Acta Curiarum Regni Sardiniae 17.
Il Parlamento del viceré
Gerolamo Pimentel marchese di Bayona e Gaspare Prieto, presidente del Regno
a cura di Gianfranco Tore
Torno I.
Introduzione Atti parlamentari
(1631-1632)
Comitato scientifico
per la pubblicazione degli Atti dei Parlamenti sardi
Il PRESIDENTE del Consiglio regionale
On. ELISEO SELCI, Vice presidente del Consiglio regionale
Prof. BRUNO ANATRA, ordinario dí Storia moderna nell'Università di Cagliari Prof. ITALO BIROCCHI, ordinario di Storia del diritto italiano nell'Università
La Sapienza di Roma
Dott. MARIAROSA CARDIA, professore straordinario di Storia delle Istituzioni politiche nell'Università di Cagliari
Prof. GUIDO D'AGosTiNo, ordinario di Storia delle istituzioni politiche nell'Università di Napoli "Federico II", membro della "Commission Internationale pour l'Histoire des Assemblées d'États"
Prof. ANTONELLO MATTONE, ordinario di Storia delle istituzioni politiche nell'Università di Sassari
Dott. GABRIELLA OLLA REPETTO, già Ispettore generale per i Beni archivistici
Segreteria del Comitato scientifico
Dott. VALERIO MELIS, capo del Servizio segreteria del Consiglio regionale della Sardegna
Dott. ANNA DESSANAY, funzionario del Servizio studi del Consiglio regiona- le della Sardegna
Dott. MARIA SANTUCCIU, capo del Servizio amministrazione del Consiglio regionale della Sardegna
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ACTA REGNI
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IL PARLAMENTO DEL VICERÉ
GEROLAMO PIMENTEL MARCHESE DI BAYONA E GASPARE PRIETO PRESIDENTE DEL REGNO
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CONSIGLIO REGIONALE
C) Copyright Consiglio regionale della Sardegna, 2007 Redazione, stampa e distribuzione a cura
dell'EDI.CO.S. (Editori Consorziati Sardi) s.r.l.
Via Caniga 29/B, Sassari
Tel. (079) 262661 Fax (079) 261926 Fotocomposizione e impaginazione
Carlo Delfino editore, Via Caniga 29/B, Sassari
ACTA CURIARUM REGNI SARDINIAE Volumi già pubblicati
1. "Acta Curiarum Regni Sardiniae".
Istituzioni rappresentative nella Sardegna medioevale e moderna Atti del Seminario di studi (Cagliari, 28-29 novembre 1984) Cagliari, 1986 (seconda edizione, 1989).
2. Il Parlamento di Pietro IV d' Aragona (1355) a cura di Giuseppe Meloni
Cagliari, 1993.
3. I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo (1421-1452) a cura di Alberto Boscolo
Revisione, apparati e note di Olivetta Schena Cagliari, 1993.
5. I Parlamenti dei viceré Giovanni Dusay e Ferdinando Girón de Rebolledo (1494-1511)
a cura di Anna Maria Oliva e Olivetta Schena Cagliari, 1998.
10. Il Parlamento del viceré Giovanni Coloma barone d'Elda (1573-1574) a cura di Leopoldo Ortu
Cagliari, 2005.
12. Il Parlamento del viceré Gastone de Moncada marchese di Aytona (1592-1594)
a cura di Diego Quaglioni Cagliari, 1997.
14. Il Parlamento del viceré Carlo de Borja duca di Gandía (1614) a cura di Gian Giacomo Ortu
Cagliari, 1995.
16. Il Parlamento straordinario
del viceré Gerolamo Pimentel marchese di Bayona (1626) a cura di Gianfranco Tore
Cagliari, 1998.
17. Il Parlamento del viceré Gerolamo Pimentel marchese di Bayona e Gaspare Prieto presidente del Regno (1631-1632)
a cura di Gianfranco Tore Cagliari, 2007.
18. Il Parlamento del viceré Fabrizio Doria duca d'Avellano (1641-1643) a cura di Giovanni Murgia
Cagliari, 2007.
23. Il Parlamento del viceré Giuseppe de Solís Valderrdbano conte di Montellano (1698-1699)
a cura di Giuseppina Catani e Carla Ferrante Cagliari, 2004.
I. Atti del Parlamento
II. Capitoli di Corte. Atti conclusivi III. Abilitazioni e procure
IV. Abilitazioni e procure.
24. L'attività degli Stamenti nella "Sarda Rivoluzione" (1793-1799) a cura di Luciano Carta
Cagliari, 2000.
I. Atti dello Stamento militare, 1793
II. Atti degli Stamenti ecclesiastico e militare e della Reale Udienza, 1793-1794 III. Atti degli Stamenti militare e reale, 1795
IV. Atti degli Stamenti militare e reale, 1796-1799.
I
Gianfranco Tore Il Parlamento del viceré
Gerolamo Pimentel marchese di Bayona e Gaspare Prieto presidente del Regno
(1631-1632)
A Paola, Eleonora, Annalisa, Eddy e Marco
1.
Politica, guerra ed economia nella Sardegna dell'Olivares
1. A metà degli anni Venti del Seicento la resa della città di Breda, la riconqui- sta del Brasile e la firma del trattato di Mongón con la Francia non posero fine alle preoccupazioni spagnole per il deterioramento degli equilibri politici che si andavano determinando in Italia, nelle Fiandre e in Germania'. Nei territo- ri tedeschi la sconfitta del re Cristiano di Danimarca da parte delle armate del Tilly e del Wallenstein, pur modificando la situazione a favore degli imperiali, non era infatti riuscita a piegare la coriacea resistenza dei principi protestanti'.
In Italia, la morte del duca Ferdinando Gonzaga (1626) e la grave malattia del suo successore Vincenzo II, anziché ridurre le tensioni avevano accresciuto i timori della diplomazia spagnola, perché il duca aveva designato come pro- prio erede il francese Carlo di Nevers, appartenente ad un ramo cadetto del- l'illustre casata lombarda. In considerazione di questi fatti gli Asburgo, preoc- cupati del possibile rafforzamento della presenza francese in Italia, che avreb- be portato ad un accerchiamento della Lombardia, rivendicarono alla corona di Spagna il ducato di Mantova e il marchesato del Monferrato3.
A tal fine don Gonzalo Fernàndez de Córdoba, reggente del governo di
1 Per i nuovi equilibri che si vanno delineando in Europa nella prima metà del Seicento cfr. H.
KAMEN, L'Europa dal 1500 al 1700, in C. CosrANrim (a cura di), Le monarchie assolute, parte 1.a, Il Seicento, in «Nuova storia universale dei popoli e delle civiltà», voL X, Torino 1984; R RODENAs VILAR, La politica europea de Esparía durante la guerra de Treinta Ai10- S (1624-1630), Madrid 1967; J. ALCALA ZAMORA e J. QUELPO DE LLANO, Espatia, Flandes y el mar del Norte (1618-1639), Barcelona 1975; R A.
STRADLINIG, Olivares and the origins of the Franco-Spanish wan 1627-1635, in «English Historical Review», n. 101, 1986, pp. 74 ss.; G. PARKER, Espaiia y 43s Países Bajos 1559-1659, Madrid 1986; ID., (a cura di), LI Guerra dei Trent'anni, Milano 1994; B. ANATRA, Il rafforzamento del potere centrale: le monarchie nazionali, in «La Storia», a cura di M. Firpo e N. Tranfaglia, torno III, L'Età Moderna. I quadri generali, vol. I, Torino 1987, pp. 397-430; J. CASEY, La decadenza spagnola e il "siglo de oro", in La Storia cit., Stato e Società, III, pp. 287-317; J. H. Ft a iorr, /Ape/m-done del declino nella Spagna del primo Seicento, in ID., La Spagna e il suo mondo (1500-1700), Torino 1996; Av.Vv., La Monarquía hispanica en crisis, Barcelona 1992; Guerra y sociedad en la Monarquk Hispcínica. Políticg Estrategia y Cultura en la Europa moderna (1500-1700), a cura di E Garda Herruin e D. Maffi, Madrid 2007; E. BELENGUER CEBRIA, El imperlo hispania) (1479-1665), Barcelona 1992; I. J. ISRAEL, The Dutch Republic and the hispanic world 1606-1661, Oxford 1982; R L KAGAN, G. PARKER (a cura di), Esparia y Europa en el mundo atleintico 1-lomenaje a John H. Elliot, Madrid 2002.
2 Per gli influssi esercitati dalla situazione interna tedesca sulla ripresa della Guerra dei Trent'anni cfr. E Go, I Gesuiti e la Rivoluzione boema. Alle origini della Guerra dei Trent'anni, Milano 1989; E. STRAUB, Pax et Imperium. Spaniens Kampf um seine Friedensordnung in Europa zwischen 1617 und 1635, Paderborn 1980; H. SCHILLING, Ascesa e crisi. La Germania dal 1517 al 1648, Bologna 1997.
3 Cfr. A. BOMBIN PEREZ, La cuestión de Monferrato 1613-1618, Vitoría 1975.
Milano e comandante dell'esercito spagnolo in Italia, si era accordato con Carlo Emanuele I, duca di Savoia, per spartirsi il Monferrato e il Mantovano e impedire ai francesi di rafforzare la loro influenza nella penisola'. Con l'inva- sione delle terre che erano state dei Gonzaga il centro di gravità del conflitto per il predominio in Europa si spostò dalla Germania all'Italia. Carlo Emanuele, dopo aver occupato il Monferrato ed organizzato a Genova con Giulio Vachero, influente rappresentante del "popolo grosso", una congiura contro i nobili per impadronirsi del governo della Repubblica, negò agli allea- ti iberici il suo aiuto per la conquista di Casale proprio mentre la diplomazia francese cercava di isolare la Spagna dagli stati italiani e Luigi XIII, non più impegnato nell'assedio della fortezza ugonotta di La Rochelle, si accingeva ad attraversare le Alpi alla testa di un forte esercito con il quale intendeva tutela- re í diritti dei Nevers e occupare la Lombardia. Il 1° marzo 1629 i soldati fran- cesi varcarono il passo del Monginevro, sconfissero a Susa le truppe spagnole e sabaude e proposero ai principi italiani di aderire ad una lega antispagnola5.
4 Sulle complesse vicende diplomatiche legate alla successione del ducato di Mantova cfr. R QUAZZA, La guerra per la successione di Mantova e del Monferrato 1628-1631, Mantova 1926; C.
PAOLETTI, La successione di Mantova: 1628-1630, in «Panoplia», n. 34, 1998; RA. STRADLING, Prelude to Desaster. The Precipitation of the War of the Mantuan succession 1627-28 in «The histo- rical Journal», vol. )(XXIII (1990), pp. 769 ssgg.; D. PERRarr, The Mantuan succession 1627-31:
A Sovereignty Dispute in early modem Europe in «English Historical Review», CXII (1997), pp.
20-25. Sul ruolo svolto dal Piemonte cfr. C. Rosso, Il Seicento, in P. MERLIN, C. Rosso, G.
SYMCOX, G. RICUPERATI, Il Piemonte sabaudo. Stato e territori in Età Moderna, Torino 1994, in
«Storia d'Italia» diretta da C. Galasso, vol. VIII, t. Il, Torino 1994, pp. 220 ss.; sulla congiura del Vachero e sui risentimenti genovesi contro la monarchia spagnola che nel 1627, dichiarando ban- carotta, aveva inferto una mortale ferita al capitale finanziario genovese cfr. E. GRENDI, La repub- blica aristocratica dei genovesi, Bologna 1973, pp. 309-364; G. FELLONI, Gli investimenti finanziari genovesi in Europa tra il Seicento e la Restaurazione, Milano 1971. Per ulteriori approfondimenti cfr. C. COSTANTINI, La repubblica di Genova nell'Età Moderna, in «Storia d'Italia» diretta da G.
Galasso cit., vol. IX, Torino, 1978, pp. 269-272; C. BITOSSI, L'antico regime genovese, 1576-1797, in Storia di Genova. Mediterraneo, Europa, Atlantico, a cura di D. Puncuh, Genova 2003, pp. 391- 452; M. HERRERO SANCHEZ, Una república mercantil en la órbita de la Monarquía católica (1528- 1684). Hegemonia y decadencia del agregado ispano-genovés, in B. ANATRA, E MANCONI (a cura di), Sardegna, Spagna e Stati italiani nell'età di Filippo II, Cagliari 1999, pp. 183-2000.
5 M. FERNANDEZ ALVAREZ, Don Gonzalo Ferndndez de Córdoba y la guerra de sucesión de Mantua y del Monferrato 1627-1629, Madrid 1955; D. SELLA, L'Italia del Seicento, Bari 2000, pp. 9 ss.; sulla ambigua figura politica di Carlo Emanuele di Savoia, che cerca di avvantaggiarsi territorialmente utiliz7ando la forte rivalità esistente fra Francia e Spagna, oltre al dassico stu- dio del Quazza cfr. Dizionario biografico degli Italiani, Roma 1977, vol. XX, ad vocem, pp. 326- 340. Per la crescente rilevanza strategica e politica dal Granducato di Milano cfr. A.
ALBALADEJO, "De Llave de Italia" a "corazón de la Monarquía". Milan y la Monarquía católica en el reinado de Felipe III, in la, Fragmentos de Monarquía. Trabajos de historia politica, Madrid 1993; P. PISSAVINO, G. SIGNOROTTO (a cura di), Lombardia borromaica, Lombardia spagnola (1554-1659), Roma 1995; G. SIGNOROTTO, Milano spagnola, istituzioni, uomini di governo (1635-1660), Milano 2001; D. MAFFI, Il baluardo della Corona. Guerra, esercito, finanza e società nella Lombardia seicentesca (1630-1660), Firenze 2007; E. BRAMBILLA, G. MUTO (a cura di), La Lombardia spagnola. Nuovi indirizzi di ricerca, Milano 1997.
Don Gonzalo de C6rdoba, temendo di non poter resistere alle preponderanti forze francesi, a cui si erano unite anche quelle sabaude, rinunciò all'assedio di Casale e, in attesa di rinforzi, cercò di difendere lo Stato di Milano concen- trando nel granducato le esigue truppe disponibili6.
Nel marzo 1628, in concomitanza con l'attacco francese al Mantovano, la notizia che gli olandesi avevano catturato la flotta spagnola che trasportava in Europa l'argento americano aggravò la crisi finanziaria dello stato spagnolo e indusse Filippo IV ad ordinare a don Gerolamo Pimentel, viceré di Sardegna', l'alienazione per 100 mila ducati di diversi beni demaniali che la Corona posse- deva nel Regno8. Alla fine di aprile Filippo IV chiese alle città sarde anche un contributo straordinario, motivandolo con la necessità di far fronte all'esercito francese che minacciava i possedimenti italiani. Il marchese di Bayona, da poco riconfermato viceré per un altro triennio, riuscì a convincere i consiglieri delle
6 Sulla rilevanza strategica della fortezza cfr. Stefano Guazzo e Casale tra Cinque e Seicento (a cura di D. Ferrari), Roma 1997.
7 Gerolamo Pimentel, marchese di Bayona, apparteneva ad una delle più illustri famiglie del- l'aristocrazia spagnola, quella dei conti di Benavente. Come membri dell'alta nobiltà i Pimentel Benavente erano chiamati, da secoli, a svolgere delicati incarichi come viceré e consiglieri di Stato.
Il padre di don Gerolamo, Alfonso Pimentel de Herrera, ottavo conte di Benavente, dopo avere ricoperto la carica di viceré di Valenza (1598-1602) e di Napoli (1603-1610), era stato nominato consigliere di Stato e presidente del Consiglio d'Italia e in tale veste si era adoperato per scalzare dal potere le fazioni dei Sandoval e dell'Aliaga. Legandosi a don Balthasar Ziniiga (del quale era amico e parente) e all'Olivares, don Alfonso e la sua famiglia costituirono ben presto nella Corte madrilena uno dei più influenti gruppi di potere. A differenza di altre famiglie nobiliari, quella dei Benavente era infatti in grado di esercitare la propria attività di patronage in Castiglia e nei regni d'Aragona e dí rafforzare il consenso al nuovo regime anche in Catalogna, area in cui erano emer- se forti resistenze. Don Alonso si sposa giovanissimo con Catalina Quinones, contessa de Luna.
Anche la seconda moglie di don Alfonso Pimentel, donna Mencia Zufriga y Requesens, vedova di Pietro Fajardo, terzo marchese de los Velez, discendeva da una delle più antiche famiglie catalane.
Nelle vene di don Gerolamo Pimentel, viceré di Sardegna, scorreva dunque il sangue della più antica aristocrazia ispanica. Figlio cadetto di una numerosa famiglia, per tenere alto l'onore della casata egli aveva scelto, fin da adolescente, la carriera militare distinguendosi negli scontri che la flotta spagnola aveva sostenuto con quella turca a La Goletta, arazzo, Larache. Nominato gene- rale della cavalleria del Granducato di Milano, aveva organizzato e diretto la vittoriosa invasione della Valtellina (sfociata nel "Sacro macello") che aveva assicurato agli spagnoli le comunicazioni tra l'Italia e le Fiandre. Nel 1624 si era unito in matrimonio con Enrica, figlia del marchese di Santa Cruz, parente (come tutti i Bazàn) del Conte di Olivares, almirante di Castiglia, consigliere di Stato e (successivamente) governatore del Granducato di Milano. In tal modo don Gerolamo, pur essendo un figlio cadetto, era riuscito a compiere un ulteriore passo nella scalata sociale.
Subito dopo le nozze (1625) il sovrano gli aveva affidato infatti il comando dell'esercito che par- tendo dal versante catalano dei Pirenei avrebbe dovuto attaccare la Francia. Per l'impegno profu- so nell'organizzazione dell'impresa, interrotta dalla firma del trattato di Monvón, don Gerolamo venne premiato dall'Olivares con l'incarico di viceré di Sardegna. Sulla concessione del titolo di marchese e sulle vicende legate alla grandeza della famiglia cfr. AHN, Consejos Suprimidos, libro 5307, n. 2 bis e n. 3; leg. 18826, n. 6 e n. 14.
8 Il pregone viceregio di notifica è del 9 dicembre 1628. Cfr. ASC, AAR, BC 50, c. 561v.
Ulteriori riferimenti in ASC, Risoluzioni di giunta, cause, pareri e decreti del Real Patrimonio (1560-1717), vol. P. 12, 1629, 11 luglio, c. 79v. e ACA, C.d.A., legg. 1092, 1200 e 1201.
città sarde ad approvare il nuovo tributo offrendo loro, a garanzia dei censi sottoscritti, le rendite di alcuni possedimenti e delle peschiere appartenenti al patrimonio regio. Incontrò invece maggiori resistenze nell'alienazione dei feudi appartenenti alla Corona perché, per antico privilegio, questi beni facendo parte del patrimonio del sovrano non potevano essere ceduti9. Per non suscita- re ulteriori tensioni con i ceti privilegiati, politicamente inopportune con la guerra ancora in atto, il Bayona si limitò ad alienare per 30 mila ducati i territo- ri della Planargia di Bosa a donna Elena Gualbes, marchesa di Villacidro, ad accettare le offerte volontarie fatte dai vassalli regi per impedire che i villaggi in cui risiedevano venissero alienati a privati e ad accrescere gli introiti che la Corona ricavava dai diritti di esportazione sui cerealim: in quasi tutti i dominii spagnoli in Italia i diritti sulle licenze di esportazione erano diventati infatti il principale strumento di finanziamento del tesoro region.
La disponibilità manifestata in questi anni dalla nobiltà, dal clero e dai con- siglieri civici nei confronti delle esigenze della Corona era tuttavia ben lontana dall'aperto e generoso consenso che il Conte-Duca de Olivares si attendeva.
Le grazie concesse dal sovrano a nobili ed ecclesiastici spagnoli a spese delle casse del Regno, l'alienazione dei beni demaniali e di numerosi uffici, dai quali i ceti privilegiati locali avevano potuto trarre rilevanti vantaggi economi- ci, andavano infatti suscitando un crescente malcontento. Questi risentimenti sotterranei erano acuiti e alimentati dagli ufficiali e dai ministri del Regno che, con preoccupazione, vedevano assottigliarsi le entrate del tesoro regio con le quali era stato fino ad allora pagato il loro salario. Convinti oppositori di una politica che violava le leggi pattuite e gli impegni assunti in passato dalla
9 Sui problemi insorti per l'alienazione delle incontrade di Parte Ocier real e della Barbagia di Belvì al principe Doria cfr. ACA, C.d.A., legg. 1101, 1196. Sulla cessione ad Elena Gualbes della Planargia di Bosa cfr. ASC, AAR, K8, cc. 75, 94, 96v., 98v.
" Cfr. B. ANATRA, Aspetti della congiuntura seicentesca in Sardegna, in «Studi di Storia moderna e contemporanea», Annali della Facoltà di Magistero dell'Università di Cagliari, n.s., Quaderno n. 23, Cag fari 1983, pp. 1-44, e ACA, C.d.A., leg. 1092 cit.
11 Sulle entrate fiscali del Regno di Sardegna nel ventennio 1620-1640 e sulla consistenza delle esportazioni cerealicole cfr. G. TORE, Ceti sociali, finanze e "buon governo" nella Sardegna spagnola (1620-1642), in «XIV Congresso di Storia della Corona d'Aragona», Atti, La Corona d'Aragona in Italia (sec. XIII-XVIII), vol. IV, pp. 478-496, Sassari 1997; B. ANATRA, Il donativo dei Parlamenti sardi, in «Acta Curiarum Regni Sardiniae». Istituzioni rappresentative nella Sardegna Medioevale e Moderna, Cagliari 1986, pp. 186-196; ID., Aspetti della congiuntura sei- centesca in Sardegna, in «Studi di Storia Moderna e Contemporanea» cit., pp. 14-32; G. SERRI, Il prelievo fiscale in una periferia povera: í donativi sardi in età spagnola, in «Annali della Facoltà di Magistero dell'Università di Cagliari», a. VII, parte I, 1983. Per un quadro generale delle vicende relative al Regno di Sardegna durante la dominazione spagnola cfr. B. ANATRA, La Sardegna dall'Unificazione aragonese ai Savoia, in J. DAY, B. ANATRA, L. SCARAFFIA, La Sardegna Medioevale e Moderna, vol. X della "Storia d'Italia" diretta da G. Galasso, Utet, Torino1984, pp. 191-655; AA.Vv., Storia dei Sardi e della Sardegna, vol. W, L'Età Moderna. Dagli Aragonesi alla fine del dominio spagnolo, Milano 1989; La società sarda in età spagnola, a cura di F.
Manconi, voll. I e II, Cagliari, 1992 e 1993.
Corona d'Aragona, alcuni dei giudici della Reale Udienza, nell'autunno 1628, accusarono il marchese di Bayona di trarre vantaggi personali da tali aliena- zioni. Il viceré, per fronteggiare queste pericolose insinuazioni, si vide costret- to a sollecitare l'invio di istruzioni sui criteri da adottare per la concessione delle sacche sulla esportazione del grano e ad emanare severe normative annonarie con le quali cercò di dimostrare la propria buona fede12. Le tensio- ni tra Gerolamo Pimentel e i membri dei consigli regi erano destinate però ad acuirsi perché ogni iniziativa da lui avviata finiva col premiare alcune consor- terie d'affari e col penalizzarne altre13.
2. L' alienazione delle tonnare e delle saline alimentò un lungo contenzioso che impedì al marchese di Bayona di inviare alla Tesoreria generale di Madrid il denaro richiesto con urgenza dal sovrano per pagare un asiento di 860 mila ducati sottoscritto dalla Corona con il ramo portoghese dei Fiigger. Nei decenni precedenti, gli utili che erano stati ottenuti esercitando queste attività imprendi- toriali avevano infatti stimolato la cupidigia di alcuni ministri regi inducendoli a speculare sugli appalti. Gli elevati guadagni avevano rafforzato l'interesse dei commercianti più agiati, attivando tra questi ultimi una vivace concorrenza: il ricavato che poteva essere tratto annualmente dalla pesca del tonno era infatti superiore a quello che si riusciva ad ottenere dai privilegi di saca sull'esportazio- ne dei cereali". L'acquisizione dei permessi di esportazione del grano acquista- to, tra pratiche amministrative, tasse, anticipazioni agli agricoltori e spese di tra- sporto richiedeva infatti un notevole dispendio di tempo e di risorse.
Salvatore Martì, che faceva parte di una famiglia di commercianti genovesi con interessi in tutti i settori dell'economia dell'isolai', tra il 1616 ed il 1621
12 Pregon General del Illustrissimo y Excellentissimo Setior don Hieronimo de Pimentel, Marques de Vayona... Sobre lo que se deve hazer y guardar en el despacho y execución de sacas y extraciones de trigos, legumbres y demàs cosas vedadas, en Caller, en la Enprenta del doctor Galcerín, por Bartholomé Gobetti, 1628.
" Su queste consorterie d'affari e sulle loro rivalità cfr. B. ANATRA, Aspetti della congiuntura seicentesca cit., pp. 5-44; ACA, C.d.A., legg. 1083-1181, 1092.
14 La trata o saca era una licenza rilasciata dal procuratore reale che autorizzava il richiedente ad esportare cereali o altri generi soggetti a tassa. Tali licenze si negoziavano o si vendevano al pari degli effetti cambiari. Cfr. G. Primo, Dizionario del linguaggio archivistico in Sardegna, Cagliari 1886, ad vocem. Sulla legislazione annonaria in età spagnola si vedano B. ANATRA, Per una storia dell'annona in Sardegna nell'età aragonese e spagnola, in «Quaderni Sardi di Storia», n. 2, 1981, pp. 89-102; G. TODDE, Libertà e concorrenza del commercio del grano e della manipolazione e ven- dita del pane, Cagliari 1880; A. PINO BRANCA, Politica annonaria del governo spagnolo in Sardegna, in Fatti di ieri e problemi di oggi, Milano 1921; C. SOLE, Il problema annonario e il rapporto città campagna, in Politica, economia e società in Sardegna nell'Età Moderna, Cagliari 1978, pp. 11-51.
15 La famiglia Marti risulta strettamente legata ai circoli finanziari controllati dai Ferrari e dai Centurione e a quelli di governo vicini al viceré di turno. Più volte i Mani presentano alla Tesoreria quote di asientos sottoscritti a Madrid e pagabili in Sardegna. Nel 1613 Francesco Marcì viene incaricato dal Consiglio reale del Regno di Sardegna di acquistare all'estero 6000 palle di cannone, 6000 lance e 6000 picche di 2,60 metri e 5000 spade. Due anni dopo, appro-
incassò annualmente dalla vendita dei barili di tonno pescato negli impianti di Cala Agustina e delle Saline 13.600 ducati
Nel complesso, in questo periodo i fratelli Martì trassero da questa lucrosa attività, che svolgevano utilizzando oltre ai capitali propri anche quelli di terzi (soprattutto ecclesiastici e nobili), un introito lordo più elevato degli interessi pagati dal Regno per i debiti accumulati con i propri creditori. Nel 1629, subito dopo la gara di aggiudicazione delle tonnare promossa dal viceré, essi chiesero infatti di acquistare i due stabilimenti che gestivano in arrendamento offrendo17 alla Corona 50 mila ducati18
.
Anche il commerciante genovese Antonio Polero, giunto in Sardegna al seguito del viceré Vivas, era stato attratto da questa attività e al fine di ottene- re in gestione per un quindicennio le tonnare di Portoscuso e Porto Paglial9 aveva offerto alla tesoreria regia il 20% del pescato e un prestito senza interes- si di 18 mila ducati. Sollecitata dalla crescente domanda, che era stata ulte- riormente stimolata dalla guerra e dalla facilità di trasporto e di conservazione del tonno, l'élite mercantile del Regno aveva investito nello sviluppo di tale attività imprenditoriale crescenti risorse.
Nel dicembre 1628 i fratelli Martì, unitamente ai commercianti Ambrogio Pino e Giovanni Beretta e al nobile sassarese Pietro Pilo, chiesero ed ottenne- ro l'autorizzazione ad impiantare una tonnara a Porto Palma: a tal fine si impegnarono a coprire tutte le spese di armamento e ad offrire alla regia cassa il 5% del tonno pescato20. Il 16 ottobre dello stesso anno Giovanni Nuseo ottenne, alle medesime condizioni, l'autorizzazione ad impiantare una nuova
fittando delle necessità finanziarie del Regno, che per timore di uno sbarco turco si è fortemen- te indebitato per l'acquisto delle armi e per rafforzare le fortificazioni, ottiene una licenza per l'esportazione di 150 mila quintali di grano; nei decenni successivi i Martì gestiscono tonnare, peschiere e svolgono una intensa attività di sostegno alla corporazione dei mercanti genovesi diventando mecenati della chiesa di San Giorgio. Per la valutazione di alcuni aspetti delle atti- vità e del patrimonio della famiglia Martì cfr. A. 13ILLITT-0, La quadreria di don Gerolamo Martino e la pittura in Sardegna nel XVII secolo, in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Cagliari», n.s. XVI (LITI), 1998, pp. 193-208.
16 L'incasso è stato stimato per difetto, ripartendo per medie annuali i barili di tonno lavora- to registrati dagli ufficiali regi durante l'ispezione alle tonnare ed assegnando a ciascuno di essi il valore di 30 reali. Sulle vicende delle tonnare e sui gruppi d'affari che le gestivano cfr. G.
DONEDDU, Le tonnare in Sardegna (1500-1800), in «Società e Storia», 1983, n. 21, e G. ToltE, Guerra, politica fiscale e crisi della pesca: il caso delle tonnare sarde (1620-1640), in La pesca nel Mediterraneo occidentale secc. XVI-XVIII, a cura di G. Doneddu e M. Gangemi, Bari 2000, pp.
231-247.
17 La stima è quella fatta dai ministri regi ipotizzando che i due impianti potessero fornire ai loro gestori una rendita annuale netta di 4000 ducati.
18 Cfr. ASC, AAR, Risoluzioni di giunte cause, pareri e decreti del Real patrimonio (1560- 1717), vol. P. 13, f. 427.
19 Queste tonnare, nel quinquennio 1616-1621, avevano garantito ai precedenti affittuari entrate lorde annue non inferiori a 8000 ducati. Cfr. ACA, C.d.A., leg. 1130.
zo ASC, AAR cit., P. 13, f. 15.
tonnara nell'isola dell'Asinara21. Il dinamismo imprenditoriale nasceva dal fatto che la crescente produttività delle tonnare alimentava annualmente un giro d'affari non inferiore agli 80 mila ducati.
Tra il 1610 e il 1628 la pesca del tonno riuscì dunque ad attrarre nel Regno di Sardegna ingenti risorse finanziarie (soprattutto genovesi) attivando un discreto flusso commerciale e accrescendo le entrate della Corona.
Questa situazione mutò bruscamente a seguito degli ulteriori, negativi svi- luppi della Guerra dei Trent'anni. Il bando viceregio con il quale il marchese di Bayona, in ottemperanza agli ordini ricevuti, offri al miglior offerente le ton- nare suscitò forti contrasti all'interno deí gruppi mercantili che controllavano l'economia sarda22. L'iniziativa, infatti, non solo sconvolgeva i delicati equilibri esistenti tra le consorterie di uomini d'affari interessati alla gestione delle ton- nare ma pregiudicava anche gli investimenti che essi avevano fatto nel settore.
Al fine di scongiurare tale eventualità gli affittuari adottarono una articolata strategia di difesa dei propri interessi. Sul piano giuridico, ricorrendo per via giu- diziaria, essi cercarono di dimostrare che la cessione delle tonnare violava i privi- legi del Regno che impegnavano i sovrani a non alienare i beni del demanio. I loro avvocati, per dilazionare ulteriormente le procedure di vendita, sostennero che il re non poteva mettere all'asta le tonnare perché esse erano state concesse in arrendamento a terzi e per alienarle in piena e libera proprietà bisognava attende- re la scadenza del contratto di affitto. Nel contempo, í gruppi economici più influenti, nella speranza di prevalere sui concorrenti, cercarono di stipulare accor- di sotterranei col viceré, presentando all'amministrazione delle offerte di acquisto basate sulla rendita quinquennale che le tonnare avrebbero potuto fornire ad un ipotetico investitore23. Le modalità e i criteri da seguire per la stima del valore degli impianti crearono forti tensioni anche all'interno dell'alta burocrazia vicere- gia, dove la fazione che tentava di bloccare o dilazionare le alienazioni disposte dal sovrano assunse crescente influenza e alimentò una forte opposizione alla politica del viceré e alle richieste che egli intendeva presentare in Parlamento24.
Le loro resistenze nascevano da differenti motivazioni. Nella riunione del Consiglio, appositamente convocata, alcuni ministri giustificarono la propria contrarietà ricordando che con i sudditi la Corona d'Aragona si era impegna- ta a non alienare il patrimonio regio; altri espressero il timore che dopo tale cessione non si potessero pagare i salari e le rendite dovute ai sottoscrittori di juros sul debito pubblico.
21 ASC, Segreteria di Stato, II serie, vol. 1566.
22 ASC, AAR, Risoluzioni cit., P. 13, ff. 116, 296, 298, e BC, 53, f. 106. Il pregone viceregio venne emanato il 4 luglio 1629.
23 ASC, AAR, Risoluzioni cit., P. 13, ff. 111r, 427.
24 Sulle resistenze dei ministri (dietro i quali si muoveva, a dar credito alle lamentele del viceré, il Vico, reggente sardo del Consiglio d'Aragona) ed il conseguente rinvio del bando di alienazione ASC, AAR, Risoluzioni cit., P. 13, f. 116.
Di fronte alla persistente opposizione della maggioranza del Consiglio, che aveva assunto una posizione attendista, il viceré non si scompose e per giustifi- care il mancato invio dei 100 mila ducati alla tesoreria generale madrilena informò Filippo IV delle resistenze incontrate e degli sforzi fatti per trovare degli acquirenti che presentassero offerte credibili e vantaggiose. Nell'intento di mettere in cattiva luce i consiglieri che si opponevano alla vendita ordinò loro di motivare per iscritto il proprio parere, preannunciando agli interessati la sua intenzione di inviare a Madrid il verbale della delibera per sottoporre il giudizio formulato dai membri del Consiglio del Real Patrimonio all'esame dei ministri della Corona25. Subito dopo emanò un nuovo bando nel quale si invitavano i concorrenti interessati all'acquisto a valutare le rendite delle tonnare su base decennale, così come era stato richiesto dal reggente la Reale Cancelleria Bernat che capeggiava il gruppo contrario alla vendita. Nella riunione successiva il Bayona informò i consiglieri del fatto che il marchese di Villasor, qualora fosse- ro stati annullati i contratti già stipulati, era disposto a pagare 35 mila ducati in più di quelli che erano stati offerti da Benedetto Nater, noto mercante genovese e dal barone di Torralba Michele Comprat, discendente da una ricca famiglia di conversos ed influente esponente della nobiltà più recente26.
L'offerta del marchese, che sfiorava i 135.000 ducati, era molto allettante poiché l'importo che egli intendeva pagare superava la somma richiesta dal sovrano e la valutazione espressa dagli stessi consiglieri regi. Si trattava di un impegno finanziario rilevante anche per gli investitori interessati perché, come sottolineavano alcuni concorrenti in risposta alle sollecitazioni del viceré, la pesca del tonno era incerta, le rese spesso risultavano inferiori alle aspettative e le tonnare, a causa della guerra, erano esposte non solo alle incursioni bar- baresche ma anche a quelle dei corsari francesi, che in qualsiasi momento avrebbero potuto distruggere gli impianti e vanificare ingenti investimenti27.
Il marchese di Villasor non operava in proprio ma a vantaggio di alcuni soci occulti ed in particolare del Nater e del Comprat che, servendosi di un illustre e blasonato prestanome, speravano di superare le resistenze emerse contro di loro nella giunta del Real Patrimonio. Per spezzare il fronte degli oppositori il viceré aveva infatti consigliato ai due affaristi di presentare, oltre quella a loro
25 ASC, AAR, Risoluzioni cit., P. 13, ff. 182, 183, 189.
26 Cfr. ASC, AAR, Risoluzioni cít., P. 13, ff. 182, 304 e K. 8, fol. 172-198.
27 Nel primo ventennio del Seicento le incursioni effettuate dalla pirateria nord-africana furo- no assai frequenti. I corsari barbareschi attaccarono e distrussero gli impianti di pesca costruiti a ridosso delle isole di San Pietro e di Sant'Antioco e Porto Botte nel 1613, nel 1615 e nel 1617. Nel giugno del 1627 la popolazione dei villaggi costieri dell'Iglesiente uccise 12 dei pirati barbareschi che erano sbarcati da una feluca per fare razzia e ne catturó altri 14. Cfr. ACA, C.d.A. Leg. 1093;
G. PILLITO, Memorie tratte dall'Archivio di Stato di Cagliari riguardanti i regi rappresentanti che sotto diversi titoli ,governarono l'isola di Sardegna dal 1610 al 1670, Cagliari 1874, pp. 7 ss. Per le incursioni francesi effettuate nel 1637 a Porto Palmas e Porto Paglia cfr. ACA, C.d.A., leg. 1130.
nome, anche una terza offerta tramite il marchese di Villasor, persona di asso- luta fiducia. Di fronte ad una proposta che superava di gran lunga le stime pre- cedenti le resistenze di diversi consiglieri vennero meno e l'alienazione (fatto salvo il successivo assenso regio) fu approvata malgrado la persistente opposi- zione del reggente la Real Cancelleria il quale, (influenzato forse dal reggente Vico) schierandosi apertamente con le consorterie d'affari che si opponevano al viceré, andava ora sostenendo che le tonnare valevano almeno 180 mila ducati28. Per superare le ultime resistenze il marchese di Bayona inviò a Corte un argomentato memoriale nel quale evidenziò il discutibile comportamento tenuto dalle consorterie economiche interessate alla gestione delle tonnare, delle saline e delle peschiere e chiese all'Olivares rigorosi provvedimenti nei confronti dei ministri che contrastavano la volontà del sovrano29.
ll Bayona temeva infatti che le opposizioni si coagulassero, ostacolando l'attuazione delle disposizioni regie. Sul piano politico-militare la situazione si era fatta delicatissima. Mentre le truppe spagnole che assediavano Casale attendevano dalla Castiglia e dai regni aragonesi (che tergiversavano) urgenti soccorsi in grano e denaro, Gerolamo Pimentel, per contribuire a finanziare la guerra, avrebbe dovuto perfezionare in breve tempo la vendita delle tonnare, far sottoscrivere, in anticipo rispetto alla sua scadenza naturale, l'asiento sulle esportazioni di cereali relativo al triennio 1632-1634, convocare le Corti e avviare con í tre Stamenti le trattative per la concessione di un donativo decennale non inferiore ad un milione e mezzo di ducati.
3. Al fine di realizzare questi piani impegnativi, legati all'attuazione del pro- getto dell'Unión de Armas, il marchese di Bayona fece intervenire ripetuta- mente il Conte-Duca di Olivares e il protonotario Villanueva, che con blandi- zie e minacce intimorirono gli oppositori locali del Pimentel30. Superata la resistenza di una parte dei giudici della Reale Udienza il viceré non poté tutta- via affrettare i tempi della convocazione delle Corti anche a causa dello scarso coordinamento tra le iniziative da lui assunte a Cagliari e quelle portate avanti contemporaneamente, a Madrid, dal Consiglio d'Aragona. Agli inizi dell'esta- te, ad acuire le difficoltà, si aggiunsero i risentimenti della feudalità nei con- fronti della Corona per le inopportune concessioni — fatte qualche mese prima in violazione di patti che essa stessa aveva sottoscritto — ai familiari
" ACA, C.d.A., leg. 1630, Lettera del viceré in data 18 giugno 1630.
29 ACA, C.d.A., leg. 1131, Informativa del 19 luglio 1630.
" Al riguardo cfr. ACA, C.d.A., leg. 1140. Lettera viceregia del 26 giugno 1630 e leg. 1161, Consulta del 3 luglio 1629. Sul modo in cui il Villanueva e il conte di Olivares cercavano di contenere le tensioni e il dissenso all'interno dei regni d'Aragona cfr. J. H. Fn Torr, El Conde- Duque de Olivares: El politico en una época de decadencia, Barcelona 1990. Dell'opera è dispo- nibile ora anche la traduzione italiana, cfr. ID., Il miraggio dell'Impero. Olivares e la Spagna: dal- l'apogeo al declino, Roma-Salerno 1991.
dell'Inquisizione che finivano con lo sfuggire alla giustizia signorile sia per le cause civili che per quelle criminali31.
Un altro scottante problema che il viceré dovette superare per creare l'unità politica necessaria alla celebrazione del Parlamento fu la rivalità municipale tra Cagliari e Sassari che, tra il 1628 e il 1630, era stata acuita da diversi privilegi con- cessi dal Consiglio d'Aragona alla città turritana e dalla nomina di alcuni nobili sassaresi al comando del terci o sardo che combatteva in Lombardia. Poiché una delle clausole pattuite per la concessione del donativo straordinario del 1626 sta- biliva la rigida alternanza delle cariche militari tra gli ufficiali del Capo di Cagliari e quelli del Capo di Sassari, alla aristocrazia feudale che risiedeva nella capitale la ripetuta assegnazione del comando a meno titolati nobili residenti nella Sardegna settentrionale appariva come una violazione degli accordi sottoscritti tra la Corona e gli Stamenti32. Per evitare che le rivalità fra il Nord e il Sud dell'isola (come era già accaduto durante il Parlamento Vivas, celebrato nel 162433) accen-
31 Sugli stretti rapporti fra la corona spagnola e il Consiglio Supremo dell'Inquisizione e sulle funzioni politiche svolte da tale organo nell'età di Filippo IV cfr. M. P. DOMINGUEZ SALGADO, Inquisición y corte en el siglo XVII, «Hispania Sacra», n. 37 (1985), pp. 569-584. Per un confronto con le funzioni svolte dai familiari, il contesto sociale in cui operano e vengono reclutati, i privilegi di cui essi godono nei regni d'Aragona e in quello di Castiglia cfr. J. E.
PASAMAR LAZARO, Los familiares del Santo Officio en el distrito inquisitorial de Aragón, Zaragoza 1999; A. CRISTOBAL MARTIN, Confianza, fidelidad y obediencia. Servidores inquisitoria- les y dependencias personales en la ciudad de Logrotio (siglo XVII), Logrofio 1994; A. ACOSTA GONZALEZ, Estudio comparado de tribunales inquisitoriales, Madrid 1990; Politica, religión y Inquisición en la Esparia moderna. Homenaje a Joaquín Pérez Villanueva (a cura di P. Fernàndez Albadalejo, J. Martinez Millàn, V. Pinto Crespo), Madrid 1997.
32 Agli inizi del Seicento anche le élites politiche sarde iniziarono a polarizzarsi per città e per area geografica assumendo posizioni simili a quelle rilevate in Sicilia dal Benigno: cfr. E BENIGNO, La questione della Capitale: lotta politica e rappresentanza degli interessi nella Sicilia del Seicento, in «Società e Storia», vol. XIII, 1990, pp. 27-63. Sui criteri seguiti dal viceré per la designazione degli aspiranti agli uffici del Regno cfr. ACA, C.d.A., leg. 1140. Per le pressioni esercitate dalla città di Sassari nei confronti del Consiglio d'Aragona e per il ruolo di appoggio e sostegno svolto a tal fine dal reggente Francesco Vico cfr. E MANCONI, Un "letrado" sassarese al servizio della Monarchia ispanica nella prima metà del Seicento. Appunti per una biografia di Francisco Angel Vico y Artea, in Sardegna, Spagna e Mediterraneo. Dai Re Cattolici al secolo d'Oro, a cura di B. Anatra e G. Murgia, Roma 2004, pp. 291-333.
33 Sulle vicende legate al parlamento Vivas — che avvia un duro confronto tra Corona e ceti — si vedano A. MARONGIU, Parlamento e lotta politica nel 1624-25, in «Annali dell'Università di Macerata», 1956, ora in ID., Saggi di storia giuridica e politica sarda, Padova 1975; B. ANATRA, Corona e ceti privilegiati nella Sardegna spagnola, in B. ANATRA, R. PUDDU, G. SERRI, Problemi di storia della Sardegna spagnola, Cagliari 1975; A. MATTONE, Centralismo monarchico e resi- stenze stamentarie. I Parlamenti sardi del XVI e del XVII secolo, in «Acta Curiarum Regni Sardiniae». Istituzioni rappresentative della Sardegna medioevale e moderna, Sassari 1986, pp.
127-176; G. TORE, Il Regno di Sardegna nell'età dell'Olivares (1620-1640). Assolutismo monar- chico e Parlamenti, in «Archivio Sardo del Movimento Operaio, Contadino e Autonomistico»
(AsmocA), nn. 41-43, pp. 41-59, Roma 1993; E MANCONI, Un "letrado" sassarese al servizio della Monarchia cit., pp. 295 ssgg.
tuassero i contrasti esistenti all'interno della aristocrazia dividendo in due partiti anche gli ufficiali inquadrati nel tercio sardo, bloccassero i lavori parlamentari e impedissero l'approvazione dell'offerta finanziaria del Regno alla corona, il viceré chiese al Conte-Duca di Olivares e al protonotario di impedire al sassarese Francesco Vico, reggente nel Consiglio d'Aragona e grande protettore degli inte- ressi della sua città natale, di partecipare alle Corti34. Inoltre, per evitare attriti con lo Stamento ecclesiastico, il viceré attenuò e rinviò l'applicazione nel Regno di quella politica giurisdizionalistica che la monarchia aveva avviato nei confronti di Urbano VIII, accusato dagli Asburgo di favorire e sostenere la presenza fran- cese in Italia. Egli adottò un atteggiamento conciliante anche nei confronti degli ufficiali regi e dei giudici della Reale Udienza, sia rafforzando con essi legami di patronage sia dimenticando le offese ricevute da alcuni di loro in occasione dell'a- lienazione delle tonnare, delle saline e degli altri beni demaniali".
Abile e prudente appare anche l'azione esercitata nei confronti dei membri dello Stamento militare, all'interno del quale si andava coagulando un forte malcontento politico alimentato dalle tradizionali rivalità territoriali e dalla per- sistente violazione dei patti sottoscritti durante il Parlamento straordinario del 1626. La Corona non aveva infatti rispettato né la clausola che vietava all'ammi- nistrazione regia di incamerare nella Tesoreria generale il donativo offerto per il mantenimento del tercio di soldati sardi che operava in Lombardia" né quella che la impegnava ad affidare agli Stamenti la gestione del servicio del 1626, né la promessa di assegnare le cariche militari esclusivamente a regnicoli37.
Per vanificare ogni eventuale opposizione e rafforzare all'interno del Braccio militare il peso e l'influenza politica della fazione favorevole alla Unión de Armas, nel 1629 il viceré ottenne dal Conte-Duca l'autorizzazione a concedere un rilevante numero di cavalierati e titoli di nobiltà".
34 Cfr. ACA., C.d.A., leg. 1092, leg. 1160. Lettera del viceré Bayona in data 22 gennaio 1629.
35 ACA, C.d.A., legg. 1160 e 1161. Sulle inchieste avviate dai Visitatori generali nei confronti degli ufficiali regi e sul ruolo di tutela e di protezione svolto nei loro confronti dal viceré Bayona, che ottiene dalla Corona la sospensione dei processi in atto, cfr. Il Parlamento straordi- nario del viceré Gerolamo Pimentel, marchese di Bayona (1626), a cura di G. Tore, «Acta Curiarum Regni Sardiniae», vol. 16, Cagliari 1998, pp. 11-43.
36 Rispetto alle possibilità economiche delle élites del Regno il numero delle concessioni risultò così elevato da indurre fl marchese di Bayona ad offrire l'acquisto dei titoli anche a perso- ne che, per la professione esercitata o il ceto sociale di appartenenza, non meritavano tale onore.
Sui criteri seguiti per effettuare tali nomine e sulle lamentele suscitate all'interno del Militare da questa politica di indiscriminata promozione sociale cfr. ACA, C.d.A., legg. 1140, 1141, 1161.
37 Per un'analisi dei capitoli di Corte sottoscritti nel Parlamento del 1626 cfr. in questa stessa collana Il Parlamento straordinario del viceré Gerolamo Pimentel, marchese di Bayona, a cura di G. Tore cit., pp. 258-267.
38 Gli interessati per ottenere il cavalierato pagarono, in media, 446 ducati e per il titolo di nobiltà 892; il conte di Montesanto ed íl conte di Monteleone, per elevare il loro feudo a con- tea, versarono nelle casse regie 4460 ducati a testa.
REGNO DI SARDEGNA. CONCESSIONI DI TITOLI (1629-1638).
Titoli di conte 2
Titoli di marchese 4
Abiti militari dell'ordine di Santiago 13 Abiti militari dell'ordine di Calatrava 7
Titoli di nobiltà 13
Titoli di cavalierato e nobiltà 22
Cavalierati 31
Totale privilegi di cavalierato, nobiltà e abiti militari 92
Ad essere favoriti dalla generosità regia furono non solo le famiglie della nobiltà feudale, le oligarchie urbane e il clero ma anche quei cetí rurali inter- medi che nelle campagne avevano gestito le speculazioni mercantili e tratto vantaggio dal generale rialzo dei prezzi.
Ilario Alagón, marchese di Villasor e prima voce dello Stamento militare, essendo stato «eficacisimo medio para que se conseguise lo que V. M. deseava», ottiene oltre ad alcune mercedes personali il titolo di conte di Montesanto per il figlio primogenito Blasco (che diventerà successivamente anche capitano gene- rale della cavalleria miliziana del Regno) e per Pietro, cadetto della famiglia, la candidatura (e la promozione) a vescovo di Ampurias e, in seguito, di Oristano e successivamente di Palma di Maiorca. Il barone di Torralba riesce a trasformare il proprio feudo in marchesato. Pablo Castelvì, fratello del conte di Villamar, procuratore reale pro tempore, viene insignito del titolo di marchese di Cea e per i figli ottiene prestigiosi incarichi militari e burocratici (Giorgio diventerà reg- gente di cappa del Consiglio d'Aragona). Incarichi ancora più prestigiosi vengo- no concessi ai figli del conte dí Sedilo: Gerolamo Cervellón è nominato coman- dante del tercio sardo inviato in Monferrato; dopo aver combattuto a Casale e governato la città di Novara il nobile sardo si trasferirà nelle Fiandre dove morrà durante la ritirata da Mastricht. Il fratello Mania, distintosi in alcuni fatti d'arme in Italia e nelle Fiandre, verrà premiato con la piazza di luogotenente alle armi del Capo di Sassari e con quella di governatore del Capo di Cagliari. Tra i mem- bri della vecchia nobiltà solo lo sfortunato conte di Cuglieri dovrà accontentarsi di un abito militare di Santiago e di uno di Alcantara per i suoi due figli, che morranno entrambi combattendo per il loro re nei pressi di Casale.
La Corona si mostra generosa anche con le oligarchie che governano le città regie concedendo titoli di cavalierato o nobiltà a tutti i rappresentanti parlamen- tari dei consigli civici. Dopo la scomparsa del marchese Bayona, per le pressioni del vescovo-presidente, nel generale clima di mobilitazione politica per l'Unión de Armas, diversi ecclesiastici vedono coronate le loro più ambiziose aspirazio- ni. Il vescovo di Sassari Passamar ottiene per il proprio nipote ( Francesco Pilo) la vicaria della mitra turritana e la promessa di una diocesi. Gavino Manconi,
vescovo di Ales, ottiene per il nipote Diego l'incarico di vicario-sostituto e una pensione di 500 ducati gravante sulle entrate della mensa vescovile. Francesco Cao, canonico e sindaco del Capitolo cagliaritano, candidato ad una prelatura, verrà tacitato con l'incarico di presidente del Tribunale di appellazioni e grava- mi e ulteriori prestigiosi incarichi presso la curia romana. A Francesco Delitala, sindaco del Capitolo della diocesi di Bosa, verrà assegnato il canonicato di Nulvi, che garantiva al titolare dell'ufficio una rendita di 1700 ducati. La corona non trascura inoltre di premiare con rendite, abbazie e rettorati diversi altri ecclesiastici ottenendo così il loro unanime consenso alla politica de_ll'Unión.
Mentre il viceré mobilitava le reti clientelari periferiche per trovare, in un periodo di grave crisi economica persone degne di considerazione e, soprattut- to, economicamente in grado di pagare i diritti richiesti dalla Corona per la con- cessione dei titoli, la nobiltà feudale, allarmata dal numero e dalla modesta qua- lità degli aspiranti, esprimeva al re le proprie rimostranze. Il timore che persone di «infima condizione» potessero entrare a far parte dell'élite del Regno spinse í sindaci dello Stamento nobiliare a chiedere al sovrano di sospendere la vendita dei titoli a chi esercitava arti «meccaniche». La supplica venne però disattesa dalla Corona, che aveva già impegnato e speso i soldi riscossi dal viceré 39.
Concedendo i titoli un anno prima della celebrazione delle Corti il Pimentel poté invitare a far parte del Parlamento, ormai prossimo, una settantina di nuovi membri, ideologicamente schierati a sostegno della politica di Unión de Armas e permise alle esauste casse regie di incamerare più di 50 mila ducati.
Qualche mese prima dell'apertura delle Corti, venendo incontro alle richie- ste dello Stamento militare, Filippo IV stabilì nuove e più severe norme per la concessione e la verifica dei titoli. Il sovrano, però, si guardò bene dal sospen- dere quelli proposti dal viceré Bayona40. Quest'ultimo si proponeva infatti di
39 La lettera con la quale il 17 giugno 1630 Filippo IV, prendendo atto delle proteste dello Stamento militare, decreta nuove e più severe norme per la verifica dei titoli nobiliari è stata pubblicata dal Tola. Cfr. P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, in «Historiae Patriae Monumenta», tonno XII, Augustae Taurinorum 1868, pp. 284 ss., doc. n. )0(X111
4') Il viceré, offrendo in vendita i titoli un anno prima della celebrazione delle Corti, con la sua lungimirante azione politica riuscì ad inserire all'interno dello Stamento militare un folto gruppo di sostenitori della Corona e del partito del Conte-Duca costituito da ex consiglieri civici, com- mercianti, collettori di rendite, parenti di ecclesiastici e perfino grandi allevatori di armenti. Sulla forte mobilità sociale che caratterizza la prima metà del Seicento cfr. G. TORE, Élites ed ascesa sociale nella Sardegna spagnola (1600-1650), in Studi e Ricerche in onore di Girolamo Sotgiu, vol.
1, parte II, Cagliari 1994, pp. 406-430; A. MATTONE, Centralismo monarchico e resistenze sta- mentarie. I Parlamenti sardi del XVI e del XVII secolo cit., pp. 166 ss., e B. ANATRA, Corona e ceti privilegiati nella Sardegna spagnola, in B. ANATRA, R. PUDDU, G. SERRI, Problemi di storia della Sardegna spagnola cit., pp. 60 ss. Più in generale, sul ruolo della nobiltà nella società spagnola J.
A. MARAVALL, Potere, onore, élites nella Spagna del secolo d'oro, Bologna 1984; A. DOMINGUEZ ORTIZ, La sociedad espaiiola en el siglo XVII, Madrid 1993, 2 voll.; A. CARRASCO MARTINEZ, Sangre, honor y privilegio: la nobleza espahola bajo los Austrias, Barcelona 2000. Relativamente all'Italia cfr. C. DONATI, L'idea di nobiltà in Italia. Secoli XIV-XVIII, Roma-Bari, Laterza 1988; Il
«Perfetto Capitano». Immagini e realtà (secoli XV-XVII) a cura di M. Fantoni, Roma 2001.
ottenere l'assenso dei ceti privilegiati ad una rilevante offerta finanziaria e di contenere ed eventualmente superare le resistenze alla politica dell'Olivares che, anche all'interno del Braccio nobiliare, si andavano rafforzando a causa dell'alto numero di soldati e ufficiali uccisi e feriti durante la guerra per la conquista del Monferrato. Molti nobili sardi erano infatti deceduti nell'asse- dio di Casale o colpiti dalla peste che flagellava la Lombardia, mentre il con- flitto, anziché concludersi, si andava dilatando verso la Germania e le Fiandre. La Spagna, un tempo vittoriosa su tutti i fronti, era ora costretta a fronteggiare un crescente numero di nemici". Le sconfitte subìte nel Nord Europa insinuavano dubbi e incertezze anche tra i ceti privilegiati del Regno.
E viceré Bayona, conscio della gravità della situazione, cercò di blandire con promesse di grazie, favori e titoli quanti esprimevano le loro velate prote- ste per la permanente mobilitazione dei soldati, l'eccessiva fiscalità, l'assegna- zione di uffici e cariche militari a stranieri42. Con prudenza e cautela egli intervenne inoltre per ridurre i conflitti di giurisdizione e i contrasti tra i ceti, ma non esitò a minacciare, punire o arrestare quanti cercarono di opporsi alle sue iniziative o di procrastinare il pagamento delle quote di donativo".
La politica di Unión de Armas che l'Olivares aveva proposto ai recalcitanti regni aragonesi nel 1625 venne invece considerata dalle corti funzionale agli interessi del Regno sardo, che nel terzo decennio del Seicento stava pagando un pesante prezzo economico a causa della riduzione degli scambi commer- ciali determinata dalla crescente insicurezza dei traffici mediterranei.
L'abbandono della ormai insicura navigazione d'alto mare, che faceva perno
41 Sui problemi politici ed economici dell'impero spagnolo nel secondo decennio di governo del Conte-Duca cfr. Historia de Espalia, a cura di R. Menéndez Pidal e José Maria Jover Zamora, voli. XXV e XXVI, Madrid 1982-1989; A. DOMINGUEZ ORTIZ, Politica y hacienda de Felipe IV, Madrid 1960; La Esparia del Conde-Duque de Olivares, a cura di J. Elliott e A. García Sanz, Valladolid 1990; J. H. Einem, El Conde-Duque de Olivares. El politico en una epoca de decadencia cit., pp. 406 ss. Sulla svolta politica imposta dal Valido e sul ruolo che l'Olivares assegnava allo Stato monarchico, cfr. A. HERRERA GARC1A, El Estado de Olivares, Sevilla 1990.
Per le reazioni suscitate dai progetti di accentramento nei territori aragonesi cfr. E. BEI YNGUER CEBRIA, La Corona de Aragón en la monarquía ispanica. Del apogeo del siglo XV a la crisis del XVII, Barcelona 2001; AA.Vv., La Monarquía hispanica en aisis cit. Relativamente all'Italia si veda L'Italia degli Austrias. Monarchia cattolica e domini italiani nei secoli XVI e XVII, a cura di G. Signorotto, in «Cheiron», IX, 1993; A. Musi, L'Italia dei viceré. Integrazione e resistenza nel sistema imperiale spagnolo, Cava dei Tirreni 2000; G. SIGNOROTTO (a cura di), Lombardia bor- romaica, Lombardia spagnola (1554-1659) cit.
42 Sulle mercedes come strumenti di controllo sociale e di contenimento del dissenso cfr. A.
CARRASCO MARTfNEZ, Un modelo para el estudio de las formas de sociabilidad en la Edad Moderna: las clientelas segoriales in «Mélanges de la Casa de Velúquez», vol. XXX, 2 (1994), pp. 117-129; A. FEROS CARRASCO, Kingship and favoritism in the Spain of Philip III, 1598-1621, Cambridge-New York 2000.
° Per le resistenze dei ceti urbani e del dero al pagamento del donativo cfr. ACA, C.d.A., leg. 1140.
sulle isole Baleari, la Sardegna e la Sicilia, e la preferenza data a quella costie- ra, che risaliva la penisola italiana all'ombra delle fortificazioni dei presidi e delle flotte degli stati italiani, stava infatti facendo lievitare il costo dei noli marittimi vanificando i tentativi, fatti nel precedente decennio, per inserire permanentemente la Sardegna nel mercato cerealicolo mediterraneo.
4. Il viceré Bayona riesce a raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi proprio perché urilina il prestigio che gli è riconosciuto come abile combattente per far credere che la politica dell'Unión de Armas era rivolta alla tutela delle rotte mediterranee e alla difesa del Regno di Sardegna dai nemici esterni". Quando, nel 1625, lascia l'incarico di generale della cavalleria del Ducato dí Milano ed accetta di essere nominato viceré di Sardegna egli è infatti ancora nel pieno delle capacità fisiche e intellettuali° e di fronte alla ristretta élite nobiliare sarda, non avvezza alle armi da più generazioni, può vantare la partecipazione alle più ardimentose imprese di guerra condotte dalla monarchia ispanica nei primi decenni del secolo.
Avvalendosi dell'esperienza acquisita come uomo d'armi e della sua perso- nale capacità di persuasione, per far fronte alla minaccia di possibili sbarchi della flotta inglese (che nel 1626 aveva attaccato Cadice) e dei 70 vascelli turchi che veleggiavano tra Biserta e Tangeri egli coinvolge nella riorganizzazione delle milizie baronali e di quelle cittadine tutte le casate feudali e gran parte delle famiglie della piccola nobiltà, stabilisce legami con centinaia di persone, ne vaglia le capacità e assegna loro compiti e funzioni adeguate alle loro qualità umane e all'influenza che esse sono in grado di esercitare sulla popolazione del territorio in cui vivono e operano46. Il marchese di Bayona si sforza dunque di suscitare un clima di sostegno e di partecipazione alla guerra in corso, creando
44 Oltre ai già citati lavori del Maravall e del Dominguez Ortiz sulle aspirazioni e le idealità della nobiltà ispanica cfr. R PUDDU, Il soldato gentiluomo. Anatomia di una società guerriera: la Spagna del Cinquecento, Bologna 1982; E. GONZALEZ CALLEJA, La hispanidad como instrumento de combate, Madrid 1988; E BOUZA, Palabra e imagen en la Corte: cultura y visual de la nobleza en el Siglo de Oro, Madrid 2003; B. CLAVERO, Tantas personas como estados. Por una antropologia politica de la historia europea, Madrid 1986; C. CHAUCHADIS, Honneur, morale et societé dans l'Espagne de Philippe II, Paris 1994; D. GARdA HERNAN, La nobleza en la Espatia moderna, Madrid 1992. Più in generale, su tale problematica si vedano le interessanti proposte metodologi- che di S. CLARK, State and status: the rise of the state and aristocratic power in western Europe, Montreal 1995. Per l'Italia ispanica cfr. M. A. VISCEGLIA, Identità sociali. La nobiltà napoletana nella prima età moderna, Milano 1998; A. SPAGNOLETTI, Principi italiani e Spagna nell'Età Barocca, Milano 1996; ID., Le dinastie italiane nella prima età moderna, Bologna 2003; I Farnese. Corti, guerra e nobiltà in Antico Regime, a cura di A. Bigotto, P. Del Negro, C. Mozzarelli, Roma 1997.
45 11 medico sassarese Andrea Vico Guidone lo descrive «praestantis corporis, florentis aetatis ac valide robustus»: cfr. ANDREAE Vico GUIDONIS, Ad trutinam apologeticorum Antonii Galcerinii, Sarrochi, Mani Avellii et Francisci Martis doctorum. Additur insuper antilogia pro anthracis curatione ab eisdem medicis perperam istituta, Gerundae 1639, p. 4.
46 Per ulteriori approfondimenti sull'organizzazione delle milizie feudali e sulla difesa costie- ra nella Sardegna del XVII si vedano: V. VITALE, La difesa e gli ordinamenti militari della
occasioni di incontro, contattando nobili e miliziani, parlando intensamente con loro, convincendoli, con solide argomentazioni politiche e religiose, del- l'importanza della missione che la Spagna si è assunta nel mondo e della neces- sità di combattere a sostegno della Corona. Emblematici appaiono a questo proposito i risultati che egli riesce ad ottenere a Sassari dove, appena sbarcato, si lega in amicizia con alcuni personaggi appartenenti alle più eminenti famiglie (De Sena, Manca, Pilo, Aquena), evita che esse abbiano fastidi da parte della giustizia regia, assegna loro importanti incarichi militari e amministrativi e sta- bilisce con alcuni rappresentanti di esse solidi legami clientelari.
Anche nella capitale del Regno l'aristocrazia, i ministri regi, i consiglieri civici, sottoposti a sindacato dai visitatori generali inviati dall'Olivares atten- dono dal viceré la sospensione delle inchieste aperte contro di loro47.
Autorizzando, nel febbraio 1627, la celebrazione della festa di San Saturnino, patrono della città, che era stata sospesa dal viceré Vivas per motivi di ordine pubblico, e organizzando in onore del santo patrono giochi e tornei, nei quali coinvolge non solo le élites urbane ma anche le corporazioni degli artigiani, egli riesce ad accrescere la popolarità e il proprio ascendente".
Il successo ottenuto nella mobilitazione delle milizie del Regno [15 mila uomini] per festeggiare la presa di possesso e la costruzione di fortificazioni nel- l'isola di Sant'Antioco, che fino ad allora era stata utilizzata come avamposto dai pirati nordafricani evidenzia il fatto che il messaggio sull'Unión de Armas e sulla necessità di una mobilitazione delle forze militari per la difesa dell'isola da una eventuale invasione era stato colto e fatto proprio non solo dalle élites ma anche dai ceti popolari. Nel 1627 l'assalto di una flottiglia barbaresca al santuario di San Gavino fornisce al Bayona un'altra occasione per riorganizzare l'intero
Sardegna durante il periodo spagnolo, Ascoli Piceno 1905; A. MATTONE, Le istituzioni militari, in Storia dei sardi e della Sardegna. L'Età Moderna cit., pp. 65 ss.; S. CAsu, A. DESSI, R. TURTAS, La difesa del Regno: le fortificazioni, in La società sarda in età spagnola, a cura di E Manconi cit., vol. I, pp. 64 ss.; E Russo, La difesa costiera del Regno di Sardegna dal XVI al XIX secolo, Roma 1992; G. MELE, Torri e cannoni: la difesa costiera in Sardegna nell'Età Moderna, Sassari 2000.
47 Il Parlamento straordinario di Gerolamo Pimentel, marchese di Bayona, a cura di G. Tore cit., pp. 26 ss.
48 G. ARNAL DE BOLEA, Encomios en octavas al torneo que defendio el Illustrissymo Excellentissimo Segor don Geronimo Pimentel, marqués de Vayona, en Caller por Bartholomeo Gobetti 1627; ID., Por la devoción con que festeja todos los agos la Congregación de los cavalleros de la ciudad de Caller la fiesta del glorioso San Saturnino, cavallero natural de la misma ciudad, en Caller MDCXXVII. Sul ruolo politico svolto dalle feste religiose barocche in altri regni della Corona d'Aragona cfr. M.P. MONTEAGUDO ROBLEDO, Fiestas y poder. Aportaciones historiografikas al estu- dio de las cerimonias politicas en su desarrollo histórico, in «Pedralbes», n. 15 (1995), pp. 173-204, e A. BONET CORREA, La fiésta barroca como pratica del poder, in «Diwan», n. 5-6 (1979), pp. 53-85.
J.L. BOUZA ALVAREZ, Religiosidad contrarreformista y cultura simbólica del Barroco, Madrid 1990;
sul ruolo che le feste religiose svolsero in Italia per rafforzare il consenso sociale cfr. M.A.
VISCEGLIA, La città rituale. Roma e le sue cerimonie in età moderna, Roma 2002.