• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.07 (1880) n.320, 20 giugno

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.07 (1880) n.320, 20 giugno"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI

A d d o

VII - Voi. XI Domepica 20 Giugno 1880 N. 820

ANCORA DELLA RIFORMA ELETTORALE

Nello scorso n u m e r o i l nostro periodico deplorava alcune fra le disposizioni del progetto Depretis i n -torno alla r i f o r m a elettorale. E d alla sagacia dei no-stri lettori n o n sarà certo sembrato che la scelta del tèma fosse f u o r i di l u o g o i n una rivista di E c o -nomia politica, poiché è c h i a r o che, essendo i l si-stema elettorale la base delle istituzioni rappresentative, t u t t i quanti gì' interessi sociali v i si r i c o l l e -gano strettamente. Onde c r e d i a m o o p p o r t u n o t o r n a r e anche u n a volta s u l l ' a r g o m e n t o .

N e l citato articolo f u posto in r i l i e v o il danno che potrebbe nascere dalla m a l celata diffidenza con-tro il censo diretto e i n d i r e t t o e dal p o r r e per base della capacità elettorale la istruzione elementare n o n solo, m a per c i n q u e a n n i i l corso della seconda ele-m e n t a r e , nel teele-mpo stesso i n cui si abbassa a 2 1 anno i l l i m i t e della età. Meglio che una r i f o r m a s i m i l e , giova ripeterlo, meglio il suffragio u n i v e r s a l e .

I n u t i l e che r i p e t i a m o le ragioni d i questa conclusione. V o g l i a m o piuttosto osservare come il d i -fetto di una equa rappresentanza di tutti g l i inte ressi diventerebbe m a g g i o r e se, come si crede da m o l t i , venisse accolto lo s c r u t i n i o di lista senza a l -c u n temperamento, -che ne mitigasse i g r a v i in-con- incon-venienti.

Quale sarebbe l ' i d e a l e di u n ' assemblea sentativa? Quello che l'assemblea medesima rappre-sentasse v e r a m e u l e e sinceramente tutti i partiti e tutti gì' interessi che h a n n o u n a notevole importanza, sì che il paese legalo riflettesse come u n o specchio, per quanto è possibile, il paese reale.

Ciò n o n avviene cogli attuali sistemi elettorali, nò avviene col collegio u n i n o m i n a l e p i ù che collo scru-tinio d i lista. Se il partito che è in m a g g i o r a n z a vota compatto, è certo cfie le minoranze, per quanto i m p o n e n t i , n o n possono avere nel P a r l a m e n t o u n a rappresentanza adeguala, e si va così i n c o n t r o al grande p e n c o l o delie democrazie, la t i r a n n i a delle maggioranze. L o Stuart M i l l nel suo l i b r o Bel Governo Rappresentativo notava stupendamente q u e -sto pericolo, osservando come nelle assemblee elet-tive il l i v e l l o intellettuale e morale tenda ad abbas-sarsi e ad assicurare il p r e d o m i n i o alla m e d i o c r i t à , e additava all'attenzione degli studiosi u n r i m e d i o nella rappresentanza delle minoranze mediante II sistema escogitato da I l a r e . L a questione si doveva n a t u r a l m e n t e presentare d a p p r i m a sotto questo aspetto, poiché erano le minoranze che potevano l e g i t t i m a -mente lagnarsi di n o n essere o di essere inadegua-tamente rappresentate, ma p i ù tardi si v i d e che il problema v e r o era q u e l l o di dare a ogni partito e

ad o g n i interesse una rappresentanza proporzionata alla sua forza, e si adottò perciò la espressione p i ù esatta di rappresentanza proporzionale.

N o i n o n v o g l i a m o q u i esaminare le obiezioni de-g l i a v v e r s a r i di questo p r i n c i p i o , nè esporre i sistemi proposti per applicarlo. P r i m a di tutto, s c r i -vendo i n una rivista e c o n o m i c a , ci si potrebbe d i r e giustamente, se entrassimo i n tanti particolari : non kic locus. Si aggiunga che n o n v o g l i a m o d i v a g a r e nel c a m p o delle teorie e n e m m e n o sostenere siste-m i che, c o siste-m u n q u e razionali, n o n saprebbero esser presi i n considerazione col vento che tira, ma ripetere piuttosto qualche s u g g e r i m e n t o pratico che potrebbe s e r v i r e n o n a togliere, ma a scemare g l i incon-venienti del presente indirizzo. Basti d u n q u e che abbiamo posto i n sodo la massima. E d ora andia-m o avanti.

L a Commissione della Camera propone lo s c r u -tinio di lista, l i m i t a n d o , si dice, a c i n q u e il n u m e r o massimo degli e l i g e n d i . M o l t i d u b i t a n o che la Camera voglia accettare questo sistema. E n o i c o m p r e n d i a m o invero che m o l t i deputati v i saranno a v -versi perchè t e m e r a n n o di perdere il collegio con-quistato con influenze p i ù personali che di p a r t i l o , n è può fin d' ora prevedersi 1' esito finale della d i scussione; eppoi lo stesso segreto dell' u r n a fa t a l -volta certi scherzi ! A d o g n i m o d o staremo a v e d e r e , e saremo i n tempo a r i p a r l a r n e . Oggi c o m e oggi, se pensiamo che i l M i n i s t e r o e i già' t r i u m v i r i dis-sidenti sono concordi, se n o n nelle forme, a l m e n o nella massima, quanto allo s c r u t i n i o di lista, n o n ci pare infondato il t i m o r e che abbia a prevalere.

(2)

122-4 L' E C O N O M I S T A 20 giugno 1880 derivare dalla esclusione di gran parte di quegli

elementi e di quegli interessi, mercè i' azione dei quali l'ordine colla libertà e le savie e graduali r i forme possono avviare la società incontro a u n p r o -gresso reale.

Ecco perchè quando lo scrutinio di lista avesse a prevalere, noi v o r r e m m o che fosse almeno accom-pagnato dal voto limitato. È noto come questo si-stema sia usato in I n g h i l t e r r a fino dal 1869 negli undici collegi tricorni. La maggioranza eleggeva tutti e tre i deputati. Parve q u i n d i equo ed' utile al tempo stesso, concedere qualcosa alle minoranze p i ù forti, e così fu stabilito che ogni elettore che prima disponeva di tre voti, non potesse eleggere che due soli deputati, rimanendo assicurato il terzo alla minoranza, qualora sia abbastanza numerosa e compatta.

Supponete un collegio di novecento elettori che debba avere tre deputati ; è chiaro che non dispo-nendo ciascuno elettore che di due voti, trecento elettori che si mettano d'accordo su u n nome, sono sicuri di farlo passare. Naturalmente la proporzione della limitazione dei voti può differire secondo il n u m e r o degli eligendi, e del resto p i ù che il voto è limitato, e più anche g r u p p i m i n o r i possono ot-tenere una rappresentanza.

Noi non intendiamo di affermare che il voto limitato sia senza difetti; conveniamo anzi che a r i e -scire noli' intento richiede fra gli elettori di u n partito un accordo che non è s e m p r e facile ; con-veniamo che è, per così dire, la legge clic as-segna alla minoranza un dato n u m e r o di rappre-sentanti, che può essere n o n proporzionato alle sue forze ; conveniamo che mantiene il sistema della maggioranza relativa coi suoi inconvenienti ; conve-niamo anche che i suoi difetti non si restringono a questi. Conluttociò non saprebbe negarsi che consi-derato di fronte agli altri sistemi vigenti, il voto li-mitato non costituisca u n grande progresso e non risponda almeno in parte ai desiderati della scienza e della giustizia coll'impedire il predominio assoluto ed esclusivo delle maggioranze.

Certo il sistema del quoziente sarebbe molto più razionale, ma non v ' è da sperare che una r i f o r m a i n questo senso possa farsi senza una lunga prepa-razione. Eppoi si griderebbe alla sua pratica inat-tuabilità, sebbene a torto. Invece il voto limitato è cosa elio s'intende alla p r i m a , ed ha anche il merito di vari esperimenti. A b b i a m o citato l ' I n g h i l -terra ; p o t r e m m o aggiungere a l c u r e prove fatte con esito abbastanza soddisfacente agli S t a t i - U n i t i e in Svizzera. Nella nostra Camera dei Deputati, quando le bizze partigiane non prendono il s o p r a v v e n t o , vediamo nelle elezioni del seggio (eccettuato, si capisce, il presidente), e in quelle delle p i ù i m p o r -tanti Commissioni, la maggioranza lasciare un certo n u m e r o d i posti alla minoranza.

Qualora d u n q u e il Parlamento accettasse lo scru-tinio di lista, ripetiamo il voto che sia accompa gnato almeno dal voto limitato, lasciando agli te-diosi di d i r i t t o pubblico la cura di studiare il mi-glior modo di applicazione.

PENSIAMOCI BENE!...

L o abbiamo detto p i ù volte, ma giova ripeterlo, giacché la musica non si m u t a , in Italia si bada troppo alle questioni politiche, troppo poco alle eco-nomiche. A l l a spensieratezza colla quale si tira avanti di n u l l ' a l t r o preoccupati che di i n t r i g h i parlamentari, di gare partigiane, di personali ambizioni, si direbbe che siamo il popolo più felice del mondo, che il nostro bilancio sia florido, siano prospere le nostre industrie come i nostri c o m m e r c i , attivi e fruttuosi gli scambi, mentre invece abbiamo giganteschi pro-blemi da sciogliere, abbiamo languenti i traffici, etica l ' i n d u s t r i a , cattiva la legislazióne economica.

Quando il g i o r n o v e r r à in cui questa nostra età sarà detta antica e le generazioni potranno senza passione giudicare noi e l ' e p o c a nostra, per l'èrmo non parleranno con entusiasmo d ' u n popolo, che giovane logora le sue forze in un lavoro infecondo e demolitore, mentre avrebbe potuto e d o v u t o a l -l' epoca lunga e laboriosa della redenzione politica far succedere quella non meno lunga, non meno la-boriosa, ma gloriosa del paro del riscatto economico.

Esse si domanderanno con meraviglia come mai u n paese che fino al 1 8 7 0 aveva date tante prove di perseverante tenacia di forti proposili, di indo-mato volere, una volta raggiunta la meta delle sue aspirazioni, dei suoi voti, si sia d' un tratto a c c a -sciato; come mai agli u o m i n i forti che avean voluto avere una patria e avevano saputo conquistarsela succedesse con brusca transizione una schiera di rettori, che parla, ma senza conchiudere, ohe i n v i -dia a Bisanzio le magne dispute del basso i m p e r o , e che a tutto pensa fuor che a metter la mano dove è il male che attende pronto il rimedio.

Ed infatti, diamo noi prova da qualche anno di essere realmente u n popolo s e r i o ? Ha hello la marina di levare alte grida invocando che si p r o v veda al suo miserimo stato; può ben gridare l ' i n -dustria contro la protezione rovescia che certe voci della tariffa e certi articoli di patti internazionali esercitano a danno della produzione nostrana; può bene il solitario pensatore rimpiangere i c a m p i de-serti, i m o n t i diboscati, l ' i n c u r i a dei metodi razionali n e l l ' a l l e v a m e n t o del bestiame; può l ' e c o n o m i -sta condannare alla stregua dei prineipii, leggi e si-stemi di finanza ; ma nello Camera, al governo chi se ne c u r a ? Noi abbiamo a far vincitore il nostro partito, abbiamo il puntiglio, la gara da spuntare, del resto poco ci p r e m e ! L o abbiam visto di r e -cente in quella battaglia accanita che si è combattuta intorno alle u r n e ; quali tra i campioni che si conten-devano i l campo hanno svolto u u programma pratico, hanno mostrato di preoccuparsi di' questa neces-sità suprema che ha l ' I t a l i a d ' UQO studio profondo dei problemi e c o n o m i c i ? E d ' a l t r o n d e siamo giusti, che cosa si chiedeva dal pubblico ai candidati? Forse le loro opinioni sul libero scambio, il loro grado di fede nelle teorie liberali di S m i t h , il loro giudizio s u l l ' i n g e r e n z a dello Stato nelle cose economiche, o non piuttosto u n p r o g r a m m a puramente politico, un credo nel vangelo di Stradella, od i n quello di Mosso?

(3)

1219 questioni siffatte con mano sicura, quanti ne

indica-rono nettamente io scioglimento? P o c h i n i d a v v e r o ! Pei p i ù quei p r o b l e m i non erano che pretesto a m o v i m e n t i oratorj, a frasi sonanti, non erano se n o n arti meschine a procacciare voti, a blandir passioni; pochi, ma pochi d a v v e r o , mostrarono di avere i n -torno a quelli, concetti netti e sicuri, d ' a v e r e i forti convincimenti che derivano da studi cdscenziosi e profondi. E p p u r e , è su questo terreno che a v r e m m o amato d i conoscere le idee dei n u o v i legislatori, p e r -chè da quel sintomo a v r e m m o potuto indovinare quale sarebbe la X I V legislatura destinata nella mente del Capo dello Stato a riparare agli e r r o r i della X I H , ed a regalare all' Italia le r i f o r m e delle q u a l i q u e -sta urgentemente ha bisogno.

Dai chiarori antelucani' il contadino giudica quale saranno il meriggio e la sera ; ma da quei p r o -g r a m m i , da quelle dichiarazioni, il paese n o n ha po-tuto capire altra cosa a l l ' i n f u o r i di questa che le gare partigiane, le bizze personali, le personali a m -bizioni continueranno ad essere il s u p r e m o interesse che dominerà nei lavori parlamentari, e che la so-luzione d e ' p r o b l e m i veri, seri, importanti sarà re-legata i n fondo, quasi non fosse quello che l ' I t a l i a aspetta con desiderio p i ù intenso.

F r a tante ciancie, fra tanti r i c h i a m i a l u o g h i co-m u n i , fra tante frasi stereotipate e d ' u n uso obbli-gato i n tutti i meetings e ne'banchetti elettorali, ci è occorso però di leggere u n discorso che si avvi-cina e di molto al nostro ideale, u n discorso nel quale la politica trova il suo luogo, ma il suo vi trova pure l'insciente serie dei no'stri bisogni eco-n o m i c i , e questo discorso, ci affrettiamo a d i r l o , è quello pronunciato a Genova d a l l ' o n . Sella.

Estranei a gare ed a partiti politici, noi non i n -tendiamo con questo d i bruciare incensi dinanzi all' onorevole di Cossato, o lodando le sue idee, i m pigliarci i n una questione politica; quello che v o -gliamo dire si è che i n quel discorso l'egregio u o m o ha mostrato agli amici come agli avversari che la politica non è la sola cosa importante che ci sia al m o n d o , e che oltre agli interessi di u n partito, v i sono i bisogni reali di tutti che attendono dal Par-lamento u n aiuto, v i sono delle quistioni serie da studiare, se non vuoisi che questa nostra Italia non scenda ad essere 1' ultima fra le nazioni europee.

IT on. Sella infatti, pronunziandosi contrario alla abolizione del macinato, ne ha tratto argomento per j passare rapidamente i n rivista tutte le necessità u r genti di fronte alle quali si trova i n questo m o -mento il nostro paese. P e r l u i l ' a b o l i z i o n e di questa tassa n o n è una questione politica, come l'aritmetica non è u n ' opinione, ma una questione puramente e i semplicemente economica. E g l i mette sulla bilancia J da una parte i vantaggi che deriverebbero al contribuente dall'abolizione di quel gravame, pone d a l -l' altra tutto il bene che può farsi al contribuente stesso coi proventi di quella tassa, se per qualche :

anno ancora si volesse mantenerla i n vigore. E per giungere alla conclusione eli' esso difende l'on. Sella ha esaminato il bisogno in cui siamo di p r o v -vedere a l l ' a m m o r t a m e n t o del debito pubblico salito oramai a cifre troppo alte per le risorse del nostro paese, il bisogno di provvedere di vie ogni regione d' Italia, di studiare con una inchiesta solenne la quistione della marina mercantile, onde salvare da una rovina completa questa industria che or fanno pochi anni ancora era decoro e ricchezza del nostro

paese ; ha esaminato la necessità urgente di difen-derci sul terreno delle tariffe dalla g u e r r a che su quel campo medesimo fanno ai porti italiani le so-cietà ferroviarie francesi, e 1' altra urgentissima di alleggerire il possibile la produzione e d ' i l lavoro dal peso soverchio d ' u n aliquota enorme d i imposta sui redditi d i Ricchezza mobile; ha i n s o m m a adom-brati, se n o n trattati a fondo, tutti i p r o b l e m i econ o m i c i , che p i ù ieconteressaecono l ' I t a l i a i econ questo m o -mento.

Ma, lo ripetiamo ancora una volta, quanti sono che bau seguito questa via, che han mostrato di preoccuparsi di questi problemi ? E p p u r e se la pas-sione per quelli studii ai quali di preferenza è con-sacrato il nostro giornale non ne accieca, essi, soli sono i veri, gli importanti, g l i utili punti interroga-t i v i che l ' I interroga-t a l i a moderna pone dinar zi agli occhi dei propri legislatori. La r i f o r m a elettorale, il m u -tamento di qualche articolo nel codice punitivo, I' allargamento dell' autonomia comunale potranno essere l'aspirazione d ' u n a parte degli italiani, non sono il bisogno maggiore che tutta la Nazione r i -sente, e se lasciando andare le cose alla peggio ar-r i v e ar-r e m o a faar-r più povear-ra ancoar-ra questa antica

pa-rens frugum, lascieremo rovinare la sua marina,

disertarsi i suoi campi, accrescersi la massa dei suoi debiti e per conseguenza g l i aggravi sui suoi citta-dini, poco varrà che abbiamo esteso il dritto di voto, 0 sostituito lo squittinio d i lista al Collegio u n i n o -minale.

D ' a l t r o n d e , non ci illudiamo. Oggi le classi po-vere p i ù non si contentano di mendicare invocando la carità d e g l i abbienti, oggi insorgono e colla v i o -lenza cercano di cancellare le disuguaglianze sta-bilito dalla natura. L ' apprestare loro per tutto pa-sto qualche r i f o r m a d ' o r d i n e politico, è un i r o n i a ? Bisogna cercare d' accrescere il loro pane di tutti i g i o r n i , bisogna studiare indefessamente onde ogni operaio che al mattino sbuca dalla sua catapecchia abbia il mezzo d i trovare lavoro e col lavoro la vita. È passato famoso attravèrso a molte genera-zioni il nome di q u e l buon re di F r a n c i a , il quale sognava u n pollo per ogni abitante dei p r o p r i stati. L ' età nostra si contenta di augurare lavoro equa-mente retribuito e fecondo per ogni u o m o sano e robusto, si contenta di elevare i l livello della me-dia condizione popolare, e per innati sentimenti d i giustizia e per difendere sè stessa d a l l ' i r r o m p e r e dalle peggiori passioni; e per giungere a questi risul-tati è necessario che i m o l t i e ' gravi problemi, i quali ritardano ed intralciano lo sviluppo della na-zionale ricchezza siano posti all' ordine del giorno dal Governo e dal P a r l a m e n t o , è necessario chiac-chierare meno e lavorare di più, è necessario che 1 nostri u o m i n i politici si persuadano una buona volta che in questo momento il paese ha bisogno non di veder trionfare una bandiera od u n ' altra, ma di vedere bene amministrata la pubblica cosa e studiate a fondo tutte le questioni che si riattaccano alla ricchezza nazionale.

Se questa persuasione sarà la fede degli u o m i n i che entrano a parte della X I V Legislatura, potremo sperare in un avvenire avventuroso e t r a n q u i l l o ;

(4)

1220 20 giugno 1880

UNA NUOVA LEGGE SULLA RESP0NSAB1LITA

D E G L I I N T R A P R E N D I T O R I I N I N G H I L T E R R A Uno dei p r i m i atti dei rappresentanti del n u o v o governo i n Inghilterra è stato la presentazione d i u n progetto di legge inleso a regolare la responsa-bilità degli intraprenditori relativamente ai danni occorsi agli operai che lavorano per loro conto. Con questo progetto il ministero liberale ha voluto dar prova della propria sollecitudine intorno al m i g l i o -ramento della legislazione avente per scopo di sod disfare ai reclami ed ai bisogni delle classi meno favorite dalla fortuna, mostrando come malgrado le gravissime cure ereditate dal passato governo per lo difficilissime condizioni in cui esso ha posto la nave dello Stato, i n u o v i ministri sappiano trovare tuttavia il tempo di pensare a queste r i f o r m e a cui contano di dedicare una parte principale delle loro cure.

Pei nostri lettori non è cosa nuova i l sentire par lare delle singolari a n t i n o m i e che presenta la legi-slazione inglese nello stabilire la responsabilità delle offese arrecate dagli i n t r a p r e n d i t o r i d ' industrie alla vita o alla salute dei cittadini, e più volte abbiamo tenuto nelle nostre colonne proposito delle giuste lagnanze che si muovevano a questo r i g u a r d o dai rappresentanti delle classi operaie, e delle r i f o r m e j che s'invocavano nei congressi delle Trades Uniones. Secondo la legge vigente u n intraprenditore non è tenuto a nessun indennizzo per il danno arrecato ad u n suo dipendente da u n ' altra persona che sia al suo servizio, q u a n t u n q u e egli non sarebbe i n grado di esimere la propria responaabilità se si trattasse invece di u n ' altra persona qualsiasi del pubblico. Così se un ponto di legno addossato alla costruzione di u n edificio rovina ed, oltre alla morte dei m u r a -tori che vi erano sopra, produce quella di un pas-sante estraneo ai lavori, o se due treni ferroviari s ' i n c o n t r a n o ed il loro cozzo riesce fatale alla vita di alcuni passeggieri oltre a quella dei macchinisti, le famiglie dei m u r a t o r i o dei macchinisti non a v r e b -bero titolo alcuno per reclamare u n ' indennità da coloro che retribuivano il lavoro delle v i t t i m e , a n -corché questi fossero stati condannati ad u n rifaci-mento di danni verso le famiglie degli altri estinti. L a persona stipendiata non può affacciare i n nes-sun caso un d i r i t t o a compensi verso il padrone per olfese riportato noli' esecuzione del proprio lavoro, a meno che non possa provare che queste olfese de-rivarono dalla negligenza personale del padrone slesso. M a se la negligenza è da attribuirsi ad u n altro q u a l u n q u e impiegato, sia pure u n direttore del-l' intrapresa, u n soprintendente, un capo fabbrica è stato negato ogni diritto a compensi dietro il p r i n -cipio che u n u o m o il quale coopera allo stesso lavoro di u n altro ha il modo di conoscere le di-sposizioni e la capacità di questo, e può q u i n d i pro-teggersi contro la sua negligenza, e che quando an-che ciò non fosse vero in ogni caso, è per altro da supporsi che u n operaio nell' accettare il lavoro ne accetti tutti i rischi ad esso inerenti, fra c u i va compresa l'incapacità di tutti gli altri che lavo-rano insieme con l u i . L a massima della comunanza d' impiego common employement è stata costante-mente adottata dai tribunali dell'Inghilterra dal 1837 I

in poi, per respingere ogni domanda d ' i n d e n n i t à contro i padroni. I tribunali della Scozia resistettero per vario tempo alla sua applicazione, e fecero n u -merose distinzioni, non polendo i n d u r s i a riconoscere, per esempio, comunanza d ' i m p i e g o fra u n semplice operaio ed u n impiegato superiore, ma finirono an-eli' essi nel 1 8 6 7 per ricollegarsi alla pratica inglese che divenne da allora i n poi la legge comune.

Sebbene non tutti i padroni si prevalessero di questo stato della legislazione ed i p i ù avveduti ed umani fra essi non negassero u n compenso ai p r o p r i operai f e r i t i in occasione del lavoro da essi i n t r a -preso, è naturale che la grettezza e la durezza dei più producesse un senso d ' i r r i t a z i o n e nei r a p p o r t i fra padroni e operai e che u n g r i d o generale si sollevasse da questi u l t i m i per ottenere una legge che riparasse a questa flagrante ingiustizia della legge. A soddisfare questo giusto reclamo è diretto il progetto già approvato in seconda lettura dalla Gamera dei comuni. Esso per altro sebbene ap-porti una notevole r i f o r m a alle norme g i u r i d i c h e at-tualmente applicate, appaga solo in gran parte, ma non i n tutto i desideri manifestati in varie occa-sioni dai rappresentanti e dai patrocinatori p i ù in-fluenti che i l ceto operaio e le Trades Unions con-tino nel Parlamento come, il Macdonald, il B u r t ed il Broadhurst. Il progetto infatti non sopprime t o -talmente gli elfetti del principio della comunanza d ' i m p i e g o « common employment » ma solo li circoscrive e ne esclude I' applicazione nei casi che davano luogo agli inconvenienti m a g g i o r i è alle anomalie p i ù spiccate. Esso non assimila in ogni caso, come vorrebbero quei signori, i danni a r r e -cati agli operai da u n altro impiegato dello stesso padrone ai danni arrecati agli estranei ; non dà al-l ' o p e r a i o danneggiato per una causa indipendente dalla propria negligenza gli stessi diritti verso il suo padrone che avrebbe se non fosse al suo ser-vizio, ma accorda all' operaio il diritto all' indennità soltanto quando il danno derivi da qualcuno che abbia una soprintendenza sui lavori o quando sia la conseguenza dei regolamenti e delle misure adot-tate dalle persone a cui il padrone avesse delegata la facoltà di stabilirle.

Il rendere il padrone responsabile per q u a l u n q u e ingiuria sia stata arrecata ad un operaio dalla n e -gligenza o dalla cattiva volontà di u n suo compa-gno, è sembrato esorbitante. Si è dato su questo

(5)

1221 quando si tratta di lavori molto manuali, l ' o p e r a i o

non è nemmeno stimolato ad esser cauto dal timore di essere licenziato,, poiché o egli è un f a n -nullone svogliato e sarà licenziato i n ogni caso, o egli è attivo al lavoro e troverà sempre da impie-garsi dovunque alle stesse condizioni. Si possono prendere delle precauzioni per segregare gli estra-nei dal luogo del lavoro e per evitare ad essi ogni danno ma prevenire gli i n f o r t u n i fra gii operai che sono continuamente in «ontatto è cosa impossibile.

Per queste considerazioni il progetto si è atte-nuto ad una via di mezzo sanzionando la responsa-bilità dei padroni quando la disgrazia avvenga per diletto del materiale adoperato, ancorché tal difetto non sia imputabile a mancanza di cura del pa-d r o n e ; per la negligenza pa-di q u a l u n q u e persona al servizio del padrone a cui sia affidata una soprintendenza sui lavori ed ai cui ordini ed alla cui d i -rezione l'operaio sia obbligato di conformarsi ; o per atti od omissioni avvenuti in ordine ai regolamenti, agli o r d i n i od alle istruzioni che emanino" dal pa-drone o da persone da lui delegate. I n questi casi gli operai e le loro famiglie avranno g l i stessi di-ritti a compenso che avrebbero se fossero estranei, purché per altro la persona colpita non abbia m a terialmente contribuito con la sua propria n e g l i -genza a p r o d u r r e la causa del danno. Quando poi l ' i n f o r t u n i o è cagionato dalla trascuranza o dalla disobbedienza di un camerata la regola del common

employment può essere sempre opposta dal padrone

ai reclami del danneggiato.

Non sono mancate anco al progetto, circoscritto in questi termini, le obbiezioni degli intraprenditori. Si b detto che la persuasione di aver diritto in certi casi ad una indennità renderà gli operai p i ù i m -prudenti, che la nuova legge apre la porta ad u n gran n u m e r o di contestazioni e di liti a cui c h i u -deva ogni adito la legislazione vigente, e che mo'ti capitalisti saranno talmente spaventati dagli oneri che essa impone che si ritireranno dalle intraprese industriali, laonde gli operai i e risentiranno pregiu-dizio anziché vantaggio. U n m e m b r o del Parlamento è giunto perfino a dire nella sua orazione alla Ca-mera che dopo aver visto il progetto egli avrebbe venduto alla metà del prezzo che avrebbe preteso precedentemente la sua cointeressenza in una intra-presa di miniere ; ma tutti quelli che l ' u d i r o n o fu-rono persuasi che egli si attentava a pronunziare quelle parole perchè sapeva che non era quello nè il luogo nè il momento di stipulare un contratto.

Queste obbiezioni non sono di gran peso e la Ca-mera non si è lasciata da esse molto impressionare. L ' obbiezione più grave consiste in alcune lacune ed incertezze che nel progetto sussistono tuttora per la difficoltà di definire esattamente una materia così delicata. Così ad esempio la via di mezzo adottata dalla legge non offre un principio ' soddisfacente da applicarsi nel caso che un guardiano ferroviario abbia sbagliato i segnali e che il conduttore del treno, solo o insieme con altri passeggeri, sia rimasto vit-tima del disastro che ne è avvenuto. La pratica ed i temperamenti da prendersi nell' attuazione della legge potranno coll'andare del tempo correggerne il meccanismo il quale costituisce tuttavia u n grande progresso sopra lo stato di cose attualeed a c u f h a n n o fatto adesione, ad onta che non soddisfi tutti i voti degli operai, importanti g r u p p i d i essi, come la

po-tentissima associazione degli inservienti ferroviari

Amalgamateti Society of llailway Servants.

Uno dei m e m b r i del governo nella discussione parlamentare citò l'esempio di paesi che per proteg-gere la sicurezza degli operai nelle fabbriche avevano leggi assai più severe e stringenti del nuovo pro-getto e fra questi paesi menzionò anco l'Italia. Astrat-tamente l'oratore aveva ragione, perchè il nostro co-dice civile all'art. 1151 dispone indistintamente che q u a l u n q u e fatto d e l l ' u o m o arrechi danno ad altri obbliga quello per colpa del quale è avvenuto a risarcire il danno, e l'art. 1 1 5 3 estende questa d i -sposizione, facendo risalire ai padroni il danno com-messo dai propri dipendenti. Ma nessuno ignora come disgraziatamente per la mancanza di una de-finizione netta delle persone realmente responsabili e sopratutto per le estreme complicanze e le spese della procedura queste disposizioni siano i n pratica per g l i operai del tutto illsorie ed inapplicabili. A d attenuare queste difficoltà pensò I' on. Pericoli con u n progetto di legge presentato al Parlamento il 27 n o v e m b r e 1878, ma questa proposta ebbe la sorte di tante altre condannate all'oblio negli archivi della Camera. Adesso alcu.:i deputati hanno' nuovamente presentato un disegno di legge più ampio e p i ù completo destinato a rendere accessibile agli operai almeno in questa parte la protezione della" giustizia c i v i l e da cui le formalità curialesche e gii oneri fiscali tendono sempre più ad escludere il maggior n u m e r o dei cittadini, costituendone u i i benefizio privi-legiato alla portata di pochi- Speriamo che la nuova proposta abbia m i g l i o r sorte della precedente e che una sanziouo p i ù efficace tolga di mezzo i tristi esempi del conto vilissimo che per avarizia o per speculazione si fa in alcune industrie italiane della vita e della incolumità degli operai.

LA TEORIA DEL PREZZO IEL L I O DI L. DE STEIN

P u b b l i c h i a m o con piacere il seguente s c r i n o dolI egregio prof. Jéhan de Johannis, non senza a v -vertire che esso fa parte di un libro che fra breve vedrà la luce col titolo — Note critiche e saggi di

studio intorno ad alcuni principi di eoonomia po-litica.

11 De Stein nel suo l i b r o : Sistema di economia

politica !) consacra al Prezzo tre paragrafi del

I I I capitolo della 1» parte, ed i n essi cerca: il concetto

del prezzo ed il prezzo vero ; la formazione del prezzo in sè e nelle sue leggi; e la formazione reale del prezzo.

Ho avuto occasione più volte d i affermare come una delle principali cause, per le q u a l i la scienza economica presenta u n campo di lotta ed una serie di co ùraddizioni, stia nel fatto, che essa venne da molti dei suoi c u l t o r i e specialmente tedeschi, legata al metodo della filosofia scolastica e fatta pedissequa e dipendente delle teorie e dei metodi della metafisica. Nessun esempio più splendido di quello, che ci m o -stra il De Stein, specialmente i n quanto r i g u a r d a la

(6)

122-4 L' E C O N O M I S T A 20 giugno 1880 sua teoria del prezzo, può dar prova della verità della

m i a affermazione.

Il De Stein vuole ad ogni costo, trasportare anche le discussioni del prezzo, che tuttavia non sembrerebbero presentarne la opportunità, nelle altissime specula-zioni della sua mente, certo eletta e addottrinata, ma p i ù confacente, p a n n i , agli studi astratti, che non a quel li di una scienza positiva, come vuole e deve es sere necessariamente la economia politica.

Senza abbandonarmi però a digressioni, entro su-bito nell' argomento di che trattasi qui.

« Se io ini liguro, dice il De Stein, la totalità dei « beni col loro valore, disciolta nelle singole sue unità « e contrappongo la stessa alla totalità del danaro ed « alle sue unità, poi divido la seconda per la p r i m a , « ottengo il prezzo. Il processo di questa divisione « chiamasi formazione del prezzo e la somma di unità « di danaro, che per quella divisione cade su ciascun « bene, chiamasi il prezzo vero. »

M i piace q u i notare che l ' a u t o r e mostra una certa tendenza a queste colossali divisioni. D i v i d i a m o pel bisognevole le unità esistenti dei beni, egli dice, i n altra parte del suo libro, ed a v r e m o il valore. Qui invece p r o p o n e : d i v i d i a m o questa stessa totalità esi-stente di beni per la totalità esiesi-stente'del danaro, ed avremo il prezzo. I n tal modo, non volendoci dare una specie di formula algebrica del prezzo, quale ce I' ha data del valore { j j j = FJ> la lascia Pe r ù aSe"

volmente i n d o v i n a r e .

N o n è q u i i l luogo di domandarci quale utilità possa poi ricavare la scienza da f o r m u l e , le quali, enunciate sotto forma p i ù o meno matematica, non presentano nei loro simboli alcuna quantità nota, od almeno c o m m e n s u r a b i l e ; ognuno però osserverà di leggeri, come, anche dopo avere affermato che il prezzo si ottiene nel quoziente della divisione tra la totalità esistente dei beni e la totatità esistente del danaro, si abbia sempre dinanzi u n indovinello, poiché è necessario chiedere che cosa intendasi per totalità esistente dei beni e per totalità esistente del danaro, e come si ottengano le quantità di questa totalità, o almeno di quali elementi sieno composte. Il concetto r i m a n e completamente astratto ed appa-risce siccome una d i quelle i m m a g i n i che si vedono sempre, ma non si colpiscono mai. Il che del r i -manente n o n ci desta g r a n meraviglia, inquantochè il De Stein, nel suo l i b r o , ci ha in qualche modo abituati a tal genere di scienza, ed altri scrittori del paro fanno consistere gran parte del hello nel d i l l i -cile e talvolta n e l l ' i n c o m p r e n s i b i l e . Ma gran danno invece portano alla scienza le conseguenze, che v e n -gono tratte da tali d o t t r i n e ; conseguenze che scatu riseono logicamente e naturalmente dalle premesse, ma recano però i n sé stesse il vizio originario di quelle.

E p a n n i che della insufficienza della definizione lo stesso autore siasi avveduto, poiché si è affrettato a soggiungere che: « il prezzo non è però soltanto il risul-« tato di siffatta divisione, ina qualcosa di più. Il prezzo « è d a n a r o ; il danaro è v a l o r e ; ma il valore è la « espressione economica del line supremo della per-ei sonalità (?), altivautesi nel mondo naturale (?). »

Non seguirò neppur q u i il chiarissimo economista-filosofo in questa oscura spiegazione; sarei tratto i n u n campo dove tutto è convenzionale, dove le parole e le espressioni hanno 1111 significato vago, incerto, dirò quasi, scivolante, e dove m i troverei a disagio.

11 De Stein, continuando nella trattazione del prezzo, i n parte tien conto, ed in parte trascura la relazione strettissima che corre tra valore e prezzo, e talvolta anzi v u o l dare del prezzo u n concetto indipendente dal valore. Distingue egli il prezzo vero dal reale; dice prezzo vero quello che si ottiene dalla divisione di t u t t i i beni esistenti per tutto il danaro esistente, e lo chiama anche prezzo mondiale; dice prezzo

reale quello formantesi dalla divisione dei beni per

il denaro esistenti i n un dato tempo ed i n dato luogo, e lo chiama anche prezzo locale, o contrattuale. E conclude che il prezzo vero 0 mondiale varia all' infinito, poiché costantemente variano la somma esistente dei beni, il bisognevole e la somma esi-stente di denaro. •< Non havvi giorno, n o n l i a v v i « istante, i n cui la risultante, di codesti fattori, il « prezzo cioè dell' unità di bene, rimanga lo stesso. « Il v a r i a r e del prezzo è q u i n d i infinito, ma p u r « sempre un processo organico nel mondo dei beni. » Il prezzo locale 0 contrattuale è determinato invece « da fattori estranei al processo onde il prezzo vero « discende, dai fattori cioè della distribuzionv dei « beni e del denaro. T a ' i fattori, tali forze, sono il

« luogo ed il tempo » i quali danno origine ai

con-cetti del mercato e della borsa.

Questa ingegnosa distinzione del De Stein (a parte la sua perfetta inutilità per la scienza) spogliata della forma filosofica, è dessa però altra cosa che una oscura riproduzione del concetto che i grandi maestri della economia politica insegnarono, la relazione cioè della domanda e della offerta sul valore e sul prezzo? Se tutti i beni potessero i n u n giorno determinato concorrere ad uu solo mercato, e q u i v i accorrere pure tutti i bisogni, a v r e m m o il valore vero dei beni stessi, valore che, col concorso del denaro esistente, riceverebbe la sua espressione i n moneta e divente-rebbe prezzo vero. Ma tutti quei beni non rappre-senterebbero altra cosa (die la potenzialità della of-ferta, come tulli quei bisogni equivarrebbero alla potenzialità della domanda.

Proseguiamo ancora.

D u e teorie ricava i l eh. A . dalla sua definizione del prezzo e dalla sua formazione : la prima che i l prezzo reale 0 contrattuale tende sempre ad avvicinarsi al prezzo vero 0 mondiale e viceversa; la seconda che nella sua formazione il prezzo segue n o r m e

« che scendono dagli stessi fattori del prezzo. » Una efficace pittura, maestrevolmente dettata, serve a mostrare nella pratica la p r i m a teoria, la tendenza cioè dell' i n d i v i d u o economico a conoscere, affine di lucro, il prezzo vero 0 mondiale per determinare il possibile prezzo locale 0 contrattuale. E come male potrei riassumere il vivo q u a d r o che ne dà l ' A u t o r e , 1111 è giuocoforza r i p o r t a r l o integralmente: « I l traf« beante, posto in traccia di lucro, muove al m e r -« cato e si forma la clientela; estendo la medesima, « recandosi ad altri mercati, e tosto apprende, che « il tempo ha valore. Calcola il denaro, da i m p i e « gare nelle sue c o m p r e ; medita le condizioni d e l -« i' uno e dell' altro paese, e di ciascuno prende nota « speciale. Gli u r g e di conoscere, d ' u u tratto, lo

(7)

L' E C O N O M I S T A 1223 « dei prezzi. Non gli basta; poiché variando p r o v

« viste e bisognevole e dipendendone il valore a t -ee tuale dal loro r i p r o d u r s i avvenire, oltre ai listini ee dei diversi mercati, chieder deve la nota dei rac-ee colti e della fabbricazione, dipendenti, quelli dal-ee l' atmosfera, questa dall'agitars i di generali que-ee stioni od interessi. A l ' i n d a g i n e del vero prezzo ee occorre quella delle forze, che producono o consu-ee niano i beai o minacciano di essi la produzione, ee il consumo. L o sguardo si dilata, sorge la per-ii suasione, che tutto 1111 inondo delibasi colla mente a abbracciare, per iseovrire ciò che possa valere e. quell' unità, che è il m e t r o , il litro. Nè questo è « tutto. Or conosco il valore, non peraneo il prezzo « dell' unità dei beni. M' è perciò indispensabile, di « sapere la quantità del denaro esistente. Assunta « questa nel calcolo, debbo r i d u r n e le varie forme « a l l ' u n i c a d ' o r o e i l ' a r g e n t o ; indagare la d i s t r i b u -ii zione; accertarmi del quando e' ilei quanto io « possa pagare. Mi occorre un quadro della p r e v -ie vista del d e n a r o ; devo trovare del m i o denaro e « de' miei valori la v i r t ù saldatrice su ogni dato mer-li calo. Oltre al mer-listino del mercato, nii fa d' uopo » quello della borsa. Pongo l ' u n o accanto all'altro, « calcolo e misuro ogni cosa... e adesso soltanto mi « so qual prezzo offerire e quale domandare. »

Qui però mi sorge un d u b b i o ; se cioè il traffi-cante ( i l quale ha per causa impellente il lucro) colle cognizioni che acquista, quanto maggiori gli sia possibi-le, sulla quantità dei beni, del bisognevopossibi-le, della prov-vista e della quantità del denaro e della v i r t ù sal-datrice di quest'ultimo, non sia spinto, per la propria causale ad allontanare da ogni approssimazione il prezzo reale dal prezzo vero, ossia a creare un prezzo reale che sia lontano, sotto quel dato aspetto, dal vero, e se così facendo, controperi a quelle altre forze c a u -sali di altri trafficanti, che tendono allo slesso scopo i.i altri luoghi ed in altri momenti.

Non riesco cioè a f o r m a r m i u n concetto sufficien-temente concreto, di un mercato mondiale dove fun-zionino la totalità dei beni, del bisognevole e del de-naro e contro il quale mercato possa lottare il traffi-cante per mantenere a se vantaggioso il prezzo reale, o locale. E mi figuro piuttosto una serie di mercati diversi, che si intrecciano, l'interesse di ciascuno dei quali sia i n opposizione con quello degli altri, cosi che il prezzo \ero non funzioni mai, e siano in lotta fra loro altrettanti prezzi reali o locali, essendo nel vantaggio e nella speculazione di ciascun trafficante, i n ogni singolo mercato, di impedire la formazione del prezzo vero.

Oggi una crise annonaria travaglia i l mercato europeo, u n ' abbondanza singolare ingombra i n -vece il mercato americano. I l prezzo vero dei grani sarebbe n o r m a l e ; il prezzo reale i n E u r o p a è al disopra della n o r m a l e , i n A m e r i c a al disotto. Il De Stein ci dice « contrattando io introduco il « prezzo vero nel prezzo del mercato onde f o r m a r m i « un capitale »; ma, ove io non fraintenda il con-cetto dell' eminente scrittore, affermerei 1' opposto. Contrattando si cerca bensì la formazione di u n ca-pitale, ma a raggiungere questo fine devesi escludere, d p i ù che sia possibile, il prezzo vero dal prezzo di

mercato. Il trafficante europeo oggi compera g r a n i

d a l l ' A m e r i c a ; ma, e i possessori di grani raccolti nelle nostre contrade, e ciascuno dei trafficanti, che ne ha importato da quelle lontane, hanno desiderio od interesse <« affine di lucro » che ne sia introdotta la

m i n o r quantità possibile, affinchè il prezzo del grano si mantenga al disopra della normale, cioè il prezzo vero n o n sia avvicinato dal prezzo dei nostri m e r -cati. E una lotta per respingere il prezzo vero. Che poi l'effetto della speculazione e del traffico porti un equilibrio e conduca il prezzo reale ad avvicinarsi al vero, è chiarissimo; ma ciò dipende dalla forza delle cose e non dalla causale che spinse al traffico. Nè invero riesco a comprendere come si possa parlare di i n t r o d u r r e il prezzo vero ed escludere il prezzo reale, se il p r i m o non rappresenta altra cosa che una idea per quanto profonda, astratta ed i m m a g i n a r i a . E m i parrebbe di poter concludere che, osservando i fatti economici, quali oggi ci si presentano, la vittoria del prezzo mondiale o vero sul prezzo locale o reale, risulterebbe la assoluta soppressione di quel c o m -plesso di atti, che c h i a m i a m o c o m m e r c i o e che rice-vono il loro alimento, n o n da u n lucro determinato e costante, m a da una altalena d i successi e di sconfitte nella lotta, che imprende ciascun trafficante a far sì che il prezzo vero non abbia la vittoria sul prezzo di mercato. Ed è, a mio avviso, nella perenne incognita che presenta all'uomo il prezzo m o n -diale, che trae origine il traffico, e v i trova l'allet-tamento e l'interesso; è nella lotta tra i due prezzi che il trafficante cerca il lucro, causale dei suoi alti. E se pel la maggiore dilatazione dello sguardo c o m -merciale e peli' esame di tanti elementi, il De Stein ritiene che il trafficante abbia potato finalmente tro-vare un prezzo vero, presumo che abbia errato, in-quantochè, il prezzo mondiale non può essere che una idea astratta, impossibile a concretizzarsi, dipen-dendo essa da circostanze, che variano nell'infinite-sima divisione del tempo e del luogo. Clio se un uomo al mondo, giungesse con quelle fatiche che effi-cacemente ci descrive l ' A u t o r e , a calcolare e misu-rare il prezzo vero, il mondo economico ne sarebbe profondamente sconvolto !

Ed in verità, tanto meno riesco poi a raccapezzare il filo del ragionamento, quando cerco di connettere ai feiiomo..i economici la conclusione che « sulla f o r -mazione del prezzo in sè » (prezzo vero) ci dà l ' A . ee Eccoci, — egli dice subilo dopo il brano che ho « dianzi r i p o r t ito, — eccoci al fenomeno della domanda « e dell'offerta, ecco del relativo sistema i m o m e n t i « causali. E r r a chi parla di domanda e di offerta, « riferendosi ad un solo mercato o ne parla come « di semplici effetti del bisognevole e della p r e v -ie vista. Esse risultano da u n calcolo, che oltrepassa « il locale e temporaneo aspetto della formazione « del prezzo ed abbraccia l ' u n i v e r s o bisognevole e « l ' u n i v e r s a provvista, e che, contrapponendo l ' u n i « verso prezzo calcolato al locale e limitato, ossi -ee cura a quello la vittoria su questo. »

Ma non è tuttavia su questa particolare teoria che r i c h i a m o la attenzione degli studiosi; essa ad alcuni potrebbe anche p arere cavillosa, tanto p i ù che trat-tasi di analizzare idee intinte di una forma scolastica, e mal si presta il linguaggio, troppo terrestre, a spaziare con esse nelle alte regioni.

Dove le conseguenze, che il De Stein ricava dalle sue premesse, mi paiono quasi delle enormità, si è nella sua teoria sullo n o r m e che presiedono alla f o r -mazione del prezzo.

« Se — dice l'Autore — pel suo concetto, il prezzo « vero abbraccia tutti i beni, ne segue, che il prezzo « reale s'accosterà tanto più al vero quanto

(8)

122-4 L' E C O N O M I S T A 20 giugno 1880 « concorrono a formare il prezzo del mercato ed il

« contrattuale; viceversa la differenza tra il vero « ed il prezzo reale, il predominio del secondo sul « primo, aumenterà in ragione, che risulterà m i -« nore quella parte di heni, per cui s'ò formato il « prezzo i n confronto colla totalità dei heni. »

E, traducendo in linguaggio più chiaro, l'Autore vuol d i r c i : — il prezzo vero risulta dalla divisione tra tutti i beni esistenti e la quantità esistente di denaro; — il prezzo reale risulta dalla divisione tra i beni esistenti in un dato mercato, in un dato tempo, e la quantità del denaro esistente nello stesso mercato e nello stesso tempo; la differenza tra il prezzo vero ed il prezzo reale sta in ragione della differenza tra la quantità dei beni e di denaro esi-stenti in u n dato tempo e mercato, e la quantità dei beni e del denaro esistenti in lutto il mondo.

Quanto più grande sia la quantità dei heni e del

denaro, che concorrono alla formazione di prezzo reale e tanto più questo prezzo reale si accosterà al prezzo

vero, mondiale.

Prima di procedere all'esame di questa singolare teoria del De Stein, è necessaria una breve osser-vazione sulla funzione del prezzo nel mercato.

Molto spesso, analizzando i vari fenomeni econo-mici, si è costretti ad associare ad essi il concetto del mercato, in quanto che esso ci rappresenta il teatro nel quale i fenomeni stessi, od almeno la maggior parte di essi, hanno vita. Che cosa è il mercato? Generalmente lo si definisce, il luogo nel quale avviene la compra-vendita di uno o più pro-dotti. Secondo il De Stein sarebbe il luogo « nel quale il prodotto muta la personalità a cui appar-tiene. » Lo chiamerei: quella estensione di territorio nel quale può effettuarsi utilmente la c o m p r a v e n -dita di u n prodotto. Basta una superficiale atten-zione per comprendere ohe non può esistere u n mer-cato generale, mondiale, il quale crei un prezzo vero, ma esistono tanti mercati speciali quanti sono i pro-dotti e quanti sono i centri di produzione di cia-scun prodotto; inquanto'chè ove per mercato si in-tenda tutta la estensione di territorio nella quale un prodotto può esser trasportato perchè raggiunga il suo scopo, di essere oggetto della compra-ven-dita, la estensione e la forma topografica di que-sto mercato, varierà necessariamente secondo il pro-dotto e per ciascun propro-dotto secondo il centro ili produzione da cui emana. Neil' esame di questo fatto noi troveremo una stretta relazione tra le leggi del mercato stesso e della sua estensione, con alcune leggi che regolano il prezzo, ma non troveremo nulla d i e c i faccia, anche lontanamente, sembrar verosimile ed accettabile la teoria del De Stein sulla relazione tra il prezzo vero ed il prezzo reale nella estensione del mercato.

Il Thttnen ha immaginato una città, la quale ab-bia d* intorno una campagna per una certa esten-sione eguale nella sua fertilità e nelle sue condi-zioni; io pure, per u n momento, immaginerò che, all' intorno di u u centro di produzione di una data merce, siavi una estensione di terreno, la quale ci presenti, in tutte le direzioni, una perfetta eguaglianza topografica, e quindi il prodotto, da qualunque parte voglia espandersi, possa incontrare sempre le stesse circostanze. Ammessa questa ipotesi, è chiaro che la espansione del prodotto si comporterà in egual modo tutto all' intorno del centro di produzione e formerà una indefinita serie di raggi rappresentanti,

coli' estremità, la periferia di u n circolo, il quale cir-colo mi raffigurerà quindi il mercato del prodotto. Di questo circolo il centro è il luogo di produzione, ed il raggio sarà eguale ad una data distanza, la quale, entrando in funzione nella formazione del prezzo, poiché questo cresce col crescere del r a g -gio stesso, cioè colla distanza che deve percorrere il prodotto, a v r à per limite u n massimo qualunque, oltre il quale la sua funzione sul prezzo sarebbe cosi esorbitante, che il prodotto diverrebbe inacces-sibile alle più alte fortune.

I n questa ipotesi avremo adunque che il mercato di u n prodotto ci rappresenterebbe u n circolo il cui raggio, fino ad un certo punto, sarebbe indeter-minato, ma sempre funzionante nella elevatezza del prezzo.

Che se ora dalla ipotesi passiamo alla realtà dei fatti economici, vedremo che questa legge non si verifica esattamente perchè una serie di cause ne perturbano la manifestazione. Queste cause si possono riassumere in tre g r u p p i :

1° cause topografiche o di trasporto; 2 ° cause prodotte dalla concorrenza,

3 ° cause politiche, doganali, finanziarie e di protezione.

L e cause topografiche si potrebbero alla loro volta dividere in due categorie: ma il circolo, che do-vrebbe esser descritto intorno al centro di produzione, è necessario concepirlo calcolando per i raggi, le distanze effettive e reali e non già quelle grafiche, quali risulterebbero osservando una carta geografica, dove non è tenuto conto, ad esempio, della maggiore percorrenza in causa delle altezze del terreno. Possiamo q u i n d i restringerle ad una sola categoria ed enun-ciarle: quelle cause, le quali, in un dato tempo e con una data spesa, non permettono al prodotto di raggiungere, per una data direzione, quel punto che potrebbe raggiungere per un' altra direzione, lungo la quale quelle cause non esistessero. - Per-ciò una montagna che domanda, per essere valicata, una maggior forza di trazione, od u u maggior per-corso per essere girata; - u n fiume che esige una deviazione in cerca di un ponte, o la perdita di tempo per il passaggio a mezzo di chiatta; - l'esi-stenza o la mancanza dì una via carreggiabile o di una ferrovia o di una linea di navigazione; - la esistenza in una data direzione di uno o più centri di consumo, i quali permettano il trasporto di una maggior quantità di prodotto con una stessa spesa, o con una spesa proporzionalmente minore, ecc. ece , tutte insomma le cause naturali od artificiali di in-dole topografica, modificano la c u r v a circolare, che nella primitiva ipotesi vedemmo descritta dal prodotto intorno al centro di produzione; così che questa curva, conservando pure nell' aspetto complesso un ordine, pel quale circonda ih centro, è rientrante laddove sienvi cause che diffìcultino, per la spesa, la espansione; emergente dove invece vi sieno cause che facilitino il moto stesso.

Tuttavia la relazione tra il prezzo e la espansione del prodotto rimane inalterata ; essa funzionerà egual-mente a determinarlo e servirà ad elevarlo finché raggiunga u n dato punto, o d i m i n u i r à la lunghezza del raggio percorso dal prodotto.

(9)

20 giugno 1880 L' E C O N O M I S T A alla prima ipotesi, ed aggiungiamo che i n u n punto

q u a l u n q u e del circolo sorga u n altro centro d i pro-duzione, ci apparirà che i raggi d e l l ' u n o e dell'altro circolo si incontreranno in opposta direzione sulla retta congiungente i due centri e si incontreranno nel rimanente territorio o mercato di ciascun p r o -dotto formando i due raggi angoli tanto maggiori quanto maggiore sarà l'angolo che formeranno colla retta congiungente i due centri. Così si determinerà una linea media o centrale, nella quale i due prodotti si equivarranno, ossia, avranno un egual prezzo. Dati cioè i due centri di produzione ed una linea retta che li congiunga, ciascun centro d i produzione avrà illimitati i raggi che partono in direzione dei semi-cerchi esterni; limitati dalla perpendicolare che fosse innalzata sulla metà della retta congiungente, per quei raggi che partono dai semicerchi interni.

Nella q u i sottoposta figura, sieno A e B i due centri di produzione; il centro A potrà espandere il prodotto illimitatamente sui raggi x, y, z e quello

B sui raggi x', y', z'; ma per i raggi compresi tra

i due diametri C A D ed E B F, essi saranno l i -mitati al punto d'incontro della retta m Gn, innalzata perpendicolarmente dalla metà della retta A B.

x ; G \m E : x'

y

A G B

e ; D In F\z'

A l di là della linea m G n i due prodotti si esclu-deranno rispettivamente, poiché la funzione del rag-gio sul prezzo renderebbe il prodotti) B, al di la della iinea m G n, più alto di prezzo del prodotto A, e viceversa.

N o n occorre notare t h e q u i parlo di prodotti eguali, i quali abbiano anche lo stesso costo d i pro-duzione. E chiaro pertanto che, data la ipotesi dei due centri di produzione, il m e r c a f b di ciascuno d i questi centri, nella parte esterna ai raggi perpen-dicolari alla retta di congiungimento, avrebbe una f o r m a semicircolare, x, y, z, x\ y', z, mentre dal lato interno il mercato avrebbe la forma di u n triangolo isoscele avente per base la linea mediana o di incontro dei due prodotti, m G n indefinita, e per lati due raggi f o r m a n t i tra loro il massimo de-gli angoli ottusi, col vertice al centro.

Dopo queste brevi osservazioni, le quali r i c h i e -derebbero p i ù l u n g o esame e discussione, se non avessi qui determinato compito, si c o m p r e n -derà che anche la terza classe di cause per-turbatrici della legge generale, come dogane, proi Dizioni politiche e dazi protettori, non possono p r o d u r r e se non analoghi effetti. La forma circola-re, secondo la quale tendono a disporsi i prodotti, intorno al centro di produzione, sarebbe, da

que-ste cause perturbatrici adulterata, tagliata, troncata secondo la forza e I' entità dell'ostacolo.

Dalle quali considerazioni si può d e d u r r e : — che ogni centro di produzione di ciascun prodotto ha u n proprio mercato o territorio, nel quale tende a vivere da solo, e perciò a scacciare q u a l u n q u e al-tro prodotto cercasse di i n t r o d u r v i s i , — e che que-sto mercato o territorio non può essere, per le stesse ragioni dallo stesso prodotto valicato.

È ben vero che i continui progressi delle i n d u -strie cagionano molte volte la prevalenza di u n centro di produzione, sull' altro anche al di là dei t e r m i n i , che ho indicati ; ma, ove lo studioso esa-m i n i attentaesa-mente il fatto, vedrà che sono evidenti le cause perturbatrici, le quali si possono raggruppare sotto due categorie che non bisogna confondere assieme i n q antochè costituiscono due m o m e n t i principali d a l l ' i n d u s t r i a . V o g l i o d i r e : il miglioramento e la contraffazione. A v v i e n e molto spesso che due p r o -dotti si disputino da lunga pezza la supremazia di u n mercato (diciamo meglio di u n punto della linea mediana), ma finalmente uno dei centri p r o d u t t o r i vinca la battaglia per aver saputo portare un utile miglioramento a l prodotto, o per aver saputo mi-gliorare il metodo di produzione, od il metodo d i trasporto; — ed avviene anche, altrettanto frequente-mente, che la stessa vittoria si verifichi perchè uno dei centri abbia saputo risparmiare sulla produzione così da conservare la apparenza al prodotto, d i m i n u e n -done però la qualità utile. I n tali due casi la vittoria è fattizia o provvisoria, nel p r i m o perchè, od i migliora-menti sono u n segreto, ed allora il prodotto costituisce una classe speciale, che è regolata dal suo particolare carattere, e la legge della concorrenza è diversamente perturbata; o non sono u n segreto,e saranno presto adottati anche dall'altro produttore, o ad ogni modo l ' e f -fetto riuscirà uno spostamento dalla linea mediana; — nel secondo perchè o i consumatori si accorgeranno to-sto della modificazione avvenuta, e, se sentiranno il

bisogno p i ù della qualità u t i l e che della apparenza, respingeranno il prodotto e l ' a l t r o riacquisterà il terreno perduto, ovvero aggradiranno l'apparenza meglio della sostanza, ed allora si tratterà di un al • tro ordine di fatti, poiché si avranno due diversi prodotti, non due prodotti equivalenti quali ho supposti.

Abbiamo adunque altrettanti mercati isolati, i quali lottano tra loro per ottenere la maggiore espansione, ed il prezzo funziona in essi come uno dei principali elementi della espansione stessa.

Ma il mercato universale e per conseguenza il prezzo vero, quale ce lo v u o l mostrare il De Stein, dove lo t r o v i a m o ? dove esiste? — I n u n solo caso esso è possibile, quando esista nel mondo u n solo centro di produzione o quando p i ù centri sieno così distanti tra loro od abbiano tali condizioni che i loro prodotti non si urtino mai. Ma allora l'Autore è in aperta contraddizione, poiché il prezzo non po-trebbe esssr che uno solo, e la lotta che ci venne de scritta tra prezzo vero e prezzo reale non potrebbe esistere, essendo la stessa cosa e il prezzo vero ed il

prezzo di mercato.

(10)

122-4

L' E C O N O M I S T A

20 giugno 1880 concepire nella divisione della quantità dei beni

P q u a l i t à di denaro, e d i m e n t i c h i a m o d ' a l t r a parte che il prezzo è l'espressione del valore in mo-neta, pur tuttavia se questa moneta ha un valore mutevole come q u a l u n q u e altra ricchezza, la propo-sizione del De Stein mancherebbe affatto di senso scienti lieo, il che possiamo dimostrare limitandoci ad osservar la sola teoria della relazione tra prezzo vero e prezzo reale.

A determinare il valore concorrono molti elementi che mutano per circostanze di luogo, di tempo e' di modo. Ora applichiamo la teoria del De Stein ad un paesello qualsiasi, nel quale si faccia un m e r -cato per, esempio, di grano, calcolato solo il bisogno della circostante popolazione, la quantità d i cereale disponibile ed il denaro esistente. Supponiamo ancora che quella quantità di grano, di denaro e di bisogno sia la m i l l m n e s i m a parte della quantità di grano? di denaro, e di bisogni esistenti nel mondo. C h e cosa ne ricava il De Stein? - la q u a n t i t à di grano, bisogno e denaro esistenti nel mondo, costituirebbero il prezzo

vero mondiale; la quantit à di grano, bisogno e

de-naro esistenti in quel paese, costituiscono il prezzo

reale o di mercato. Ma i l eli. A u t o r e aggiunge • il

prezzo reale si accosterà tanto più al prezzo vero

quanto maggiore sarà la q u a n t i t à di grano di d e

-naro e di bisogni concorsi a formare il prezzo vero-cioè i due prezzi staranno nel rapporto delle diffe-renze tra le due quantità. Ora questa differenza

abbiamo supposta essere rappresentata da un m i -lione di v o l t e ; d u n q u e il prezzo del grano i n quel paesello sarà un milione di volte p i ù grande o p i ù piccolo del prezzo mondiale I - Il che, non ho hi-sogno di dirlo, è assurdo.

Se i n quel paesello il prezzo del grano fosse fis-sato a L . 2 5 all'ettolitro, il prezzo del grano che si potesse avere mettendo assieme tutti gli elementi del mondo, sarebbe di 25 m i l i o n i ! ! Senza questa c o n -clusione i prezzi non si accosterebbero tanto più e non .starebbero in ragione della q u a n t i t à de'di elementi concorsi a determinare il fenomeno. °

E concludo; per quanto io stimi ingegnosa ed altri possa sliin,are profonda e filosofica la distinzione che

CI d ù il De Stein tra prezzo vero e prezzo reale

n o n la credo però utile in alcun modo alla scienza tanto p i ù che da questa distinzione egli ne ricava teo-rie, le quali appariscono così lontane dal vero e dal verosimile. - Pur troppo è l'andazzo di legare la economia al metodo della filosofia scolastici • — è anche questa una deplorabile conseguenza della efficacia di questa sugli studi delle scienze sociali ; — ma intanto alla economia derivano tutti i danni che recarono sempre agli studi le scienze astratte, arrestandone od impacciandone il cammino.

Ma se ad ogni modo dalle speculazioni del De Stein si vogliano ricavare delle conclusioni, sembrami che bisogni correggere le teorie d e l l ' A u t o r e in q u e

-sto senso : a

1° 11 prezzo vero ed il prezzo reale si possono confondere perchè possono essere eguali, per quanto differenti sieno le q u a n t i t à dei beni, dei bisooni e del denaro concorsi a f o r m a r e il prezzo reale, q u a n d o le cause determinanti il prezzo reale stiano a quelle determinanti il prezzo vero, nella slessa proporzione delle diverse q u a n t i t à dei beni concorsi.

2° Quanto maggiore è la q u a n t i t à dei beni concorsi a formare il prezzo reale, tanto p i ù

facil-mente si potrà conoscere la distanza che potrebbe esistere tra il prezzo reale ed il prezzo v e r o .

Pero, quando fossi anche venuto a queste conclu-sioni, che almeno non si contraddicono, quale vantaggio avrò dato alla scienza ? A v r e i detto degli i n d o v i -n ? ,dnl e °z l 0 S I (à s i m i l i a tante altre sparse nel

libro del De Stein, nel quale ad esempio, con concetto lorse profondamente filosofico, ma niente affatto umano, ci dice ohe la personalità « è quella forza « la quale, perchè pensa pur ciò, che è fuori di sè, « non può trovar la sua ragione d'essere i n ciò, « che e fuori d i se. »

A. JÉHAN DE JOHANNIS.

OEI I D I DI RIPARARE Al DANNI DELLA MUTABILITÀ

D E L C O R S O D E L L E C A R T E L L E F O N D I A R I E

Il dottore Stefano Alloccliio in una recente p u b

-blicazione sul Credito Fondiario in Italia ha un

capitolo intitolalo « L ' i n t e r e s s e fisso delle Cartelle-perniciose sue conseguenze. » I n quello l ' A u t o r e dopò aver detto come il proprietario paghi I' interesse . 0 ° ° I 0 . parche fisso è pure l ' i n t e r e s s e 5 Oin

assicurato sul valor nominale delle cartelle e d i m o -strato come per le molte cause che influiscono sulI andamento dei corsi, q u a l i il vario saggio d e l -1 interesse del mercato, la maggiore offerta o dimanda, ecc., difficilmente i titoli fondiari possano t r o -varsi al valor nominale, ma quasi sempre anzi sieno adesso interiori (come fin q u i è accaduto in Italia per sette degli Istituti Fondiari) od anco superiori c o m ' è attualmente delle cartelle della sola Gassa di R i -sparmio di Milano, si estende molto diffusamente a dimostrare tutte le g r a v i conseguenze che questa m u t a b i l i t à del corso arreca nei rapporti tanto del mutuatario, che del Capitalista. Infatti il basso corso delle cartelle rende spesse volte impossibile l ' o p e -razione anco a elfi si assoggetterebbe a subirne le conseguenze, ed offrirebbe un'ipoteca per il doppio del m u t u o richiesto, non potendo dalla vendita delle cartelle realizzare il capitale occorrentegii ; qualora poi lo concluda, oltre alla perdita per fa differenza del prezzo, ne verranno altre conseguenze ben gravi quella cioè di trovarsi col patrimonio d i m i n u i t o sia' pure _ nominalmente (e i n progresso di tempo per l ' a u m e n t o delle cartelle può d i v e n i r l o anco

effet-tivamente) di una somma maggiore a quella che ha

realizzata e di averne imbarazzo e danno quando i n seguito gli abbisogni di r i c o r r e r e di nuovo al credito, oppure debba procedere alla vendita o d i v i sione del p a t r i m o n i o , nei quali casi può esser c o -stretto ad ammettere come reale il debito fatto col credito fondiario senza poter godere dei. vantao-o-j finali d e l l ' a m m o r t a m e n t o .

(11)

-20 giugno -1880

restarne e farne discendere anco il corso a danno dei veri bisognosi di credito.

A tali inconvenienti n o n potrebbe ovviarsi con qualche modificazione d e l l ' a t t u a l e sistema?

Vediamo. A l c u n i se lo ripromettono dall' emis-sione di cartelle fondiarie a p i ù f r u t t i diversi ad esempio del 4, -i 1(2, 6, 6 1|2 oltre a quello at-tuale del 5 0 ( 0 ; ma loro giustamente si obietta che l'interesse è ancora fisso, che solo invece d i stu-diare le conseguenze di questo interesse al 5 0 | 0 sarebbero a studiarsi anco quelle dei titoli a i n t e -ressi diversi ed inoltre che per la facoltà concessa dalla legge ai mutuatari di poter estinguere il pro-prio debito tanto i n contanti, che i n cartelle ne con-seguirebbe che quelle portanti m i n o r e interesse avreb-bero sempre un prezzo inferiore non i n ragione del minor frutto promesso (il che sarebbe giustissimo) ma altresì in ragione dello scapito p r e s u m i b i l e dai r i m b o r s i e q u i n d i ancora dalla doppiamente m i n o r e richiesta, che per le cause suesposte ne deriverebbe; le altre poi per la promessa di maggior frutto e il minore rischio nei r i m b o r s i avrebbero una maggiore richiesta; i n s o m m a invece che favorire i consu-matori si avvantaggerebbero i p r o d u t t o r i , o per meglio dire i capitalisti, agevolando senza volere, anzi a nostro dispetto con u n sistema artificiale l'au-mento del frutto.

L ' A l l o c c h i o invece si augura i* islesso risultato rendendo le cartelle sempre alla pari mediante la

mobilità dell' interesse. Ma con q u a l i n o r m e , con

quali c r i t e r i si potrà esso (issare? Forse seguendo il corso della rendita o di altro titolo garantito dallo Stato? L a cartella fondiaria però è un valore sui

generis da no n porsi niente atfatto alla pari con u n

valore dello Stato, con cui non ha v e r u n rapporto. — E allora se deve esservi qualcuno che determini il saggio dell'interesse, chi dev'essere? —

L o Stato d'accordo con l'Istituto emittente, ci dice l ' A d o c c h i o ; si dovrebbe q u i n d i adottare per questo valore u n quid simile del calmiere — Noi siamo di parere che l ' i n g e r e n z a dello Stato, di u n ente cioè che quantunque prometta di determinare i frutti a seconda del corso del mercato, può tuttavia agire a l t r i m e n t i , e far sentire il suo potere, possa essere di danno p i ù che di vantaggio, e che all'infuori della legge continua della domanda e dell'offerta non vi

società anonime, e q u i n d i costretti a dare in corre-spettivo della presa ipoteca cartelle e non

da-naro; e non a v r e m m o preso a confutarla se

ap-punto n o n ci avesse a ciò spinto il pensiero di po-ter così in pari tempo combatpo-tere anco il sistema, del quale anzi I' Allocchio è in generale u n valido sostenitore.

A b b i a m o visto che per quante proposte e m o d i -ficazioni si escogitino, pure non si potrà mai arri-vare a porre u n riparo ai molti e gravi inconvenienti ampiamente enumerati al principio di questo scritto. N o n ci sarà dunque modo, ci si domanderà, di evi-tare tante e perniciose conseguenze? Noi rispondiamo di s ì ; c o l f adottare però u n sistema diverso dall'at-tuale, col fare cioè i m u t u i i n contanti, non al frutto del 5 per cento come è ora l'issato dalla cartella, ma a quello che per identiche operazioni è (issato dalla piazza, il qual frutto, una volta determinato e convenuto dalle due parti contraenti, dovrebbe r i -manere sempre lo stesso ed invariato per tutta la durata del m u t u o ; col dare ai mutuatari tutta la somma che loro spetta i n rapporto all' entità del valore del pegno, e coli' esigere la restituzione di una somma uguale a quella effettivamente pagata. Con tal sistema però I' istituto, dopo varie opera-zioni, nelle quali avesse esaurito il proprio capitale, avrebbe bisogno di rinsanguare le proprie casse: ciò si otterrebbe c o l f emissione di tante cartelle per un complessivo valor nominale uguale a quello mu-tuato.

È questo il sistema che noi proponemmo i n u n precedente n u m e r o di questo periodico per le banche agricole funzionanti con gli istituti fondiari, sistema del resto assai semplice ed applicabile agli istituti fondiari medesimi e fondato sui veri principi! dell'eco-nomia e della giustizia; infatti, se i capitali scarseg-giano ed il proprietario ne abbisogna, deve soggia-cere alla fatale legge della domanda superiore alla offerta e a seconda della sua minore o maggiore intensità fissare il f r u i t o al 6, 61/2 ed anco al 7 per

c e n t o ; se al contrario abbondano, potrà fissarlo al •ì '/a e al -4 ed anco al 3 per c e n t o ; ma la giustizia vuole però che questo frutto una volta determi-nato debba rimanere sempre io stesso ed invariato, e che allora quando si chiede al mutuatario una garanzia di 2 0 0 per dargli 100, noi gli diamo in corre-spettivo la somma richiesta ed occorrentegli, perchè non sia poi obbligato a restituire di p i ù di quel che ha effettivamente avuto, e infine che le cartelle abbiano anch' esse u n frutto fisso ed invariabile, nonché il r i m b o r s o al valor nominale a seconda di quanto è determinato dall'emissione.

A tutti questi inconvenienti ci sembra che il si stema che noi propugniamo ponga riparo. — L ' A l -locchio forse potrebbe ripetere l'obbiezione che fa a pag. 107 del citato libro col dire « che u n Isti-tuto Fondiario, come del resto sotto altre f o r m e av-viene anche per le altre istituzioni di credito, altro non può essere che l ' i n t e r m e d i a r i o fra chi cerca credito e chi cerca l'impiego dei suoi capitali, i n vitando per la specialità sua questi u l t i m i a r i v o l -gersi alla proprietà fondiaria. » Ma appunto come tutti g l i altri i n t e r m e d i a r i di simil natura, come il banchiere, le banche ecc., deve trattare e definire tra sè e• il cliente l'affare e avuto il documento, o pegno, od altro d a r g l i i n correspettivo altrettanto denaro.

A noi sembra invece che coli' attuale sistema sia altro modo per determinare il corso dei v a l o r i

e l'interesse dei m e d e s i m i ; eppoi non si creda che l ' i n s t a b i l i t à dell' interesse non sia p i ù nociva od al-meno ugualmente nociva della instabilità del capitale; perchè mentre quella del capitale sperasi in un volgere di anni di ricuperare, quella della rendita sarebbe i n e v i -tabile : e per le cartelle fondiarie sarebbe di p i ù u n peg-gioramento certo in quanto che oggi ogni acquirente, sebbene non sappia l'epoca, che può essere vicina come remota, pure ha la convinzione e la certezza che il capi-tale gli sarà rimborsato per il valore nominale e che il frutto non gli sarà d i m i n u i t o ; q u i n d i l'altro progetto non può sembrargli e con ragione che peggiore. L a proposta dell' Allocchio insomma se si parte da u n principio giustissimo e che noi pure approviamo, come si vedrà i n seguito, ha però a nostro avviso il grave difetto di essere inapplicabile.

Riferimenti

Documenti correlati

Il presidente soggiunge brevi considerazioni per dimostrare la costruzione della linea del S e m - pione — di molto e incontestabile vanlaggie per Mi- lano e per tutta

E poiché non si può rispondere afferma- tivamente se non alla seconda parte della domanda, convien concludere che se la nostra industria Lin- gue e non fiorisce, non è già perchè

Sulle tariffe crede che non possa lasciarsi la deter- minazione di esse nelle mani delle sole Società ; ma deve contemperarsi il diritto di esse con quello del governo, lasciando

Affine però di potersi formare un criterio giusto della relazione che passa tra la entità del patrimonio e la entità delle spese patrimoniali ; ci conviene se- parare, per quanto ci

9 della parte ordinaria (agricoltura, spese fisse). Niuna meraviglia se quel dissenso ha provocata una discussione non breve. Oratori delle varie parti della

La Banca Nazionale Toscana per esempio, col di- scredito in cui è caduta in causa dell' impiego di buona parte dei suoi capitali in impieghi di &lt;1 i(lìeile o

Ma domani il Ministero della pubblica istru­ zione intima al comune di aprire una scuola per ottemperare alla legge sulla pubblica istruzione; quello delle

Noi, lasciando da un lato la questiono politica, della quale non vogliamo intrattenere i nostri lettori, non discutendo qui se l’ Inghilterra tratti l’ Irlanda