1. La lettera con la quale il sovrano concede al viceré i pieni poteri e gli ordina di celebrare il Parlamento viene firmata a Madrid il 17 giugno 163055. Con questa carta la Corona anticipa dunque di alcuni anni la scadenza decennale delle Corti ordinarie che, per rispettare la tradizione, si sarebbero dovute riuni-re nel 1635. Occorriuni-re peraltro rilevariuni-re che una parte dei deputati, considerando nullo il Parlamento celebrato dal viceré Vivas, si era rifiutata di pagare il dona-tivo ed era in attesa di una nuova convocazione regia. Il Parlamento straordi-nario del 1626, chiusosi con l'offerta di 80 mila ducati da corrispondere annualmente per un lustro, aveva permesso alla monarchia di sanare i contrasti insorti con i ceti privilegiati dell'isola, ma l'incertezza sulla sorte delle Corti del Vivas rendeva necessaria un'ulteriore convocazione in concomitanza con la scadenza del quinquennio del donativo straordinario (1631). In tal modo le Corti, che in Sardegna avevano seguito fino ad allora autonomi tempi di con-vocazione, finirono formalmente col coincidere con i tempi di celebrazione previsti negli altri regni della Corona d'Aragona56.
Le convocatorie vengono spedite dal marchese di Bayona il 28 novembre 1630 e fissano la data d'inizio dei lavori parlamentari all'8 gennaio 1631.
L'elenco dei convocati e l'invio delle lettere viene effettuato da Monserrato Vacca, segretario del Parlamento e della Procurazione reale, rispettando scru-polosamente il protocollo delle precedenze, che prevede la consegna di esse innanzitutto ai rappresentanti dello Stamento ecclesiastico e, successivamente, ai membri dello Stamento militare e del reale57. A differenza delle Corti del
" Cfr. ACA, Reg. 306, fol. CLXXV. Sul ruolo svolto dal viceré nei Parlamenti sardi cfr. J.
DEXART, Capitula sive Acta curiarum regni Sardiniae sub invictissimo Coronae Imperio concordi trium Brachiorum aut solius militaris voto exorata, Calari ex typografia Petri Borro 1725, tomo I, lib. I, tit. I, cap. I, foll. 5-19 e lib. III, tit. I, cap. I-V; M. VIGRA, Sui viceré di Sicilia e di Sardegna, in «Rivista di Storia del Diritto Italiano», n. 3, 1930, pp. 490-502; M. PALLONE, Ricerche storico-giuridiche sul viceré di Sardegna dalla istituzione al 1840, in «Studi Sassaresi», S.
I, vol. X, 1932, pp. 237-304; E. STumPo, 1 viceré, in La Sardegna. Enciclopedia, a cura di M.
Brigaglia, vol. I, Cag fari 1982, pp. 169-176. Sulle origini e sul profilo istituzionale di questa figura nei regni d'Aragona cfr. J REGLA I CAMPISTOI, Els virreis de Catalunya, Barcelona 1956; J.
LALINDE ARADIA, La institución virreinal en Cataltaía (1471-1716), Barcelona 1976. Per una rilettura critica delle funzioni politiche assegnate ai viceré nell'area italiana cfr. A. Musi, Integrazione e resistenza nel sistema imperiale spagnolo, Cava dei Tirreni, 2000.
56 11 sovrano, in precedenza, aveva sempre rifiutato di concedere ai sardi la scadenza trienna-le deltrienna-le Corti in uso in Sicilia e in Catalogna cfr. A. MARONGIU, I Parlamenti di Sardegna cit., pp. 86 ss.
" Le convocatorie, firmate dal viceré, contenevano l'invito a presentarsi personalmente o a
1626, nelle quali il numero dei vescovi convocati era stato ridottissimo perché ben 3 mitre erano allora prive del titolare, in quelle del 1631 ricevono perso-nalmente la convocazione padre Ambrogio Machín, arcivescovo di Cag fari e prima voce dell'Ecclesiastico, monsignor Diego Passamar, arcivescovo di Sassari, Gavino Magliano, vescovo di Oristano, padre Gaspare Prieto, vescovo di Alghero, don Gavino Manconi, vescovo della diocesi di Ales, don Giovanni de la Bronda, delegato della diocesi di Ampurias. Altre convocazioni vengono consegnate dai corrieri ai decani e ai canonici dei Capitoli delle diocesi di Cagliari ed Iglesias, all'arciprete ed ai canonici della diocesi di Sassari, di Alghero, di Oristano, Ampurias, Bosa ed Ales e, ultimi nell'ordine gerarchico del cerimoniale, al dottore e canonico Giovanni Spiga, abate di Salvenero, al dottor Giuseppe del Rosso, abate di Saccargia, al dottor Antonio Tavera, prio-re della chiesa di Bonarcado, al dottor Otero, fiscale dell'Inquisizione e abate di San Michele di Plaiano, al canonico Angelo Zatrillas, priore di San Lazzaro, e a Leonardo Palmas, priore di San Vincenzo di Oristano58.
Anche le convocatorie del Militare vengono redatte rispettando la gerar-chia nobiliare e le cariche ricoperte. Nell'elenco dei militari del Capo di Cagliari (98 convocati) figurano, tra i primi, i marchesi don llario de Alagón, don Lussorio Castelví, don Luigi Gualbes, donna Elena Brondo Gualbes, marchesa di Villacidro, tutrice del figlio Ignazio, don Blasco Carlo Alagón, conte di Montesanto, i titolari o i reggitori dei feudi, i nobili, i cavalieri. In cima alla lista dei convocati del Capo di Sassari (56 convocati) primeggiano don Enrico de Sena, governatore della città turritana, don Gerolamo Cervella, conte di Sello, don Michele Comprat, conte di Torralba, e diversi altri feudatari, nobili e cavalieri59.
Le rappresentanze nobiliari delle città di Oristano (16 convocati), Bosa (5 convocati), Alghero (il conte di Monteleone e altri 5 nobili) e di Castellaragonese (don Francesco Roig, governatore della città) evidenziano lo scarso peso che il Militare aveva nelle altre città regie, dove l'ascesa alla nobiltà era legata alla gestione di cariche civiche e di uffici e rendite apparte-nenti alla Corona (marchesato di Oristano). Molto rilevante appare invece il
farsi rappresentare da speciali procuratori. Ad esse, nel Parlamento del 1631, risulta acclusa anche la lettera con la quale il sovrano sollecita la convocazione delle Corti. Le convocatorie venivano consegnate da corrieri che, alla presenza di testimoni, attestavano il ricevimento del-l'invito. Su queste procedure cfr. COROLEU E INGLADA e J. PELLA E FORGAS, Las cortes catala-nas. Estudio jurídico y comparativo de su organización y resefia analitica de todas sus legislaturas, Barcelona 1876 (d'ora in avanti Coroleu e Pella), p. 53.
58 La convocazione degli abati e dei priori, comunemente in uso in altri regni, in Sardegna viene reintrodotta nei parlamenti Vivas e Bayona. Per un confronto con la prassi, praticata fino al Parlamento del 1614, cfr. in questa stessa collana Il Parlamento del viceré Carlo de Bolla, duca di Gandía (1614), a cura di G.G. Ortu, «Acta Curiarum Regni Sardiniae», vol. 14, Cagliari 1995, p. 141.
59 Cfr. Parlamento, doc. n. 5.
ruolo svolto dalla piccola nobiltà dell'Ozierese e del Goceano (37 convocati), le cui fortune nascono all'ombra delle grandi casate spagnole, delle lotte tra bandos feudali e delle imprese militari condotte da Carlo V e Filippo II sul fronte mediterraneo, nelle Fiandre, in Italia e in Germania60. Nel corso di alcuni secoli le esenzioni fiscali e i favori del baronato avevano consentito ai Tola, ai Virde, ai Del Mestre, Deliperi, Porcu, Minutili, Valentino, fedeli vas-salli e vigili ministri baronali, di accumulare un ingente patrimonio in bestia-me o di gestire uffici e prebende con i quali, nel XVII secolo, queste famiglie finanzieranno la carriera ecclesiastica e gli studi dei loro figli o l'acquisto di un titolo nobiliare. Nell'ambito delle Corti del 1631 il ruolo svolto dalla piccola nobiltà rurale appare tuttavia limitato a quello di portatrice di voti: la maggior parte dei suoi rappresentanti (i Tola, de l'Arca, Grixoni, Del Mestre, Porcu, Minutili etc.), gestendo curie, officialie, cariche feudali, per accattivarsi i favo-ri dei regidofavo-ri dei feudi o degli stessi feudatafavo-ri, erano soliti infatti delegare a questi ultimi la loro rappresentanza in Parlamento. Utilizzando questi rappor-ti di patronage, il cavalierato accresce il numero delle deleghe e dei vorappor-ti con-trollati dai grandes di Spagna, schierati, di solito (e, particolarmente, nel Parlamento del 1631), dalla parte della Corona.
Nella convocazione della rappresentanza delle città non si notano invece innovazioni di sorta né per quanto riguarda i consiglieri, né per i sindaci.
Per consentire alla segreteria regia di spedire le lettere, tra l'ottobre e il novembre 1630, gli scrivani e i notai della Procurazione reale devono dedicare alla redazione di esse una parte rilevante del loro tempo. Le convocatorie inviate risultano infatti 272: venti vengono indirizzate ai membri dello Stamento ecclesiastico, 244 a quelli del Militare e solo 8 ai delegati del Reale.
La consegna dei mandati viceregi agli interessati inizia il 29 novembre con l'invio di corrieri speciali verso le principali località dell'isola e si protrae fino alla metà del mese successivo rallentata dall'inclemenza del tempo. La confer-ma dell'avvenuta consegna delle 124 convocazioni ai residenti del Capo di Cagliari e quella delle 129 lettere spedite ai deputati residenti nella Sardegna settentrionale giunge nella capitale, unitamente alle ricevute dell'avvenuta notifica, alla fine del mese di dicembre61.
L'8 gennaio 1631 il viceré inaugura solennemente le Corti con la fondata certezza di aver fatto quanto era possibile per facilitare la concessione di un ingente donativo al sovrano. A tal fine egli non ha trascurato neppure gli aspetti formali. Come viene sottolineato negli atti, la cappella dello Spirito
6° Sull'ascesa della piccola nobiltà locale cfr. B. ANATRA, Dall'unificazione aragonese ai Savoia, in J. DAY, B. ANATRA, L. SCARAFFIA, La Sardegna medioevale e moderna, vol. X della Storia d'Italia diretta da G. Galasso cit., pp. 350 ss. e G. FLOIUS, Feudi e feudatari in Sardegna, I, Cagliari 1996, pp. 97-131.
61 Cfr. Parlamento, docc. nn. 38-43.
Santo della Cattedrale di Cagliari dove, rispettando una consolidata tradizio-ne, è stato collocato il trono regio e si celebrano le Corti, per evidenziare la missione divina e terrena della monarchia, è arredata «sumptuose et cum magno aparatu»62. Gerolamo Pimentel entra nel duomo accompagnato da un folto seguito di ministri, ufficiali, deputati parlamentari, cittadini. Passando di fronte all'altare, si inginocchia, imitato da tutti, davanti al Santissimo Sacramento. Successivamente sale la gradinata dove è stato sistemato il trono e vi prende posto attorniato dai suoi ufficiali. Dopo aver cantato il Veni Creator e ringraziato il Signore, il viceré e i rappresentanti dei tre Stamenti ascoltano in silenzio le parole che l'arcivescovo di Cagliari rivolge ai presenti incitandoli ad operare a difesa della fede cattolica, minacciata dalle armi degli eretici e dei protestanti, e ad elaborare leggi che favoriscano la buona ammini-strazione del Regno.
Il momento è particolarmente solenne. L'alta burocrazia è schierata accanto al viceré. A destra si intravede Silvestro Bernat, reggente la Reale Cancelleria, seduto in una panca ricavata nella gradinata sulla quale è stato posto il trono.
Accanto a lui siedono Francesco Corts, avvocato fiscale, e al suo fianco i giu-dici Giovanni de Andrada63 e Giovanni Dexartm. Sul lato sinistro della gradi-
62 Cfr. Parlamento, doc. n. 64.
63 Giovanni de Andrada nasce a Castellaragonese, studia grammatica a Sassari, si iscrive all'Università di Salamanca nel 1592 e completa gli studi a Pisa dove si laurea nel 1596. Dopo aver esercitato la professione forense lavora alla Reale Govemazíone di Sassari. Partecipa atti-vamente al parlamento Gandía del 1614. Nel 1617 il viceré Carlo Borja lo invia a Madrid per risolvere i contrasti insorti tra l'amministrazione regia e l'Inquisizione ma viene più volte incar-cerato a Toledo dal Santo Uffizio. Liberato per intervento regio, verrà premiato con la nomina a giudice di Corte e, successivamente, a giudice della Reale Udienza (1627).
64 Giovanni Dexart nasce a Cagliari il 22 ottobre 1590 da una famiglia di origine navarrese, imparentata con i Torrella, baroni di Capoterra, studia nel locale collegio gesuitico e nel 1615 si laurea in utroque all'Università di Pisa. Dopo avere esercitato per un decennio la professione forense, nel Parlamento del 1624 viene nominato avvocato dello Stamento militare e in tale veste difende con due argomentati memoriali gli interessi della nobiltà cagliaritana che accusa il viceré di avere violato i privilegi del Regno. Nel 1625 diventa giurato capo della città di Cagliari e nel 1626 partecipa, come prima voce dello Stamento reale, al parlamento Bayona. Per le indi-scusse capacità ed i meriti acquisiti nell'attività politico-amministrativa ed in quella forense viene nominato professore di diritto dell'Università di Cagliari (che egli aveva contribuito a fondare); contemporaneamente regge l'ufficio di avvocato fiscale patrimoniale (1628) ed il 30 novembre 1630 viene promosso giudice civile della Reale Udienza. Durante il Parlamento del 1631-1632 riceve dagli Stamenti l'incarico di raccogliere a commentare i capitoli di Corte approvati nei Parlamenti del Regno e si dedica a tale compito con grande impegno, pubblican-do nel 1645 i Capitula sive Acta curiarum Regni Sardiniae sub invictissimo Coronae Aragonum imperi() concordi trium Brachiorum aut solita militaris voto exorata, Calari 1645. In tale opera e in alcune altre pubblicazioni minori (cfr. in particolare le Selectarum iuris conclusionum in Sacro Regio Sardiniensi Praetorio digestarum et decisionarum centuria, Neapoli 1646) il Dexart, inse-rendosi a pieno titolo fra gli interpreti della tradizione giuridica catalano-aragonese, sostiene la natura contrattualistica dei rapporti fra Parlamento e sovrano ed afferma che le leggi approvate
nata siedono don Didaco de Araga1165, governatore del Capo di Cagliari e Gallura, don Paolo Castelví66, procuratore reale, don Pietro Ravaneda, mae-stro razionale, don Giuliano de Abella, reggente la Tesoreria generale. Nella gradinata inferiore, per volontà del viceré, che vuole evidenziare dí fronte ai presenti la riconoscenza e la considerazione del sovrano per i soldati che com-battono sui vari fronti di guerra, prendono posto il capitano Alfonso de Aguirre67, il capitano Pietro Fortesa, il sargento mayor Giuseppe Sese, don
durante le Corti sono pactionatae e come tali modificabili solamente con il contemporaneo assenso delle parti contraenti. Dopo i Parlamenti del 1631 e del 1642, durante i quali svolge un ruolo di assoluto rilievo, il sovrano lo nomina ministro del Sacro Regio Consiglio di Napoli, città dove egli si trasferisce subito dopo la nomina. Il soggiorno partenopeo del Dexart è tutta-via brevissimo. Incaricato di ispezionare le sedi giudiziarie della Calabria muore a Catanzaro nel dicembre 1646. Cfr. P. TOLA, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, II, Torino, 1837, pp. 42-49; P. MARTINI, Biografia sarda, H, Cagliari, 1838, pp. 61-74. La più com-pleta e articolata biografia del Dexart è stata recentemente pubblicata da A. MATTONE, Dexart Giovanni, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 39, Roma 1991, ad vocem, pp. 617-622.
65 Diego de Aragall nasce nel 1604 da una nobile famiglia che, per privilegio reale, gestiva la carica di governatore del Capo di Cagliari e Gallura. Al governatore era stato riservato dalla Corona il privilegio di assumere la reggenza del Regno fino all'arrivo nell'isola del nuovo viceré.
Diego de Aragall esercita brevemente tale incarico dopo la morte dei viceré Vivas (1625) e Bayona (1631). Nel 1631, a seguito del comportamento da lui tenuto nei confronti dei giudici della Reale Udienza e della pretesa di partecipare, in qualità di governatore, alle sedute del supre-mo organo giudiziario viene posto sotto inchiesta e chiamato a Madrid per discolparsi. Assolto da ogni accusa torna in Sardegna nel 1633 e, partito per Alghero l'ex presidente Prieto, riassume la reggenza in attesa dell'arrivo del viceré de Almonazir col quale egli polemizza perché pretende di trasformare la reggenza in un vero e proprio incarico viceregio. (Il ricorso dell'Aragall viene respinto dalla Reale Udienza con sentenza del 28 luglio 1638). Nel 1637 comanda le truppe che contrastano le forze francesi sbarcate ad Oristano. Muore senza eredi nel 1646.
66 Paolo Castelví, figlio secondogenito di Giacomo, marchese di Ploaghe, apparteneva ad una delle più distinte famiglie della nobiltà sarda. Dopo il matrimonio con Anna Fabra de Ixar, figlia del titolare dell'ufficio di procuratore reale, ottiene dal suocero il diritto alla gestione del-l'ufficio fino alla maggiore età dell'unico figlio maschio. Nel parlamento Vivas capeggia la fazio-ne aristocratica che si oppofazio-ne al viceré. Nei Parlamenti del 1626 e del 1631 egli appoggia inve-ce senza riserve l'azione svolta dal marchese di Bayona a favore dell'Unión de Armas. Nel 1636 la Corona, riconoscendo i suoi meriti, gli conferisce il titolo di marchese di Cea e gli affida il comando del tercio sardo che combatte nelle Fiandre. Paolo ha due figli: Giacomo Artale e Giorgio. Questi ultimi, dopo essersi distinti nei servizi alla Corona, uno come comandante mili-tare e l'altro come reggente di cappa e spada del Consiglio d'Aragona, resteranno invischiati nell'assassinio del viceré Camarassa e verranno condannati per lesae maiestatis, rispettivamente, a morte e alla destituzione dall'ufficio.
Sulla famiglia Castelví cfr. D. SCANO, Donna Francesca Zatrillas, marchesa di Laconi e Sietefuentes, in «Archivio Storico Sardo», XXIII [1941-45], fasc. 1-4; E FI.oRIs, Feudi e feudatari in Sardegna cit., vol. II, pp. 565 ss. Per un profilo biografico dei Castelví rimandiamo il lettore alle puntuali note di B. ANATRA, Castelví Agostino, Castelví Giorgio, Castelví Giacomo, ín Dizionario biografico degli italiani, XXII, Roma, 1979, pp. 20-26, ad voces. Sulla figura di Agostino Castelvì e sul ruolo politico che il gruppo familiare svolge tra primo e secondo Seicento cfr. E MANCONI, Don Augustín de Castelví, "padre della patria" sarda o nobile bandole-ro?, in Banditismi mediterranei. Secoli XVI-XVII, a cura di E Manconi, Roma 2003, pp. 107-146.
67 L'Aguirre, soldato di carriera, aveva combattuto in Lombardia alle dipendenze del
Giacchino Manca, capitano delle milizie turritane, Baldassarre Pasqual, sar-gento mayor del quartiere cagliaritano di Villanova, Pietro Carta, sarsar-gento mayor del quartiere di Stampace. A sinistra del capitano Aguirre siedono Andrea de Aquena Montanacho68, il capitano Giuseppe de la Mata, sovrin-tendente all'artiglieria del Regno, don Michele de Requesens e Pietro Manca, sargento mayor del quartiere cagliaritano di La Pola.
Sul gradino inferiore il marchese di Bayona fa riservare uno spazio anche al cassiere e ai coadiutori del maestro razionale, il cui ufficio, sia per la contabi-lità dei versamenti del donativo sia per l'amministrazione degli altri redditi, sta diventando uno dei più delicati e importanti del Regno69. Alla destra di questo piccolo gruppo di funzionari siedono Monserrato Vacca, segretario verbalizzante del Parlamento, e Lorenzo de Agagra, segretario del viceré. Al loro fianco si sistemano Pietro Vitiader, procuratore fiscale, Sisinnio Atzeni, procuratore patrimoniale, e P algualzile maggiore Giovanni Antioco Polla, pronto ad intervenire per ogni necessità.
I membri dei tre Bracci prendono posto nelle panche poste di fronte alla curia regis: lo Stamento ecclesiastico davanti al trono del viceré, quello milita-re alla sua destra e quello milita-reale a sinistra, quasi a simboleggiamilita-re le funzioni e il ruolo istituzionale che i tre ordini svolgono nel Regno.
Il numero dei delegati del clero presenti all'inaugurazione delle Corti è di soli 6 rappresentanti: Ambrogio Machín, arcivescovo di Cagliari, Melchiorre Pirella, vescovo di Bosa, e i procuratori dei Capitoli di Cagliari, Oristano, Bosa e Iglesias.
Più numerosa e autorevole appare la rappresentanza del Militare, composta da 77 deputati.
Sul lato sinistro, tra i delegati del Reale si nota una certa effervescenza perché sono in atto polemiche e rivendicazioni sui diritti di precedenza. Giovanni Roca,
Bayona. In considerazione delle sue capacità militari il viceré lo aveva chiamato in Sardegna affidandogli il comando della compagnia di soldati che la feudalità si era impegnata a mantene-re a proprie spese a conferma degli obblighi vassallatici dovuti al sovrano.
68 L'Aquena, appartenente ad una famiglia del ceto curiate sassarese che tra i suoi membri vantava anche diversi prelati, aveva abbracciato la carriera militare. Dopo avere svolto varie missioni per conto del viceré Carlo Borja, duca di Gandía, su incarico del marchese di Bayona, nel 1628 sí era recato a Valenza per effettuarvi una leva di soldati con la quale rimpolpare il ter-cio sardo che era a corto di effettivi. Con essi si era spostato in Lombardia dove aveva combat-tuto a Casale e ad Alessandria. Rientrato in Sardegna per ordine del marchese Spinola, che aveva ridotto il pletorico numero di ufficiali del tercio sardo, fu incaricato dal Pimentel di svol-gere funzioni militari e di collettore del donativo straordinario. Per i servizi resi in pace e in guerra nel Parlamento del 1631 gli verrà concesso il titolo dí cavaliere; cfr. ACA, C.d.A., leg.
1234.
69 Sugli ufficiali e i ministri che possono stare gerarchicamente vicini al viceré cfr. L. DE PEGUERA, Prdctica, forma y stil de celebrar Corts generals en Catalunya, Barcelona 1632, cap. 1, 8. 2.; J. DExARr, Capitula sive Acta cit., lib. I, tit. I, cap. IX, p. 37.
sindaco della città di Castellaragonese, protesta perché a suo giudizio il rappre-sentante della città di Iglesias lo precede indebitamente. Don Gerolamo Manca di Homedes, sindaco della città di Sassari, con le stesse argomentazioni utilizzate in altri parlamenti70, pretende gli venga attribuito il posto immediatamente suc-cessivo a quello spettante al giurato capo della città di Cagliari, in modo da inter-porsi tra quest'ultimo e il sindaco della medesima città. Alle sue rimostranze si aggiungono quelle di Giovanni Frasso, sindaco della città di Bosa, che «in volga-re sermone» si lamenta perché il sindaco di Iglesias lo pvolga-recede". Dopo aver pro-messo ai rappresentanti delle città un rapido pronunciamento della Corte sulle loro pretese di rango il viceré, accogliendo le istanze presentate dai procuratori
sindaco della città di Castellaragonese, protesta perché a suo giudizio il rappre-sentante della città di Iglesias lo precede indebitamente. Don Gerolamo Manca di Homedes, sindaco della città di Sassari, con le stesse argomentazioni utilizzate in altri parlamenti70, pretende gli venga attribuito il posto immediatamente suc-cessivo a quello spettante al giurato capo della città di Cagliari, in modo da inter-porsi tra quest'ultimo e il sindaco della medesima città. Alle sue rimostranze si aggiungono quelle di Giovanni Frasso, sindaco della città di Bosa, che «in volga-re sermone» si lamenta perché il sindaco di Iglesias lo pvolga-recede". Dopo aver pro-messo ai rappresentanti delle città un rapido pronunciamento della Corte sulle loro pretese di rango il viceré, accogliendo le istanze presentate dai procuratori