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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.07 (1880) n.332, 12 settembre

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L ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E 'l'TIM A NALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI

Anno VII - Voi. XI

Domenica 12 Settembre 1880

N. 832

IL CONTROLLO DELLE FINANZE COMUNALI

Le statistiche, compilate con tanta cura dal Mi­ nistero di agricoltura, industria e commercio sui bi­ lanci comunali, ci presentano le seguenti cifre nei rapporti tra entrate e spese, durante il novennio 1870-1878, in tutti i Comuni del regno.

1870 deficit 1871 1872 » 1873 avanzo 1874 deficit 1875 avanzo 1876 deficit 1877 » 1878 »» . L. 2,680,444 . » 9,688,568 . » 6,406,282 . » 260,037 . » 37,015 . .» 202,673 . » 1,074,429 . »» 1,624,804 . » 268,359 Le quali cifre presenterebbero a prima giunta un certo aspetto di miglioramento, anche nelle loro oscil­ lazioni; infatti il massimo disavanzo fu di un milione e mezzo negli ultimi quattro anni, mentre fu di 9 milioni e mezzo nel quadriennio antecedente. Però se una deficenza di qualche milione su 500 milioni, che formano le entrate di tutti i Comuni del regno, può parere di poca significanza, è anche necessario avvertire che trattasi di bilanci preventivi e non di bilanci consuntivi. Onde conviene farsi la domanda: — dei 500 milioni di lire, che rappresentano l’en­ trata preventivata nel 1878, quanti vennero effetti­ vamente riscossi, e dei 500 milioni di spese, pre­ ventivate nello stesso anno, quanti se ne spesero effettivamente di più? — Il che vuol dire: quanta differenza si riscontra tra i preventivi ed i consun­ tivi ?

E, invero, assai a deplorarsi che il Ministero non publichi le statistiche in base ai consuntivi, od al­ meno non publichi parallellamente e quelle sui con­ suntivi e quelle sui preventivi; ma ad ogni modo qualche cosa si può desumere anche dall’esame dei preventivi. Infatti nello stesso anno 1878 sono iscritte nel bilancio L. 4,289,665 quali residui passivi, cioè spese che non furono pagate nell’anno antecedente malgrado fossero preventivate, e ben L. 19,259,581 di residui attivi, cioè entrate che nell’anno antecedente si erano preventivate, ma non furono riscosse! — E adunque una_ differenza di oltre 23 milioni e mezzo, e tuttavia la crediamo ben lontana dal vero.

La citata statistica ministeriale è stata assai parca di studi sui residui, e perciò non possiamo qui ri­ portare il movimentv tanto degli attivi che dei pas­ sivi per qualche periodo d’ anni, ma crediamo tut­ tavia di potere affermare che i residui passivi presen­ tano la cifra di soli quattro milioni perchè le ammini­

strazioni comunali impararono ormai a compilare i loro preventivi così, che facciano il minore effetto doloroso sulle popolazioni. Ne perde, è vero, la chia­ rezza e talvolta la verità, ma se ne giova l’amministra­ zione, che abbia bisogno di far passare l’approvazione di nuove spese. Nò il farlo, colle attuali leggi di contabilità dei Comuni, è difficile o meno che retto ; Basta un poca di avvedutezza. Se, per esempio, è stato votato dal Consiglio un lavoro della spesa di 100 mila lire, si dimostra che il bilancio non può pa­ garle in un anno, ma può pagarle in 10, e si iscri­ vono intanto nel preventivo solo 10,000 lire; le altre 90 mila non figurano come spese già votate o già fatte, ma come debiti del Comune, cioè come pa­ trimonio passivo, e siccome non importano, per lo più, interessi di sorta, non figurano per nulla nel bilan­ cio. Alla fine il lavoro costa per lo meno, 150,000 lire, per cui il Comune è, in ultima analisi, aggravalo di 150,000 senza che nel bilancio si scorga altro ag­ gravio che quello delle 10,000 lire.

Applichiamo a moltissimi casi di grande e di pic­ cola entità questo esempio e ne dedurremo subito, e facilmente, che con questo mezzo i Comuni possono aggravare il bilancio di una quantità di simili rate, le quali tengono vincolato l’avvenire della finanza co­ munale e impediscono poi di provvedere a quegli av­ venimenti inaspettati, che tante volle sopraggiungono. E per questo che noi vorremmo chiedere: — oltre i 4 milioni di residui passivi, che risultano nel 1878 dai preventivi dei Comuni del regno, quante altre spese si sono compiute nell’anno stesso con aggravio degli esercizi venturi?

E la risposta, i nostri lettori lo immaginano bene, va di pari passo colle nostre conclusioni ; — anche qui disordine ed impotenza della legge.

Primo criterio adunque, perchè le" finanze comu­ nali possano riescire facilmente intelligibili a tutù, noi crediamo debba esser quello di non scindere, come fa oggi la legge, il bilancio dal patrimonio, ma anzi di legare strettamente l’ uno all’ altro, così che i consiglieri, gli elettori e i cittadini possano avere una conoscenza precisa e completa della si­ tuazione finanziaria del Comune. In una categoria speciale dei preventivi e dei consuntivi sia indicato I’ ammontare del patrimonio passivo del Comune, e, si noti bene, in questo patrimonio passivo si notino anche le spese sostenute dal Comune verso paga­ menti di rate annuali; e questo diciamo poiché non sono rari i Comuni, i quali credono che questa specie di debiti non costituiscano veramente un passivo del patrimonio, ma ne tengono calcolo nella contabilità solo per memoria.

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I

1 410 L’ E C O N O i M I S T A 12 settembre 1880

contenga tali disposizioni, che la spese dei Comuni abbiano la massima controlleria da parte della Giunta del Consiglio e ilei corpo elettorale.

Pur troppo gli esempi notissimi e tuttodì, neces­ sariamente, succedenti, in causa della inefficacia della legge vigente, dimostrano quanto sia facile agli ammi­ nistratori eludere le disposizioni che concernono la retta contabilità dei comuni. Una Giunta, un poco abile, può, senza grande difficoltà, disporre di buona parte del bilancio senza preventivo permesso del Consiglio, e senza grave timore di non ottenerne la sanatoria, in- quantochè i fatti compiuti troppo spesso si impon­ gono anche a coloro che non li approvano. D’altronde ad una Giunta che abbia, ad esempio, fatta una spesa in nome del Consiglio e senza averne preventiva­ mente il suo permesso, qual comminatoria infligge la legge, se il Consiglio non accorda la sua sanato­ ria alla deliberazione d'urgenzaì II sindaco e gli assessori rispondano del proprio! — ma si comprende che è difficile trovare un Consiglio comunale il quale, trattandosi di una differenza nell’apprezzamento, con­ danni gli amministratori a rifondere le spese che, sia pure con falso criterio, hanno infine sostenuto pel comune', e quindi, qualunque sia la delibera­ zione d’urgenza, quando trattisi ili denaro speso, ot­ tiene a p rio ri la sanatoria, appunto per la natura stessa del fatto. Si tratterà di una nomina, di un affare politico o di altro affare, ed il Consiglio non sarà forse restìo a respingere la proposta di appro­ vazione o ad accompagnarla con un ordine del giorno un po’pepato, ma se si tratterà di spese, sarà molto raro trovare un consigliere che abbia il co­ raggio di alzare la voce e respingere la proposta di sanatorie. '

Nè si creda che noi con ciò vogliamo fare una pittura color nero delle amministrazioni comunali. In quanto affermiamo di fatti che avvengono, am­ mettiamo la massima buona fede, ed accenniamo solo ai mezzi coi quali le Giunte possono eludere la volontà del Consiglio ed i desideri degli elettori.

La divisione del bilancio in articoli preventiva­ mente votati dal Consiglio, cioè la distinzione di una determinata cifra per ciascuna voce del bilancio, non ha una pratica utilità, se prima non siano stret­ tamente e rigorosamente limitati i mezzi co’quali e Giunta e Consiglio possono intaccare, e talvolta scon­ volgere, quei criteri, che hanno presieduto alla ar­ monia del bilancio.

Altro punió importantissimo è quello delle spese impreviste o casuali, o, come le chiama il bilancio, fondo di riserva per le spese imprevedute, esse do­ mandarono per il 1878 la bella cifra di L. 8,933,984; senza notare che ciascuna categoria di spese ordi­ narie e straordinarie ha essa stessa una voce di altre spese indeterminate le qualj non sono trascurabili: troviamo infatti sotto questo titolo di altre spese le seguenti cifre:

tra le spese di amministrazione L. 579,704 per la polizia locale ed igiene » 1,422,075 per le spese pubbliche . . » 2,320,030 per la istruzione bubblica . » 2,372,664 per la beneficenza . . . » 4,209,546 per servizi diversi . . . » 4,283,140 Totale L. 15,189,159

Questi sono 15 milioni per altre spese indeter­ minate obbligatorie ordinarie; e poi troviamo ira le

spese straordinarie: L. 15,444,931 per opere pub­ bliche diverse ; L. 455,684 per altre spese per la istruzione pubblica elementare; L. 3,135,181 di spe^e diverse straordinarie, e infine i 9 milioni di fondo di riserva per le spese imprevedute.

Come ben vedesi, sembrerebbe che si fosse pre­ veduto sino coll’eccesso della cautela affinchè le cifre ilei bilancio fossero rese stabili ed inalterabili. In ­ fatti (teniamo a spiegare chiaramente questo con­ cetto) tra le spese obbligatorie ordinarie in ogni cate­ goria oltre alle voci generali del bilancio, i Comuni iscrivono per 15 milioni e più di spese che hanno designazioni particolari, e poi hanno una categoria speciale per servizi diversi, che comprende essa sola 19 milioni e mezzo; ed in questa categoria è lasciato largo spazio alle spese diverse dei servizi diversi, sì che danno oltre 4 milioni. Quindi vi sono altri 19 milioni per spese diverse in genere tra le ob­ bligatorie straordinarie; e tra le facoltative, collo stesso titolo altre spese, ne troviamo :

per l’am m inistrazione... L. 1,524,779 per la polizia ed igiene...» 810,875 per la sicurezza pubblica e giustizia » 176,119 per le opere pubbliche...» 10,117,763 e una intera categoria di spese di­

verse per . . , . . . . » 7,786,839

Totale L. 20,417,214 Sono adunque in cifre rotori*de 55 milioni che i comuni iscrivono per spese iti genere (dire alle voci generali del bilancio ; — ebbene ! (piasi ciò non fosse già molto, si iscrivono altri 9 milioni di fondo per spese imprevedute !

E fosse (pii tutto ! Ma in mezzo a tanta larghezza noi vorremmo domandare : quanti furono gli storni da categoria a categoria del bilancio ? a qual cifra ammontarono ? — Se si pubblicasse una statistica di questo genere (e sarebbe utilissima) vi sarebbe di che spaventarsi. Leggansi gli ordini del giorno delle sessioni dei consigli comunali, e si vedranno lunghe file di oggetti che hanno per titolo: appro- vazioue della deliberazione presa d’ urgenza dalla Giunta per uno storno dalla categorìa A alla categoria B per L ...

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12 settembre 1880 L’ e c o n o m i s t a 1411

troppo addentro nelle cose, vota ; i cittadini che ; amano sempre i lavori ed i miglioramenti, dicono: quando è così, quando siamo ricchi.... spendiamo pure. Ma domani il Ministero della pubblica istru­ zione intima al comune di aprire una scuola per ottemperare alla legge sulla pubblica istruzione; quello delle finanze domanda il pagamento dei ca­ noni arretrati dal dazio consumo ; — quello dei la­ vori pubblici domanda la tacitazione del debito per la quota di concorso alla manutenzione di porti fari ed altre opre marittime, e la stessa ragione­ ria, colla stessa prontezza, redige altri prospetti, ac­ cumula altre cifre, confeziona altri quadri, coi quali dimostra die il Comune è in condizione assai dif­ ficile, che non può sopportare le spese già iscritte, che un nuovo aggravio lo condurrebbe alla rovina. E quasi sempre, la Deputazione provinciale per concedere le nuove spese, il Ministero per accor­ dare nuove proroghe, si convincono delle due di­ verse dimostrazioni, l’ una e l’ altro non potendo, colla scorta dei bilanci, farsi una idea suffieente della vera situazione finanziaria del comune; e la Prefettura poi accompagna calorosamente tutte e due le dimos­ trazioni, una al governo 1* altra alla Deputazione !

Ma come avvengono questi fatti ?

Non è difficile comprenderlo. Quando una Giunta abbia bisogno'di dimostrare un avanzo per far vo­ tare una nuova spesa o per farla approvare, nel re­ digere il bilancio preventivo ha cura di falcidiare tutte le cifre di altre spese e di spese impreviste, alle­ gando qualsiasi pretesto per dimostrare che su quelle cifre così generiche si possono fare econo­ mie. Ma l’avanzo fatto così apparire quando veniafho all’ esercizio del preventivo sparisce, perchè gli ar­ ticoli altre spese e spese impreviste non bastano più, allora si fanno storni e si chiude il bilancio consuntivo con enormi disavanzi. Ma chi ci pensa ai consuntivi?

Ed è questo uno dei guai più seri per i comuni, non perchè noi crediamo che la disonestà o la mala fede presiedano nelle amministrazioni comu­ nali, tutt’ altro anzi ; — ma perchè quelle cifre iscritte così genericamente, sono i mezzi coi quali la Giunta può felicemente barcamenare contentando Tizio e Sempronio ; quelle cifre sono le occasioni a peccare contro la buona amministrazione, sono infine i buchi più larghi pei quali il comune perde il suo avere. Oh ! perchè non si pubblicano le cifre pre­ ventivate e quelle Vealmente spese negli articoli che hanno denominazione generica ? Quale ammaestra­ mento ne trarrebbero tutti ; amministratori, elettori, legislatori e l’intero paese !

A rimedio di questo gravissimo inconveniente pre­ sentato alla struttura del bilancio, noi vorremmo: — che ogni preventivo contenesse, articolo per articolo, le cifre effettivamente spese iti ciascuno dei tre anni antecedenti ; — che le voci generiche del bilancio non potessero mai oltrepassare la misura di 1|10 della cifra principale iscritta nella stessa categoria ; — che le spese impreviste fossero esse pure limi • tate all’ uno per cento del bilancio; — che infine la Giunta non potesse disporre di queste somme in via generica iscritte se non per dodicesimi o per sesti, dietro speciale deliberazione del consiglio da ottenersi, verso resa di conto o mensilmente o bimestral­ mente. Che infine nei primi cinque giorni di ogni mese fosse pubblicata nella sala del consiglio una tabella che dimostrasse il rapporto delle spese fatte

e di quelle preventivate nei mesi antecedenti; — che la Giunta non possa far storni nè prendere delibe­ razioni d’ urgenza in materia finanziaria ; — che la Giunta non possa oltrepassare in nessun caso le cifre iscritte nel bilancio e per quelle indetermi­ nate non possa disporre che per dodicesimi o per sesti ; — che il Consiglio stesso abbia limitata la facoltà degli storni del bilancio, per esempio non non potendo aumentare gli articoli più di 1|10 delle cifro iscritto»

Tutte queste disposizioni però non avrebbero al­ cun valore in pratica come non ne hanno quelle sebbene, sotto un certo aspetto, severe delle leggi vigen­ ti, se per la loro osservanza non sia esercitato un con­ trollo, il qual controllo non potendo esser esercitato dalla Deputazione provinciale, non potendo essere affidato alta autorità governativa, deve esser com­ pito di una magistratura speciale, espressamente a questo scopo eletto dai cittadini e rivestita di quei requisiti i quali sieno garanzia della sua capacità a compiere il delicato ufficio.

Stabilite le incompatibilità di parentela e di uf­ ficio, sia governativo, sia provinciale, sia comunale a questo magistrato, noi lo vorremmo a lato della Giunta e del Consiglio con lo stesso compito che ha il protutore nell’ ufficio della tutela.

Questo Tutore o Censore compilerebbe i bilanci preventivi del comune e li presenta alla Giunta che li porta alla maggioranza del Consiglio: il Consiglio approva o non approva il bilancio presentato o lo modifica, il Censore interverrebbe alle sedute ed esporrebbe il suo criterio senza prender parte alla votazione. Egli stesso compilerebbe il conto consun­ tivo entro il mese di aprile di ciascun anno e lo presenterebbe al Consiglio con un rapporto sulla situazione finanziaria del comune e colle proposte che intendesse di fare pel migliore andamento della azienda comunale. Tanto il bilàncio preventivo che il con­ suntivo dovrebbero contenere un titolo speciale sullo stato patrimoniale del comune, il quale titolo ogni anoo deve essere, articolo per articolo, votato dal Consiglio. Il Censore pone il suo veto a tutte le de­ liberazioni del Consiglio in materia finanziaria che fossero contrarie alla legge o contrarie all’interesse del comune quando si tratti di modificare oltre 1(10 le cifre iscritte nel bilancio o quando si vincoli il bilancio di più esercizi; — il Consiglio può ap­ pellarsi di questo veto, prima alla assemb'ea pro­ vinciale dei Censori, poscia alla Corte di Cassazione. Le deliberazioni del Consiglio a cui il Censore avesse posto il veto non sono esecutive senza una sentenza contraria o dell’ assemblea dei censori o della Corte di Cassazione.

Tutti i mandati staccati dal Sindaco non sono pa­ gabili dall’ esattore se non portano il visto del Cen­ sore, il quale non dovrà approvarli se la cifra iscritta nel bilancio sia esaurita o se non sieno attribuiti alla voce propria del bilancio stesso; egli approva pure le tabelle dello stato del bilancio che mensil- | mente debbono essere affisse nella sala del Consi­

glio.

0 dietro sua richiesta o dietro invito il Censore interviene alle sedute della Giunta che trattino di questioni finanziarie, e della eventuale discussione come delle deliberazioni prese vien tenuto apposito verbale.

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^4121 L’ E C O N O MI S T A 12 settembre 1880

Questi criteri che noi qui esponiamo brevemente sottoponendoli alla attenzione degli studiosi di siffatta materia, ci sembrano atti ad arrestare la corrente che trascina oggidì gran parte dei comuni in quanto riguarda le finanze. La situazione, che noi crediamo gravissima, ci fa stimar necessarie delle gravissime disposizioni di legge. La facilità colla quale oggi, mercè i numerosi stromenti del credito, si può usu­ fruire dei valori creati e di quelli che si spera di creare nell’avvenire, permette alle amministrazioni in genere, di impiegare le rendite dei tempi futuri per le spese ordinarie, oggi necessarie. È questo un grande vantaggio del moderno progresso. Ma guai a II’abusarne! Quello che accade ai padri di famiglia che realizzano e dispendiano le future entrate a c ­ cade anche alle amministrazioni. Quando per l’anda­ mento ordinario si è impiegato tutto il presente e tutto l’avvenire, a che si ricorre nelle straordinarie eve­ nienze? I debiti dello stato, dei comuni e delle pro- vincie non sono altra cosa che imposte future già dispendiate nel tempo presente; e siccome le imposte non dovrebbero rappresentare che una quota della ricchezza che i cittadini producono annualmente, e mai una quota dei capitali che servono alla produ­ zione, le amministrazioni anzidette dispendiano oggi le quote delle ricchezze che i cittadini produrranno negli anni avvenire. E se per eventi straordinari noi od i nostri figli dovremmo aver bisogno di straordinari provvedimenti quali mezzi ci resteranno per procu­ rarli quando si è arrivato a consumare un avve­ nire remotissimo?

Lo ripetiamo: il credito è uno degli strumenti più meravigliosi che l’ingegno umano abbia creato, ma nello stesso tempo è uno dei più terribili nelle sue conseguenze quando coloro, che debbono usarne, non fanno attenzione ai delicati re aardi che esio-e o ne abusano sove chiamente. E nella attuale condi­ zione (1 oziaria dello Stato e dei Comuni nel no­ stro paese, nella condizione economica stessa della nazione, noi troviamo argomenti esuberanti per con eludere, che il paese non può, senza grave danno di tutti, sopportare nuove tasse; che 'Stato e co­ muni per mezzo di spese eccessive tendono ad au­ mentare il loro debito, cioè a precludersi la via per lar fronte ad eventuali contingenze; che tale situa­ zione non può condurre che al precipizio; — che sarebbe quindi opera saggia ed urgente arrestare con opportuni provvedimenti la corsa intrapresa per questa via pericolosa.

Riassumendo quindi i concetti che abbiamo cer­ cato di esporre in questi articoli, diremo che a rior­ dinare le finanze comunali noi troviamo necessario : 1° limitare le imposte normali ad una cifra proporzionale alla popolazione di ciascun comune ed al reddito di ricchezza mobile ;

2° limitare le cifre delle spese di ciascuna ca­ tegoria, sieno obbligatorie ordinarie che obbligatorie straordinarie che facoltative, ad un massimo percen­ tuale del complessivo bilancio ;

3° togliere qualunque spesa facoltativa quando esiga che sieno oltrepassati i limiti delle imposte di che al n° 1°

4° Che le spese straordinarie le quali impor­ tino una cifra superiore ad 1|20 del bilancio otten­ gano il voto di 2|3 degli elettori ;

o° che il Consiglio possa essere convocato in qualunque tempo ;

6° che sia istituito un magistrato elettivo al quale spetti il controllo di tutti gli atti finanziari del comune

7° che le cifre stanziate nel bilancio preventivo non possano essere, mediante storni, aumentate oltre un decimo ;

8° che sia tolta la facoltà alla Giunta di fare storni e che in nessun caso possa essa oltrepassare la cifra del bilancio.

Con questi provvedimenti si erigeranno, è vero, meno monumenti, si celebreranno meno feste e meno anniversari, certe opere pubbliche di dubbia utilità o di non urgente necessità saranno ritardate, ma in compenso i comuni avranno meno debiti, meno in­ teressi da pagare, e, almeno da quella parte, i con­ tribuenti saranno più sollevati, — l’economia nazio­ nale potrà svilupparsi con maggiore celerità o con meno lentezza !

IL CORSO FORZATO

Noi parlammo in uno dei passati numeri del no­ stro periodico di un progetto che si dice essere allo studio, tendente ad abolire il corso forzato, e promettemmo di tornare sull’ argomento. Mante­ niamo la promessa, sebbene, a vero dire, in man­ canza di una proposta concreta, queste nostre pos­ sano sembrare divagazioni. A ogni modo riandando il passato e studiando qualche esempio straniero, può aversi la speranza di non perdere addirittura il tempo. La questione è bensì così grave che noi non presumiamo di risolverla, e tanto meno in un solo articolo. Onde ne riparleremo più tardi.

Per fortuita, al nostro tempo non si disconoscono i caratteri essenziali della moneta, e non si ha pre­ sunzione di andar contro alla natura delle cose, so­ stituendo ai metalli preziosi la carta. Ormai il corso forzato non è che un supremo espediente a cui si ricorre in circostanze straordinarie.

E così fu veramente in Italia.

Le condizioni finanziarie ed economiche nel 1866 erano gravissime. Il disavanzo superava i due mi­ liardi; l’ interesse dei prestiti contratti per 1700 milioni ascendeva a 125 milioni; vendute le ferro­ vie, i beni demaniali venduti in parte e del resto ipotecati; la rendita scesa al 65 e precipitata poi al 43 per cento ; il commercio aggravato dalla dif­ fidenza straniera, e l’ oro scomparso; non probabi­ lità di altri prestiti; la guerra imminente. E avemmo il corso forzato, di cui si' volle da alcuni conte­ stare la necessità, ma che a ogni modo nel con­ cetto del suo proponente era una misùra passeg­ gera e destinata a sparire, come avemmo occasione di osservare.

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12 settembre 1880 L’ E C O N O M I S T A 1413

sugli animi spassionati e più curanti del pubblico bene che della vanità degli applausi.

Una carta emessa dallo Stato su quale solida base riposa ? Sul suo credito, si dice. E sta bene, ma è proprio quando lo Stato si trova a que’ ferri che può ispirare così grande fiducia ? E c’ è di peggio.

Con questo sistema, e la storia parla chiaro s’in­ genera l’idea che lo Stato possa con un tratto di penna dare alla carta la qualità di moneta, ossia possa violare impunemente le leggi naturali. E poi­ ché la via è lubrica, e poiché l'abisso invoca l’abisso e la carta genera la carta, non si sa mai dove si può andare a cascare, proprio come il faceto poeta della Corte toscana, a cui era scappato il cavallo. Al contrario quando lo Stato dà il corso forzato al biglietto bancario, non si tratta più di un atto di autorità, ma di un contratto. Lo Stato ha fatto un debito ; si è fatto dare del danaro; in correspettivo accorda un privilegio, che cesserà quando abbia adempiuto all’ obbligo suo. E se quest’olibligo sarà preciso e determinato non solo per la sostanza, ma pel modo del pagamento, com’è avvenuto in Fran­ cia, il vantaggio sarà grandissimo, giacché dato che il governo goda fiducia e mantenga i suoi impegni, sarà appena sensibile, o certo lo sarà molto meno, quella triste piaga che è l’aggio.

E intorno all’aggio, dacché capita la palla al balzo e queste nostre sono, lo abbiamo detto, divagazioni, vogliamo dire due parole.

Abbiamo letto nelle opere di scrittori, del resto degnissimi di lode, che la quantità della carta-mo­ neta e il credito dello Stato non esercitano alcuna influenza sull’aggio, che dipende soltanto dalla do­ manda e dalla offerta dell’oro sul mercato.

Forse poiché il tema è così interessante, ci ri- serbererao di combattere quando che sia queste dot­ trine, armati di fatti e di cifre da porre in ordine di battaglia, contro i fatti e le cifre troppo debol­ mente schierati contro noi da que’nostri egregi av­ versari. Per ora ci limitiamo a dichiarare che ve­ ramente ci pare inesatta questa semplicità di solu­ zioni scientifiche. Pur troppo la semplicità è una magnifica cosa, e deve preferirsi quando con essa si può raggiungere lo stesso scopo che altri po­ trebbe conseguire con mezzi più complicati. Ma a questo solo patto, intendiamoci bene. Gli organismi le istituzioni, le macchine più complicate sono an­ che le più perfette.

« In meccanica, come in politica, la semplicità è la barbarie » diceva un nostro illustre maestro, e, noi aggiungeremo anche in economia ed in fi­ nanza.

Ma che diamine! Siete voi che ci rimproverate di essere troppo assoluti ; siete voi che ci accusate di giurare nel verbo di Adamo Smith; siete voi che non teniamo conto dell’azione delle cause perturba­ trici, che impediscono il regolare svolgersi- delle leggi naturali; siete voi che ci dite tutto questo! Eppoi quando vi trovate di fronte a uno dei feno­ meni più complessi che presenti la vita economica - della società, a uno di quei fenomeni, il cui studio farebbe venire i capelli bianchi a ben altri scrittori che non siate voi (non osiamo dir noi, troppo lon­ tani dalle vostre altezze) credete di sbrigarvela così facilmente col ridurre così gravi problemi alla mi­ nima espressione?

Ma noi — che cosa volete? — siamo, almeno come pubblico, disposti a discutere, ed ossequenti

[ all’ autorità de’ nostri maestri nostrani o stranieri, j non possiamo rassegnarci alla sentenza vostra o loro, • I senza farci intorno le nostre riflessioni, per poco

che possano valere. Siamo Smithiani, è vero, ma specialmente in questo senso che apparteniamo alla scuola liberale, di cui il grande filosofo fu l’apostolo e come non sapremmo sempre dividere le sue opi­ nioni, cosi crediamo avere diritto di discutere le vostre. E di questo dovete essere contenti al pari di noi, poiché nè voi nè noi possiamo onestamente credere di possedere il monopolio della verità.

Chiediamo venia della digressione, e torniamo all’ aggio. Ripetiamo che esso è un fatto complesso e che non è possibile assegnare una sola causa al suo rialzo o al suo ribasso. Per noi è certo che un notevole influsso è esercitato dalla quali tà della carta, dalle ripetute emissioni della medesima, ed anco dal timore che siano per rinnuovarsi. Se la quantità della carta è grande, scema la fiducia che questo stato di cose anormale possa cessare, ma il male non deriva tanto da ciò, quanto dallo emet­ terne di tanto in tanto della nuova. E nozione ele­ mentare di economia politica che la moneta per adempir bene al suo ufficio non deve essere sog­ getta a mutazioni di valore troppo rapide. Si sa bene che anche I’ oro e 1’ argento sono soggetti a mutare di valore, ma ciò, se si tolga il caso di qualche straordinario avvenimento, avviene lenta­ mente e gli effetti ne rimangono quasi inavvertiti. Ma quando I’ alterazione di valore avvenisse ad un tratto, si avrebbe in quei rapporti una grave per­ turbazione. Il rinvilio dell’ argento informi. Ora que­ sto è quello che accade col corso forzato. A ogni nuova emissione il valore del biglietto ribassa, per­ chè 1’ estinzione del corso forzato apparisce più lon­ tana che mai. E questi effetti derivano anche dal timore di nuove emissioni. Questa paura fa deprez­ zare il biglietto; allora si sente il bisogno di emet­ tere altra carta per supplire ai bisogni dello scam­ bio, e avviene un nuovo deprezzamento che provoca nuove emissioni. Onde noi ripetiamo che la legge del 1874, ad onta dei suoi gravi difetti, ebbe- al­ meno questo merito, di porre un limite, che ridotto da un miliardo a 940 milioni, è presumibile che non venga oltrepassato. Quando ci si ferma a un certo limito, quando si può ritenere con fondamento che non verrà oltrepassato, allora adagio adagio i rapporti economici possono ritrovare un certo equi­ librio, e un paese può tornare a prosperare non pel corso forzato, ma a malgrado di esso.

Quanto al credito dello Stato, ci pare chiaro che può avere una notevole influenza sull’aggio. Si può dire, per esempio, che in Italia la rendita è salita molto, anzi moltissimo, senza una corrispondente diminuzione dell’ aggio. E un’obiezione che può farsi e a cui risponderemo un’altra volta, toccando anche della influenza che sull’ aggio esercitano la offerta e la domanda dell’ oro.

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1414 L’ E C O N O M I S T A 12 settembre 1880

OEI DUE IODI 0 'APPALTO DELL'ESERCIZIO FERROVIARIO

(Canone e Com partecipazione)

L e s fleu v es s o n t des chem ins q u i

m a rch en t, a d it P a s c a l : so n gén ie

n ’a v a it p u p r e s s e n tir le s ch e m in s de fe r, ces g ra n d e s voies s e rv ie s p a r la v a p e u r q u i tra n sp o rten t a v e c u n e b ien a u t r e p u is s a n c e q u e les fle u v es. O r, ce s o n t ces fa c u lté s in o u ïe s d e t r a n ­ sp o rt q u i im p rim e n t a u x ch e m in s de fe r u n c a ra c tè r e in d é cis e n t r e la p u is ­ s a n c e p u b liq u e e t l ’in i tia tiv e p r iv e é : le u rs v o ies les p la c e n t d a n s le d o m aine p u b lic , ils a p p a r t ie n n e n t à. l ’in itia tiv e in d iv id u e lle p a r le u r s tr a n s p o r ts . Il y a e n e u x u n e œ u v r e co m m erciale e t u n s e rv ic e p u b lic : les co m p ag n ies f o n t l ’œ u v r e co m m erciale , le co n trô le de l ’E t a t p o u rv o it a u s e rv ic e p u b lic ; ils d o iv e n t ê tr e e x p lo ité s co m m ercia­ le m e n t, c o n trô lé s a d m in is tr a tiv e m e n t, ju g é s d ’a p r è s les p r in c ip e s de d ro it co m m u n . O r te l e s t n o tr e ré g im e . I l f a u t le m a in te n ir p a rc e q u e c ’e s t le se u l b o n , le se u l v r a im e n t p r o d u c tif, r é g u lie r , lib é r a l, le se u l co n fo rm e a u x in té r ê ts e t a u x p r i n c i p e s ... L ’É t a t n ’a-t-il p a s a s s e z de ses r e ­ sp o n sa b ilité s p o litiq u e s ? J e n e le s u r ­ c h a rg e r a i p a s d es re s p o n s a b ilité s com­ m e rc ia le s . Pa ix h a n s — L e s com­ p a g n ie s de ch em in s de f e r et l'E ta t. — J o u r n a l des E conom istes. A o û t 1 8 8 0 .

Nel maggio del 1876, alla chiusura delle confe­ renze ferroviarie tenute in Firenze nella sede della società Adamo Smith, scrissi una lettera diretta al suo mentissimo presidente onorevole commendatore Peruzzi, e pubblicata per le stampe.

Persuaso lino d’ allora che i propugnatori del— l’ esercizio privato dovessero emettere la loro opi­ nione sul suo ordinamento delineai, nel seguente

modò, le parti principali del medesimo. — Cauzione in somma da stabilirsi.

— Correspettivo d’ interessi su quel capitale. — Somma determinata, e assunta dall’ esercente per le spese ordinarie dell’ esercizio.

— Compartecipazione sui prodotti lordi e netti da determinarsi.

— Regio commissario per la sorveglianza ammi­ nistrativa.

— Nessun compenso per la direzione e sorve­ glianza delle costruzioni che al governo piacesse affidare.

— Versamenti al tesoro ogni quindicina delle eccedenze di cassa, detratte le spese di esercizio e di costruzioni.

— Durata dell’ appalto 20 anni.

— Rilancio ogni anno entro il mese di maggio e alla fine del giugno successivo liquidazione di conti col governo.

— Scioglimento della società contemporaneo colla restituzione della cauzione.

— Identità di condizioni, di statuti e di forma di bilanci fra le varie società d’ esercizio.

Nel novembre 1877, 1’ onorevole Depretis pre­ sentò alla Camera un progetto di legge pel con­ tratto di appalto dell’ esercizio a base di canone fisso e intangibile. Nella relazione che precede il pro­ getto di legge si fanno rilevare — come è ben naturale — gl’inconvenienti del sistema di compar­ tecipazione ed i vantaggi di quello a base di ca­

none. A mia volta, peccatore impenitente, e non convertito, mi permetto confutare le argomentazioni della sopracitata relazione che enumerando i vari si­ stemi per l’appalto dell’esercizio all’ industria priva­ ta, così si esprime a pag. XI:

« Un secondo sistema consiste nell’ appalto del- l’ esercizio mediante rimborso delle spese: aggiun­ gendosi per 1’ esercente, ora una compartecipazione nel prodotto lordo, ora una quota degli utili netti, ora I’ una e I’ altra riunite.

« Un contratto di questa natura espone il Go­ verno al pericolo di un esercizio troppo costoso, e però lo costringe ad un minuto riscontro delle spese con tali e tante formalità da rendere quasi impos­ sibile l’ amministrazione. Un esempio di contratto abbastanza buono si ha nella convenzione 28 otto­ bre 1871, stipulata fra il Governo e la Società delle Meridionali per l’ esercizio delle linee Calabro Sicilie. La base di quel contratto è appunto il rimborso delle spese. Si è stabilito che, messe a confronto le spese ordinarie delle meridionali e quelle delle Calabro-Sicule per chilometro di via, e prelevata dalle uue e dalle altre la somma fissa di lire 3,200, che rappresenta la spesa fissa dell’ esercizio, la spesa residua sia divisa sul numero medio dei treni chi­ lometro che nell’ anno percorsero la via ; in niun caso però la spesa sulle linee Calabro-Sicule può eccedere per treno-chitometro la spesa analoga fatta sulle Meridionali.

« È manifesto che il sistema delle Calabro-Sicule non può stare da sè. Esso suppone 1’ esercizio con­ tiguo di un’ altra rete che si trovi in condizioni analoghe. Quindi il contratto per le Calabro-Sicule non sarebbe mai applicabile a grandi Società auto­ nome, le quali necessariamente devono essere tipo a sè stesse. »

Ed a pag. XV :

« Il sistema del canone ha per il Governo il van­ taggio della invariabilità delia spesa. E ciò non è poco, perchè le spese hanno una fatale tendenza a crescere. Ma la proporzione tra il prodotto e la spesa è basata sull’ applicazione di una data tariffa. Il Governo ha libertà di mutare la tariffa pel pub­ blico, ma nei rapporti colle Società deve sempre rimborsare, a titolo di spesa, una eguale somma proporzionale; il che significa che il mutamento della tariffa non modifica, generalmente parlando, i correspettivi dovuti alle Società. Ciò sarà dimostrato nell’ analisi che faremo più avanti del capitolato. II sistema ha questo di particolare, che, mentre la­ scia sussistere per la Società tutti gli stimoli indu­ striali per la riduzione della spesa e per gli aumenti del traffico, lascia sussistere altresì piena nel Go­ verno la libertà delle tariffe. »

E nelle sue conclusioni a pag. XCV:

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12 settembre 1880 L’ E C O N O M I S T A 1415

concetto direttivo, nei rapporti colla materia delle ferrovie e nei rapporti colla finanza dello Stato. »

« Perchè, o signori, abbiamo noi voluto che il con • tratto di esercizio assicurasse allo Stato una deter­ minata somma, della quale più non si avesse a d u ­ bitare in futuro? Perchè abbiamo preferito il sistema del canone e I’ abbiamo voluto anche quando si po­ teva temere che nessuna società seria, dopo tante esperienze dolorose subite nelle ferrovie italiane, avesse voluto assumere l’ impegno ? Perchè non ab­ biamo dato ascolto a proposte di cointeressenza pura e semplice, alcune delle quali anzi domandavano, sull’ esempio di quanto si era fatto in Olanda, una garanzia di minimo interesse per il capitale da parte dello Stato? Perchè noi abbiamo pensato alle co

struzioni future; agli immensi bisogni che riman­ gono ancora insoddisfatti in Italia; alla necessità di sobbarcarci a oneri non pochi per completare l’ ar­ redo ferroviario del nostro paese.

« Senza sapere precisamente quanto avremmo potuto ritrarre dalle ferrovie già costruite, ci pareva imprudenza affrontare il dispendio delle nuove co­ struzioni. Se all’ indeterminatezza degli oneri, quasi inseparabile dalle costruzioni, si fosse venuta ad aggiungere anche quella dei redditi dell' esercizio, il credilo del nostro Stato avrebbe dovuto esserne gravemente turbato ed offeso. D’ altra parte non si poteva pensare a costruire nuove linee, senza for­ marsi un concetto del come esercitarle. Non era possibile, dopo che lo Stato aveva deciso di affidare I’ esercizio delle sue ferrovie ali’ industria privata, che non si decidesse nel tempo stesso come questa industria privata avrebbe dovuto comportarsi rispet to alle nuove linee, che noi ci proponevamo di ag­ giungere alla rete esistente. »

È innegabile, che dal punto di vista esclusivamente governativo non si poteva immaginare operazione più sicura, più proficua, di questa proposta dall’ono­ revole Depretis; nè potevasi con più fino accorgi­ mento propugnare.

È quindi con naturale trepidazione che imprendo ad esaminare, se trattandosi di escire dal provvisorio per entrare nei definitivo, il progetto di contratto bi­ laterale sia informa.o da quel concetto di equa re- ciprocanza che solo può evitare il ripetersi di amari disinganni.

Come si presenta a prima vista il sistema del ca­ none fisso intangibile, vale a dire dovuto anche quando le società esercenti non raggiungano il pro­ dotto lordo sul quale è stato fissato?

Per il Governo, nessuna incognita sfavorevole. Per le società esercenti incognita dei prodotti lordi, incognita delle spese, che hanno fatale tendenza a crescere.

Incognita per le spese d’ esercizio nel caso d’ec­ cedenza su i prodotti presunti; incognita di esigenze governative temibili per dolorosa esperienza e per la quasi direi intuitiva inclinazione a spendere coi denari altrui.

Incognita delle esiziali conseguenze dell’ antagoni­ smo fra società esercenti e governo, e finalmente incognita di quanto abbasserà la media attuale dei prodotti ferroviarii, quando anno per anno le nuove linee in costruzione per l’ importare di oltre 1 mi­ liardo e 200 milioni, saranno aperte all’esercizio, come accadde in Francia.

Infatti in un articolo del Lavollée pubblicato nella Revue des deux Mondes del giugno 1872 leggiamo : « La recette kilométrique des chemins de fer français a suivi un mouvement presque continu d’au­ gmentation jusqu’en 1855, année pendant laquelle son chiffre a dépassé 55,000 francs ; puis elle a décru presque régulièrement pour s’abaisser à 43,000 francs en 1869. De même l’excédant des recettes sur les dépenses de l’exploitation est descendu de 50,900 fr. à 25,500 francs. Les premières lignes concédées ont été très productives, les secondes l’ont été moins; à mesure que l’on a étendu le ré­ seau primitif, la moyenne générale des recettes et des excèdans a diminué, bien que les compagji es, ayant acquis plus d’expérience, aient réalisé des économies dans les dépenses. Voilà le fait qui est connu, et à l’appui duquel il serait inutile de mul­ tiplier le chiffres. Cette industrie paraît vraiment singulière : plus elle travaille, moins elle gagne.

Est-ce à dire que l’on doive s’arrêter, suspendre les concessions éventuelles, ne plus construire de nouvelles lignes et attendre plus ou moins longtemps que la recette kilométrique pour l’ensemble du ré­ seau remonte et se fixe à un chiffre plus rémuné­ rateur? Cela serait inadmissible. Les populations veulent, et elles ont raison de vouloir, qu’on leur donne des chemins de fer; sous ce rapport, le suf­ frage universel n’est pas seulement exigeant, il est impérieux. Les partis le plus divisés en politique se réunissent dès qu’il s’agit de réclamer une ligne, un embranchement, une gare, un service plus ac­ céléré ou plus fréquent. C’est le train de la popu­ larité, et, au temps où nous sommes, c’est le train de tout le monde. Il y a un chemin de fer dans les plis de chaque candidature. Ce qui est sérieux et vrai, c’est que l’organisation actuelle de l’industrie, le mouvement des échanges, la concurrence entre tous les peuples, enfin, nous le voyons trop tard, les intérêts de la défense militaire demandent la multiplication des voies rapides. »

Questa è in sostanza la respettiva condizione delle parti contraenti col sistema del canone.

Trattasi di un affare: parliamo dunque il linguaggio degli affari — da non confondersi con quello degli affaristi.

Si vuole alla regolarità e sicurezza del servizio ferroviario, all’interesse generale dello Stato debita­ mente garantito aggiungere un’ alea di lucro a ca­ rico dei privati, come se allo Stato il diritto d’ im­ porre non dovesse escludere la bramosia del gua­ dagno? In questa ipotesi il sistema del canone è I’ ideale del genere.

L’ouor. Depretis nella sua relazione del 22 no­ vembre 1877 lia dato la più splendida manifestazione di quanto è pratico conoscitore in materia di strade ferrate.

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misti ; ciò che inevitabilmente accadrebbe col sistema del canone intangibile al primo verificarsi di un decremento nei prodotti lordi.

Squarciamo il velo, se pur ancora per taluno, il velo esiste: l’ industria dei trasporti per la sua indole speciale non consente i rischi della Banca, della Borsa, del commercio; per la semplice ragione che in questi rami dell’ umana attività la elasticità dei lucri e delle perdite si posson compensare.

In quella, la elasticità degli utili non compensa mai in genere quella del danno, e in specie il pro­ getto di legge del 22 novembre 1877, sottopone la perdita subita ad un recupero quasi impossibile.

Per dimostrare come il sistema adottato per il contratto d’ esercizio sia da preferirsi al sistema che consiste nell’appalto dell’esercizio mediante rimborso delle spese, il relatore ne spiega ad una ad una le ragioni che giova confutare.

Egli dice che un contratto di appalto dell’esercizio mediante rimborso di spese espone al pericolo di un esercizio troppo costoso, e rende quasi impossibile 1 amministrazione.

Queste gratuite asserzioni sono smentite dai fatti. In sostanza il sistema dell’ esercizio affidato all’ in ­ dustria privata non esiste nell’ amministrazione delle ferrovie Romane dal 1° gennaio 1874 a tutt’ o»gi ? Eiò premesso, quali furono i resultati di questo esercizio eseguito colla scioltezza dell’industria pri­ vata, come ^ si espresse l’ onorevole Sella nel suo discorso all’ Associazione Costituzionale di Firenze?

Interesse generale dello Stato debitamente na-

rantito. B

Sicurezza e regolarità nel servizio.

Cordialità inalterabile di rapporti fra Ammini­ strazione e Governo.

Non un lamento di entità apprezzabile nè per parte della stampa, nè per parte del pubblico.

Ebbene nessuno meglio del Ministero dei lavori pubblici potrà constatare se in rapporto ai suoi pro­ dotti, alle condizioni nelle quali fu mantenuto il ma­ teriale fisso^ e mobile, ed alle altre amministrazioni congeneri, I esercizio delle ferrovie romane fu troppo costoso e il riscontro delle spese rendesse impossi­ bile 1 amministrazione.

In altro ordine di fatti, la relazione del 22 no­ vembre 1877 accennando al contratto stipulato colle meridionali per I esercizio delle linee Calabro-Sicule nell ottobre 1871, lo dichiara abbastanza buono, ma lo ritiene inapplicabile a grandi società autonome le quali necessariamente dovrebbero essere tipo a se stesse.

Mi sia lecito osservare che se col sistema del canone fisso intangibile si volle assegnare alla rete mediterranea un prodotto lordo di 76,000,000 e un canone di 22,350,000, e alla rete Adriatica un prodotto lordo di 74,000,000 e un canone di 22.650.000, è evidente che queste due società eser­ centi si accollarono le spese d’esercizio l’una per 55.650.000, l’ altra per 51,350,000. Nulla osta che I esercente prendendo a stregua la media triennale delle spese ordinarie dell’esercizio occorse sulla rete che prende ad esercitare possa assumere a suo carico di non oltrepassare una cifra determinata, sia nelle spese fisse dell esercizio, sia nelle percorrenze chilo- metriche: ne emerge dunque evidente una eontra- dizione fra quanto si assevera a pag. di ed il pro­ getto di legge presentato alla Camera il 22 novem­ bre 1877.

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Rimane ora a confutare nelle sue conclusioni la parte apparentemente più grave della relazione De- pretis. Ove dice a pag. XCV « Senza sapere precisa- « mente quanto avremmo potuto ritrarre dalle fer- « rovie già costruite, ci pareva imprudenza affron- « tare il dispendio delle nuove costruzioni. Se alla « indeterminatezza degli oneri quasi inseparabili « dalle costruzioni, si tosse venuto ad aggiungere « anche quello dei redditi dell’ esercizio, il credito « del nostro Stato avrebbe dovuto esserne grave— « mente turbato ed offeso. »

Non si può certo desiderare in quelle poche pa­ role maggior chiarezza d’ idee e maggior proprietà d espressione. Ma, domando io, allorquando l’onorevole Depretis presentava alla Camera il suo progetto di legge nel novembre 1877, il prezzo venale della rendita 5 per 100 oscillava fra 1’ 83 e l’84 per 100. Sono scorsi circa 3 anni, durante i quali il Parla­ mento ha deliberato la costruzione di tante linee di strade ferrate per oltre 1 miliardo e 200 milioni, ha fatto getto a scadenza determinata di una imposta a larga base che fruttava annualmente all’ Erario 80 milioni, e ciò nondimeno la rendita si è elevata al prezzo di circa 95, e si vorrebbe dichiarare, che 5 0 6 milioni di meno sui prodotti delle ferrovie già co­ struite potrebbero turbare ed offendere gravemente il credito del nostro Stato, di uno Stato,' il di eui bilancio oltrepassa di più che 300 milioni quello che aveva la Francia negli ultimi anni del regno di Luigi Filippo ? Forse la naturale indeterminatezza dei proventi delle imposte indirette ha impedito mai in nessun paese la compilazione dei bilanci preven­ tivi, ed ha turbato il credito degli Stati, dipendente non^ certo da queste inevitabili incertezze, ma bensì dall’ordine, dalla pace, da una savia amministrazione e dalla operosità nazionale, che si posson considerare come i coefficenti dell’ incremento della ricchezza pubblica ?

Me lo permetta l’onorevole Depretis, i suoi timori non hanno oggi, e non avevano nel 1877, ombra di fondamento.

Ciò nondimeno ammettiamo pure il verificarsi di un decremento nei prodotti ferroviari, tanto temuto da chi crede essere il sistema del canone il migliore per l’ appalto dell’ esercizio; e indaghiamone le con­ seguenze.

L’ onorevole Depretis dice nella sua relazione. « Le strade ferrate nutrono le strade ferrate. »

Vale a dire, in altri termini, coi prodotti netti delle strade ferrate in esercizio, provvederemo alle costruzioni delle nuove strade ferrate.

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I due sistemi per l’appalto dell’esercizio intorno ai quali ho discorso lasciano egualmente piena libertà al governo di determinare gli orari e le tariffe. Danno egualmente al paese la sicurezza di avere le tariffe normali, la tariffa differenziale unica, e un esercizio a base uniforme per le linee locali.

Lasciano sussistere ambedue per le Società eser­ centi tutti gli stimoli industriali per la riduzione delle spese e per gli aumenti del traffico.

Rendono egualmente attuabile il servizio cumu­ lativo.

Lasciano al governo piena libertà di determinare le condizioni alle quali debbono essere eseguiti i trasporti per conto dello Stato, i servizi nell’ inte­ resse dello Stato e i trasporti gratuiti del personale governativo per la sorveglianza dell’ esercizio e del personale sociale.

Ammettono ambedue la determinazione del limite di benefizio oltre il quale debba esser riservata par­ tecipazione al governo sugli utili delle Società e la garanzia per parte delle Società esercenti in propor­ zione del patrimonio dello Stato ad esse affidato.

Con ambedue è egualmente soddisfatto il voto espresso dalla Camera dei Deputati col seguente or­ dine del giorno nella seduta del 14 giugno 1875, « La Camera invita il governo a provvedere, onde « per gli effetti delle tariffe differenziali, le strade « ferrate di proprietà dello Stato, direttamente con- « giunte fra di loro, costituiscano un’unica rete ben- « chè 1 esercizio ne sia condotto da appaltatori di- « versi. »

bino a questo punto il parallelismo. Eccomi alle divergenze.

II canone è 1 antagonismo dei rapporti fra So­ cietà e Governo, come lo lurono le sovvenzioni. An­ tagonismo funesto per l’ industria privata, che nella lotta rappresenta la parte del vaso di terra, contro il vaso di ferro. Funesto per il servizio poiché ha per necessaria conseguenza di togliere un tempo pre­ zioso alle cure dell’amministrazione.

La compartecipazione implica il più efiìeace ordi­ namento del controllo ed esclude l’antagonismo.

Sette anni di esercizio delle ferrovie romane lo dimostrano ad evidenza.

Il canone presuppone un lucro del governo a danno dei privati, la compartecipazione dà a Cesare ciò che è di Cesare.

Infatti supponiamo che la Società esercente sulla base di 150 milioni di prodotti lordi, 45 milioni di canone fìsso intangibile, più al Governo il 48 0(0 sull eccedenza dei prodotti lordi abbia realizzato nel primo anno

Prodotti lo r d i... 148,000,000 » n e t t i ... 44,400,000 Nel secondo anno

Prodotti lo rd i... 152,000,000 » n e t t i ... 46,000,000 In queste due ipotesi la Società esercente subirà nel primo anno una perdita di . . 600,000

Nel secondo pagherà al Governo

per c a n o n e ... 45,000,000 Per eccedenza di prodotti lordi

48 per cento... 960,000 Totale 45,960,000 In allora avremo per il biennio:

- 600,000 -f- 40,000 = — 560,000

Cosa strana, ma vera.

Col sistema delle sovvenzioni si volle aggiungere la così detta scala mobile i di cui tristi effetti in causa del basso limite dal quale si applicava non tardarono a manifestarsi.

Col canone annuale fisso intangibile ne consegue che a media biennale di prodotti, eguali a quelli presi a stregua per fissare il canone, le Società esercenti sono in deficit.

Cosicché ci troveremo in presenza o Società eser­ centi che per difendere i loro interessi saranno avare nelle spese di manutenzione, e quindi meno­ mata sicurezza e peggiorato servizio, o faranno il do­ ver loro con sacrifizio' di capitali, percorrendo la strada che conduce all’impotenza.

In tal guisa sotto altre forme si rinnuoveranno gl’ inconvenienti della scala mobile che tutti han finito per condannare.

Si dice: « Le condizioni del bilancio lo impon­ gono. » Ma ammesso pure che le condizioni del bilancio reclamino i tonici e non già i deprimenti si cerchino nella materia imponibile, o nelle econo­ mie e si cessi dall’applicare all’industria dei trasporti sistemi e pretese la di cui sintesi è il danno dei privati, esteri o italiani che sieno.

Il Governo ne guadagnerà in considerazione e in credito.

Le condizioni nelle quali si trovarono le strade ferrate dell’ Alta Italia, alla scadenza dell’ esercizio biennale assunto dalla Siidbahn, sono il corollario del canone e si concretano in aumento notevole di spese per trascuranza di riparazioni.

Le condizioni delle già derelitte ferrovie romane, in fatto di materiale (isso e mobile, sono l’effetto della compartecipazione.

In ultima analisi se dal sistema a base di canone si toglie il concetto di avvantaggiarsi a scapito degli esercenti, il canone manca della sua unica ragione d’ essere. E qualora la soluzione del problema do­ vesse essere 1’ esercizio ferroviario affidato all’indu­ stria privata, per fare di questa industria il capro espiatorio, varrebbe mille volte meglio entrare a piene vele nell’ esercizio governativo.

Prima di dar termine a questi brevi cenni critici sul progetto di legge del 22 novembre 1877, giova combattere un obbietto prevedibile. Si dirà « il sistema del canone intangibile che voi censurate nell’ inte­ resse degli esercenti, era stato da essi studiato, di­ scusso e concordato. Fra voi, Cassandra, e i firma­ tari delle convenzioni delle reti adriatica e medi- terranea dobbiamo considerare la vostra critica, nulla più e nulla meno che un semplice vaneggiamento » Mi è facile rispondere.

Se tutte le convenzioni ferroviarie a base di sov­ venzioni chilometriche o garanzie di prodotti furono firmate dai concessionari dopo averle studiate, di­ scusse e concordate e ciò nondimeno produssero - trascrivo ciò che dice la relazione Depretis - « tante esperienze dolorose subite nelle ferrovie italiane » ne consegue dunque che nè Governo, nè Giunte, nè concessionari valsero ad impedire amare delusioni. Non vaneggia dunque chi espone le sue considera­ zioni, onde sotto altra forma non si manifestino le stesse esperienze dolorose.

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eser-1418 L’ E C O N O MI S T A 12 settembre 1880

centi un minimum, di interessi, come fu praticato in Francia e in Olanda; ma volle invece, per il Governo, una garanzia d’ interessi dalle società esercenti col canone fisso intangibile.

Ho dimostrato i gravi danni che potrebbero de­ rivare all’ industria privata dagli attriti fra l’ immo­ bilità del canone, e la versatilità dell’esigenze, non che i pericoli in ragione composta di menomati pro­ dotti, e spese aumentate. Lo ripeto quindi ancora una volta : sgombro il terreno dèlia questione fer­ roviaria, dal preconcetto di lucro, dalla rettorica, e dalla pedanteria, tutto si concreta nei due sistemi: l’ esercizio governativo — l’ esercizio privato come funziona alle ferrovie romane colle modificazioni ine­ renti ad una nuova convenzione per 1’ appalto del- I’ esercizio.

Si vorrà far tesoro dell’ esperienza, o, perchè inutile, farne merce da esportare?

Firenze, 11 settembre 1880.

G. Sa c e b d o t i.

IL COMMERCIO ITALIANO NEL 1° SEMESTRE 1880

Lo spazio ci è mancato per pubblicare prima d’ora le notizie statistiche relative al movimento del com­ mercio speciale dell’ Italia nei primi sei mesi del 1880. Il seguente prospetto ne riassume le cifre ge­ nerali in confronto con quelle dell’anno passato.

Im p o r ta z io n i , E s p o r ta z io n i , L . 1 8 8 0 629,454,550 597,320,992 606,553,955 577,319,539 D ifferen za n e l 1 8 8 0 22,920,595 20,001,453 To t a l e . L . 1,226,775,542 1,183,853,494

Gioverà pure che riproduciamo i consueti pro­ spetti denotanti, distintamente per ciascuna categoria, il movimento delle importazioni e delle esportazioni.

Importazioni 18 8 0 18 7 9 D ifferen za n e l 18 8 0 S p iriti,B e v a n d e ed O lii L . G e n e ri co lo n ia li, D ro g h e 26 554 115 24 246 665 - h 2 307 450 e T a b a c c h i ... 33 948 172 106 090 275 ___ 72 142 103 P r o d o tti c h im ic i, g e n e ri m e d ic in a li, re s in e e p ro fu m e rie ... 1« 408 619 12 005 268 4 - 4 403 351 C olori e g e n e ri p e r ti n ta e p e r c o n c ia ... C a n a p a , L in o , I u ta ed 10 481 208 11 842 865 861 657 a l tr i v e g e ta li filam e n ­ to si, esclu so il co to n e. 15 581 510 11 886 210 4 - 3 695 300 C o t o n e ... 83 233 950 79 502 135 4 - 3 731 815 L a n a , C rin o e P e li . . 41 818 150 41 552 340 4 - 265 810 S e ta ... 54 130 095 61 673 360 7 543 265 L eg n o e P a g li a . . . . 21 506 161 15 966 441 - f 5 539 720 C a rta e L i b r i ... 3 382 969 3 081 447 4 - 301 522 P e ll i...

M in e ra li, M e ta lli e loro

19 424 550 22 015 070 2 590 520 la v o r i... P ie t r e , T e r r e , V asella-65 053 273 52 909 880 4 - 12 143 393 m i, V e tr i e C r is ta lli. C e re a li, F a r in e , P a s te e p ro d o tti v e g e ta li, n o n 36 445 670 35 654 598 4 - 791 072 co m p resi in a l tr e c a te ­ g o rie ... 144 919 146 80 854 820 4 - 64 064 326 A n im a li, p ro d o tti e

spo-glie d i a n im a li, n o n co m p resi in a ltr e c a te ­ g o rie . • ... 41 884 773 35 433 663 4 - 6 451 110 O g g etti d iv e r s i... 14 682 189 12 318 918 4 - 2 363 271 Esportazioni 1880 1879 D ifferen za n el 1 8 8 0 S p iriti, B ev a n d e ed O lii L. G e n e ri co lo n ia li, D ro g h e 93 724 615 112 876 665 — 19 152 050 e T a b a c c h i ... 1 536 355 1 574 195 — 37 840 P r o d o tti c h im ic i, g e n e ri m e d ic in a li, re s in e e p ro fu m e rie ... 27 006 910 19 134 142 + 7 872 768 C olori e g e n e ri p e r tin ta e p e r co n c ia... 6 289 397 6 097 375 -+- 19 2 022 C a n a p a , L in o , I u t a ed a l t r i v e g e ta li filam e n ­ to s i, esclu so il co to n e. 19 746 885 26 975 270 — 7 228 385 C o to n e... 19 637 190 9 371 770 4 - 10 26Ó 420 L a n a , C rin o e P e li . . 7 341 240 5 596 150 ~i- 1 745 090 S e ta ... 156 609 770 157 966 440 — 1 356 670 L e g n o e P a g lia . . . . 24 470 892 25 511 243 -+- 1 040 351 C a r ta e L i b r i ... 6 637 000 4 628 190 2 008 810 P e l l i ... 10 539 410 IO 183 514 -f- 333 896 M in e r a li, M e ta lli e loro

l a v o r i ... 35 525 998 36 752 575 — 1 226 577 P ie t r e , T e r r e , V a s e lla ­ m i, V e tri e C r is ta lli. 39 174 756 36 603 219 + 2 571 537 C e r e a li, F a r in e , P a s te e p ro d o tti v e g e ta li, n o n c o m p re si in a l t r e c a te ­ g o rie ... 44 707 599 51 969 306 — 7 261 707 A n im a li, p ro d o tti e sp o ­ g lie d ì a n im a li, n o n co m p resi in a l tr e c a te ­ g o rie ... 98 887 452 67 044 484 -+- 31 812 968 O g g etti d iv e r s i... 5 485 523 5 033 001 -+- 452 622

Se entriamo in qualche più minuto dettaglio in­ torno ad alcune delle principali categorie in cui vien diviso il nostro commercio si scorge nella prima categoria un notevole accrescimento nell’esportazio ■ ne del vino che superò i 30 milioni e mezzo di lire in luogo dei 7 che ne furono esportate nel 4879. Questo aumento è dovuto alle incessanti ricerche che la Francia ha rivolte in Italia ed in Spagna, per riparare alle deficienze del proprio raccolto ed ai danni della filossera e per riempire i suoi tini della materia prima necessaria alla fabbricazione dei suoi tipi più prelibati. Il vantaggio conseguito dal commercio del vino è stato superato dal danno riportato da quello dell’olio di oliva di cui si esportò nel 1880 per 55 milioni di lire in luogo di 98 e ciò si spiega pensando che il prodotto dei nostri uliveti che era stato abbondantissimo nel 1878 è stato invece assai scarso l’anno passato. Una dimi­ nuzione notevole si riscontra pure all’ importazione dell’olio di oliva accrescendosi invece quella degli altri olii vegetali, ¡1 che fa credere che con questi si sia in parte cercato supplire alla deficienza dei primi e si sìa veramente allargato l’uso di quelle miscele intorno a cui si è menato tanto scalpore. Degli spiriti s’ importarono in più nel 1880 circa 18 mila ettolitri del quale aumento è facile rin­ tracciare la cagione nel previsto inacerbimento del dazio. La stessa osservazione non può farsi per il petrolio di cui è lievemente diminuita l’ importa­ zione invece di accrescersi. I negozianti si sono ri­ solati tardi a fare le forti incette in previsione del maggiore balzello, sembra quasi che non credessero possibile che un articolo di così generale consumo per le classi più povere della popolazione potesse venire ancora più gravemente colpito. Sappiamo per altro che quando hanno visto che il governo ed il parlamento dicevano sul serio si sono rifatti del tempo perduto e durante il mese di luglio hanno riempito largamente i loro depositi.

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