• Non ci sono risultati.

PARTO DISTOCICO CON IPOSSIA CEREBRALE PERINATALE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "PARTO DISTOCICO CON IPOSSIA CEREBRALE PERINATALE"

Copied!
5
0
0

Testo completo

(1)

PARTO DISTOCICO CON IPOSSIA CEREBRALE PERINATALE

Considerazioni medico-legali Dr. Giancarlo Umani Ronchi

Ricordiamo in via preliminare i punti salienti di una storia clinica di particolare interesse medico legale con riferimento alla condotta dei sanitari.

1) Si trattava di una primipara di 33 anni che il 23.7.’95, alle ore 2.00 veniva ricoverata per problemi di travaglio di parto. La donna era regolarmente visitata dall’ostetrica fino alle ore 8.30 quando risultava “PP cefalica, bassa in via di impegno, dilatazione 2-3 cm…. BCF regolare”. Non sembra vi fossero problemi fino a quel punto.

2) Risultano in atti due tracciati cardiotocografici, senza firma né ora di inizio della registrazione, privi di elementi di rilievo, che sono stati attribuiti – concordemente dalle parti – al periodo dilatante del travaglio di parto “di cui presentano le caratteristiche tipiche”.

3) Altri due tracciati sono registrati rispettivamente dalle 7.04 alle 7.35 e dalle 9.25 alle 11.15. Nel primo sembra non vi fossero anomalie di rilievo, nell’altro viene descritta una decelerazione alle ore 9.35 (con valori di 102/bpm), una ulteriore decelerazione alle ore 10.30 più accentuata rispetto alla precedente (90 bpm) – della quale non viene indicato il tipo – con ripresa della frequenza cardiaca regolare, seppure “in maniera più lenta con riduzione della reattività del tracciato”. Questo dato rappresenta un primo motivo di allarme. Ricordiamo, in proposito, che se la

“bradicardia” moderata (90 bpm), in assenza di altre alterazioni, non indicativa di sofferenza fetale, la sua gestione può essere delicata in caso di “decelerazioni prolungate”, vale a dire di durata superiore a 60-90 sec. specialmente ove si tratti di decelerazioni “variabili” e soprattutto “tardive”.

Mancano, a questo punto, elementi concreti di giudizio sulle reali condizioni del feto. Si imponeva pertanto una maggiore attenzione.

4) A tale primo punto “critico” ne segue un secondo alle ore 13.40 quando – a dilatazione completa e presentazione cefalica profondamente impegnata in periodo pre-espulsivo e contrazioni valide - si parla di “qualche calo di fcf che si riprende”. Anche qui non vengono indicate la entità della frequenza, né la durata dell’episodio. È indubbio comunque che l’ostetrica si deve essere allarmata se ha chiamato lo specialista per il controllo del battito fetale. Ma detto specialista si è limitato a confermare la esistenza di “episodiche bradicardie” senza ulteriore precisazione e ha

Ordinario di Medicina Legale, Università di Roma

(2)

deciso di accelerare il parto somministrando Syntocin. Su questa iniziativa, indubbiamente poco felice, torneremo in seguito.

5) Alle ore 14 iniziava il periodo espulsivo che procedeva speditamente senza evidente riduzione della frequenza del BCF. La paziente veniva condotta in sala parto e alle ore 14.25, evidentemente per il ripetersi della situazione di allarme in precedenza segnalata, l’ostetrica

decideva di richiedere del pediatra reperibile e avvisava il primario. In questa fase si manifestano

“decelerazioni del BCF” delle quali, ancora una volta, non vengono indicati tipo e durata, ma che comunque erano tali da richiedere un provvedimento ulteriore, vale a dire la applicazione del vacuum extractor per accelerare la espulsione del feto.

6) Il feto, alla nascita, presentava condizioni critiche così come risulta documentato dagli atti. Sulle condizioni del neonato nelle fasi successive ci soffermeremo in seguito. Va comunque fin d’ora rilevato come, alle ore 15.30, sia stato trasferito presso la Divisione di Patologia neonatale

“per importante asfissia neonatale e sofferenza prenatale”.

7) A tali elementi, di per se stessi significativi, si devono aggiungere i dati del pH rilevati nella Divisione pediatrica in serata, pari a 7.1 alle ore 19,40 e 7.24 alle ore 23.00, a distanza di

molte ore dal parto. Dobbiamo rilevare che in Italia non è entrato nella pratica comune il controllo della acidosi durante il parto che in altri Paesi viene effettuato comunemente attraverso la microanalisi del sangue fetale in pazienti con tracciati cardiotocografici patologici o sospetti con il prelievo, dopo che sia avvenuta la rottura delle membrane, attraverso la parte presentata visualizzata mediante amnioscopio fino alla dilatazione di 8 cm. e mediante speculum a partire dagli 8 cm.. Il limite critico per il pH è pari a 7,25 nel periodo dilatante e 7,20 nel periodo espulsivo, dati che rendono necessario l’espletamento del parto. L’iniziale entusiasmo per la determinazione del pH fetale non avrebbe trovato corrispondenza nei dati reali (linee guida SIGO), tale omissione pertanto non viene addebitata ai sanitari.

Da rilevare inoltre che il liquido amniotico risultava chiaro, ma – secondo le predette linee guida – la presenza di meconio ha un significato di per se stessa non decisiva (vd. Tucker e Hauth, Clinical Obstetrics and Gynaecology, 33, 518, 1990): la sua osservazione durante il periodo espulsivo come unico sintomo non è da considerare patognomonica della sofferenza fetale, al contrario il dato deve essere considerato nel complesso del quadro clinico insieme ad altre metodiche di valutazione delle condizioni fetali.

Tutto ciò considerato dobbiamo ricordare che la paralisi cerebrale era comunemente attribuita agli eventi della nascita nel convincimento che tutti i feti – all’inizio del travaglio – fossero in condizioni perfette. Pertanto l’avvento della registrazione elettronica del BCF aveva fatto

(3)

ritenere che la precoce diagnosi degli stati di sofferenza avrebbe determinato la scomparsa pressochè totale della encefalopatia anossica. Al contrario – come risulta dalle statistiche dei Paesi industrializzati – la frequenza di tale grave patologia è rimasta immodificata negli ultimi vent’anni.

Tant’è che i dati di dodici Ospedali universitari americani ( secondo i quali da circa 54.000 gravidanze sono nati 189 bambini affetti da tale patologia) comproverebbero il modesto ruolo dei fattori che intervengono durante la gravidanza e durante l’espletamento del parto nella eziopatogenetica della paralisi cerebrale. Pertanto la maggior parte delle cause della paralisi cerebrale rimane tuttora inspiegabile, anche se – secondo la letteratura e la esperienza – possono essere chiamate in causa situazioni disgenetiche, infettive (toxoplasmosi, citomegalovirus), alterazioni metaboliche materne, patologie placentari, tossicosi, ecc.

Quanto alla patogenesi asfittica, il danno cerebrale si verifica quando la ipossia supera i meccanismi compensatori fetali; non va trascurato in proposito che talora esiste una impossibilità fisiologica del feto ad adattarsi alla ipossia del travaglio e del parto tanto da richiedere un parto di emergenza. Fra i criteri da considerare patognomonici di tale eziopatogenesi asfittica, la acidosi intra-partum nel sangue del cordone ombelicale, acidosi che – come già detto – può essere testata, come già detto, anche attraverso il prelievo in corso di travaglio.

Tornando al caso in oggetto, nella fattispecie si sono manifestati segni che potevano destare una certa preoccupazione o, per lo meno, indurre a una sorveglianza più attenta: mi riferisco alle decelerazioni delle ore 9.35, seguite da ulteriori decelerazioni (di cui non viene indicato il tipo) con brachicardia più accentuata (90 bpm), ripresa della frequenza regolare ma con “riduzione della reattività del tracciato” che di per se stessa poteva avere un significato non rassicurante. Pur tuttavia, nonostante qualche motivo di preoccupazione, la donna non risulta essere stata controllata, né con esami cardiotocografici, né – a quanto sembra – sotto il profilo clinico tra le ore 11.15 e le ore 13.40.

Alle ore 13.40 è stato registrato, alla normale auscultazione, qualche calo della frequenza cardiaca fetale senza che venissero indicate la entità del “calo” né – in mancanza di un tracciato cardiotocografico – le sue caratteristiche. Ebbene, di fronte alle preoccupazioni dell’ostetrica che ha chiamato il medico, quest’ultimo ha ritenuto di accelerare il parto attraverso la somministrazione di Syntocin che – come ben noto – ha effetto assolutamente negativo: infatti le contrazioni uterine, che vengono così intensificate, ostacolano il flusso ematico intervilloso in proporzione alla loro frequenza, intensità e durata; ogni contrazione interrompe brevemente l’apporto di ossigeno al feto favorendo così l’instaurarsi di una acidosi. Tant’è che alcuni Autori indicano tra le misure per prevenire la sofferenza fetale la eventuale somministrazione di un tocolitico al fine di diminuire la

(4)

attività contrattile uterina oltre che – ovviamente – la somministrazione di ossigeno alla madre. A questo punto si imponeva il taglio cesareo. Si è preferito invece proseguire il parto per vie naturali finchè ulteriori decelerazioni del BCF inducevano alla applicazione del vacuum essendo ormai impossibile il parto per via addominale.

Dunque gli elementi fondamentali di giudizio della condotta dei sanitari sono rappresentati dalla mancata considerazione degli episodi di brachicardia, dalla mancata ulteriore osservazione della paziente tra le 11.15 e le 13.40, dalla erronea somministrazione di Syntocin tanto più senza un attento monitoraggio della attività cardiaca fetale, dalla omissiome – a questo punto - del parto cesareo.

parte, il fatto che il prodotto di concepimento sia andato incontro a una grave asfissia, è documentato dai valori del pH rilevati nella Divisione Pediatrica (ore 19.40: 7.1, ore 23.00: 7.24, a distanza di molte ore dal parto ancora al di là del limite critico) e prima ancora dalla diagnosi di trasferimento del neonato nella predetta Divisione alle ore 15.30 (“importante asfissia neonatale e sofferenza prenatale”).

Le massive lesioni encefaliche rilevate fin dalle prime fasi post partum (i quadri TAC del 26.7.’95 a confronto con quelli del 18.8.’95 evidenziano progressivi esiti di una grave encefalopatia anossico-ischemica con maggiore coinvolgimento delle strutture mielinizzate e quindi una diffusa atrofia cortico-sottocorticale) potrebbero indicare, secondo il Prof.Vasapollo, che la asfissia fu prolungata ed ebbe distribuzione prevalente nelle aree dove esiste di solito un maggiore flusso ematico.

Secondo Gluckman P.D., Heymann M.A.: Perinatal and Pediatric Pathophysiology. Hodder e Stoughton 274, 1993, nella asfissia parziale si può rilevare un differente quadro di danno cerebrale che colpisce principalmente le strutture corticali e subcorticali mentre nella asfissia acuta e totale sono colpite particolari aree del cervello (mesencefalo, ponte, midollo allungato, zona di connessione tra midollo spinale e il cervello e il talamo).

Per contro il Prof.Cicognani ritiene che nella fattispecie le lesioni encefaliche possano non essere attribuite al travaglio, ciò alla luce delle relazioni dei Proff.De Bernardi, neurologo pediatra, e Gobbi, neuropediatra, secondo i quali – in linea di massima – dalla caratteristiche del dato anatomo- patologico non si può definire il momento in cui il danno si è verificato, danno che invece molto spesso ha una origine multifattoriale. Resta il fatto comunque che tra i criteri da considerare patognomonici della eziopatogenesi asfittica particolare rilievo assume proprio quella acidosi intrapartum e post partum di cui si è detto e che trova ancora riscontro nei dati acquisiti a distanza di alcune ore.

(5)

In conclusione, tenuto conto della condotta colposa dei sanitari che hanno assistito al travaglio e

al parto della donna, condotta censurabile per quanto concerne la omessa attenta osservazione della attività cardiaca fetale, la assunzione di atteggiamenti terapeutici (somministrazione di Syntocin) alle ore 13.40 anziché provvedere a un rapido parto per via addominale, tenuto conto altresì della diagnosi di “importante asfissia neonatale e sofferenza prenatale” dello stesso Reparto all’atto del trasferimento presso il Reparto di Patologia neonatale, nonché della acidosi evidenziata nella Divisione Pediatrica alle ore 19.40 e alle ore 23, non vi è dubbio sul rapporto di causalità tra la predetta condotta e il danno cerebrale, pur se non si può escludere – con assoluta certezza – che siano intervenuti fattori concausali di minore rilievo o addirittura trascurabili legati ad eventuali situazioni patologiche prenatali tali da rendere il feto più sensibile agli insulti del travaglio.

Riferimenti

Documenti correlati

Il punto, per così dire, di svolta di tale orientamento va ravvisato nella costruzione della figura del danno biologico come danno che attiene alla lesione della salute 2 , che è

Ci si riferisce in particolare alla cartella clinica, che si è assunto essere stata compilata in maniera lacunosa ed imprecisa (sulle conseguenze che derivano in

Anche in questo ambito la differenza fra le situa- zioni cliniche dipende dalla variabilità: se anco- ra conservata significa che il feto è gravemente ipossico, ma non ancora

Le linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) del 2007 1 si focalizzano sull’identifi- cazione e il trattamento di un ampio range di

Por ejemplo, para describir el uso del signo “=” como relación binaria de equivalencia (no como signo de procedimiento) se recurre con frecuencia, al menos inicialmente, a

Nel caso della gravidanza, ciò conduce a trattare le donne e il bambino come se fossero potenzialmente sempre a rischio e, nel momento del parto, ricondurre la donna e il

Il modulo ha l’obiettivo di permettere l’apprendimento dei fenomeni, dei fattori, delle cause e dei tempi del parto fisiologico. Propone inoltre alcune informazioni sulle

Il modulo ha l’obiettivo di permettere l’apprendimento dei fenomeni, dei fattori, delle cause e dei tempi del parto fisiologico. Propone inoltre alcune informazioni sulle