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Insegnare in classi inclusive

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Academic year: 2022

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Testo completo

(1)

Michele Mainardi e Valentina Giovannini

A B

A = (1, 2, 3, 4 ) B = (4, 5, 6 )

Unione degli insiemi A U B= (1, 2, 3, 4, 5, 6) 1

2

3

4

5

6

A = (1, 2, 3, 4)

L’unione degli insiemi A U B = (1, 2, 3, 4, 5, 6)

B = (4, 5, 6)

(2)

Michele Mainardi e Valentina Giovannini

(3)

dfa.bess@supsi.ch 978-88-85585-39-3

Responsabilità del progetto: Michele Mainardi Autori: Michele Mainardi e Valentina Giovannini

Mainardi, M., & Giovannini, V. (2020). Insegnare in classi inclusive. Agire e capitalizzare l’innovazione: l’esperienza ticinese è distribuito con Licenza Creative Commons Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale (CC BY 4.0).

Il presente quaderno si sviluppa sulla base del rapporto interno che ha documentato la ricerca-formazione svolta nel corso dell’anno accademico 2018/19: Giovannini, V., & Mainardi, M. (2019). Docenti di classi inclusive. Confrontarsi per capitalizzare l’esperienza.

Rapporto del 11 giugno, Locarno, CCBESS/DFA/SUPSI-CH).

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• all’iniziativa dell’ispettorato e del servizio di sostegno del VI° circondario delle Scuole comunali e del- la direzione dell’Istituto delle scuole speciali del Sopraceneri;

• alla disponibilità nel condividere esperienze e vissuti da parte delle docenti di classe:

Lara Bonetti, docente cantonale specializzata,

Amalia Gianini Mondada, docente cantonale specializzata, Martina Helbling, docente scuole comunali di Locarno, Laura Rusconi, docente cantonale specializzata, Seline Schmalz, docente cantonale specializzata, Tiziana Sciaroni, docente scuole comunali Orselina, Lorella Tedeschi, docente scuole comunali Ronco s/Ascona;

• al sostegno delle Sezioni della Pedagogia speciale e delle Scuole comunali della Divisione della scuola del Cantone Ticino e delle direzioni delle sedi scolastiche coinvolte che hanno accolto e promosso il principio e la realizzazione della ricerca-formazione.

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1. Introduzione 7

2. La ricerca – formazione 9

2.1. Classi inclusive e accessibilità 9

2.2. Lo stato dell’arte 9

2.3. Un approccio euristico 10

2.4. Le finalità 10

2.5. Procedura 11

2.6. Gli incontri 11

3. Obiettivi del lavoro 12

4. Sintesi dei momenti formativi 13

5. Raccolta dati 15

5.1. Missione risentita 15

5.2. Contesto: vantaggi e limiti dall’esperienza 16

5.3. Co-docenza e pratiche d’insegnamento nelle classi inclusive: impatto 16

5.4. Un incontro virtuoso e progressivo 17

5.5. Co-docenza: elementi di riflessione e discussione 17

5.6. Co-docenza vs frammentazione 19

6. L’innovazione 20

7. Il profilo di docente inclusivo 21

7.1. Bisogni formativi 21

7.2. Fattori d’influenza risentiti 22

7.3. Esperienze certo migliorabili ma a cui si riconoscono da subito molte qualità 23

8. Conclusioni 24

5. Riferimenti bibliografici 25

Allegati 27

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Riassunto

Dall’inverno del 2017 il Centro competenze bisogni educativi, scuola e società (BESS) accompagna un’espe- rienza di “accessibilizzazione pedagogica” di ambienti scolastici che interessa in modo innovativo, nella forma di classi dette inclusive, la fusione fra classi regolari e speciali e la co-docenza dei rispettivi loro insegnanti titolari1. Tale innovazione pedagogica e didattica comporta la creazione di gruppi-classe spiccatamente etero- genei, più di un terzo presenta diagnosi associate al riconoscimento formale di attenzioni educative particolari e massicce, e prescrive la co-docenza fra insegnanti di scuola dell’infanzia ed elementare e insegnanti formate in pedagogia speciale fino ad allora titolari di classi speciali: docenti con percorsi, identità professionale e abi- tudini diverse si scoprono a lavorare in team fra loro e con le altre figure professionali presenti a scuola.

Le insegnanti delle classi, le direzioni dei tre istituti coinvolti e l’ispettorato di circondario, nell’anno scolastico 2018/19, hanno deciso di impegnarsi sul piano dell’azione e della riflessione per riuscire a seguire e monitorare l’esperienza provando a dare visibilità e quindi a discutere le principali questioni e i nodi cruciali risentiti in rap- porto all’andamento, ai risultati e alla qualità della collaborazione e delle co-docenze messe in atto all’interno delle classi inclusive costituite.

Gli attori sono stati accompagnati sul piano metodologico e formativo nella focalizzazione degli aspetti emer- genti dell’esperienza allo scopo di esplicitarli, confrontarli e discuterli per capitalizzare l’esperienza in corso e accrescerne l’apporto diretto per l’insieme degli attori coinvolti ma non solo: aspetti che interpellano diretta- mente nello specifico ma anche in termini più generali il senso dell’operato e il sentimento d’efficacia dell’at- tività di docente di classe inclusiva.

Il quaderno riprende e sviluppa il rapporto interno di monitoraggio dell’esperienza di ricerca-formazione ac- centuandone la prospettiva riflessiva, informativa e formativa, arricchendolo ulteriormente con nuovi ele- menti teorici ed empirici con l’intento di dare la dovuta risonanza alla pratica riflessiva che ha caratterizzato la messa in atto e gli sviluppi dell’innovazione e di restituirla in forma tangibile e capitalizzabile alle docenti delle classi interessate e alla scuola.

1 NB.: laddove per questioni di leggibilità si è rinunciato ad una distinzione, il genere maschile è da considerarsi come epiceno, ossia a va- lenza sia femminile che maschile.

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1. Introduzione

Il cammino verso una scuola sempre più inclusiva, oggi più che ieri e a livello «universale», interroga il passato e il futuro delle pratiche d’insegnamento e delle situazioni di apprendimento della scuola dell’obbligo (D’Alessio, Balerna, & Mainardi, 2014; Ebersold, 2020; Mainardi & Martinoni, 2020).

Nell’anno scolastico 2012/13, nel solco di una tradizione consolidata di apertura della scuola regolare all’acco- glienza al suo interno di allievi con Bisogni educativi speciali (altrimenti detti, con riferimento alla cultura franco- fona, Bisogni educativi particolari), la Divisione Scuola del cantone Ticino lancia le prime classi e sezioni inclusive sperimentali.

L’esperienza poggia sul Regolamento cantonale della Pedagogia speciale del 2012 che oltre all’inserimento individuale prevede la possibilità di includere gruppi d’insegnamento speciale in classi del ciclo educativo e formativo regolare. Le nuove classi così generate sono denominate classi inclusive.

Anno scolastico Scuola dell’infanzia Sottoceneri

Scuola dell’infanzia Sopraceneri

Scuola elementare Sottoceneri

Scuola elementare Sopraceneri

Scuola media

2011-12   Pazzallo

2012-13   Pazzallo

2013-14   Pazzallo

2014-15 Stabio

2015-16 Stabio;

Bioggio

Biasca Losone A;

Losone B

2016-17 Stabio;

Bioggio Biasca Losone A;

Losone B

2017-18 Stabio;

Ruvigliana

Giubiasco;

Orselina

Massagno Biasca;

Locarno;

Ronco s/Ascona

Losone A;

Losone B

2018-19 Stabio;

Ruvigliana;

Breganzona;

Caslano

Giubiasco;

Orselina Massagno;

Rancate;

Stabio

Biasca;

Locarno;

Ronco s/Ascona;

Arbedo

Losone A;

Losone B

2019-20 Stabio;

Ruvigliana;

Breganzona;

Caslano;

Canobbio, Morbio Inferiore

Giubiasco;

Orselina;

Biasca

Massagno, Rancate A;

Stabio;

Rancate B

Biasca;

Locarno;

Ronco s/Ascona;

Arbedo

Losone

Figura 1. Sedi interessate dall’implementazione di classi inclusive.

Esse integrano al loro interno le doppie figure di docente regolare e di docente specializzato e si avvalgono nella loro funzione anche delle altre figure scolastiche normalmente al servizio di allievi, classi e docenti dell’or- dine scolastico interessato.

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Dal 2011/12 al 2019/20 si sono aperte 10 sezioni inclusive di scuola dell’infanzia (SI), 9 classi inclusive di scuola elementare (SE) , 2 classi nella scuola media (SM). Nel 2019/20 le classi inclusive attive in Ticino erano 18 (9 per la SI, 8 per la SE e 1 per la SM)2.

Nel corso del 2017/18 la Divisione della Scuola commissiona uno studio di caso sulle classi inclusive in Ticino al Centro Innovazione e Ricerca sui Sistemi educativi (Crescentini & Zuretti, 2019). Lo studio chiude con un dettagliato elenco di “punti d’apprendimento” (p. 53) molti dei quali invitano a prestare attenzioni (diverse e specifiche) all’accompagnamento dei docenti e delle docenti coinvolte in queste esperienze e alla possibilità di pianificazione e di collaborazione sia nel “microcosmo” della realtà della nicchia della classe tanto quanto nel meso e nel macro del sistema educativo e formativo della sede e della scuola.

Dal 2017/2018 fra le classi coinvolte nell’esperienza vi sono anche le sei classi (tre classi dell’Istituto delle Scuole speciali del Sopraceneri, una sezione della scuola dell’infanzia, una seconda elementare e una pluriclasse di seconda-quinta elementare) unite nel dare forma e vita a tre classi inclusive gestite in contemporanea da due figure professionali distinte: la sezione di scuola dell’infanzia e le due classi di scuola elementare inclusive nel VI° circondario delle Scuole comunali (Orselina, Ronco s/Ascona, Locarno-Saleggi).

L’avvio dell’esperienza per le classi/sezioni attive nel VI° circondario delle scuole comunali del cantone Ticino s’inserisce in questo quadro dinamico d’iniziative e è da subito accompagnata da un’intervisione strutturata che interessa le docenti e le direzioni coinvolte nel progetto3. L’intervisione attivata fin dal primo anno di lavo- ro porta all’espressione di questioni e di vissuti personali e professionali specifici riguardo alla classe/sezione inclusiva.

Nel 2018/19, anno di riferimento della ricerca-formazione ripresa nel presente documento in continuità con quanto fatto nel 2017/18, l’accento è posto sui temi emergenti associati all’esperienza di co-docenza e alla for- zata rimessa in gioco dell’identità professionale specifica di docente regolare e/o speciale e alla sua operosità a vantaggio dell’insorgenza di una nuova identità comune4.

2 Fonte: Sezione della Pedagogia speciale / Divisione Scuola / Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport del Cantone Ticino (DECS).

3 L’intervisione è realizzata con la supervisione di Andrea Canevaro e prevede oltre alla presenza delle docenti interessate quella delle dire- zioni delle sedi scolastiche e delle classi/sezioni comunali e speciali coinvolte, dell’ispettrice e dell’aggiunto all’ispettorato del VI° circonda- rio. Michele Mainardi partecipa con lo statuto di “amico critico”.

4 L’accompagnamento dell’esperienza (2018/19) è formalmente affidata a Michele Mainardi e prevede una componente di ricerca-formazio- ne assegnata al DFA alla base del rapporto interno Giovannini e Mainardi (2019) e della presente pubblicazione.

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2. La ricerca – formazione

La riuscita della transizione verso nuove condizioni, forme e responsabilità d’insegnamento interessa il sin- golo docente e dipende dall’accomodazione dei risvolti concreti della volontà inclusiva e di accessibilità della Scuola (Ebersold, 2020) entro il “nucleo pedagogico degli ambienti scolastici” (O.C.D.E., 2014) con particolare riferimento agli elementi costitutivi di quest’ultimo e alle connessioni e alle dinamiche che caratterizzano le loro relazioni:

1. «il raggruppamento degli allievi»;

2. «il raggruppamento dei professionisti»;

3. «la pianificazione delle forme e della collocazione nel tempo degli apprendimenti»;

4. «le pedagogie e le pratiche valutative».

Nel corso del presente progetto di accompagnamento questo quadro di riferimento non è l’oggetto della for- mazione ma permane sullo sfondo e è ripreso in altra sede (Mainardi, 2020) come quadro di analisi generale delle osservazioni qui riprese e puntualmente raccolte nella circostanza da Giovannini e Mainardi (2019).

2.1. Classi inclusive e accessibilità

Un processo istituzionale come quello associato all’introduzione di classi inclusive5 in luogo di classi speciali, così come la crescente volontà di inclusione nel flusso scolastico principale della scuola dell’obbligo (dall’in- glese mainstream) del più alto numero di allievi detti con BES, non può essere demandato esclusivamente ai docenti, ma deve essere supportato nel micro tanto quanto agli altri livelli del sistema educativo e formativo dagli altri attori coinvolti.

All’appellativo di scuola inclusiva preferiamo quello di scuola dell’accessibilità in quanto le ambizioni di quest’ul- timo vanno necessariamente oltre la pur valida considerazione di misure compensatorie puntuali. Esso implica l’accomodamento di referenti e riferimenti pedagogici e didattici nuovi – orientati dall’imperativo del principio dell’accessibilità per tutti6 – all’interno di schemi e strutture d’azione esistenti, tradizionalmente sperimentati, assunti e validati e divenuti forse elementi costitutivi di identità professionali precise verso cui formare e in cui riconoscersi o da cui distinguersi nel caso dei docenti “regolari” e dei docenti “specializzati”.

L’omeostasi dei rapporti interni fra gli elementi che costituiscono il nucleo pedagogico di un momento storico degli ambienti scolastici è la risultante dei rapporti fra le realizzazioni e le intenzioni della scuola. La mobi- lizzazione di forze innovative interne a supporto di iniziative e esperienze come quelle che s’accompagnano all’istituzione di classi inclusive in Ticino, presuppone la volontà (leggasi “disponibilità”) della scuola nel suo insieme di rimettere in gioco tali rapporti. Solo in questo modo gli insegnanti coinvolti potranno viversi come legittimati nell’agire e nel perseguire le finalità dichiarate dell’innovazione.

2.2. Lo stato dell’arte

La letteratura mostra quanto l’imperativo di accessibilità stia generando delle nuove conoscenze. Un recente tentativo di meta analisi condotto da Bless (2019) permette di reperire i principali riferimenti empirici delle pratiche innovative del momento:

5 Risultano dalla fusione di misure educative speciali rivolte ad allievi con Bisogni educativi speciali (BES) per i quali la Legge della Pedagogia speciale riconosce il diritto ad un accompagnamento educativo specifico e massiccio (classe speciale o assimilabile) con le misure educa- tive regolarmente riconosciute ad allievi in età della scuola dell’obbligo. Da qui la doppia docenza. Le classi inclusive possono essere rite- nute con un grado di “eterogeneità spinta” rispetto a quanto di regola caratterizza altre classi ed è questo a giustificare la co-docenza.

6 Accessibilità fisica, cognitiva, culturale, ... a meno che, come si afferma nella dichiarazione di Salamanca (U.N.E.S.C.O., 1994), non vi si oppongano motivazioni di forza maggiore.

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1. la scolarizzazione comune di bambini e bambine che condividono lo stesso comune di domicilio è considerato come significativamente importante per l’inclusione sociale di qualsiasi allievo;

2. gli studi sulla scolarizzazione di allievi detti con “Bisogni educativi speciali” (BES) non danno riscon- tro di effetti negativi presso i pari a sviluppo detto “normo-tipico”;

3. l’atteggiamento dei docenti e dell’insieme di tutti i genitori nei confronti dell’inclusione scolastica non è lo stesso per le diverse categorie di BES;

4. gli studi comparativi portanti su forme di scolarità “alternative” (più o meno segregative) per gli allievi con BES non sono uniformemente distribuite (al momento sono molte e affidabili per gli allievi con disturbi specifici dell’apprendimento ma meno concludenti per gli allievi che presentano un deficit intellettivo; si osserva inoltre un numero meno significativo di ricerche al di fuori da que- ste due principali sotto-categorie di allievi con BES);

5. gli studi comparativi fra strutture dette inclusive sono poco presenti.

Parallelamente si osserva un numero crescente di esempi di strategie didattiche aperte e collaborative e di strumenti per orientare l’educazione e l’insegnamento verso le finalità dell’accessibilità; principi innovativi alla base delle pratiche emergenti (il co-insegnamento, l’apprendimento cooperativo e la concertazione pedago- gica); spazi di personalizzazione degli apprendimenti; di proposte per la formazione di base e continua degli insegnanti; valutazioni dell’atteggiamento verso l’inclusione e nei confronti delle persone in situazione di han- dicap (Mainardi 2020).

La maggior parte di questi lavori non dà però che pochissime indicazioni sulle condizioni interne ai sistemi scolastici che qualificano i diversi ambienti e le diverse situazioni studiate (Bless, 2019). La carente esplicita- zione di tali variabili nella letteratura non facilita la comprensione della “validità ecologica” (o contestuale) di qualsivoglia generalizzazione o transfert di “buone pratiche” da una realtà ad un’altra.

I contesti scolastici presi in considerazione non presentano necessariamente lo stesso grado di complessità o gli stessi tratti di specificità.

2.3. Un approccio euristico

La possibilità di sfruttare le conoscenze e le competenze acquisite in un preciso contesto per far fronte a si- tuazioni autentiche e significative altrove impone la valutazione del grado di coincidenza dei due ambienti, dell’opportunità di analogie “omologanti” fra contesti e situazioni entro cui l’insegnamento si svolge.

In considerazione di questo, si potrebbe dire che oggi come oggi è essenzialmente grazie ad un approccio euristico e ad una pratica riflessiva critica e costruttiva che i docenti riescono a definire delle strategie peda- gogiche e didattiche innovative e qualitativamente soddisfacenti.

È sostanzialmente per questa ragione, allo stato attuale dell’evidenza empirica, che una ricerca-formazione intesa a sostenere questo tipo di percorso (nella fattispecie ed in questa precisa fase di implementazione di principi inclusivi) ha preso il sopravvento su altre.

2.4. Le finalità

L’approfondimento che caratterizza il momento formativo interessa l’innovazione strutturale nella ripartizio- ne dei compiti fra docenti regolari e docenti speciali che accompagna l’istituzione di “classi inclusive”.

Esso mira in primo luogo alla capitalizzazione professionale dell’esperienza innovativa in atto: un processo con un alto valore aggiunto per la persona e per l’istituzione. Un valore insito nell’approccio virtuoso alla co- munità d’apprendimento professionale ma non scontato (Leclerc & Labelle, 2013). In questo contesto, eviden- ze contingenti, questioni strutturali, interrogativi personali, pratiche innovative risentite come “buone”, sono condivisi all’interno della “comunità” venutasi a creare, allo scopo di: (1) incrementare la qualità dell’esperienza di co-docenza in classi inclusive; (2) apprendere da questa confrontando approcci, dati e considerazioni con chi a più livelli, condivide quel processo d’innovazione e di riforma che sottende la scuola dell’accessibilità e la

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predisposizione di condizioni e azioni capaci di supportare la traduzione dell’ideale in evidenza. In altre parole:

condizioni capaci di agevolare il passaggio da pratiche intraprese prevalentemente su basi ideologiche (è sem- pre il caso per la scuola) a pratiche innovative giustamente orientate da tali volontà ma sempre più supportate da evidenze che solo la ricerca, l’applicazione e l’approfondimento in situazione consentono di corroborare e consolidare.

2.5. Procedura

Nel corso di incontri mensili regolari, assicurando un approccio dialogico partecipativo e strutturato7 al pro- cesso di capitalizzazione, si identificano e si affrontano i temi emergenti. Riflessioni individuali e collettive sono sempre richieste (intra o intergruppi di attori per ruolo e per formazione). Esse si alternano ad appro- fondimenti tematici su aspetti emergenti direttamente connessi alla pratica (l’operosità8) e al ruolo (l’identità) professionale.

La ricerca-formazione messa in atto concede formalmente spazio, in forma dichiarativa e parallela all’espe- rienza, a quanto soggettivamente risentito da ognuno (docenti di classe e quadri scolastici comunali e canto- nali interessati), all’identificazione dei “luoghi critici” di tale vissuto nei confronti dell’operosità e della identità dei singoli attori in altri termini, nei confronti delle qualità percepite e delle qualità attese, nell’una e nell’altra, nell’essere co-docente in classe inclusiva.

Il percorso adottato va inteso come generativo di parametri intersoggettivi chiaramente identificabili su cui fondare indicatori di qualità condivisi che possano servire da base per una operosità “virtuosa e proattiva” e una precisazione identitaria e di ruoli rivolte all’anno 2018/19: ossia di una base di partenza comune per lo sviluppo di forme di collaborazione (nuove e coerenti con le volontà dell’istituzione) fra docente regolare e docente specializzata, nella gestione, nella conduzione e nella progettualità interne alla singola classe inclusiva di scuola dell’infanzia o elementare.

2.6. Gli incontri

Le docenti di ogni classe/sezione e le direzioni sono accompagnate sul piano metodologico per (ri)costruire e decostruire le questioni emergenti e i nodi critici determinanti per la qualità del lavoro di docenti nella classe inclusiva e per l’accompagnamento degli allievi.

L’approccio adottato contempla inizialmente elementi di condivisione di una cultura inclusiva e l’esplicitazione della propria percezione della qualità, l’inferenza di criteri di percezione di qualità degli altri attori degli istituti scolastici interessati e la condivisione di tali percezioni o assunti che interessano le questioni di operosità posi- tiva e di identità competente risentite soggettivamente da ognuno9.

Ci si confronta quindi sugli ambienti, sulle buone pratiche, sui risultati osservati e/o attesi nell’incontro (1) tra docenti titolari d’estrazione diversa (“regolare” e “specializzato”), ossia sugli aspetti critici e virtuosi della loro

“collaborazione-docente” in classi inclusive, (2) con allievi molto diversi fra loro sotto uno o più punti di vista, (3) con gli aspetti di competenza delle altre istanze presenti a tutti i livelli della gerarchia istituzionale, (4) con altri fattori contingenti e specifici all’una o all’altra delle situazioni presenti.

7 Palmi adps: adattamento originale del metodo Delphi(Mainardi & Solcà, 2004).

8 Concetto caro ad Andrea Canevaro messo in parallelo con quello di identità a conclusione dell’accompagnamento svolto nell’anno acca- demico 2017/18.

9 Per motivi contingenti e organizzativi gli allievi e i loro genitori non sono direttamente rappresentati ma le considerazioni raccolte negli incontri di classe o in scambi bilaterali sono riportate così come il “grado” di soddisfazione anche di questi attori.

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3. Obiettivi del lavoro

In termini generali si è cercato di identificare i temi emergenti che condizionano la qualità percepita nell’agire professionale delle due principali figure docenti (regolare e specializzato) e di definire delle dimensioni del profilo delle docenti di classi/sezione inclusive.

La capitalizzazione dell’esperienza è stata affrontata cercando di ricostruire, descrivere e discutere i principali punti sensibili e determinanti per la qualità del lavoro nelle classi/sezioni inclusive.

Operativamente:

1. evidenziare vantaggi e limiti delle condizioni istituzionali;

2. ricercare ed evidenziare buone pratiche in relazione a: pianificazione e organizzazione; attività di apprendimento e insegnamento; collaborazione e interazione operativa;

3. raccogliere e confrontare, in relazione alla classe/sezione inclusiva, le forme di co-docenza speri- mentate;

4. delineare un profilo di docente di classi inclusive;

5. identificare alcune piste di sviluppo/formazione.

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4. Sintesi dei momenti formativi

Nel corso dell’anno accademico 2018/2019 sono stati svolti 7 incontri collettivi, durante i quali sono stati trat- tati prioritariamente gli aspetti qui ripresi dal diario di bordo alternati a delle visite di uno di noi alle classi a scopo di immersione diretta nel contesto e di confronti privilegiati in situazione (Giovannini & Mainardi, 2019):

Incontro 1 (17.10.2018): per ogni gruppo classe/sezione ricostruzione in forma dichiarativa dell’espe- rienza soggettivamente risentita e dei “luoghi critici” di tale vissuto sull’arco dell’anno scolastico 17/18 e delle sue fasi costitutive nei confronti dell’operosità e della identità di ognuno (qualità percepita);

stesso lavoro per i quadri comunali e cantonali presenti. Si raccolgono le regolazioni/azioni/modifiche previste per il 2018/19. Questo ha permesso di riflettere, di confrontarsi, di condividere gli elementi positivi dell’esperienza, di rilevare delle problematiche da discutere.

Fra il primo e il secondo incontro è stato chiesto di rispondere individualmente ad un questionario (Allegato 1) incentrato sull’espressione di considerazioni personali relative alla qualità percepita del lavoro nella classe inclusiva (grado di soddisfazione e argomenti a sostegno) e agli argomenti di specifico interesse che gli altri attori avrebbero nei confronti dell’iniziativa (inferenze argomentate). I dati saranno ripresi e discussi nel 6°

incontro.

Incontro 2 (14.11.2019): continuazione del confronto a grande gruppo, discussione sulla problematica di avere più figure titolari (e di matrice professionale diversa) sull’esperienza d’insegnamento condiviso e nella valutazione e presentazione di situazioni, aneddoti e realizzazioni.

Incontro 3 (5.12.2018): confronto fra docenti e autorità dirigenti sulla genesi del progetto e sulla sua conduzione (distribuzione risorse/aiuti speciali, ruolo servizi OPI/alloglotti/logopedia, orario docenti, problemi assicurativi/responsabilità direzioni/docenti). A seguire: in relazione all’incontro precedente, uno scambio-presentazione di esempi e pratiche di co-docenza attuate dalle insegnanti.

Incontro 4 (23.01.2019): riflessioni sulla finalità della scuola inclusiva; ripresa e presentazione dei princi- pi di fondo e delle basi legali per consentire al gruppo di disporre di referenti comuni e condivisi in me- rito all’inclusione e alle pari opportunità : I) estratti della Legge federale sull’eliminazione degli svantaggi nei confronti dei disabili (2002) art.20; II) Costituzione Svizzera (1999) art.8.(spec.2 della e 4), art.19 e art.62;

III) Dichiarazione di Salamanca, U.N.E.S.C.O. (1994) ; IV) Convenzione ONU sui diritti delle persone con disa- bilità (2004) art. 24; V) raccomandazioni alla Svizzera del comitato O.N.U. dei diritti del bambino (2015); VI) sul piano cantonale: Legge della Scuola (1990); VII) Legge della pedagogia speciale (2011), art.1, art. 4, art. 7.

Incontro 5 (20.2.2019): presentazione teorica di pratiche inclusive (fattori nel “macro”: condizioni strut- turali della formazioni, fattori nel “meso”: condizioni locali; fattori nel “micro”: nella relazione forma- tiva ed educativa); delle condizioni della scuola inclusiva (Tremblay 2012) riprese in allegato; dell’In- dex per l’inclusione (Index), in particolare degli elementi per un’analisi in situazione (Booth & Ainscow, 2002; Cattaneo, 2017; Demo, 2013). Gli indicatori dell’Index (parte C) sono sfruttati per una riflessione su quanto già messo in atto. Questo rende evidente e valorizza scelte ed attività assolutamente in li- nea con le finalità perseguite e consente di passare in rassegna gli aspetti su cui si può eventualmente migliorare.

Incontro 6 (20.3.2019): presentazione e discussione del modello introdotto per rappresentare e distin- guere le qualità di una classe inclusiva così come percepita ed espressa dalle parti. Parallelamente quale termine di confronto e di discussione si propone un nostro libero adattamento (in conformità dell’au- torizzazione rilasciata) della scheda dell’Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Educazione di Alunni con Bisogni Educativi Speciali (2012) relativa al Profilo del/la docente inclusivo/a. Il profilo è utilizzato come base di partenza per cercare in modo analitico di identificare i punti di forza e le debolezze personali

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e del collettivo (internamente alle docenti impegnate sulla stessa classe) su cui ci si potrebbe soffer- mare o verso i quali dovrebbe tendere prioritariamente un approfondimento mirato ad un tale profilo.

Incontro 7 (17.4.2019): ricapitolazione degli aspetti emersi durante l’anno; identificazione di bisogni formativi risentiti per l’avvicinamento del profilo di docente di classi inclusive (modello cantonale) per entrambi i profili professionali interessati.

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5. Raccolta dati

Sono stati raccolti dei dati tramite i verbali (V) dei vari momenti di condivisione e, nelle prime fasi, attraverso un sondaggio (questionario) sul senso delle classi inclusive, sulla percezione della qualità del praticato, sugli effetti risentiti da diversi portatori d’interesse dal proprio punto di vista e da quello dei colleghi. Per facilitare la discussione e la riflessione sull’esperienza svolta e in corso si è introdotto un modello analitico di catego- rizzazione di aspetti emersi riferibili a dimensioni diverse della percezione individuale e collettiva delle qualità della stessa sulla base del quale cercare di mantenere ampio e completo il percorso di analisi delle esperienze inclusive in corso (Figura 2).

Figura 2. Modello di rappresentazione dei riferimenti qualitativi dell’esperienza di co-docenza (Giovannini & Mainardi, 2019, p.6)

5.1. Missione risentita

Per quanto riguarda la missione risentita abbiamo rilevato nei dati raccolti tramite il questionario dei valori, delle finalità e degli obiettivi che possono essere così sintetizzati:

A. riconoscenza e accettazione dell’eterogeneità, per valorizzare le diversità, formando all’empatia, alla solidarie- tà e alla collaborazione;

B. diritto di partecipazione alla vita sociale/culturale e comunitaria, per il rispetto dell’inclusività della classe, of- frendo un percorso regolare accessibile agli allievi ed un lavoro di team tra docenti;

C. equità/pari opportunità, riconoscendosi nel postulato di educabilità di e per tutti, permettendo ad ognuno di sfruttare al meglio le proprie capacità cognitive e sociali e sviluppare nuove competenze.

I valori, gli obiettivi, le finalità, della classe

inclusiva secondo gli attori coinvolti.

Gli interessi indiretti della classe inclusiva per gli altri

portatori di interesse:

ComuniSede Cantone Genitori Altri....

Insieme di elementi che hanno un'influenza sulla

qualità (giudizio soggettivo) I fattori esterni alla

classe e ai docenti che hanno un'influenza

sulle prestazioni e sull'impatto.

ostacoli/facilitatori alle azioni e al perseguimento delle

finalità

Gli effetti diretti della classe inclusiva sugli allievi e sui docenti in relazione alle finalità

e al loro perseguimento Classe inclusiva:

Pratiche basate su ideologie e ipotesi di lavoro (impostazioni a priori, da

verificare) e

Pratiche basate sull'evidenza (aggiustamenti basati sugli esiti

delle esperienze) Le azioni, le

esperienze svolte con/nella classe

inclusiva.

Traduzione operativa delle finalità:

Convinzione

Conoscenze

Competenza

<Azioni>

Qattesa

Missione risentita

Q

percepita

Contesto

Prestazioni erogate

Fattori d'influenza principali risentiti sulla qualità

Q

misurata

Impatto

Outcomeeffetti generali

(16)

5.2. Contesto: vantaggi e limiti dall’esperienza

A livello contestuale (qualità percepita raccolta tramite questionario e verbalizzazioni) sono emersi i seguenti vantaggi e limiti (obiettivo 2) (Giovannini & Mainardi, 2019):

Vantaggi: costituire una classe inclusiva può comportare il mantenimento di una sezione altrimenti destinata ad essere soppressa; implicare direttamente più autorità scolastiche con il conseguente sostegno specifico alla pianificazione dell’esperienza e delle risorse, all’organizzazione e alla realizzazione/presentazione; nella fatti- specie: struttura e ubicazione classi/sezioni favorevoli; portare le competenze di individualizzazione dei docenti specializzatati all’interno della scuola regolare; scolarizzazione più vicina possibile ad un percorso regolare e stimolante per degli allievi BES.

Limiti: fare riferimento alla competenza di autorità diverse su alcuni aspetti di funzionamento o di responsabili- tà; avere dei referenti formali e strutturali diversi per gli allievi di Scuola speciale rispetto agli allievi delle scuole comunali (trasporti; mense; supplenze; materiali; uscite); rispettare i processi, gli argomenti e le tempistiche del- la composizione delle classi (numero di allievi per classe; disponibilità docenti; accompagnamento); non disporre di prospettive di continuità del modello inclusivo nei momenti di transizione: prima/dopo (SI/SE/SM); capire la gestione degli aiuti supplementari (OPI/docente speciale/SSP/unità didattiche differenziate).

5.3. Co-docenza e pratiche d’insegnamento nelle classi inclusive: impatto

Le docenti segnalano come la programmazione nelle classi inclusive risulti più complessa, ma che la concer- tazione e la collaborazione sono fondamentali e vantaggiose perchè permettono “un’ottimizzazione delle forze a disposizione e un buon uso della specificità dei docenti della classe”, così da poter tener “conto dei bisogni e risorse dei singoli allievi e dei ruoli”.

Fra le possibili forme di collaborazione diretta (che presentiamo più avanti) quelle meno utilizzate sono il co-insegnamento e l’insegnamento di team (6 docenti su 8 affermano di non usarlo mai o solo sporadicamente). Le due forme più ricorrenti (usate principalmente o regolarmente) sono le postazioni e l’insegnamento e assistenza.

Quanto messo in atto richiama i dati rilevati da altri studi come risulta nella fattispecie una metaricerca che utilizza tecniche di integrazione fra loro di indagini qualitative sul tema (Scruggs, Mastropieri, Margo, & Mc- Duffie, 2007). Lo studio conclude che i docenti chiamati alla co-docenza per finalità inclusive hanno messo in atto in maniera dominante la formula quasi spontanea di un insegnante e un assistente. Una formula non necessariamente raccomandata in letteratura ma anche la più naturale (leggasi normale) in assenza di modelli o esemplificazioni. Il docente specializzato nelle indagini cui ci riferiamo è spesso subordinato al docente “ge- neralista” che mantiene il ruolo principale di titolare della classe.

In ogni caso anche formule quasi spontanee di co-docenza, in ossequio all’approccio euristico sostenuto, pos- sono portare elementi utili al terzo obiettivo ossia quello di “raccogliere e confrontare, in relazione alla classe/

sezione inclusiva, le forme di co-docenza sperimentate”. Di seguito in sintesi alcune buone pratiche emerse dalle discussioni (Giovannini & Mainardi, 2019):

Il creare progetti di classe (il tema del “bosco”; la redazione della “rivista della classe”); l’organizzare degli spazi secondo criteri nuovi e differenziabili; le rotazioni negli spazi (ad esempio quelli del laboratorio).

Stabilire delle riunioni d’equipe regolari; predisporre informazioni per le famiglie (giornate di visita, materiali di comunicazione); coinvolgere maggiormente i genitori (atelier con genitori risorsa); ricevere e fornire ai vari attori informazioni chiare sui bambini inclusi con i concorso delle autorità e del Servizio di sostegno pedagogico.

A monte: organizzare dei passaggi d’informazioni tra cicli; definire spazi/tempi di incontro nel piano settimanale delle docenti (ad esempio in occasione delle lezioni gestite da altri docenti); esplicitare e informarsi reciproca- mente delle competenze e delle specificità dei due profili di docente (regolare e specializzato) e tenerne conto nell’organizzare di conseguenza i ruoli rispettivi e le collaborazioni verso la classe e i singoli allievi; poter contare su una sola figura supplente per la classe in caso di assenza di una docente; redigere una macro programmazione annuale comune ad inizio anno; concordare una pianificazione settimanale condivisa; predisporre uno strumento di comunicazione interna agile e immediato per il passaggio delle informazioni (quaderno, diario in classe); pre-

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stare sistematica attenzione ai riscontri dei diversi attori interessati (in forme diverse) dall’esperienza (famigliari, colleghi, autorità scolastiche e allievi).

Confrontarsi e sostenersi vicendevolmente tra docenti (in generale o su temi specifici: valutazione competenze e progressi, tematizzazioni specifiche alle classi inclusive quali: l’allievo “progredisce bene” vs “resta indietro”, passaggi di classe/ciclo) in quanto questo consente di condividere responsabilità e richiederne la condivisione in forma non individuale anche a livelli gerarchici superiori; mettersi in gioco con le proprie conoscenze e compe- tenze reciproche a favore di ognuno e di tutti come docenti ugualmente titolari della classe; riflettere sul proprio far scuola nel confronto con la partica propria e della collega; leggere continuamente la nuova realtà sentendo di farne parte, affinare uno strumentario didattico e una sensibilità pedagogica speciale spendibile anche nel contesto delle classi regolare.

5.4. Un incontro virtuoso e progressivo

Questo tipo di sperimentazione presuppone in modo più o meno esplicito la disponibilità al cambiamento significativo di prospettiva che s’accompagna all’introduzione del co-insegnamento: l’insegnante “regolare” e l’insegnate “specializzata” sono teoricamente chiamate ad assumere congiuntamente il ruolo e lo statuto di contitolari.

La presenza sulla classe di due figure professionali (insegnanti “regolare” e “specializzata”) è un presupposto di fondo dell’esperienza. Una condizione che consente all’amministrazione scolastica di realizzare qualcosa che queste due figure, l’una senza l’altra, non potrebbero realizzare. Non si tratta unicamente di una questione di risorse umane investite dal compito dell’accessibilizzazione pedagogica (Mainardi, 2010, 2020) degli ambienti scolastici ma di poter contare sulla capacità di far fronte in modo adeguato alle necessità della classe mobiliz- zando le competenze reciproche che la situazione richiede per non escludere nessuno (Ebersold, 2020).

La sperimentazione ha permesso di considerare nel caso specifico l’interesse di questo incontro fra professio- nisti con tratti identitari diversi, nel:

• facilitare il disegno “universale”(non particolare e specifico) delle attività e delle situazioni didattiche in modo tale da prestare attenzione nelle situazioni “ricorrenti” ai bisogni del più alto numero possibile di allievi della classe;

• rispondere rapidamente e direttamente a bisogni individuali (disegno “specifico”) che sfuggono alla considerazione all’interno del disegno “universale” messo in atto all’indirizzo della classe.

Il sentimento di poter condividere in forma esplicita e reciproca le responsabilità verso i risultati della classe e dei singoli è alla base della co-docenza. Questo sentimento non è stato immediato. La messa in forma compar- tecipativa dell’imperativo di accessibilità (Ebersold, 2020) ha investito inizialmente in modo prevalente il lavoro su singoli allievi (“specificità dei bisogni”) comportando una sorta di ripartizione dei compiti in funzione del profilo professionale originario. L’accompagnamento ha portato a rimettere sempre più in gioco la ripartizione

“naturale” dei compiti e le attenzioni delle docenti si sono sempre più orientate sulle classi secondo il principio di “universalità”. La collaborazione anche in questo caso è giudicata come un valore aggiunto significativo: una condizione della qualità delle loro attività di co-insegnamento.

5.5. Co-docenza: elementi di riflessione e discussione

Il co-teaching è stato inizialmente ideato per fornire supporto all’inclusione scolastica di allievi con disabilità e dunque per situazioni di “eterogeneità spinta”10(Scruggs et al., 2007). Nasce come mezzo per promuovere un’istruzione efficace nelle scuole inclusive ma non solo (Murphy, 2016).

10 Ossia con una variabilità interna alla popolazione “classe” significativamente superiore a quella che caratterizzerebbe un campione rap- presentativo della tendenza presente nelle classi della scuola dell’obbligo per il contesto di riferimento.

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Nel nostro caso esso concerne un’insegnante “regolare” di scuola dell’infanzia o di scuola elementare e un’in- segnante formata in insegnamento specializzato, ma nessuna di loro ha avuto una formazione specifica alla co-docenza ragione per cui l’accompagnamento formativo entra nel merito di questo tema.

Con Friend e Cook (2007) si distinguono sei configurazioni principali di co-docenza:

A. quella in cui un/a docente insegna e l’altro/a osserva la classe e chi insegna; assieme condividono la gestione della classe;

B. quella in cui uno/a docente insegna, l’altro/a aiuta, l’insegnante regolare (solitamente) assume la responsabilità delle attività di insegnamento mentre l’insegnante specializzato/a assiste e fornisce il supporto individuale necessario;

C. l’insegnamento a “postazioni”-“ateliers”: in cui vengono create diverse postazioni di apprendimento e i/le co-insegnanti forniscono supporto individuale nelle diverse postazioni;

D. l’insegnamento parallelo: gli/le insegnanti insegnano contenuti uguali o simili in diversi gruppi classe;

E. l’insegnamento alternativo: un insegnante può portare un gruppo ridotto di allievi in un luogo diverso per un periodo limitato per istruzioni specializzate;

F. l’insegnamento di team (o insegnamento interattivo e condiviso): entrambi i/le co-insegnanti condi- vidono equamente la responsabilità di insegnamento e sono ugualmente coinvolti/e nella attività istruttive principali.

Diversi studi hanno dimostrato i principali benefici del co-insegnamento (1) per gli allievi, (2) per gli/le inse- gnanti e (3) per la scuola (Tremblay, 2012, 2013, 2015).

Secondo questi studi i principali benefici per gli allievi sarebbero: un accesso al curricolo didattico, una riduzione dello stigma sociale associato al modello classe speciale/luogo speciale, degli effetti positivi sull’autostima, un miglioramento della performance accademica, un aumento delle relazioni interpersonali e un potenziamento e miglioramento della didattica individualizzata e personalizzata.

I principali benefici per gli insegnanti sarebbero: delle opportunità di crescita professionale, un aumento della sod- disfazione lavorativa, una condivisione di conoscenze, competenze e risorse, una riduzione della distanza tra docente e allievo, un aumento della comunicazione tra insegnante regolare e insegnante specializzato.

I benefici principali per la scuola sarebbero: il sostegno alle pratiche inclusive, la promozione del senso di comunità e di collaborazione, la riduzione del ricorso ai servizi e a figure professionali esterne alla classe e alla scuola, la creazione delle condizioni per la formazione di un corpo docenti più unito e compartecipe.

Weiss e Brigham (2000), passando in rassegna 23 studi quantitativi e qualitativi sul co-insegnamento pubbli- cati tra il 1987 e il 1999 rilevano l’importanza di alcune variabili fondamentali delle esperienze di co-insegna- mento tra cui:

• l’atteggiamento dell’insegnante “regolare”;

• un tempo sufficiente di co-preparazione;

• la partecipazione volontaria;

• il rispetto reciproco;

• il supporto dell’amministrazione scolastica;

• principi condivisi riguardo all’insegnamento e alla gestione del comportamento.

La presentazione di tipi e forme di co-insegnamento, non essendo questo mai stato oggetto di formazione precedente (tanto nella formazione continua che in quella di base), ha suscitato molte attenzioni da parte del gruppo.

Lo sviluppo di competenze in tal senso va verosimilmente ritenuto un bisogno urgente a sostegno di una scuo- la sempre più aperta all’inclusione di tutti gli allievi in età scolastica (Murphy, 2016).

Nel suo andamento “naturale” la coordinazione dell’attività pedagogica ha lasciato spazio a forme di collabo- razione, di co-docenza e di assunzione delle responsabilità di gestione e di conduzione decisamente spontanee

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che si sono progressivamente trasformate ed evolute in funzione dell’apprezzamento della loro efficacia in situazione e della loro opportunità sia dal punto di vista delle finalità delle classi inclusive che della loro effi- cacia a fronte del rischio di frammentazione che interventi individualizzati separativi possono comportare per l’allievo e per la continuità delle attività di classe.

5.6. Co-docenza vs frammentazione

Un numero significativo e crescente di studi attesta l’importanza della collaborazione fra insegnanti nel per- seguire obiettivi inclusivi (Mitchell, 2008). Tali ricerche segnalano sovente il rischio di frammentazione delle attività di classe e di stigmatizzazione di alcuni allievi in corrispondenza con determinate forme di presa a cari- co individuale in particolare quando tale forma di collaborazione concerne un numero elevato di professionisti chiamati ad intervenire direttamente su singoli allievi con delle attività distinte (dentro o fuori l’aula di classe).

La qualità delle attenzioni portate all’allievo e alla classe è lungi dall’essere una questione di quantità delle collaborazioni; essa concerne l’efficacia pedagogica e didattica della co-docenza per gli allievi e per la classe (Mainardi, 2020). La codocenza deve però fare i conti con la tradizionale (e vincolante) percezione del senso della ripartizione dei compiti e dei luoghi fra interventi regolari e specializzati. La frammentazione dell’azione educativa e didattica potenzialmente è certo, sul corto termine, un riduttore di complessità per l’uno (genera- lista) e per l’altro docente (specializzato) cui ricorrere in “prima” battuta ma discutibile in assenza di “ragioni di forza maggiore” (U.N.E.S.C.O., 1994).

Quanto praticato per decenni in sedi sempre meno separate ha consentito di concludere che attenzioni spe- ciali non richiedono necessariamente luoghi speciali.

Resta da capire: quando, per quanto e soprattutto per chi e perché separare.

In questi casi (che dovrebbero essere l’eccezione giustificata e momentanea e non la regola della collaborazio- ne fra docenti) ci sembra doveroso chiedersi cosa possa portare a giustificare prese a carico individuali spesso prescritte a priori ed in forma permanente (in ore settimanali di presa a carico individuale) sull’arco dell’anno scolastico. La questione resta aperta anche per le classi inclusive.

Nelle realtà interessate dal percorso formativo la frammentazione, ad un anno dall’inizio dell’esperienza, non è indicata come un elemento associato all’attività delle docenti di classe (regolare e specializzata) ma è ricordata e considerata come elemento di complessità in corrispondenza con l’una o l’altra delle misure terapeutiche riconosciute agli allievi detti con bisogni educativi speciali.

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6. L’innovazione

Nonostante il notevole entusiasmo espresso da chi descrive le virtù della co-docenza e da chi la attua, tale pratica incarna la complessità della concettualizzazione e dello studio della scuola dell’accessibilità. La maggior parte degli studi sulla co-docenza enfatizza i ruoli e le relazioni o le diverse forme di collaborazione. Malgrado il lavoro di équipe sia una caratteristica ancorata nell’educazione speciale, il co-insegnamento, la condivisione della responsabilità educativa e formativa su una classe da parte di un insegnante “generalista” e di un inse- gnante “specializzato” è un dato di fatto piuttosto recente.

Il futuro delle esperienze di co-docenza può dipendere dall’aumento della quantità e della qualità della ricerca e dalle evidenze e dalle buone pratiche maturate con l’inserimento della co-docenza nelle opzioni della scuola in situazione di classi con una spiccata eterogeneità interna e della formazione a tale formula di lavoro fra le competenze di base del docente della scuola dell’obbligo.

Decisamente nuovo per tutte le insegnanti e non sempre facile da accomodare come osservato anche in altri importanti studi (Friend & Cook, 2010; Hantzidiamantis, 2011) è stato internamente riconosciuto il fatto di po- tere/dovere essere investite contemporaneamente di responsabilità comuni verso tutta la classe e verso tutti gli allievi malgrado (o conseguentemente) a profili professionali specifici e diversi fra loro. Quello che emerge a posteriori da questa formula di corresponsabilità è la possibilità (o meglio: la volontà) di prestare assieme par- ticolare attenzione all’attività della classe al-di là dell’interesse delle soluzioni puntuali focalizzate su singoli.

L’accomodazione progressiva di questo nuovo paradigma identitario concerne il risentire in forma nuova an- che le collaborazioni fra docente regolare e specializzata ossia non in termini “secessionisti” ma prevalente- mente “federativi”. L’accessibilizzazione didattica e pedagogica degli ambienti e delle situazioni di apprendi- mento comporta azioni collegiali, coordinate e concordate predisposte con la doppia prospettiva del docente

“regolare” e del docente “specializzato”. La missione risentita è quella di evitare o ridurre a priori e in situazioni d’apprendimento comuni alla classe, le barriere e gli ostacoli alle pari opportunità d’esperienza per il singolo e per tutti. A questo ci sentiamo di aggiungere (per averlo trattato assieme nel corso dell’accompagnamento) la necessità di non banalizzare le situazioni, bensì di fornire alternative alla classe tali da garantire l’opportuna tensione educativa e didattica necessaria al miglior progresso di ognuno, ossia tenere alte e vitali, rifacendoci ad assunti vygotskijani, le zone prossimali di sviluppo di ognuno per tutte le competenze identificate nei Piani di studio.

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7. Il profilo di docente inclusivo

Riconoscendo la necessità di costruire l’identità del/la docente di classe inclusiva, per definire le specificità rispettive e complementari tra i/le docenti a livello di aree di competenze, la questione è stata affrontata pro- cedendo per confronto grazie all’ausilio del Profilo dei docenti inclusivi dell’European Agency for Development in special needs education (2012) che distingue e dichiara in forma di elenco:

1. Convinzioni e comportamenti;

2. Conoscenze;

3. Competenze.

Da questa discussione sono emerse indicazioni utili per definire bisogni/aspettative rispetto alla FC specifica dei/delle docenti di classe inclusiva.

7.1. Bisogni formativi

Sulla base delle diverse voci costitutive del profilo del docente inclusivo si sono cercati di evidenziare specifi- ci bisogni di accompagnamento e/o di formazione continua in relazione al modello di rappresentazione dei riferimenti qualitativi dell’esperienza di co-docenza presentato in precedenza (Giovannini & Mainardi, 2019).

Per quanto riguarda la missione sono stati segnalate le seguenti attese:

1. Serata aperta tra i vari attori: presentazione congiunta di realtà/attuazioni e finalità; si veda anche il rapporto CIRSE 2019 sulle Classi inclusive;

2. Lavoro di informazione/ divulgazione che interessi gli attori del comune tanto quanto gli altri pro- fessionisti cantonali della scuola;

3. Formazione continua: predisporre formazioni attente al lavoro per progetti in relazione ad una progettualità inclusiva.

A livello formale gli aspetti da approfondire risentiti sono i seguenti:

1. Formalizzare la procedura/le procedure di definizione della classe inclusiva e decisionali in merito alla sua composizione e ai suoi sviluppi;

2. Definire le reti coinvolte e esplicitare quali sono le responsabilità e le facoltà (ruoli) dei diversi at- tori;

3. Avere una possibilità di accompagnamento/supervisione per la pianificazione e la didattica (FC);

4. Avere una figura istituzionale (autorità scolastica) di riferimento assegnata  alla singola classe su tutto l’anno (con ruolo e competenza specifico verso la classe e verso la rete di cui sopra);

5. Poter contare su un intervento di esplicitazione/regolazione del quadro istituzionale di riferimento per i docenti;

6. Poter considerare una «semplificazione» funzionale e un alleggerimento della rete/équipe. Ad es.:

autorità e referenti comunali e cantonali possono delegare l’uno all’altra delle responsabilità ri- spettive (deleghe auspicabili, effettive o attese).

Le docenti, in corrispondenza alla loro identità professionale, hanno segnalato l’importanza di approfondire/

sviluppare le loro conoscenze a proposito di:

1. Concetto di inclusione; processi e condizioni di una scuola inclusiva;

2. Sviluppare un profilo di docente di classe inclusiva rispetto al profilo del docente inclusivo;

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3. Principali caratteristiche di quanto rientra sotto la voce “BES” e un’adeguata informazione in merito alle principali attenzioni da considerare;

4. Principali modelli e strategie del co-teaching.

Per quando riguarda lo sviluppo di nuove o più approfondite competenze sono emersi gli ambiti seguenti:

1. Modalità didattiche e pedagogiche: didattica inclusiva, differenziata e specializzata; personalizzata e individualizzata; per la classe inclusiva; l’apprendimento tra pari e il tutoring tra allievi in altri termini il sentimento di voler approfondire forme e applicazioni di didattica aperta (Demo 2017) per poter disporre di ulteriori strumenti ed esempi di pratiche funzionali all’inclusione e alla buona progressione scolastica di tutta la classe nel suo insieme.

2. Co/team-teaching: come costruire una programmazione condivisa, come comunicare, collaborare ed ottimizzare le specificità rispettive, come condurre in co/team-teaching; come far conoscere stru- menti e competenze del docente SE/SI/specializzato rispettivamente del docente “regolare”.

3. Valutazione: come valutare, come evidenziare i progressi di allievi con BES e non in situazioni di ete- rogeneità marcata.

4. Come agire in sintonia con i Piani di studio in considerazione di ritmi di apprendimento e progressi decisamente diversi all’interno della classe (rapporto competenza/temporalità della collocazione del- le competenze nei Piani di studio scolastici).

5. Come gestire e risolvere problemi comportamentali specifici senza crearne altri con l’adozione di regole differenziate per taluni studenti.

7.2. Fattori d’influenza risentiti

All’analisi si considerano i seguenti fattori:

A. fattori che corrispondono alle condizioni generali dei sistemi educativi e formativi in quanto istitu- zione.

B. fattori che corrispondono alle condizioni locali delle situazioni educative e formative ossia del conte- sto entro il quale si trova la sede scolastica (numerosità delle classi/sezione, dei docenti e docenti speciali e degli allievi, degli spazi oltre le aule di classe, ...).

C. fattori che corrispondono alle condizioni della relazione formativa e didattica specifica.

D. fattori che concernono la formazione di base e continua dei docenti (regolari e specializzati)

I primi esulano dalla possibilità diretta d’influenza delle docenti rimanendo di competenza quasi esclusiva dell’autorità scolastica in senso allargato.

I secondi incidono sulle possibilità di diversificazione delle modalità di lavoro interne alla classe, sulla compo- sizione possibile di gruppi e classi e sulla percezione di eventuali innovazioni (come la classe inclusiva) come progetto di sede e d’interesse comune e non in quanto realtà episodica. Le docenti ritengono importante il coinvolgimento del corpo docenti per un senso di appartenenza alla sede (per non restare comunque un “caso speciale”) e per la possibilità di entrare nel merito di un consenso informato nel prestare attenzione all’impor- tanza di organizzare i piani settimanale dell’insieme delle classi in modo tale da favorire il senso di appartenen- za della classe inclusiva alla sede, le collaborazioni fra classi e docenti e la condivisione interna dell’esperienza in corso.

Il terzo gruppo di fattori interessa l’aula/gli spazi di classe in relazione al co-teaching e alle diverse forme di collaborazione e suddivisione delle attività d’insegnamento fra docenti; i/le docenti coinvolti/e; il gruppo classe e i suoi componenti; le situazioni e le relazioni formative e didattiche rese possibili condizionatamente:

all’organizzazione interna; alla pianificazione settimanale generale; alle forme di co-teaching e di sussidiarietà interna fra docenti della classe e di sede; agli interventi individuali di operatori pedagogici per l’integrazione

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(OPI) e del servizio del sostegno pedagogico (SSP) o del servizio dell’educazione precoce speciale (SEPS); ai tempi per accedere ai trasporti e/o al servizio mensa. ecc.

L’ultimo gruppo di fattori ha portato all’esigenza di un’apertura competente a forme di lavoro in ambiti sco- lastici caratterizzati da un grado significativamente marcato di eterogeneità interna e da programmi tempo- ralmente e contenutisticamente orientati; alla collaborazione fra figure professionali diverse sulla classe con riguardo condiviso e reciproco alle specificità e all’universalità dell’agire docente. Le docenti a torto o a ragione si sono sentite piuttosto impreparate perdendo anche alcuni punti di riferimento che normalmente danno il polso all’andamento della classe e del rispetto del programma (la maggioranza ha affermato di essersi perce- pita tale in particolare nel corso del primo anno d’esperienza dove il grado di complessità associato alla novità, il grado di incertezza a priori dell’esito dell’esperienza, le aspettative e le responsabilità ad esse associate erano alti o in ogni caso diversi dal consueto.

7.3. Esperienze certo migliorabili ma a cui si riconoscono da subito molte qualità

A titolo di riscontro generale ed esterno degli esiti che sembrano caratterizzare le esperienze di istituzione di classi inclusive, oltre all’affermare la buona accoglienza che le stesse hanno avuto da parte dei genitori di tutti gli allievi, per “dare a Cesare quel che è di Cesare” in allegato riportiamo alcuni estratti di dossier di futuri docenti “regolari” in formazione (secondo anno di studio) che hanno avuto l’occasione di passare alcuni mo- menti delle loro pratiche professionali all’interno di alcune classi inclusive presenti nella scuola dell’infanzia o elementare fra cui quelle interessate da questa ricerca-formazione (Allegato 3).

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8. Conclusioni

« S’engager dans une démarche de transformation des pratiques qui convie à un changement de posture et de croyances ainsi qu’à l’adoption de nouvelles pratiques peut être source d’appréhension »

(Granger & Dumais, 2016, p. 8).

L’appropriazione solidale fra docenti delle responsabilità connesse all’imperativo di accessibilità ancorato alla costituzione di classi dette “inclusive” e il sentimento di essere sostenute in questo processo innovativo dalle autorità comunali e cantonali e dall’amministrazione scolastica è emersa come una delle principali condizioni indispensabili al buon andamento del processo costitutivo del senso istituzionale dell’esperienza d’innovazio- ne.

Una volta consolidate queste premesse, la capitalizzazione critica dell’esperienza è stata affrontata cercando di ricostruire i punti sensibili e di forza dei team di docenti risentiti dalle insegnanti invitando a: (1) investigare i vantaggi e i limiti delle condizioni costitutive e organizzative date; (2) ricercare, condividere e mettere in evidenza le buone pratiche sperimentate in materia di (a) pianificazione e organizzazione, (b) insegnamento, (c) co-insegnamento, (d) collaborazione e interazione fra le docenti e la rete degli altri attori interessati da attività con o per degli allievi dentro e fuori la classe; (3) ricostruire e discutere, rispetto alla realtà vissuta, la qualità percepita delle attività d’insegnamento; (4) riflettere su un profilo condiviso di docente inclusivo cioè su un profilo identitario nuovo, comune e complementare; (5) identificare alcune piste prioritarie e urgenti d’approfondimento e di formazione utili a chi volesse/dovesse intraprendere o portare avanti esperienze di questa natura.

L’approccio di capitalizzazione dell’esperienza messo in atto ha interessato un progetto educativo e formativo ancora molto giovane, in Ticino come altrove, e fondato su evidenze ancora parziali o settoriali tanto interne quanto esterne al sistema scolastico locale e nazionale (Boyle & Topping, 2012; Ebersold, 2020), che giusti- ficano ampiamente un approccio euristico in questa fase. Un’innovazione che richiede ad ogni singolo ope- ratore delle ridefinizioni identitarie, prasseologiche e deontologiche (a livello individuale e collettivo) e quindi del modo di concepire e intendere la comunità professionale e di pratica, la scuola e la scolarità. Il percorso attuato ha permesso di raccogliere e discutere le percezioni e l’agire di una operosità nuova, da condividere distinguendo tra quello che può essere atteso dalle docenti da quanto deve essere coerentemente assunto per competenza da altre istanze e autorità.

Al tempo stesso la capitalizzazione dell’esperienza nel confronto e nello scambio che le sono connaturate, può contribuire al passaggio da pratiche basate sul consueto e sull’ideologia “inclusiva” (inizialmente non può che essere così) a pratiche basate sull’innovazione e sull’evidenza della qualità delle pratiche inclusive per la scolarità di tutti gli allievi.

A tale scopo la capitalizzazione dell’esperienza come autopercezione o eteropercezione va accompagnata da dati d’impatto dell’esperienza (sulla dimensione disciplinare ed educativa) e sull’esperienza di fattori e condi- zioni interne ad una scuola ancora molto normativa (Mainardi, 2020): una capitalizzazione critica e scientifi- camente probante che va sostenuta e pretesa.

Questo consentirebbe di dare riscontro interno del grado di correlazione fra ideologia e pratica e di continuare a riflettere sulle condizioni che concorrono a determinare sempre più buone pratiche fondate dall’evidenza e supportate da finalità oggi universalmente dichiarate e perseguite non da ultimo consentendo di porre at- tenzioni specifiche all’impatto sull’accessibilità per tutti della scuola dell’obbligo dell’uno o dell’altro dei singoli fattori interni alle singole categorie di determinanti enunciate sopra.

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Insegnare in classi inclusive. Agire e capitalizzare l’innovazione: l’esperienza ticinese. 28

Allegato 1 – Questionario

Allegati

Allegato 1 - Questionario

Allegati

Allegato 1 - Questionario

Allegati

Allegato 1 - Questionario

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Allegato 1 - Questionario

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Insegnare in classi inclusive. Agire e capitalizzare l’innovazione: l’esperienza ticinese. 29

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