• Non ci sono risultati.

Empiricamente si è verificato che i numeri di Carmichael sono abbastanza “rari”: quelli < 2510

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Empiricamente si è verificato che i numeri di Carmichael sono abbastanza “rari”: quelli < 2510"

Copied!
1
0
0

Testo completo

(1)

Teoria dei numeri

Lezione del giorno 29 aprile 2008

Esempio: Un numero di Carmichael molto grande è n=225.593.397.919 (si dimostra che è di Carmichael con il Teorema di Korselt che vedremo in seguito): la sua decomposizione in fattori primi è 2207661915443 . Per tale n la probabilità che n superi il test di Fermat è circa:

(1-1/2207)(1-1/6619)(1-1/15443)  0,99933 (molto vicina al 100%).

Empiricamente si è verificato che i numeri di Carmichael sono abbastanza “rari”: quelli < 2510

9

sono “soltanto” in numero di 2.163.

D’altra parte è stato dimostrato (1992) che i numeri di Carmichael sono infiniti.

La possibilità di imbattersi in un numero di Carmichael rende il test di Fermat non molto affidabile, ma si è osservato che nessun naturale composto x3,410

14

è pseudoprimo contemporaneamente in tutte le seguenti basi: 2,3,5,7,11,13,17 (i primi 7 numeri primi); dunque si può trasformare il test di Fermat in un test di primalità deterministico (valido solo per un input 3,410

14

) eliminando la scelta casuale della base a, e ripetendo il test esattamente 7 volte, una per ognuna delle basi elencate.

Il matematico Korselt ha caratterizzato i numeri di Carmichael:

Teorema di Korselt.

Un numero naturale composto n è un numero di Carmichael  n è prodotto di primi distinti, e ogni fattore primo p

i

soddisfa la condizione (p

i

-1)(n-1) .

Dimostrazione.

() Per ipotesi n=p

1

p

2

….p

r

, con p

i

primi distinti tali che (p

i

-1)(n-1).

Sia a intero tale che 1an-1, mcd(a,n)=1, e dimostriamo che a

n-1

modn=1 ossia che a

n-1

1 (mod n).

Essendo a,n coprimi, nessun p

i

è divisore di a, quindi, per il Piccolo Teorema di Fermat, a

pi1

1 (mod p

i

), e se n-1=k(p

i

-1) si ha a

n-1

= a

k(pi1)

1

k

=1 (mod p

i

), per ogni i.

Ogni p

i

è divisore di a

n-1

-1, e poiché i p

i

(primi distinti) sono a 2 a 2 coprimi, il loro prodotto n è divisore di a

n-1

-1 e si ha la tesi.

() Dimostreremo questa implicazione dopo lo sviluppo della teoria delle radici primitive modulo n.

Il più piccolo numero di Carmichael è n=561 la cui decomposizione in fattori primi è 3 1117 (e infatti 2, 20, 16 sono divisori di n-1=560).

Un esempio di numero di Carmichael molto grande già incontrato è n=225.593.397.919 la cui decomposizione in fattori primi è 2207661915443 (si verifica facilmente che 2207, 6619, 15443 sono primi e che 2207-1, 6619-1, 15443-1 sono divisori di n-1).

Possiamo notare che un numero di Carmichael n è prodotto di almeno 3 fattori primi distinti: se per assurdo fosse n=pq, con p,q primi distinti, per esempio con p<q, per il Teorema di Konselt si avrebbe (q-1)(n-1), da cui n-1=pq-1=(q-1)t, con t naturale, (p-1)=(q-1)(t-p), p-1q-1, pq, contraddizione.

Osservazioni sulla probabilità nei test di primalità

Un test di primalità probabilistico fornisce a priori una maggiorazione per la probabilità che un

input composto n superi il test per k volte (con k fissato): per esempio nel test di Fermat la

probabilità è 1/2

k

(tranne nel caso di un numero di Carmichael). In generale in un test

(2)

probabilistico la probabilità che un input composto n superi il test per k volte (con k fissato) è 1/C

k

con C costante opportuna.

La vera questione è però quella inversa: se l’input n ha superato k volte il test, cosa possiamo dire della probabilità che sia composto ?

Nel linguaggio del calcolo della probabilità: dati 2 eventi A, B, indichiamo con p(A/B) la probabilità “condizionale” che si verifichi l’evento A, sotto la condizione che si sia verificato l’evento B; se A=”l’input è composto”, B=”l’input ha superato k volte il test”, ed è nota una maggiorazione per p(B/A), cosa possiamo dire su p(A/B) ?

Possiamo utilizzare il Teorema di Bayes:

p(A/B) = p(B/A)p(A)/p(B) (dove p(A), p(B) sono le probabilità degli eventi A,B) Supponiamo di avere scelto casualmente un input n di t cifre (in base 10), e supponiamo che tale input n abbia superato il test per k volte. Poniamo p=p(A), q=p(B/A) (con q1/C

k

, C costante).

Possiamo approssimare p mediante la funzione x/log(x): sappiamo che la probabilità che un numero di t cifre sia primo è  1/2,3t, dunque p  1-(1/2,3t).

Cosa possiamo dire su p(B) ? La probabilità che un numero di t cifre superi k volte il test è la somma della probabilità che esso sia primo (e superi k volte il test) e della probabilità che esso sia composto (e superi k volte il test). Ma la probabilità che esso sia primo (e superi k volte il test) coincide con la la probabilità che esso sia primo (perché tutti i primi superano il test), dunque tale probabilità è (1-p)  1/(2,3t); invece la probabilità che esso sia composto (e superi k volte il test) è il prodotto delle probabilità qp (probabilità che sia composto moltiplicata per la probabilità che, essendo composto, superi k volte il test).

In totale si ha:

p(A/B) = (1 p) qp qp .

Si ha allora, tenendo conto che q1/C

k

: p(A/B)  (1 - p)C

k

p

Si ha ( 1 - p p )  2,3t-1  2,3t (per t grande). Dunque approssimativamente:

p(A/B)  (2,3t)/C

k

.

Nei casi concreti il numero k di ripetizioni del test è tale da rendere 2

k

di ordine di grandezza molto superiore a 2,3t (dove t è il numero di cifre dell’input n), e quindi la probabilità che un numero, che abbia superato k volte il test, sia composto, é maggiorata da una quantità non molto maggiore di 1/C

k

, ma nel caso di un valore di k non molto grande, la maggiorazione si può discostare molto dal valore 1/C

k

.

Per esempio per un input di t=100 cifre (in base 10), e per un numero k=10 di ripetizioni del test, e per C=2 si ha 1/C

10

=1/1024, ma (2,3t)/C

10

 1/4 .

Invece per k=100 si ha 1/C

k

1/10

30

, (2,3t)/C

k

1/10

28

(valore di ordine di grandezza simile).

Radici primitive modulo n

Un sottogruppo di un gruppo G (in notazione moltiplicativa) è un sottoinsieme non vuoto H di G, che sia chiuso rispetto all’operazione di G (quindi se a,bH allora abH) e che sia gruppo rispetto alla stessa operazione di G.

Una condizione necessaria e sufficiente affinché un sottoinsieme non vuoto H del gruppo G sia sottogruppo di G è la seguente: dati comunque x,yH si ha xy

-1

H.

Infatti è ovvio che se H è sottogruppo la condizione è soddisfatta; viceversa se la condizione è

soddisfatta allora, fissato un elemento qualunque aH si ha aa

-1

=1

G

H, inoltre 1

G

a

-1

=a

-1

H, e dati

(3)

comunque a,bH si ha a(b

-1

)

-1

=abH, quindi H è sottogruppo di G (la proprietà associativa è ovviamente valida in H perché lo è in G).

Se la notazione è additiva, la condizione per H diventa: dati comunque x,y H si ha x+(-y)H (scriveremo anche x-y invece di x+(-y) ).

Torniamo al caso di un gruppo commutativo finito G di cardinalità n, e di un elemento a G di periodo k. L’insieme delle potenze di base a ad esponente intero 0 (che indicheremo con il simbolo <a>) è formato dalle n potenze distinte:

<a> = {a

0

=1

G

, a

1

=a

,

a

2

,……, a

k-1

}

Tale sottoinsieme di G è un sottogruppo di G: infatti, dato un elemento x=a

j

<a>, il suo inverso è x

-1

=a

k-j

con k-j0 (perché a

j

a

k-j

=a

k

=1

G

), dunque dati x=a

i

, y=a

j

<a>, si ha xy

-1

=a

i+k-j

<a>.

Tale sottogruppo <a> è detto sottogruppo ciclico generato da a: esso ha dunque cardinalità uguale al periodo dell’elemento a.

Se il gruppo G coincide con <a> per qualche aG, si dice che G è gruppo ciclico generato da a e l’elemento a è detto generatore di G: in questo caso ogni elemento di G sarà una potenza di base a ad esponente intero 0 e k-1 (dove k è il periodo di a), e la cardinalità di G coinciderà con il periodo k del generatore a.

Per verificare se un gruppo G commutativo finito di cardinalità n è ciclico basta verificare l’esistenza di almeno un elemento aG di periodo uguale ad n: se un tale a esiste, il sottogruppo

<a> ha cardinalità n, dunque necessariamente coincide con G.

Esempio:

Per ogni n>1, nel gruppo additivo Z

n

l’elemento a=[1] ha ovviamente periodo n (il minimo intero positivo k tale che k[1]=[k]=[0] è k=n). Quindi per ogni n>1 il gruppo additivo Z

n

è gruppo ciclico con generatore [1].

Nel gruppo moltiplicativo Z

5

*= {[1], [2], [3], [4] } degli elementi invertibili di Z

5

, cioè delle classi di congruenza modulo 5 con rappresentante coprimo con 5, il periodo dell’elemento a=[2] è 4 (in quanto [2]

2

=[4], [2]

3

=[8]=[3], [2]

4

=[16]=[1]=neutro), dunque coincide con la cardinalità di Z

5

*. Si conclude che Z

5

* è gruppo ciclico con generatore [2].

Nel gruppo moltiplicativo Z

8

*= {[1], [3], [5], [7]} degli elementi invertibili di Z

6

, cioè delle classi di congruenza modulo 6 con rappresentante coprimo con 8, si verifica che nessun elemento ha periodo uguale alla cardinalità 4 di Z

8

* (ogni elemento al quadrato dà il neutro), dunque Z

8

* non è gruppo ciclico.

Vedremo in seguito (Teorema di Gauss) per quali valori di n il gruppo moltiplicativo Z

n

* è ciclico.

Se il gruppo moltiplicativo Z

n

* è ciclico per un certo valore di n, chiameremo radice primitiva modulo n ogni intero a tale che 1an-1, a,n sono coprimi e [a] Z

n

* è un generatore del gruppo ciclico Z

n

* (quindi le radici primitive modulo n sono in numero uguale a quello dei generatori di Z

n

*). Per esempio, come visto sopra, 2 è una radice primitiva modulo 5, ma non esistono radici primitive modulo 6.

Calcoliamo il numero dei generatori di un gruppo ciclico finito:

Lemma.

Sia a un elemento di periodo n>1 nel gruppo moltiplicativo G (dunque le potenze distinte di a sono a

0

,a

1

,…,a

n-1

). Allora fra le potenze distinte di a: {a

0

,a

1

,…,a

n-1

} quelle di periodo n sono tutte e sole le potenze a

i

con 1in-1 ed i,n coprimi, e in particolare sono in numero di (n) .

Dimostrazione:

Notiamo che a

0

=1

G

ha periodo 1n, dunque le potenze di periodo n sono da ricercare fra le potenze

a

i

con 1in-1.

(4)

Se a

i

ha periodo n, poniamo d=mcd(i,n): ovviamente i/d, n/d sono numeri naturali.

Si ottiene:

(a

i

)

n/d

= (a

n

)

i/d

= 1

Gi/d

= 1

G

Per una proprietà del periodo n dell’elemento a

i

, si ha che l’esponente n/d è multiplo di n, cioè n/d = nk, con k intero, da cui dk=1, d=1 e si ha la tesi che i,n sono coprimi.

Viceversa supponiamo i,n coprimi. La tesi è che a

i

ha periodo n. Sia c il periodo di a

i

: è il minimo esponente positivo tale che (a

i

)

c

= a

ic

=1

G

.

Per una proprietà del periodo n dell’elemento a, si ha che l’esponente ic è multiplo di n: ma i,n coprimi ed nic implicano nc, in particolare nc. D’altronde (a

i

)

n

=(a

n

)

i

= 1

Gi

= 1

G

, e per una proprietà del periodo c dell’elemento a

i

si ha che l’esponente n è multiplo di c, in particolare cn.

In totale n=c=periodo di a

i

e si ha la tesi.

Teorema.

Sia G un gruppo (moltiplicativo) ciclico finito di cardinalità n>1 e sia aG un generatore di G.

Allora fra gli elementi distinti di G:

a

0

,a

1

,…,a

n.-1

si ha che un generico a

i

è generatore di G se e solo se 1in-1 ed i,n sono coprimi.

In particolare il numero dei generatori di G è (n) (funzione di Eulero di n).

Dimostrazione:

Basta applicare il Lemma, ricordando che un generatore di G non è altro che un elemento di periodo n.

Esempio.

Nel gruppo moltiplicativo ciclico Z

5

*= {[1], [2], [3], [4]} si è visto in un esempio precedente che a=[2] è un generatore : poiché la cardinalità è 4, tutti e soli i generatori saranno le potenze a

i

con 1i3 ed i,4 coprimi, cioè le potenze a

1

=[2], a

3

=[8]=[3].

Se il gruppo moltiplicativo Z

n

* è ciclico per un certo valore di n>1, e se [a] è un generatore, essendo

(n) la cardinalità di Z

n

*, tutti e soli i generatori saranno le potenze [a]

i

= [a

i

], dove 1i(n)-1, e i,(n) sono coprimi, ed essi sono in numero di ((n)).

In tale caso, se a è una radice primitiva modulo n, le radici primitive modulo n sono tutte e sole le riduzioni a

i

modn, dove 1i(n)-1, e i,(n) sono coprimi, ed esse sono in numero di ((n)).

Gauss trovò tutti e soli i valori n>1 per i quali il gruppo moltiplicativo Z

n

* è ciclico (e per i quali dunque esiste qualche radice primitiva modulo n):

Teorema di Gauss.

Dato un naturale n>1:

il gruppo moltiplicativo Z

n

* è ciclico  n é uno dei seguenti valori: 2, 4, p

k

(con p primo >2 , k>0), 2p

k

(con p primo >2 , k>0).

(dimostreremo in seguito solo i casi di p e p

2

, con p primo).

Anelli, campi e polinomi.

Un anello è insieme non vuoto in cui sono definite 2 operazioni (indicate rispettivamente con somma e prodotto) tali che:

- A(+) é gruppo commutativo

- A() é un semigruppo (cioè vale la proprietà associativa del prodotto)

- valgono le proprietà distributive: per ogni a,b,cA si ha a(b+c)=ab+ac, (b+c)a=ba+ca

(5)

In un anello A vale la seguente proprietà:

per ogni aA, si ha 0

A

a=a0

A

=0

A

(infatti per esempio 0

A

+0

A

a=0

A

a=(0

A

+0

A

)a=0

A

a+0

A

a e basta usare la legge di cancellazione nel gruppo A(+)).

Un anello A è commutativo se il prodotto soddisfa la proprietà commutativa; è con unità se esiste l’elemento neutro del prodotto (indicato con 1

A

).

Sono esempi di anelli commutativi con unità: l’anello degli interi relativi, l’anello dei numeri razionali relativi, l’anello dei numeri reali relativi.

Anche l’insieme Z

n

rispetto alla somma e prodotto di classi di congruenza è un anello commutativo con unità.

Se A è un anello con unità, rispetto al prodotto è un monoide, dunque si può considerare il gruppo moltiplicativo A* degli elementi invertibili di A rispetto al prodotto.

Un anello commutativo con unità A è un campo se ogni elemento aA, a0

A

ha inverso in A rispetto al prodotto. In tale caso il gruppo A* è un gruppo commutativo coincidente con A-{0

A

} . Sono esempi di campi: il campo razionale e il campo reale. L’anello degli interi relativi non è un campo, perché gli unici elementi invertibili sono 1, -1.

Teorema.

In un campo A vale la legge di annullamento del prodotto: comunque dati a,bA, se ab=0

A

si ha a=0

A

oppure b=0

A

(equivalentemente se a,b0

A

allora ab0

A

).

Dimostrazione:

Sia per assurdo ab=0

A

con a,b0

A

. Per ipotesi esiste a

-1

A, da cui b=1

A

b=(a

-1

a)b=a

-1

(ab)=a

-1

0

A

=0

A

, contraddizione.

Teorema.

Dato un intero n>1:

l’anello Z

n

è campo  n è primo Dimostrazione:

Ricordiamo che in Z

n

una classe [a][0] ha inverso se e solo se a,n sono coprimi.

() Se per assurdo n non fosse primo, esisterebbe un divisore non banale d di n con 1<d<n, e la classe [d][0] non avrebbe inverso (essendo mcd(d,n)=d>1) contro l’ipotesi che Z

n

è campo

() Le classi [0] in Z

n

sono [1],[2],..,[n-1] ed essendo n coprimo con 1,2,…,n-1 (perché non sono multipli di n ed n è primo) tutte queste classi hanno inverso, quindi Z

n

è campo.

Se A è un anello commutativo con unità, ed x è una indeterminata, si può costruire l’insieme A[x]

dei polinomi a coefficienti in A nell’indeterminata x, formato dalle espressioni algebriche della forma: f(x) = a

0

+a

1

x+a

2

x

2

+….+a

m

x

m

dove a

i

A, m intero0.

Il polinomio nullo è quello con tutti i coefficienti =0

A

. Per un polinomio non nullo f(x) si definisce il grado gr(f(x)) uguale al massimo indice k tale che il coefficiente a

k

sia 0

A

: il coefficiente a

k

è allora detto coefficiente principale di f(x).

Fra i polinomi di A[x] si possono definire nel modo usuale una somma e un prodotto di polinomi (sfruttando le operazioni dell’anello A) che rendono A[x] un anello commutativo con unità, come A.

Nell’anello dei polinomi A[x] si possono definire i concetti di divisore e multiplo in modo analogo

a quanto fatto per gli interi: dati f(x), g(x)A[x] si dice che f(x) è divisore di g(x) (o che g(x) è

multiplo di f(x)) e si scrive f(x)g(x), se esiste h(x)A[x] tale che f(x)h(x)=g(x).

(6)

Dato un polinomio f(x)= a

0

+a

1

x+a

2

x

2

+….+a

m

x

m

A[x] ed un elemento aA, si chiama valore assunto da f(x) in a l’elemento f(a)= a

0

+a

1

a+a

2

a

2

+….+a

m

a

m

A ottenuto sostituendo x con a.

Se f(a)=0

A

si dice che a è radice o soluzione di f(x).

E’ facile verificare che, se f(x), g(x)A[x], h(x)=f(x)g(x), dato aA, si ha: h(a)=f(a)g(a).

Teorema di Ruffini.

Dato un polinomio f(x)A[x]:

un elemento aA è radice di f(x)  (x-a)f(x).

Dimostrazione:

() Se esiste h(x)A[x] tale che f(x)=(x-a)h(x), si ha, calcolando il valore in a: f(a)=0

A

h(a)=0

A

() Per ogni aA ed ogni intero t>0 vale l’identità algebrica:

x

t

- a

t

= (x-a)(x

t-1

+ax

t-2

+…..+a

t-2

x+a

t-1

)

e da ciò segue che, se f(x)= a

0

+a

1

x+a

2

x

2

+….+a

m

x

m

:

(x-a) é divisore di f(x)-f(a)=a

1

(x-a)+a

2

(x

2

-a

2

)+…..+a

m

(x

m

-a

m

).

In particolare, se f(a)=0

A

, (x-a) è divisore di f(x).

Riferimenti

Documenti correlati

L'identificazione fra eventi e sottoinsiemi di Ω permette di trasportare sugli eventi le operazioni insiemistiche di unione ( ), intersezione ( ∪ ∩ ) e passaggio al

La probabilità di un evento aleatorio totale, costituito dal verificarsi indifferentemente di uno qualsiasi fra più eventi aleatori parziali incompatibili, cioè incompatibili

La teoria degli errori, la matematica attuariale e la meccanica statistica sono esempi di alcune delle importanti applicazioni della teoria della probabilità

Per ogni seme ci sono 10 carte numerate da 1 a 10 e tre carte che contengono le seguenti figure: il fante, la donna e il re, identificati anche dalle lettere J, Q e K (in

Riflessione 1: in questo problema la probabilità sarebbe difficile da calcolare perché il numero dei casi possibili è molto grande, comunque si tratta di un calcolo non necessario

Nel caso delle biglie della scatola A i casi favorevoli sono 30 (il numero delle biglie rosse), mentre i casi possibili sono dati dalla somma delle palline rosse e nere,

La probabilità dell’evento unione di due eventi E1 ed E2 è uguale: ● alla somma delle loro probabilità, se E1 ed E2 sono incompatibili; ● alla somma delle loro probabilità

o Formato da elementi fra di loro indipendenti (se, ad esempio, si estrae un campione da una popolazione umana per effettuare misurazioni sull’altezza non si puo’ avere un campione