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1.2 Le origini del cane domestico

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Academic year: 2021

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S OMMARIO

Sommario ... 1

RIASSUNTO... 3

CAPITOLO 1 Introduzione ... 4

1.1 Socialità e comunicazione ... 5

1.2 Le origini del cane domestico ... 6

1.3 Il lupo ... 7

1.3.1 Ruoli sociali nel lupo ... 7

1.3.2 Comunicazione nel lupo ... 10

1.3.2.1 Comunicazione visiva ... 10

1.3.2.2 Comunicazione olfattiva ... 12

1.3.2.3 Comunicazione acustica... 12

1.3.2.4 Comunicazione tattile... 13

1.3.3 Segnali ambivalenti... 14

1.4 Sviluppo comportamentale e sociale del cane ... 15

1.5 I canali comunicativi nel cane ... 18

1.5.1 Comunicazione visiva ... 18

1.5.2 Comunicazione olfattiva ... 21

1.5.3 Comunicazione acustica ... 21

1.5.4 Comunicazione tattile ... 22

1.6 Le interazioni sociali ... 22

1.6.1 Concetti di dominanza e sottomissione ... 24

1.7 Il gioco sociale ... 31

1.8 L'aggressività intraspecifica ... 33

1.9 Lo stress ... 41

1.10 Scopo dello studio ... 42

CAPITOLO 2 Materiali e metodi ... 43

2.1 Soggetti ... 44

2.2 Ambiente degli incontri ... 46

2.3 Etogramma ... 46

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2.4 Filmati, osservazione e raccolta dati ... 53

2.5 Analisi dei dati ... 55

2.6 Analisi statistica... 56

CAPITOLO 3 Risultati ... 57

3.1 Risultati relativi al sesso ... 58

3.2 Risultati relativi alla familiarità ... 63

3.3 Risultati relativi a sesso e familiarità ... 67

CAPITOLO 4 Discussione ... 176

CAPITOLO 5 Conclusioni ... 191

Allegato A... 193

Bibliografia ... 196

Ringraziamenti ... 209

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RIASSUNTO

PAROLE CHIAVE: cane, comportamento sociale, comunicazione, familiarità, sesso.

La comunicazione è un mezzo fondamentale per mantenere coesione e stabilità in una società. Nel cane domestico (Canis familiaris) sono presenti pattern comportamentali a cui, nel corso degli anni, sono state attribuite diverse interpretazioni. Lo scopo di questo studio è stato di valutare l'influenza di fattori come la familiarità fra i soggetti e il sesso di appartenenza sul comportamento sociale di cani che incontrano dei conspecifici. Il campione era costituito da 18 cani (9 maschi e 9 femmine) che sono stati fatti incontrare a coppie in un recinto per 5 minuti. Ciascuno dei 18 cani ha incontrato altri 4 cani, alternativamente dello stesso sesso o sesso opposto, conosciuto o sconosciuto. Gli incontri sono stati videoregistrati e analizzati per misurare la durata dei comportamenti emessi dai due soggetti secondo un etogramma precedentemente redatto. Dall'analisi dei segnali che venivano emessi nell'ambito delle diverse categorie (sesso, familiarità ed entrambi i fattori incrociati) sono emerse delle differenze nel modo di comunicare. Quando i cani incontravano conspecifici con cui non avevano familiarità, tendevano a manifestare più a lungo comportamenti che denotavano uno stato di attenzione ed allerta (orecchie erette, postura in avanti), mentre quando incontravano conspecifici con cui avevano familiarità mostravano comportamenti meno tesi (esplorazione). I maschi, a prescindere dal soggetto incontrato, sono risultati più competitivi e cercavano maggiormente l'approccio, mentre le femmine tendevano a stare lontane dall'altro cane e manifestavano mediamente più stress (autogrooming) e paura (stare accovacciati o giacere, peso sul posteriore, scodinzolare a coda bassa). Infine, dal confronto incrociato fra le categorie sesso e familiarità è emerso che i maschi che incontravano femmine conosciute o sconosciute e maschi sconosciuti erano quelli che manifestavano un maggior arousal e cercavano maggiormente il confronto con il conspecifico. Tali risultati suggeriscono che il sesso di appartenenza e la familiarità fra due individui influiscono profondamente sulla comunicazio ne intraspecifica nel cane domestico.

SUMMARY

KEYWORDS: communication, dog, familiarity, sex, social behaviour.

Communication is an essential means to keep cohesion and stability in a society. In domestic dog (Canis familiaris) there are some patterns that have been differently interpreted throughout the years.

The aim of this study was to evaluate the influence of factors such as familia rity and sex upon the social behaviour of dogs that meet conspecifics. The sample was made up of 18 dogs (9 male and 9 female) that met another dog in an enclosure for 5 minutes. Each of the 18 dogs met 4 dogs, alternatively of the same or of the other sex, familiar or unfamiliar. The meetings were videotaped and then analyzed to measure the duration of behaviours of the two subjects, according to a previously prepared ethogram.

The analysis of signals emitted in the different categories (sex, familiarity and both of them crossed) showed some differences in the way dogs communicate. Dogs that met unfamiliar dogs tended to manifest for a longer time behaviours indicating attention and alertness (raised ears, forward posture), while dogs meeting familiar dogs displayed less tense behaviours (exploration). Males, regardless for the met dog, resulted more competitive and they mostly wanted to approach the other, while females tended to stay far from the other dog and manifested more stress (autogrooming) and fear (crouch or lean, lowered posture, wagging the tail while keeping it between the hindlegs). Lastly, a crossed confrontation between data about sex and familiarity showed that male dogs meeting females, both familiar or unfamiliar, and unfamiliar males, showed a higher arousal and looked for more confrontation with the other dog. Those findings suggest that sex and familiarity between two individuals have a strong impact on intraspecific communication in the domestic dog.

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CAPITOLO 1

I NTRODUZIONE

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1.1 Socialità e comunicazione

La socialità è definita in etologia come la tendenza dei soggetti appartenenti ad una specie ad aggregarsi in gruppi, e ad interagire con i conspecifici.

Il comportamento sociale è molto diffuso nel mondo animale, e la vita di gruppo fornisce notevoli vantaggi come la predazione in gruppo, la difesa dai predatori, la condivisione delle cure parentali, il controllo di un territorio, e fra i membri di una società ciascuno trae giovamento dall'operato di tutti gli altri (Gallicchio, 2001).

È chiaro che i membri di una comunità debbano essere in grado di comunicare tra loro attraverso una serie di segnali codificati, allo scopo di creare una coesione ed una stabilità utili al mantenimento della comunità stessa. La comunicazione coinvolge i canali sensoriali per permettere la percezione dei segnali emessi, feromoni, odori (olfatto, comunicazione olfattiva), suoni, vocalizzazioni (udito, comunicazione acustica), posture, movimenti (comunicazione visiva e tattile) (Pageat, 2006).

Spesso, per rendere la comunicazione più ricca e più chiara, viene comunque utilizzata una comunicazione che coinvolga allo stesso tempo più vie.

In ogni specie si sono differenziate e specializzate delle tipologie di comunicazione, a scapito di altre, secondo il grado di sviluppo dei sistemi neuro-sensoriali tipico della specie e secondo la capacità di emissione (Goodwin et al., 1997; Landsberg et al., 2013;

Overall, 2013).

La comunicazione quindi può essere definita come uno scambio di informazioni, una relazione tra due o più soggetti che si inviano segnali fisici o chimici che, percepiti attraverso gli organi di senso, possono determinare nel soggetto ricevente una modificazione del suo comportamento (Wiley, 1983).

Proprio per questo motivo è necessario che emittente e ricevente co ndividano un codice, in modo tale che il ricevente possa individuare il senso del segnale emesso dal compagno.

È importante non sottovalutare il contesto in cui un segnale comunicativo viene emesso, poiché uno stesso segnale può assumere significati differenti in relazione alla situazione, al luogo, a condizioni variabili del ricevente: Overall (2001) afferma che se un segnale non fornisce di per sé sufficiente informazione, il ruolo del contesto è assolutamente critico.

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Lorenz (1971) sostiene che la comunicazione abbia un ruolo fondamentale nel controllo dell'arousal dei comportamenti agonistici: i combattimenti diretti che potrebbero verificarsi, sono in realtà delle situazioni che ogni animale preferirebbe evitare, dato che potrebbero risultare svantaggiosi per entrambi i combattenti (Gallicchio, 2001). Pertanto negli animali si sono evoluti dei comportamenti volti a limitare le aggressioni, a volte con sviluppo di manifestazioni stereotipate o ritualizzazioni, ovvero degli schemi comportamentali complessi che hanno assunto caratteristica di segnali comunicativi (Simpson, 1997): in tal modo gli animali che si fronteggiano, tramite l'uso di segnali chiari e comprensibili ad entrambri, sarebbero in grado di stabilire il loro status sociale senza una vera e propria lotta.

Ogni individuo impara come produrre e comprendere la comunicazione tipica della sua specie, durante lo sviluppo del comportamento, in particolare nel cosiddetto periodo di socializzazione: nel cane e nel gatto una separazione precoce dalla madre, così come una mancanza di contatti con altri conspecifici adulti condurrebbe a carenze nelle abilità sociali, reazioni aggressive, instabilità emotiva, tendenza all'iperattaccamento ad alcune persone o animali (Pageat, 2006).

1.2 Le origini del cane domestico

Il cane domestico è una specie con una variabilità straordinaria in termini di taglia, dimensioni delle zampe in relazione al corpo, forme del cranio, coda (Scott & Fuller, 1965).

Linneo nel 1758 distingue il cane domestico (Canis familiaris) dal lupo (Canis lupus): specie diverse, ma stesso genere. Numerosi indizi supportano l'idea che tutti i cani abbiano un antenato in comune, addomesticato dal lupo tra otto e diecimila anni fa (Scott & Fuller, 1965) o addirittura oltre trentamila anni fa, prima ancora della nascita dell'agricoltura, ad opera di cacciatori e raccoglitori (Thalmann et al., 2013; Pilot et al., 2015).

Sembra che nel corso dei millenni, la specie sinantropa più largamente diffusa sia stata proprio il cane, a giudicare dai fossili ritrovati praticamente per tutto il pianeta, sempre in stretta correlazione con resti di insediamenti umani, ma i reperti più antichi sono stati ritrovati nel continente Eurasiatico (Thalmann et al., 2013).

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Sembrerebbe, infatti, che l'inizio della domesticazione sia avvenuto in più centri, molto distanti fra loro, sparsi fra l'Estremo Oriente, il Medio Oriente e l'Europa, e dunque non sarebbe possibile ad oggi stabilire se il cane domestico discenda da un'unica popolazione di lupi o da più popolazioni (Pilot et al., 2015).

Il processo di domesticazione sottintende una serie di modificazioni di geni funzionali, e il carattere di tali modificazioni potrebbe dare importanti informazioni riguardo la pressione selettiva nel primo periodo della storia del cane. Que sta selezione riguarderebbe in primo luogo alcune funzioni cerebrali, e geni coinvolti nelle capacità digestive degli amidi e metabolismo dei lipidi (Pilot et al., 2015).

Recentemente è stato scoperto che il DNA mitocondriale del cane moderno sia molto simile a quello dell'antico lupo grigio europeo, con differenze di circa il 2%, e che quindi questo sia il diretto antenato del cane (Thalmann et al., 2013).

Di esso il cane mantiene delle caratteristiche peculiari, forse le stesse che hanno portato l'uomo, decine di migliaia di anni fa, ad intraprendere il processo di domesticazione (Thalmann et al., 2013).

1.3 Il lupo

1.3.1 RUOLI SOCIALI NEL LUPO

Il lupo è un animale altamente sociale, che vive in branchi composti in media da 8 - 15 individui (Gallicchio et al., 2001).

Come detto in precedenza, la vita sociale fornisce degli indiscutibili vantaggi, e per usufruire di tali vantaggi, tutti i membri del branco devono cooperare.

La struttura portante del branco sarebbe rappresentata da una rigida gerarchia di tipo lineare di dominanza, con al vertice il maschio alfa, l'adulto (generalmente il capostipite del branco se a carattere familiare allargato) a cui spettano le decisioni più importanti e potenzialmente vitali per l'intero branco, e che per contro ha la precedenza sulle risorse limitate, prime fra tutte il cibo (Schenkel, 1947, 1967; Mech, 1970, 1999; Zimen, 1982;

Halfpenny, 2003).

Al di sotto, nella scala gerarchica (Schenkel, 1947, 1967; Mech, 1970, 1999; Zimen, 1982; Halfpenny, 2003) si troverebbe la femmina alfa. Essa è la compagna del maschio

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alfa, in una società in cui è radicata la monogamia a lungo termine. Il suo interesse è che all'interno del branco l'unica cucciolata sia la sua, e può divenire piuttosto aggressiva con le altre femmine nel periodo dei calori, spingendole ad allontanarsi del gruppo, ed impedendo loro quindi di accoppiarsi.

Il maschio beta sarebbe solitamente un individuo molto devoto al maschio alfa, e dopo la sua morte sarebbe quello destinato a prenderne il posto al comando. Proprio per tale motivo sarebbe meno benevolo e piuttosto aggressivo con i subordinati, con cui potrebbero sempre nascere delle contese per la successione al ruolo di alfa (Schenkel, 1947, 1967; Mech, 1970, 1999; Zimen, 1982; Halfpenny, 2003).

È stato affermato (Scott & Fuller, 1965; Schenkel, 1947, 1967; Woolpy, 1968;

Zimen, 1982; Halfpenny, 2003) che nei branchi di lupi in cui fosse stata stabilita una chiara gerarchia, le aggressioni fossero minime, mai manifeste, e nei casi in cui sorgesse qualche genere di conflitto, questo venisse risolto senza l'insorgenza di comportamenti aggressivi, ma tramite un vasto repertorio di segnali corporei e senza un effettivo contatto fra i soggetti (van Kerkhove, 2004). Solitamente il maschio alfa sarebbe il soggetto più calmo ed equilibrato, e il meno incline all'aggressività, colui che preferisce risolvere i problemi di carattere gerarchico con esibizioni ritualizzate di chiara dominanza (van Kerkhove, 2004).

La comunità scientifica parte dunque dal presupposto che la struttura sociale de l branco vedrebbe dei soggetti in continua competizione per la posizione sociale più alta, ma, in ultima analisi, tenuti sotto controllo dal maschio alfa e dalla femmina alfa (van Kerkhove, 2004).

Tuttavia da uno studio condotto da Mech (1999) su branchi selvatici, emerge che ci sia qualche differenza fra ciò che avviene in natura e i branchi tenuti in cattività, sicuramente più facilmente utilizzabili per gli studi etologici sul lupo. Dal suo studio, Mech (1999) ha rilevato che quando gli animali hanno a disposizione ambienti molto più vasti, il branco di per sé è formato da una coppia adulta e dalla loro prole, che permane col branco fino circa a due anni di età. A tale età, i giovani lupi lascerebbero il branco di origine alla ricerca di un partner del sesso opposto, con cui riprodursi e formare il proprio branco. Il maschio adulto dunque sarebbe sempre l'alfa del branco a cui dà origine. I subordinati, infatti, per quanto vivano al sicuro in un branco, vivrebbero

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allontanerebbero dal branco di origine (in ambito selvatico), oppure potrebbero dare inizio a lotte con individui di rango superiore per cercare di risalire in ambito gerarchico, cosa che avverrebbe più spesso in cattività (Mech, 1999).

In branchi tenuti in cattività dunque sembra ci sia una restrizione ambientale e forse di risorse, che secondo van Kerkhove (2004) sarebbe ciò che genera la formazione di gerarchie di dominanza come vengono intese comunemente.

In fondo alla scala gerarchica si troverebbero i cuccioli, figli della coppia alfa (Schenkel, 1947, 1967; Mech, 1970, 1999; Zimen, 1982; Halfpenny, 2003). La lupa è monoestrale stagionale, e la stagione riproduttiva va da gennaio ad aprile, e dopo una gravidanza equiparabile a quella del cane in durata, i cuccioli nascono in primavera.

Lo svezzamento dei cuccioli comincia a circa quattro settimane di vita, quando i genitori o gli altri membri del branco forniscono ai piccoli del cibo parzialmente digerito, rigurgitandolo. I cuccioli affamati stessi stimolerebbero questo rigurgito andando a leccare o a toccare con il muso la bocca degli adulti (Mech, 1970).

A partire dalle quattro settimane di età i cuccioli cominciano a manifestare anche dei comportamenti allelomimetici e sociali come correre insieme, stare sdraiati insieme, alzarsi insieme e ululare all'unisono (Scott & Fuller, 1965)

Feddersen-Petersen (2007) riassume le caratteristiche che rendono sociale la vita del lupo:

• il gioco sociale, in cui vengono apprese le regole basilari della vita sociale:

quanto possono stringere un morso senza far male, quanto aspramente possono interagire per risolvere un conflitto;

• il senso di lealtà, imparato durante il gioco, che aiuta gli animali a trarre ciascuno beneficio dall'operato di tutti i membri della stessa comunità;

• abilità comunicative;

• gruppi familiari o branchi;

• monogamia a lungo termine (comportamento riproduttivo poliandrico rilevato occasionalmente);

• senso di appartenenza;

• cure parentali fornite da entrambi i genitori o da altri membri del branco;

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• apprendimento sociale dai conspecifici, poiché i piccoli rimangono nel branco a lungo, tanto da poter imparare le regole del comportamento sociale e acquisire le abilità di caccia;

• diritti sociali e gerarchia di dominanza.

(Feddersen-Petersen, 2007)

1.3.2 COMUNICAZIONE NEL LUPO

Nel lupo è stata studiata approfonditamente la comunicazione, e in questa specie si sono trovate un vastissimo numero di espressioni facciali (oltre 60) e posture corporee, che essi utilizzano per comunicare (Feddersen-Petersen, 2007). Questa caratteristica, peraltro, non è del tutto riconducibile al cane domestico, in quanto la domesticazione ha portato alla cosiddetta neotenia, cioè la ritenzione di una morfologia giovanile negli adulti (Gould, 1977) e inoltre la fortissima variabilità fisica dovuta alla selezione di razza, ha portato a conformazioni fisiche più disparate e forme facciali che rendono impossibili alcune espressioni (ad esempio nelle razze brachicefaliche la pelle della fronte e dell'area del naso è corrugata e le labbra sono abbondanti), e rendendo la comunicazione visiva (corporea) meno chiara e precisa (Goodwin et al., 1997;

Feddersen-Petersen, 2007).

Per contro, nel cane è stato riconosciuto che l'abbaio è un segnale comunicativo molto importante, e che rappresenta un sistema codificato molto più articolato di ciò che si possa pensare poiché il cane è in grado di produrre suoni molto più variabili rispetto al lupo, ha un repertorio di suoni di base molto vasto, ed è in grado di dare ad ogni verso un significato differente, secondo il tono, il timbro, la lunghezza dell'emissione vocale e il contesto stesso (Feddersen-Petersen, 2007).

1.3.2.1 Comunicazione visiva

Come detto in precedenza, il lupo possiede un pattern molto articolato di espressioni e gestualità con cui comunica con i conspecifici (Feddersen-Petersen, 2007).

Generalmente sono rari gli incontri aggressivi, e le interazioni agonistiche si svolgono per lo più in una forma ritualizzata, senza che si arrivi ad una vera e propria lotta (van Kerkhove, 2004; Feddersen-Petersen, 2007).

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Una buona parte della mimica facciale è legata ai colori presenti sul muso e sul cranio, con caratteristica alternanza di zone chiare e scure, righe e macchie: quando la cute si distende o si contrae nelle espressioni di paura o di rabbia, il mantello produce un gioco di chiaroscuri che aumentano l’efficacia comunicativa (Gallicchio, 2001).

I soggetti subordinati, secondo Schenkel (1967), esibirebbero atteggiamenti di sottomissione attiva nei confronti di lupi di rango più elevato al fine di dimostrare loro il proprio rispetto ed inibire reazioni aggressive. La sottomissione, sia attiva che passiva, viene considerata da Gallicchio (2001) un comportamento innato che i lupi esibirebbero fin da cuccioli. La prima consisterebbe in un complesso di posture e gesti giocosi:

l’animale presenta testa bassa, orecchie indietro, corpo radente al terreno e cerca di leccare il muso del dominante, anche uggiolando. Questo tipo di sottomissione sarebbe perpetrato molto spesso da parte dei giovani verso gli anziani (Schenkel, 1967;

Gallicchio, 2001).

La sottomissione passiva sorgerebbe quando un soggetto impaurito, per scongiurare atteggiamenti aggressivi, si rotola sul dorso con la pancia verso l’alto, quasi immobile, lasciando che il dominante esplori l’area ano-genitale e il ventre (Schenkel, 1967;

Gallicchio, 2001). Se l'aggressività dell'altro continua a crescere, il soggetto subordinato può mettere in atto atteggiamenti difensivi, e solo all'ultimo passerà all'attacco aggressivo a sua volta (Gallicchio, 2001).

I soggetti dominanti, invece, esibirebbero diversi atteggiamenti volti ad attestare la propria posizione gerarchica e solo raramente necessiterebbero di ricorrere alla forza:

gli atteggiamenti di dominanza agonistica messi in atto solitamente sarebbero di postura in piedi, con coda alta, sguardo fisso verso un subordinato che, di norma, dovrebbe distogliere lo sguardo e allontanarsi (Zimen, 1978); tra animali intimi, il dominante potrebbe porsi all'impiedi tra le zampe anteriori del subordinato quando questi giace accovacciato (Gallicchio, 2001). Un altro gesto di dominanza sarebbe la presa del muso, che avviene senza alcuna intenzione di ferire, senza stringere la presa. Il gesto di monta sul dorso è considerato anch'esso un gesto di dominanza (Gallicchio, 2001).

Tra lupi di rango simile, Zimen (1978) descrive un “comportamento intimidatorio”, con peli del dorso eretti e movimenti lenti e rigidi, fortemente inibiti, con o senza concomitante atteggiamento di mostrare i denti o morso inibito, manifestati in modo

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ritualizzato. Questi comportamenti verrebbero manifestati in postura eretta, con coda verticale vibrante, orecchie rivolte in avanti e ringhiando (Zimen, 1978).

1.3.2.2 Comunicazione olfattiva

Il lupo possiede una capacità olfattiva straordinariamente sviluppata, maggiore rispetto al cane (Gallicchio, 2001).

I membri del branco si riconoscono ovviamente visivamente, ma conoscono anche l'odore di ciascun membro, e se non riuscissero a vedersi si riconoscerebbero comunque.

Un'ispezione olfattiva accurata viene effettuata dopo una separazione o su un giovane straniero (Gallicchio, 2001).

Grande importanza è rivestita dalla deposizione di urine e feci, attraverso cui i lupi marcano il territorio, e che sono deposte in luoghi strategici (r occe, cespugli, tronchi specialmente al confine con zone abitate da altri branchi) ed ispezionate dagli animali di passaggio. Spesso dopo la marcatura con l'urina, il lupo raspa sul terreno con i quattro arti, forse per lasciare una traccia anche visiva, oltre a quella olfattiva, del suo passaggio.

Normalmente, la percezione del passaggio di altri lupi lungo le piste odorose evita lo scontro diretto (Gallicchio, 2001).

L'olfatto inoltre è utile per identificare le femmine in estro (Gallicchio, 2001).

1.3.2.3 Comunicazione acustica

Zimen (1978) ha classificato sei suoni basilari nel lupo come segue:

• Uggiolio (whimper): nota chiara e alta, che esprime insoddisfazione, ansia o lieve eccitazione. A volte viene usata anche durante il corteggiamento. I cuccioli uggiolano per richiamare l'attenzione di un adulto, gli adulti uggiolano per chiamare i cuccioli. Gli individui di basso rango uggiolano quando incontrano individui di rango superiore.

• Sbuffo (wuffing): monosillabico, usato come richiamo dell'attenzione, un avvertimento per il branco dell'avvicinamento di un potenziale pericolo. Se il pericolo perdura o è molto vicino, più sbuffi ravvicinati si trasformano quasi in un abbaio.

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• Ringhio (snarling): manifestato insieme al mostrare i denti, è un'evidente minaccia. I lupi ringhiano verso i cuccioli troppo importuni, o verso i subordinati che fanno qualcosa che non possono, o un subordinato ringhia verso un superiore che lo opprime.

• Urlo (squealing): vocalizzazione di paura o dolore. Un adulto urla quando è vittima di un attacco plurimo. Un cucciolo urla durante i giochi quando prendono una piega più irruenta del previsto. Un cucciolo urla anche all'avvicinarsi di un pericolo, e gli adulti accorrono.

• Sbattere i denti (teeth snapping): suono prodotto da un animale spaventato messo alle strette, nel tentativo di bloccare un attacco.

• Ululato (howl): caratteristico suono emesso dal lupo, lungo e melodioso, a bocca semiaperta, labbra in avanti, testa portata in alto e orecchie all'indietro. Un ululato può essere ripetuto per diversi minuti, e più lupi possono ululare insieme per ore.

Ogni individuo ha il suo tipico ululato, e ognuno riconosce chi ha cominciato ad ululare, accordando un coro. I lupi spesso ululano quando si sono separati dal branco, per ritrovarsi (Gallicchio, 2001). La “cerimonia del coro” è descritta da Zimen (1978) come un tenersi sempre a contatto anche se un soggetto si allontana e si sottrae alla vista del resto del branco, e tutti i soggetti, di tutti i ranghi, seguono il coro che si sviluppa. Viene descritto anche l'ululato del lupo solitario, il “pianto della solitudine”, che probabilmente serve a trovare un compagno che si trovi nella stessa situazione, con cui trovare un contatto amichevole e, eventualmente, formare un branco (Gallicchio, 2001).

1.3.2.4 Comunicazione tattile

I contatti fisici tra i lupi sono molto frequenti, e coinvolgono più frequentemente il muso ed il mantello. Le iniziative di contatto partono con maggior frequenza dai cuccioli o dai lupi dominanti (Gallicchio, 2001).

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I lupi usano molto la lingua: la madre con i cuccioli, i cuccioli fra loro, i maschi leccano la zona genitale delle femmine in estro, in generale si leccano l'un l'altro, lupi vicini di rango si leccano le ferite fra loro (Gallicchio, 2001).

1.3.3 SEGNALI AMBIVALENTI

La struttura gerarchica, finché solida, assicurerebbe un ambiente privo di asperità sociali (Scott & Fuller, 1965; Schenkel, 1947, 1967; Woolpy, 1968; Zimen, 1982;

Halfpenny, 2003).

Ciò non vuol dire, comunque, che gli animali interagendo fra loro mostrino solamente segnali corporei dettati dalla loro posizione sociale, cioè che il soggetto alfa mostri solamente comportamenti di dominanza e tutti gli altri soggetti comportamenti di sottomissione. Ovvero, la dominanza non sarebbe un tratto individuale, ma un riflesso di una relazione asimmetrica e dinamica fra due individui, che può variare nel tempo e a seconda del contesto (van Hoof & Wensing, 1987; Fatjó et al., 2007a; Bradshaw et al., 2009).

Si parlerebbe dunque di segnali ambivalenti, ovvero una combinazione nello stesso momento o in momenti consecutivi molto ravvicinati di comportamenti (espressioni facciali o posture corporee) che di per sé denoterebbero o atteggiamento di dominanza o atteggiamento di sottomissione, ma che essendo perpetrati simultaneamente, non mostrano né dominanza né sottomissione (Beaver, 1999; Harrington & Asa, 2003; Fatjó et al., 2007a).

Fatjó et al. (2007a) hanno studiato il comportamento di 6 lupi in cattività: tre maschi e tre femmine in un ambiente in cui potevano liberamente interagire fra loro. Era ben chiara e consolidata la gerarchia sociale nel gruppo dei maschi e nel gruppo delle femmine.

Sono stati analizzati diversi incontri, ed è emerso che durante il 68% del tempo di interazione, almeno uno dei due soggetti che interagivano, manifestava comportamenti ambivalenti, e nel 20% dei casi lo facevano entrambi. In particolare emettevano più volte segnali ambivalenti i soggetti di rango più alto. Gli autori hanno ipotizzato che questo alto tasso di segnali ambivalenti si potesse spiegare come una strategia da parte degli individui di grado più elevato nella gerarchia sociale volta ad evitare

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l'intensificazione dell'aggressività. È possibile anche che tali risultati esprimano uno stato di stress sociale e di una certa instabilità della posizione sociale stessa (Schenkel, 1967).

1.4 Sviluppo comportamentale e sociale del cane

Viene comunemente accettato lo schema che vede lo sviluppo comportamentale e sociale del cane suddiviso in sei fasi.

• Periodo prenatale: già la vita intrauterina influenzerebbe lo sviluppo sociale dei feti. Sono stati effettuati diversi studi che hanno portato alla conclusione che lo stress nella vita prenatale, fornito sottoponendo la madre a situazioni paurose, influenzi lo stato emotivo dei nascituri, che potrebbero presentare nella vita postnatale uno stato di maggiore emotività, fino anche a difetti dell'apprendimento (Landsberg et al., 2013). I feti stessi in utero rispondono allo stimolo muovendosi, e sembrerebbe che tanto più la reazione della madre allo stimolo avverso è forte, tanto più la reazione dei feti è prolungata nel tempo (Pageat, 1999). Viceversa, se si fornisce alla madre un ambiente tranuquillo, che agevola i contatti positivi con altri animali o persone, i nascituri avranno uno sviluppo emotivo più desiderabile (Landsberg et al., 2013).

• Periodo neonatale (dalla nascita fino a 13 giorni): in questo periodo le capacità motorie dei cuccioli sono molto limitate, gli occhi e i canali uditivi sono chiusi fino a circa 14 giorni, e il sistema sensoriale maggiormente sviluppato è quello tattile. Circa il 90% del ciclo nictemerale è costituito da sonno, soprattutto sonno paradosso, durante il quale i cuccioli manifestano movimenti della faccia, delle orecchie, delle palpebre, delle labbra, degli arti e del tronco. Normalmente i cuccioli stanno ammucchiati fra loro, ed è probabile che le stimolazioni tattili reciproche influenzino la maturazione sensoriale (Pageat, 1999). La stimolazione tattile comprende anche le manualità da parte dell'uomo: lo stress fornito dal maneggiamento, se leggero, favorirebbe lo sviluppo nervoso e delle abilità motorie dei cuccioli, darebbe un più rapido incremento di peso e della velocità di crescita del pelo, l'apertura degli occhi avverrebbe prima, e in generale migliorerebbe le capacità di apprendimento e la stabilità emotiva del cucciolo

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(Landsberg et al., 2013). Viceversa, un maneggiamento che sia troppo stressante, potrebbe portare ad un eccesso di secrezione di ormone adrenocorticotropo (ACTH), correlato con minori abilità di apprendimento (Overall, 2013).

• Periodo di transizione (da 14 a 19 giorni): il periodo comincia col momento in cui i cuccioli aprono gli occhi, e anche se la vista non è ancora ben chiara, possono cominciare a orientarsi nello spazio, mentre l'udito si sviluppa verso la fine del periodo di transizione, con la comparsa del riflesso di trasalimento (il cucciolo trasalisce quando un uomo batte le mani al di sopra della sua testa). Si conclude con questo periodo dunque la maturazione degli elementi sensoriali, necessari per una vita di relazione ottimale. In questo periodo inoltre i cuccioli cominciano a stare in piedi e cominciano ad esplorare, guidati anche dai sensi in via di sviluppo, e l'eliminazione di feci e urina diventa volontaria, e pertanto non sono più completamente dipendenti dalla madre. È in questo periodo che comincia il processo di imprinting, che è all'origine dell'identificazione del simile, cioè del partner sociale e sessuale. Tale periodo si protrae fino alle 4 settimane, con variabilità individuali. I nuovi sensi che si sviluppano, permettono ai cuccioli di raccogliere nuove informazioni sulla madre, che diventa l'oggetto rassicurante attorno al quale poter sviluppare il comportamento esplorativo (Pageat, 1999). I cuccioli nel periodo di transizione cominciano ad interagire con altri individui e compaiono i primi pattern di comportamento sociale. In questo periodo, infine, l'esposizione per brevi periodi a delicati stimoli di varia natura, potrebbe favorire lo sviluppo fisico e mentale (Landsberg et al., 2013).

• Periodo di socializzazione (da 20 giorni a 12 settimane): è un periodo sensibile, è il momento in cui gli animali possono beneficiare al massimo dell'esposizione a certi stimoli, mentre la deprivazione da tale esposizione aumenterebbe il rischio di sviluppare problemi relativi allo stimolo mancante (Overall, 2013). Secondo Pageat (1999) questo periodo è contraddistinto dall'acquisizione di quattro requisiti: gli autocontrolli (ovvero il raggiungimento dell'omeostasi sensoriale, con risposta solo a stimoli di intensità maggiore alla soglia prestabilita, e l'acquisizione della capacità di discernimento fra situazioni neutre e situazioni potenzialmente pericolose), l'acquisizione dei sistemi di comunicazione (canali

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con l'eruzione dei denti da latte, che causa dolore alla madre al momento della poppata e quindi comincerebbe a distaccarsi dai cuccioli). In questo periodo tutti i sistemi sensoriali sono funzionanti e le capacità di apprendimento aumentano.

Aumentano rapidamente lo sviluppo di pattern di comportamento sociale, con la comparsa di risposte da parte dei cuccioli a persone o altri animali, la volontà di interazione, il comportamento esplorativo su maggiori distanze rispetto al periodo di transizione. I cuccioli interagiscono sia con la madre che fra loro.

Essendo questo il periodo in cui vengono stabilite le relazioni sociali, è molto importante che i cuccioli abbiano contatto con una grande varietà di ciò che saranno i suoi futuri compagni di vita (umani o animali). In questo periodo i cuccioli sono fortemente sensibili allo stress psicologico. Nel periodo di socializzazione il gioco ha un ruolo fondamentale: non solo permette ai cuccioli di migliorare le loro capacità motorie e di coordinazione, ma il gioco sociale permette di elaborare l'abilità di risoluzione dei conflitti e di sviluppare comportamenti appropriati, in quanto i cuccioli si misurano l'uno con l'altro, e quando interagiscono con altri cani imparano osservando il loro comportamento (Landsberg et al., 2013). Messam et al. (2013) hanno messo in correlazione l'età di adozione con la propensione dei cani a mordere sia in contesti di gioco che al di fuori di contesti di gioco, ed è emerso che ci sarebbero delle variazioni, poiché i cani che hanno una maggior propensione a mordere durante il gioco sono cani che sono stati adottati ad un'età più giovane, intorno alle sei settimane, ovvero nel pieno del periodo di socializzazione, e sono stati sottratti preco cemente dall'ambiente della cucciolata. Uno studio di Fox & Stelzner (1967) dimostra che la deprivazione del contatto con i conspecifici in questo periodo lascia dei deficit relazionali nei cuccioli, che crescendo non sono in grado di fronteggiare le situazioni sociali adeguatamente, ed esibiscono pattern anomali come asocialità, non responsività, maggiore arousal, comportamenti intraprendenti con i cani adulti, scarsa propensione per il gioco e anzi evitamento di questo nel momento in cui un altro cucciolo mostrava l'intenzione di voler giocare, reagendo in maniera aggressiva, non conoscendo alcuna inibizione del morso.

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• Periodo giovanile (da 12 settimane alla maturità sessuale): è il periodo in cui aumenta l'esplorazione ambientale, mentre diminuisce la formazione di nuovi contatti sociali (Landsberg et al., 2013).

• Periodo adulto (dalla maturità sessuale in poi): è il periodo finale. I cani sono generalmente considerati socialmente maturi a circa 18 mesi e totalmente maturi a circa due anni (Beaver, 2009).

1.5 I canali comunicativi nel cane

La comunicazione è uno scambio di informazioni tra soggetti, in modo tale che un soggetto emittente invii un segnale che può determinare una modificazione comportamentale in un soggetto ricevente (Wiley, 1983).

Pertanto, devono essere presenti sia un modo di emettere i segnali in maniera codificata ed inequivocabile all'interno di una specie, anche con l'eventuale variare del contesto, sia dei sistemi di ricezione di tali informazioni, ovvero i canali sensoriali (Overall, 2001; Pageat, 2006).

1.5.1 COMUNICAZIONE VISIVA

Alla nascita il cane non ha ancora gli occhi aperti, e anche dopo l'apertura intorno al quattordicesimo giorno di vita il senso della vista è ancora immaturo. La visione comincia a migliorare rapidamente a partire dal ventesimo giorno di vita (Overall, 2013).

Il senso della vista nel cane è specializzato per la caccia al crepuscolo, dunque la visione in condizioni di bassa luminosità è molto migliore rispetto a quella dell'uomo, a discapito però della capacità di distinguere i colori, poiché il cane è in grado di distinguere solo il blu dal giallo (visione dicromatica). Inoltre il senso della vista del cane è molto sensibile al rapido movimento, all'interno del campo visivo, tutto ciò spiegato dal fatto che il cane è un abile cacciatore di piccole prede (Landsberg et al., 2013).

La visione binoculare è relativamente scarsa rispetto all'uomo, ed è molto variabile secondo la forma del cranio: cani dolicocefali hanno gli occhi più laterali, e hanno un

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campo visivo binoculare più ristretto rispetto a cani brachicefali, che hanno gli occhi più frontali (Overall, 2013).

Il linguaggio del corpo ha la caratteristica di passare informazioni molto rapidamente fra emittente e ricevente, e produce risposte immediate.

I pattern comportamentali usati per la comunicazione visiva dovrebbero discendere da quelli usati dal lupo. Tuttavia le modificazioni fisiche indotte dalle selezioni di razza hanno modificato non solo l'orientamento degli occhi e del campo visivo, che può risultare quindi anche molto diverso rispetto al lupo, ma anche altre strutture corporee soprattutto del viso, rendendo impossibile per alcune razze manifestare delle espressioni comunicative tipiche del lupo (Goodwin et al., 1997). Nonostante tutte le razze canine abbiano almeno qualche grado di pedomorfosi rispetto al lupo, uno studio del 1997 di Goodwin et al. ha dimostrato che le razze canine più dissimili dal lupo a livello di strutture fisiche coinvolte nell'emissione di segnali visivi, sono quelle che emettono meno pattern comportamentali propri del lupo. Queste razze avrebbero perso tale repertorio di linguaggio del corpo. Inoltre, Goodwin et al. (1997) suggeriscono che i pattern usati dal lupo per prevenire l'escalation dell'aggressività siano andati perduti nel cane, che ha una soglia di aggressività più alta.

Generalmente comunque anche nel cane quando insorgono dei conflitti questi sono risolti con l'emissione di segnali ritualizzati e stereotipati (Simpson, 1997), e la maggior parte dei problemi di escalation dell'aggressività insorgono nel caso in cui sia presente un problema di comunicazione, o nel caso di animali che hanno problemi fisici (anziani, varie patologie) tali da non permettere loro di emettere un segnale appropriato e generando fraintendimenti (Landsberg et al., 2013).

Molte parti del corpo sono usate per comunicare, e da queste si può conoscere lo stato emotivo e il comportamento agonistico.

Le posture alte, con testa alta, orecchie erette, sguardo fisso, coda alta sarebbero associate a cani dominanti o che si preparano ad un attacco aggressivo, e si contrapporrebbero alle posture basse e sommesse, con orecchie basse, coda bassa, sguardo che viene distolto, che si ricondurrebbero più a cani subordinati (Simpson, 1997).

Lo scondinzolio della coda non si rimanda sempre e comunque a comportamenti amichevoli o di sottomissione (Beaver, 1981), ma anche alla minaccia, nel caso di una

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coda portata alta e con movimenti non molto ampi. Il comportamento amichevole vede invece uno scodinzolio con escursioni ampie. La sottomissione sarebbe indicata da movimenti rigidi della coda, che viene portata bassa (Simpson, 1997).

Beaver nel 1981 definiva la comunicazione amichevole tra cani come l'insieme delle posture volte a diminuire la distanza fra i due soggetti. L'Autrice sosteneva che i segnali di comunicazione amichevole erano classificabili in tre categorie: sottomissione passiva (distogliere lo sguardo, abbassare la testa e le orecchie, rotolarsi sul dorso, tenere la coda bassa), sottomissione attiva (approcciare l'altro cane guardando altrove, postura bassa, urinazione di sottomissione), gioco (inchino, espressione facciale di gioco).

Nel 1982 Beaver introduce anche le posture che incrementano la distanza reciproca, quando si tratta di cani minacciosi. Si tratta dello sguardo fisso, mostrare i denti, ringhiare e di quelle strategie che fanno sembrare il cane più grande di quello che è, ovvero la postura alta, la testa alta sul collo, le orecchie erette, la coda portata in posizione verticale e la piloerezione, fino ad una postura protesa in avanti verso il destinatario.

Già nel 1962 Chance aveva parlato delle posture di cut-off, come delle posture che vengono adottate dagli animali che sono minacciati da un conspecifico, verso il quale provano allo stesso tempo segni di attrazione. Queste posture permettono loro di escludere il partner dal loro campo visivo, interrompendo lo stimolo sociale, ma consentono loro di rimanergli vicino, quindi senza ritirarsi del tutto dall'incontro.

Gazzano et al. (2014) hanno differenziato i segnali di cut-off dai segnali calmanti (come distogliere lo sguardo, leccarsi il naso, immobilizzarsi), in quanto questi ultimi verrebbero espressi più per prevenire piuttosto che per bloccare un'azione aggressiva in corso.

Secondo Beaver (2009) anche nel cane, come nel lupo, si possono ritrovare i segnali ambivalenti.

Alcuni segnali corporei rientrano nella metacomunicazione, cioè un segnale o uno schema di segnali che permettono una diversa interpretazione dei segnali che verranno emessi successivamente (Landsberg et al., 2013). Un esempio di metacomunicazione è l'inchino di gioco, con cui l'emittente comunica al ricevente che le azioni che seguiranno non sono serie, perciò se si verificherà un attacco, questo è finton e non è volto a ledere

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1.5.2 COMUNICAZIONE OLFATTIVA

Il senso dell'olfatto è estremamente sviluppato nel cane, e sarebbe il suo senso principale (Landsberg et al., 2013). Il cane può percepire una sostanza diluita in concentrazione 1:100 rispetto all'uomo, in quanto mediamente ha circa un miliardo di cellule olfattive disposte su una superficie di 170 cm2 (Overall, 2013).

Nell'ambito sociale, l'olfatto permette ai cani di ottenere informazioni grazie al fatto che ogni individuo ha degli odori caratteristici, che vengono emessi dalle numerose ghiandole corporee: ghiandole perianali (Natynczuk, 1989) urine, feci, saliva, ghiandole sebacee e sudoripare interdigitali; i cani possono intercettare questi odori nell'ambiente e avere informazioni riguardo al cane che li ha lasciati e quando lo ha fatto: ad esempio la marcatura con l'urina fornisce informazioni sull'identità, il sesso e l'eventuale ricettività (femmine in estro), familiarità (Overall, 2013).

Animali che hanno familiarità, dopo lungo tempo che sono stati separati si ispezionano a vicenda, soprattutto a livello del posteriore, mentre cani che si incontrano per la prima volta cercano di raccogliere quante più informazioni possibili tramite ispezione olfattiva, e Bradshaw et al. (1992) hanno rilevato che i maschi ispezionano soprattutto a livello del posteriore, mentre le femmine prediligono altre aree corporee, soprattutto la testa.

1.5.3 COMUNICAZIONE ACUSTICA

Il senso dell'udito nel cane è molto più sviluppato rispetto a quello dell'uomo: l'uomo può udire suoni di frequenza dai 20 Hz ai 16 kHz, mentre il cane potrebbe arrivare a udire suoni fino a 60 kHz. Inoltre l'efficiacia dell'udito del cane aumenta grazie alla possibilità di orientare i padiglioni auricolari verso la sorgente sonora, oltre che, chiaramente, orientare la testa (Landsberg et al., 2013).

Il cane produce una grande varietà di vocalizzazioni, molte di più rispetto al lupo: da cucciolo le vocalizzazioni che è in grado di emettere sono poche, cioè vocalizzazioni di stress che hanno lo scopo di riavvicinare la madre, e vocalizzazioni non di stress, e poi con la crescita il repertorio di vocalizzazioni si fa più vasto (Beaver, 2009).

L'abbaio è la vocalizzazione più utilizzata di tutte. Il cane inizia ad abbaiare fra le due e le quattro settimane di vita, inizialmente per sollecitare il gioco. Crescendo, si

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cominciano a distinguere molti significati, al variare del tono e del contesto (Gallicchio, 2001).

Il cane non abbaia in qualsiasi tipo di contesto, né l'abbaio è sempre uguale, e un cane è in grado di riconoscere il contesto nel quale un altro cane ha abbaiato, anche se si trova a distanza (Pongrácz et al., 2014).

L'abbaio infatti è riferibile a eccitazione, gioco, richiamo dell'attenzione, minaccia.

Tonalità più alte sono riferibili a saluto e gioco, toni più gravi sono da ricondurre a intenzioni di minaccia (Beaver, 2009).

Il ringhio è una vocalizzazione comunemente associata a contesti minacciosi, di allerta o di difesa. In realtà molto spesso i cani ringhiano anche mentre giocano, mostrando la stessa vocalizzazione ma ad una frequenza più alta (Overall, 2013).

I cani possono piangere e lamentarsi quando stressati, per cercare attenzioni o cercare il contatto, per difesa, dolore, incitazione a giocare (Beaver, 2009).

L'ululato nel cane è più raro che nel lupo, ma potrebbe avere una funzione simile, ovvero quella di mantenere la coesione del gruppo sociale. Un cane infatti può ululare se viene separato dal gruppo. A volte il cane ulula in risposta alla voce del proprietario o al suono di uno strumento musicale. Tale evento potrebbe ricondursi al caratteristico coro di ululati dei lupi di un branco (Beaver, 2009).

1.5.4 COMUNICAZIONE TATTILE

Il tatto è conferito dalla presenza di recettori tattili su tutta la superficie corporea. È il primo senso che si sviluppa nel cane, e subito dopo la nascita è l'unico mezzo che ha per ricevere informazioni. La madre subito dopo il parto lecca i cuccioli e strofina il muso su di loro.

1.6 Le interazioni sociali

Una relazione sociale è un comportamento regolare e prevedibile che interco rre fra due o più individui (Scott & Fuller, 1965).

Una interazione è una sequenza di componenti comportamentali a cui entrambi i cani partecipano, e durante la quale il comportamento di un cane (emittente) sembra

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influenzare il comportamento dell'altro (ricevente) (Wiley, 1983; Bradshaw & Lea, 1992).

Per mantenere l'unità sociale, le interazioni fra cani devono essere amichevoli e cooperative (Beaver, 2009).

Il modo in cui un cane interagisce con un altro, e perché interagisce con un soggetto piuttosto che con un altro, è modulato da diversi fattori.

Scott & Fuller (1965), osservando il comportamento di alcuni branchi di cani costituiti artificialmente e in condizioni di cattività, hanno riportato che il comportamento dei cani sarebbe sovrapponibile a quello dei lupi, e la selezione effettuata nel corso del tempo avrebbe modificato i sistemi agonistici e di investigazione, e in parte anche quelli sessuali, rendendoli nel cane rispetto al lupo meno evidenti oppure esagerati, ma non avrebbe creato nessun nuovo pattern.

Bradshaw & Lea (1992) hanno rilevato che non c'è una differenza fra maschi e femmine fra coloro che cominciavano una interazione, ma hanno dimostrato che i comportamenti che differivano tra i due sessi in maniera rilevante erano riferiti all'investigazione olfattiva dell'altro: i maschi tendevano ad ispezionare l'altro a livello dell'area anogenitale, che si ritiene essere una zona ricca di informazioni olfattive poiché ogni cane avrebbe un suo odore soggettivo del secreto delle ghiandole perianal i (Natynczuk, 1989), mentre le femmine tendevano ad ispezionare maggiormente l'area della testa. Differentemente dal lupo, in cui il soggetto alfa ispeziona l'area anogenitale e presenta all'altro soggetto la stessa area corporea per essere a sua volta ispezionato e riconosciuto, per affermare la sua dominanza, il cane tende ad abbassare la coda per non permettere all'altro di riconoscere il suo odore. Hanno inoltre rilevato che le interazioni aggressive erano molto rare.

Le Boeuf (1967) ha mostrato che quando una femmina è in estro, il maschio è attratto da lei, e viceversa. Ciononostante, in un gruppo in cui le femmine possono scegliere, queste mostrano delle preferenze tra i maschi per scegliere quello con cui accoppiarsi, dimostrando che le preferenze di interazione non sono dettate solamente dai livelli ormonali ovarici. Le femmine che interagivano con altre femmine non mostravano preferenze. Infine, i maschi che approcciavano più spesso altri maschi, erano quelli che venivano approcciati meno, probabilmente perché in occasione dei loro approcci

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avevano manifestato ritualizzazioni aggressive, e quindi gli altri soggetti, se potevano, evitavano di incontrare tali cani.

In un ambiente in cui più soggetti vivono insieme, siano essi della stessa specie (cane-cane) o di diversa specie (cane-uomo), è conveniente elaborare un metodo di risoluzione dei conflitti, come la pacificazione, la sottomissione o l'evitamento, per controllare l'aggressività (van der Borg, 2015). In uno studio sulle modalità di risoluzione dei conflitti, è stato osservato che cani che da cuccioli erano più socievoli in interazioni con persone sconosciute avevano metodi di risoluzione dei conflitti attivi, basati sulla comunicazione, mentre cuccioli meno socievoli in interazioni con persone sconosciute, nella risoluzione dei conflitti avevano un comportamento più passivo ed eventualmente aggressivo (Riemer et al., 2013).

Per molti anni la relazione di dominanza-subordinazione è stata proposta come modello su cui si baserebbe la socialità del cane, poiché promuoverebbe la stabilità del gruppo e diminuirebbe l'incidenza di interazioni agonistiche. Così quando dei cuccioli vengono allevati insieme comincerebbero a formare i loro rapporti gerarchici, che in linea di massima rimarrebbero stabili nel tempo, se i cuccioli non vengono separati e continuano a vivere insieme nello stesso luogo.

La maturità sociale viene raggiunta dal cane molto tardi rispetto al lupo. A 18 settimane il lupo possiede già un repertorio di oltre 100 espressioni facciali con cui comunica con successo, mentre il cane a questa età ne possiede molti meno e in generale nel cane non si sviluppa mai un repertorio così ampio di espressioni facciali. Nel cane si parla di maturità sociale intorno ai 12 o anche 24 mesi, perciò più tardi rispetto alla maturità sessuale. Questo sarebbe uno dei componenti della neotenia indotta dal processo di domesticazione (Beaver, 2009).

1.6.1 CONCETTI DI DOMINANZA E SOTTOMISSIONE

O'Heare (2007) rianalizzando molte definizioni e spiegazioni di dominanza date nel corso degli anni, ha concluso definendo la dominanza sociale come “un costrutto che descrive le caratteristiche di una relazione sociale in cui la risoluzione di un conflitto sociale, compresa la spartizione delle risorse se queste sono limitate, avvi ene attraverso

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l'impiego del controllo e dell'influenza, in modo da limitare il rischio di aggressività esplicita, utilizzando dei comportamenti convenzionali ”.

Nel lupo il branco sarebbe organizzato secondo una struttura gerarchica lineare che conferisce stabilità da un punto di vista sociale. Al vertice si troverebbe un alfa, al di sotto il beta, e così via fino all'omega (Gallicchio, 2001).

Nonostante il cane sia un animale sociale al pari del lupo, nel cane non si può fare un'analogia diretta, poiché il cane domestico vive spesso in contesti differenti rispetto alla vita di branco, e di sicuro un cane non è un lupo (Yin, 2007). Se si assume che anche nei gruppi di cani (siano essi cani che convivono nella stessa casa, o cani randagi o inselvatichiti) esista una gerarchizzazione simile a quella dei branchi di lupi, non si deve fare un completo parallelismo con quanto accade in questi ultimi. Per esempio nei branchi di lupi i membri di solito sono fra loro tutti parenti, di età diverse, mentre per i cani domestici che condividono la stessa casa non sempre è così. Inoltre nei lupi, contrariamente che nei cani, ci sarebbero due distinte gerarchie fra i maschi e le femmine, e solo maschio e femmina di rango più elevato sono quelli che riescono a riprodursi con successo (Beaver, 2009).

I comportamenti che sono considerati dominanti sono quelli di stazione eretta, con orecchie erette e coda orizzontale o alzata. Il dominante può montare il subordinato, eventualmente con morso ritualizzato del collo, può dare un piccolo morso sul muso del subordinato, può posizionarsi in mezzo agli arti anteriori distesi di un sottomesso accovacciato a terra (Gallicchio, 2001).

Schenkel (1967) dà una dettagliata descrizione della sottomissione. Secondo l'Autore, la sottomissione sarebbe basata sull'inferiorità, ed esisterebe solo in ragione della dominanza. Il sottomesso tenderebbe a evitare la vicinanza del superiore fuggendo o potrebbe mostrare aggressività per difendersi, ma spesso si notano sia segni di evitamento che di difesa, e se il sottomesso non può fuggire, manifesterebbe espressioni di stress (defecazione, coda fra le gambe, inibizione della locomozione).

La sottomissione, secondo Schenkel (1967) può essere suddivisa in due categorie:

sottomissione attiva e sottomissione passiva.

Nella sottomissione attiva c'è una postura accovacciata, la coda è tenuta bassa e le orecchie sono basse e all'indietro sulla testa. Vengono resi manifesti segni amichevoli, l'inferiore preme il muso su quello del superiore e lo lecca, alza una zampa anteriore

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verso il superiore e a volte scodinzola. La sottomissione attiva spesso si manifesta in cerimonie di gruppo, con il dominante circondato dai suoi sottomessi che manifestano tali comportamenti. La stessa cerimonia si può verificare quando un adulto passa fra un gruppo di giovani. La sottomissione attiva è un impulso e un tentativo da parte del sottomesso per una integrazione sociale amichevole e armonica. Da un punto di vista ontogenetico, si potrebbe rimandare al comportamento dei cuccioli di l upo quando richiedono ai genitori di rigurgitare il cibo per loro, leccando loro gli angoli della bocca.

Nella sottomissione passiva il sottomesso giace sul fianco o sul dorso, esponendo le zone ventrali del suo corpo, più vulnerabili; le orecchie sono abbassate e all'indietro, la coda è fra le gambe e a volte presenta uno scodinzolio rigido. Esprime un certo senso di timidezza e debolezza, ed è manifestata quando il sottomesso è particolarmente colpito dalla superiorità del compagno. I segnali sono ancor più pronunciati quando il superiore approccia il sottomesso. Da un punto di vista ontogenetico, potrebbe essere simile ai cuccioli che restano inermi mentre la madre li lecca o li annusa soprattutto a livello dell'area anogenitale.

Secondo Schenkel (1967) inoltre, i comportamenti di sottomissione, sia essa attiva o passiva, non eliciterebbero una risposta automatica nel dominante, che dovrebbe mostrare una risposta appropriata. Più il dominante mostra di essere tollerante e amichevole, più i sottomessi mostreranno sottomissione attiva; più il dominante mostra di essere severo, più i sottomessi mostreranno sottomissione passiva.

In contesti diversi da quelli di un branco, i cani possono manifestare diversi comportamenti in risposta a determinati stimoli. Goddard & Beilharz (1985) suddividono i comportamenti agonistici in quattro categorie: dominanza, aggressività di difesa, sottomissione attiva e sottomissione passiva; la sottomissione attiva può diventare passiva se durante l'interazione c'è un aumento della paura, ad esempio se il soggetto dominante si avvicina.

Fox et al. (1974) hanno studiato quello che potrebbe accadere in un contesto sociale sganciato da quella che è la socialità interspecifica fra uomo e cane, osservando il comportamento di un gruppo di cani inselvatichiti che vivevano in un'area urbana ma evitando ogni genere di contatto con l'uomo, per determinare se all'interno del gruppo fosse presente una gerarchizzazione analoga al modello del lupo fornito da Schenkel

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