FERRUCCIO AULETTA
Il tramonto dell’arbitrato nel nuovo orizzonte della giustizia sportiva
SOMMARIO – 1. Dal «Sistema di giustizia e di arbitrato per lo sport» al «Sistema di giustizia sportiva» senz’altro; 2. Le controversie arbitrabili e il giudizio su ogni «situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale»; 3.
Segue: la giustiziabilità del lodo presso l’A.G. quale forma di stabile «rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo»; 4. Ragioni dell’obliterazione della tecnica arbitrale nel nuovo «Sistema di giustizia sportiva». 5. L’arbitrato per le «questioni meramente patrimoniali»: eadem mutata resurgo ?
1. In base al «Sistema di giustizia e di arbitrato per lo sport» già stabilito dall’art.
12 dello Statuto del C.O.N.I., agivano qui, fino al 30 giugno scorso1, «in piena autonomia e indipendenza», l’Alta corte di giustizia sportiva e il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport.
1 Questo è il testo del comunicato di mercoledì, 2 Luglio 2014 apparso nel sito del C.O.N.I.: «A far data dal 1° luglio 2014 è entrato in vigore il Codice della Giustizia Sportiva che istituisce il Collegio di Garanzia dello Sport in luogo dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva (Alta Corte) e del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS).
Al Collegio di Garanzia dello Sport è devoluta la cognizione delle controversie la cui decisione non altrimenti impugnabile nell’ambito dell’ordinamento federale è pubblicata a far data dal 1° luglio 2014.
Le controversie non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale, la cui decisione è pubblicata fino al 30 giugno 2014, sono devolute comunque al Collegio di Garanzia dello Sport, che decide in funzione rispettivamente di Alta Corte o di Organo arbitrale, secondo le rispettive disposizioni previgenti. Le relative istanze o ricorsi devono, pertanto, essere inviate alla Segreteria dell’Alta Corte o alla Segreteria del TNAS che fungeranno, secondo le rispettive competenze, da Segreteria del Collegio di Garanzia dello Sport.
Si precisa che l’Alta Corte e il TNAS continueranno ad operare secondo le procedure oggi vigenti per le controversie dinanzi loro già incardinate.
I procedimenti pendenti davanti agli organi di giustizia presso la Federazione continuano in ogni caso a svolgersi in base alle norme previgenti, fino al recepimento delle nuove norme di giustizia nei rispettivi statuti e regolamenti, i quali entreranno in vigore a seguito dell’approvazione della Giunta Nazionale del CONI, di cui verrà data notizia attraverso apposita pubblicazione sul sito istituzionale del CONI e di ciascuna Federazione interessata».
«L’Alta corte di giustizia sportiva costitui[va] l'ultimo grado della giustizia sportiva per le controversie […] per le quali le parti non [avessero] pattuito la competenza arbitrale»; viceversa, «il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, ove previsto dagli Statuti o dai regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, [aveva]
competenza arbitrale sulle controversie che contrappon[eva]no una Federazione sportiva nazionale a soggetti affiliati, tesserati o licenziati, a condizione che [fossero] stati previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o comunque si tratt[asse] di decisioni non soggette a impugnazione nell’ambito della giustizia federale, con esclusione delle controversie che [avessero] comportato l’irrogazione di sanzioni inferiori a centoventi giorni, a 10.000 euro di multa o ammenda, e delle controversie in materia di doping». Questo Tribunale, così, «provvede[va] alla soluzione delle controversie sportive attraverso lodi arbitrali», contro i quali veniva «sempre ammesso, anche in deroga alle clausole di giustizia eventualmente contenute negli Statuti federali, il ricorso per nullità ai sensi dell’art. 828 del c.p.c.».
Dunque, mediante l’accesso alternativo all’Alta corte ovvero al Tribunale nazionale di arbitrato si veniva a realizzare, per un verso, il previsto «esauri[mento] dei gradi della giustizia sportiva» quale condizione di procedibilità dell’ eventuale azione presso l’A.G. e, per altro verso, la piena «salv[ezza] [di] quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive» (art. 3, comma 1, d.l. n. 220/2003, conv. l. n. 280/2003).
In questo modo, scelta che fosse stata la via arbitrale, rimaneva pregiudizialmente esclusa, data la dichiarata natura rituale del lodo e la competenza della Corte d’appello per la conseguente impugnazione dell’ atto, ogni residua possibilità di
accesso alla giurisdizione del G.A., viceversa accessibile di seguito al deliberato dell’Alta corte per la materia concretamente inarbitrabile.
Il compiuto sistema di arbitrato, dunque, assorbendo in sé la piena tutela, più non serviva a procurare il mero assolvimento della condizione di procedibilità dell’
azione in giudizio, invero risolta ed esaurita tutta in quell’azione …in senso negativo che è l’arbitrato. Si ricorderà, invece, come, secondo la giurisprudenza formatasi sub Julio, pure la via arbitrale finiva per assumere un carattere soltanto strumentale alla successiva procedibilità del giudizio pubblico sulla controversia2. Dal 1° luglio, invece, «presso il C.O.N.I.» è in vigore un «Sistema di giustizia sportiva» tutto nuovo, privo com’è di ogni residuo cenno all’arbitrato, sin dalla rubrica dell’art. 12 dello Statuto.
2. L’arbitrato quale sistema di risoluzione delle controversie sportive sembrava
aver trovato -‐in Italia-‐ nella ridefinizione delle «controversie arbitrabili» (art. 806 c.p.c.), in realtà, una fonte di speciale novazione, in un ambiente internazionale peraltro non sempre consentaneo3.
2 Mi sia consentito di rinviare sul punto alla mia voce Sport, in Verde (a cura di), Giurisdizione. Dizionario del riparto, Bologna, 2010, 702 ss.
3 Invero, il Landgericht München I, con sentenza 26 febbraio 2014, di prossima pubblicazione in Rivista dell’arbitrato, ha giudicato il caso di una pattinatrice per la quale, con lodo non annullato dal Tribunale federale svizzero, il TAS aveva già escluso l’illegittimità della sospensione dall’attività agonistica per doping. Proposta l’azione di risarcimento del danno al Tribunale di Monaco, questo ha affermato di poter giudicare sulla domanda contro la International Skating Union e la Deutsche Eisschnellauf-‐Gemeinschaft, reputando inefficace o nulla la clausola compromissoria per carenza di volontarietà, in dipendenza del difetto di parità delle parti determinato dalla posizione di monopolio della Federazione sportiva. Ritenuta perciò ammissibile la domanda, il Tribunale l’ha tuttavia rigettata nel merito, assumendo che, al fine di accertare il diritto al risarcimento del danno, avrebbe dovuto tener conto, quale elemento (negativo) della fattispecie risarcitoria, della legittimità della sospensione per doping già decisa con autorità di giudicato.
Il dibattito recente sui temi dell’arbitrato quale tecnica per la soluzione delle questioni sportive è quindi proseguito in Germania ed è stato più di recente, il 6 giugno scorso, ospitato anche dall’Università di Heidelberg, Institut für
Se è vero, infatti, che l’«efficacia del lodo» fatta uguale nel nostro ordinamento generale a «gli effetti della sentenza» potesse far ipotizzare -‐non diversamente da quanto fa per l’arbitrato irrituale l’art. 808-‐ter c.p.c. col promuovere una
«determinazione contrattuale»-‐ che l’oggetto arbitrabile dovesse pur sempre rimanere l’ oggetto possibile di una «sentenza» (o di un «contratt[o]») e così tornare a individuare le posizioni suscettibili di arbitrato in quelle dei diritti soggettivi; vero è anche che contrari argomenti rimanevano spendibili.
Contro chi aveva sostenuto che «quando all’arbitrato […] sono devolute […]
controversie (“questioni”) non rilevanti per l’ordinamento statale […], non ricorrono né un vero arbitrato né un vero lodo secondo l’ordinamento statale, e pertanto non si può affermare la “competenza naturale” della Corte d’appello, che presuppone la deroga alla giurisdizione statale realizzata attraverso il ricorso ad un vero arbitrato […]», avevo già obiettato che, le volte in cui le parti di una
«convenzione» munita della debita forma scritta «a pena di nullità» abbiano stabilito di «far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte», queste potendo finanche risultare relative a «rapporti non contrattuali» (art. 808-‐bis), è evidente come l’unico (oggetto di) «contratto» che venga in rilievo è soltanto quello di «far decidere da arbitri le controversie»4. La natura di altre posizioni soggettive o delle questioni da «far decidere» non presenta, insomma, alcuna priorità logica, e dunque ben si sarebbe potuto trattare «delle questioni aventi ad oggetto le materie […] nell[e] qual[i], in linea di principio, la tutela, stante la irrilevanza per l’ordinamento generale delle situazioni in ipotesi violate e dei rapporti che da esse possano sorgere, non è apprestata da organi dello Stato ma da organismi interni
ausländisches und internationales Privat-‐ und Wirtschaftsrecht, nell’ambito del convegno dal titolo «Vor der FIFA-‐
WM in Brasilien: Schiedsgerichtsbarkeit und Fußball».
4 Cfr. Oggetti nuovi di arbitrato? Prime note sopra un emergente «diritto processuale privato», in Auletta – Califano – della Pietra – Rascio (a cura di), Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, 42 ss.
all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste (e nel cui solo ambito esse, infatti, godono di pacifica rilevanza), secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”»5. E il riferimento corre subito a quelle posizioni individuali che nel testo del «Codice di giustizia sportiva» (C.G.S.) appena entrato in vigore si definiscono «situazioni giuridicamente protette [soltanto]
nell’ordinamento federale» (cfr. artt. 6.2, 18.1, lett. b, 27.1, lett. b, 30.1).
Allora, la «convenzione di arbitrato» -‐che, peraltro, mai postulerebbe l’ «esistenza effettiva», ma sempre e soltanto l’eventuale «affermazione» di un anteriore diritto-‐
appare dotata ex lege di autonoma «meritevole[zza]», e risulta pienamente
«tutela[ta]» in quanto tale, cioè nella sua essenza di strumento attributivo di diritti procedimentali, tant’è che sopra i «requisiti» e gli «effetti» della medesima convenzione pronuncia senz’altro l’A.G. con «sentenza passata in giudicato» (arg.
ex art. 813-‐ter, 4° comma, c.p.c.).
In altri termini, le pretese all’annullabilità del lodo irrituale «secondo le disposizioni del libro I» del c.p.c. ovvero alla sanzione di «nullità» del lodo rituale costituiscono inalienabili forme di tutela della «convenzione di arbitrato» in sé, e non degli interessi sostantivi per i quali «le controversie [sono] insorte» . Di qui consegue che la prestazione giurisdizionale volta a rescindere il lodo è innegabile (i.e. sempre ammissibile) dal giudice presso il quale è impugnato l’atto degli arbitri, mentre l’irrilevanza degli interessi in conflitto o l’insufficienza della questione a farsi di per sé (anche) oggetto di processo giurisdizionale costituiscono elementi impeditivi soltanto dell’esercizio del potere rescissorio sulla controversia (eventualmente conseguente all’ annullamento o alla nullità dell’atto).
5 Corte cost. n. 49/2011.
Per questo, anche il sistema di giustizia sportiva avrebbe potuto interamente risolversi in un sistema di arbitrato, in particolare ricostruendo l’impugnazione del lodo come pretesa (minima) all’annullamento (e basta), davanti ai giudici dello Stato potendosi sempre riconoscere un’autonoma azione (artt. 808-‐ter e 829 c.p.c.) rispetto a quella sopra l’oggetto di cui si è giudicato in arbitri, una volta escluso che non si sia trattato lì di «diritti indisponibili» .
3. Dalla convenzione di arbitrato, insomma, può prendere vita un vero e proprio
sistema di «diritto processuale privato», che l’ordinamento eventualmente protegge allorché i privati lo abbiano optato, come tipicamente può accadere nella giustizia interna ai gruppi sociali o agli enti intermedi: se gli aderenti si vincolano a un determinato procedimento per la decisione dei loro contrasti la cui soluzione abbiano liberamente rimesso a terzi, residua presso i giudici dello Stato una costante giustiziabilità, sebbene di consistenza variabile, di siffatti accordi attributivi di diritti procedimentali, e ciò anche in carenza di posizioni o questioni di per sé suscettibili di accesso diretto alla giustizia pubblica (com’è proprio di alcune delle vicende che originano dall’evento sportivo, a cominciare dalle
«questioni tecnico sportive», come si definiscono ora nell’art. 56.1, lett. b, C.G.S.).
Certo, il legislatore ordinario rimane poi libero di conformare il livello di meritevolezza della tutela giurisdizionale relativa a tale diritto processuale privato senza dover rispettare clausole costituzionali di sorta; e se l’arbitrato non si pone in funzione alternativa e sostitutiva della giurisdizione dal momento che questa rimaneva già all’origine inaccessibile per difetto di posizione soggettiva degna dei mezzi di giustizia pubblica, è chiaro che neppure in via secondaria quest’ultima, pur
quando adìta, potrebbe largire garanzie predeterminate o dovrebbe rispettare lo standard consueto.
La convenzione di arbitrato che non accede a diritti soggettivi o interessi legittimi di rilevanza generale può comunque conferire un diritto processuale sebbene a tale separata tutela non concorrano le garanzie costituzionali che presidiano la giurisdizione in materia di «diritti e interessi legittimi». Ciò vuol dire, anzitutto, che è impedita la sollevazione di questioni di legittimità in ordine al parametro costituzionale del procedimento giurisdizionale che prenda a oggetto un lodo che abbia deciso in materia in cui l’ordinamento generale neghi tutela specifica, fatti salvi i limiti essenziali di «ogni procedimento» (art. 24, 2° comma, Cost.). Né dev’essere confidato in ogni caso il ricorso per Cassazione che, secondo l’insegnamento corrente, la Costituzione ha riconosciuto soltanto ai portatori di diritti sostanziali, e non meramente processuali «in quanto la pronunzia sull'osservanza delle norme che regolano il processo […] ha necessariamente la medesima natura dell'atto giurisdizionale cui il processo è preordinato, e, pertanto, non può dunque avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo»
6.
Tuttavia, se in linea di principio il diritto processuale privato vive senza speciali coperture costituzionali, almeno nell’an, neppure può essere pregiudizialmente scartata l’idea che il «riconosc[imento e la] garan[zia]» necessari a tutelare i diritti dell’uomo, specialmente nelle «formazioni sociali», possa determinare un accidentale irrobustimento della sua tutela, come forma di coerente e razionale compimento di quel riconoscimento e di quella garanzia che l’autonomia degli individui e dei gruppi organizzati meritano nelle forme di svolgimento delle
6 Cass., VI, 17 aprile 2014, n. 8943, in Foro it., 2014, I, 1414.
rispettive determinazioni. Del resto, proprio «l’autonomia dell’ ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 della Costituzione, dato che non può porsi in dubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse “formazioni sociali dove [l’uomo] svolge la sua personalità” e che debba essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive»7.
Allora, dal momento che «la Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell' ordinamento sportivo nazionale» (art. 1, d.l. n. 220/2003, cit.), «uno dei più significativi ordinamenti autonomi che vengono a contatto con quello statale»8, l’
ordinamento statale poi non potrebbe negare in assoluto ogni forma di tutela giurisdizionale alla «disciplina delle questioni» che, seppure «riservata all' ordinamento sportivo» (art. 2), venisse a realizzarsi mediante «clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive» (art. 3).
Il diritto all’annullamento del corrispondente lodo potrebbe integrare, in breve, quel minimo e costante livello di «rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo» (art.1, comma 2). Dunque, la clausola normativa secondo la quale «in ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive» (art. 3, comma 1) può servire a conferire quel diritto al controllo giurisdizionale sulla validità del lodo anche oltre i soli «casi di rilevanza per l' ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive».
7 Corte cost. n. 49/2011, cit.
8 Corte cost. n. 49/2011, cit.
4. Ciononostante, l’ordinamento nazionale della giustizia sportiva ha imboccato una strada diversa9, insoddisfacente essendo stata ritenuta la pluriennale esperienza arbitrale, prima vissuta con la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport10 e poi col Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport.
Le principali ragioni di tale insoddisfazione sono derivate dalla pretesa irrazionalità di collocare un ibrido giudizio de novo, in forma arbitrale, al culmine del previo giudizio di merito, così generando (di là della proprietà di un arbitrato in funzione lato sensu impugnatoria11) una dis-‐continuità talora mortificante per la peculiarità del giudice e del giudizio interno a ciascuna Federazione e per la stabilità e autorevolezza del relativo prodotto di giustizia; e ancora dall’ incapacità dell’organizzazione procedimentale dell’arbitrato amministrato presso il C.O.N.I., già in termini normativi, di sopportare la vicenda non infrequente del processo cumulativo, e dunque dall’ occorrenza ricorrente della frammentazione di giudizi all’esito di gradi di giustizia federali presso i quali la decisione, viceversa, aveva riguardato simultaneamente una pluralità di soggetti (si pensi alle sanzioni disciplinari irrogate per i tesserati riconosciuti colpevoli del concorso nell’alterazione del risultato di una singola gara): il che, si comprende, ha determinato germi di incoerenza, disparità di trattamento, forme striscianti di contrazione della libertà dei giudizi posteriori a un accidentale leading case, mentre massimamente avvertita si faceva l’esigenza riformatrice di contenere il sindacato di merito del caso singolo a beneficio di un controllo inteso a garantire più che altro l’uniformità dei principi applicabili (un intendimento di nomofilachia, per dir così,
9 Sull’esperienza internazionale de Il tribunale arbitrale dello sport v. la monografia così intitolata di Merone, Torino, 2009, pp. 262.
10 Cfr., si vis, il mio contributo Un modello per la camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, in questa Rivista, 2007, 145
11 Per essenziali riferimenti al problema dell’arbitrato di secondo grado cfr. Punzi, Disegno sistematico dell’arbitrato2, II, Padova, 2012, 615.
poi enfatizzato dalla costituzione della Procura generale dello sport, parimenti istituita presso il C.O.N.I. con lo «scopo di tutelare la legalità dell’ ordinamento sportivo», la quale è stata infine dotata di autonomi poteri di accesso all’ «organo di giustizia di ultimo grado» ).
Abbandonando la via arbitrale, così, la giustizia sportiva italiana rinuncia consapevolmente anche alla stabilizzazione degli esiti che suo tramite si realizzano, mancando notizia di sovvertimenti dei lodi rituali che dal 2009 sono stati resi, comunque in gran numero, presso il Tribunale nazionale di arbitrato12, complice forse la non ragionevole durata dei processi presso la Corte d’appello.
Fatto sta che con le deliberazioni del 19 dicembre 2013 e dell’11 giugno 2014, rispettivamente di modifica dello Statuto e di approvazione del «Codice di giustizia sportiva» (previsto dall’art. 6, comma 4, lett. b, dello Statuto)13, il C.O.N.I. ha rinunciato, in buona sostanza, alla tecnica arbitrale per l’amministrazione delle controversie nell’ «ultimo grado» dell’ ordinamento particolare che ospita.
5. Ora, «il Collegio di garanzia dello Sport istituito presso il Coni costituisce
organo di giustizia di ultimo grado» (art. 3.2 C.G.S.); e «avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-‐sportive di durata inferiore
12 V. www.coni.it/it/attività-‐istituzionali/tribunale-‐nazionale-‐di-‐arbitrato-‐per-‐lo-‐sport: nell’anno 2013 sono stati promossi dinanzi al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport n. 69 procedimenti (per essi, in n. 40/69 la qualità di parte è stata assunta dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, in n. 15/69 da un agente di calciatori, così confermandosi una primazia costante di questi soggetti nell’alimentazione dei procedimenti arbitrali); nell’ anno 2012 n. 132; nell’anno 2011 n. 104; nell’anno 2010 n. 91; nell’anno 2009 n. 83. Al 31 dicembre 2013, dei n. 69 procedimenti promossi n. 35 si erano già conclusi nell’anno.
13 Il testo pubblicato risulta dalla fissazione di alcune correzioni e modifiche deliberate dal Consiglio nazionale nella seduta del 15 luglio 2014.
a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro, è proponibile ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, di cui all’art. 12 bis dello Statuto del Coni. Il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti» (art. 54.1 C.G.S.).
Sennonché, il meccanismo ostracistico di ogni soluzione arbitrale sarebbe stato vulnerato se fosse rimasta libertà alle Federazioni di farvi comunque opzione, ciò che avrebbe determinato, con l’adozione di lodi per la decisione della controversia da definire in sede federale, la possibile quanto immediata divergenza della fase di impugnazione dall’orbita di attrazione del Collegio di garanzia dello Sport.
E’ per tale ragione che è stata accordata licenza assai limitata per soluzioni arbitrali endofederali, e quindi «Gli Statuti e i regolamenti federali possono prevedere il deferimento delle controversie su rapporti meramente patrimoniali a commissioni e collegi arbitrali» (art. 4.3 C.G.S.).
In sintesi, le pur distinte forme di giustizia che si compiono entro l’orizzonte sportivo, nel circolo ravvicinato della singola Federazione ovvero in quello più ampio e conchiudente del C.O.N.I., hanno ritenuto di ridurre la chance del lodo arbitrale al minimo costituito dai «rapporti meramente patrimoniali» tra soggetti appartenenti a una medesima Federazione, senza neppure assicurare in tal modo uniformità di procedimenti né di natura delle ipotetiche determinazioni finali, probabilmente nella logica dell’immediata avulsione dal circuito sportivo del lodo de quo, siccome destinato subito all’impugnazione davanti all’A.G.
indipendentemente del carattere rituale o meno.
La normativa complessivamente dettata dal C.O.N.I., del resto, rimane indifferente all’opzione arbitrale eventualmente votata dalla singola Federazione dal momento che nessun’altra sede sportiva (eso-‐federale) potrà essere chiamata ad amministrare giustizia in un caso che sia mandato soggetto, nei limiti delle questioni meramente patrimoniali, ad arbitrato (endo-‐federale), e dunque l’aspirazione alla parità di trattamento e all’uniformità interpretativa che anima la riforma delle sedi di giustizia allestite dal C.O.N.I. non potrebbe essere secondata in nessuna misura: sarà il Giudice ordinario senz’altro a sindacare il lodo sulle corrispondenti controversie che fossero state amministrate in arbitri, mente per tutto il resto dei conflitti che possono transitare verso la sede di giustizia statuale sarà irresistibile l’attrazione al Giudice amministrativo. Ecco, infatti, il precipitato ultimo del sopravvenuto sbarramento della via arbitrale anche quale forma di esodo verso la giurisdizione: viene meno l’instradamento della lite, quale che sia, verso il Giudice ordinario, com’era allorché la tecnica rimaneva quella del lodo impugnabile a norma dell’art. 829 c.p.c., il che naturalmente comprimeva la giurisdizione amministrativa altrimenti espandibile verso molta parte della materia elevata a oggetto della controversia arbitrale.
Nessuna deviazione di corso giurisdizionale, invece, può realizzare adesso, pur quando acceduta risulti la via arbitrale per i «rapporti [meramente] patrimoniali tra società, associazioni e atleti» (art. 3, comma 1, d.l. n. 220/2003, cit.), già naturalmente riservate all’A.G.O.
Tuttavia, anche quando le «questioni patrimoniali» (art. 56.2, lett. d, C.G.S.) non abbiano conosciuto giudizio di arbitri, il loro corso naturale (dal Tribunale federale, che, con competenza universale, «giudica in primo grado su tutti i fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo» a norma dell’art. 25.1 C.G.S.) fino al Collegio di garanzia
dello sport non sembra ostacolato né escluso, tant’è che, «presso il C.O.N.I.», è assicurato il presidio di un’apposita sezione dell’ «organo di giustizia di ultimo grado» che, dunque, pronuncerà invariabilmente prima che la controversia (cui la questione pertiene) possa utilmente esorbitare vero l’A.G.
Sennonché, sul punto la riflessione potrebbe cimentarsi nella rinnovata costruzione -‐che farebbe dell’arbitrato una mirabile applicazione del motto di Jakob Bernoulli sopra ogni cosa capace di risorg[ere] uguale eppure diversa-‐ in chiave (ancora) arbitrale (almeno) delle decisioni su questioni patrimoniali (pur quando) rese dal Collegio di garanzia dello sport, «organo» di cui i contendenti -‐che non abbiano fatta opzione più univoca per l’arbitrato-‐ comunque finiscono per accettare come definitiva la «cognizione delle controversie» (art. 12-‐bis, comma 1, Statuto C.O.N.I.)14; e felice colpa, al riguardo, sembra riuscire, poi, l’evidente improprietà nella definizione di «Clausola compromissoria» data alla previsione del c.d. vincolo di giustizia, tra i «Principi di giustizia sportiva» votati dal Consiglio nazionale del C.O.N.I. l’11 giugno scorso (e ai quali le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline Sportive Associate devono adeguare i propri statuti e regolamenti), secondo cui «Gli Statuti e i regolamenti federali prevedono che gli affiliati e i tesserati accettino la giustizia sportiva così come disciplinata dall’ordinamento sportivo». Dal complesso normativo può infatti scaturire, prim’ancora che l’improcedibilità, l’improponibilità stessa della causa presso l’A.G.15, e quindi di
14 In base all’art. 62.1 C.G.S. il Collegio «decide la controversia senza rinvio [anche quando] le parti ne abbiano fatto concorde richiesta entro il termine di chiusura della discussione orale».
15 Cfr. Cass., sez. III, 1 aprile 2014, n. 7531, «nella clausola di un contratto di assicurazione che prevede una perizia contrattuale, è insita la temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale:
prima e durante il corso della procedura contrattualmente prevista, quindi, le parti stesse non possono proporre davanti al giudice le azioni derivanti dal suddetto rapporto».
«qualunque domanda avente ad oggetto diritti derivanti dal rapporto preesistente»16.
Si potrebbe, allora, opinare per la natura comunque arbitrale della soluzione data
«presso il C.O.N.I.» alle questioni patrimoniali aiutandosi, di là del fondamentale assunto circa la più ridotta dimensione di questione che può elevarsi a oggetto di tale giudizio17, le (anche) recenti omologazioni tra la perizia arbitrale (o contrattuale)18 e il lodo irrituale e per la quale «il contrasto si riferisce ad una questione (tendenzialmente di fatto) rilevante per l’ esistenza o il modo di essere di una situazione sostanziale, sicché l’ accertamento è richiesto sempre nel contesto di un rapporto giuridico preesistente tra i litiganti»19.
Dunque, se sopra le «questioni patrimoniali»20, per cui le parti potrebbero ricevere finanche licenza associativa di arbitrare in senso proprio la controversia (ferma la
16 Cfr. Campione, La perizia contrattuale, in Riv. arb., 2014, 72, che ricorda le conseguenze in tema di prescrizione sancite da Cass. sez. III, 13 marzo 2012, n. 3961.
17 E’ il senso del fondamentale contributo di Bove, La perizia arbitrale, Torino, 2001, 182, che definisce la perizia arbitrale «un arbitrato con un oggetto irrituale», contro il cui atto conclusivo dev’essere consentita «l’apposita impugnativa […] prevista in generale contro il lodo» (p. 227).
18 A proposito della quale, nella più recente puntualizzazione di Cass., sez. III, 14 marzo 2013, n. 6554, in Assicurazioni, 2013, 299, si legge: «La relativa indagine, trattandosi di "quaestio facti" e "quaestio voluntatis", rientra esclusivamente nei poteri del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in Cassazione, se motivato congruamente e immune da errori di diritto (ex multis, Cass. n. 4954/99). […]. Ora, va considerato che la perizia contrattuale viene tradizionalmente inquadrata nell'ambito di un mandato collettivo, con cui le parti deferiscono ad uno o più terzi scelti per la loro competenza specifica, il compito di formulare un apprezzamento tecnico che si impegnano preventivamente ad accettare come diretta espressione della loro volontà negoziale. La decisione è pertanto riconducibile alla volontà dei mandanti mediante creazione di un nuovo assetto di interessi dipendente dal responso del terzo. In questa ottica, la scelta del terzo, seppur affidata al Presidente del Tribunale, deve essere coerente con le determinazioni volitive delle parti circa le qualità e le competenze tecniche del terzo, vertendosi in tema di un negozio riconducibile esclusivamente alla loro volontà, impugnabile con le ordinarie azioni dirette a far valere i vizi della volontà».
19 Campione, op. cit., 66.
20 Quanto alle domande di risarcimento del danno deve registrarsi la discutibile posizione da ultimo sostenuta ancora da Cons. Stato, sez. VI, 31 maggio 2013, n. 3002, in Resp. civ. e prev. 2013, 5, 1579 con nota di Stalteri: «la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell'atto, ma il conseguente risarcimento del danno, va proposta al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando una riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere. Anche per le controversie risarcitorie opera, tuttavia, il cd. vincolo della giustizia sportiva, e quindi potranno essere instaurate solo dopo che siano
"esauriti i gradi della giustizia sportiva", così come prevede l'art. 3 del d.l. n. 220 del 2003».
eventuale dimensione maggiore di quest’ultima -‐rispetto alla mera questione-‐
quando devoluta all’A.G.O.), le stesse parti rimangono comunque vincolate alla decisione del Collegio di garanzia dello sport, ciò lascia seguire che sulla fissazione degli elementi operata mediante tale giudizio è impedito ogni potere cognitivo del giudice ordinario, e «il risultato finale è equiparabile a quello che si ottiene mediante un arbitrato a modalità irrituale: un atto che risolve un contrasto con la stessa efficacia di un contratto; un nuovo assetto di interessi di tipo negoziale»21. La ipotizzata ricostruzione, che risponde peraltro al principi posti dall’art. 2.1 («Tutti i procedimenti di giustizia regolati dal Codice assicurano l’ effettiva osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo e la piena tutela dei diritti e degli interessi dei tesserati, degli affiliati e degli altri soggetti dal medesimo riconosciuti») e dall’art. 6.1 C.G.S. («Spetta ai tesserati, agli affiliati e agli altri soggetti legittimati da ciascuna Federazione il diritto di agire innanzi agli organi di giustizia per la tutela dei diritti e degli interessi loro riconosciuti dall’ ordinamento sportivo»), farebbe sopravvivere, almeno in parte, la tecnica di arbitrato, che ne trarrebbe un alimento vitale in quest’altro settore della vita sociale che, dell’arbitrato, ritiene purtroppo di aver sperimentato i guasti. E senza essere né credersi il solo.
21 Campione, op. cit., 76, che altresì opina prudentemente nel senso dell’applicabilità dell’art. 808-‐ter c.p.c.