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Jelloun T.B., Ospitalità Francese (1998)

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Academic year: 2021

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Conclusioni

Quegli sguardi sorridenti e vivi, quelle voci strappate al cemento, dissero ai francesi, in diretta, in maniera spontanea e inconsueta, l'erosione dell'anima, l'usura del corpo, destino di una generazione condannata all'oblio e alla brutalità dell'epoca.

Jelloun T.B., Ospitalità Francese (1998)

Ad oggi, sono circa 700 i foyer sul territorio francese, il 45% dei posti letto è nella regione dell'Île de France. Le persone residenti sono circa 140.000, di cui 30.000 francesi

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. Benché non abbiano più direttori reduci dalle guerre coloniali, né un regolamento che interdice visite e riunioni, nonostante il passaggio a residenze sociali di alcune strutture e i tentativi di superamento della clientela e dell'immagine originarie, i foyer restano comunque luoghi della provvisorietà, soggetti a nuove forme di controllo e a una persistente stigmatizzazione.

Diverse leggi negli ultimi anni hanno cercato di disciplinare l'aspetto più controverso e contestato dei foyer : la gestione interna. La legge SRU (Loi de Solidarité et de Renouvellement Urbain) del 13 Dicembre 2000 ha istituito in ogni foyer un “consiglio di concertazione”, che raggruppa i rappresentanti dell'ente gestore, dei residenti, del proprietario e “tutte le persone la cui competenza è giudicata utile”. I comitati dei residenti sono riconosciuti legalmente e designano i propri rappresentanti al consiglio. Compare la prima definizione giuridica dei logements foyers, la camera è definita come “residenza principale”, che necessita un contratto scritto con termini specifici. Questa parte della legge non beneficerà mai di un decreto di applicazione e il Consiglio Costituzionale obietta che il suo campo di applicazione è troppo vasto

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. La legge ENL (engagement nationale pour le logement) del Luglio 2007 conserva i consigli di concertazione, ma sopprime ogni riferimento ai comitati dei residenti e rinvia le questioni a un faccia a faccia con il gestore.

Questi interventi legislativi testimoniano che la “questione foyer” non è affatto superata, anzi, il contesto internazionale ha reso sempre più centrale l'obiettivo originario delle strutture (il controllo degli stranieri). La guerra civile in Algeria negli anni ‘90 e la “guerra al terrore” post-2001, accompagnate da una sempre maggiore criminalizzazione dell’immigrazione e della povertà

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, con l’ipertrofia di uno Stato penale a livello nazionale e

1 Leuenberger C. (2004), Les Soninké du foyer Pinel, Mémoire de maîtrise, Université Paris-X; p. 15.

2 COPAF-Collectif pour l'avenir des foyers (2007), Les foyers de travailleurs immigrés de la région parisienne au 21ème siècle (http://www.copaf.ouvaton.org/), p. 10.

3 Sul tema si veda Wacquant L. (2008), Punire i poveri, DeriveApprodi, Roma.

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della “fortezza Europa” a livello continentale, accentuano esponenzialmente le logiche di controllo.

La Sonacotra è il “premier gestionnaire de lieux de culte musulmans” in Francia, con circa 200 sale di preghiera

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, e questo la rende inevitabilmente al centro della questione del terrorismo islamico. I residenti dei foyer sono oggetto di sospetto e sorveglianza, non più e non solo in quanto operai, poveri, assegnatari di aiuti sociali, ma anche come stranieri e musulmani.

Nei foyer viene portata avanti la caccia ai sans papier, ai migranti irregolari. Nei foyer si hanno costanti e illegittime incursioni della polizia (si veda il volantino del Comitato dei residenti del foyer di Rue Petite Pierre, Parigi, Maggio 2002 - documento n°2).

Luoghi fuori dal diritto comune, nei foyer, non appena le imposizioni delle società di gestione non sono rispettate, non si esita a ricorrere alla repressione per mano delle forze dell'ordine (si veda il comunicato stampa redatto dal Comitato dei residenti del foyer Sonacotra di Rue de la Commanderie, Parigi, Settembre 2006 - documento n°3).

Luoghi dell'esclusione e della rivolta, i foyer si inscrivono appieno nel nostro tempo postcoloniale, che Mezzadra

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definisce

quello in cui, contemporaneamente, l'esperienza coloniale appare consegnata al passato e, proprio per le modalità con cui il suo “superamento” si è realizzato, si installa al centro dell'esperienza sociale contemporanea, con il portato di dominazione, ma anche di insubordinazione, che la contraddistingue.

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Così come le banlieues, i foyer testimoniano la squalificazione spaziale e sociale di persone, che, anche se non hanno origini coloniali, vi sono assimilate nelle condizioni: precarietà, disoccupazione, povertà, immigrazione, si coniugano nell'esclusione sociale.

Lungi dallo scomparire, il progetto di sfruttamento coloniale dell'Occidente - che Mezzadra sintetizza nel “principio di confinamento”

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e nel quale possiamo includere anche il dispositivo foyer - si allontana dall'azione univoca delle metropoli sulle colonie, delle popolazioni dominatrici su quelle dominate, per frantumarsi e ricomporsi in una pluralità di processi di segregazione che investono le metropoli occidentali e ne includono i cittadini.

Questo processo di ri-colonizzazione di parti di popolazione, fornisce le condizioni per il riemergere di una distinzione tra cittadini e sudditi all'interno di una nazione e dell'Europa stessa. Una distinzione basata sul concetto cardine del razzismo, e dunque del colonialismo:

la differenza

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. Il nesso diretto tra procedure di classificazione e dispositivi di sfruttamento è

4 Bernardot M. (2008a), p. 290.

5 Mezzadra S. (2008), La condizione postcoloniale. Storia e politica nel presente globale, Ombre Corte, Verona.

6 Ivi, p. 25.

7 Ivi, p. 54.

8 Ivi, p. 32.

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stato portato alla luce da Arjun Appadurai

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, riconducendolo proprio alle strategie del partage coloniale

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.

“Dopo aver imposto al mondo il suo diretto dominio nella stagione dell’apogeo coloniale”, afferma Costantini

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, “il razzismo istituzionale europeo si esprime oggi escludendo dalla partecipazione alla vita politica del nostro democratico continente milioni di persone che vi risiedono stabilmente e che concorrono quotidianamente alla sua vita civile”. E conclude:

il razzismo istituzionale contemporaneo preferisce fondare la legittimità di questa forma postcoloniale di esclusione sulle appartenenze culturali, senza perciò mutare il senso complessivo dell’operazione: la profittevole separazione, all’interno del corpo presunto unico della nazione, di popolazioni del tutto eccezionali, e la pretesa di una legittimazione democratica del loro sfruttamento

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.

Questo elaborato nasce proprio dalla necessità di una memoria coloniale, che porti in primo piano i meccanismi e i dispositivi di quell’esperienza, al fine di contestualizzare più efficacemente il razzismo istituzionale contemporaneo, non in quanto replica attuale di una pratica passata, ma necessariamente una sua derivazione, poi mischiata, trasformata, riconfigurata...

9 Appadurai A. (2001), Modernità in polvere, Meltemi, Roma; citato in Mezzadra S. (2008), p. 33.

10 Ibidem.

11 Costantini D. (2007), L'eccezione coloniale, in “DEP-Deportate, esuli, profughe”, n° 7, p. 267.

12 Ivi, p. 268.

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