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CAPITOLO 11 – ANALISI DINAMICA LINEARE

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 11 – ANALISI DINAMICA LINEARE

Eseguite le verifiche del ponte in campo elastico, se ne analizza il comportamento in condizioni sismiche. Per ponti a pile e travate, che possono essere definite strutture ordinarie, le NTC08 al par.7.9 forniscono una procedura di analisi standard basata sul fattore di struttura, mentre per ponti di diverso tipo la normativa non dà indicazioni, invitando il progettista a rifarsi a “metodi di calcolo adeguatamente documentati, con particolare riferimento al fattore di struttura adottato”.

In generale, lo strumento che si utilizza per l’analisi delle strutture in fase sismica è l’analisi dinamica modale con spettro di risposta. Al suo interno, il comportamento dinamico è analizzato mediante lo studio dei modi propri, mentre le risorse plastiche della struttura sono tenute in conto attraverso il fattore di struttura. Nel caso in esame il fattore di struttura non è noto, perché non rientra nelle strutture “standard”, per le quali la norma fornisce un metodo per ricavarlo, quindi potrebbe essere determinato attraverso un’analisi non lineare.

L’analisi di una struttura che evolve in campo plastico in fase sismica, però, è un argomento molto complesso e delicato ed è per queste ragioni che solitamente si procede mediante analisi più semplici, come l’analisi dinamica modale.

Decidiamo allora di eseguire un’analisi dinamica modale con spettro di risposta elastico, cioè si opera con un fattore di struttura unitario senza considerare alcuna risorsa plastica della struttura. A seguito di ciò, per la massima azione sismica di progetto, il ponte e tutte le sue componenti devono permanere in fase elastica. In questa maniera si rinuncia, di fatto, alla duttilità e si è in genere obbligati ad adottare dimensioni maggiori per gli elementi strutturali.

Tuttavia, per strutture caratterizzate da modi propri di vibrare fondamentali con periodo elevato, le azioni simiche valutate in campo elastico conducono a dimensioni accettabili degli elementi strutturali, poiché le ordinate spettrali sono basse e quindi le forze sismiche sono contenute.

A ben vedere, questo modo di progettare il ponte in fase sismica, in maniera tale che permanga in campo elastico per la massima azione di progetto, è probabilmente il peggiore perché, rinunciando completamente alla duttilità e alle risorse post-elastiche, il ponte non è in grado di resistere ad azioni maggiori di quella di progetto.

Se invece avessi voluto attuare una strategia di difesa nei confronti dell’azione sismica, avrei avuto a disposizione due “modus operandi”:

1) ISOLATORI ALLA BASE DELLA STRUTTURA: questa strategia consiste nel modificare il periodo di vibrazione fondamentale della struttura, “disaccoppiandolo” da quello del sisma, attraverso l’utilizzo di opportuni isolatori alla base del ponte.

In questa maniera il periodo di vibrazione fondamentale della struttura viene spostato nella zona dove le ordinate dello spettro sono inferiori (T aumenta), cioè lontano dal tratto

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orizzontale dello spettro. In genere si preferisce operare spostando il periodo fondamentale del ponte verso valori elevati perché in caso di danneggiamento il periodo subirebbe un ulteriore aumento, spostandosi verso zono favorevoli con ordinate dello spettro minori e quindi azioni minori di quelle di partenza. A discapito di tutto ciò, aumentano notevolmente gli spostamenti dei vincoli e occorre utilizzare giunti tecnici di dimensioni elevate su pile e spalle.

2) UTILIZZO DI ELEMENTI DISSIPATIVI: questo secondo modo di procedere prevede l’adozione di particolari elementi dissipativi posti, in genere, nelle zone d’appoggio. Si tratta di dispositivi in grado di dissipare l’energia fornita alla struttura dal sisma mediante cicli d’isteresi (costanti e di elevata ampiezza) oppure di dispositivi smorzanti a funzionamento viscoso. Come per la prima strategia difensiva, l’adozione di elementi dissipativi porta a spostamenti elevati nelle zone d’appoggio (necessari al funzionamento del dispositivo stesso) e quindi alla necessità di adottare giunti tecnici di dimensioni elevate.

NOTA: come già specificato nel Capitolo 7 al paragrafo 7.2.1, la disposizione dei vincoli in caso di sisma è mutata rispetto a quella di “normale” funzionamento del ponte, a causa dell’utilizzo di tre dispositivi fluidodinamici shock-trasmitters, utili ad una più equa ridistribuzione delle forze sismiche sulle due spalle.

11.1 – Determinazione dei modi propri di vibrare della struttura

Attraverso il programma di calcolo utilizzato, si determinano i modi propri di vibrare della struttura, il cui schema statico è stato opportunamente modificato, come discusso in precedenza. Le masse sismiche, considerate per la determinazione dei modi propri, sono quelle dovute ai pesi permanenti strutturali e non strutturali mentre, vista la categoria di strada servita, non si ritengono rilevanti le masse sismiche dovute ai carichi mobili.

Attraverso l’analisi modale sono stati ricavati i primi 200 modi di vibrare della struttura, in modo da eccitare una percentuale molto elevata della massa complessiva nelle diverse direzioni; infatti, le NTC08 obbligano a tener conto di un numero di modi propri di vibrare tale da eccitare almeno l’85% della massa complessiva e di tutti i modi aventi una massa modale maggiore del 5%. Per essere sicuri di non trascurare modi propri aventi una massa modale superiore al 5% sarebbe allora necessario eccitare almeno il 95% della massa totale in ciascuna direzione. Considerare 200 modi propri di vibrare soddisfa questa condizione.

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Modo T (s) Ux (%) Uy (%) Uz (%) ∑Ux (%) ∑Uy (%) ∑Uz (%) Rx (%) Ry (%) Rz (%) ∑Rx (%) ∑Ry (%) ∑Rz (%) 1 1,642 0,050 0,000 0,000 0,050 0,000 0,000 0,000 0,107 0,000 0,000 0,107 0,000 2 1,089 0,000 0,231 0,000 0,050 0,231 0,000 0,576 0,000 0,171 0,576 0,107 0,171 3 0,923 0,000 0,000 0,000 0,050 0,231 0,000 0,000 0,000 0,034 0,576 0,107 0,204 4 0,705 0,000 0,000 0,058 0,050 0,231 0,059 0,000 0,043 0,000 0,576 0,151 0,204 5 0,618 0,000 0,007 0,013 0,050 0,238 0,071 0,000 0,010 0,005 0,577 0,160 0,210 6 0,615 0,001 0,000 0,000 0,051 0,238 0,071 0,000 0,000 0,001 0,577 0,161 0,210 7 0,495 0,000 0,024 0,000 0,051 0,262 0,071 0,001 0,000 0,018 0,577 0,161 0,228 8 0,413 0,050 0,000 0,000 0,101 0,262 0,071 0,000 0,019 0,000 0,577 0,179 0,228 9 0,369 0,000 0,003 0,635 0,101 0,264 0,707 0,000 0,471 0,002 0,577 0,651 0,230 10 0,336 0,000 0,519 0,001 0,101 0,783 0,708 0,053 0,001 0,385 0,631 0,652 0,615 … … … … 50 0,080 0,007 0,000 0,000 0,741 0,958 0,930 0,000 0,004 0,000 0,960 0,872 0,930 … … … … 200 0,029 0,000 0,000 0,000 0,950 0,992 0,971 0,000 0,000 0,000 0,974 0,956 0,988

Tab. 11.1 – Informazioni modali della struttura in esame.

Nelle figure sottostanti sono riportati i primi 10 modi di vibrare della struttura:

Fig. 11.1 – Primo modo di vibrare, flessione longitudinale, T1 = 1,642 s.

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Fig. 11.3 – Terzo modo di vibrare, torsionale, T3 = 0,923 s.

Fig. 11.4 – Quarto modo di vibrare, flessione longitudinale, T4 = 0,705 s.

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Fig. 11.6 – Sesto modo di vibrare, flessione trasversale, T6 = 0,615 s.

Fig. 11.7 – Settimo modo di vibrare, torsionale, T7 = 0,495 s.

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Fig. 11.9 – Nono modo di vibrare, flessione longitudinale, T9 = 0,369 s.

Fig. 11.10 – Decimo modo di vibrare, flessione trasversale, T10 = 0,336 s.

Analizzando i dati della tabella e le forme modali rappresentate, possiamo osservare che i primi 10 modi di vibrare contribuiscono ad eccitare almeno il 60 % della massa nelle diverse direzioni tranne che nella direzione X.

Dal decimo modo in poi i coefficienti di partecipazione modale tendono a diminuire progressivamente, tranne che per la direzione X, per la quale si hanno modi di vibrare che arrivano ad eccitare fino al 5% della massa anche dopo il 50-esimo modo. Inoltre, dai dati ricavati dall’analisi, si nota che sono sufficienti 75 modi propri di vibrare per superare la soglia del 95% di massa partecipante in tutte le direzioni tranne che per la rotazione Ry e la traslazione Ux per le quali sono necessari i 200 modi considerati.

11.2 – Verifiche di resistenza della struttura in condizioni sismiche

Dall’analisi del modello si osserva che le sollecitazioni massime sulla struttura, determinate in condizioni sismiche, sono molto inferiori a quelle determinate in condizioni statiche sotto i carichi mobili.

Si osservi, per esempio, il confronto tra i valori delle sollecitazioni massime ottenute in condizioni statiche e dinamiche per la sezione posta ad ¼ di uno dei 4 rami degli archi (si considera quello maggiormente sollecitato):

N (KN) Mx (KNm) My (KNm) Mt (KNm)

COND. STATICHE -12482 4565 1770 559

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È possibile notare la notevole differenza tra i valori ottenuti per le due diverse condizioni. Ciò è dovuto all’elevata deformabilità della struttura che comporta periodi di vibrazione elevati (T1 = 1,642 s) collocando la risposta del ponte nella zona dello spettro caratterizzata da basse ordinate spettrali.

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OSSERVAZIONI:

1) Per quanto riguarda il sisma verticale, si osserva che le ordinate spettrali relative ai periodi indicati in figura sono basse; ciò comporta sollecitazioni flessionali attorno all’asse Y modeste, inferiori a quelle dovute ai carichi mobili, e quindi ininfluenti ai fini del dimensionamento delle membrature del ponte;

2) Nei confronti delle componenti orizzontali dell’azione sismica Ex ed Ey dobbiamo fare opportune valutazioni: nell’intervallo individuato dai periodi da T1 a T10 le ordinate spettrali dell’accelerazione divengono significative e quindi danno effetti sulla struttura che non sono trascurabili.

Tuttavia, sia in direzione longitudinale che trasversale, l’impalcato del ponte è dotato di notevole rigidezza e resistenza tale da non destare particolari problemi per le membrature. Quindi l’azione sismica non è determinante ai fini del loro dimensionamento mentre diventa fondamentale nel dimensionamento dei dispositivi di vincolo, poiché essi devono trasferire le forze sismiche orizzontali complessive che si generano alle spalle.

In conclusione, le azioni sismiche possono essere considerate solo ai fini del dimensionamento dei dispositivi di vincolo, poiché le reazioni orizzontali che esse generano sono molto maggiori di quelle dovute al vento o alla frenatura. È per tale ragione che si rende necessario l’utilizzo di dispositivi fluidodinamici supplementari che modificano la condizione di vincolo complessiva e comportano una ridistribuzione delle azioni su tutti gli appoggi in maniera equa, evitando concentrazioni in corrispondenza di uno di essi che, molto probabilmente, non sarebbero sopportabili. In condizioni statiche, sotto le configurazioni di carico G1+G2+P+0,5∆T+ e G1+G2+P+0,5∆T-, gli appoggi non sono soggetti ad azioni orizzontali, grazie alla disposizione di vincolo adottata che permette le deformazioni “naturali” lente; inoltre, in condizioni sismiche, non vengono fatte agire le azioni del vento e della frenatura dovuta ai carichi mobili (il coefficiente di combinazione quasi permanente φ2i definito dalla norma per tali azioni è pari a 0), quindi le reazioni orizzontali che si generano in corrispondenza dei vincoli sono dovute esclusivamente alle azioni sismiche., permettendoci di ridurre i casi di carico da analizzare.

Fig. 11.12 – Disposizione dei vincoli in condizioni statiche e dinamiche con indicazione del posizionamento dei dispositivi fluidodinamici.

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VINCOLO COMB.

SISIMICA INVILUPPO

SISMA G1+G2+P GI+G2+P+E

Fx (KN) Fy (KN) Fz (KN) Fz (KN) Fz (KN)

SX1 Ex+0,3Ey+0,3Ez MAX 2305 2280 702 4119 4821

SX1 Ex+0,3Ey+0,3Ez MIN -2305 -2280 -702 4119 3417

SX1 0,3Ex+Ey+0,3Ez MAX 1416 835 432 4119 4551

SX1 0,3Ex+Ey+0,3Ez MIN -1416 -835 -432 4119 3687

SX1 0,3Ex+0,3Ey+Ez MAX 1173 757 512 4119 4631

SX1 0,3Ex+0,3Ey+Ez MIN -1173 -757 -512 4119 3607

SX2 Ex+0,3Ey+0,3Ez MAX 2122 0 693 4119 4812

SX2 Ex+0,3Ey+0,3Ez MIN -2122 0 -693 4119 3426

SX2 0,3Ex+Ey+0,3Ez MAX 1303 0 419 4119 4538

SX2 0,3Ex+Ey+0,3Ez MIN -1303 0 -419 4119 3700

SX2 0,3Ex+0,3Ey+Ez MAX 1109 0 505 4119 4624

SX2 0,3Ex+0,3Ey+Ez MIN -1109 0 -505 4119 3614

DX1 Ex+0,3Ey+0,3Ez MAX 2305 2280 702 4119 4821

DX1 Ex+0,3Ey+0,3Ez MIN -2305 -2280 -702 4119 3417

DX1 0,3Ex+Ey+0,3Ez MAX 1416 835 432 4119 4551

DX1 0,3Ex+Ey+0,3Ez MIN -1416 -835 -432 4119 3687

DX1 0,3Ex+0,3Ey+Ez MAX 1173 757 512 4119 4631

DX1 0,3Ex+0,3Ey+Ez MIN -1173 -757 -512 4119 3607

DX2 Ex+0,3Ey+0,3Ez MAX 2122 0 693 4119 4812

DX2 Ex+0,3Ey+0,3Ez MIN -2122 0 -693 4119 3426

DX2 0,3Ex+Ey+0,3Ez MAX 1303 0 419 4119 4538

DX2 0,3Ex+Ey+0,3Ez MIN -1303 0 -419 4119 3700

DX2 0,3Ex+0,3Ey+Ez MAX 1109 0 505 4119 4624

DX2 0,3Ex+0,3Ey+Ez MIN -1109 0 -505 4119 3614

Tab. 11.2 – Tabella riassuntiva sulle reazioni vincolari massime e minime in condizioni sismiche.

OSSERVAZIONI:

- Come già anticipatamente osservato, in conseguenza alla variazione di condizione di vincolo in caso di sisma, le reazioni vincolari sugli appoggi di sinistra e su quelli di destra sono le stesse e quindi le spalle sono egualmente sollecitate.

- Le reazioni verticali in tutti i dispositivi di vincolo sono inferiori a quelle dovute ai carichi statici, per i quali si raggiunge un valore massimo di 8911 KN.

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11.3 – Dispositivi di vincolo

Note le massime reazioni vincolari orizzontali in condizione sismica, possiamo procedere a scegliere opportuni dispositivi di vincolo. Decidiamo di optare per un dispositivo innovativo, prodotto dalla FIP Industriale, azienda leader mondiale nella produzione di dispositivi d’appoggio, antisismici e giunti, denominato SFEROPOL. È un vincolo a calotta sferica rovescia in cui la rotazione avviene per scorrimento della calotta concava superiore in acciaio sulla calotta convessa inferiore anch’essa in acciaio, intervallate da uno strato di teflon, mentre il trasferimento delle azioni orizzontali avviene per contatto laterale della calotta sferica superiore con l’anello del basamento del vincolo. Esso può essere realizzato nella variante fissa, monodirezionale e multidirezionale, ed in questi ultimi due casi le traslazioni sono permesse attraverso lo scorrimento tra due superfici piane, una in acciaio e l’altra in teflon, poste ad un livello superiore rispetto a quello in cui avvengono le rotazioni. Inoltre può essere integrato mediante dispositivi atti ad impedire il sollevamento (up lift) o da dispositivi antisismici di vario genere, come gli shock trasmitters. Quindi un unico dispositivo molto compatto polifunzionale, in grado di assorbire elevati carichi orizzontali, anche in concomitanza di rotazioni notevoli (±3°), superando il problema relativo allo scalottamento dei tradizionali dispositivi a calotta sferica.

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In conclusione si sceglie di adottare un dispositivo speropol fisso per il vincolo SX1, uno monodirezionale per il vincolo DX1 e due multidirezionali per i vincoli SX2 e DX2.

Se le reazioni orizzontali sono molto maggiori in fase sismica rispetto alle condizioni non sismiche, così non è per le reazioni verticali e per gli spostamenti/rotazioni che sono notevolmente maggiori in condizioni statiche e sono anch’essi determinanti ai fini della scelta dell’opportuno dispositivo di vincolo.

Nel caso in esame, nessun vincolo è soggetto a spostamenti verticali diretti verso l’alto ossia al pericolo del sollevamento.

VINCOLO INVILUPPO Ux (mm) Uy (mm) Rx (deg) Ry (deg) Rz (deg) Fx (KN) Fy (KN) Fz (KN) SX1 MAX 0 0 0,58 1,50 0,07 0 61 8804 SX1 MIN 0 0 0,16 -1,30 -0,01 -1121 -1210 5560 SX2 MAX 8 6 -0,20 1,59 0,07 0 0 8911 SX2 MIN 0 -13 -0,62 -1,25 -0,01 0 0 4974 DX1 MAX 120 0 0,58 1,30 0,02 0 0 8810 DX1 MIN -26 0 0,16 -1,50 -0,07 0 -1343 5560 DX2 MAX 115 6 -0,20 1,25 0,01 0 0 8907 DX2 MIN -30 -13 -0,62 -1,59 -0,07 0 0 4973

Tab. 11.3 – Tabella riassuntiva degli spostamenti e delle reazioni vincolari in condizioni non sismiche.

Infine si riportano tutte le caratteristiche minime richieste per i dispositivi di vincolo richiesti, necessarie per la loro scelta, e si rimanda alla figura 11.12 per l’individuazione del dispositivo all’interno del ponte.

Posizione del vincolo

Nome Tipo Caratteristiche addizionali Fx (KN) Fy (KN) Fz (KN) Ux (mm) Uy (mm) φ (deg) Spalla sinistra SX1 Fisso Nessuna 2305 2280 8804 0 0 1,50°

SX2 Multidir. 1 Shock tras. 2122 0 8911 ±8 ±13 1,59° Spalla

destra

DX1 Monodir. 1 Shock tras. 2305 2280 8810 ±120 0 1,50° DX2 Multidir. 1 Shock tras. 2122 0 8907 ±115 ±13 1,59°

Tab. 11.4 – Tabella delle caratteristiche minime richieste per i dispositivi di vincolo.

NOTA: nella tabella precedente, in grassetto, sono riportare le reazioni orizzontali che vengono incassate dai dispositivi fluidodinamici (shock trasmitters).

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A questo punto abbiamo a disposizione tutti i dati necessari per la scelta dei dispositivi di vincolo dal catalogo ufficiale della ditta FIP Industriale, scaricabile direttamente dal sito www.fipindustriale.it.

DISPOSITIVO DI VINCOLO FISSO SX1: - Modello: FIXED TYPE SF 900/270;

- Carico verticale massimo allo SLU: 9000 KN;

- Forza orizzontale massima in direzione X o Y allo SLU o SLV: 2700 KN;

- Collegamento con la sottostruttura: 10 zanche ϕ55 mm di lunghezza pari a 220 mm in cui alloggiano bulloni M30 classe 12.9;

- Collegamento con la sovrastruttura: 10 bulloni M30 classe 12.9 collegati alla piastra inferiore della trave di testa, rinforzata con una contropiastra di spessore 40 mm.

Fig. 11.14 – Dispositivo di vincolo SFEROPOL fisso.

DISPOSITIVO DI VINCOLO MONODIREZIONALE DX1: - Modello: SLIDING TYPE SU 900/300-270;

- Carico verticale massimo allo SLU: 9000 KN;

- Forza orizzontale massima in direzione Y allo SLU o SLV: 2700 KN; - Scorrimento longitudinale massimo allo SLU o SLV: ±150 mm;

- Collegamento con la sottostruttura: 10 zanche ϕ55 mm di lunghezza pari a 220 mm in cui alloggiano bulloni M30 classe 12.9;

- Collegamento con la sovrastruttura: 10 bulloni M30 classe 12.9 collegati alla piastra inferiore della trave di testa, rinforzata con una contropiastra di spessore 40 mm.

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Fig. 11.15 – Dispositivo di vincolo SFEROPOL monodirezionale.

DISPOSITIVO DI VINCOLO MONODIREZIONALE DX1: - Modello: FREE SLIDING TYPE SU 900/300/50; - Carico verticale massimo allo SLU: 9000 KN;

- Scorrimento longitudinale/trasversale massimo allo SLU o SLV: ±150 mm;

- Collegamento con la sottostruttura: 5 zanche ϕ55 mm di lunghezza pari a 220 mm in cui alloggiano bulloni M30 classe 12.9;

- Collegamento con la sovrastruttura: 5 bulloni M30 classe 12.9 collegati alla piastra inferiore della trave di testa, rinforzata con una contropiastra di spessore 40 mm.

Fig. 11.16 – Dispositivo di vincolo SFEROPOL multidirezionale.

OSSERVAZIONE: I dispositivi di appoggio utilizzati sono realizzati in maniera tale da soddisfare tutti i requisiti prestazionali e di durabilità dettati dalle normative vigenti in materia. L’unica verifica “esterna” che deve essere eseguita dal progettista riguarda la pressione localizzata che il dispositivo genera in corrispondenza del punto di appoggio. L’Eurocodice 2 parte 1-1/2005 al paragrafo 6.7 fornisce le indicazioni per eseguire la verifica di resistenza in presenza di pressioni localizzate.

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Nel caso di carico uniformemente ripartito sull’area Ac0 la forza di compressione ultima può essere determinata come di seguito:

= ≤ 3

Dove:

- Ac0 è l’area caricata;

- Ac1 è la massima area di diffusione del carico utilizzata per il calcolo e che ha una forma omotetica a quella di Ac0;

- fcd è la resistenza a compressione di progetto del calcestruzzo della spalla.

Fig. 11.17 – Distribuzione del carico nel caso di pressioni localizzate.

Nel caso in esame, a favore di sicurezza, la verifica sarà condotta in corrispondenza dei vincoli multidirezionali, che hanno l’area d’impronta minore (D = 550 mm è il diametro inferiore del dispositivo), considerando che il calcestruzzo della spalla è di classe C40/50. Quindi:

- = = 237583 ;

- fcd = 22,67 N/mm2

- = 2 → valore fornito dalla FIP Industriale sul catalogo dei dispositivi SFEROPOL;

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11.4 – Giunti di dilatazione

In corrispondenza delle zone di estremità, la struttura deve poter scontare gli spostamenti dovuti alle forze agenti esternamente (sisma, vento, traffico, ecc…) o internamente (temperatura). Quindi è richiesta la presenza di particolari giunti nella pavimentazione che permettano tali movimenti pur mantenendo la continuità della pavimentazione stradale. Tali giunti, comunemente denominati giunti di dilatazione, possono essere di diversi tipi e per ponti di grande luce devono poter permettere spostamenti dell’ordine di 1000 mm. Per il ponte in esame si è scelto di utilizzare giunti di dilatazione in gomma armata, prodotti dall’azienda FIP Industriale, che siano in grado di scontare uno spostamento di ±120 mm (massimo spostamento longitudinale in corrispondenza della spalla destra, vedi figura 11.16) . Nello specifico, il nome del modello è GPE 300 e permette uno spostamento longitudinale massimo di ±150 mm.

Fig. 11.18 – Giunto di dilatazione utilizzato con indicazione delle dimensioni in millimetri.

Tale giunto di dilatazione ed impermeabilità è costituito da:

- Moduli in gomma armata realizzati mediante una piastra ponte centrale ed elementi portanti laterali vulcanizzati su piatti in acciaio inox (E);

- Sistema di ancoraggio meccanico realizzato mediante barre filettate o, in alternativa, zanche multidirezionali e tirafondi, secondo le esigenze di cantiere (B);

- Scossalina di raccolta acque in hypalon (C);

- Profilo ad L in acciaio inox per drenaggio acque di sotto-pavimentazione (D);

- Massetti di malta epossidica di raccordo fra gli elementi di giunto e la pavimentazione bituminosa (A).

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