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Capitolo 1

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Academic year: 2021

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1. Introduzione

La determinazione della genuinità dei prodotti alimentari è una delle questioni più importanti nel controllo della qualità e della sicurezza alimentare. L'introduzione di nuove sofisticate tecniche in combinazione con le maggiori esigenze e aspettative da parte dei consumatori su prodotti più sicuri, dà un enorme impulso alla ricerca per la garanzia della qualità degli alimenti.

Il vino è una delle bevande più importanti, più antiche e più diffuse nel mondo e l’assicurazione della sua qualità richiede controlli meticolosi e continui. Uno degli indicatori più utilizzati per classificare un vino di qualità è la sua provenienza. L’esigenza di attribuire al vino una specifica origine geografica è molto importante soprattutto per vini pregiati in cui la provenienza da particolari regioni è da sempre garante di un prodotto di ottimo livello. Inoltre negli ultimi anni si sta sviluppando nel consumatore un crescente entusiasmo per i prodotti tipici regionali e per la riscoperta di sapori tradizionali. Questo si abbina alla rinnovata attenzione nei confronti degli effetti benefici che il vino ha sulla salute. Concedersi un buon bicchiere di vino rappresenta, quindi, non solo un piacere del palato, ma un assaggio della terra e della cultura che ha portato alla nascita di quel particolare prodotto. Attribuire una certa tipicità, quindi, aumenta notevolmente il valore economico. Se poi la provenienza aggiunge un valore storico e culturale, si ottiene un prodotto estremamente ricercato sul mercato. Allo stato attuale, la sfida è quella di migliorare la qualità e la sicurezza del vino, soddisfacendo sia le preferenze dei consumatori sia le esigenze del mercato e diffondendo prodotti finali commerciali con rapporti qualità/prezzo superiore. Si capisce bene come classificare e autenticare i campioni di vino in base alla loro origine geografica sia di notevole interesse per l'industria oltre che per i consumatori. Di conseguenza, la classificazione e l'autenticazione del vino in base a questo specifico parametro è oggetto di approfondite ricerche scientifiche che prevedono sia l'analisi sensoriale che metodi strumentali [1].

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1.1. Il vino

Il termine «vino» in origine indicava qualsiasi bevanda ottenuta dal processo di fermentazione degli zuccheri contenuti in frutti, cereali e miele. Successivamente si è indicato esclusivamente il prodotto ottenuto dalla fermentazione dei frutti di Vitis e specificatamente di Vitis Vinifera.

La definizione precisa di «vino» è data dal r. decr. legge 15 ottobre 1925, n. 2033 (art. 13): “Il nome di «vino» è riservato al prodotto della fermentazione alcoolica del mosto di uva fresca o leggermente appassita in presenza o in assenza di vinacce”. Tutti gli altri prodotti che non possono essere così definiti, sono considerati vini non genuini, compresi quelli ottenuti con uve secche. Quelli ottenuti da altre frutta devono far seguire al nome di vino quello del frutto da cui derivano: vino di mele, di pere, ecc.

1.1.1. Etimologia, storia e mito

Il vino è una delle bevande più antiche della storia ed ha accompagnato l’evolversi culturale, sociale ed economico di numerose civiltà. Per questo motivo anche solo risalire all’etimologia risulta molto complesso perché le origini di questa parola si mescolano con la storia di innumerevoli popoli. A proposito vi sono diverse ipotesi tra le quali più diffusa e accettata è la derivazione da un comune tema mediterraneo da cui si sono poi sviluppate la parola greca oinos, l’ebraico iin e la parola latina vinum. E’ proprio il bacino del Mediterraneo, infatti, la culla di questa illustre e antica bevanda. Un primo ritrovamento archeologico di tralci di vite fossili nel Valdarno superiore nei pressi di Montevarchi (Arezzo, Toscana) ha dimostrato che la Vitis vinifera,

denominazione scientifica per la vite comune o vite euroasiatica, cresceva spontaneamente già due milioni di anni fa. La prova di una coltivazione sistematica della vite invece risale a circa 300.000 anni fa sulle rive del Mar Caspio e nella Turchia orientale. Sempre dall’Oriente giungono le prime testimonianze del consumo di vino. La più antica giara di vino mai rinvenuta, infatti, fu scoperta nel 1996 in un villaggio

Figura 1.1 - Scena di viticoltura. Particolare. Pittura parietale, Tomba tebana, secondo periodo Intermedio,

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neolitico di Hajji Firuz Tepe nella parte settentrionale dell'Iran, da un’equipe di archeologi dell'Università della Pennsylvania diretta da Mary Voigt. La giara di terracotta, della capacità di 9 litri, conteneva una sostanza secca proveniente da grappoli d'uva risalente a 5100 a.C. La scoperta del vino si fa però risalire a un periodo antecedente compreso tra il 7000 a.C. e il 9000 a.C. e si ritiene che il primo vino sia stato prodotto del tutto per caso per la fermentazione accidentale di uva dimenticata in un recipiente. In seguito la pratica della viticoltura fu affinata e molti sono i documenti figurati che ne testimoniano lo sviluppo e le applicazioni nelle diverse civiltà. Un esempio è riportato in Figura 1.1. Si tratta di un particolare di una pittura parietale rivenuta all’interno di una tomba tebana della XVII dinastia (1552-1306 a.C.) e rappresenta una scena di viticoltura in cui si distinguono le fasi di raccolta e pigiatura dell’uva e di raccolta del mosto. Maestri di queste tecniche di viticoltura e vinificazione furono gli antichi egizi. Numerosi geroglifici rappresentano con dovizia di particolari tutte le fasi del processo produttivo, dal lavoro in vigna alla conservazione. Nel corredo funebre del faraone Tutankhamon (1339 a.C.) sono state ritrovate alcune anfore contenenti vino sulle quali era riportata la zona di provenienza, l'annata e il produttore. Questo dimostra come la civiltà egiziana, da sempre precorritrice dei tempi, produceva un vino in qualche modo di origine controllata. Dall'Egitto la pratica della vinificazione si diffuse poi presso numerosi altri popoli fra cui gli Ebrei, gli Arabi e i Greci. Grazie ai Greci e poi ai Fenici, la maggior parte delle conoscenze riguardanti la coltivazione delle migliori specie di uva da vino si diffuse gradualmente verso Occidente, seguendo le rotte del commercio marittimo e giunse anche in Italia. Gli Etruschi furono abili coltivatori e vinificatori e allargarono la coltivazione dell'uva dalla Campania sino alla pianura Padana, utilizzando anche varietà originarie del posto. Spetta, però, ai Romani il merito di aver diffuso la pratica enologica in tutto l’Impero. L’Impero romano, nella sua massima espansione, comprendeva gran parte dell’Europa occidentale e quindi anche paesi come la Francia in cui l’arte del produrre vino è diventata caratterizzante per la nazione stessa. Altro merito dei Romani è aver reso questa bevanda, grazie all’aumento nella produzione, accessibile anche ai ceti più bassi della società. Questo non fu più vero nei secoli bui del medioevo quando la Chiesa ebbe l’egemonia assoluta anche sulla vitivinicoltura. La produzione di vino era gestita solo da ordini ecclesiastici e il vino, ma soprattutto il buon vino,

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divenne appannaggio delle classi abbienti e sinonimo di ricchezza e prestigio. Nella seconda metà dell’anno mille alla rinascita del commercio si affiancò quella del vino che grazie alle sue proprietà antisettiche fu utilizzato come surrogato dell’acqua che, a causa delle cattive condizioni igieniche, era diventata veicolo d’infezioni. Le tecniche di produzione e conservazione del vino nei secoli a seguire furono sempre più migliorate e divennero delle vere e proprie scienze cui si dedicarono studi specifici, come quelli di Antoine-Laurent de Lavoisier, sulla trasformazione dello zucchero in alcol. Nel Novecento, inoltre, vi fu l’introduzione di normative per disciplinare la produzione che porteranno ad un notevole incremento qualitativo e alla concezione moderna della produzione vitivinicola.

E’ affascinante notare quanto il vino sia intimamente intrecciato alle tradizioni, alla cultura e alla religione di tutti i popoli. La religione cristiana attribuisce la scoperta del vino a Noè che sceso dall’arca dopo il Diluvio Universale, avrebbe piantato una vigna con il cui frutto fece del vino che bevve fino a ubriacarsi (Genesi 9,20-27). Per i greci tale scoperta è da attribuire a Dioniso, figlio di Zeus. Nella mitologia romana questo ruolo era svolto dal dio Bacco, mentre gli Egizi ne attribuivano la scoperta a Osiride, dio dell’agricoltura. Il Cristianesimo inoltre considera il vino come l’incarnazione del sangue di Gesù Cristo nel sacramento dell'Eucarestia.

Il vino quindi è una bevanda che intreccia le sue origini con quelle dell’umanità ed è intriso di carattere sacrale.

1.1.2. Composizione chimica del vino

Chimicamente il vino è una matrice estremamente complessa. Principalmente è una soluzione idroalcolica in cui troveremo disciolte:

 sostanze contenute nell’uva;

 nuove sostanze create durante il processo di vinificazione;

 sostanze aggiunte per stabilizzare e migliorare sia il processo che il prodotto finale (anidride solforosa additivo-stabilizzante del vino, lieviti);

 eventualmente sostanze aggiunte per adulterare o sofisticare il prodotto (addizione fraudolenta del sorbitolo o del saccarosio).

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Un vino è generalmente composto da acqua per il 70-90%. L’etanolo è, dopo l’acqua, il composto quantitativamente più importante. Il suo tenore è espresso per mezzo del grado alcolico che rappresenta la percentuale, in volume, di alcol nel vino e può variare dal 9 al 16%. Della restante frazione minoritaria (circa il 7-12%) fanno parte, invece, un’innumerevole quantità di sostanze, delle quali circa 500 sono conosciute e altre sono ancora da identificare. Le percentuali in cui queste sostanze si trovano disciolte nel vino sono molto variabili a seconda del tipo di vino e quindi caratterizzano il vino stesso. Infatti, le differenze che giustificano la diversificazione del prodotto in termini di qualità e di conseguenza di valore economico assunto, non vanno ricercate nel tenore di alcol, di estratti o degli altri componenti principali del vino, ma nella gamma di queste sostanze minoritarie che determinano le proprietà organolettiche del vino e donano robustezza, colore, aroma ed “anima” al prodotto. La composizione tipica del vino è riportata in Tabella 1.1. Le quantità indicate rispecchiano dati medi indicativi, riferiti a vini secchi non speciali; i dati stessi cioè non coprono le possibili escursioni massime e minime riscontrate o riscontrabili nei vini. Il numero dei diversi componenti nei gruppi, compresi quelli presenti in tracce, può variare, a seconda dei casi, da circa una decina a diverse decine, fino alle centinaia per esteri, terpeni ed altre sostanze aromatiche [2].

Tabella 1.1 - Tabella sinottica per gruppi dei componenti del vino.

Componente o Gruppo di componenti Quantità [g/L]

Acqua 820÷900

Etanolo 80÷110

Altri alcoli monovalenti 0,2÷0,7

Glicerolo 8÷12

Altri alcoli polivalenti 1÷2 Acetaldeide e altri composti carbonilici volatili 0,04÷0,12

Acidi organici 4,5÷8 ( di cui volatili 0,2÷0,6) Zuccheri (esosi e pentosi) 2÷3

Pectine e poliosi 0,3÷3

Composti fenolici 0,2÷1 (vini bianchi) 1÷3 (vini rossi) Sostanze azotate organiche 0,5÷3 Sostanze minerali (cationi e anioni) 1,5÷3 Enzimi e principi vitaminici

Esteri, terpeni e altre sostanze aromatiche Gas disciolti

(Sostanze lipidiche) (Radicali liberi)

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Di tutti i composti presenti nei vini si è scelto di approfondire tre delle categorie dei componenti minoritari che sono oggetto di studio in questo lavoro di tesi.

1.1.2.1. Composti fenolici

I polifenoli sono una classe di composti che gioca un ruolo primario nel vino. Questi composti, essendo responsabili di caratteristiche come il colore, il sapore e l’astringenza, contribuiscono alle proprietà organolettiche della bevanda. In particolare gli acidi fenolici, sono precursori di fenoli volatili, che contribuiscono al profilo olfattivo del vino arricchendolo di diversi aromi [3]. Inoltre, soprattutto negli ultimi anni in cui vi è stata una crescente attenzione verso le corrette abitudini alimentari e l’adozione di uno stile di vita sano, i composti fenolici hanno destato molto interesse grazie alle loro proprietà antiossidanti e ai potenziali effetti benefici per la salute umana [4].

I composti fenolici sono metaboliti secondari naturalmente presenti nell’uva e prodotti durante il processo di vinificazione [5]. Nell’uva si trovano principalmente nella buccia, in particolare nelle cellule epidermiche, e nei semi, mentre la loro concentrazione è molto bassa nella polpa. La composizione polifenolica del vino dipende da varietà di uva, ubicazione del vigneto, sistema di coltivazione, clima, tipo di suolo, pratiche di coltivazione della vite, tempo di raccolta, processo di produzione (pressatura, metodo di vinificazione, contatto con la buccia, tempo di macerazione, ecc.) e invecchiamento [6].

I composti fenolici si dividono in diverse classi in funzione del numero degli anelli fenolici e degli elementi strutturali che li legano, quali:

 Acidi fenolici

 Fenoli semplici non flavonoidi e non carbossilici

 Stilbeni

 Flavonoidi

 Tannini

Per quanto riguarda gli acidi fenolici, le uve e i vini ne contengono sia di tipo benzoico che di tipo cinnamico (Figura 1.2). Sono noti sette acidi di tipo benzoico e quattro acidi di tipo cinnamico che differiscono per il grado e per la

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natura dei sostituenti dell’anello benzenico. Gli acidi benzoici sono, in piccola parte, presenti in forma libera (la percentuale aumenta nei vini rossi) e, per la maggior parte, presenti sotto forma di glicosidi del glucosio (glucosidi), ovvero legati con legame estereo al carbonio 1 dello zucchero nella sua forma semi-acetalica, e di tannini idrolizzabili (Figura 1.3). Gli acidi cinnamici si trovano esterificati principalmente con l’acido tartarico (Figura 1.4, a) o come glucosidi (Figura 1.4, b). Sul piano sensoriale questi composti non presentano odore o sapore, ma, mediante l’azione di alcuni microrganismi, posso essere convertiti in fenoli volatili che sono responsabili dell’aroma del vino.

Figura 1.2 - Strutture degli acidi fenolici benzoici e cinnamici presenti nel vino.

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Al gruppo dei fenoli volatili si può associare il tirosolo (Figura 1.5, a), un composto fenolico non carbossilico e non flavonoide che fa parte della categoria dei feniletanoidi. Nel vino il tirosolo è prodotto durante la fermentazione alcolica a partire dalla tirosina (Figura 1.5, b).

A livello di polifenoli più complessi, l’altra famiglia di composti presenti nelle uve e nel vino è quella degli stilbeni. Gli stilbeni sono composti formati da due anelli benzenici uniti da una catena etilenica. Il più famoso tra questi composti è il resveratrolo. Il resveratrolo è una fitoalessina che viene prodotta dalla vite in risposta a stress ambientali, principalmente attacchi di funghi parassiti. Nel vino, il resveratrolo è presente sia come isomero trans sia come isomero cis (Figura 1.6, a). Il trans-resveratrolo è diventato “famoso” in seguito alla scoperta delle sue proprietà benefiche sulla salute dell’uomo. Gli sono attribuite proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, vaso protettive e anti-invecchiamento ed è stato individuato come il composto che spiega il “parodosso francese”1 [7]. Il cis-resveratrolo si forma per isomerizzazione del

trans-resveratrolo e si trova in quantità maggiori nel vino non conservato al

riparo dalla luce. Inoltre nel vino sono presenti i glucosidi del resveratrolo,

trans e cis piceide (Figura 1.6, b), e altri stilbeni idrossilati.

1 Fenomeno per il quale in Francia, nonostante il relativamente alto consumo di

alimenti ricchi in acidi grassi saturi, l'incidenza di mortalità per malattie cardiovascolari è inferiore rispetto ad altri Paesi dieteticamente comparabili.

Figura 1.5 - Struttura del tirosolo (a) e della tirosina (b).

a) b)

Figura 1.4 - a) Derivati esterei degli acidi cinnamici (acido p-cumarico e acido caffeico) e dell’acido tartarico; b) Glucoside dell’acido p-cumarico.

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Un’altra classe di composti fenolici presenti nel vino sono i flavonoidi. I flavonoidi sono dei coloranti. I composti flavonoidi più comuni presenti nel vino sono i flavonoli, coloranti gialli delle bucce di uva sia nera sia bianca. In Figura 1.7 sono riportate le strutture di alcuni flavonoli presenti nel vino rosso. La colorazione di questi composti dipende dalla loro struttura e dalla composizione del mezzo (pH, SO2).

Ancora nella classe dei flavonoidi troviamo le antocianine o antociani. Le antocianine sono responsabili dei colori rosso, blu e violetto di fiori e piante. Si trovano essenzialmente nella buccia dell’acino d’uva, ma anche nelle foglie della vite. La struttura generale degli antociani è costituita da due anelli benzenici uniti dallo ione flavilio, un eterociclo ossigenato, insaturo e dotato di carica positiva. Nel vino si trovano cinque antocianine fondamentali che sono illustrate in Figura 1.8. Queste sostanze si possono trovare sia in forma libera sia glucosilata in posizione 3-O. Tra le cinque antocianine, la malvidina e la

Figura 1.7 - Strutture di alcuni flavonoidi presenti nel vino.

Figura 1.6 - Struttura del trans-resveratrolo e cis-resveratrolo (a) e dei rispettivi glucosidi (b). a)

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malvidin-3-O-glicoside (Oenina) sono predominanti e sono le maggiori responsabili del colore delle uve nere e dei vini rossi. Le antocianine sono le principali responsabili dell’imbrunimento dei vini. In ambiente idroalcolico (quale quello del vino), infatti, le antocianine, in presenza di ossigeno, esposte alla luce o per variazioni del pH, subiscono uno spostamento del massimo di assorbimento verso l’arancio e il marrone.

Infine tra i composti fenolici presenti nel vino vi sono i tannini. I tannini si formano per condensazione di molecole monomeriche contenenti funzioni fenoliche. Sono molecole di notevoli dimensioni con una massa molecolare che va dai 600 ai 3500 Da. Le loro dimensioni e la loro struttura permettono combinazioni stabili con le proteine presenti nel vino. I tannini sono divisi in tannini idrolizzabili (gallotannini e ellagitannini) e tannini condensati (proantocianidine e leucoantocianidine).

1.1.2.2. Sostanze azotate organiche

L’azoto organico nel vino è presente in diverse forme:

 Amminoacidi liberi

 Oligopeptidi e polipeptidi

 Proteine

 Urea e carbammato di etile

 Ammine biogene

 Azoto nucleico

Gli amminoacidi liberi sono la frazione quantitativamente più importante dell’azoto totale. Nei mosti e nei vini ne sono stati identificati ben 32, tra questi

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troviamo amminoacidi come il triptofano (Figura 1.9) che è uno dei composti presi in considerazione in questo lavoro di tesi. Il triptofano è classificato come amminoacido essenziale. L’organismo umano, infatti, non è in grado di sintetizzarlo e deve essere ricavato dagli alimenti.

1.1.2.3. Vitamine

Il termine vitamina deriva dal tedesco Vitamin, ovvero "ammina della vita", in virtù dell'importanza metabolica che queste molecole rivestono per l'organismo. Le vitamine presenti nel vino derivano dal metabolismo delle uve e in parte minore dai microrganismi che agiscono durante la fermentazione del mosto. La maggior parte delle vitamine presenti nel vino rosso appartiene al gruppo B. Troviamo la tiamina o vitamina B1, la

riboflavina o vitamina B2 (Figura 1.10), la niacina

o vitamina B3, l’acido pantotenico o vitamina B5,

la piridossina o vitamina B6 e la cobalamina o

vitamina B12. Le altre vitamine presenti sono la

colina o vitamina J (assimilabile alle vitamine del gruppo B), la biotina o vitamina H, il retinolo o vitamina A e la vitamina K. Le vitamine del gruppo B hanno un ruolo essenziale nella conversione dei carboidrati in glucosio, utilizzato dall'organismo per produrre energia, e nel metabolismo di lipidi e proteine. Inoltre, garantiscono il corretto funzionamento del sistema nervoso e il tono muscolare dell'area gastrointestinale. La colina è un costituente dei fosfolipidi che compongono la membrana cellulare e come tale esplica una funzione strutturale, inoltre è il precursore del neurotrasmettitore acetilcolina ed è quindi coinvolta nella trasmissione dei segnali nervosi. La biotina è il cofattore di diverse carbossilasi ATP-dipendenti e quindi ha un ruolo fondamentale nei processi metabolici. La vitamina A regola lo sviluppo delle cellule e la rigenerazione dei tessuti, mantiene in efficienza la funzionalità visiva, migliora

Figura 1.9 - Struttura del triptofano.

Figura 1.10 - Struttura della riboflavina (vitamina B2).

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la visione notturna e stimola le difese immunitarie dell’organismo. La vitamina K (Koagulation vitamin) è essenziale nella regolazione dei fattori della coagulazione. Nel vino rosso queste vitamine sono presenti in tracce, per cui, pur contribuendo all’apporto vitaminico giornaliero, il vino non può essere considerato una fonte significativa di una qualsiasi di queste vitamine. Il vino, quindi, è un prodotto “multivitaminico” solo dal punto di vista dell'analisi chimica.

1.2. Il concetto di “terroir” e la classificazione dei vini

per origine geografica

La composizione chimica del vino nella percentuale degli elementi presenti in tracce varia da vino a vino e diversi sono i fattori causa di questi cambiamenti. Tutti questi fattori sono racchiusi nel più generale concetto di “terroir” vitivinicolo. Il “terroir” è un concetto che si riferisce a uno spazio nel quale si sviluppa una cultura collettiva delle interazioni tra un ambiente fisico e biologico identificabile e le pratiche vitivinicole che vi sono applicate, che conferiscono caratteristiche distintive ai prodotti originari di questo spazio. Il “terroir” include caratteristiche specifiche del suolo, della topografia, del clima, del paesaggio e della biodiversità [8] (Figura 1.11).

Figura 1.11 - Rappresentazione schematica dei fattori che costruiscono il concetto di “terroir” vitivinicolo.

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Tra i fattori racchiusi nel concetto di “terroir”, quelli ambientali (posizione geografica, tipo di terreno e clima) influenzano fortemente la crescita delle uve e di conseguenza la qualità del vino da esse prodotto. Il vino, infatti, è il risultato di una complessa relazione tra temperatura, luce del sole, suolo, disponibilità di acqua e processo fisiologico della varietà di vite. A questi fattori ambientali si aggiungono i fattori intrinsechi come la tipologia del vitigno e quelli strettamente “ingegneristici” come la modalità di coltura in vigna e quella di vinificazione. E’ la complessa relazione tra questi fattori che influenza la qualità del vino prodotto (Figura 1.12) [9].

Una parte degli studi effettuati sull’influenza dei fattori ambientali e viticolturali sulla composizione dell’uva e sulla qualità del vino si sono concentrati sugli effetti del clima [9] [10], che è considerata la variabile più influente. Altri studi invece sono stati condotti sugli effetti dell'altitudine [11], della disponibilità di acqua [12] [13] [14] [15], della pendenza [16] e dell'esposizione alla luce solare [17] [18] [19] [20]. Ogni aspetto della natura, tutti gli aromi e i sapori della vigna da cui proviene il vino e l'ambiente specifico in cui la vite è cresciuta possono essere racchiusi nel più generale fattore “origine geografica”.

Figura 1.12 - Fattori ambientali e viticolturali che influenzano la composizione dell'uva e la qualità del vino [9].

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1.2.1. Normative

A livello legislativo fu la Francia, nel 1930, il primo stato a sviluppare un sistema di regolamenti sulla provenienza geografica che prende il nome di “Appellatiòn d’Origine Controllée” (AOC). Presto il sistema è diventato un modello per i paesi produttori di vino di tutto il mondo. A oggi tutti i paesi appartenenti all’Unione Europea (UE) seguono il regolamento comunitario CE 479/2008 in vigore dall’1 agosto 2009 facente parte dell’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) del vino.

L'Italia, al pari degli altri stati membri dell'Unione Europea, ha il potere di legiferare in materia alimentare al fine di evitare frodi, di salvaguardare la salute dei cittadini, di tutelare il consumatore sotto l'aspetto della qualità. Nel panorama italiano la prima legge di tutela delle Denominazioni d'Origine è il D.P.R. 930 del 1963. L'aggiornamento di questa prima normativa ai dettami del Comunità Europea è avvenuto con la Legge n°164 del 10/2/1992, “Nuova disciplina delle denominazioni di origine”. Infine nell'aprile del 2010, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DL n°61 dell'8/4/2010 “Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell'articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88.” (GU n. 96 del 26-4-2010) mediante il quale anche l’Italia si adeguava al regolamento CE 479/2008. Il regolamento prevede la seguente suddivisione dei prodotti:

 Vino (ex "vino da tavola");

 Vino Varietale e/o Vino d'Annata;

 Vino a Indicazione Geografica Protetta IGP (ex “IGT”);

 Vino a Denominazione di Origine Protetta DOP (ex “VQPRD”);

 Vino a Denominazione di Origine Protetta DOP con indicazione della

sottozona o della menzione geografica aggiuntiva.

In questo modo scompaiono alcuni appellativi e dizioni adottati in precedenza. VQPRD (Vini di Qualità Prodotto in Regione Determinata), è sostituito da DOP (Denominazione di Origine Protetta). La DOP continuerà comunque a contenere le sottocategorie DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) e DOC (Denominazione di Origine Controllata) che sono menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall'Italia per designare i prodotti vitivinicoli

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prima VQPRD ora DOP, come regolamentati dalla Comunità Europea. L’altro cambiamento è avvenuto per la sigla IGT (Indicazione Geografica Tipica) che è stata sostituita da IGP (Indicazione Geografica Protetta). Inoltre sono scomparsi i VDT (Vini da Tavola) ora chiamati con l’appellativo generale di Vino.

Delle prime due categorie “Vino” e “Vino Varietale” fanno parte i vini “semplici” che non riportano alcun tipo d’indicazione geografica. Come IGP è classificato il vino prodotto in una regione, in un luogo determinato o in un paese, di cui il nome, una determinata qualità, una caratteristica o altro, può essere riconosciuto

come tipica di quell’origine geografica. Il vino DOP, è un vino originario di un luogo determinato le cui qualità sono dovute al luogo e all’ambiente. Le uve utilizzate per la produzione di vini DOP devono essere per il 100% prodotte e vinificate nell'area geografica delimitata e l'intero ciclo produttivo deve essere svolto all'interno della stessa zona. In Figura 1.13 sono riportati i loghi comunitari relativi alla DOP e alla IGP.

Le informazioni necessarie per capire la tipologia di vino che il consumatore andrà ad acquistare sono riportate sull’etichetta che costituisce la carta d’identità del vino. I dati da riportare sull'etichetta sono numerosi e il loro

Figura 1.14 - Facsimile di etichetta relativa ad un vino DOP.

Figura 1.13 - Loghi comunitari relativi alla DOP e alla IGP.

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numero cresce man mano che si sale di qualità. In Figura 1.14 è riportato un esempio di etichetta con i dati obbligatori per i vini DOP e IGP.

Tutti questi sistemi sono stati progettati per definire e proteggere i vini provenienti da specifiche aree geografiche e sono anche validi indicatori della qualità del vino.

Per ottenere la certificazione è necessario presentare domanda di registrazione per i prodotti agricoli o alimentari che l’azienda produce o elabora. La domanda di registrazione della DOP o dell’IGP è inviata allo Stato membro sul cui territorio è situata la zona geografica. Lo Stato membro esamina la domanda di registrazione per stabilire se sia giustificata e soddisfi le condizioni previste dal regolamento. Qualora si ritenga che i requisiti del regolamento siano soddisfatti, lo Stato adotta una decisione favorevole e trasmette alla Commissione europea la documentazione per la decisione definitiva. Le nuove denominazioni dovranno essere sottoposte ad analisi chimico-fisica e organolettica che certifichi la corrispondenza con i rispettivi disciplinari. L'esame organolettico sarà eseguito da apposite commissioni di degustazione, tra cui quelle istituite presso le Camere di Commercio.

L’assegnazione di una DOP o di un’IGP è quindi basata su un’autocertificazione da parte delle aziende, con relativi controlli. E’ quindi necessario, per effettuare l’assegnazione oggettiva di un marchio “Denominazione di Origine Protetta” e in generale per la caratterizzazione delle varietà di vino tipiche, lo sviluppo di metodi precisi per la classificazione dei vini su base scientifica, secondo parametri legati all'origine geografica. Questo è, a oggi, uno degli obiettivi principali della ricerca scientifica in ambito enologico.

1.3. La riscoperta dei vitigni autoctoni in Italia

Nell’ampio panorama dei prodotti agroalimentari che caratterizza la nostra penisola, uno degli indiscussi protagonisti è sicuramente il vino. Secondo un’analisi dell’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), l’Italia è da diversi anni il maggiore produttore di vino mondiale (Figura 1.15) e per il 2013 è stata stimata una produzione intorno ai 45 milioni di ettolitri, il

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2% in più dell’anno precedente [21]. Inoltre il vino è la prima voce dell’export agroalimentare italiano, con un valore di circa 4,7 miliardi di euro [22].

Inoltre, nel patrimonio ampelografico, ovvero nell’insieme di forme e cultivar di vite, l’Italia è uno dei paesi più ricchi di varietà di vitigni autoctoni, quelli registrati ufficialmente sono circa 350 [23]. Il termine autoctono deriva dal greco autòs stesso, e chthòn suolo/terra e indica l'appartenenza di qualcosa o qualcuno a un luogo. In biologia indica una specie che si è originata ed evoluta nel luogo in cui si trova. Un vitigno definito “autoctono” è un vitigno antico o tradizionale, originario della zona in cui è coltivato.

Negli ultimi anni, i produttori stanno cercando di rivalutare il patrimonio dei vitigni autoctoni coltivando e difendendo quelli più noti e riscoprendone degli altri quasi scomparsi dal panorama agricolo italiano. In questo modo si creano prodotti di qualità a denominazione locale in grado di competere con l’importazione di vini provenienti da altre regioni o aree del mondo e con il diffondersi di vini commerciali a basso costo e privi di specifiche proprietà organolettiche. Molte di queste uve autoctone contraddistinguono il vino italiano nel mondo e sono divenute sinonimo di vini di alta qualità. Tutte le principali regioni agricole italiane con produzione vinicola hanno un elenco di Figura 1.15 - Andamento in termini quantitativi della produzione di vino nei paesi considerati con una produzione di vino superiore a 1 Mhl dal 2009 al 2013 [21].

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vitigni autoctoni locali. Dei vitigni autoctoni della Toscana fa parte il Sangiovese, vino protagonista di questo lavoro di tesi.

1.3.1. Il Sangiovese

Il Sangiovese è presente nella maggioranza dei vini dell’Italia centrale e si trova in quasi tutti i vini rossi di Toscana, Umbria e Marche. Spesso vinificato in purezza, è anche utilizzato, in percentuali diverse, insieme alle altre uve locali delle regioni così come alle uve internazionali [24]. Il Sangiovese quindi si potrebbe definire il vino italiano per eccellenza non solo per il fatto che la sua coltivazione ricopre circa l’11% della superficie vitata nazionale, ma anche perché entra negli uvaggi di numerosi vini italiani, tra i quali anche alcuni dei più prestigiosi. Giacomo Tachis, uno dei più grandi enologi italiani, spiega il tutto con una semplice proporzione “Il Sangiovese sta all’Italia come il Cabernet sta alla Francia: sono vini che esprimono un’identità viticola e vinicola di un Paese”. La regione che per eccellenza rappresenta il Sangiovese è però la Toscana. Questo vino è, infatti, il principale vitigno della regione ed è presente in ben 29 Denominazioni di Origine [25]. Innumerevoli sono inoltre i vini IGP della Toscana prodotti con Sangiovese, sia in purezza sia miscelato ad altre uve. Il vitigno Sangiovese ha origini molto antiche. Come tale è conosciuto fin dal 1500, ma la sua origine è molto probabilmente etrusca, in particolare sembra provenire dalla zona a nord del Tevere e a sud dell'Arno, da cui poi si sarebbe diffuso oltre l'Appenino, fino ad interessare le colline romagnole ed emiliane [26]. Il nome Sangiovese ha origini che si mescolano tra storia e mito e molte sono state le ipotesi a riguardo, ma la più accreditata è che derivi dal latino Sanguis Jovis (sangue di Giove), attribuitogli per il suo colore rosso rubino intenso. Il Sangiovese ha una capacità di mutamento genetico molto elevata tanto che oggi si conoscono decine di varietà clonali tutte appartenenti a quest'uva. L'ampelografia convenzionale divide il Sangiovese in due grandi categorie: Sangiovese Grosso e Sangiovese Piccolo. Questa divisione si basa sulla dimensione degli acini e del grappolo, tuttavia l'enorme quantità delle varietà clonali Figura 1.16 - Grappolo di uva

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fanno ritenere che questa sia una classificazione piuttosto riduttiva [24]. In Figura 1.16 è riportata l’immagine di un grappolo di uva Sangiovese.

1.4. Analisi chimica del vino per la determinazione

dell’origine geografica: stato dell’arte

La chimica analitica sta giocando un ruolo sempre più importante nel settore del vino a livello mondiale. Analisi chimiche accurate sono necessarie in tutte le fasi del processo di vinificazione dalla gestione del vigneto fino alle fasi di fermentazione e maturazione, all'imbottigliamento e alla certificazione. Queste analisi sono essenziali per garantire la sicurezza del prodotto e la conformità alle leggi regolamentari che disciplinano il mercato internazionale. Mentre, da una prospettiva di ricerca e sviluppo, sono necessarie per far luce sugli aspetti microbiologici, sui processi genetici, fisiologici e chimici coinvolti nella produzione del vino [27].

Nell’indagine di una matrice complessa, quale il vino, sono coinvolte una vastissima varietà di tecniche analitiche. La gamma dei metodi utilizzati rispecchia in qualche misura le varie informazioni rilevanti per i produttori e i ricercatori. Le tecniche utilizzate variano tra i relativamente semplici metodi di routine e i molto complessi (e costosi) metodi strumentali, capaci, però, di eseguire un’analisi più dettagliata dei singoli componenti chimici della matrice. Generalmente i metodi di routine, essendo relativamente economici, semplici ed eseguiti in numerosi laboratori, sono utilizzati per analisi mirate a dimostrare il rispetto della normativa del prodotto. Mentre i metodi strumentali sono utilizzati maggiormente nel campo della ricerca.

Uno degli aspetti cui, negli ultimi anni, si sta interessando la ricerca nell’ambito enologico è la correlazione tra le qualità e le proprietà organolettiche dei vini e fattori enologici quali la varietà di uva, le pratiche enologiche, l’invecchiamento e l’origine geografica. In seguito saranno illustrate le tecniche utilizzate per la discriminazione geografica dei vini.

1.4.1. Metodi di analisi di routine

Gradazione alcolica, pH, parametri del colore (densità del colore, tonalità) e tenore zuccherino sono i parametri chimici regolarmente analizzati per il

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controllo della qualità. Nell’ambito della classificazione per origine geografica, in uno studio riportato in letteratura alcuni di questi parametri chimici (pH e colore) sono utilizzati, insieme all’analisi di alcoli ed esteri, per identificare ventidue vini provenienti da quattro principali regioni di produzione vinicola in Francia. Sebbene il basso numero di campioni diminuisca l'affidabilità di questo studio, il risultato mostra le potenzialità dell’utilizzo di dati chimici generali per la classificazione geografica [28].

Delle analisi di routine dei vini fa parte anche la valutazione sensoriale da parte di assaggiatori esperti (panel test). Il panel test è un metodo ampiamente utilizzato per controllare e autenticare il vino da parte dell'industria e dei consumatori. Anche l’analisi sensoriale in combinazione con l’analisi strumentale è stata utilizzata per classificare i vini secondo l’origine geografica. In uno studio effettuato su 33 vini, sia bianchi sia rossi, provenienti da varie regioni della Grecia, i dati ottenuti mediante panel test in unione con dati ottenuti mediante diversi metodi strumentali (gas cromatografia e cromatografia liquida ad alta prestazione) sono stati sottoposti ad analisi statistica ottenendo una soddisfacente classificazione dei vini rossi greci in termini di origine geografica [1].

1.4.2. Analisi strumentali

Per classificare i campioni in base alle loro origini geografiche sono stati misurati una vasta gamma di parametri chimici strumentali con diverse tecniche analitiche. In seguito saranno elencate le classi di molecole ritenute caratterizzanti per la separazione geografica dei vini.

Elementi in tracce e isotopi stabili

Diversi autori hanno eseguito l'analisi degli elementi in tracce e degli isotopi stabili con lo scopo di identificare il vino in base all’origine geografica [29] [30] [31] [32] [33]. I rapporti isotopici dipendono dal clima e varietà, di conseguenza una loro misura è un buon discriminante per i vini provenienti da zone diverse. Anche gli elementi metallici sono considerati buoni indicatori dell’origine del vino poiché in genere non sono metabolizzati o modificati durante il processo di vinificazione. Gli elementi più frequentemente quantificati sono Na, Fe, Zn, Rb, Ca, Mg, Mn, Cu, Cr, Co, Sb, Cs, Br, Al, Ba, As, Li e Ag.

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Composti fenolici

La composizione polifenolica del vino dipende da varietà di uva, ubicazione del vigneto, sistema di coltivazione, clima, tipi di suolo, pratiche di coltivazione della vite, tempo di raccolta, processo di produzione (pressatura, metodo di vinificazione, contatto con la buccia periodo di macerazione, ecc.) e invecchiamento [6]. Di conseguenza i composti fenolici sono stati utilizzati, con successo, per differenziare vini in base all’origine geografica.

Nella Tabella 1.2 sono riassunte le tecniche analitiche maggiormente utilizzate in base alle classi di molecole ritenute caratterizzanti per la separazione geografica dei vini.

Tabella 1.2 - Tecniche analitiche utilizzate per la classificazione del vino in base all’origine geografica divise per composti d’interesse.

Classe di composti Tecnica Analitica Analisi multivariata Rif.

Elementi in tracce

NMR, HPIC, HPICE,

ICP-AES PCA, HCA, DA [29]

FAAS LDA, CC [30]

ICP-MS PCA [31]

ICP-MS, ICP-OES PCA [32]

AAS, AES PCA, LDA, SIMCA [33]

Isotopi stabili IRMS, SNIF-NMR PCA,LDA [34]

ICP-MS [35] Composti fenolici LC-MS/MS DA [36] HPLC-DAD DA [37] HPLC-DAD/Fluorescenza PLS-DA [38]

Acronimi: NMR Nuclear Magnetic Resonance, HPIC High Performance Ion Chromatography, HPICE High Performance Ion Chromatographic Exclusion, ICP Inductively Coupled Plasma, AES Atomic Emission Spectroscopy, FAAS Flame Atomic Absorption Spectroscopy, MS Mass Spectrometry, OES Optical Emission Spectroscopy, AAS Atomic Absorption Spectroscopy, IRMS Isotope Ratio Mass Spectrometry, SNIF Specific Natural Isotope Fractionation, GC Gas Chromatography, LC Liquid Chromatography, HPLC High Performance Liquid Chromatography, DAD Diode Array Detector, PCA Principal Component Analysis, HCA Hierarchical Clustering Analysis, DA Discriminant Analysis, LDA Linear Discriminant Analysis, CC Canonical Correlation, SIMCA Soft Independent Modelling of Class Analogies, MDA Multiple Discriminant Analysis, CA Cluster Analysis, SDA Stepwise Discriminant Analysis, PLS-DA Partial Least Squares Discriminant Analysis.

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1.4.3. Metodi spettroscopici

Le tecniche tradizionali, come la gas cromatografia o la cromatografia liquida, forniscono preziose informazioni sulla composizione dei prodotti alimentari, ma sono tecniche costose, richiedono tempo, operatori altamente specializzati e non sono facilmente adattabili per il monitoraggio di linea. Per il controllo della qualità dei prodotti alimentari invece sono necessarie tecniche rapide, poco costose ed efficienti. Negli ultimi anni per l’autenticazione di prodotti alimentari sono state utilizzate un gran numero di tecniche strumentali non invasive e non distruttive, come le tecniche spettroscopiche infrarosse e la fluorescenza. Questi strumenti analitici richiedono una preparazione del campione limitata, sono veloci e relativamente poco costose.

Proprio negli ultimi anni la spettroscopia vibrazionale, sia nelle regioni del vicino sia del medio infrarosso (NIR e MIR), ha avuto un aumento nelle applicazioni per l’analisi di uva e vino. Mediante MIR sono stati caratterizzati e classificati vini, grappe e altri distillati in base alla loro provenienza [39].

La tecnica più promettente nell’ambito dell’analisi degli alimenti è la fluorescenza front-face. Questa tecnica è veloce, non invasiva, sensibile e relativamente a basso costo. La spettroscopia di fluorescenza può fornire in poco tempo spettri che possono essere utilizzati come un'impronta digitale dei prodotti alimentari (latticini, carne, farine di cereali, miele) e, per le molecole fluorescenti, è circa 100-1000 volte più sensibile rispetto alle altre tecniche spettrofotometriche. Uno studio ha dimostrato che la spettroscopia di fluorescenza accoppiata con strumenti chemiometrici è un metodo efficace per identificare e determinare l'origine geografica dei formaggi [40]. Inoltre sono stati classificati mieli svizzeri provenienti da sette diverse fonti floreali [41] ed è stata utilizzata anche per la determinazione dell'origine geografica del latte [42]. Per quanto riguarda le analisi sui i vini uno dei primi studi è stato effettuato da Dufour e collaboratori per classificare i vini francesi e tedeschi in base a varietà, tipicità, e annata [43]. Questo studio ha dimostrato che la spettroscopia di fluorescenza front-face combinata con l’analisi chemiometrica offre un approccio promettente per l'autenticazione dei vini. In seguito sono stati effettuati altri studi in tal senso [44] [45], ma questa tecnica, nello studio

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dei vini e nella loro classificazione, non è ancora stata sfruttata al massimo delle sue potenzialità.

1.4.4. Metodi chemiometrici

La chemiometria è uno strumento estremamente utile per l'interpretazione dei dati perché, se usata con il giusto criterio, permette di estrarre informazioni rilevanti e pertinenti dalle misure sperimentali effettuate su campioni significativi da un punto di vista statistico. Essa consiste nell’applicazione di metodi matematico-statistici all'analisi dei dati. Generalmente i sistemi reali posti sotto osservazione e dai quali si vuole trarre l’informazione, sono di tipo multivariato, sono cioè governati da più variabili in contemporanea. Un sistema da analizzare con numerose variabili che incidono su di esso è un sistema complesso. Questa complessità si ripercuote necessariamente sui dati sperimentali relativi al sistema stesso. I metodi chemiometrici cercano di separare il contenuto d’informazione “utile” da quanto altro è contenuto nei dati: ad esempio, il rumore sperimentale, eventuali informazioni ridondanti dovute ad effetti di correlazione tra le variabili, informazioni di buona qualità, ma non direttamente rilevanti per il problema studiato [46]. Maggiori informazioni possono essere ottenute per combinazione di set di dati acquisiti da diversi strumenti analitici e tecniche sperimentali [47], come ad esempio, proprietà chimico-fisiche, dati spettroscopici, dati cromatografici, ecc. In questi casi può essere richiesto un pre-trattamento dei dati, ad esempio la normalizzazione o l’autoscalatura, in modo tale da superare le differenze tra i dati ottenuti dalle diverse tecniche. In alternativa si possono utilizzare strumenti che gestiscono più blocchi di dati raccolti sullo stesso set di campioni, i cosiddetti modelli multi-block. Il loro uso può essere utile quando si analizzano dati di grandi dimensioni organizzati in blocchi concettualmente significativi. Un esempio potrebbe essere proprio quello di dati ottenuti con differenti tecniche strumentali (NIR, GC, parametri fisici/reologico, ecc.) sullo stesso insieme di campioni [48]. I metodi chemiometrici impiegati nella classificazione di alimenti e bevande [49], prevedono solitamente un’analisi preliminare esplorativa della struttura di dati per mezzo dell’analisi delle componenti principali (PCA). Questo metodo serve, ad esempio, a evidenziare la correlazione tra variabili diverse. Negli step successivi, si procede con l’applicazione di metodi di classificazione, come ad esempio l’analisi

(24)

discriminante lineare (LDA) [50] o l’analisi discriminante parziale dei minimi quadrati (PLS-DA) [51]. L’applicazione di metodi chemiometrici ai dati sperimentali permette di affrontare sfide ardue come l'autenticazione e la classificazione dei prodotti vitivinicoli. I recenti miglioramenti dell’hardware negli strumenti utilizzati in combinazione con i potenti software chemiometrici, che oggi sono spesso integrati con il software dello strumento stesso, hanno dato senza dubbio, un contributo significativo a tali sviluppi [27].

1.5. Scopo della tesi

In questo lavoro di tesi vini rossi toscani prodotti da uve Sangiovese sono stati analizzati mediante la tecnica spettroscopica di fluorescenza front-face e la tecnica cromatografica HPLC con rivelazione DAD e i risultati sono stati analizzati preliminarmente con la tecnica statistica di analisi multivariata delle componenti principali (PCA) al fine di caratterizzarli in base alla particolare area geografica di provenienza. Il vino Sangiovese, infatti, è uno dei vini autoctoni toscani che molte aziende vinicole stanno cercando di valorizzare e su cui c’è un elevato interesse proprio in termini di tipicità regionale. Dal punto di vista prettamente scientifico, un ulteriore obiettivo è stato quello di rilevare le principali bande di fluorescenza del vino Sangiovese e di assegnarle a composti fluorescenti, che sono potenzialmente specifici di questi vini. Il profilo spettrale è una delle caratteristiche che qualitativamente sono state usate per distinguere tra loro vini francesi e spagnoli prodotti da cultivar distinti, e, quindi, conoscere e capire la corrispondenza tra fluorofori presenti e caratteristiche spettrali è un elemento di interesse non solo per lo studio del Sangiovese, ma anche per lo studio dei vini rossi in generale. A supporto e conferma dell’assegnazione delle principali bande di fluorescenza, la simulazione degli spettri di fluorescenza del vino mediante la combinazione di spettri di fluorescenza degli standard dei composti identificati, è un altro degli obiettivi della presente tesi. Infine si cercherà mediante l’analisi cromatografica di quantificare alcuni dei composti fenolici presenti nel vino. Diversi sono gli aspetti innovativi introdotti in questo lavoro. Innanzitutto, non esiste in letteratura alcuno studio sistematico che affianchi la fluorescenza front-face all’HPLC-DAD. La combinazione di tecniche chimiche sperimentali

(25)

così differenti fra loro permette una valutazione molto più completa e accurata della matrice vino. In aggiunta, la fluorescenza front-face è una delle tecniche innovative nel campo delle analisi chimiche degli alimenti e non è ancora stata sfruttata al massimo delle sue potenzialità per lo studio e la classificazione dei vini. Nei pochi lavori in letteratura a riguardo, non ci sono studi che la applicano a vini italiani o al Sangiovese né sono presenti studi approfonditi per l’attribuzione delle bande di fluorescenza. Inoltre, entrambe le tecniche sono veloci e richiedono una minima preparazione del campione. Questo permette di utilizzare i metodi, una volta ottimizzati, per una rapida valutazione dei componenti minoritari anche in altri vini, oltre al Sangiovese.

(26)

Capitolo 2

2. Materiali e Metodi

2.1. Materiali

2.1.1. Campioni di vino

Sono stati analizzati 46 vini rossi toscani prodotti esclusivamente o principalmente da uve Sangiovese e 4 vini rossi toscani prodotti da uve Pugnitello, Ciliegiolo e Barsaglina. I vini sono stati forniti da aziende vitivinicole situate in diverse zone della regione o acquistati (Tabella 2.1). In dettaglio (Figura 2.1), 9 campioni provengono dalla provincia di Pisa, 4 campioni dalla provincia di Pistoia, 1 campione dalla provincia di Firenze, 3 campioni dalla provincia di Arezzo, 18 campioni dalla provincia di Siena, 6 campioni dalla provincia di Grosseto e 5 campioni provenienti dalla provincia di Livorno.

Figura 2.1 - Una mappa della regione Toscana. Gli indicatori rappresentano le zone di provenienza dei vini analizzati. Ad ogni colore corrisponde una provincia: verde - Pisa, blu - Pistoia, rosa - Firenze, rosso - Arezzo, azzurro - Siena, viola - Grosseto ed infine giallo - Livorno.

(27)

Tabella 2.1 - Elenco dei campioni di vino analizzati e relative specifiche. Vini SANGIOVESE

Codice Azienda Etichetta Provenienza Anno

S01 Ferraris Iris & Figli [52] ARGINE Rosso di Toscana IGT

Sangiovese Cecina (Livorno-LI) 2011

S02 Ferraris Iris & Figli [52]

PALADINO Sangiovese, Ciliegiolo e Malvasia

Nera

Cecina (LI) 2012

S03 Pian del Bichi Fattoria Maremma Toscana IGT Sangiovese

Radda in Chianti

(Siena-SI) 2010

S04 Azienda Agricola Bellavista [53] Podere Calvaiola Toscana IGT

Sangiovese San Miniato (Pisa-PI) 2008 S05 Gattavecchi [54] Poggio al marlo Sangiovese di

toscana IGT Montepulciano (SI) 2010 S06 Marrucola [55] Sangiovese San Miniato (PI) 2012 S07 Cosimo Maria Masini [56] Sangiovese 100% NICOLE San Miniato (PI) 2010 S08 Montalto [57] CHINTIA Sangiovese 80% Syrah 20% San Miniato (PI) 2011 S09 Fattoria di S.Quintino [58] Sangiovese 100% LA FAGIANA San Miniato (PI) 2011 S10 Agrihotel Elisabetta [59] Sangiovese 100% Collemezzano (LI) Cecina-località 2012

S11 Agricola San Felice [60] Sangiovese 100% Chianti classico (SI) San Felice zona del 2012

S12 Tenuta la pineta [61] VIGNA DEL CONTE Toscana rosso IGT Sangiovese 100%

Castiglion Fibocchi

(Arezzo-AR) 2010

S13 Tenuta San Jacopo [62] POGGIO AI GRILLI Chianti D.O.C.G.

Sangiovese 100% Cavriglia (AR)o 2009 S14 La Salceta [63] Sangiovese 100% D.O.C. Valdarno Bracciolini (AR) Terranuova 2011 S15 Castello di Volpaia [64] Sangiovese Prato - Radda in Chianti (SI) 2011 S16 Castello di Volpaia [64] Sangiovese Radda in Chianti (SI) Borgianni Balifico - 2011 S17 Castello di Volpaia [64] Sangiovese Radda in Chianti (SI) Borgianni Balifico - 2012 S18 Castello di Volpaia [64] Sangiovese Radda in Chianti (SI) 2012 S19 Castello di Volpaia [64] Sangiovese Castiglione della Pescaia

(Grosseto - GR) 2012

S20 Azienda Agricola Pratesi Cinzia del gruppo Vintrading [65] LA VIGNA DEL TOCCO Montecucco D.O.C. Sangiovese100% Cinigiano (GR) 2010

S21 San Michele di Accardo Serena [66] Sangiovese 100% Frazione Pieve Santa Luce (PI) 2012

S22 Tenuta La Fuga [67] Rosso di Montalcino D.O.C.

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Vini SANGIOVESE

Codice Azienda Etichetta Provenienza Anno

S23 Azienda Agricola La Carletta [68]

Morellino di Scansano D.O.C. Sangiovese 80%, Ciliegiolo5%, Cabernet 5% loc. Preselle Scansano (GR) 2006

S24 Cecchi [69] Toscana IGT Sangiovese (Sangiovese 100%) Castellina in Chianti (SI) 2011 S25 Michele Satta [70] CAVALIERE Sangiovese Rosso di Toscana IGT (ripasso) Castagneto Carducci (LI) 2006 S26 Cantine Cecconi [71] VILLA PALAGIO Toscana IGT Sangiovese in purezza

Zona del Chianti di Montespertoli (Firenze-FI) 2011 S27 Agrimaremma [72] MARIANNA Morellino di Scansano D.O.C.G. Sangiovese 100% Manciano (GR) 2011 S28 Pagani de Marchi [73] PRINCIPE GUERRIERO Montescudaio DOC Sangiovese 100%

Casale Marittimo (PI) 2009

S29 Poggio al Vento [74] PERLA ROSSA Orcia D.O.C. Sangiovese in purezza Zona collinare di Castiglione D’orcia (SI) 2012

S30 Michele Satta [70] CAVALIERE Toscana IGT Sangiovese in purezza Castagneto Carducci (LI) 2007 S31 Sensi [75] CUPIDO Toscana IGT Sangiovese in purezza Lamporecchio (Pistoia-PT) 2011

S32 San Michele di Accardo Serena [66]

ARIAH Rosso di Toscana IGT Sangiovese in

purezza

Pastina Santa Luce

(PI) 2008

S34 Tenuta Montefoscoli [76] Sangiovese 100% Montefoscoli, Palaia (PI) 2011

S35 Fattoi [77] Rosso di Montalcino D.O.C (Sangiovese 100%)

Podere Capanna Località S.Restituta

Montalcino (SI) 2011 S36 Fattoi [77] Montalcino D.O.C.G. Brunello di

Sangiovese 100%

Podere Capanna Località S.Restituta

Montalcino (SI) 2008 S37 Fattoi [77] Sangiovese 100% Brunello Annata Località S.Restituta Podere Capanna

Montalcino (SI) 2009 S38 Fattoi [77] Brunello Riserva Annata

Sangiovese 100%

Podere Capanna Località S.Restituta

Montalcino (SI) 2008 S39 Pieve Vecchia [78] Sangiovese 100% Campagnatico (GR) 2011 S40 Vignaioli Del Morellino di Scansano [79] Scansano D.O.C.G. Morellino di Scansano (GR) 2011 S41 Fattoria Betti [80] Sangiovese Quarrata (PT) 2013 S42 Fattoria Betti [80] Sangiovese Quarrata (PT) 2013 S43 Fattoria Betti [80] Sangiovese Quarrata (PT) 2013

(29)

Vini SANGIOVESE

Codice Azienda Etichetta Provenienza Anno

S44 Tenuta di Coltibuono [81] Sangiovese 100% Gaiole in Chianti (SI) 2009 S45 Tenuta di Coltibuono [81] Sangiovese 100% Gaiole in Chianti (SI) 2012 S46 Cecchi [69] Montepulciano Vino Nobile di

D.O.C.G.

Castellina in Chianti

(SI) 2010

S47 Cantina di Montalcino [82] Rosso di Montalcino D.O.C.

Sangiovese 100% Montalcino (SI) 2011

S48 Le Chiantigiane [83]

Sangiovese di Toscana IGT Sangiovese 90%,

altre uve 10%

Tavarnelle Val di Pesa

(FI) n.s.*

Vini da uve NON SANGIOVESE

Codice Azienda Etichetta Provenienza Anno

P01 Agricola San Felice [60] Pugnitello 100% San Felice (SI) 2012 P02 Mannucci Droandi [84] Pugnitello 100% Toscana IGT Mercatale Valdarno (AR) 2009 B01 Mannucci Droandi [84] Barsaglina 100% Toscana IGT Mercatale Valdarno (AR) 2009

C01 Agrimaremma [72] Maremma Toscana IGT Ciliegiolo 100%

Magliano in Toscana

(GR) 2011

* annata non specificata in etichetta

Tutte le bottiglie sono state conservate a 25°C e lontano da fonti di luce e calore. All’apertura di ciascuna bottiglia è stato creato un sotto-campione per l’analisi traferendo 250 ml di vino in bottiglia di vetro Duran (Germania) scuro con tappo a vite certificate UNI EN ISO 4796-1:2001 (Figura 2.2), conservato a -4°C. Le analisi sono state effettuate in un intervallo che va da 0 a 2 giorni dall’apertura, inoltre alcuni campioni sono stati conservati per ulteriori controlli e valutazione della riproducibilità di analisi

2.1.2. Reagenti

Nell’ambito delle analisi HPLC-DAD, le soluzioni degli standard sono state preparate utilizzando metanolo con grado di purezza HPLC (Sigma Aldrich) e acqua bidistillata (Carlo Erba), la preparazione degli eluenti è stata effettuata utilizzando acetonitrile con grado di purezza HPLC, acido trifluoroacetico con grado di purezza HPLC ≥ 99% (entrambi forniti da Sigma Aldrich, Germania) e acqua bidistillata (Carlo Erba).

Figura 2.2 - Bottiglie di vetro Duran scuro.

(30)

Per le analisi in fluorescenza front-face sono stati utilizzati, nella preparazione delle soluzioni degli standard, metanolo grado di purezza HPLC (Sigma Aldrich) e acqua bidistillata (Carlo Erba).

2.1.3. Standard

Per le analisi HPLC-DAD è stato selezionato, basandosi su un’analisi della letteratura, almeno un composto per ogni categoria di fenoli presenti nel vino: per gli acidi fenolici due acidi benzoici (acido gallico e acido protocatechico o acido 3,4-diidrossibenzoico) e un acido cinnamico (acido caffeico), per i flavonoidi due flavonoli (quercetina e isoramnetina) e un’antocianina (cloruro di malvina) e per i fenoli non flavonoidi e non carbossilici uno stilbene (trans-resveratrolo) e un feniletanoide (tirosolo).

In fluorescenza front-face, con lo scopo di assegnare le bande di fluorescenza ai fluorofori presenti nel vino e simulare uno spettro di fluorescenza tipico per il Sangiovese, sono state analizzate soluzioni standard dei fenoli acido gallico, acido vanillico, acido caffeico, acido protocatechico, trans-resveratrolo, tirosolo e cloruro di malvina, dell’amminoacido triptofano e della vitamina riboflavina. Le specifiche di tutti gli standard sono riportate nella Tabella 2.2.

Tabella 2.2 - Elenco degli standard utilizzati e relative specifiche.

Standard Struttura Specifiche

Formula base R1 R2 R3 R4

Acido gallico OH OH OH H Fluka, 98%

Acido 3,4-diidrossibenzoico

(acido protocatechico)

H OH OH H Fluka, 97%

Acido vanillico OCH3 OH H H Aldrich, 97%

Tirosolo analitycal Fluka,

standard

(31)

Standard Struttura Specifiche Formula base R1 R2 Quercetina OH H Sigma, ≥95% Isoramnetina OCH3 H Fluka, analitycal standard trans-Resvaratrolo Sigma, ≥99%

Cloruro di malvina Sigma, ≥90%

(HPLC)

Triptofano Fluka,

≥99%

Riboflavina Aldrich,

(32)

2.2. Metodi per la determinazione di composti fenolici

nel vino rosso mediante analisi HPLC-DAD

2.2.1. Strumentazione

Le misure cromatografiche sono state eseguite mediante un sistema HPLC JASCO (Giappone), dotato d’interfaccia (modello LC-Net II/ADC), auto-campionatore (modello AS-950) munito d’iniettore a valvola rotante con loop di riempimento da 100 l, pompa a gradiente quaternaria a bassa pressione (modello PU-2089 Plus) con sistema di degasaggio degli eluenti e di rivelatore spettrofotometrico per HPLC a serie di diodi PDA (modello MD-2010 Plus). Il sistema HPLC è stato controllato dal software ChromNAV Chromatography

Data System della JASCO. La colonna utilizzata è una TC-C18 della Agilent Technologies (150 mm x 4.6 mm, 5 m PS). Il sistema strumentale è illustrato in Figura 2.3.

Figura 2.3 – Sistema HPLC JASCO. Gli indicatori alfabetici illustrano le varie componenti del sistema: A - interfaccia modello LC-Net II/ADC, B – auto-campionatore modello AS-950, C - pompa a gradiente quaternaria a bassa pressione modello PU-2089 Plus con sistema di degasaggio degli eluenti, D - rivelatore spettrofotometrico a serie di diodi PDA modello MD-2010 Plus e E – colonna TC-C18 Agilent Technologies (150 mm x 4.6 mm, 5 m PS) termostatata.

A

B

C

(33)

2.2.2. Condizioni sperimentali

L’analisi cromatografica è stata eseguita utilizzando una fase mobile con flusso di 1 ml/min, costituita dai seguenti eluenti:

Solvente A, acqua con 0,1% di acido trifluoroacetico (TFA)

Solvente B, acetonitrile con 0,1% di TFA Con il seguente gradiente di eluizione:

t (min) A% B% 5 98 2 40 50 50 43 0 100 48 0 100 50 98 2

L’acquisizione degli spettri di assorbimento UV-Vis avviene nell’intervallo 200-650 nm, con step di 4 nm. La scelta del metodo di separazione cromatografica adottato in questo lavoro di tesi è stato sviluppato a partire dal metodo per la separazione di composti fenolici (acidi benzoici, flavan-3-oli, acidi cinnamici, flavonoli e antocianine) nel vino rosso messo a punto da Ibern-Gómez et al. nel 2002 [85]. Questo metodo prevede l’utilizzo di una colonna Zorbax® StableBond C18 (30 mm × 4,6 mm, 3.5 m PS) con particelle di diametro inferiore rispetto alla colonna utilizzata per questo lavoro di tesi e più corta. Queste caratteristiche hanno permesso l’uso di un flusso maggiore di fase mobile (4 ml/min) e di conseguenza di avere una corsa più breve senza perdere in efficienza di separazione. Il motivo per cui, utilizzando una colonna con particelle più piccole, è possibile applicare un flusso maggiore è racchiuso nell’equazione di van Deemter

̅ ̅

dove: H è l’altezza equivalente di un piatto teorico (HETP) della colonna, ̅ è la velocità della fase mobile, A, B e C sono delle costanti. In particolare, H è ottenuto sommando tre termini: un termine costante A e due termini ̅⁄ e

(34)

̅ rispettivamente inversamente e direttamente proporzionali alla velocità della fase mobile ̅ . Il termine A è legato all’impaccamento della fase stazionaria e alla dimensione delle particelle (dp), il termine ̅⁄ è legato alla

diffusione nella fase mobile e il termine ̅ è legato al trasferimento di massa. In Figura 2.4 sono riportati i grafici dei tre termini e la loro somma che non è altro che la curva di van Deemter.

In Figura 2.5 è riportata la curva di van Deemter al variare del diametro delle particelle dp. Il grafico mostra che con particelle più piccole si ha una maggiore

efficienza di separazione (valori più bassi di H) anche all’aumentare del flusso. Di conseguenza, più è piccola la dimensione delle particelle, più velocemente può essere eseguita la corsa senza perdita di efficienza. La dimensione delle particelle quindi fornisce una leva interessante per ridurre i tempi di analisi, ma non può essere ridotta a piacimento perché bisogna tener conto della pressione in colonna. Nel nostro caso la pompa utilizzata non è in grado di reggere flussi più alti di 1 ml/min.

Figura 2.4 - Grafico dell’equazione di van Deemter.

Figura 2.5 - Altezza del piatto teorico in relazione alla velocità di flusso per diverse granulometrie di impaccamento.

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Come primo step è stato necessario convertire il gradiente di eluizione per adattarlo alla colonna in uso. Inoltre, si è scelto di non partire con il 100% di solvente A perché, viste le caratteristiche della colonna, questo comporterebbe un ripiegamento delle catene idrofobiche a 18 atomi di carbonio e di conseguenza lunghi tempi di ricondizionamento della colonna (Figura 2.6).

Il secondo passaggio ha previsto un accorciamento della corsa permettendo l’eluizione dei composti meno polari. In seguito, l’utilizzo di un gradiente meno ripido ha consentito di accorciare ulteriormente l’eluizione dei componenti meno polari e la migliore separazione dei picchi. Infine, come affinamento, è stato aggiunto, prima del ripristino delle condizioni inziali, uno step di lavaggio della colonna effettuato utilizzando il 100% di solvente B per 5 minuti. Tutti i quattro step di ottimizzazione del gradiente sono riassunti in Tabella 2.3. Tabella 2.3 - Step di ottimizzazione del gradiente di eluizione.

In Figura 2.7 sono mostrati i cromatogrammi, per ciascun gradiente, di una miscela delle soluzioni degli standard (acido gallico, acido protocatechico, acido caffeico, quercetina e isoramnetina) ciascuno a concentrazione di circa 2 ppm. La miscela è stata preparata prelevando un’aliquota della soluzione madre di ciascuno standard, portando al volume finale con acqua bidistillata.

Gradiente 1 Gradiente 2 Gradiente 3 Gradiente 4 t (min) A% B% t (min) A% B% t (min) A% B% t (min) A% B%

5 98 2 2 98 2 5 98 2 5 98 2 40 70 30 37 70 30 40 50 50 40 50 50 45 70 30 42 70 30 45 50 50 43 0 100 47 98 2 44 98 2 47 98 2 48 0 100 50 98 2

Figura 2.6 - Collasso dei gruppi funzionali idrofobici a 18 atomi di carbonio per utilizzo di una fase mobile con il 100% di acqua.

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Nel primo cromatogramma i tempi di ritenzione tR relativi agli ultimi tre

componenti sono molto lunghi e, addirittura, non si vede il picco relativo all’isoramnetina, che è il componente meno polare. Nel secondo cromatogramma, relativo al Gradiente 2, i tR si accorciano e si riesce ad eluire

tutti i componenti. Tuttavia, l’eluizione dell’isoramnetina avviene ancora a tempi di ritenzione troppo elevati (45 min). Il terzo cromatogramma mostra come, utilizzando il Gradiente 3 della Tabella 2.3, si riesca ad eluire i due componenti meno polari in tempi più brevi. Si ottengono, inoltre, picchi più stretti. Nell’ultimo cromatogramma, infine, non vi è essenzialmente alcuna differenza rispetto al caso precedente perché l’unico cambiamento effettuato è quello riguardante la fase di lavaggio della colonna che non influisce sull’eluizione dei composti.

Una volta ottimizzato il gradiente di eluizione è stato possibile procedere con l’analisi di una miscela contenente tutti gli standard, ciascuno alla concentrazione di 2 ppm. Tale miscela, oltre a quelli specificati in precedenza, ha compreso anche trans-resveratrolo, tirosolo e cloruro di malvina. In questo modo sono stati identificati i tempi di ritenzione di tutti i componenti.

Per approfondimenti sulla tecnica HPLC-DAD vedere Appendice A.

Figura 2.7 – Profili cromatografici relativi a una miscela delle soluzioni degli standard, ciascuno alla concentrazione di 2 ppm, per ogni gradiente illustrato in Tabella 2.3.

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