozoico è rappresentato da una sequenza di calcilutiti e calcareniti organogene compatte contenenti intercalazioni di calcari dolomitici grigiastri e di calciruditi a rudiste.

Questa sequenza affiora nelle monoclinali di Viggianello di Serra dell’Abete e T.pa del Demonio, e nei territori limitrofi nelle località Madonna del Pollino, Serra di Crispo, T.pa Zucchetto, La Falconara, T.pa di S.Lorenzo, T.pa di Cassano, Pietra S.Angelo, M.te Sellaro e Sul versante occidentale del M.te Sellaro i sedimenti cretacei sono attraversati da un diatrema di rocce basiche di colore rosso vinaccia.

I calcari cretacei passano talora in continuità ad una sequenza spessa fino a 50 m, di biocalcareniti grigio-chiare, calcilutiti e subordinatamente calciruditi e marne verdastre, denominata Formazione di Trentinara (SELLI,1962). Questa successione, affiora in lembi a causa dell’erosione.

I sedimenti carbonatici mesozoico-terziari sono ricoperti in discordanza dai terreni della trasgressione miocenica (SELLI,1957), i quali sono rappresentati, nell’area di M.te Alpi e del Pollino, da sequenze che differiscono per la loro attribuzione stratigrafica. In quest’area del Pollino i depositi trasgressivi miocenici sono rappresentati dalla Formazione di Cerchiara (SELLI,1962), la quale è costituita da

marne siltose di colore rosso vinaccia o giallastro (presenti solo a Cerchiara di Calabria) a cui seguono calcareniti organogene grigiastre a granulometria da media a grossolana.

In discordanza sui depositi carbonatici burdigaliani e più raramente anche sui termini cretacei poggiano i sedimenti terrigeni della Formazione del Bifurto (SELLI,1957). Questi sono costituiti da argille siltose-marnose ocracee o grigio avana e marne giallastre e rosso vinaccia contenenti intercalazioni di calcari marnosi, calcisiltiti, calcareniti, brecciole

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gradate a microforaminiferi, di colore grigio-bruno.

Il Complesso Liguride, nella zona di Viggianello, presenta terreni appartenenti che possono essere divisi in tre gruppi:

il primo gruppo, in posizione geometricamente basale, è costituito da unità ofiolitifere non metamorfiche denominate come unità del Flysch calabro-lucano (MONACO et al,1991);

il secondo gruppo comprende i terreni ofiolitiferi metamorfici dell’Unità del Frido (AMODIOMORELLI et al.,1976);

il terzo gruppo è rappresentato dalle successioni torbiditiche sinorogeniche della Formazione del Saraceno, della Formazione di Albidona e dall’alternanza argilloso- marnoso-arenacea d’età supramiocenica.

- Unità del Flysch calabro-lucano, s’intende una successione non metamorfica, contenente blocchi inglobati tettonicamente.

- Unità del Frido, questa unità è costituita da una successione di metamorfiti polideformate contenenti blocchi di dimensione variabile di rocce ofiolitiche e di rocce di derivazione continentali.

Al di sopra dell’unità del Flysch calabro-lucano e talora dell’unità del Frido si ritrovano in discordanza le successioni torbiditiche della formazione del Saraceno (SELLI,1962) e della formazione di Albidona (SELLI, 1962; OGNIBEN,1969) ed una sequenza prevalentemente argilloso-marnoso-arenacea affiorante lungo il fondovalle del fiume Sinni (VEZZANI,1966).

Sulle unità precedentemente descritte giacciono direttamente in discordanza i depositi terrigeni pliopleistocenici affioranti nel Bacino di S.Arcangelo a NW (Conglomerati di Castronuovo) e nella porzione più settentrionale del Bacino del Crati a SE (Ghiaie di Lauropoli).

Alla complessità geologica si è sovrapposto un modellamento dovuto principalmente all’azione delle acque e dei ghiacciai. Il territorio è quindi caratterizzato da una accentuata fragilità dovuta da un lato alla sua complessa struttura e dall’altro alle caratteristiche estremamente differenziate delle litologie

che lo compongono. A fronte di questa fragilità, che impone azioni specifiche, sono presenti numerose testimonianze del travaglio geologico e morfodinamico che hanno portato alla configurazione attuale.

Nell’ambito del territorio complessivo di pertinenza del comune di Viggianello, le aree di particolare virulenza sotto il profilo della stabilità sono risultate quelle costituite da formazioni flyscioidi e dale Formazioni del Frido e delle Crete Nere, ove la componente mineralogica, molto ricca in minerali smectitici, e le caratteristiche geotecniche e geomeccaniche molto ridotte, favoriscono la mobilitazione di massa: loc. Serre di Viggianello, Timpa del Demonio, Pietra della Serra.

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2.3 – LA VEGETAZIONE FORESTALE

La presenza dell'uomo ha determinato profondi cambiamenti nella tipologia delle coperture vegetali dei boschi di Viggianello. Nei boschi di latifoglie decidue prevale la struttura a fustaia, ma sono frequenti anche boschi cedui, per lo più invecchiati. Attraverso estesi disboscamenti sono state poi notevolmente incrementate le superfici a pascolo; le aree a vegetazione erbacea e arbustiva rappresentano infatti la fonte alimentare principale per l'allevamento ovicaprino, molto diffuso in questa provincia pedologica. Nelle aree meno acclivi si ritrova un soprassuolo costituito da fustaia irregolare adulta e matura a densità rada, con presenza sporadica di individui stramaturi, su piano intermedio a perticaia e piano inferiore a prerinnovazione o spessina (in alcuni tratti in sostituzione della spessina si addensa un piano intermedio a perticaia). Presenza di rinnovazione naturale allo stadio di novellame con diffusione a nuclei. Soprassuolo poco sviluppato e presenza di chiarìe in corrispondenza del displuvio che interessa la porzione alta e media della particella, dove si segnalano di individui di origine agamica di Fagus sylvatica, Ostrya carpinifolia, Acer obtusatum, Fraxinu ornus, Laburnum alpinum, Sorbus aria e nel piano arbustivo di Crataegus monogyna, Rubus sp, e Rosa canina. Strato basso-arbustivo è invece formato da Vitalba, Rubus, Sorbo degli uccellatori, Tiglio nostrano, tutte specie rappresentate su meno di un terzo della superficie.

La faggeta di questo territorio è tipica della montagna calcarea, con suoli ad elevata pietrosità affiorante e balzi rocciosi, che nei versanti più freschi ed umidi si popolano di numerosi muschi e felci, quali Phyllitis scolopendrium e Polypodium vulgaris.

La Fauna

Gli antichi abitanti della Grotta del Romito ci ricordano, con il graffito, la presenza del Bue selvatico o Uro 12.000 anni fa; viaggiatori nel Pollino del XXI e dei primi del XX secolo descrivono cacce al Cervo (reintrodotto nel 2003) e all'Orso, e addirittura citano la presenza della Lince. I toponimi Timpa dell'Orso, Orsomarso, Monte Cerviero sembrano confermare ciò che narrano tali autori, così come il dipinto della visione della Madonna delle Armi, a Cerchiara di Calabria, raffigurante anche due cacciatori e un cervo.

Una piccola indagine faunistica dell’area da assestare è stata condotta attraverso una minuziosa e dettagliata ricerca bibliografica che ha portato all’individuazione e valutazione di un certo numero di articoli; le informazioni così ottenute sono state valutate criticamente e sintetizzate nella allegata check-list, dall’analisi della quale si evince la notevole diversità dei popolamenti dell’area con molte specie “pregiate” che ne giustificano la necessità di imporre il vincolo di protezione, e di effettuare una corretta ed attiva gestione. La fauna riscontrabile nel territorio in esame rappresenta oggi il residuo di popolamenti assai più ricchi, sia come numero di specie, sia come quantità di individui, esistenti in tempi non molto remoti. La selezione operata dall’uomo si è venuta ad esercitare sia come alterazione degli ambienti originari (disboscamento, messa a coltura, bonifica, pascolo intensivo, rete viaria, inquinamento, ecc.), sia come diretto impatto delle specie considerate selvaggina di pregio o quelle competitive della caccia. Da un punto di vista biologico si può dire che si ha un’informazione relativamente scarsa sui diversi gruppi zoologici quali artropodi e

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piccoli vertebrati, nonché sulla struttura delle comunità dell’Appennino lucano. È necessario, quindi, sottolineare che questo patrimonio faunistico estremamente sensibile alle azioni antropiche e alla qualità dell’ambiente, richiede una maggiore tutela, anche con l’applicazione del Piano di Assestamento dei boschi di Viggianello.

- Mammiferi

Sono i mammiferi, però, a rappresentare il taxon del biotopo che necessita di maggiori studi circa la distribuzione, preferenza di habitat, nicchia trofica, struttura e dinamica delle popolazioni delle specie di piccole dimensioni come i roditori. Queste specie, infatti, entrano nella catena trofica a vari livelli e costituiscono il pabulum per i predatori, rapaci e carnivori di maggiori dimensioni. Le comunità di mammiferi terrestri riscontrate all’interno dei complessi boscati in esame sono rappresentate da:

cinghiali, volpi, tasso, lupi. Il Capriolo appenninico (Capreolus capreolus) sopravvive nella parte calabra del Parco con circa 40 di esemplari. Rappresenta insieme a quelli del Gargano e di Castelporziano (Roma) I sopravvissuti della sottospecie "Italica", vale a dire di quella popolazione esistente nell'Italia peninsulare prima della massiccia estinzione provocata dall'antropizzazione umana e sostituita poi dai ripopolamenti con caprioli del nord Europa. In alcuni fiumi del Parco sopravvive una delle ultime sottopopolazioni di Lontra (Lutra lutra) presenti nella nostra penisola, della famiglia dei Mustelidi, che comprende anche Donnola, Faina, Tasso e Martora: tutte specie presenti nei boschi e nelle campagne del Parco a seconda delle loro esigenze ambientali. La presenza della Lontra è un fatto eccezionale: essa è saldamente legata agli ambienti fluviali puliti, nutrendosi soprattutto di pesci, gamberi di fiume, ed altri organismi acquatici. L'inquinamento delle acque, il bracconaggio per la pregiata pelliccia, e la pesca con uso di veleni ne hanno ridotto di molto l'aerare in Italia; essa ha un ruolo rilevante ai fini della conservazione della specie nell’area dai bacini del F. Sinni, F. Serrapotamo, F. Frido, F. Peschiera, F. Mercure, F. Lao, F. S. No-caio, F. Battendiero, F. Argentino, F. Abatemarco, 13 F. Rosa, F. Esaro, F. Occido, F. Cogliandrino, F. Raganello, F. Sammarella, Fosso Schettino, Fosso Paraturo, nei quali la presenza della lontra è documentata fino ad oggi. Tra i predatori il più importante è sicuramente il Lupo (Canis lupus italicus), per anni braccato dall'uomo, attualmente è una specie protetta. Le aree più selvagge del Parco hanno rappresentato un importante rifugio per questa specie, sopravvissuto alla mancanza di cibo, costituito prevalentemente da cervi e caprioli, approfittando di discariche e rubando ai pastori agnelli e capretti. Altri Predatori sono il rarissimo Gatto selvatico (Felis catus) e la comunissima Volpe (Vulpes vulpes), ladra di galline per necessità data la scarsità delle sue prede naturali. Notevolmente aumentata è la presenza di Cinghiali (Sus scrofa), per le reintroduzioni effettuate dalle associazioni venatorie con esemplari da allevamento, prima della chiusura della caccia.

Tra i piccoli mammiferi ricordiamo il nerissimo Scoiattolo meridionale (Sciurus meridionalis), e il Driomio (Dryomys nitedula) piccolo roditore che si pensava assente sul Pollino fino a qualche anno fa, l'assonnato Ghiro (Glis glis) e gli spinosissimi Riccio (Erinaceus europaeus) e Istrice (Hystrix cristata).

Per poter studiare i mammiferi è necessario ricorrere non solo ai metodi diretti di

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osservazione, ma anche a metodi che presuppongono la conoscenza dei segni e delle tracce della loro presenza. E’ noto infatti che i mammiferi hanno un comportamento tipicamente notturno e sono molto restii a mostrarsi, diretta conseguenza delle attività predatorie dell’uomo che hanno accentuato la timidezza in questi animali, ma soprattutto a causa delle loro abitudini terricole che non prevedono il volo quale rapido ed efficace mezzo di fuga. Per l’osservazione dei mammiferi è stata quindi prestata particolare attenzione ad alcuni segni che denotano la loro presenza: tracce di orme su substrati molli, resti della loro attività alimentare, segnali per il marcamento del territorio, modalità di costruzione delle tane ecc.

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- Rettili e Anfibi

Per l’analisi di queste due classi animali ci si è basati essenzialmente sulla bibliografia disponibile e sulle potenzialità che le aree di indagine offrono. Una tale difficoltà e dettata soprattutto dal periodo stagionale in cui i sopralluoghi sono stati effettuati, pertanto non è stato possibile verificare la effettiva presenza di tutte le specie elencate in tabella in quanto molte specie si rendono facilmente visibili solo in particolari periodi dell’anno, durante le migrazioni trofiche o in pieno periodo riproduttivo in cui è più facile udire il canto dei maschi, come nel caso del rospo smeraldino. In generale l’area studiata presenta caratteristiche adatte alla presenza di un discreto numero di specie e la presenza di corsi d’acqua come il fiume Frido ne accrescono il valore faunistico. Tra i rettili più importanti ricordiamo il Cervone, il più grande e innocuo serpente d'Europa, il Colubro di Eusculapio e il Colubro leopardino, quest'ultimo considerato uno dei più bei serpenti del mondo. La Vipera comune o Aspide è l'unico ofide velenoso presente nell'area del Parco. Comunissimi sono il Ramarro e la Lucertola, mentre il Geco è localizzato nei versanti più caldi. Fra i Rettili sembra possibile ancora la presenza della testuggine d’acqua, specie minacciata dalle continue immissioni di testuggini dalle orecchie rosse nelle pozze e nei laghi. Numerose specie appartenenti a questo gruppo: tra gli Urodeli ricordiamo la Salamandrina dagli Occhiali, specie sempre più rara e localizzata nel suo areale, e la Salamandra Pezzata, alle altezze maggiori, lì dove è presente il faggio, mentre tra gli anuri l'Ululone dal Ventre Giallo è sicuramente la specie più interessante.

- Pesci e Crostacei

Nelle limpide acque dei fiumi, con acque ben ossigenate e fondo sassoso-ghiaioso, si ritrovano popolazioni autoctone di Trota fario, altre specie ittiche presenti sono il Cavedano, la Rovella, il Barbo, l'Anguilla, il Cagnetto. Nelle acque lente a fondo melmoso vivono il Cobite comune, la Carpa e la Tinca. Da ricordare, inoltre, la presenza dell'Alborella meridionale, specie autoctona del fiume Sinni.

Tra i pesci introdotti e provenienti dal Nord America si ritrovano la Trota iridea e la Gambusia.

Nei corsi d'acqua del Parco vivono anche due crostacei divenuti ormai rari in Italia: il Gambero di fiume e il Granchio di fiume.

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- Insetti

I prati e le foreste del parco sono arricchite di colori in primavera, oltre che da copiose fioriture, dallo svolazzare di numerose specie di farfalle. Ricordiamo la Sfingide dell'Euforbia con i suoi coloratissimi bruchi, Macaone e la gigantesca Saturnia del Pero.

Tra i coleotteri più interessanti sono da annoverare la rarissima Rosalia alpina e il Buprestide splendente, quest'ultimo considerato il più raro coleottero d'Europa. Intorno ai corsi d'acqua s'involano fantastiche Libellule, predatrici di larve di Zanzara, e nuota il Ditisco, un coleottero acquatico, vorace predatore degli stagni.

- Uccelli

Riprendendo gli studi effettuati in occasione dell’Istituzione del Parco Nazionale del Pollino, si può evidenziare la presenza, tra le specie ornitiche, del Picchio nero, del Tordo, della Cincia bigia, rapaci come la comune Poiana, lo Sparviere e l’Astore. Scarsi, invece, sono i predatori notturni quali l’Allocco e il Gufo comune. Da confermare con ulteriori studi, la presenza del Gufo reale.

Sicuramente gli uccelli più affascinanti sono i Rapaci. Considerate specie protette in tutta Italia, alcune specie risentono molto dei guasti prodotti dall'uomo nel loro ambiente. Tra questi sicuramente gli avvoltoi, di cui ne sopravvive nell'area orientale del Parco la specie più piccola, il Capovaccaio (Nephron percnopterus). Questi uccelli che abitualmente si nutrono di carogne sono scomparsi per l'uso di bocconi avvelenati e per la scomparsa dei grandi erbivori dei quail eliminavano in poco tempo le carogne putrescenti. La località Toppo Vuturo (=Colle dell'avvoltoio), vicino Terranova di Pollino ce ne ricorda la storica presenza. L'Aquila reale (Aquila chrysaëtos) è la più grande specie di rapace nidificante con qualche coppia nelle balze rocciose più impervie, insieme al Falco pellegrino (Falco peregrinus) il più veloce volatore che raggiunge in picchiata I 300 Km/h; infatti è possibile vederli volteggiare a quote elevatissime e piombare sulle prede a terra o in volo. Molto più comuni sono il Gheppio (Falco tinnunculus) e la Poiana (Buteo buteo) che spesso volteggiano sui prati alla ricerca di prede, posandosi a terra, su pietre o alberi. Il Nibbio reale (Milvus milvus) dal volo elegantissimo che si riunisce in gruppi numerosi di oltre 20 individui in località con spazi molto aperti.

Nei boschi più fitti ed estesi volano tra gli alberi inseguendo le prede l'Astore (Accipiter gentilis) e lo Sparviere (Accipiter nisus): essi presentano le ali corte e arrotondate rispetto agli altri rapaci che gli permettono nonostante la loro mole di volare agilmente e velocemente nel fitto della foresta.

Sempre più frequente è possibile incontrare il Falco Pecchiaiolo (Pernis apivorus) mentre si nutre di insetti rincorrendoli sui prati. Tra i rapaci notturni abbondano la Civetta (Athene noctua), l'Allocco (Strix aluco), il Barbagianni (Tyto alba) mentre più rari sono il Gufo comune (Asio otus) e il Gufo reale (Bubo bubo) che rendono più misteriose le foreste del Pollino con i loro lugubri versi durante la notte. Tra i corvidi oltre a Cornacchia grigia (Corvus corone cornix), Taccola (Corvus monedula), Gazza ladra (Pica pica), e la rumorosa Ghiandaia (Garrulus glandarius) il rappresentante più importante è il Corvo imperiale (Corvus corax), facilmente visibile sulle alte cime

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nonostante la sua diffidenza (recentemente sempre più attenuata), completamente nero, dalla grande mole e dal pesante volo. Tra i piciformi oltre al Picchio Verde (Picus viridis) e al Picchio rosso maggiore (Picoides major), il grande Picchio nero (Dryocopus martius) trova nelle foreste più selvagge del Parco una delle poche stazioni di nidificazioni d'Italia: difficilissimo da vedere si distingue dal corvo imperiale per la grande macchia rossa sulla testa. I Picchi in genere più che vederli si possono sentire: emettono un verso caratteristico per ogni specie somigliante ad una fragorosa risata oppure in primavera durante i corteggiamenti tamburellano fortemente sui tronchi con il loro potente becco.

Elencare tutte le specie nidificanti o di passaggio, famiglia per famiglia, sarebbe impossibile.

Vogliamo qui ricordare solo le varie specie di Aironi lungo i fiumi e i laghi, Beccacce e Beccaccini, varie specie di anatre. In montagna tra le rocce la Coturnice (Alectoris graeca) e nelle praterie la Quaglia (Coturnix coturnix), mentre è da anni estinta la Starna (Perdix perdix). Dei piccoli uccelli ricordiamo l'Averla piccola, la Ballerina bianca, varie Cince, Culbianchi, il Fiorrancino, il Pettirosso, il giallissimo Rigogolo, il Merlo e la Tordela e sempre più numerosi i Colombacci.

La fauna, con particolare riguardo a quella ornitica, non può essere ascritta esclusivamente ad un determinato “habitat” o associazione fitosociologica a causa della stessa capacità di movimento che la caratterizza e la differenzia dalle piante. Gli uccelli, infatti, sono costretti a soddisfare giornalmente le loro esigenze energetiche, massimizzando il rapporto tra le calorie da assumere con il cibo e il dispendio energetico necessario per la ricerca e, nel caso dei predatori, per la cattura della preda. Per tale motivo gli animali si vedono costretti ad optare fra le diverse fonti trofiche a secondo della loro effettiva disponibilità, che spesso varia con intervalli giornalieri o stagionali, frequentando habitat diversi. Alla primaria necessità di nutrirsi, inoltre, gli uccelli devono rispondere a quella, altrettanto impellente, di nascondersi e sfuggire alla predazione. Tale necessità li costringe, anche in questo caso, a frequentare ambienti idonei con adeguati siti di rifugio ma, spesso, con caratteristiche differenti da quelli adatti per l’attività trofica. In tal caso gli animali spesso devono effettuare continui spostamenti da un ambiente all’altro. Per questi motivi il territorio o, almeno, l’home range degli animali appare spesso più grande di quanto si possa immaginare e, a volte, addirittura disgiunto.

Se, a quanto sopra accennato, aggiungiamo la notevole capacità di adattamento della quasi totalità delle specie ornitiche e gli spostamenti migratori di molti uccelli, appare chiaro come non sia possibile indicare un unico habitat dalle caratteristiche ben delineate, che ospiti regolarmente e stabilmente, in maniera esclusiva, ogni singola specie animale.

Di conseguenza, risulta difficile delimitare singole associazioni vegetali da tutelare nell’interesse di una o più specie animali.

Ciò premesso, al fine di effettuare comunque un confronto fra le recettività di aree diverse, è possibile raggruppare più associazioni vegetali dalle caratteristiche strutturali simili in considerazione delle esigenze ecologiche della fauna. Pertanto, si possono distinguere, ad esempio, habitat “aperti”, caratterizzati in prevalenza da specie vegetali erbacee, siano esse coltivate o spontanee, oppure habitat più “chiusi”, con specie

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arbustive o arboree, coltivate o naturali.

Al fine di valutare la reale recettività di aree naturali potenzialmente idonee per l’ornitofauna, è necessario, inoltre, considerare anche la dimensione della stessa, nonché la percentuale e distribuzione dei singoli habitat che la compongono. Complessivamente l’area in questione viene ad essere caratterizzata prevalentemente da aree boscate:

principalmente faggio con cerro nella porzione di territorio più bassa e faggio a maggiori altitudini. Meno rappresentate e più distribuite sono le aree aperte, così come quelle a macchia mediterranea. Le coltivazioni arboree sono scarsamente rappresentate. Sebbene solo ora sia possibile effettuare una cartografia comprensibile dell’area, è pur vero che non tutte le tipologie ambientali di uno stesso raggruppamento hanno la stessa valenza per le diverse specie. Infatti queste ospiteranno, dal punto di vista qualitativo, pressappoco le stesse specie, ma, dal punto di vista quantitativo, possono esserci notevoli differenze, sia in termini di dominanza di specie che di biomassa supportata. Per indagare queste eventuali differenze sono stati effettuati dei rilievi sul campo per la determinazione qualitativa e quantitativa dell’avifauna nidificante.

Le aree di studio si collocano in un contesto generale di notevole rilievo conservazionistico, facendo parte della Zona di Protezione Speciale IT9210275

“Massiccio del Pollino-Monte Alpi”, inserita nel Parco Nazionale del Pollino, per il quale è stata confermata la presenza di comunità faunistiche di grande interesse per la conservazione.

L’intero territorio del parco è stato indagato sotto il profilo ornitologico a partire dal 2000, al fine di ottenere dati distributivi che permettessero anche una più oculata gestione del territorio. I dati raccolti nel corso dell’indagine di cui sopra sono stati utilizzati anche in questa sede, al fine di ottenere un quadro conoscitivo quanto più chiaro e circostanziato possibile.

Come base dati generale, di seguito si riportano gli elenchi delle specie di uccelli, mammiferi e anfibi contenute nel formulario standard Rete Natura2000 riguardo la ZPS, secondo l’ultimo aggiornamento del 2017 (http://www.minambiente.it/pagina/schede-e- cartografie):

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Figura 1. Elenco specie inserite nell’allegato 4 della direttiva 147/2009/CEE e nell’all’ II della dir. 43/92/CEE, presenti nella ZPS

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Le conoscenze acquisite negli ultimi anni nel campo dell’ecologia e della biologia della conservazione hanno messo in evidenza come, per la tutela di habitat e specie, sia necessario operare in un’ottica di rete di aree che rappresentino, con popolazioni vitali e superfici adeguate, tutte le specie e gli habitat tipici dell’Europa, con le loro variabilità e diversità geografiche. Inoltre, la costituzione di una rete è finalizzata ad assicurare la continuità degli spostamenti migratori, dei flussi genetici delle varie specie e a garantire la vitalità a lungo termine degli habitat naturali.

A tal proposito, il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha costituito un sistema coordinato e coerente di aree elette alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione stessa denominato “Rete Natura 2000” al fine di individuare, classificare e tutelare una serie di habitat e specie animali e vegetali di particolare pregio naturalistico, sottoposte anche al pericolo di estinzione a causa del sistema delle interrelazioni antropiche - ambientali sul territorio dell’Unione.

Con Rete Natura 2000 si intende quindi costruire un sistema di aree strettamente relazionato dal punto di vista funzionale, anche se non sempre realmente collegate, e non un semplice assemblaggio di siti, attribuendo importanza non solo alle aree ad alta naturalità ma anche ai territori contigui, indispensabili per mettere in relazione aree divenute distanti spazialmente ma vicine per funzionalità ecologica, ed a quelli, che pur degradati, possono tornare a livelli di maggiore complessità.

Rete Natura 2000 è stata istituita ai sensi dell’articolo 3 della Direttiva Habitat per la conservazione della biodiversità a livello europeo. Essa è costituita dalle ZSC (Zone Speciali di Conservazione), designate ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE), e dalle ZPS (Zone di Protezione Speciale), designate ai sensi della Direttiva Uccelli (79/409/CEE). Prima di essere designate come ZSC, tali aree sono proposte alla Commissione Europea dagli Stati Membri come Siti di Interesse Comunitario (SIC), mentre le ZPS vengono designate direttamente dagli Stati Membri.

Adottata nel 1992 e recepita in Italia dal D.P.R. n. 357 del 1997 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonce della flora e della fauna selvatiche”, e successivamente modificata dal D.P.R. n. 120 del 2003, la Direttiva Habitat ha come obiettivo quello di salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio dell’Unione Europea.

La Direttiva individua una lista di habitat (allegato I) e di specie (allegato II) definiti di importanza comunitaria; tra gli habitat, inoltre, essa identifica quelli “prioritari” definiti come i tipi di habitat naturali che rischiano di scomparire nel territorio e per la cui conservazione la Comunità ha una responsabilità particolare a causa dell'importanza della parte della loro area di distribuzione naturale compresa nel territorio (contrassegnati con un asterisco nell’allegato I).

Adottata nel 1979 e recepita in Italia dalla legge 157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, la Direttiva Uccelli 79/409/CEE ha invece come scopo “la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati Membri”. Essa richiede che le

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popolazioni di tutte le specie vengano mantenute o adeguate ad un “livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative”. In particolare, le specie contenute nell’allegato I della Direttiva Uccelli, considerate di importanza primaria, devono essere soggette ad una tutela rigorosa ed i siti più importanti per queste specie vanno tutelati designando le ZPS. Lo stesso strumento va applicato alla protezione delle specie migratrici non menzionate nell’allegato e regolarmente occorrenti in Europa.

Con le due Direttive si supera l’approccio conservazionistico basato solo sulla protezione di single specie minacciate; a questo aspetto si affiancano delle azioni volte alla tutela di tutta la diversità biologica nelle sue componenti genetica, di specie e di ecosistemi.

Allo stato attuale la Rete Natura 2000 è costituita da ZPS, ZSC e SIC. Tali aree possono avere tra loro molteplici relazioni spaziali, dalla coincidenza alla completa separazione territoriale; infatti, non sonoriserve rigidamente protette dove le attività umane sono escluse, ma si intende garantire la protezione della natura tenendo anche "conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali (Art.2)” in una logica di sviluppo sostenibile, petanto soggetti privati possono essere proprietari dei siti Natura 2000, assicurandone una gestione sostenibile sia dal punto di vista ecologico che economico.

La Direttiva Habitat, inoltre, riconosce il valore di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell'uomo e delle sue attività tradizionali ha permesso il mantenimento di un equilibrio tra attività antropiche e natura; alle aree agricole, per esempio, sono legate numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate per la cui sopravvivenza è necessaria la prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l'agricoltura non intensiva. Un altro elemento innovativo è il riconoscimento dell'importanza di alcuni elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione per la flora e la fauna selvatiche (art. 10). Gli Stati Membri sono invitati a mantenere o all'occorrenza sviluppare tali elementi per migliorare la coerenza ecologica della Rete Natura 2000.

La gestione dei siti Natura 2000 è disciplinata dall’articolo 6 della Direttiva Habitat che prevede l’applicazione di adeguate misure di conservazione atte ad evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat delle specie per i quali sono stati designati i siti, nonché la perturbazione delle specie (ove questa abbia conseguenze rilevanti). Tali misure possono essere regolamentari, amministrative o contrattuali e possono implicare piani di gestione specifici o integrati con altri strumenti di pianificazione vigenti. Tutti i piani e progetti non finalizzati alla gestione dei siti e che possono incidere significativamente su habitat e specie devono essere sottoposti, sempre in base all’articolo 6 della Direttiva Habitat ed all’articolo 6 del D.P.R. n. 120/2003, ad opportune valutazione d’incidenza.

In Italia, i SIC e le ZPS coprono complessivamente il 20% circa del territorio nazionale.

Le schede riportate di seguito per la ZPS e per ciascun SIC individuano i seguenti campi:

Tipologia, Regione biogeografia, Provincia, Comuni, Estensione, Range altitudinale, Caratterizzazione habitat, Caratterizzazione specie, Specie di interesse conservazioni

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stico, Elementi di criticità, Misure di conservazione per i singoli habitat, Misure di conservazione per le singole specie (o per gruppi di specie).

Per quanto riguarda le misure di conservazione, il Ministero dell’Ambiente ha stabilito per i singoli Parchi che: “per tutti i piani tuttora in corso di redazione è indispensabile effettuare l’integrazione degli obiettivi generali e specifici di conservazione dei siti Natura 2000 all’interno delle previsioni del Piano per il Parco”. Inoltre, per la definizione delle diverse misure di conservazione riguardanti la ZPS IT9210275, Massiccio del Monte Pollino e Monte Alpi, si è applicato quanto stabilito nella DPGR n.65 del 19 marzo 2008 (BURB 07/04/2008) “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)” (G.U. n. 258 del 6.11.2007). Nella compilazione delle misure di conservazione si è fatto riferimento anche al documento tecnico della LIPU "Manuale per la gestione di ZPS e IBA" commissionato dal Ministero dell'Ambiente. Le misure di conservazione delle ZPS sono quindi state elaborate traendole dal DM ministeriale e adattandole parzialmente a livello locale.

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3.NORMATIVA AMBIENTALE DI RIFERIMENTO VIGENTE

NORMATIVA COMUNITARIA

Direttiva Europea 79/409/CEE del 2.04.1979

Relativa alla conservazione degli uccelli selvatici Pubblicata nella G.U.C.E. del 25.04.1979, n. L 103.

Direttiva Europea 92/43/CEE del 21.05.1992

Relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Pubblicata nella G.U.C.E. del 22.07.1992, n. L 206.

Il sito ricade nell'area protetta ZPS IT9210275

NORMATIVA NAZIONALE

D.P.R. n. 357 del 8.09.1997

Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Suppl.

alla G.U. del 23.10.1997, n. 248.

D.P.R. n. 120 del 12.03.2003

Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relati- va alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Pubblicato nella G.U. del 30.5.2003, n. 124.

NORMATIVA REGIONALE

D.G.R. n. 2454 del 22 dicembre 2003

D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 - Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatica.

INDIRIZZI APPLICATIVI IN MATERIA DI VALUTAZIONE D’INCIDENZA.

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4.DESCRIZIONE DELLE CARATTERISTICHE DEL PROGETTO CON

RIFERIMENTO, IN PARTICOLARE:

4.1 ALLE TIPOLOGIE DELLE AZIONI E/O OPERE

Per la descrizione generale del progetto e puntuale di ciascun intervento si rimanda alla Relazione Descrittiva ed alla tavole descrittive del Progetto Definitivo.

a)

MONTAGNA DI BASSO – CHIESA E AREA DI SOSTA

Sono previsti alcuni lavori di ristrutturazione della copertura fatiscente della chiesa della Madonna dell'Alto; sarà quindi sistemata una piccola zona da destinare a luogo di sosta (parcheggi) per gli autoveicoli, individuata sulla sinistra della strada di accesso alla Cappella e necessaria per impedire la sosta in prossimità della chiesa; non verranno eseguite particolari opere se non un blando livellamento del terreno ed un muretto in pietra di delimitazione con recinzione in legno.

b)

GALLIZZI – MUSEO DEL FOLKLORE E DELLA TRADIZIONE MURO DI SOSTEGNO

Il museo interesserà esclusivamente l'interno dell'ex edificio scolastico, saranno definiti dei percorsi che intendono mostrare al visitatore le manifestazioni folkloristiche e tradizionali della Comunità. Il muro di sostegno è il completamento di un'opera già in parte realizzata, necessario per risolvere una situazione precaria di un terrapieno. L'altezza massima della sezione è pari a 4,0m. L'opera sarà completamente rivestita con lastrame di pietra arenaria feldspatica di “Gorgoglione”.

c)

ANZOLECONTE – LAGHETTO E PERCORSO PANORAMICO

Il progetto si fonde con un altro già in itinere che prevede la costruzione, sullo stesso sito, di una pista ciclopedonale. Il laghetto è stato concepito quindi come il baricentro della pista ciclabile che lo avvolge in una sorta di spirale che culmina nella piazzetta sull'acqua; i due sbarramenti sul Fosso Turbolo diventano quindi i basamenti di due ponti che attraversano il piccolo torrente. La superficie del laghetto sarà di circa 2450m2 e la profondità massima di 2,90m. L'opera presenta due problematiche

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fondamentali: la tenuta dell'invaso e la tutela del bacino dall'accumulo di materiale eroso e veicolato dal corso d'acqua. Per questo motivo occorrono due invasi, quello di monte è necessario per la sedimentazione del materiale; sarà periodicamente svuotato secondo un programma prefissato e descritto nel manuale di manutenzione dell'opera.

Ciascuno dei due bacini dovrà essere opportunamente impermeabilizzato, ma in modo da preservare l'estetica, mostrando complessivamente un aspetto naturale. Dalla zona del laghetto parte un sentiero che porta al belvedere e arricchisce le possibilità per i visitatori che possono raggiungere il punto panoramico superiore, da dove si avrà una notevole vista su tutta la valle del Mercure e sul laghetto in particolare; sarà realizzato con minime opere di regolarizzazione del piano di calpestio e di controllo del ruscellamento delle acque; inoltre una recinzione di pali di legno di castagno lo delimiterà rispetto alle proprietà private.

d)

PANTANA – EX EDIFICIO SCOLASTICO E STRADA DI ACCESSO AL CONVENTO DI S. ANTONIO

Il progetto prevede due interventi: l’ex edificio scolastico in località Pantana, dimesso, sarà recuperato e riqualificato funzionalmente per essere adibito a ristorante tipico, con la sistemazione dell’edificio e dell’area esterna; si tratta di lavori di manutenzione delle parti deteriorate del fabbricato e di costruzione di un portico di accesso, con l'abbattimento delle barriere architettoniche; il cortile sarà pavimentato. Il secondo intervento prevede la sistemazione della strada d'accesso al Convento di S. Antonio mediante la pavimentazione con terra stabilizzata, il collettamento delle acque meteoriche e il rifacimento della recinzione che fiancheggia il lato stradale a valle.

e)

CENTRO STORICO – MUSEO COMUNALE

Il progetto definitivo prevede una serie di lavori di manutenzione della copertura dell'ex edificio scolastico sito in via Roma nel centro storico, che sarà adibito a

“MUSEO DELLA STORIA E DELLE ORIGINI”. I lavori edili sono quelli di manutenzione ordinaria del tetto con la sostituzione delle tegole ormai fatiscenti, previa realizzazione di uno strato inferiore impermeabilizzante e la sostituzione dei canali di gronda e delle pluviali.

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f)

TORNO – PIAZZETTA E PARCO GIOCHI

L’intervento mira alla valorizzazione del borgo attraverso la riproposizione a spazio d’uso collettivo di un luogo che evoca antichi riti e feste tradizionali della civiltà contadina che fungerà da piazza e anfiteatro, e di un parco giochi per i bambini.

I due elementi sono divisi da una stradina esistente; i lavori prevedono due sbancamenti sui terreni prescelti e alcune modeste opere di sostegno; i materiali utilizzati saranno la pietra calcarea locale per rivestire le gradinate e la pietra arenaria di Gorgoglione per le pavimentazioni della piazzetta, della stradina e i rivestimenti delle opere di sostegno.

g)

PRASTIO

Sono previsti dei lavori di sistemazione dell'area circostante la Chiesa di San Pasquale, che sarà espropriata, con la demolizione di un manufatto antistante la cappella e la regolarizzazione del piano per riportare il luogo al suo stato originario.

h) ZARAFA

Sarà acquisita l'area circostante la chiesetta della Madonna del Soccorso; sarà costruito un muretto perimetrale che alloggerà anche una seduta per tutta la lunghezza;

sarà realizzata una recinzione con pali di legno e tutta la superficie sarà pavimentata con pietra arenaria di Gorgoglione.

4.2ALLE DIMENSIONI E/O AMBITO DI RIFERIMENTO

Il progetto interessa più località, come già esposto; solo alcune comporteranno dei mutamenti delle attuali situazioni morfologiche e con differente incidenza; nel dettaglio:

a) MONTAGNA DI BASSO – CHIESA E AREA DI SOSTA

La parte significativa dell'intervento dal punto di vista ambientale consiste nella sistemazione dell'area di sosta, con riferimento alla Tav. e-A-3 del Progetto Definitivo

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allegato, per un'estensione di 1.150 m2. Le rimanenti lavorazioni riguardano il rifacimento della copertura della Cappella della Madonna dell'Alto.

b) GALLIZZI – MUSEO DEL FOLKLORE E DELLA TRADIZIONE MURO DI SOSTEGNO

Come nel caso precedente la parte rilevante dell'azione progettuale è il completamento del muro di sostegno esistente (cfr. Tav. e-B.6 del Progetto Definitivo) con tre differenti sezioni di altezza 2,0 – 3,0 – 4,0 m, per una lunghezza complessiva di 42,0m.

Il museo invece interessa l'interno dei locali della ex Scuola Media.

c) ANZOLECONTE – LAGHETTO E PERCORSO PANORAMICO

Si tratta del più importante lavoro per estensione e localizzazione; si prevede sia la costruzione di un piccolo invaso sul Fosso Turbolo, un modesto torrente che, nonostante l'esigua portata, è un corso d'acqua perenne, sia la costruzione di un sentiero panoramico che dal laghetto raggiunge un belvedere panoramico. Prima dell'immissione nel la- ghetto vero e proprio, che ha un'area in corrispondenza del pelo libero di 2.466m2, il torrente passerà attraverso un primo bacino di sedimentazione (di 300m2 in corrispon- denza della superficie di sfioro) che sarà svuotato stagionalmente, necessario per evita- re che i sedimenti diminuiscano il volume invasato. La dimensione planimetrica del si- stema è di 90,0x70,0m. Il sentiero si sviluppa per una lunghezza complessiva di circa 400,0m partendo da un'Area “di partenza” a valle pari a circa 250m2 per arrivare al belvedere a monte di circa 1.700 m2, come si evince dalle tavole del Progetto Definitivo a partire dalla Tav. e.C-0.

d) PANTANA – EX EDIFICIO SCOLASTICO E STRADA DI ACCESSO AL CONVENTO DI S. ANTONIO

I lavori saranno rivolti sia alla ristrutturazione dell'intero complesso della ex scuola elementare nella frazione Pantana, già menzionato e alla sistemazione della strada di accesso al Convento di S. Antonio, lunga di circa 220,0m, come si evince dalla Tav. e- D-5.

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e) CENTRO STORICO – MUSEO COMUNALE

Con riferimento alla Tav. e-E-1, sarà sostituito il solo manto di copertura e le pluviali dell'edificio ex Scuola Elementare in via Roma nel Centro Storico, il resto delle som- me previste occorreranno per l'allestimento del museo che sarà intitolato a Ferdinando Santoro.

f) TORNO – PIAZZETTA E PARCO GIOCHI

Le due aree predisposte per ospitare la piazzetta ed il parco giochi, con riferimento al- la Tav. e-F-1, le dimensioni planimetriche dell'intervento sono 30,0 x 20,0m per la piazzetta e 30,0 x 15,0m per il parco giochi.

g) PRASTIO

L'area espropriata dove saranno effettuati i lavori occorrenti per dare decoro alla zona antistante la Cappella di San Pasquale è di circa 700m2.

h) ZARAFA

L'area che sarà espropriata e successivamente pavimentata, compresa la zona antistante è di circa 250m2.

4.3ALLA COMPLEMENTARIETÀ CON ALTRI PIANI E/O PROGETTI

L'unica azione progettuale complementare ad un altro progetto in itinere, la Pista Ciclopedonale, è il laghetto il località Anzoleconte. Le due strutture saranno integrate e il laghetto diventerà il baricentro della pista cicla- bile, la piazzetta sull'acqua il punto di arrivo e di sosta. Per questo motivo i due sbarra- menti sono stati concepiti come i basamenti delle due passerelle che offrono due pas- saggi molto suggestivi sull'acqua.

Il progetto della pista ciclopedonale è stato quindi redatto di concerto con gli altri Progettisti incaricati ed integrato pensando ad una soluzione unitaria. I due gruppi di tecnici hanno lavorato in modo sinergico, con continui scambi di elaborati, per tenere

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conto delle esigenze e delle problematiche relative a ciascuno dei due lavori.

4.3.1ALL'USO DELLE RISORSE NATURALI

Le risorse naturali sono le materie prime, i comparti ambientali o risorse diffuse di tipo rinnovabile o non rinnovabile e lo spazio fisico che serve a produrre e salvaguardare le risorse stesse. Il progetto delle Infrastrutture Turistiche è si articola in una serie di subinterventi di modeste entità che rientrano nelle normali opere civili;

cinque di queste azioni progettuali mutano lo stato dei luoghi, ma solo due in modo rilevante, il Laghetto e Percorso Panoramico in località Anzoleconte e la Piazzetta e Parco Giochi a Torno. Dal punto di vista dell'uso delle risorse naturali l'unico intervento importante è il laghetto che porterà all'abbattimento degli alberi che si trovano sulla superficie designata e all'utilizzo dello spazio fisico; ma in realtà la costruzione del laghetto costituisce un nuovo habitat e un novo spazio, che potrà essere usato per diversi scopi di carattere ambientale, quale luogo per l'allevamento di specie autoctone per il ripopolamento dei fiumi o per approvvigionamento idrico in caso di emergenza incendi.

4.3.2ALLA PRODUZIONE DI RIFIUTI

I rifiuti che saranno prodotti sono di tipo civile ed irrilevanti, connessi al mero utilizzo degli spazi da parte degli utenti fruitori.

4.3.3ALL'INQUINAMENTO ED AI DISTURBI AMBIENTALI

Il progetto non produrrà fenomeni rilevanti di inquinamento o disturbi ambientali;

ogni intervento è stato voluto per motivi culturali o per offrire ai cittadini residenti, e non, migliori condizioni per trascorrere il tempo libero.

4.3.4AL RISCHIO DI INCIDENTI PER QUANTO RIGUARDA LE SOSTANZE E LE TECNOLOGIE UTILIZZATE

Ciascuna delle azioni progettuali, anche nella fase di costruzione, non esporrà le persone e l'ambiente a rischi di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate che saranno tutte di tipo fisico, con l'impiego di materiali inerti anche a lungo termine.

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5.AREA VASTA DI INFLUENZA DEL PROGETTO - DESCRIZIONE DELLE INTERFERENZE DEL PROGETTO SUL SISTEMA AMBIENTALE CONSIDERANDO:

5.1LE COMPONENTI ABIOTICHE

Le componenti abiotiche dell'ecosistema comprendono tutti i fattori ambientali e di natura chimico-fisica che lo caratterizzano, come la temperatura, il valore di PH, la concentrazione dei sali minerali, la quantità di luce, l’ossigeno e l’anidride carbonica disponibili, lo spazio e così via. Da questo punto di vista, ogni iniziativa sorgerà in un luogo antropizzato ed avrà estensioni limitate, inoltre per le caratteristiche peculiari si può asserire che non vi saranno ricadute significative e di impatto sulla componente abiotica.

5.2LE COMPONENTI BIOTICHE

Le componenti biotiche di un ecosistema sono costituite dagli organismi che ne rappresentano la comunità. Ciascuna specie, all’interno dell’ecosistema, occupa un determinato habitat, ovvero utilizza alcune delle componenti abiotiche disponibili;

rispetto agli altri organismi; l'elenco delle componenti biotiche di tipo floro-faunistico è riportato nel Formulario Standard della ZPS IT9210275. L'azione progettuale più importante è costituita dal Laghetto e Percorso Panoramico, che muta le condizioni dell'habitat in un piccolo tratto del Fosso Turbolo, ma nel contempo offre una diversa possibilità di insediamento agli organismi che vivono in quella zona.

5.3LE CONNESSIONI ECOLOGICHE

L'unico lavoro rilevante ai fini delle conseguenze sulle connessioni ecologiche è il Laghetto il località Anzoleconte, che potrebbe alterare la continuità del Fosso Turbolo;

ma non essendo segnalati flussi ittici di risalita, gli altri animali quali gli anfibi, che vivono nell'ambito del torrente possono comunque spostarsi al di fuori dell'alveo e trarre ulteriori possibilità dalla presenza dell'invaso.

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6.

DATI ED INFORMAZIONI DI CARATTERE AMBIENTALE, TERRITORIA- LE E TECNICO, IN BASE AI QUALI SONO STATI INDIVIDUATI E VALU- TATI I POSSIBILI EFFETTI CHE IL PROGETTO PUÒ AVERE SULL’AM- BIENTE E LE MISURE CHE SI INTENDONO ADOTTARE PER OTTIMIZ- ZARNE L’INSERIMENTO NELL’AMBIENTE E NEL TERRITORIO CIRCO- STANTE, CON RIFERIMENTO ALLE SOLUZIONI ALTERNATIVE TECNO- LOGICHE E LOCALIZZATIVE CONSIDERATE ED ALLA SCELTA COM- PIUTA.

Nell’ottica di uno sviluppo sostenibile il mantenimento delle risorse naturali rappresenta un importante strumento per perseguire la tutela ambientale all’interno delle aree protette. Tali territori, quasi sempre lontani dai processi depauperanti dello sviluppo industriale, sono chiamati a preservare un ingente capitale faunistico e vegetazionale. Per ciò che concerne le interferenze sulla componente biotica, esaminando le tabelle relative alla descrizione delle specie e alla distribuzione degli areali (Boitani L.et al., 2002, Ministero dell’Ambiente, Direzione per la Conservazione della Natura) si è notato che nessuna delle specie precedentemente elencate risulta subire interferenze seppure temporaneamente, sulle proprie abitudini comportamentali e alimentari.

La proposta progettuale è la fase successiva ed attuativa del Progetto Preliminare che aveva già previsto la localizzazione di tutti gli interventi, sulla base di una serie di valutazioni di ordine generale effettuate dall'Amministrazione. Le ricadute sull'ambiente saranno dell'ordine di quelle provocate dalle normali struttu- re ad uso civile privato per la maggior parete degli interventi. Al solito si segnala nello specifico il solo progetto del Laghetto in località Anzolecon- te; trattandosi di un bacino artificiale sono state adottate alcune misure anche piuttosto dispendiose dal punto di vista economico per ridurne l'impatto estetico ed ambientale; in particolare è stato utilizzato il sistema delle geocelle (Tav. e-C.5 del Progetto De- finitivo) per ricoprire la guaina impermeabilizzante sulle pareti del bacino e migliora- re sia l'estetica che la qualità della superficie, rendendola simile a quella delle scarpate naturali, permettendo l'ingresso e la fuoriuscita agli animali che lo colonizzeranno. La presenza del laghetto altera certamente lo stato dei luoghi e modifica, nel tratto di pertinenza, l'ecosistema esistente, tuttavia il costituisce sicuramente un'opportunità per l'intero sistema biotico del Fosso Turbolo, non estinguendo ma modificando e probabilmente potenziando l'ecosistema.

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