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Parere in ordine alla ripartizione tra gli uffici giudiziari delle 600 unità portate in aumento nella dotazione organica del personale di magistratura dalla legge 9 agosto 1993 n. 295.

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Parere in ordine alla ripartizione tra gli uffici giudiziari delle 600 unità portate in aumento nella dotazione organica del personale di magistratura dalla legge 9 agosto 1993 n. 295.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 18 novembre 1993, ha deliberato di approvare il seguente parere:

“1. Con nota del 12 ottobre 1993 il Ministro di grazia e giustizia comunica che è stata definita la nuova procedura di elaborazione degli indici di lavoro degli uffici giudiziari,che persegue i seguenti obiettivi: 1) realizzare un attendibile progetto di valutazione comparativa delle esigenze degli uffici giudiziari, per poter predisporre la ripartizione dei 600 posti di magistrato portati in aumento dalla legge 295/93; 2) "sganciare" i parametri utilizzati per la elaborazione della procedura in questione dai dati forniti dagli uffici giudiziari, al fine di eliminare le discrasie sulle omogeneità dei dati trasmessi alla Amministrazione centrale, tanto frequenti da aver già imposto, in passato, lo studio di diversi metodi di acquisizione ed elaborazione dei dati stessi.

La procedura ora definita per comparare tra loro in maniera attendibile le necessità degli uffici - prosegue la nota prescinde infatti da parametri collegati con il numero delle sopravvenienze comunicato dagli uffici stessi e fa invece stretto riferimento ai rispettivi bacini di utenza e alla situazione socio-economica e geografica del territorio (la procedura è esemplificata in una allegata relazione esplicativa).

Aggiunge il Ministro che alla luce dei nuovi parametri sono state ripartite le 600 unità portate in aumento,tenendo altresì presente

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la necessità di ripristinare in molti uffici i posti recentemente soppressi per la determinazione delle piante organiche di uffici giudiziari di nuova costituzione.

In una allegata tabella è riportata la indicazione analitica di tutte le sedi giudiziarie del Paese (escluse le sezioni distaccate di pretura) e per ciascuna di essa sono evidenziati gli organici attuali del personale di magistratura, i nuovi indici di lavoro, le unità da assegnare con la ripartizione dei 600 posti portati in aumento, il nuovo organico che scaturisce dall'eventuale aumento apportato.

Il Ministro sottolinea infine che la concreta disponibilità di 600 posti recati in aumento nel ruolo organico della magistratura ha imposto l'applicazione - con criteri di rigida proporzionalità matematica - di una congrua flessione degli indici ricavati con la procedura in oggetto, i quali comporterebbero altrimenti,rispetto alle attuali piante organiche, un incremento superiore ai 600 posti disponibili; e chiede, dunque, che questo Consiglio esprima il proprio parere al riguardo, ai sensi dell'art.10, secondo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195.

2. La procedura seguita per la elaborazione degli indici di lavoro degli uffici giudiziari è esposta nella relazione esplicativa che accompagna la cennata nota ministeriale e che,per la miglior comprensione di tutti i dati in esame, si allega al presente parere (allegato A). E' una procedura complessa,che prende le mosse dal concetto di divisore (per tale intendendo il rapporto esistente tra giudice e bacino di utenza), perviene, quindi, a determinare l'indice di lavoro assoluto ed infine,attraverso vari correttivi denominati coefficienti di ponderazione, giunge a calcolare gli indici di lavoro

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effettivi. I coefficienti di ponderazione sono stati elaborati avendo riguardo per ogni regione ai seguenti fenomeni: disoccupazione, analfabetismo, presenza e quantificazione dei relativi contingenti di personale di presidi amministrativi ivi insediati, presenza di insediamenti portuali e quantificazione del relativo movimento di persone e merci, industrializzazione e numero di persone occupate negli insediamenti industriali e commerciali, numero dei delitti denunciati.

Orbene, dovendo procedere ad una valutazione di codesto procedimento ai fini dell'espressione del parere, senza dubbio colpisce l'indirizzo, volutamente adottato, di prescindere totalmente dai dati relativi alla situazione dei diversi uffici giudiziari (carichi di lavoro, flussi delle sopravvenienze, numero dei procedimenti definiti). Se bene possono comprendersi le riserve circa l'attendibilità dei dati forniti dagli uffici, non sembra condivisibile la scelta di operare uno "sganciamento" completo dalle realtà degli uffici medesimi, affidandosi unicamente a parametri esterni.

Il rischio di tale operazione è quello di muoversi in una dimensione astratta, che conduce ad omologare situazioni tra loro molto diverse, ignorando tutta una serie di elementi (tipo dell'intervento giudiziario, natura dei processi trattati, esistenza di aree di criminalità organizzata e così via), che sono invece importanti, quando non addirittura determinanti, per pervenire all'esatto dimensionamento della pianta organica di un ufficio giudiziario o almeno, se ciò non è possibile per insufficienza delle risorse disponibili, per cercar di realizzare le primarie esigenze di funzionalità dell'ufficio medesimo.

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E se fino ad ora non è risultato possibile procedere ad una verifica delle esigenze ufficio per ufficio, pervenendo così alla determinazione di un indice di lavoro "personalizzato" (è assolutamente necessario che in tempi rapidi così avvenga, sulla base di elementi conoscitivi sufficientemente verificabili e suscettibili di tempestivo aggiornamento) per la cui acquisizione ed organizzazione vanno predisposte le strutture necessarie. E' pur vero, però, che il completo sganciamento dalla realtà degli uffici, operata dal Ministero, conduce a conclusioni che fanno sorgere seri interrogativi sull'affidabilità degli indici di lavoro elaborati e,conseguentemente,sulla congruità del progetto per la ripartizione dei 600 posti recati in aumento dalla legge n.295 del 1993.

Non è possibile,in questa sede,procedere ad un'analisi dei detti indici ufficio per ufficio. Si effettuerà dunque un'indagine a campione, che tuttavia è sufficiente, ad avviso del Consiglio, per giustificare gli interrogativi ora prospettati.

Per il tribunale di Milano viene determinato un indice pari a 160.09, con una differenza rispetto all'organico attuale di 24.91, con un eccesso IN ASTRATTO di circa 25 magistrati, sicchè, se ci si volesse basare soltanto sull'indice ponderale, bisognerebbe identificare il tribunale menzionato come una delle sedi privilegiate da cui effettuare prelievi di posti per destinarli ad altre sedi.

Evidentemente non è così e di ciò si mostra convinto lo stesso Ministero che, lungi dal proporre la sottrazione di unità a quell'ufficio, prevede invece un incremento di altri quattro giudici.

La ragione, verosimilmente, sta nella nozione di comune esperienza che a Milano sono in corso numerosi e importanti procedimenti per gravi fatti di corruzione politico -amministrativa, in aggiunta al già

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ponderoso carico di lavoro ordinario. D'altro canto, se la ragione non fosse quella ora indicata, non sarebbe comprensibile l'indirizzo ministeriale adottato. Ma già tale rilievo pone in luce che, almeno in alcune zone territoriali, l'indice di lavoro non è rispondente alla realtà dell'ufficio. Peraltro, estese indagini per gravissimi fenomeni di corruzione politico-amministrativa o per fatti altrettanto gravi di criminalità organizzata sono in corso anche in molte altre sedi che presentano un (apparente ?) indice negativo rispetto all'organico attuale,sedi per le quali invece nessun incremento è previsto.Il riferimento - sempre a solo titolo di esempio - è ai tribunali e alle procure di Verona, Padova, Reggio Calabria, Trapani, Caltanissetta.

Un discorso a parte, poi, va fatto per le procure distrettuali, che dovrebbero essere adeguatamente potenziate, almeno nelle zone maggiormente colpite da fenomeni di criminalità organizzata. Infatti l'incremento di cento unità, che accompagnò l'istituzione delle direzioni nazionali antimafia, si è rivelato del tutto insufficiente. E vale la pena qui ricordare che uno dei motivi ispiratori (sottolineato anche dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia), da cui ha preso le mosse l'iter conclusosi con la legge 9 agosto 1993 n.

295, è stata proprio l'esigenza di quel potenziamento, tanto più indispensabile nel momento (auspicabilmente non lontano) in cui verranno a giudizio importanti processi per fatti di criminalità organizzata in ordine ai quali le indagini preliminari sono a buon punto. Ebbene, quell'esigenza viene sostanzialmente elusa visto che Procure presso i Tribunali come quelle di Napoli, Reggio Calabria, Palermo non ricevono alcun incremento (è il caso di Napoli) o un incremento minimo di una unità (come le altre due).

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Va ancora evidenziata la necessità di potenziare alcuni uffici di nuova istituzione,costituiti con piante organiche gravemente asfittiche. Il progetto ministeriale, per la verità,si fa carico di tale aspetto ma in misura del tutto insufficiente. Nè tranquillizza la riserva di successivi interventi correttivi, perchè questi rischiano di arrivare quando la situazione degli uffici sarà già gravemente pregiudicata. Gli interventi dovrebbero essere effettuati ora, recuperando i posti necessari da uffici che risultano sovradimensionati, beninteso dopo avere effettuato accertamenti in loco sui carichi di lavoro e sulle sopravvenienze, in guisa da ottenere conferma della rispondenza alla realtà dei nuovi indici ponderali.

Codesti accertamenti, invero, dovrebbero essere adottati come criterio generale da seguire in ogni caso in cui si renda necessario prelevare un posto dalla pianta organica di un ufficio, essendosi rivelato del tutto insoddisfacente il metodo affidato soltanto all'esistenza di posti vacanti non pubblicati, che in sostanza penalizza l'ufficio "inciso" due volte:una prima volta quando il posto rimane vacante e una seconda volta quando esso viene soppresso.

Per altro verso, ritornando a considerazioni di ordine più generale, non può passare sotto silenzio la manifesta disarmonia tra il fine dichiarato ed i mezzi adoperati dalla procedura. Non si può infatti attuare una reale "valutazione comparativa delle esigenze degli uffici giudiziari", quando questa comparazione utilizza come parametro fondamentale di riferimento non già il quantum di fabbisogno, di richiesta del servizio, ma, al contrario, le quantità di risorse già disponibili, non cioè le (vere o supposte) insufficienze degli organici ma le presenze. Partendo dal rapporto esistente (prima dell'aumento dell'organico) tra numero degli abitanti e numero dei

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magistrati in ogni singola regione si è stabilito un "indice di lavoro"

valido per tutti gli uffici di ciascuna regione che, da un lato, ovviamente diverge da quello di tutte le altre, dall'altro, mentre appiattisce - fatta salva "la percentuale di accantonamento" del 10%

per le metropoli - su un valore medio regionale uffici e realtà a volte diversissimi fra di loro, finisce col dipendere da una variabile - l'organico preesistente - che dovrebbe costituire invece l'oggetto e non il parametro della valutazione comparativa. Nè il ricorso ai c.d.

coefficienti di ponderazione, che dovrebbero poi servire a

"personalizzare", rispetto al singolo bacino di utenza, l'indice di lavoro, è sufficiente a sanare questo fondamentale vizio d'origine. Si tratta infatti in ogni caso di semplici correttivi in ordine ai quali peraltro non è stato possibile alla Commissione ricostruire nè il modo concreto di utilizzazione (e cioè il valore proporzionalmente attribuito ad ogni singolo coefficiente) nè le specifiche ragioni di una scelta (a discapito ad esempio di altri ipotizzabili fattori di correzione).

Se ne deduce che il procedimento adottato presenta al contempo due inaccettabili limiti, in quanto da una parte esclude ogni pur doverosa comparazione tra le esigenze di uffici di regioni diverse, e dall'altra sovrappone, nell'ambito regionale, momenti ricognitivi e momenti valutativi, senza tener adeguatamente conto della specificità delle singole situazioni. E' così che la "valutazione comparativa" viene ingiustificatamente confinata all'interno delle regioni e non riguarda gli uffici di regioni diverse, anche se in ipotesi vicinissimi e compresi nello stesso contesto socio economico quando non addirittura nello stesso distretto. E l'utilizzazione del c.d.

divisore regionale (cui confrontare gli organici dei singoli uffici, per

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poi pervenire, attraverso gli indici ponderali, ai conseguenti "saldi"

attivi o passivi) conduce ad una definitiva cristallizzazione, quanto meno a livello regionale, delle scelte effettuate in precedenza in modo assolutamente disorganico ed episodico, al di fuori, cioè, di ogni schema generale di riferimento diverso da quello davvero empirico della "sede vacante non pubblicata", e quindi senza alcuna effettiva comparazione generale (tra la totalità degli uffici).

E' appena il caso di sottolineare che ciò si riflette non soltanto sulla distribuzione delle risorse tra grandi aree geografiche (Nord Sud) più o meno sperequata sul piano del mero rapporto popolazione/magistrato, e però, almeno in molti casi, pienamente giustificata da una considerazione concreta del rapporto quali- quantitativo lavoro/magistrato, ma anche all'interno della stessa area omogenea dove ad esempio differenti valori dei "divisori regionali"

trovano spesso solo nel caso e nel difetto di aggiornamento dei dati la loro origine e giustificazione.

Ulteriori osservazioni si dovrebbero fare per il rapporto tra presidenti di sezione e giudici nei tribunali, che oscilla tra un minimo di un presidente di sezione per tre giudici ed un massimo di 1 a 12 senza che appaia rintracciabile alcun comprensibile criterio delle scelte fatte, mentre si dovrebbe almeno evitare - tenuto conto che la media nazionale risulta di 1 a 6 - che superi il rapporto 1 a 10 (ciò che sarebbe peraltro di facile conseguimento poichè riguarda solo tre tribunali in tutta Italia).

Per concludere sulle considerazioni fin qui svolte, il Consiglio deve manifestare forti perplessità sul metodo adottato dal progetto ministeriale, che finisce per disancorare completamente i parametri utilizzati per la elaborazione degli indici ponderali dalle realtà degli

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uffici giudiziari, col grave rischio di pervenire a conclusioni non compatibili con quelle realtà. E ciò non consente di esprimersi favorevolmente sul progetto di ripartizione predisposto.

Va in ogni caso osservato che una più soddisfacente valutazione delle esigenze degli uffici, con una analisi concreta della tipologia e quantità degli affari trattati - tale quindi da garantire comparazioni generali ed affidabili e la determinazione di indici di lavoro effettivamente "personalizzati" - se è comunque indispensabile per procedere ad ulteriori variazioni delle singole piante organiche, potrebbe anche consentire l'utilizzazione di almeno una parte dei nuovi 600 posti disponibili per eliminare, od attenuare, quelle sperequazioni che non trovino piena giustificazione nella realtà effettuale degli uffici e dei distretti.

Quanto alla Corte di cassazione,cui secondo il progetto ministeriale vengono assegnati 32 nuovi posti di consigliere, è stato segnalato dallo stesso Ministero che, secondo un rapporto di proporzionalità basato sulla tabella del ruolo organico della magistratura allegata alla legge istitutiva della direzione nazionale antimafia, alla detta Corte dovrebbero esser destinati 26 nuovi posti onde si è determinata una differenza in più di sei unità. Sembra tuttavia opportuno non ridurre l'incremento previsto in ragione di 32 posti, avuto riguardo al notevolissimo maggior carico di lavoro che ricadrà sulla Corte suprema in conseguenza della riforma del contenzioso tributario e, sia pure in tempi più differiti, per effetto della cosiddetta privatizzazione del rapporto di pubblico impiego.

Conclusivamente il Consiglio - pur non sottovalutando le difficoltà incontrate dal Ministero nella elaborazione dei dati, avuto anche riguardo ai tempi molto ristretti per la ridefinizione della

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pianta organica complessiva ai sensi della legge 9 agosto 1993 n.295 - deve ribadire i rilievi e le perplessità dianzi espresse. Ancora una volta segnala l'esigenza di mettere a punto meccanismi idonei a consentire una valutazione delle necessità degli uffici che non sia separata da un'analisi dei carichi di lavoro e delle sopravvenienze gravanti sui medesimi.

Nelle considerazioni che precedono è il parere del Consiglio”.

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