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Ritratti - Gli oggetti (ci) raccontano

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Academic year: 2022

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Ritratti - Gli oggetti (ci) raccontano

Diario corale della quarantena (e non solo) attraverso gli oggetti e le loro storie

di Oriana Picceni e Marco De Scalzi

Equilibrio, foto di Marco De Scalzi

Lasciamo parlare gli spazi che hanno fatto parte di quelle giornate dal campo visivo ristretto, ma dall’orizzonte immaginario infinito.

E lasciamo che gli oggetti raccontino, che svelino qualcosa di noi, della nostra

memoria, delle nostre abitudini o dei nostri sogni.

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Una delle cose che la quarantena ci ha negato, soprattutto per chi l’ha vissuta in città, è l’apertura dell’orizzonte. Fuori dalla finestra sempre lo stesso quadro, cambiavano solo la luce e i dettagli

(panni stesi, tende tirate, finestre aperte, scorci di interni, fiori sbocciati nei vasi e qualche comparsa di tanto in tanto), ma il tempo dilatato e lo spazio costretto di quelle settimane in molti casi ci hanno insegnato a trovare alternative. Nuovi modi di allenare lo sguardo.

Ritratti - Gli oggetti (ci) raccontano, il progetto di Spinginuvole realizzato in collaborazione col

fotografo Marco De Scalzi, è nato proprio in quest’ottica, come un invito ad accendere la luce dentro, nelle nostre case (e nei nostri occhi).

Perché tra i tanti oggetti che ci circondano ce n’è sicuramente uno che nelle giornate di lockdown ha raccolto le nostre attenzioni e il nostro sguardo più di altri: la tazza del caffè sulla scrivania, il cd che è stato un po’ colonna sonora della quarantena, la penna che rigiriamo tra le dita, il quadro che è appeso di fronte a noi, il vaso in cui abbiamo coltivato un germoglio…

Ed è proprio dall’idea che questi oggetti possano ‘parlare’ che è partito il progetto Ritratti - Gli

oggetti (ci) raccontano, diventato un grande racconto corale di un periodo delicatissimo come

quello che abbiamo attraversato. Un periodo che ha cambiato i ritmi, scardinato le abitudini e travolto il tempo e lo spazio.

Abbiamo incontrato virtualmente autori, illustratori, giornalisti, creativi, artisti e persone che con noi hanno in comune la passione per le storie, qualunque sia la loro forma. Abbiamo chiesto di identificare un oggetto che per loro è stato particolarmente significativo nelle settimane di chiusura forzata, di ritrarlo in uno scatto e di dargli la parola per farci raccontare una storia. La loro. E poiché gli oggetti sono un po’ il riflesso delle nostre vite, abbiamo pensato anche a un secondo ritratto, quello di tutte le persone che ci hanno aperto le loro porte: ritratti a distanza, in videochiamata, che Marco De Scalzi ha realizzato via Skype.

Le interviste realizzate da Oriana Picceni e i ritratti scattati da Marco De Scalzi sono stati tutti pubblicati su www.spinginuvole.it, dove è possibile ritrovarli e ripercorrerne il racconto.

E oggi i Ritratti sono raccolti in questa mostra fotografica, che ci auguriamo possa illuminare nuovi sguardi e far nascere nuove storie.

Il progetto, che era stato inizialmente pensato per chiudersi alla fine della quarantena, è ancora aperto: perché abbiamo capito che le persone hanno ancora voglia di raccontarsi e gli oggetti rappresentano un bellissimo ponte tra la memoria di quelle settimane e le aspettative di cui ricopriamo il nostro domani.

Oriana Picceni

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#1 La T-shirt dei Calibro 35 di Marco Magnone

39 anni scrittore Torino

Ho comprato questa T-shirt all’ultimo concerto a cui sono stato prima della chiusura. Parla di una mia grande passione, la musica. E anche del tempo libero che davamo per scontato. Questa maglietta ci dice che dobbiamo imparare a dare valore alle occasioni che la vita ci offre. Racconta del bisogno di socialità che tutti abbiamo e anche di quello di immaginare nuove forme per tornare a fare quello che amiamo fare.

#2 La tazzina topografica di Martina Tonello

26 anni illustratrice Bologna

Questa tazza mi ha accompagnata nelle ore di lavoro alla scrivania, fra disegni da fare, animali di legno e funghetti da dipingere. Racconta di viaggi, di percorsi e di sentieri nella natura che mi piace fare. Durante questi ultimi anni mi sono molto appassionata alla montagna. Io, mio marito e il nostro cane appena abbiamo un giorno libero ci andiamo, per fare trekking. Con la cartina pianifichiamo il giro, e poi partiamo, panini e acqua nello zaino.

#3 Il metro di Mauro Bellei

60 anni

architetto, designer, scenografo, editore e autore

Bologna

Ho scelto un metro, e non un metro qualsiasi, non solo perché mi dà sicurezza. In alcuni momenti ho voglia di misurare quello che mi circonda, e quando non ho un metro uso la mano destra come un lombricone che avanza alzando ritmicamente una gobba: so perfettamente la distanza tra pollice e indice, tra pollice e medio e tra pollice e mignolo della mia mano bene aperta.

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#4 La sedia sdraio di Chiara Vittadini

47 anni giornalista Monza

Una primavera chiusa in casa per me era inconcepibile. La sdraio è stata la mia salvezza, perché mi ha accolto e mi permesso di stare fuori a lungo, nella pause dello smart working o, con più calma, nel fine settimana.

Grazie a lei mi sono sentita un po’ in vacanza e ho potuto vivere la primavera nel mio piccolo cortile di città.

#5 La calla di Gabriele Pino

26 anni illustratore Cigliano (Vercelli)

Se potesse parlare, questa calla racconterebbe dei miei pomeriggi di quarantena passati a spiare i bombi che si ubriacano di polline e a innervosirmi con le civette che la notte non mi fanno dormire; rivelerebbe tutti i segreti che ho confessato durante le mie videochiamate con gli amici all’ombra dell’acero; si prenderebbe gioco di me perché mi ero scordato di bagnare le melanzane dopo averle piantate.

#6 Il cesto con la frutta di Eugenia Cesile

45 anni

Account manager in Armando Testa Milano

Se potesse parlare questo cesto di legno arancione, regalatomi anni fa appena trasferita a Milano da un’amica romana, racconterebbe dei miei numerosi traslochi, del legame indissolubile con la mia città natale e le mie amicizie più profonde, ma anche della voglia di trovare sempre nuovi stimoli e apprezzare la varietà di esperienze di cui si può riempire un’esistenza

.

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#7 La tavolozza di Claudia Santrolli

32 anni

Comunicazione nel campo dell'arte contemporanea

Milano

La mia vista migliore è sempre stata quella nascosta dietro ai miei occhi, le immagini prendono vita nella mia mente e si trasformano in parole che scorrono veloci su un foglio bianco. Eppure, ora che tutto il mondo sembra un foglio spoglio, più nero che bianco, sento il bisogno di tenerli tra le mani, questi colori così vivi e materici che il bianco, o il nero, riescono sempre a spazzarlo via

.

#8 Il coltello multiuso di Andrea Vico

52 anni

Giornalista, divulgatore scientifico e autore per ragazzi

Torino

Questo coltello mi somiglia: quando è chiuso non sai bene cosa sai e cosa può offrirti, è un po’ in disparte, uno po’ sulle sue, riservato. Quando serve, si apre e usi quello che serve al momento, un po’ poliedrico. In questo senso è un oggetto che mi somiglia, che racconta il mio carattere e il mio modo di intendere la vita…

#9 Il mate di Cecilia Mosso

29 anni Ceramista

Castelnuovo don Bosco (Asti)

Quando la pandemia è iniziata ero dall’altra parte del mondo, proprio in Argentina a realizzare quello che è stato per me il sogno nel cassetto che doveva, prima o poi, realizzarsi. Sono stata ospite di una famiglia, in un piccolo paese in mezzo alle montagne alte e fresche della cordigliera delle Ande. Il mate è stato per tre mesi l’oggetto che più ho utilizzato nella mia quotidianità.

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#10 I fiori del Papa di Diana de Marsanich

48 anni

Giornalista di F e Natural Style (Cairo Editore) Monza

Questi fiori mi sono stati regalati tanti anni fa da una persona anziana che li aveva seminati, raccolti e fatti essiccare per me. In questi anni erano rimasti in un vaso e si erano riempiti di polvere... Indecisa se buttarli i meno, ho deciso di “resuscitarli” e dare loro un’altra occasione. Li ho lasciati all’aperto, il vento li ha ripuliti dalla polvere e io me li sto godendo. Insieme a tanti bei ricordi

.

#11 Gli occhiali (rotti) di Alessandro Q. Ferrari

41 anni

Scrittore e sceneggiatore Milano

Questi occhiali dicono di me che quando sono a riposo, quando sono rilassato, quando sono felice, indosso gli occhiali. Quando non devo preoccuparmi di che cosa penseranno gli altri di me. E lo so che non bisogna mai badare a quello che pensano gli altri del nostro aspetto estetico, ma davvero qualcuno ci riesce? Dicono di me anche questo: esiste sempre un altro momento, un altro me. Uno che ci vede ugualmente bene, ma che nessuno conosce. A volte è molto confortante.

#12 Il Signor Malaussène di Patrizia Massarenti

45 anni

Designer in Armando Testa Milano

Quest’oggetto è un vaso, l’ultimo acquisto libero prima della quarantena, quando liberamente vagavo nel negozio e me ne sono innamorata. Imponente, buono e gentile ma con degli occhi piccoli ed un po’

malinconici, ho pensato subito che saremmo stati felici insieme!

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#13 L'orologio a cucù di Marianna Balducci

35 anni Illustratrice Rimini

Annibale è un po' quello a cui, in casa, ho delegato la custodia simbolica del tempo. Il fatto che gli abbia dato un nome forse è già indice della deformazione professionale che mi fa guardare a molte cose intorno come se fossero personaggi di una storia. Sono una che si affeziona alle cose, adoro circondarmi di oggetti che scelgo perché ho la sensazione che mi migliorino l'umore.

#14 Il microfono di Christian Hill

53 anni

Scrittore per ragazzi Milano

Il microfono giaceva nella scatola “incauti acquisti” in attesa che trovasse (era lui che doveva trovarlo, sia ben chiaro) un motivo d’essere. Stentava. E giaceva. Poi è arrivata la quarantena, e sono saltati gli incontri con i ragazzi e tutti quanti abbiamo cercato strade alternative, attraverso live streaming, o videoletture o altre attività simili. E io ho cercato di fare la mia parte.

#15 La clessidra di Oriana Picceni

47 anni

Giornalista e spingitrice di nuvole Milano

La clessidra è un regalo di mio papà (che, appunto, sa bene che amo gli oggetti che hanno una storia dentro) e solitamente sta sulla mia scrivania. Mi piace tanto guardare la sua sabbia scorrere, perché sa di un tempo lontano e delle tante mani che l'hanno rigirata. Se potesse parlare, di me direbbe che mentre la rigiro tra le dita, penso sempre alle mie montagne e alla mia famiglia.

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#16 L'anello di Roberta Balestrucci Fancellu

37 anni

Scrittrice e operatrice culturale presso il Centro Servizi Culturali di Macomer

Macomer (Nuoro)

Lo uso poco per non rovinarlo e lo tengo sul comodino: al risveglio mi ricorda che c’è tanta bellezza attorno a me, e se riesco a tener vivo il mio sguardo bambino, allora tutto potrebbe essere più facile. Mi rende felice guardarlo e giocarci un po', mi è stato regalato in un momento importantissimo della mia vita, avevo realizzato uno dei miei sogni più grandi, e mi ci ritrovavo pienamente in quella bambina con l’aquilone.

#17 Il Buddha di Nicola Magrin

42 anni Artista Monza

Ho scelto un piccolo Buddha, una statuina che ho portato a casa da un viaggio in Nepal, fatto qualche anno fa insieme a Paolo Cognetti. Nelle settimane di quarantena ha continuato a ricordarmi la bellezza di quel viaggio: ogni tanto accendo un incenso vicino a lei e mi ritrovo di nuovo tra le atmosfere rarefatte dei paesaggi dell'Alto Dolpo. Questa statuina ha in sé anche il senso della memoria, di quello che siamo e che facciamo.

#18 Il cannocchiale di Carolina Grosa

27 anni Illustratrice

Un angolo di Paradiso in Valle d'Aosta

“Non ci conosciamo bene, io e Carolina. Abbiamo iniziato a frequentarci da poco: alcune notti, le più limpide, mi punta verso il cielo, e attraverso di me viaggia lontanissimo. Galleggia senza gravità tra un pianeta e l’altro, rimbalza sugli asteroidi, evita i buchi neri e fa finta di saper riconoscere le costellazioni e le stelle… Ma forse non le importa di dare un nome alle cose che vede. Le guarda e basta, si stupisce ed è contenta così.”

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#19 I pesi di Lodovica Cima

53 anni

Autrice, editor, editore e molto altro...

Milano

Questi pesi raccontano di una strana signora che a tratti si perde nei suoi pensieri e poi si accorge di essere stata via e si affanna a recuperare affrettando l’esercizio o contando i movimenti come una bambina desiderosa di dimostrare di essere efficiente. Se parlassero, direbbero che vengono lasciati dove capita, qualche volta nei posti più sbagliati, perfino in cucina, nella scatola del pane: faccia a faccia con il nemico!

#20 La mascherina di Dario Pagnoni

33 anni

Digital marketing strategist Brescia

Durante la quarantena mi sono accorto di dettagli diventati improvvisamente significativi. Ad esempio, il fatto che dietro la mascherina non si potesse vedere il sorriso delle persone ha dato più valore allo sguardo:

guardarci di più negli occhi è diventato un gesto fondamentale per non allontanarci ulteriormente. La quotidianità ha acquistato un'altra dimensione e ci ha permesso di osservare più da vicino certe cose.

#21 La padella di Lucia Stipari

45 anni

Cofondatrice di Studio Pym Milano

Questa padella mi ricorda le mie origini, le mie nonne, che cucinavano entrambe molto bene (una era campana, l’altra veneta), e la sapienza e l’amore che avevano nelle mani. Se potesse parlare, direbbe che in genere, siccome abito da sola, penso non valga tanto la pena perdere tempo a cucinare, ma che ora ho voglia di recuperare quella sapienza e quell’amore, che alla fine sono gioia e condivisione.

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#22 I calzini spaiati di Carlotta Cubeddu

38 anni

Autrice per ragazzi e redattrice di testi scolastici per Giunti Scuola

Firenze

Durante la quarantena ho usato tutti i calzini spaiati che avevo conservato in questi anni e alla fine mi è parsa una grande metafora: ci buttiamo dentro la lavatrice della vita convinti che lo scopo sia affrontare la centrifuga e le alte temperature per uscirne freschi, puliti, rinnovati. Invece spesso vince la lavatrice che ci consuma o ci allontana dagli altri e da noi stessi. Così restiamo in attesa di qualcosa per tanto tempo, finché rientriamo in contatto con qualcosa di noi, ci sblocchiamo e torniamo a una nuova vita.

#23 La mattonella di Dario Moretti

65 anni

Direttore creativo del Teatro all’Improvviso Un piccolo paese nella campagna mantovana

Quelle mattonelle sono lì dagli inizi del Novecento e hanno vissuto con me dal 1990, quando ho acquistato questa casa, così io ci sono particolarmente affezionato: sono materiali grezzi e ammaccati, ma sono nate dalle mani sapienti di artigiani e raccontano di tutte le persone che le hanno vissute prima di me.

#24 L’ibiscus di Paola Noé

46 anni

Esperta di design e arte contemporanea, anima di unduetrestellababy

Milano e Magreglio (Como)

Il vaso è appoggiato sulla seggiolina rossa di Marco Zanuso e Richard Sapper prodotta nel 1964 da Kartell. Era la seggiolina di quando ero piccola. Sono diventati una coppia perfetta, che unisce le mie passioni per il design per i bambini e le piante. Affinità elettive. Mi fanno compagnia per tante ore del giorno. Ho assistito alla fioritura di tre suoi grandi fiori rosa. Mi è sembrato di proteggerlo, ma forse è lui che lo ha fatto con me.

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#25 Il germoglio di Margherita Travaglia

28 anni

Illustratrice e graphic designer Milano

L’oggetto che rappresenta le mie settimane di quarantena è un fragile germoglio di zucchina che cresce prendendosi il suo tempo. Ho scelto lui perché è vivo, perché è il mio appuntamento quotidiano nel mio momento di pausa, perché è come tornare bambini ed emozionarsi vedendo giorno per giorno la magia della natura, dal seme al frutto, ogni giorno più forte. Mi ricorda l’importanza della lentezza.

#26 Il kit dello scrittore di Sergio Rossi

50 anni Scrittore Bologna

Ecco il mio kit: un quaderno, una penna, una mascherina e il gel all’alcol. Se potessero parlare, direbbero che vado in giro guardando solo in apparenza dove metto i piedi, mentre invece la testa è altrove, di certo non tra le vie della città dove per sbaglio si trova il mio corpo. Non è un caso che di solito mi dimentico sempre qualcosa e devo tornare indietro a prenderlo, o forse lo faccio apposta per continuare a restare in giro.

#27 La scrivania di Mariapaola Pesce

53 anni

Autrice per ragazzi e coordinatrice del progetto Omero Gli scrittori raccontano i libri

Ovada (Alessandria)

Più che un oggetto, semplicemente, ho scelto uno scenario, quello a quale sono stata ancorata nelle settimane di quarantena. È la vecchia scrivania di mio nonno, su cui ho studiato da ragazzina, quella che viaggia con me da un trasloco all'altro ormai da 16 anni. E sulla quale lavoro di solito, ma che in questo periodo è stata la mia isola, a volte deserta, a volte piena di persone, idee, spunti, immagini e desideri.

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#28 La lampada di cera di Chiara Bidoli

43 anni

Direttore di Insieme, Io e il mio bambino, Quimamme.it, Style Piccoli

Milano

È una lampada in cera, che quando si riscalda emana il classico profumo delle candele. Messa su un davanzale che collega la nostra sala al terrazzino viene accesa ogni sera al tramonto. E non è la sola (ma è decisamente la mia preferita!), perché a quell'ora mi piace moltissimo riempire la casa e il terrazzo di luci. È diventato una sorta di rituale con cui concludo la mia giornata.

#29 L'organo portatile di Simone Saccucci

41 anni

Autore, storyteller e musicista Colle Fiorito (Tivoli)

È un organo portatile che tengo però sempre aperto in salotto: si può chiudere e diventa una valigia. È uno strumento del 1940 e parla davvero! Non lo fa grazie ad una fonte elettrica, ma devi premere dei pedali che pompano aria nei mantici. Quest'aria fa vibrare delle ance di ottone che sono accordate per produrre note precise a seconda del tasto che premo. È un oggetto, quindi, che va col respiro: il suo ed il mio, fusi insieme.

#30 L'ombrello parlante di Gloria Danili

37 anni

Scrittrice per ragazzi Londra

Se il pappagallo scolpito sul manico potesse parlare, racconterebbe che le storie che ho amato di più durante la mia infanzia avevano tutte a che fare con il volo: la tata di P.L.Travers va dai Banks con un ombrello, Peter Pan di J.M. Barrie va e viene da Neverland a bordo dei suoi pensieri felici, e nella Storia Infinita Bastian raggiunge Fantàsia a bordo di un Fortunadrago.

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#31 Il pennello di Tim Bruno

54 anni

Scrittore naturalista Genova

Lavorare con le mani mi piace molto e mi aiuta a non pensare o a pensare nel modo giusto. È come se improvvisamente il cervello ritrovasse la sua funzione naturale (così la smette di elucubrare e avvitarsi su sé stesso in pensieri inutili). Fare bricolage per me è quasi una terapia: mentre dipingo una porta subentra la necessità di coordinare il movimento, la mia mente si connette alle mani e non c'è più spazio per i pensieri.

#32 La mala di Elisa Castiglioni

45 anni

Autrice per ragazzi Varese

Questa è la mia mala e non l'ho scelta io ma è stata lei a scegliere me molti anni fa durante un intensivo di yoga a Creta. Secondo la tradizione, la mala non può essere comprata. Ti può solo essere regalata da un maestro. Durante le giornate di reclusione la mia mala mi ha ricordato la bontà delle persone e la forza della gentilezza. Mi ha tenuto salda nella speranza.

#33 Il taccuino di Marco Ceccherini

35 anni Architetto Bergamo

Dal momento in cui il mondo coincideva con l’estensione dell’appartamento, le pagine del taccuino nero sono diventate un luogo del possibile e si sono inesorabilmente riempite di appunti. E da bravo amico, il taccuino nero non mi ha annoiato in inutili conversazioni meteorologiche, ha lasciato che rimanessi concentrato su quanto stessi facendo. Si è rivelato davvero un valido compagno di lavoro!

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#34 L'albero dipinto di Claudia Fachinetti

45 anni

Autrice e Responsabile Ufficio stampa Rizzoli e Fabbri Ragazzi

Milano

Ho dipinto questo albero con l'aiuto di mio figlio, dopo la quarantena in solitaria. L’ho realizzato perché proprio a inizio marzo avevo fatto una lunga e piacevole passeggiata nei boschi lungo il Ticino e l’idea di non poter ripetere quell’esperienza per chissà quanto mi ha molto rattristata. Avevo bisogno del mio albero.

Rappresenta il legame con i miei figli, ma anche con la natura che l'isolamento forzato ci ha negato.

#35 Gli oli essenziali di Petra Barkhof

63 anni

Redattrice di moda Milano

Ho scelto i miei oli essenziali perché durante questi mesi di lockdown sono stati la mia salvezza. Li ho sempre con me, ne faccio uso regolarmente da tre anni e ne ho per ogni esigenza. Ho iniziato a servirmene durante una dieta disintossicante e all'inizio non ne ero per nulla convinta, ma poi più li prendevo (per bocca, dato che sono purissimi), meglio stavo. Adesso non potrei più vivere senza di loro. Vivere bene, intendo.

#36 Il pc portatile di Davide Uria

33 anni

Autore e docente di Storia dell'arte Trani

Dopo lo spaesamento iniziale, dopo una prima fase in cui ho preferito non scrivere nulla, alla fine ho accolto l'invito di una mia amica illustratrice, Mariateresa Quercia, a realizzare un progetto insieme. Un progetto di poesie scritte da me e disegni realizzati da lei intitolato Panacea. Al di là dell'abisso, un piccolo libro nel quale abbiamo cercato di descrivere gli stati d'animo vissuti durante questo tempo sospeso.

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#37 La campanella di Eloisa Donadelli

45 anni

Insegnante e autrice Morbegno (Sondrio)

Un giorno riordinando i giochi dei miei bambini ho trovato una piccola campanella color argento. Allora mi è venuto in mente un piccolo rito di cui lessi anni addietro: suonare una campanella prima di andare a dormire aiuta a scacciare i demoni e i brutti pensieri. Così le ho infilato un gancio, l’ho posata sul comodino e ho cominciato a suonarla ogni sera. La campanella ha rappresentato un modo per proteggere i miei sogni dalla paura e dalla stanchezza, e mi ha permesso di costruire il mio ‘angolo buono’, dove ritrovarmi e alleggerirmi.

#38 La Madonna di Antonello Cassan

70 anni Editore

Ponte in Valtellina (Sondrio)

Ho scelto un oggetto che in realtà è sempre con me e mi ha accompagnato in ogni mio spostamento o momento cruciale della mia vita. La quarantena non ha cambiato di fatto la mia relazione con questa Madonna, ma la sua presenza è stata importantissima. Apparteneva a mia madre, e per me è la madre di tutte le madri, è primitiva e silenziosa, e mi dà da sempre la sensazione di un legame profondissimo.

#39 I pastelli di Marica Bonelli

50 anni

Attrice e operatrice di teatro-educazione Lucca

Questi colori mi ricordano momenti speciali, trascorsi con mio figlio durante la quarantena, in cui abbiamo condiviso un foglio, un disegno, dei racconti. Elia ha 9 anni, disegna tantissimo, ma di colorare non se ne parla. A me invece piace, mi ferma, mi addolcisce i pensieri. Io però, non amo molto disegnare…

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#40 Il samue (作務衣) di Daniele Catalli

41 anni

Artista, illustratore, grafico e scenografo Torino

Tradizionalmente il samue è l'abito da lavoro dei monaci zen giapponesi. Realizzato in cotone o in lino e in genere tinto di colore marrone o indaco, il samue si indossa per eseguire lavori manuali o lavori in campagna.

In anni più recenti è diventato abbastanza popolare come abbigliamento casual. Questo l'ho comprato in Giappone l'anno scorso e durante la quarantena è diventata più o meno la mia divisa.

#41 La vela di Laura Airaghi

54 anni

Direttore marketing OPQ Milano

Questa scultura è diventata un punto di riferimento durante le mie giornate perché in qualche modo mi sembrava rappresentasse molte delle cose che mancavano: una vela (e quindi il mare), realizzata da un artista sardo (e quindi la Sardegna, un luogo che amo e dove torno tutti gli anni sentendomi viaggiatore, non turista), comprata nel negozio di artigianato sardo di una mia amica di lunga data (e quindi l’amicizia).

#42 Le cesoie di Andrea Balatti

47 anni

Collezionista d’arte contemporanea Lago di Como

In quarantena ho avuto la fortuna di trovarmi nella mia casa sul lago di Como, che si apre su un grande giardino con vista sull’alto Lario e le sue montagne. Quotidianamente la mia vena bucolica aveva la possibilità di liberarsi e le potature, alcune studiate, altre meno, hanno cominciato a modellare le piante e i fiori attorno alla casa. Le cesoie, quindi, hanno rappresentato la vicinanza alla natura e un senso di profonda libertà.

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#43 L’agenda di Francesca Favotto

35 anni Giornalista Inveruno

Questa è la mia agenda dei desideri. Qui dentro nei giorni di quarantena ho scritto in verde - color speranza - tutto quello che avrei voluto realizzare una volta libera di poter agire. Sono le cose che mi ricordano che sono viva, e di restare presente a me stessa. Sono le cose che mi ricordano che a qualunque età si può sognare e farlo in grande. Non esiste la parola Mai. O Non è possibile. Ora, poco a poco, uno a uno, spunterò la mia to do list. Anzi to wish list. E mi ricorderò ogni giorno di volermi bene, un po’ di più.

Ora la terrò stretta al cuore, e la aprirò, ogni volta che sarò pronta a prendermi cura di me. Con calma, la sfoglierò. E lascerò che mi guidi sulle strade della mia felicità, quella che credo di meritarmi.

#44 Il nuovo libro di Matteo Losa

38 anni Scrittore Inveruno

Questo libro ha rappresentato tutto: la voglia di vivere, l’amore per il mio lavoro, la speranza di farcela.

L’amore sconfinato per la bellezza e la vita. Ora rappresenta il mio testamento al mondo. È in tutte le librerie, in tante case, in tanti cuori. Non è più mio, è di tutti. Questo mi rallegra. Per me resterà sempre le ore più belle durante la quarantena e la mia malattia: scrivere mi curava l’anima e leniva il dolore fisico. Abbiate cura delle mie parole e diffondetele: sarà per me il regalo più bello

Io Matteo non l'ho mai incontrato, ma in qualche modo mi pareva di conoscerlo. Verso la fine di luglio ho scritto a Francesca, sua compagna da molti anni, per proporre loro di partecipare a questo progetto ed entrambi hanno accettato con entusiasmo. Volevo intervistare Matteo per l'uscita del suo nuovo libro, volevo stringergli la mano e dirgli di persona che ammiravo profondamente la sua forza. Ma non ho fatto in tempo, perché il 6 di agosto la malattia lo ha portato via. E ho ripreso in mano la mia clessidra pensando che, alla fine, fare pace col tempo è quasi impossibile. Però il tempo lo possiamo sorprendere, forse anche un po' ingannare, facendo qualcosa che resti. Qualcosa che si scolpisca nella memoria. Come ha fatto Matteo. In libreria trovate il suo secondo libro, Un altro giorno insieme (Mondadori), una storia di resilienza e di amore per la vita. Le parole qui sopra sono dalla voce di Francesca Favotto, che ringrazio di cuore.

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#45 La pentola di Andrea Oberosler

32 anni Illustratore Trento

Con la quarantena ho avuto come l'impressione che il tempo, di colpo, si fosse fermato rimanendo sospeso.

Trovare una scappatoia per rendere interessante il periodo che ci saremmo trovati ad affrontare era indispensabile. Così, per tenermi attivo e creativo, ho deciso di approfittare di questa clausura e mettermi in gioco cucinando quasi esclusivamente cose mai fatte prima. Si è rivelata un'idea estremamente stimolante.

#46 La scatola di sardine di La Chigi

41 anni Artista Trento

Nelle scatolette ho trovato prima il pesce e poi, una volta vuote, vi ho specchiato il mio bisogno degli altri che improvvisamente erano scomparsi dalla mia vista e dalla mia quotidianità, rinchiusi in case che rischiavano di essere prigioni. Allora ho creato nuovi modi e mondi per ritrovarli ed essere di nuovo insieme.

#47 La maschera di Gabriele Clima

53 anni Scrittore Milano

È uno dei miei lavori di ‘rivitalizzazione’, rottami che recupero e assemblo dando loro nuova vita; in questo caso un pezzo di legno, una rete metallica, la pulsantiera di un ascensore, la mascherina di un interruttore elettrico. In questi pochi pezzi, cuciti insieme da un dottor Frankenstein interessato più all’estetica che a sfidare i limiti dell’uomo, quel che vedo è un volto, qualcuno che mi osserva, da fuori appunto, uno sguardo che scorge qualcosa di me meglio di quanto io stesso possa fare, perché da un punto che non è il mio centro.

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