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Hai mai letto una canzone? She s Leaving Home, The Beatles. Un fatto di cronaca.

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Hai mai “letto” una canzone?

She’s Leaving Home, The Beatles. Un fatto di cronaca.

Marzo 1966. Lo schizzinoso Radio Corriere TV, settimanale ufficiale della RAI, decide sfrontatamente di mettere in copertina la foto del quartetto di Liverpool che stava facendo girare la testa a tutto il mondo; un evento storico, che, anche in Italia, seppur con qualche dubbio, in coloro che non volevano accettare le new entry del panorama musicale, stava via via avvicinandosi; Lo speciale Appuntamento con i Beatles, difeso e voluto da un finissimo intellettuale come Mario Carpitella, uno di quei giovani dirigenti progressisti e illuminati che la gerentocrazia Rai amava chiamare

“corsari”, fu un altro segnale che qualcosa anche nel belpaese stava cambiando.

L’ultima hit dei temibili scarafaggi è Michelle, una ballata dolcissima e melodica che scala le classifiche per 27 settimane, conquistando la vetta e stracciando tutti i record di vendite beatlesiane in Italia. La febbre è esplosa: e di lì a poco non ci sarebbe più stata una cura. Prossimi a registrare il loro terzo film musicale, dopo il grande successo di A Hard Days Night e di HELP! La band dedica ormai tutto il tempo a cercare nuovi suoni e registrare qualcosa di inedito. Il successo e la vetta si ha con Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band La Banda del Club dei Cuori Solitari del sergente Pepper un disco che a detta di BIG, settimanale dedicato alla musica e al cinema, sarebbe divenuto un cult.

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Registrata venerdì 17 marzo 1967, She’s Leaving Home può ben rappresentare lo stile ballad maccartiniano. Tratta da un fatto di cronaca, apparso sul Daily Mirror del 27 febbraio 1967 con il titolo Ragazza da dieci e lode lascia la macchina e svanisce nel nulla, narrava la s t o r i a d i M e l a n i e C o e , u n a bionda studentessa della Grammar School di Skinner a Standford

Hill, che scomparve lasciando la sua auto parcheggiata vicino casa, tutti i vestiti nell’armadio e il libretto degli assegni nella sua stanza. Un caso strano ma vero, emblema di un gap generazionale del dopoguerra con cui molti giovani si confrontavano.Il baronetto Sir Mc Cartney a riguardo disse

«è una ragazza molto più giovane di Eleonor Rigby, ma è lo stesso tipo di solitudine». In realtà, Melanie era scappata con un croupier che aveva conosciuto in un locale e con il quale andò a vivere in un appartamento a Sussex Gardens, a Londra. Nel testo, invece, il suo amante viene descritto come un uomo che commerciava in automobili. La magia con la quale Paul Mc Cartney sviluppò l’atmosfera di questa storia d’amore da una parte, e l’immenso dolore dei genitori dall’altra, imperniò tutta la canzone di struggente dolcezza melodica, come uno dei più alti momenti di lirica pop. Il testo tiene conto del tormento familiare per l’inaspettata scomparsa e della difficoltà a comprendere un gesto così incomprensibile:

what did we do that was wrong/cosa abbiamo fatto di male .

Il risultato è un felice incastro di voci e sentimento. Dal p u n t o d i v i s t a m e t r i c o , l e t e r z i n e i n a n a f o r a s h e is/leaving/home (lei se ne va di casa) sono ripetute due volte, mentre she is/having/fun (lei si diverte) impreziosisce la chiusura. Paul voleva che fosse George Martin, il loro arrangiatore, a curare la traccia ma in quel periodo era

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impegnato con Cilla Black, una cantante del periodo del Cavern Club con la quale Lennon fece amicizia; ed è grazie a lui che la neo pop singer venne in contatto con il suo futuro manager, Brian Epstein. Per l’arrangiamento viene contattato Mike Linder e per la prima volta, tra i musicisti, c’è una donna ad eseguire, all’arpa, un loro brano, Sheila Bromberg. Gli arrangiamenti, volutamente dolci, sono eseguiti dai soli violini, violoncelli e contrabassi, oltre allo strumento femminile. Realizzato in due giorni, il brano viene inserito nell’ottavo e, forse, miglior prodotto del quartetto di Liverpool che esce negli USA il primo giugno del 1967 e in Gran Bretagna il giorno seguente. Traccia numero sei. La celeberrima copertina ricca di personaggi famosi, celebrità, morte o viventi, venne da un’idea di Paul, e fu criticata da tutti, per primo Brian Epstein che credeva non mettesse in luce il gruppo di Liverpool. A discapito di tutti coloro che non credettero nel progetto, e di chi tentava, con scarso successo, di imitarli, l’album fu un trionfo clamoroso, e scalò le classifiche internazionali. Il resto è solo orecchio e buon gusto.

Elisa Longo

Come trasformare Firenze in

un desiderio

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Via al concorso per inventare un brand che dia un sapore nuovo alla città

Matteo Renzi ha deciso di buttarsi in un’avventura forse più difficile della scalata a Palazzo Chigi, ovvero il «branding»

della sua Firenze. Per questo ha pensato di lanciare online un concorso aperto ai creativi di ogni parte del pianeta anziché ai soliti guru del marketing, della pubblicità e della grafica. Chi sarà in grado di creare il nuovo «brand Firenze»

vincerà 15.000 euro. Ma soprattutto avrà la soddisfazione di essere riuscito a dare un’immagine rinnovata a una delle città più famose ma anche più difficili al mondo. Suggerisco a ogni partecipante di registrare le proprie idee così che dopo, per il resto dei suoi giorni, il vincitore potrà avere una percentuale sui diritti di autore tutte le volte che il suo «I Fire», per esempio, sarà venduto su cartoline, magliette, cappellini e via di seguito.

Meglio però spiegare a chi non lo sa, e sono molti, cosa voglia dire inventarsi il «branding» di una città. Non significa semplicemente creare un logo, una griffe, un marchio. Bisogna inventarsi e trasformare una città in qualcosa di più di un semplice luogo.

Bisogna riuscire a far diventare la città un’idea, un desiderio, un oggetto da consumare e anche da comprare portandosi a casa un pezzettino di lei ogni volta che uno la visita. Non solo. «Branding» non vuol dire solo trovare un

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simbolo, ma anche costruire nella pratica opportunità e regole nuove per incentivare aziende, studenti, famiglie, imprenditori e turisti a venire in una città che è sempre esistita ma che ora ha tutto un sapore nuovo, nel caso di Firenze come direbbe il Pascoli «anche di antico». Chi pensa che a Bilbao sia bastato costruire il museo Guggenheim di Frank Gehry per dare un brand nuovo alla città, si sbaglia di grosso. Prima del museo la città basca ha messo in piedi un progetto di nuove infrastrutture gigantesco, da nuove linee di trasporto urbano alla riqualificazione di aree industriali. Il Guggenheim è stato soltanto la punta di diamante di una visione molto ambiziosa dei politici locali. L’ambizione di Renzi è sicuramente quella di far diventare Firenze una sorta di Grande Mela, New York in riva all’Arno.

E’ chiaro che non basterà un nuovo brand trovato grazie al contributo della Rete a risolvere i problemi di una città che ha una parte coperta di una patina gloriosa, quella del Rinascimento, e un’altra da uno spesso strato di polvere accumulatosi negli anni, parecchi, che sono passati dal tempo dei Medici a oggi. Ma l’iniziativa di Palazzo Vecchio è comunque un passo nella direzione giusta. New York, per la quale oggi tutti stravedono, agli inizi degli Anni 70 era data per morta, non proprio come Detroit ma quasi. L’Alitalia nel 1971 fece addirittura una pubblicità per spingere le nuove rotte su Boston e Washington che diceva: «Today New York City disappears», oggi New York City scompare. Firenze non è proprio in queste condizioni, anzi è amata e ammirata nel mondo più che mai. Ma come gran parte delle città d’arte e dei tesori culturali italiani, ha bisogno di lavorare sul look.

Il cammino, in questo campo, è lungo e complicato. Sempre per citare New York, solo nel 1977 la città iniziò a rialzare il c a p o . A q u e i t e m p i l a r e t e n o n e s i s t e v a e q u i n d i

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l’amministrazione pubblica si rivolse a un guru della grafica, Milton Glaser, che inventò il famoso slogan con il cuore «I (cuore) New York», I Love New York. Un branding cosi semplice e geniale che nessuno è mai stato in grado di superarlo in nessuna altra città del mondo. Ci riuscisse Firenze sarebbe un miracolo e glielo auguriamo tutti.

Amsterdam ha avuto la fortuna di avere all’inizio del suo nome

«am», che sfruttando l’inglese – ormai lingua planetaria – è stato utilizzato per il branding «I (io) Am (sono) sterdam».

Non so cosa voglia dire «sterdam», ma comunque pare abbia funzionato. «I Fire» – fire inteso come Fire-nze ma anche come fuoco – potrebbe funzionare. «Si fossi foco» lo cantava anche il poeta Cecco Angiolieri. Ma «I Fire» vuole anche dire «Io sparo» e forse non è il branding migliore. Andava bene per la Chicago degli Anni 20, non per la Firenze del 2020.

Matteo Renzi ha deciso di buttarsi in un’avventura forse più difficile della scalata a Palazzo Chigi, ovvero il «branding»

della sua Firenze. Per questo ha pensato di lanciare online un concorso aperto ai creativi di ogni parte del pianeta anziché ai soliti di guru del marketing, della pubblicità e della grafica. Chi sarà in grado di creare il nuovo «brand Firenze»

vincerà 15.000 euro. Ma soprattutto avrà la soddisfazione di essere riuscito a dare un’immagine rinnovata a una delle città più famose ma anche più difficili al mondo. Suggerisco a ogni partecipante di registrare le proprie idee così che dopo, per il resto dei suoi giorni, il vincitore potrà avere una percentuale sui diritti di autore tutte le volte che il suo «I Fire», per esempio, sarà venduto su cartoline, magliette, cappellini e via di seguito.

Meglio però spiegare a chi non lo sa, e sono molti, cosa

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voglia dire inventarsi il «branding» di una città. Non significa semplicemente creare un logo, una griffe, un marchio. Bisogna inventarsi e trasformare una città in qualcosa di più di un semplice luogo.

Bisogna riuscire a far diventare la città un’idea, un desiderio, un oggetto da consumare e anche da comprare portandosi a casa un pezzettino di lei ogni volta che uno la visita. Non solo. «Branding» non vuol dire solo trovare un simbolo, ma anche costruire nella pratica opportunità e regole nuove per incentivare aziende, studenti, famiglie, imprenditori e turisti a venire in una città che è sempre esistita ma che ora ha tutto un sapore nuovo, nel caso di Firenze come direbbe il Pascoli «anche di antico». Chi pensa che a Bilbao sia bastato costruire il museo Guggenheim di Frank Gehry per dare un brand nuovo alla città, si sbaglia di grosso. Prima del museo la città basca ha messo in piedi un progetto di nuove infrastrutture gigantesco, da nuove linee di trasporto urbano alla riqualificazione di aree industriali. Il Guggenheim è stato soltanto la punta di diamante di una visione molto ambiziosa dei politici locali. L’ambizione di Renzi è sicuramente quella di far diventare Firenze una sorta di Grande Mela, New York in riva all’Arno.

E’ chiaro che non basterà un nuovo brand trovato grazie al contributo della Rete a risolvere i problemi di una città che ha una parte coperta di una patina gloriosa, quella del Rinascimento, e un’altra da uno spesso strato di polvere accumulatosi negli anni, parecchi, che sono passati dal tempo dei Medici a oggi. Ma l’iniziativa di Palazzo Vecchio è comunque un passo nella direzione giusta. New York, per la quale oggi tutti stravedono, agli inizi degli Anni 70 era data per morta, non proprio come Detroit ma quasi. L’Alitalia nel 1971 fece addirittura una pubblicità per spingere le nuove

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rotte su Boston e Washington che diceva: «Today New York City disappears», oggi New York City scompare. Firenze non è proprio in queste condizioni, anzi è amata e ammirata nel mondo più che mai. Ma come gran parte delle città d’arte e dei tesori culturali italiani, ha bisogno di lavorare sul look.

Il cammino, in questo campo, è lungo e complicato. Sempre per citare New York, solo nel 1977 la città iniziò a rialzare il c a p o . A q u e i t e m p i l a r e t e n o n e s i s t e v a e q u i n d i l’amministrazione pubblica si rivolse a un guru della grafica, Milton Glaser, che inventò il famoso slogan con il cuore «I (cuore) New York», I Love New York. Un branding cosi semplice e geniale che nessuno è mai stato in grado di superarlo in nessuna altra città del mondo. Ci riuscisse Firenze sarebbe un miracolo e glielo auguriamo tutti.

Amsterdam ha avuto la fortuna di avere all’inizio del suo nome

«am», che sfruttando l’inglese – ormai lingua planetaria – è stato utilizzato per il branding «I (io) Am (sono) sterdam».

Non so cosa voglia dire «sterdam», ma comunque pare abbia funzionato. «I Fire» – fire inteso come Fire-nze ma anche come fuoco – potrebbe funzionare. «Si fossi foco» lo cantava anche il poeta Cecco Angiolieri. Ma «I Fire» vuole anche dire «Io sparo» e forse non è il branding migliore. Andava bene per la Chicago degli Anni 20, non per la Firenze del 2020.

FRANCESCO BONAMI La Stampa

http://lastampa.it/2013/07/31/cultura/opinioni/editoriali/come - t r a s f o r m a r e - f i r e n z e - i n - u n - d e s i d e r i o -

SomZA9wmisjNRwE4SRJiqI/pagina.html

http://zooppa.com/it-it/contests/firenze/brief

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Regno Unito. È epidemia di morbillo. La causa? Paura dell’autismo

Qualcuno continua ad essere convinto che l’immunizzazione causa la comparsa di disordini dello spettro autistico. Nulla di più errato, eppure c’è chi ci crede.

Tanto che, a distanza di 15 anni da quando in Galles si è dato ampio risalto a uno studio

“irresponsabile e disonesto” che lo affermava, è scoppiata un’epidemia.

29 LUG – 15 anni fa la diffusione di una credenza errata sul legame tra vaccini per il morbillo e autismo. Oggi una grande epidemia di morbillo, con centinaia di contagi. Questo, in poche parole, quello che è accaduto nel sud-est del Galles negli ultimi mesi. Una storia emblematica, raccontata anche

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sulle pagine delWall Street Journal, che dimostra come un’informazione scientifica errata, con la dovuta risonanza mediatica, possa causare molti danni.

L a v i c e n d a è i n i z i a t a n e l 1 9 9 8 , q u a n d o u n d o t t o r e inglese, Andrew Wakefield, ha ipotizzato che l’immunizzazione da morbillo, orecchioni e rosolia potesse causare autismo. In un piccolo studio pubblicato su The Lancet, il medico aveva infatti descritto come alcuni bambini “precedentemente sani”

avessero sviluppato problemi gastrointestinali e disordini comportamentali (compreso il disturbo tanto temuto) a seguito della somministrazione del vaccino trivalente, concludendo che fossero “necessari ulteriori studi per investigare il possibile legame tra immunizzazione e sindromi dello spettro autistico”.

Un legame che non esiste, come dimostrato da numerosi studi, il più recente dei quali è uscito lo scorso aprile su Journal of Pediatrics, ma che aveva avuto ampio risalto su giornali locali nel sud del Galles, tanto che una parte consistente della popolazione si era convinta della sua fondatezza.

Nonostante la comunità accademica avesse immediatamente precisato che si trattava di una ricerca incompleta con una conclusione speculativa, e che non vi fosse alcuna reale evidenza di un collegamento, nel Galles la paura si era irrimediabilmente diffusa, soprattutto a causa di una copertura mediatica piuttosto ampia data alla notizia dal quotidiano locale The Post. Tanto che, secondo le stime, entro il terzo trimestre del 1998 la diffusione del vaccino era crollata del 14% nelle zone di maggiore distribuzione del giornale, contro una diminuzione di appena il 2,4% nel resto della regione.

A nulla è valsa anche la tardiva smentita dello studio da parte del Lancet stesso, arrivata nel 2010 dopo che il General Medical Council britannico aveva concluso che il lavoro pubblicato da Wakefield fosse talmente “irresponsabile e disonesto” da rendere necessaria la radiazione del medico

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dall’ordine.

Ci possono volere anni prima che scoppi un’epidemia a seguito di un calo delle vaccinazioni: nella regione del Galles oggi colpita, ad esempio, dal 1999 al 2008 i casi di morbillo si sono attestati tra 104 e i 223, per poi arrivare a 567 nel 2009, e ridiscendere nel 2010 e nel 2011 a 117 e 105 casi rispettivamente. Finché, nel novembre 2012, il numero di casi è ricominciato a salire, e i medici hanno osservato dozzine di nuovi casi a settimana, fino ad arrivare al numero record di 1219. La maggior parte dei quali sono proprio ragazzi dai 10 ai 18 anni che avevano saltato la vaccinazione negli anni in cui si era diffusa la paura dell’autismo tra gli abitanti della regione.

Un problema economico e sociale per la regione del Regno Unito, visto che tra coloro che hanno contratto il morbillo circa il 10% è stato anche ricoverato in ospedale per l’insorgenza di complicazioni (come disidratazione grave o polmonite) ed una persona è morta. Ma la questione non riguarda esclusivamente il Galles: la patologia è estremamente contagiosa e può superare i confini nazionali abbastanza facilmente dando luogo ad una epidemia, mettendo a repentaglio i risultati ottenuti grazie allo sforzo dell’Oms nella lotta alla sua eradicazione.

Le morti causate da questa malattia infettiva sono infatti crollate del 71% dal 2000 al 2011, passando da 542 mila a 150 mila, secondo gli ultimi dati pubblicati a gennaio scorso all’interno del Morbidity and Mortality Weekly Report dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi. Ma il risultato potrebbe essere ancora oggi a rischio, proprio per via di una opposizione “filosofica” ai vaccini che ancora oggi è latente. Ciò è pericoloso per i paesi in via di sviluppo, più che per le nazioni occidentali:

il Galles è una regione piuttosto moderna che garantisce alla popolazione accesso alle cure mediche, ma in altri luoghi la situazione è diversa. Secondo le stime dell’Oms, ad esempio,

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nel 2011 erano ancora 20 milioni i bambini che non avevano fatto neanche il primo richiamo del vaccino, di cui circa la metà si trovano in sole cinque nazioni: Congo, Etiopia, India, Nigeria e Pakistan.

Insomma, questa epidemia potrebbe essere solo una sorta di

“canarino da miniera”, come ha spiegato James Goodson, esperto di morbillo dei CDC: le persone che si rifiutano di vaccinarsi potrebbero mettere a rischio anche la salute di chi gli è intorno. “Nonostante sia una delle misure sanitarie più importanti mai inventate da un uomo o da una donna, sembra che ci sia ancora una parte dell’umanità che si oppone all’idea stessa dell’immunizzazione”, ha commentato Dai Lloyd, uno dei medici che nel Galles in questi mesi ha cercato di curare i pazienti vittime dell’epidemia di morbillo.

Senza contare che questa epidemia è qualcosa di molto frustrante per chi tenta di fare buona sanità nel Regno Unito, come ha concluso Paul Cosford, direttore medico di Public Health England, agenzia governativa per la salute pubblica in Gran Bretagna: “È piuttosto irritante il fatto che fossimo vicini all’eradicazione e invece ora il problema si sia ripresentato”. Soprattutto per questo motivo.

Laura Berardi

29 luglio 2013

da: http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.

php?articolo_id=16271

Autobus in fiamme a Corviale

Verso le ore 14.30 un autobus è andato in fiamme mentre sostava al capolinea di Largo Reduzzi creando diasagi alla

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traffico, molto spavento tra gli abitanti ma per fortuna nessun danno grave.

A segnalare il fatto è stato il capogruppo di Fratelli d’Italia del Municipio XI Valerio Garipoli che uscito da una riunione ha notato il fumo nero che saliva nei pressi del primo lotto di Corviale.

“Doloso o colposo il fatto è grave, qualunque sia la sua reale natura, poiché ha creato notevoli problemi all’ambiente e alla mobilità, oltre alla paura tra i residenti. – dichiara Garipoli in un comunicato stampa – Nel ringraziare il pronto intervento dei vigili del fuoco ci auguriamo che il Presidente Veloccia e la sua Giunta possano vigilare con maggiore accuratezza affinché anche la nostra periferia possa rientrare nella città ideale del Sindaco Marino”.

In un altro comunicato il Comitato Inquilini Corviale denuncia un fatto grave che ha ritardato le operazioni di soccorso:

” I pompieri presenti con l’autobotte non sono riusciti a spegnere l’incendio perchè non hanno potuto rifornirsi d’acqua dalla colonnina dell’antincendio perchè manomessa, la colpa di chi è? a voi le risposte! intanto il pericolo incombe sui cittadini”.

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IMU per l’edilizia pubblica

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 196 del 2013, proposto dall’ ARTE Savona con sede a Savona in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Sabrina Petroni e Francesca Cavaleri, con loro elettivamente domiciliata a Genova in via Roma 11.1. presso l’avvocato Francesco Massa;

contro

Comune di Albenga in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Eleonora Molineris, con domicilio presso la segreteria del tribunale amministrativo adito;

per l’annullamento

delle deliberazioni 30.10.2012, nn. 120 e 121 del consiglio comunale di Albenga

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Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Albenga;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2013 il dott. Paolo Peruggia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

ARTE Savova si ritiene lesa dalle deliberazioni 30.10.2012, nn. 120 e 121 del consiglio comunale di Albenga per il cui annullamento ha notificato l’atto 1.2.2013, depositato il 14.2.2013, con cui denuncia:

violazione di legge, difetto di motivazione e vizio istruttorio, eccesso di potere per manifesta disparità di trattamento, ingiustizia manifesta e palese irragionevolezza.

Violazione di legge, difetto di motivazione e vizio istruttorio, eccesso di potere per sviamento ed eccesso di potere per difetto istruttorio, difetto assoluto del presupposto, della motivazione, arbitrarietà, illogicità e manifesto sviamento ai sensi dell’art. 7 della legge 7.8.1990, n. 241.

V i o l a z i o n e d e i c a n o n i d i r a g i o n e v o l e z z a e b u o n a amministrazione di cui all’art. 97 cost, e violazione degli artt. 15 e 53 cost.

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Il comune di Albenga si è costituito in giudizio con atto depositato il 1.3.2013, ed ha chiesto respingersi la domanda.

La difesa ricorrente ha depositato ulteriori atti ed una memoria.

Arte Savona riferisce di essere proprietaria degli immobili destinati all’e.r.p., e si duole degli atti impugnati con cui il comune di Albenga ha determinato le obbligazioni dei soggetti passivi all’IMU.

Il ricorso introduttivo contiene una premessa in fatto e diritto, a cui fanno seguito le enunciazioni formulate come motivi di impugnazione; la memoria conclusionale richiama solo in parte le asserzioni esposte nell’atto introduttivo della lite, e si sofferma su alcuna delle censure proposte, nonché sulle doglianze di illegittimità costituzionale.

Il collegio non può considerare con ciò abbandonate le originarie argomentazioni addotte a confutazione del comportamento amministrativo del comune di Albenga, per cui è necessario soffermarvisi.

L’asserzione per prima esposta dalla difesa ricorrente concerne la diretta derivazione dell’IMU dall’ICI, con la conseguente necessità di operare un riferimento interpretativo a quest’ultima imposta nei casi in cui non sia chiara la disciplina di quella applicabile.

Il collegio rileva che la legge concretamente istitutiva dell’IMU, il d.lvo 14.3.2011, n. 23, aveva concepito il t r i b u t o c o m e s o s t i t u t i v o d e l l ’ I C I i n u n ’ o t t i c a d i

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riformulazione della fiscalità immobiliare e di concessione di maggiore autonomia impositiva agli enti locali; il d.l.

6.12.2011, n. 201, convertito con la legge 22.12.2011, n. 214 (c.d. salvaitalia), ha invece ritenuto di anticipare l’entrata in vigore delle disposizioni sulla nuova imposta in ragione della ritenuta gravità dello stato della finanza pubblica, ma ha operato soltanto dei riferimenti specifici all’abrogata disciplina dell’ICI, che nelle intenzioni del legislatore del marzo del 2011 avrebbe dovuto permanere in vigore anche per il periodo di imposta a cui si riferisce la controversia.

Ne consegue che l’acquisita autonomia della disciplina vigente non permette di condividere l’argomentazione con cui l’interessata chiede operarsi la lettura delle disposizioni menzionate nell’ottica che aveva ispirato il legislatore del 1992 (d.lvo 30.12.1992, n. 504), apparendo la disciplina contestata organica e non bisognosa di integrazioni.

Non sembra poi supportata dal testo normativo da applicare l’allegazione con cui si contesta il superamento operato dal comune di Albenga dei limiti massimi di aliquota applicabili agli immobili ubicati nel territorio di competenza. L’assunto non risulta ripreso nella memoria conclusionale, e non può ricevere favorevole considerazione in conseguenza della formulazione dell’art. 13 comma 6 del d.l. 6.12.2011, n. 201, che prevede un carico massimo previsto dello 0.76 % aumentato con il 0.3% (1,06 %).

Viene poi dedotto che il comma 9 dell’art. 13 del d.l.

6.12.2011, n. 201 prevede una diminuzione dell’imposizione che grava sugli immobili di proprietà degli enti qual è quello

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ricorrente: il tribunale deve osservare che solo il successivo comma 10 ha riguardo ai beni esistenti nel patrimonio del soggetto interessato, e che esso è relativo alla detrazione di euro 200,00 (duecento/00) per i beni utilizzati come abitazione principale, previsione che gli atti impugnati hanno puntualmente applicato.

Anche questo profilo è pertanto sfornito di fondamento.

Non può essere condivisa neppure la censura con cui si denuncia la mancata applicazione del comma 7 dell’art. 13 del d.l. 6.12.2011, n. 201, nella parte in cui non è stata considerata l’equiparazione dei beni nel patrimonio della ricorrente alle prime case di abitazione: la censura non appare infatti coerente con la restante parte del gravame, atteso che agli immobili di proprietà ARTE è stata riconosciuta la detrazione d’imposta che compete alle prime abitazioni, e che i due trattamenti tributari si differenziano solo per l’aliquota applicata.

La censura è oltre a ciò manchevole nell’indicazione di quale sia il carico tributario che, in concreto, graverà sugli immobili di pertinenza dell’ARTE Savona: si tratta infatti di numerosi immobili tutti accatastati per importi non elevati, sì che il riconoscimento della ricordata detrazione vale ad abbassare in modo rilevante il debito del soggetto interessato.

C i ò p r e m e s s o i n m e r i t o a l l e p r e m e s s e a l l e c e n s u r e concretamente dedotte, possono essere esaminati i motivi di gravame.

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Con il primo di essi si lamenta innanzitutto lo sfondamento che il comune avrebbe operato dei limiti massimi ammissibili per l’imposta in questione; il collegio ribadisce che l’aliquota dell’1.06 % è consentita dal comma 6 dell’art. 13 del d.l. 6.12.2011, n. 201, sì che il motivo non può trovare favorevole considerazione.

Si denuncia poi la mancata osservanza delle linee guida del ministero dell’economia e delle finanze, che avrebbero prefigurato l’opportunità di un trattamento di favore per gli immobili di proprietà degli enti gestori del patrimonio di e.r.p.

Il tribunale rileva che le norme interne del ministero non possono vincolare un’amministrazione comunale (artt. 114 e 119 cost.), che potrà soprattutto essere valutata dai propri cittadini nella sede elettorale, ove abbia fatto governo troppo esoso delle norme tributarie vigenti.

Anche questa censura non può pertanto essere favorevolmente apprezzata.

Viene poi denunciato che le previsioni contestate non concordano con la ragionevolezza e la non discriminazione che avrebbero dovuto ispirare la condotta del consiglio comunale di Albenga, che ha invece gravato oltremisura la finanza dell’Arte Savona.

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Il tribunale nota che le norme sull’IMU sono derivate da un momento di acuta crisi finanziaria dello Stato centrale, e che alla causazione di tale sfavorevole situazione ha concorso la poco oculata gestione della finanza locale. In tale contesto l’ordinamento non esclude la possibilità che le preminenti ragioni dell’unità economica della Repubblica (art. 120 cost.) possano conculcare le altre osservazioni esposte dall’ente ricorrente, sì che la censura non può essere condivisa.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione delle norme sul procedimento amministrativo, nella parte in cui esse non riportano un’adeguata motivazione delle scelte operate dal comune resistente, così come non è stata attribuita la necessaria considerazione all’intervento procedimentale spiegato dall’interessata con la missiva 28.9.2011.

Il tribunale deve solo ricordare a questo riguardo che l’art.

13 delle legge 7.8.1990, n. 241 non impone l’osservanza delle norme denunciate per l’adozione di provvedimenti generali di carattere normativo, come sono quelli in contestazione.

Oltre a ciò si deve richiamare in questa sede quanto osservato in precedenza circa l’effetto che il meccanismo contestato ha avuto nella determinazione del complessivo onere della ricorrente: l’applicazione delle aliquote massime risulta infatti controbilanciata dalla possibilità ammessa dal regolamento impugnato di detrarre quanto ogni titolare di p r i m a c a s a d i a b i t a z i o n e p u ò p o r t a r e a s c o m p u t o dell’obbligazione che gli deriva. Ciò comporta una consistente diminuzione del debito che ARTE deve sopportare, tanto che l’articolazione così individuata dal regolamento impugnato permette di ravvisare i profili di congruità dell’impianto normativo complessivamente delineato.

Per le ragioni esposte anche questa censura è infondata.

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C o n i l t e r z o m o t i v o v e n g o n o d e d o t t e l e c e n s u r e d i incostituzionalità delle norme applicate dal comune resistente.

Viene lamentata la violazione dell’art. 97 cost., nella parte in cui il comune non ha fatto buon governo della possibilità concessagli dalla legge di graduare l’imposizione sugli immobili, in relazione alle diverse situazioni che si presentano; quella degli immobili destinati all’e.r.p. è di particolare momento, posto che il tributo colpisce un patrimonio a cui sono difficilmente adattabili i concetti di proprietà e reddito.

In ordine a tale rilievo il tribunale osserva che la richiesta equiparazione ai fini dell’IMU degli immobili in questione alle case di prima abitazione non comporta un vincolo assoluto all’attività dell’ente locale, tale per cui gli atti impugnati si porrebbero in violazione dell’art. 97 cost. In tal senso va osservato che gli atti allegati non consentono di comprendere quanto il meccanismo complessivo del tributo applicato ad Albenga per il periodo d’imposta in contestazione si differenzi, per ciascun immobile in titolarità, da quello che riguarda le prime case di abitazione di simile pregio.

Tale profilo istruttorio non risulta compiutamente delineato dalla difesa ricorrente, sì che non è decisivo il contributo che avrebbe potuto essere fornito in sede di vaglio della ragionevolezza delle norme regolamentari.

Il ricorso è pertanto infondato e va respinto, salva la possibilità per l’ente interessato di adire il giudice

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competente a sindacare i singoli atti impositivi.

Le spese vanno opportunamente compensate, data la natura delle parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

Respinge il ricorso a spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Paolo Peruggia, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

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DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 03/07/2013

Monte Stallonara: Bene i lavori e Commissione Consiliare convocata il 02 agosto

“Il comitato di cittadini di Monte Stallonara è lieto di informare tutti che i lavori previsti nel piano di zona stanno procedendo molto bene e in maniera celere.

I n o l t r e l ’ o n o r e v o l e G i o v a n n i Q u a r z o , p u r e s s e n d o all’opposizione, ha richiesto una nuova commissione consiliare il giorno 02 agosto alle ore 13.00 presso l’Assessorato dei lavori Pubblici di Roma in via Petroselli 45.

é arrivata anche la convocazione ufficilae scritta del nuovo presidente di maggioranza della Commissione lavori pubblici dott. Nanni.”

Monica Polidori – Comitato Monte Stallonara

Fonte: https://www.facebook.com/PianoDiZonaB50MonteStallonara

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100 milioni di euro per start-up e PMI del settore tecnologico: un sostegno concreto della Commissione

La nuova tornata di finanziamenti del partenariato pubblico-privato sull’Internet del futuro della Commissione europea prevede sovvenzioni per 100 milioni di EUR a favore di circa 1000 start-up e altre imprese altamente innovative per lo sviluppo di app e altri servizi digitali in settori quali i trasporti, la salute, la produzione intelligente, l’energia e i media.

Neelie Kroes, Vicepresidente della Commissione europea, ha dichiarato: “Durante la conferenza «Le Web» a Parigi, nel dicembre scorso, ho promesso un’azione concreta che ora è in fase di attuazione. L’Europa ha bisogno di più innovazione e di puntare maggiormente sull’economia digitale, e ciò comincia con un migliore ecosistema per le start-up. Stiamo dando un sostegno concreto lì dove crediamo ce ne sia bisogno.”

Questa terza fase del finanziamento del partenariato mira a sviluppare nuovi servizi e nuove applicazioni Internet in diversi settori. I fondi verranno erogati attraverso 20 consorzi – appartenenti all’ecosistema Internet – tra cui:

acceleratori d’impresa, piattaforme di crowdfunding, società di capitale di rischio, spazi di co-working, organismi di

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finanziamento regionali, associazioni di PMI e imprese tecnologiche. I consorzi vincitori saranno selezionati in base alle modalità con cui intendono massimizzare l’impatto economico dei fondi nell’ecosistema Internet.

I servizi e le applicazioni si baseranno sulle tecnologie sviluppate nell’ambito del programma di partenariato pubblico- privato (PPP) della Commissione Europea sull’Internet del futuro.

Contesto

Questo annuncio di finanziamento rappresenta il terzo e ultimo invito a presentare proposte del PPP sull’Internet del futuro, un partenariato da 500 milioni di EUR avviato nel 2011 per aiutare imprese e governi a trarre il massimo vantaggio dall’Internet mobile e dalla rivoluzione informatica, stimolando l’innovazione e l’occupazione nel settore digitale in Europa (IP/11/525).

Il partenariato mira a rendere più intelligenti infrastrutture e processi aziendali (il che vuol dire anche più efficienti e più sostenibili) attraverso una maggiore integrazione con la rete Internet e le capacità di calcolo. Si rivolge a diversi settori quali i trasporti, la salute, i media, la produzione intelligente e l’energia, e definisce possibili modelli aziendali innovativi per tali settori. Esso ha sviluppato tecnologie europee uniche e posto le basi per nuovi strumenti e servizi in settori quali il cloud computing, le città intelligenti, i megadati e l’Internet degli oggetti. Nel 2013 sono stati avviati cinque test su larga scala per convalidare in contesti d’uso reali le tecnologie sviluppate. Le piattaforme settoriali specifiche messe a punto da questi test saranno messe a disposizione di PMI e imprenditori del web per lo sviluppo di servizi e applicazioni.

Il finanziamento rientra anche nell’iniziativa della Commissione StartUp Europe, volta ad accelerare, collegare e

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celebrare gli ecosistemi europei per l’imprenditoria, affinché le start-up tecnologiche nascano e rimangano in Europa.

L’iniziativa include i seguenti elementi:

il Leaders Club (IP/13/262): gruppo indipendente di fondatori nel campo dell’imprenditoria tecnologica che si propongono come modello per gli imprenditori del web europei;

premi e concorsi. Europioneers: iniziativa per celebrare gli imprenditori europei del settore delle tecnologie, con la proclamazione dei due imprenditori tecnologici dell’anno (IP/13/359). Tech All Stars: concorso volto a individuare le migliori giovani start-up d’Europa per p o r l e i n c o n t a t t o c o n l e p r i n c i p a l i f o n t i d i finanziamento dell’UE, imprenditori di successo ed altre personalità influenti (MEMO/13/557);

networking. EU Accelerators Network avvia e facilita la creazione di una rete europea di acceleratori di imprese web;

promozione dei talenti del web in Europa (attraverso la formazione, per esempio con i corsi aperti online (“Massive Online Open Courses”), il sostegno alla creazione di reti, programmi e risorse ai fini dello s c a m b i o t r a i m p r e s e , l a l o r o a c c e l e r a z i o n e e incubazione, nonché iniziative di patrocinio).

State of the Internet,

l’Italia è ancora dietro

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In base al report trimestrale di Akamai, l’Italia ha mostrato miglioramenti nelle velocità medie e di picco, ma rimane ancora molto lontana dalla vetta.

Akamai ha pubblicato la nuova edizione del suo report State of the Internet relativo al periodo compreso tra il quarto trimestre 2012 e il primo trimestre 2013. Lo studio è focalizzato sulla diffusione e la velocità delle connessioni a banda larga fissa e mobile, oltre che sugli attacchi di sicurezza rilevati all’inizio dell’anno. Nessuna novità per quanto riguarda le vette delle classifiche, occupate stabilmente dai paesi asiatici. L’Italia migliora leggermente rispetto al trimestre precedente, ma rimane nelle retrovie.

La velocità media globale è aumentata del 4% e ha raggiunto i 3,1 Mbps. I miglioramenti più netti sono stati rilevati in Danimarca (+13%), Svezia (+10,8%) e Olanda (+10%), dove sono disponibili connessioni con velocità medie comprese tra 8,2 e 9,9 Mbps. La Corea del Sud conserva il primo posto con una velocità media pari a 14,2 Mbps. Anche in Italia c’è stato un discreto aumento delle velocità media (+4,4%), ma con solo 4,4 Mbps il nostro pese rimane molto lontano dalla vetta. Il

“paese più veloce del mondo” è Hong Kong con un picco di 63,6 Mbps, seguito dal Giappone (50 Mbps) e dalla Romania (47,9 Mbps). In Italia, la velocità di picco è 21,8 Mbps (50esimo posto tra i paesi dell’area EMEA).

Per quanto riguarda, invece, la percentuale di connessioni

“broadband” (>4 Mbps) e “high broadband” (>10 Mbps), Akamai ha rilevato che in Italia è aumentato maggiormente il numero

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delle prime rispetto alle seconde. Solo 3,2% degli utenti può navigare a velocità superiori a 10 Mbps, mentre il 35% deve accontentarsi di velocità superiori a 4 Mbps. Almeno leggendo i numeri, sembra che nel nostro paese si cerchi di ridurre al più presto il digital divide, offrendo una connessione base a tutti i cittadini (tagli permettendo).

Anche nel settore mobile, Hong Kong occupa la prima posizione con una velocità di picco pari a 45,6 Mbps. Per l’Italia sono riportati i dati di tre operatori, identificati con le sigle IT-2, IT-3 e IT-4. Le velocità medie e massime sono comprese tra 2,2 Mbps e 19,6 Mbps. In Europa, il primo posto è occupato dalla Russia con una velocità media di 8,6 Mbps e massima di 43,7 Mbps. Il volume del traffico dati continua a crescere: in soli tre mesi è aumentato del 19%, raggiungendo quasi i 1.600 Petabyte al mese.

Luca Colantuoni

http://www.webnews.it/2013/07/24/state-of-the-internet-litalia - e - a n c o r a -

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Le Mascotte di Corviale

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Letture estate. “Inferno” Dan

Brown. Lettori in delirio

nonostante i critici.

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Stiamo leggendo Inferno l’ultimo bestseller di Dan Brown e vi racconteremo ciò che ne pensiamo. Ma intanto abbiamo scorso un pò il web e vi proponiamo le prime cose raccolte.

da: http://webappunti.blogspot.it/

“TRAMA: Inferno è il titolo del quarto romanzo di Dan Brown che ha per protagonista il Professore di Harvard Robert Langdon. Ancora una volta, lo scrittore statunitense proveniente dal New Hampshire, mescola sapientemente le tematiche a lui più congeniali, dando vita ad un thriller dai risvolti misteriosi in cui arte, storia, codici e simboli fanno da padroni. Il docente di Simbologia di Harvard Robert Langdon è di nuovo in Italia. Questa volta si reca nel bel Paese per svolgere delle ricerche sulla Divina Commedia di Dante. Langdon viene risucchiato in un mondo sconvolgente la cui chiave di volta sembra risiedere nel capolavoro del Sommo

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Poeta, un’opera dai risvolti misteriosi ed oscuri, le cui parole sono pregne di un fascino in grado di travalicare i secoli. Langdon, nel tentativo di risolvere l’enigma in grado di condurlo alla verità, dovrà vedersela con un avversario temibile. Lo scenario in cui si svolge questa nuova avventura avente per protagonista Robert Langdon è caratterizzato dallo splendore dell’arte classica. Il nostro eroe per giungere alla risoluzione del mistero passerà attraverso gli arcani nascosti nelle opere d’arte, individuerà passaggi segreti e, per non far mancare nulla, usufruirà di strumenti scientifici all’avanguardia. Dan Brown, con Inferno, consegna ai lettori un altro incredibile thriller fatto di storia ed enigmi.

Come vi ho già scritto qualche giorno fa, ho comprato questo libro pur restando molto titubante, perchè dopo “Il codice Da Vinci” e “Angeli e Demoni”, i libri di Dan Brown non mi hanno più appassionato, arrivando addirittura ad annoiarmi durante la lettura. Tuttavia ho letto diverse opinioni su questa sua ultima opera e, attirata dalla trama e dai riferimenti alla Divina Commedia (che adoro!) ho deciso di dargli una possibilità.

Il protagonista, ovviamente, è l’instancabile Robert Langdon, professore di Harvard ed esperto in simbologia. A differenza degli altri romanzi però, qui non troviamo da subito un Langdon attento, immerso nella sua vita piena di impegni e nei suoi libri di simbologia, al contrario, la prima immagine di lui che ci regala Dan Brown è quella di un uomo fragile e vulnerabile: Langdon si sveglia, infatti, in un letto d’ospedale con un totale vuoto mentale sugli accadimenti degli ultimi due giorni e, cosa non da poco, con un foro di proiettile in testa, abilmente ricucito da un medico, Sienna Brooks, che, dal momento stesso del risveglio del professore all’ospedale, deciderà di rimanergli accanto ed aiutarlo, anche mettendo a rischio la propria vita. “Inferno” inizia così, con una forsennata corsa alla ricerca dei ricordi perduti del professore, ma sopratutto alla ricerca dei motivi per cui fin dal suo risveglio, pare che tutti lo stiano cercando, per i più svariati motivi (tra cui anche fargli la pelle..o così pare.)

Il ritrovamento, in una tasca nascosta del suo cappotto, di

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uno strano oggetto legato alla visione dell’Inferno dantesco, porterà Langdon e Sienna a correre e nascondersi tra le vie di Firenze, e successivamente di Venezia, alla ricerca di una verità che sembra voler essere scoperta anche dall’ente mondiale della sanità e che nasce dalla mente di uno scienziato Zobrist, fanatico di Dante Alighieri.

L’idea di iniziare il romanzo con questo incipit alquanto curioso e già ricco di mistero, trovo che sia stato un ottimo modo per introdurre il lettore all’interno della storia: in questo modo ci si sente quasi come lo stesso Langdon – impauriti, spaesati e alla ricerca di risposte. Così, come il professore che si alza dal lettino dell’ospedale e inizia a correre, anche il lettore si alza e corre con lui cercando di capire cosa gli succede intorno. Ogni spiegazione viene quasi centellinata, all’interno del romanzo, creando una suspance e una tensione che, in Dan Brown, non sentivo (o meglio, leggevo) fin da “Angeli e demoni”; tuttavia, anche quando viene scoperto questo o quel particolare, la tensione non si smorza, amplificando la voglia di saperne di più. Sempre di più. Gli enigmi, i colpi di scena, i riferimenti religiosi e scientifici si mescolano sotto la mano dell’autore in un modo maestrale, creando un mix perfetto. E poco importa se i riferimenti magari peccano di imprecisione, Dan Brown è un romanziere e come tale deve essere letto, anche perchè la narrazione, a mio parere, è quasi impeccabile e travolgente e, cosa importante, suscita nel lettore una voglia incredibile di approfondire determinati particolari: prendiamo ad esempio l’opera su cui si basa questo romanzo, “La Divina Commedia” di Dante, ebbene, leggendo diversi passi del romanzo in cui vengono riportati versi dei canti dell’Inferno, viene davvero voglia di rileggere quello stesso passo alla ricerca di significati nascosti e diverse interpretazioni.

Proprio come dei novelli Robert Langdon a cui piace scavare nelle cose, seguendo il “Cerca e trova” che è come un mantra in questo romanzo.

Unica pecca che ho riscontrato durante la lettura: in certi momenti della narrazione – soprattutto all’inizio – viene lasciato troppo spazio a delle parentesi che, secondo me, non sono del tutto necessarie ai fini della storia (si sarebbero potute ridurre notevolmente, lasciando solo i particolari salienti) e che posso indurre il lettore ad abbandonare il

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libro. Consiglio mio personale: non lo fate!

Trasportandoci dalle vie fiorentine ai canali veneziani, Dan Brown scrive un finale ricco di colpi di scena che si susseguono l’uno dietro l’altro e che, inaspettatamente, sfocia in un ambito ben diverso rispetto alla letteratura dantesca.

In conclusione, “Inferno”, per me ha segnato il ritorno del caro Dan Brown che scrisse “Il Codice Da Vinci” ed “Angeli e Demoni”, relegando gli altri romanzi in una parentesi – fortunatamente – temporanea. Sono contenta di aver ceduto alla curiosità e di aver intrapreso questa nuova lettura in compagnia del professor Langdon e sono altrettanto contenta di poter assegnare a questo romanzo 4 cuori, meritati.”

da:

http://ilibricisalvano.blogspot.it/2013/07/recensione-inferno- dan-brown.html

L’Inferno è vicino.

vedi anche:

Dan Brown, Successo e pregiudizio

da http://www.famigliacristiana.it/articolo/dan-brown.aspx SITO UFFICIALE DAN BROWN

Antonio Trimarco, Cristina Pinti e Alessandro Buccheri hanno svolto il prezioso lavoro di copia e incolla in team

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