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CODICE DELL’ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI GIUDIZIARI

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CODICE

DELL’ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI GIUDIZIARI

VOLUME I

MAGGIO 2021

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(3)

INDICE

Parte I - Organizzazione degli uffici giudiziari

1.1. Tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti e benessere organizzativo ...3 1.1.1. Circolare sulla formazione delle Tabelle di organizzazione degli

uffici giudicanti per il triennio 2020/2022.

(Delibera di Plenum in data 23 luglio 2020) ...5 1.1.2. Risultati del monitoraggio in tema di benessere organizzativo, tutela

della genitorialità e della salute.

(Delibera di Plenum in data 18 giugno 2018)...163 1.1.3. Esiti del monitoraggio sul benessere organizzativo, tutela della

genitorialità e della salute, destinato agli Uffici Requirenti

(Delibera di Plenum in data 15 gennaio 2020) ...179 1.2. Organizzazione degli uffici del pubblico ministero ...187

1.2.1. Nuova Circolare sull’Organizzazione degli Uffici di Procura.

(Delibera di Plenum in data 16 dicembre 2020 – modifica a

Circolare sull’organizzazione delle Procure in data 16.11.2017) ...189 1.2.2. Risoluzione sulla organizzazione degli uffici requirenti presso i

Tribunali per i Minorenni

(Delibera di Plenum in data 18 giugno 2018)...249 1.2.3. Organizzazione degli Uffici di Procura competenti per i delitti

commessi in materia o con finalità di terrorismo. Rapporti con la Procura Nazionale antiterrorismo. Coordinamento investigativo.

(Delibera di Plenum in data 16 marzo 2016) ...266 1.2.4. Limiti e modalità di esercizio delle competenze del Procuratore

Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello ai sensi dell’art. 6 decreto legislativo n.106/2006.

(Delibera di Plenum in data 20 aprile 2016) ...289 1.2.5. Nuova disciplina dell’avocazione ex artt. 412 e 407 co. 3 bis c.p.p.

Risoluzione in attuazione dell’art. 21 della circolare sulle Procure:

profili ordinamentali, assetti degli uffici requirenti e misure organizzative.

(Delibera di Plenum in data 16 maggio 2018) ...292

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1.3.1. Regolamento in materia di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio alla luce della modifica introdotta dal decreto legislativo n.

160 del 30 gennaio 2006 come modificato dalla Legge 30 luglio 2007, n. 111.

(Delibera di Plenum in data 13 marzo 2008, così come modificata in data 11 febbraio 2015) ...321 1.3.2. Quesito relativo alla decorrenza del periodo decennale di

permanenza nello stesso gruppo di lavoro.

(Delibera di Plenum in data 23 luglio 2015) ...339 1.4. Strumenti per il governo delle difficoltà organizzative ...341

1.4.1. Disposizioni in materia di supplenze, assegnazioni, applicazioni e magistrati distrettuali per assicurare il regolare svolgimento della funzione giurisdizionale in presenza di difficoltà organizzative.

(Delibera di Plenum in data 20 giugno 2018)...343 1.4.2. Risoluzione in materia di applicazioni ai sensi degli artt. 110

ordinamento giudiziario artt. 105 e 106 Codice Antimafia.

(Delibera di Plenum in data 19 marzo 2014 modificata e aggiornata alla data del 19 ottobre 2016) ...455

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PARTE I

ORGANIZZAZIONE

DEGLI UFFICI GIUDIZIARI

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(7)

1.1. Tabelle di organizzazione

degli uffici giudicanti e

benessere organizzativo

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1.1. Tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti e benessere organizzativo

1.1.1. Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2020/2022.

(Delibera di Plenum in data 23 luglio 2020) Relazione introduttiva

1. Introduzione

Il “sistema tabellare” rappresenta il cardine della struttura organizzativa degli uffici giudicanti: le tabelle indicano la ripartizione di ogni ufficio in settori ed in sezioni, l’assegnazione ad essi dei singoli magistrati, le concrete attribuzioni di ciascun magistrato, i criteri di assegnazione degli affari giudiziari ed i giorni e gli orari delle udienze.

In tal modo le determinazioni organizzative degli uffici giudicanti assunte dai dirigenti degli uffici possono essere conosciute e verificate da tutti gli attori del procedimento tabellare e, da ultimo, dal Consiglio superiore, che deve valutare se approvarle o meno. Si attribuisce così effettività al principio di precostituzione del giudice naturale di cui all’art. 25 della Costituzione e si dà, altresì, attuazione ai valori di indipendenza interna, inamovibilità ed imparzialità del giudice, nonché di distinzione dei magistrati solo per diversità di funzioni, senza per questo comprimere oltre modo i poteri organizzativi del dirigente dell’ufficio, connotati da un fisiologico àmbito di discrezionalità; tali poteri devono essere riconosciuti e garantiti dal sistema tabellare, per essere, però, esercitati all’interno dei binari posti dalla normativa primaria e secondaria.

L’intervento della normativa secondaria è particolarmente necessario nella materia tabellare in quanto la normativa primaria è piuttosto scarna e si riduce, in gran parte, alle linee generali dettate dagli artt. 7 bis e 7 ter del regio decreto n. 12/1941 (testo normativo d’ora in avanti denominato come “ordinamento giudiziario”).

Ciò posto, con la delibera in oggetto, si è inteso provvedere alla riscrittura della circolare sulle tabelle per il triennio 2020/2022, intervenendo laddove si sono registrate, nell’esperienza consiliare, concrete problematiche applicative connesse a vuoti di disciplina ovvero ad incertezze nell’interpretazione.

Inoltre, in un’ottica riformatrice di sistema, sono state apportate alcune innovazioni di contenuto, sul piano procedurale e sostanziale.

In tale complessiva opera la Commissione si è mossa secondo le seguenti direttrici di fondo:

razionalizzazioneesemplificazionedeltesto. E’ apparso necessario un intervento di sistematica razionalizzazione della disciplina in alcuni punti dell’articolato, ad esempio in materia di benessere organizzativo, tutela

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della maternità, della genitorialità e dei compiti di cura. In numerosi punti si è provveduto a chiarimenti di natura lessicale o di coordinamento, tesi a rendere il testo sempre più chiaro e comprensibile;

assicurare il più ampio coinvolgimento non solo dellavvocatura,

ma anche del procuratore della repubblica, nel procedimento di formazionedeiprogettitabellari, sul presupposto che il miglioramento del servizio giustizia non può prescindere dallo sviluppo di azioni sinergiche tra magistratura e avvocatura, così come tra uffici giudicanti e requirenti;

promuovere assetti organizzativi degli uffici giudicanti che non favoriscano la ricerca e lofferta diincarichiinterni agli uffici sovrapponibili a compiti spettanti ai dirigenti: va valorizzata la responsabilità dei dirigenti degli uffici e dei presidenti di sezione in quanto gli uni e gli altri sono oggetto di una specifica selezione compiuta dal Consiglio superiore, la quale avviene proprio in funzione dell’idoneità all’esercizio di detti compiti;

assicurare, in ogni caso, la più ampia trasparenza delle decisioni

incidenti sull’organizzazione degli uffici, in particolare di quelle che riguardano l’attribuzione di incarichi di coordinamento o di collaborazione;

valorizzare il principio della pari dignità delle funzioni e lequa e

congruadistribuzionedegliaffari, riducendo e rimodulando la previsione di esoneri ai soli casi in cui questi risultino effettivamente funzionali all’esercizio proficuo dei necessari compiti di direzione e coordinamento dei diversi ambiti dell’attività degli uffici; ribadendo la necessità che la distribuzione degli affari e la formazione dei ruoli siano equilibrate sul paino quantitativo e qualitativo ed introducendo, poi, un dovere di particolare attenzione in tal senso nella formazione dei ruoli dei magistrati ordinari al termine del tirocinio;

disciplinarelutilizzodellamagistraturaonorariaallinternodegli

uffici, nel rispetto della riforma di cui al decreto legislativo n. 116/2017, entrata in vigore dopo l’approvazione della circolare sulle tabelle relativa al triennio 2017/2019. Numerose e significative sono le innovazioni poste da tale norma; la principale è probabilmente quella che, nei Tribunali ordinari di primo grado, prevede il necessario ed iniziale inserimento nell’ufficio per il processo di tutti i giudici onorari nominati dopo l’entrata in vigore di essa. Si è, dunque, provveduto all’integrale riscrittura degli articoli relativi all’utilizzo della magistratura onoraria;

migliorareladisciplinadimodelliorganizzativigiàsperimentati, così da rendere la prima più chiara ed i secondi più funzionali ad una efficace risposta giurisdizionale (così per il coordinatore dell’ufficio Gip/Gup; la disciplina dei concorsi interni; la gestione dei ruoli vacanti in funzione del principio della ragionevole durata dei processi; la disciplina dell’esecutività delle variazioni tabellari; il riequilibrio dei ruoli);

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ampliare la portata sistematica della circolare, inserendo la regolamentazione della disciplina dell’ufficio del processo e quella delle ferie dei magistrati, oggetto di separate delibere il cui contenuto essenziale viene trasfuso nell’unico corpus normativo;

migliorareladisciplinadellespecificheesigenzeorganizzativedella

suprema corte di cassazione, introducendo regole più specifiche e stringenti per le nomine da compiersi all’interno dell’ufficio.

***********

Di seguito si indicheranno gli articoli oggetto delle principali modifiche e le rationes delle scelte compiute, suddividendo la schematica esposizione in paragrafi tematici.

Per comodità espositiva, si indicheranno gli articoli fino ad ora vigenti aggiungendo al relativo numero l’anno 2017 (es. art. 14/2017); gli articoli indicati nel testo della nuova circolare saranno invece indicati unicamente con il loro numero.

2. Procedimento di formazione della tabella

L’art. 14/2017 prevedeva che, per la redazione della segnalazione, il dirigente dell’ufficio potesse avvalersi del supporto di uno o più magistrati dell’ufficio. Ora, in coerenza con la valorizzazione delle competenze organizzative proprie dei presidenti di sezione, viene previsto dall’art. 15 che tale eventuale supporto debba avvenire anzitutto da parte dei presidenti di sezione, per tale compito scelti dal dirigente dell’ufficio con decreto motivato.

Il supporto di altri giudici nella redazione della segnalazione diviene possibile, anche negli uffici sforniti di presidente di sezione, solo per “specifici compiti”, solo laddove sia necessario avvalersi di “ulteriori e specifiche competenze”, e comunque previo interpello. Di tale collaborazione si dovrà dare atto nella proposta.

La modifica vuole evitare che il dirigente dell’ufficio possa impropriamente affidare ad un giudice dell’ufficio, per di più senza interpello, la redazione della segnalazione tabellare, che costituisce compito proprio e qualificante della dirigenza.

Per tale ragione il supporto reso da un giudice dell’ufficio deve essere delimitato nel suo oggetto e consentito soltanto in via d’eccezione.

La norma, quindi, si inserisce nell’impostazione di fondo della circolare, volta a responsabilizzare i dirigenti (ed i titolari di funzioni semidirettive) nello svolgimento delle competenze organizzative loro spettanti, evitando di distogliere i giudici dalle competenze giurisdizionali di loro pertinenza, salvo che non sia indispensabile.

Per un più ampio e completo confronto interno al procedimento tabellare, la partecipazione ad esso viene consentita, in via paritaria, sia all’Ordine degli avvocati sia al procuratore della Repubblica, tanto nella fase propedeutica alla redazione della segnalazione (art. 14 lett. b), quanto successivamente ad essa: si consente, infatti, ad entrambi i predetti soggetti di poter presentare contributi valutativi rispetto alla

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segnalazione redatta dal dirigente dell’ufficio (art. 20).

Mentre nei riguardi della Procura della Repubblica l’interlocuzione non può che dirigersi verso il procuratore della Repubblica, che è il titolare esclusivo dell’azione penale (art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 106/2006), nei riguardi del Foro l’interlocuzione si dirige verso il Consiglio dell’Ordine, e non più verso il solo presidente dello stesso.

Tale modifica appare più coerente con le competenze attribuite all’intero Consiglio dell’Ordine dalla normativa primaria, visto che è il Consiglio dell’Ordine a dover vigilare “sulla corretta applicazione, nel circondario, delle norme dell’ordinamento giudiziario” ed a dover tutelare “l’indipendenza ed il decoro professionale”

dell’avvocatura operante sul territorio [art. 29, lettere t) e h), della legge n. 247/2012];

inoltre, si deve presuntivamente ritenere che il contributo fornito dall’organo collegiale possa essere maggiormente esauriente e ricco di contenuti.

Per ragioni di chiarezza e di semplificazione sono stati uniformati sia la data per la convocazione delle riunioni con i magistrati dell’ufficio (art. 16) sia la data per la redazione della proposta tabellare (art. 18) sia il termine per l’espressione del parere da parte dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione (art.

22); date e termini che erano in precedenza diversificati in ragione delle dimensioni dell’ufficio. Più in dettaglio, si è ritenuto opportuno applicare per tutti gli uffici giudiziari le più ampie tempistiche fino ad ora previste per i grandi uffici. Tale scelta, oltre ad essere ispirata alle suddette ragioni di chiarezza e di semplificazione, vuole consentire congrue tempistiche di valutazione ai dirigenti di ogni ufficio ed ad ogni Consiglio giudiziario, anche perché, almeno quanto ai Consigli giudiziari, l’esperienza ha dimostrato che era irrealistico, ed è stato largamente disatteso, il termine di trenta giorni, in origine previsto dal combinato disposto degli artt. 21/2017 e 16/2017, “per gli uffici giudicanti di primo grado che presentino in pianta organica sino a cinque presidenti di sezione”.

La principale innovazione procedurale introdotta in ordine al procedimento di approvazione delle tabelle consiste nella previsione della possibilità di approvazione parziale della proposta tabellare: si è previsto infatti che “la proposta tabellare può essere approvata anche solo parzialmente, sempre che le parti della proposta non approvate non presentino aspetti di interdipendenza con le altre previsioni tabellari e, dunque, non ostacolino l’operatività di queste ultime. La mancata approvazione deve riguardare singoli e specifici punti, in relazione ai quali rimane in vigore la tabella valida per il precedente triennio, che viene invece sostituita in relazione alla parte approvata” (art. 27, comma 3).

Per comprendere la ragione di questa scelta va tenuto presente che, almeno nel periodo di efficacia della pregressa circolare sulle tabelle, nessuna proposta tabellare è stata bocciata ed il Consiglio ha, piuttosto, proceduto, per numerosi uffici, alla

“approvazione con rilievi” della proposta, ossia ad una tipologia decisoria che, per quanto non in contrasto con la circolare, non era da essa contemplata; ne è conseguito che, pur in presenza di rilievi, la tabella è giuridicamente entrata in vigore per intero, anche per le parti oggetto di rilievo, salva la doverosità di una successiva variazione tabellare che recepisse i rilievi svolti.

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E’ apparso, invece, più corretto e razionale prevedere che i “singoli e specifici punti” della tabella che, ad avviso del Consiglio, non possono essere approvati non entrino in vigore; nello stesso tempo si è considerato che sarebbe ancor più irragionevole stabilire che la mancata approvazione di singoli e specifici punti debba impedire l’entrata in vigore di tutta la tabella, ovvero anche delle parti di essa che risultino totalmente autonome da quelle viziate.

Di qui, anche sulla base del principio conservativo utile per inutile non vitiatur, la previsione della possibilità di un’approvazione parziale.

Sta ovviamente al Consiglio valutare se le parti della tabella non approvate si debbano ripercuotere, per indissolubile nesso logico o fattuale, su altre parti della stessa ovvero se la mancata approvazione di una singola parte travolga necessariamente l’intera proposta; in quest’ultimo caso l’approvazione parziale non è possibile e l’unica soluzione è quella della mancata approvazione dell’intera proposta.

Per maggiore chiarezza appare ora opportuno proporre alcuni esempi.

Se in un Tribunale con un’unica sezione promiscua si verifica che i due magistrati inseriti nella proposta all’ufficio gip/gup hanno già maturato la decennalità nello svolgimento del relativo incarico, e non possono quindi più svolgere le relative funzioni, non appare possibile approvare parzialmente la proposta, visto che, in un ufficio composto da meno di dieci giudici, il venir meno di quella posizione tabellare non può non incidere su tutte le altre. Allo stesso modo, l’errata ripartizione dei magistrati tra il settore civile ed il settore penale costituisce un vizio che, logicamente, travolge l’intera proposta tabellare: se va rivisto il numero dei magistrati da assegnare all’uno come all’altro settore, tale vizio si ripercuote necessariamente sulla composizione delle sezioni e sulla ripartizione degli affari tra i magistrati. Altrettanto drastiche, ed ancor più univoche, devono essere le conseguenze se vi siano gravi vizi procedurali:

il mancato svolgimento delle riunioni di cui all’art. 14, lettera a), ovvero la mancata trasmissione della proposta al Consiglio giudiziario per il relativo parere, non possono che determinare la reiezione della proposta, dato che sono mancati essenziali momenti di partecipazione e di conoscenza nel procedimento di formazione della stessa.

Invece, se, ad esempio, risultano errati i criteri di assegnazione degli affari all’interno di una sezione, o i criteri di assegnazione e di composizione nei collegi penali, nulla osta a che le residue parti della proposta tabellare siano approvate.

Parimenti, in un Tribunale plurisezionale, se nella sezione gip/gup o nella sezione fallimentare vi sia un giudice che ha superato il limite di decennalità di permanenza nella relativa funzione, si tratta di un erroneo aspetto organizzativo che non si ripercuote sull’intera organizzazione tabellare, posto che quel giudice dovrà essere semplicemente ricollocato in un’altra sezione. Oppure ancora, per proporre un altro esempio, se il carico di lavoro attribuito ad un presidente di sezione sia inferiore al 50%, l’innalzamento di questa soglia non si ripercuote sull’intera proposta, ma – più limitatamente – deve condurre a modificare i criteri di assegnazione degli affari in quella sezione, tramite l’assegnazione al presidente di sezione di affari che, in precedenza, erano stati attribuiti ad altri magistrati.

Ciò detto, va, poi, precisato che, per la parte non approvata, resta in vigore la precedente disciplina ed il dirigente dell’ufficio ha comunque il compito doveroso di elaborare in breve tempo una proposta tabellare supplementare, relativa alla sola parte

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non approvata; ove questi non vi provveda entro il termine stabilito, il compito toccherà al presidente della Corte (ipotesi di cd. silenzio devolutivo), e l’inottemperanza a tale dovere è valutata ai fini della conferma del dirigente o del conferimento di ulteriori incarichi (art. 28, comma 3).

La possibilità di approvare parzialmente la proposta tabellare deve riflettersi, logicamente, anche sul regime di immediata esecutività della stessa.

In proposito, per una più ampia comprensione della tematica, va chiarito che la proposta tabellare, di per sé, non è provvisoriamente esecutiva, poiché “l’esecutività della proposta tabellare è condizionata all’unanime parere favorevole del Consiglio giudiziario” (art. 24).

Può, peraltro, verificarsi che il Consiglio Giudiziario renda parere sfavorevole o non unanime in ordine a “singole e specifiche parti della proposta”, donde il problema se in tale ipotesi la proposta tabellare possa entrare egualmente in vigore relativamente alle residue parti. Orbene, a ciò deve rispondersi nel senso che se la proposta può essere approvata parzialmente, e parzialmente entrare in vigore, sarebbe incongruo non consentirne l’immediata esecutività parziale in tutti i casi in cui il Consiglio giudiziario abbia reso un parere sfavorevole, o un parere favorevole non unanime, su

“singole e specifiche parti della proposta”.

Si è ritenuto di chiarire questo aspetto, che, nel pregresso triennio, era stato foriero di incertezze relativamente alle tabelle di un ufficio di grandi dimensioni, rispetto alle quali il parere del Consiglio giudiziario era stato favorevole su tutti i profili delle stesse, tranne che per la mancata attribuzione di un esonero ad un magistrato della sezione gip/gup, per ragioni familiari.

La soluzione adottata è stata anche qui quella di consentire la parziale entrata in vigore della proposta tabellare laddove il parere sfavorevole, o il parere favorevole non unanime, del Consiglio giudiziario riguardi “alcune singole e specifiche parti della proposta”.

Si è ritenuto di attribuire il potere decisorio sul punto al dirigente dell’ufficio, al quale la legge primaria attribuisce il compito di adottare provvedimenti in via di urgenza, sia pure relativi alla sola “assegnazione dei magistrati” (art. 7 bis, comma 2, dell’ordinamento giudiziario), ed al quale, sul piano logico, spetta la valutazione sull’eventuale interdipendenza tra le parti non approvate, o non approvate in maniera unanime, e quelle invece approvate all’unanimità. Del resto attribuire tale facoltà al Consiglio giudiziario avrebbe significato affidare a tale organo, che nella materia tabellare ha esclusive competenze di natura consultiva, un inedito potere decisorio di natura valutativa.

Per ragioni di chiarezza, e per facilitare l’attività valutativa dei dirigenti degli uffici, si è ritenuto di esplicitare il parametro valutativo entro il quale essi debbono muoversi: è possibile che essi dichiarino provvisoriamente esecutive “le parti della proposta oggetto di parere favorevole unanime, sempre che le altre parti della proposta, oggetto di parere sfavorevole ovvero di parere favorevole non unanime, non presentino aspetti di interdipendenza con le altre previsioni tabellari e, dunque, non ostacolino l’operatività delle previsioni tabellari oggetto di parere favorevole unanime” (art. 24, comma 3). Si tratta dello stesso perimetro valutativo attribuito al Consiglio per delimitare i termini dell’eventuale approvazione parziale (art. 27).

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3. Le variazioni tabellari

Come già specificato a proposito della proposta tabellare, anche le relative variazioni non sono provvisoriamente esecutive, salvo che si limitino a determinare una diversa assegnazione dei magistrati ai settori, alle sezioni o alle posizioni tabellari (cfr. art. 7 bis, comma 2, dell’ordinamento giudiziario).

L’esperienza di lavoro di Settima Commissione ha consentito di cogliere che molto spesso sono state dichiarate immediatamente esecutive variazioni tabellari che non potevano esserlo perché relative all’assegnazione degli affari e non (o non soltanto) all’assegnazione dei magistrati ai settori o alle sezioni. Tale non infrequente prassi, per quanto spesso ispirata da comprensibili esigenze di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, depotenzia il controllo di legalità sull’operato dei dirigenti da parte dei Consigli giudiziari e del Consiglio superiore e si pone in contrasto con il citato art. 7 bis, comma 2, dell’ordinamento giudiziario, che consente ai dirigenti degli uffici di adottare provvedimenti immediatamente esecutivi “concernenti le tabelle”

soltanto se relativi alla “assegnazione dei magistrati”.

Per evitare una dilatazione delle ipotesi di variazioni tabellari provvisoriamente esecutive va, altresì, considerato che il parere contrario del Consiglio giudiziario che intervenga successivamente ad esse non fa perdere la provvisoria esecuzione di cui erano già munite: ciò sarebbe, infatti, in contrasto con il predetto art. 7 bis dell’ordinamento giudiziario, anche perché attribuirebbe al Consiglio giudiziario un potere ulteriore rispetto a quello di natura consultiva che, in materia, la norma primaria gli attribuisce; inoltre, la temporanea eliminazione dell’efficacia esecutiva relativa ad un provvedimento che potrebbe, poi, essere approvato dal Consiglio superiore, creerebbe una situazione di potenziale incertezza e di confusione che si ritiene di dover evitare.

In caso di parere contrario del Consiglio giudiziario su una variazione tabellare immediatamente esecutiva (unanimemente contrario o contrario a maggioranza), si è ritenuto, piuttosto, di invitare il dirigente dell’ufficio ad un atteggiamento particolarmente prudente e responsabile (art. 39, comma 1: “in caso di parere contrario del Consiglio giudiziario, il dirigente dell’ufficio valuta l’opportunità di revocare l’immediata esecutività, in attesa della decisione del Consiglio Superiore della Magistratura. Il dirigente può revocare anche la sola immediata esecutività”).

Per tali complessivi motivi, l’immediata esecutività della variazione tabellare prima del parere del Consiglio giudiziario deve essere effettivamente un’eccezione.

Ecco perché si è ritenuto doveroso precisare che l’immediata esecutività può riguardare i provvedimenti che abbiano “esclusivo riguardo” all’assegnazione dei magistrati ai settori o alle sezioni o alla posizione tabellare (art. 39, comma 1) e giammai quelli di assegnazione degli affari, quand’anche contenuti in un provvedimento di assegnazione del magistrato al settore, alle sezioni o alla posizione tabellare.

4) Conoscibilità delle tabelle e delle relative decisioni consiliari

L’esperienza di lavoro svolta in Settima Commissione ed in Consiglio ha fatto comprendere l’importanza della rapida e sicura conoscibilità delle tabelle in vigore, sia da parte dei magistrati in servizio nel relativo ufficio sia da parte dei magistrati in

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servizio altrove, ad esempio perché interessati ad un trasferimento o al conferimento di un incarico semidirettivo o direttivo.

A tale scopo, si è confermata la previsione secondo cui la tabella deve essere pubblicata sul sito intranet del Consiglio (ossia sul sito cosmag) e sul sito internet dell’ufficio, precisandosi però che la pubblicazione sul sito internet deve escludere le parti “per le quali sussistano esigenze di riservatezza” (art. 30), come, ad esempio, le parti relative alle disposizioni organizzative adottate per ragioni di salute del magistrato.

Si è, inoltre, previsto che tutte le variazioni tabellari “successivamente intervenute” debbano essere anch’esse pubblicate con le stesse modalità, in modo tale da rendere disponibile un testo sempre aggiornato ed attuale. Per lo stesso obiettivo di certezza e conoscibilità si è scritto che “le proposte di variazione tabellare indicano specificamente le parti della tabella in vigore che sono state modificate o interamente sostituite” (art. 38).

A tale proposito si segnala l’importanza dell’aderenza tra il progetto tabellare e la sua rappresentazione informatica, in funzione dell’immediata individuazione sia delle sezioni specializzate nel settore civile e nel settore penale, sia del numero di sezioni effettivamente istituite nel Tribunale (al di là della presenza di gruppi di lavoro).

L’esigenza di agevole conoscibilità dei provvedimenti tabellari e del loro esito riguarda anche il Consiglio superiore, per il consapevole espletamento delle sue attribuzioni. Pertanto, si è previsto che i provvedimenti di rilievo organizzativo e tabellare che non siano stati approvati dal Consiglio siano inseriti nel fascicolo personale del magistrato, ai sensi dell’art. 6 della circolare consiliare in tema di tenuta del fascicolo personale dei magistrati (art. 44, comma 2).

Allo stesso modo si è prevista la costituzione, con modalità telematiche, di un Fascicolo dell’Ufficio, presso la Settima Commissione del Csm, dove siano inseriti i progetti tabellari e le variazioni degli stessi, ma anche le variazioni tabellari non approvate dal Consiglio, unitamente al relativo parere del Consiglio giudiziario e alla relativa delibera del Consiglio superiore (art. 45).

Si precisa, al riguardo, che non si tratta di una inutile duplicazione della pubblicazione, sul sito intranet del Consiglio, della tabella in vigore e delle sue successive modifiche. Il Fascicolo dell’Ufficio di cui all’art. 45 ha infatti finalità essenzialmente interne, legate al buon andamento dell’azione amministrativa del Consiglio e del circuito di governo autonomo: l’inserimento in esso non solo delle tabelle in essere, ma anche di quelle pregresse, così come dei provvedimenti adottati ma non approvati dal Consiglio, è utile per monitorare l’attività svolta dai dirigenti e da tutti i magistrati dell’ufficio, anche agli effetti dello svolgimento di tutti i vari compiti spettanti al Consiglio, in primis quelli relativi alle competenze della Quinta Commissione consiliare, ossia le nomine ad incarichi direttivi o semidirettivi e le conferme dei dirigenti e dei semidirigenti nominati; proprio per tali ultimi adempimenti, il comma 4 dell’art. 45 precisa che il Fascicolo dell’ufficio è “condiviso” con la Quinta Commissione.

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5) Il periodo feriale

La sezione IV del capo II del titolo I della circolare disciplina in termini innovativi il periodo feriale dei magistrati professionali.

La circolare ha, infatti, ripreso la regolamentazione dettata dalla delibera consiliare del 22 maggio 2019, emanata all’esito della sentenza n. 2719 del 29 aprile 2019 del Consiglio di Stato, nella quale è stato affermato che: per rendere effettivo, al pari di quanto accade per gli altri dipendenti pubblici, il periodo di ferie dei magistrati è necessario che il Consiglio provveda direttamente ad adottare le necessarie misure organizzative, senza possibilità di “delega” ai dirigenti degli uffici; tali misure organizzative devono consentire ai magistrati di completare il lavoro giudiziario e, quindi, di svolgere il lavoro residuo o anticipatorio fuori dai trenta giorni di ferie; l’arco temporale verosimilmente congruo per il completamento (o la preparazione) del lavoro giudiziario resta quello di quindici giorni, che ha tradizionalmente accompagnato i periodi di ferie dei magistrati.

Quindi, sin dalla suddetta delibera consiliare del 22 maggio 2019, relativa al periodo feriale per l’anno 2019, si è stabilito, proprio in attuazione di tale sentenza, che il periodo di ferie dei magistrati deve “essere preceduto da un periodo di dieci giorni dedicato alla definizione degli affari e degli atti in corso e seguito da un periodo di 5 giorni dedicato alla preparazione dell’attività ordinaria”; in tale periodo, comunemente denominato come “periodo cuscinetto”, i dirigenti degli uffici giudiziari dovranno organizzare il lavoro dei magistrati “anche prevedendo appositi turni, in modo da assicurare soltanto la trattazione degli affari urgenti e indifferibili, senza la fissazione di udienze ordinarie”.

Non risultando qui rilevante la regolamentazione del periodo feriale dell’anno 2020, che scaturisce da una normativa di natura eccezionale determinata dalla nota emergenza epidemiologica, nella presente circolare si è fatto riferimento alla predetta delibera del 22 maggio 2019 ed alla giurisprudenza amministrativa che l’ha determinata. Pertanto, all’art. 36 si è scritto che “al fine di assicurare il pieno ed effettivo godimento delle ferie di tutti i magistrati, il prospetto di organizzazione del lavoro giudiziario per il periodo feriale fissato con decreto ministeriale deve comprendere anche dieci giorni lavorativi antecedenti all’inizio del periodo feriale fissato con decreto ministeriale e cinque giorni lavorativi successivi al termine del predetto periodo”.

Inoltre si è ritenuto opportuno rendere più dettagliata la regolamentazione relativa al periodo feriale, trasponendo in circolare alcuni degli aspetti abitualmente contenuti nelle delibere consiliari redatte anno per anno in proposito; la scelta compiuta trova il suo fondamento in ragioni di certezza e conoscibilità della normativa, per tutti i magistrati e per gli operatori del mondo della giustizia. All’art. 35 si è dunque puntualizzato che i magistrati hanno diritto a trenta giorni di ferie l’anno, oltre ai sei giorni di riposo previsti dall’art. 1 della legge n. 937 del 23 dicembre 1977 (norma tuttora vigente); si è, altresì, precisato che almeno metà dei trenta giorni di ferie debba essere goduta nel periodo feriale, “salvo eccezionali ragioni di servizio, da motivare in modo specifico nel provvedimento di autorizzazione delle ferie”.

Si è, poi, ritenuto di chiarire la tempistica del procedimento relativo alla redazione dei prospetti feriali (art. 35, commi 3 e 4).

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6) Esonero per i magistrati titolari di incarichi direttivi e semidirettivi

L’art. 82/2017 della circolare prevedeva che i dirigenti degli uffici giudiziari dovessero anch’essi svolgere attività giudiziaria ma non quantificava l’entità dell’esonero di cui potevano godere. Di fatto, con le tabelle attualmente in vigore, è stata ritenuta conforme alla circolare anche l’attribuzione ai dirigenti degli uffici di una modestissima attività giudiziaria, con un esonero pari al 95% e oltre delle attribuzioni medie di un magistrato dell’ufficio (ad esempio, sono state ritenute sufficienti la sola presidenza della sezione specializzata agraria, anche senza carico, ovvero la sola trattazione delle separazioni consensuali, nelle quali l’attività istruttoria è minimale, che non pongono questioni giuridiche di sorta e che si concludono con decreto, elaborato sulla base di una motivazione standard).

Pur dovendosi considerare l’impegno spesso assai gravoso richiesto dalle attribuzioni di carattere organizzativo, il Consiglio ritiene preferibile che il dirigente dell’ufficio svolga anch’egli effettive competenze giurisdizionali, seppure in parte molto ridotta, tenuto conto, appunto, delle incombenze organizzative e gestionali; ciò affinché egli possa comprendere e condividere appieno le concrete e varie difficoltà dello ius dicere nel circondario o nel distretto, la condizione più o meno gravosa del ruoli, sul piano qualitativo o quantitativo, la natura effettiva dei rapporti sia con il Foro sia con il personale di cancelleria che lavora nell’ufficio. Pertanto, si è ritenuto opportuno prevedere un limite massimo per l’esonero dall’attività giurisdizionale dei dirigenti; limite massimo fino ad ora non esistente. Tale limite è stato fissato, in maniera che si ritiene ragionevole ed equilibrata, nel 90% per gli uffici di grandi dimensioni e nel 70% per tutti gli altri uffici (art. 85).

Come chiarito espressamente, tali regole valgono anche per i presidenti di Corte d’appello.

Per individuare gli “uffici di grandi dimensioni” si è ritenuto di far proprio il criterio indicato dall’art. 3, comma 3, del Testo unico sulla dirigenza (circolare consiliare n. 14858 del 28 luglio 2015), dove si afferma che sono considerati uffici di grandi dimensioni gli uffici giudicanti che presentino in pianta organica più di cinque presidenti di sezione nonché gli uffici requirenti presso di essi istituiti; ai fini della presente circolare tale nozione ricomprende anche gli uffici di secondo grado.

Per i presidenti di sezione, di Corte d’appello e di Tribunale, si è confermato il limite del 50% di esonero dall’attività giudiziaria (artt. 91 e 96). Si è però inteso precisare che non vi è alcun automatismo per fruire di un esonero nella misura del 50%:

“l’entità dell’esonero dal lavoro giudiziario è commisurata all’impegno richiesto per i compiti di collaborazione con la direzione dell’ufficio e di direzione della sezione, anche in considerazione del numero dei magistrati della sezione” (artt. 91 e 96).

L’esperienza del lavoro svolto in Settima Commissione ha consentito di verificare che non è infrequente che, in alcuni uffici, più presidenti di sezione siano assegnati alla stessa sezione; ad esempio, in un ufficio di secondo grado di grandi dimensioni, prima dell’approvazione delle tabelle relative al triennio 2017/2019, vi era una sezione con quattro presidenti e vi erano più sezioni con tre presidenti, il che, a dire dello stesso presidente della Corte, “paralizzava le scelte organizzative e rendeva impossibile valutare adeguatamente le effettiva capacità direttive dei presidenti non addetti a

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funzioni di coordinamento”1.

L’esemplificazione ora riportata, esplicativa di un fenomeno che non è stato e non è isolato, serve a spiegare perché, relativamente agli uffici di merito, si è ritenuto necessario precisare che “l’assegnazione di un unico presidente di sezione alla sezione stessa rappresenta il modello organizzativo più adeguato al fine di rendere più efficace e celere la risposta all’istanza di giurisdizione, anche tenuto conto della percentuale di esonero dal lavoro giudiziario fruibile dai presidenti di sezione” (artt.

90, comma 1, e 94, comma 1); ciò in aggiunta a quanto già scritto agli artt. 86/2017 e 93/2017, ora artt. 90, comma 2, e 94, comma 2 (“l’assegnazione di più Presidenti di sezione a una stessa sezione può essere ammessa solo quando tutte le sezioni, civili e penali, abbiano un presidente e la presenza di più presidenti trovi giustificazione in base al numero dei magistrati addetti alla sezione e alla natura e quantità delle materie trattate”).

Inoltre, l’inopportunità dell’attribuzione ad una stessa sezione di più presidenti va affermata, almeno in linea tendenziale, anche per ragioni di natura sistematica ed ordinamentale: con un tale assetto organizzativo diviene più difficile valutare come i vari presidenti della sezione abbiano svolto le proprie competenze e responsabilità organizzative, anche ai fini del procedimento di conferma e dell’eventuale attribuzione di ulteriori incarichi semidirettivi o direttivi.

Ciò posto, ove risulti comunque indispensabile la presenza di più presidenti in una stessa sezione, essa non può non incidere sull’entità dell’esonero di cui essi possano beneficiare. Corrisponde infatti alla logica riscontrare che le incombenze derivanti dal ruolo semidirettivo svolto sono meno gravose se sono ripartite tra due o più persone. Pertanto, si è ritenuto di dover affermare che, nel caso di assegnazione di più presidenti ad una stessa sezione, la misura dell’esonero dal lavoro giudiziario non può superare il 25% degli affari assegnati ai magistrati della sezione (artt. 91, comma 3, e 94, comma 3).

Sempre quanto ai titolari di incarichi direttivi o semidirettivi, si è prevista una tutela rafforzata del limite decennale di svolgimento delle medesime funzioni, nel senso che, ove il magistrato termini l’ottennio di svolgimento delle relative funzioni e resti nel medesimo ufficio, dovrà comunque rispettare la regola della decennalità2. Per esemplificare: se un presidente di sezione ha svolto durante l’ottennio di esercizio delle funzioni semidirettive le funzioni di giudice fallimentare, una volta scaduto l’ottennio non potrà comunque valicare il complessivo termine di dieci anni nello svolgimento di tali funzioni nel medesimo ufficio (art. 139).

1 Così è stato scritto nella richiesta formulata in data 21 febbraio 2019 dall’allora dirigente del suddetto ufficio;

richiesta che ha dato il via al procedimento consiliare 1/P.O./2020 e che è stata riportata nella delibera consiliare dell’8 luglio 2020.

2 Sull’ipotesi inversa, relativa al superamento dei dieci anni nello svolgimento delle medesime funzioni per pre- gresso esercizio delle stesse da parte di un magistrato che sia poi divenuto titolare, nel medesimo ufficio, di un incarico direttivo o semidirettivo, si ritiene di non poter intervenire con la presente circolare. Infatti, un’eventuale estensione della regola della decennalità anche a questa ipotesi, andrebbe a collidere con le competenze consiliari in tema di conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi; competenze consiliari che possono essere ad esempio esercitate pure valorizzando le attitudini e l’esperienza maturate da un magistrato destinato a presiedere la stessa sezione, anche specialistica, in cui in precedenza ha operato come giudice.

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Per affinità argomentativa preme poi riportare che, tra i compiti affidati ai presidenti di sezione, si è inserito anche quello relativo alla verifica annuale sullo smaltimento dell’arretrato (ultratriennali per i tribunali e ultrabiennali per le corti) la quale deve essere compiuta non soltanto a livello generale, ma anche con riferimento al ruolo di ciascun giudice, onde rendere la stessa verifica più incisiva e più rispondente allo scopo (art. 95, lettera g). In tal modo, inoltre, il presidente di sezione avrà a disposizione un più mirato elemento conoscitivo circa la gestione dei ruoli, utilizzabile anche ai fini della redazione dei rapporti per le valutazioni di professionalità.

7) Incarichi di coordinamento e di collaborazione

Nella medesima ottica di responsabilizzare chi sia stato nominato per lo svolgimento di compiti di natura organizzativa, si è provveduto a delimitare la possibilità di ricorrere ad incarichi di coordinamento, che sono stati anzitutto denominati come tali, e non più come incarichi di direzione (art. 103).

Più in dettaglio, mentre per l’art. 99/2017 era possibile ricorrere ad “incarichi di direzione” sia “nei Tribunali nei quali non sono istituiti posti di presidente di sezione”

(ossia nei Tribunali molto piccoli, per lo più organizzati in sezione unica promiscua) sia quando una sezione non era “diretta da un presidente di sezione”, con l’attuale art. 103 è possibile ricorrere ad incarichi di coordinamento soltanto “nei Tribunali nei quali non sono istituiti posti di presidente di sezione”, “in caso di scopertura del posto di Presidente di sezione” o nel caso di “assenza” o “impedimento” dello stesso “per un tempo superiore a tre mesi”.

Risultano dunque circoscritti i presupposti oggettivi per attribuire tali incarichi di coordinamento.

In particolare, non è più possibile attribuire un incarico di coordinamento quando una sezione sia strutturalmente priva di un presidente di sezione. Ciò significa che, nell’assetto organizzativo dell’ufficio, il dirigente deve evitare di creare sezioni in numero eccedente rispetto al numero dei presidenti di sezione previsti in pianta organica.

In altre parole, su un piano organizzativo, occorre evitare sia di assegnare più presidenti ad una sola sezione, sia di costituire sezioni eccedenti rispetto al numero dei presidenti di sezione assegnati sulla base della pianta organica.

Qualora, tuttavia, per comprovate esigenze di natura organizzativa che sarà cura del dirigente indicare, il numero delle sezioni debba restare o diventare superiore a quello dei presidenti di sezione previsti dalla pianta organica, il dirigente dovrà assegnare ad un presidente di sezione la responsabilità organizzativa di due sezioni, nel contempo riducendo nei suoi riguardi gli impegni e le deleghe derivanti dall’attività di collaborazione alla direzione dell’ufficio di cui all’art. 95, lettera f), ovvero potrà riservare a se stesso il coordinamento della sezione eccedente.

In caso di assenza o di impedimento del presidente di sezione (ad esempio per congedo parentale, per malattia, per congedo straordinario), si è ritenuto che possa essere nominato un coordinatore soltanto se tale assenza o impedimento sia di durata superiore a tre mesi, ché altrimenti non si giustificano né l’attivazione dell’apposito procedimento di cui all’art. 104 né l’impegno organizzativo del coordinatore; impegno

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che, per avere una resa proficua, deve potersi spiegare in un arco temporale non minimale. Ciò significa che, per assenze o impedimenti di durata inferiore a tre mesi (ad esempio per congedo ordinario), le funzioni del presidente di sezione possono essere esercitate da altro presidente di sezione o dal dirigente dell’ufficio, l’uno o l’altro indicati come supplenti dalle tabelle dell’ufficio.

Si è poi chiarito che gli incarichi di coordinamento destinati a supplire al presidente di sezione, per loro natura temporanei, cessano “con la copertura del posto o con il venir meno della causa dell’assenza o dell’impedimento” (art. 103, comma 2).

Inoltre, nei (pochi3) Tribunali privi in pianta organica di un presidente di sezione, rimane possibile nominare un coordinatore, per un solo settore e sempre “sulla base di oggettive e motivate esigenze di servizio”: l’assenza del presidente di sezione, invero, può, in taluni contesti, dato il numero dei giudici, far sì che il dirigente dell’ufficio non possa fruttuosamente occuparsi, oltre che dei compiti relativi alla dirigenza, sia del settore civile sia del settore penale, cosicché, per uno di essi, può avvalersi del supporto di un coordinatore.

Sul piano procedimentale, si è altresì precisato che tali incarichi possono essere attribuiti soltanto previo interpello e con decreto motivato, seguendo il procedimento tabellare.

I criteri prioritari di scelta del coordinatore riguardano il merito e le attitudini, rispetto ai quali si è precisato che, per le sezioni specializzate, rileva anche la specifica competenza acquisita nella materia trattata; in via residuale prevale il magistrato maggiormente anziano in ruolo (sulla generale valorizzazione dell’anzianità in ruolo in luogo dell’anzianità di servizio si veda quanto si scriverà nel prosieguo).

In alternativa all’applicazione del criterio residuale della maggiore anzianità di ruolo, la proposta tabellare può, però, prevedere che, in caso di pari attitudine e merito, l’incarico di coordinamento del settore o della sezione venga attribuito a rotazione tra tutti i magistrati che vi fanno parte, per periodi non inferiori a un anno, a partire dal magistrato con maggiore anzianità di ruolo (art. 104, comma 4). Dunque, in assenza di divieti legislativi di sorta, il Consiglio ritiene che il dirigente, sulla base di una valutazione concreta delle dinamiche interne alla sezione e della qualità delle risorse umane a sua disposizione, possa decidere, nell’ambito del procedimento tabellare, che l’eventuale incarico di coordinamento del settore o della sezione possa spettare a tutti i giudici che vi fanno parte. Per garantire continuità allo svolgimento dell’incarico si precisa, però, che, ferma la tempistica di cui all’art. 103, comma 1, quanto ai presupposti per la stessa nomina del coordinatore, i periodi di rotazione non possono essere inferiori all’anno; se poi il posto di presidente di sezione ritorni vacante, ovvero sopraggiunga una nuova assenza o un nuovo impedimento dello stesso, la rotazione deve ripartire escludendo chi abbia già svolto l’incarico

Per ragioni di trasparenza, si è, altresì, precisato che “nella tabella sono indicati tutti i magistrati titolari di incarichi di coordinamento” (art. 104, comma 5).

3 Alla data di approvazione della presente circolare si tratta, per essere precisi, dei seguenti Tribunali, qui indicati anche con il numero dei giudici – escluso il presidente – previsto dalla pianta organica: Aosta (7 giudici); Avez- zano (9 giudici ed un giudice del lavoro); Belluno (10 giudici ed un giudice del lavoro); Gorizia (10 giudici ed un giudice del lavoro); Isernia (8 giudici); Lanciano (6 giudici); Lanusei (5 giudici); Larino (7 giudici); Rovereto (8 giudici); Sciacca (9 giudici); Spoleto (13 giudici); Sulmona (5 giudici); Urbino (5 giudici); Vasto (6 giudici).

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Si conferma che sia i magistrati collaboratori (art. 108) sia i magistrati titolari di incarichi di coordinamento (art. 105) non possono fruire di esoneri.

Nella stessa direzione va la modifica apportata all’art. 107 in tema di magistrati collaboratori del dirigente dell’ufficio: essi possono essere nominati soltanto “negli uffici di grandi dimensioni” – identificati nei termini di cui sopra – e soltanto se il dirigente, nel motivato decreto di nomina, dia conto sia “delle esigenze dell’ufficio che giustificano il conferimento di compiti specifici” sia “delle ragioni per le quali non è possibile attribuire tali compiti ad un presidente di sezione” sia dei “criteri seguiti nella scelta”. La nomina avviene previo interpello ed è soggetta alla procedura tabellare. Onde evitare che si creino in tal modo situazioni di “dirigenza di fatto”

protratte nel tempo, si precisa che l’incarico di collaborazione può durare un anno ed è rinnovabile una sola volta.

Per le medesime ragioni di trasparenza di cui sopra, si è precisato che “nella tabella sono indicati tutti i magistrati titolari di incarichi di collaborazione”.

Medesima è la ratio delle modifiche in tema di ausilio alle funzioni di coordinamento dell’ufficio del giudice di pace, spettanti al presidente del Tribunale ai sensi dell’art. 5 della legge n. 57/2016. Si è voluto anzitutto affermare che l’eventuale ausilio nei riguardi del presidente del Tribunale competa al presidente di sezione e che possa essere affidato ad un giudice professionale diverso dal presidente di sezione soltanto negli uffici privi di presidente di sezione (art. 203). Tale modifica giustifica l’eliminazione del possibile esonero, ora previsto nella misura massima del 30%: i presidenti di sezione già possono fruire del generale esonero attribuito nella misura massima del 50%, non valicabile e non cumulabile con altri; l’esonero non si giustifica, poi, per i piccoli uffici sprovvisti della semidirigenza giacché in essi, secondo l’id quod plerumque accidit, anche gli uffici del giudice di pace hanno dimensioni ridotte sicché le incombenze del coordinatore sono minori rispetto a quelle esistenti nei circondari più popolosi e di grandi dimensioni, onde non si ravvisano ragioni per una disciplina diversa da quella già prevista dall’art. 103/2017 e dall’art. 105 per gli incarichi di coordinamento .

8) La funzione gip\gup

L’art. 68/2017 stabiliva che la sezione gip/gup “può essere diretta da un Presidente di sezione”. La regola invece introdotta con la presente circolare è quella secondo cui la sezione gip/gup deve essere diretta anch’essa dal presidente di sezione, al pari di tutte le altre sezioni (art. 71). Si ritiene in proposito che, così come accade nel settore civile, dove tutte le sezioni, ivi comprese quelle specializzate, sono dirette da un presidente di sezione, anche nel settore penale ogni sezione deve essere diretta da un presidente di sezione, il quale deve sapere e potere organizzare l’intera materia penale.

La possibilità di nominare un coordinatore, previo interpello, è riservata soltanto all’ipotesi in cui non vi sia una sezione gip/gup o nei già indicati casi di cui all’art.

103, ovvero nei casi scopertura del posto di presidente di sezione e nei casi di assenza o di impedimento dello stesso per un tempo superiore a tre mesi.

Inoltre, si chiarisce che il coordinatore non è titolare di un incarico semidirettivo

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di fatto e, quindi non ha, e non può avere, gli stessi compiti del presidente di sezione;

al contrario, egli, ove presente, ha limitati e specifici poteri, ricevuti per delega dal presidente del Tribunale e puntualmente indicati dall’art. 71; per il resto, egli ha una mera facoltà di proposta nei riguardi del presidente del Tribunale o del presidente di sezione.

Proprio perché non si tratta di un incarico semidirettivo “di fatto”, non si ritiene ammissibile la figura del “vice coordinatore” sicché, in caso di assenza o di impedimento del coordinatore, le rispettive funzioni ritornano al dirigente dell’ufficio o al presidente di sezione.

Tali complessive innovazioni introdotte vanno anch’esse nella direzione di responsabilizzare i presidenti di sezione e di evitare la formazione di incarichi semidirettivi di fatto, conferiti dal dirigente dell’ufficio in maniera fiduciaria.

Proprio per il fatto che l’eventuale coordinatore dell’ufficio gip/gup ha i limitati e specifici poteri di cui all’art. 71, ricevuti per delega dal presidente del Tribunale e, dunque, il suo incarico non è equiparabile a quello di un presidente di sezione, si è consequenzialmente abolita la possibilità di esonero dall’attività giurisdizionale ordinaria negli stessi limiti previsti per i presidenti di sezione che, finora, era stata prevista dall’art. 98/2017, peraltro con norma eccentrica rispetto alla regola generale stabilita per gli incarichi di coordinamento dall’art. 103/2017.

Restando allo svolgimento delle funzioni gip/gup, va rammentato che la normativa primaria stabilisce che “possono svolgere le funzioni di giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché di giudice dell’udienza preliminare solamente i magistrati che hanno svolto per almeno due anni funzioni di giudice del dibattimento. Le funzioni di giudice dell’udienza preliminare sono equiparate a quelle di giudice del dibattimento” (art. 7 bis, comma 2 bis, dell’ordinamento giudiziario). La ratio di tale norma è quella secondo cui le funzioni gip/gup devono essere svolte da magistrati che abbiano già acquisito una particolare esperienza nel settore penale; ciò in quanto si tratta di funzioni particolarmente delicate perché incidono sulla libertà personale in via monocratica e con un contraddittorio soltanto differito. La stessa normativa primaria, però, consente la deroga a tale principio, “per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio” (cfr. art. 7 bis, comma 2 quinquies, dell’ordinamento giudiziario).

La normativa secondaria fino ad ora in essere non precisava quali magistrati dovessero svolgere le funzioni di gip/gup qualora in Tribunale mancassero magistrati che avessero svolto, per almeno un biennio, funzioni di giudice del dibattimento o funzioni ad esse equiparate (art. 114/2017). Tale lacuna è stata talora fonte di incertezze applicative. Si è quindi ritenuto opportuno regolamentare la fattispecie. E’

stato così introdotto il comma 3 dell’art. 111, dove si è chiarito che, in mancanza di aspiranti, vanno di regola assegnati all’ufficio gip/gup coloro che abbiano svolto, per almeno un anno, le funzioni di giudice del dibattimento o funzioni ad esse equiparate e, in mancanza di giudici con tali requisiti professionali, chi abbia la minore anzianità di ruolo tra coloro che abbiano conseguito la seconda valutazione di professionalità.

La normativa primaria non pone poi un espresso ed inderogabile divieto a che le funzioni gip/gup siano svolte, come prima funzione, dai magistrati di prima nomina all’esito del tirocinio (cfr., anche, il d.lgs. n. 26 del 30 gennaio 2006, contenente anche

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“disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari”). Tuttavia, la normativa secondaria aveva stabilito che “i magistrati ordinari all’esito del tirocinio non possono essere destinati alle funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare” (art. 148/2017). Con la presente circolare tale norma viene confermata come regola generale, che resta inderogabile in tutti i casi in cui nell’ufficio vi siano magistrati che, compresi i titolari di incarichi semidirettivi, abbiano maturato i requisiti di cui al predetto art. 111, commi 1 e 2, ossia abbiano svolto, per almeno due anni, le funzioni di giudice del dibattimento o le funzioni ad esse equiparate.

Tuttavia, l’esperienza di lavoro in Settima Commissione ha fatto emergere che in taluni uffici, in specifici casi, l’assolutezza del divieto irrigidisce troppo il sistema e può condurre ad esiti non funzionali all’efficiente organizzazione dell’ufficio. Si pensi, ad esempio, ad un piccolo ufficio composto, nel settore penale, da magistrati che svolgono tali funzioni da meno di due anni (e che quindi non posseggono i requisiti di legge) e, nel settore civile, da magistrati che non hanno maturato alcuna esperienza nel settore penale. Si tratta di casi in cui potrebbe risultare inopportuno, considerato l’assetto organizzativo dell’ufficio, impedire a priori che, in luogo dei magistrati addetti al settore civile, o di magistrati che svolgono funzioni penali da meno di due anni, siano destinati alle funzioni gip/gup magistrati di prima nomina che abbiano ricevuto apposita e mirata formazione nel corso del tirocinio.

Da queste considerazioni di fondo scaturisce la norma di cui all’art. 142, comma 2, della novellata circolare, con la quale si consente, “per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio”, di assegnare anche i magistrati di prima nomina all’ufficio gip/

gup, “con richiesta motivata” da rivolgere al Consiglio “subito dopo la comunicazione relativa all’elenco delle sedi da assegnare ai magistrati ordinari in tirocinio”.

In definitiva, resta fermo il fatto che la regola è quella per cui l’assegnazione all’ufficio gip/gup deve seguire la norma di cui all’art. 111 commi 1 e 2, espressione del vincolo tendenzialmente posto dalla norma primaria e che, in mancanza di magistrati in possesso dei requisiti ivi indicati, il dirigente dell’ufficio deve regolarsi secondo i criteri indicati nel comma 3 del medesimo articolo; si è, tuttavia, stabilito che non gli è impedito di chiedere al Consiglio - in ragione di “imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio” connesse alla necessità di non disarticolare una efficiente organizzazione dell’ufficio in presenza di una scopertura delle funzioni gip/gup – l’assegnazione a dette funzioni di un magistrato di prima nomina; e ciò “subito dopo la comunicazione relativa all’elenco delle sedi da assegnare ai magistrati ordinari in tirocinio”.

Rimane ferma la previsione secondo cui né la sezione né l’ufficio del giudice per le indagini preliminari e per l’udienza preliminare possono essere articolati attribuendo ai magistrati che ne fanno parte ruoli separati per le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare, salvo quando le dimensioni dell’ufficio e l’effettiva copertura degli organici impongano di prevenire troppo ricorrenti situazioni di incompatibilità (art. 74, comma 1). Tuttavia, per un più duttile impiego delle risorse in seno all’ufficio o alla sezione, si permette al dirigente di poter articolare “in percentuali diverse” i rispettivi ruoli, di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare, previa motivazione espressa della scelta compiuta (art. 74, comma 2).

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La proposta tabellare darà conto dei criteri adottati per addivenire al congruo dimensionamento dell’ufficio o della sezione di cui al primo comma dell’art.72 9) Le sezioni specializzate competenti sulla protezione internazionale

Le materie di competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea hanno necessità di alta specializzazione dei giudici addetti, i quali devono acquisire un approfondito bagaglio di conoscenza dei relativi istituti e della giurisprudenza delle Corti europee (poiché il quadro normativo è per lo più di matrice euro unitaria), devono aver maturato dimestichezza e padronanza nelle ricerche sul web, spesso in lingua straniera, per adempiere alla necessaria cooperazione istruttoria con l’acquisizione delle cd. COI rilevanti (country origin informations). La necessità di specializzazione imposta normativamente e più volte ribadita dalla normazione secondaria consiliare, richiede che siano addetti a tali sezioni giudici che trattano le relative materie in misura largamente prevalente all’interno del loro complessivo carico di lavoro, affinché possano sviluppare ed affinare le necessarie e specialistiche capacità professionali.

Tale valutazione è stata riaffermata dal Consiglio nella delibera assunta nella seduta del 14 maggio 2020, nel procedimento n. 4372/2019, relativo alla competenza tabellare, nella Corte di Cassazione, delle cause in materia di protezione internazionale.

Si è, quindi, confermato che nell’organizzazione di tali sezioni va favorita “la trattazione in via prevalente” delle materie specialistiche da parte dei magistrati ad esse assegnati, anche mediante la costituzione di sottogruppi sezionali con giudici dedicati.

Pur confermando, inoltre, il principio della “non esclusività” nella trattazione di tali materie da parte dei giudici addetti, si prevede, in via tendenziale, che l’assegnazione a tali giudici di ulteriori competenze avviene “compatibilmente con i complessivi flussi di lavoro dell’ufficio e con l’assegnazione di materie omogenee in modo che sia comunque garantita la specializzazione dei giudici stessi in funzione di una trattazione efficiente, celere e di qualità” dei relativi procedimenti (art. 69).

Per le stesse ragioni di fondo si è precisato che il presidente della sezione della protezione internazionale “deve, compatibilmente con le dimensioni e le esigenze organizzative dell’ufficio, preferibilmente essere destinato in via esclusiva alla direzione della sezione specializzata”.

Infine, poiché l’esperienza di lavoro in Settima Commissione ha consentito di verificare che le elevate pendenze maturate in taluni uffici nel settore della protezione internazionale sono il frutto anche dell’assegnazione alle sezioni specializzate in via stabile (a prescindere, cioè, da coassegnazioni e applicazioni extradistrettuali) di un numero insufficiente di giudici, si è ritenuto opportuno precisare che, fermo il fatto che dette sezioni “sono composte da non meno di tre magistrati, di cui due giudici e un presidente di sezione”, il numero dei giudici assegnati alla sezione “deve essere individuato in modo proporzionato al numero delle sopravvenienze e alla complessità della materia” (art. 68).

La proposta tabellare darà, dunque, conto dei criteri adottati per addivenire al dimensionamento della sezione ritenuto congruo.

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10) Concorsi interni

Di seguito si indicheranno le salienti modifiche apportate alla Sezione II (“Concorsi interni”) del capo IV (“Assegnazione dei magistrati alle sezioni.

Tramutamenti dei magistrati nell’ambito dello stesso ufficio”) del titolo II della circolare (“Organizzazione degli uffici giudicanti di merito”).

Viene eliminata la possibilità del doppio concorso separato, ossia del successivo e separato concorso per l’attribuzione dei posti di risulta. Ciò per le criticità spesso rilevate in sede di analisi delle variazioni tabellari relative ai concorsi interni e per l’ingiustificato deteriore trattamento che può interessare magistrati più anziani a fronte della pubblicazione dei posti di risulta.

Il concorso diventa, quindi, unico. Sicché nel bando - rispetto al quale si è rafforzato l’onere motivazionale con riguardo alle ragioni organizzative che sorreggono la scelta della pubblicazione, che devono essere specificate (114 comma 1) - i dirigenti devono stabilire quali posti tra quelli vacanti intendono pubblicare, ma anche indicare preventivamente “gli eventuali posti di risulta che provvederanno sicuramente a coprire”, cioè di quali tra i posti di eventuale risulta ritengano necessaria la copertura in funzione della efficiente organizzazione dell’ufficio (art. 114, comma 2). Naturalmente il dirigente potrà indicare preventivamente che coprirà tutti i posti di risulta, ovvero indicare criteri predeterminati di individuazione delle risulte a “copertura necessaria” (es. la contestuale scopertura di più posti nella medesima sezione, da indicare specificamente).

I magistrati che partecipano al bando (compresi quelli di nuova destinazione per effetto di tramutamento) dovranno, quindi, indicare, in ordine di preferenza, i posti pubblicati e quelli di eventuale risulta cui aspirano. Per ragioni di buon andamento dell’attività amministrativa, fermo il limite già previsto di due domande in caso di pubblicazione da due cinque posti, si è posto un limite al numero di domande che ciascun magistrato potrà presentare in tutti i concorsi, anche con riferimento agli eventuali posti di risulta, limite pari a tre domande (art. 117).

Si è chiarito, poi, anche alla luce di diverse incertezze registrate con riguardo alla gestione di questo aspetto del concorso interno, che i magistrati di nuova destinazione possono aspirare anche ad eventuali posti di risulta.

Si è, altresì, precisato l’iter procedimentale da seguire nel caso in cui i magistrati di nuova destinazione siano risultati perdenti sui posti per cui hanno espresso preferenza o non abbiano partecipato al bando. In tal caso devono essere, in primo luogo, assegnati d’ufficio ad uno dei posti rimasti vacanti tra quelli pubblicati. In caso non siano rimasti posti vacanti tra quelli pubblicati, essi devono essere collocati d’ufficio “in uno dei posti di risulta che il dirigente già nel bando aveva indicato che avrebbe sicuramente coperto (c.d. posti a copertura necessaria) rimasti vacanti”.

Solo in ulteriore subordine il dirigente provvederà ad espletare un ulteriore concorso per un numero di posti pari a quello dei magistrati di nuova destinazione ancora da collocare, scegliendo quali posti pubblicare tra quelli liberatisi all’esito del concorso (di risulta) ovvero tra i posti liberi e non pubblicati, indicando le ragioni organizzative della scelta (art. 138).

Stante il fatto che il dirigente deve spiegare nel testo del bando le ragioni

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