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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.07 (1880) n.337, 17 ottobre

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GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVÌE, INTERESSI

Anno VII - Voi. XI

Domenica 17

IL DEPREZZAMENTO DEI BENI STABILI

E L E S O V R IM PO S TE FO N D IA R IE

Se ci facciamo a considerare le condizioni eco­ nomiche del nostro paese si manifestano alla nostra attenzione due fenomeni dei quali l’ uno sta in con­ tradizione dell’ altro, e che in condizioni normali del­ l’economia della società non potrebbero stare insieme. Da un lato vediamo un agglomerarsi sempre cre­ scente di capitali negli Istituti di Credito, ai quali non riesce limitare il numero e l’ entità soverchiarne dei depositi neppure con la diminuzione degli inte­ ressi; capitali che cercano collocamento ma che pre­ feriscono la sicurezza dell’ impiego alla elevatezza del frutto. Da un altro lato vediamo quasi da per tutto offrirsi in vendita, a buonissimi patti, una quantità enorme di beni-fondi i quali, restando senza com­ pratori, deprezzano ogni giorno di più. — Come d u n ­ que avviene che cotesti capitali sovrabbondanti non si volgono all’ acquisto di questi beni e non cercano in essi un impiego che, oltre ad offrire la maggior sicurezza desiderabile, riesce sempre di maggior sodisfazione per l’ amor proprio del capitalista?

Sappiamo bene che a cotesti quesiti potrebbero darsi molte risposte, essendo cotesto fenomeno il r i­ sultato di cause molteplici ; ma crediamo che fra coteste cause possa e debba annoverarsi pur quella dell’ esagerato peso che si è voluto imporre alla pos- sidsnza per far fronte alle spese delle pubbliche am­ ministrazioni. Anzi pare a noi che a cotesto continuo deprezzamento dei beni-fondi non giustificato da mancanza di capitali disponibili contribuisca non tanto la gravezza delle imposte attuali, le quali possono calcolarsi nell’ atto dell’ acquisto, quanto il timore di peggio per l’ avvenire, scorgendosi manifesta la pos­ sibilità e la probabilità che le tasse e sopratasse fon­ diarie possano crescere senza freno fino ad assorbire gran parte del prezzo venale degli stabili.

Crediamo inutile dimostrare, essendo cosa pur troppo evidente, che le imposte e sovrimposte fon­ diarie, come tutte le tasse reali che colpiscono la ricchezza in qualunque mano si trovi e senza riguardo alle condizioni economiche di chi la possiede, non solo colpiscono il reddito del cittadino ma si con­ vertono anche necessariamente in confisca del capitale. Lo stimatore chiamato a determinare il prezzo venale di uno stabile, detrae dalla stima lorda anche quel capitale che corrisponde al pagamento delle tasse erariali e locali che lo gravano, talché aumentandosi le tasse cotesto prezzo diminuisce forzatamente. Ogni qual volta adunque le nostre Amministrazioni pro­ vinciali o comunali aumentano le sovrimposte

con-Ottobre 1880

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fiscano a prò delle rispettive aziende una corrispon­ dente parte dei beni-fondi tassati. — Ora, quando si tratti pure d’ identiche somme da pagare, e per l’ eco­ nomia della società e nell’ interesse dei singoli con­ tribuenti riescono immensamente più gravi e dannose le imposte reali che quelle personali, le quali mirano a colpire il reddito netto del singolo cittadino senza riguardo al cespite da cui esso è prodotto. Le tasse personali che si commisurano al grado di presunta agiatezza del contribuente sono destinate a diminuire se cotesta agiatezza va scemando; ma della imposta reale che ha colpito i suoi possessi il contribuente non riesce mai a sgravarsi, sebbene vadano in malora le sue condizioni economiche, e quando pure resti oberato di debiti d ie assorbaho completamente la sua rendita, non per questo verrà a lui restituito quel capitale che venne confiscato con l’ aumento della tassa fondiaria.

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Ammesso cosi che possano da un anno all’ altro deprezzarsi i beni stabili, per la indiseretezza sfre­ nata delle pubbliche amministrazioni, è inutile che si pensi a rialzare, come dicono, il credilo fondiario. Il capitalista che oggi crede largamente assicurato il suo credito, perchè ipotecato sopra un fondo sti- mato in cifra assai maggiore della somma che ha impiegato, può da un anno all’ altro rimanere allo scoperto senza accorgersene, perchè il Comune, nel quale >1 fondo ipotecato si trova, ha duplicata o tri­ plicata la sua sovrimposta, e conseguentemente ha conoscala a prò della cassa comunale un quarto od un terzo del valore venale del fondo. Cotesti peri­ coli, niente affatto immaginari!, sconsigliano natu- ralmente i capitalisti sia dall’ acquisto di beni fondi sia dall impiego di capitali in operazioni ipotecarie' JNon ci nascondiamo che le nostre idee non si

accordano con le intenzioni di coloro che vaohe<?- giano le belle teorie delle libertà comunali, e°con­ veniamo che una disposizione di legge nel senso da noi desiderato, sarebbe un vincolo di più alla libera azione dei nostri Municipii. Ma pur troppo l’ esperienza ci insegna che coleste teorie ci sono costale in pra­ tica molte centinaia di milioni sprecati, e che spesso la libertà dei Municipii si converte in una schiavitù intollerabile dei contribuenti.

Coleste osservazioni ci portano a concludere che in un sistema tributario bene ordinato che voglia avvicinarsi il più che sia possibile all’ ideale di re­ perirne i pubblici pesi in proporzione del reddito netto del singolo cittadino, dovrebbe farsi un uso molto limitato delle imposte reali che spesso si al­ lontanano da codesto ideale, e con più logica e più giustizia dovrebbe ricorrersi quando si traili di im­ poste dirette, alle tasse personali commisurate al grado di effettiva agiatezza dei contribuenti. Ed è questo il concetto che in questo proposito prevale m Inghilterra, dove i beni fondi sono colpiti da tasse modiche fisse ed invariabili dalle quali il pos­ sidente può anche redimersi come da un censo qua­ lunque, mentre la principalissima di coleste impo- ste e la tassa sulla rendita (income-tax) tassa va­ riabile non solo secondo i bisogni delle pubbliche amministrazioni, ma anche secondo che variano le condizioni economiche del singolo cittadino.

Ma in Italia in fatto di imposte dirette prevale un concetto del tutto opposto. Lo Stato per suo conto s. giova a preferenza delle imposte reali e nel sistema tributario locale la sovrimposta sui beni fondi e a principalissima fra le tasse dirette con­ cesse dalla legge alle Provincie ed ai Comuni, ed anzi e di cotestn che può largamente usarsi ed abusarsi senza limite. — Per tutti gli altri balzelli diretti o indiretti, rilasciati a benefizio delle aziende locali, i legislatore si è dato cura di fissare certi lim iti, alcuni insuperabili ed altri che non possono varcarsi^ che in casi eccezionali e dietro solenni tormaIita. La sovrattassa comunale sud dazii erariali di consumo non può eccedere in alcun modo il SO per 100 della tassa governativa, mentre i dazi lo­ cali hanno un limite insuperabile ragguagliato al costo del genere daziato. Per le altre tasse diretto comunali vi sono limiti massimi stabiliti da rego­ lamenti generali e provinciali e che non si eccedono senza I annuenza del governo, occorrendo per cotesto un decreto reale ed il parere favorevole dei consi­ gli supenon. bolamente per Je sovrimposte fondiarie può dirsi noti esistere nè lim iti serii nè regole fisse,

e la loro maggiore o minore elevatezza dipende to­ talmente dalla discrezione dei consigli comunali y r it L Cbe I1";1 le^ e del 28 giugno i § 66 ed altre de 1868 e 1870 stabilirono che le sovrimposte non debbano normalmente eccedere la imposta erariale principale senza il consenso delle autorità tutorie, e senza che i municipii si sieno servili anche di altre tasse locali; ma siccome l’annuenza della deputazione e ridotta quasi una mera formalità, e siccome le leggi non dicono à quanta parte del bilancio pas- sivo debbono far froute le altre tasse, così nel fatto Ja sovrimposta serve sempre a sostenere la massima parte delle spese comunali, e già si contano in Ita ha 5000 comuni nei quali non è più rispettato il limile indicato dalla rammentata legge del 1866. Talché in conclusione le sovrimposte locali sulla fondiaria vanno sempre aumentando, essendo dal 1870 ad oggi cresciuta per oltre 100 m ilioni, e conse­ guentemente il prezzo venale dei beni fondi è di­ minuito in questo ultimo decennio di oltre due mi­ lioni di l re di Ironie a quello che, in pari condi­ zioni, si sarebbe avuto dieci „anni fa!

E meno male sarebbe se vi fosse almeno sicurezza che ci si fermasse qui; ma quel che scoraggia i possidenti ed i capitalisti che potrebbero comprare beni tondi è più che altro il timore del futuro. E di fatti d ii garantisce, se non si cambiano le leo-gi che fra dieci anni le sovrimposte non saranno au mentale di altrettanto e più? — Intanto se si tien dietro alle statistiche officiali dei bilanci provinciali e comunali, apparisce evidente la certezza che per ora almeno non si pensa a.cambiare strada. Le spese aumentano sempre con rapida progressione ; da o<mi parte si elevano lamenti perchè le entrate concesse alle Provincie ed ai Comuni sono insufficienti al bi­ sogno e si rivolgono petizioni in cotesto senso al Governo e al Parlamento; ma non conosciamo di- mnnde di Municipii dirette ad ottenere che si lim i­ tino le spese obbligatone, lo che sarebbe forse più facile ad ottenersi dagli alti Poteri dello Stato. S ic­ come la sovrimposta sulla fondiaria è in Italia l’ unica entrata per le Amministrazioni provinciali e la prin­ cipale per quelle comunali, così è evidente che co- testa tendenza a crescere le spese si risolve neces­ sariamente in un aumento necessario dei carichi che gravano i beni fondi. Anzi, a togliere ogni dubbio in proposito, si è inventato il sistema delle delega- zioni sui Cassieri comunali le quali perchè trovilo piu credito si referiscono sempre alla sovrimposta sulla fondiaria a preferenza di qualunque altro ce- cespite di entrata comunale. Di fronte a colesto stato di cose ci pare davvero ben fondato il timore che le sovrimposte fondiarie vadano ancora aumentando e che consegueutemente vengano a deprezzarsi sem­ pre più i beni stabili ; e con cotesto timore qual meraviglia se i capitalisti si mostrano sempre più alieni ad impiegare i loro denari nell’acquisto di co- teste proprietà ?

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un Comune sette o otto individui qualunque, spesse volte nullatenenti e quindi disinteressati nelle deli­ berazioni che prendono, possano liberamente, con la veste di Consiglieri cornu;.ali, confiscare per i loro capricci dispendiosi una parte qualunque detle proprietà fondiarie dei loro concittadini.

M O V A FERROVIA DALL’ITALIA ALLA FRANCIA

Fra un anno la strada ferrata attraverso il dot tardo sperasi compiuta. Questo nuovo varco che col­ legando P Italia colla Svizzera e la Germania Occi­ dentale è destinato a soppiantare, in parte, la linea del Moncenisio, non lascia dormire in pace i nostri vicini francesi che vi scorgono una diminuzione, per loro, di relazioni commerciali e d’influenza politica. Essi dunque sonosi posti all’opera per cercare una terza congiunzione ferroviaria coll’ Italia la quale, assieme colla linea litoranea e col traforo del Cenisio, valga a favorire i loro interessi ; ed in ciò essi meritano ogni lode. L ’ Italia è dunque incalzata ad aprire di nuovo i suoi poveri forzieri che ancora non sono chiusi per gli obblighi contratti, pel Gottardo, colla Germania e la Svizzera, e noi prevediamo che essa non potrà lungo tempo sottrarsi alla dura ne­ cessità di vincere un’ altra volta la ribelle natura che, circondandola della colossale muraglia dell'Al pi, la separò dall’Europa. Uopo è dunque por mente alla soluzione d’un problema che, già da un de­ cennio, si agita in Francia e che seriamente è ora discusso nella metropoli della Lombardia.

Abbiamo sott’ occhio due scritti sull’argomento posto in fronte a quest’ articolo. Il primo è una re­ lazione fatta dall’ ingegnere Tatti alla Camera di commercio di Milano la quale nominò una commis­ sione per ¡studiare e riferire su tale questione. L ’ altro è il resoconto d’ una discussione, avvenuta nello scorso agosto in seno alla società degl’ inge­ gneri civili di Parigi, sulla scelta del varco da ef­ fettuare attraverso l’Alpi. Crediamo che sia debito nostro di far menzione delle opinioni che vennero manifestate da persone competenti circa il problema attuale, perchè esso concerne ad un tempo le finanze dello Stato e gli interessi politici ed economici della nazione.

Fra il traforo del Cenisio, nelle A lp i Graie, e quello del Gottardo, posto al limite orientale delle A lpi Elvetiche, stanno una frazione delle Graie con tutte le Pennine e quasi tutte le Elvetiche. Se si volesse dunque evitare un quasi raddoppiamento di traversata della catena alpestre, chiaro è che do­ vrebbe prescegliersi, come nuovo varco, il passag­ gio sotto alle Pennine. Eppure cosi non si è fatto. L ’ attività della Svizzera nel creare una ferrovia pa­ rallela alle Alpi che da Briga, al piede nord del Sernpioue, giunge a S. Maurizio, presso il lago di Ginevra, gira questo lago e poscia per Losanna e Pon- tarlier immette a Parigi, al Belgio, Olanda, Inghilterra, mentre da S. Maurizio altra linea, non ancora com­ pleta, costeggierà il lago al sud e, per Bouveret, Thonon, Collonges, Bourg, Dijon, giungerà a Parigi, Calais, ece., quest’ attività, diciamo, ha grandemente pregiudicata la scelta. Nè, dal suo canto, ha di­ menticato l’ Italia d’avvicinarsi al piede sud del

Sem-pione; perchè la legge ferroviaria del 1879 collocò nella seconda categoria la linea da Gozzano a Do­ modossola, come accenno di nuovo varco dell’ Alpi nel Sem pione; varco che non venne però decretato. Guari dunque non andrà che, ai due lati del Sem- pione, staranno i due poli d’ una corrente elettrica che tenderà ad equilibrarsi attraverso le viscere di questo monte, che è tuttavia in tanta prossimità del Gottardo.

Benché la direzione suaccennata meglio del Ce­ nisio soddisfi gli interessi del centro e del Nord della Francia, pure, per la necessità forse d’ attraver­ sare con essa il territorio Svizzero, un partito si è colà manifestato tendente a sostituire al varco del Sera­ pione quello del Monte Bianco. Invero è il Monte Bianco troppo prossimo al Cenisio ed esige inoltre la costruzione di molto linee d’ accesso. L ’ essere però questa linea collocala, o lir’ Alpi, tutta nel territorio Francese, e dal lato politico della questione, la dimen­ ticanza o disdegno della neutralizzazione di parte della Savoia, il Ciablese cioè ed il Fossigny, i quali, in caso di guerra fra l’ Italia e la Francia e, nonostante la ces­ sione avvenuta della Savoia, dovrebbero essere oc­ cupati dalle truppe Svizzere, hanno fatto ad alcuni francesi intravedere dei vantaggi strategici che non potrebbero però verificarsi senza offendere, nonché la Svizzera, tutta l’ Europa. Non sappiamo dare mi­ gliori spiegazioni delle suaccennate per render conio dell’ intento di varcare il Monte B in ic i, quando si pensi all’ evidente sua inferiorità verso il Sempione. Ma su ciò occorre fornire una dilucidazione, la quale però non dovrà assumere qui un carettere tecnico, che non conformerebbesi all’indole del nostro giornale.

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di lunghezza, di cui chilometri 96,5 da costruire; fra i quali la galleria del Sempione, di ben chilo­ metri 18,5, da eseguire a foro cieco. La traversata invece del Monte Bianco, fra gli stessi punti, avreb­ be chilometri 496,5, compresi chilometri 209,5 di nuove costruzioni, inclusavi la galleria di chilo­ metri 18,9, di cui però chilometri 5,3 escavnbili con tre pozzi. In questa valutazione però non si tiene conto di due notevoli abbreviazioni. Quella cioè, di qua dall Alpi, di Santià-Ivrea che risparmierebbe, c°n .un nuovo tronco di circa 28 chilometri, i due Santià-Chivasso e Ghivasso-Ivrea che ne hanno, in complesso, 63. L ’ altra abbreviazione è al di là del- l ’ Alpi e consiste nel tunnel di Fordaz, da Chamou- nix a S. Maurizio, che acconterebbe la distanza to­ tale suindicata di chilometri 58, La lunghezza com­ plessiva diverrebbe così chilometri 408,5 circa. La linea poi che da Milano giungesse a Collonges pel Monte Bianco conterebbe, secondo T ingegnere Tatti, chilometri 386,5, fra i quali 199,5 sarebbero da larsi a nuovo. La ferrovia da Milano a Pontar-liet pel Sempione sarebbe, in tal modo, di chilome­ tri 27 più breve dell’ altra che, nonostante gli in ­ dicati raccorciamomi, giungerebbe pel MonteBianco allo stesso punto. La linea poi da Milano a Collono'es sarebbe bensì più breve dell’ altra che, pel Monte Bianco, giuuge a Portarlier; ma allungherebbe il cammino, a confronto della M ilano-Ponlarlier pel Sempione, di 5 chilometri ; a cui deve aggiungersi che da Collonges a Digione, havvi una maggior d i­ stanza che da Pontarlier a Bigione, nonostante la scorciatoia da Collonges a Bourg.

Passando sopra, per la ragione già accennata, alle questioni tecniche che militano a lavore dell’ una o dell altra delle due traversate alpine, (questioni che, sia detto di passaggio militano a prò del Sempione) diamo ora un cenno dei dispeudii che dovrebbe incontrare l’ Italia, sia pel traforo del Sempione, sia per quello del Monte Bianco. Secondo l’ ingegnere Tatti le due gallerie costerebbero circa lo stesso, cioè 90 milioni, dei quali I’ Italia dovrebbe sopportare, in parte, il carico. Inoltre l’ accesso del Monte Bianco, dal lato dell’ Italia, ammonterebbe a fr. 28,400,000’ mentre quello del Sempione a sole fr. 16,000,00o! Il signor ’j atti non la però entrare in conto, circa il varco del Monte Bianco, la linea Santià Ivrea che noi credia­ mo imprescindibile; e, pel varco del Sempione, le linee Arona-Gravellona e Gravellona-Domodossoln di ch i­ lometri 58 complessivamente, ossia 30 chilometri più della Santià-Ivrea. Ciò sminuirebbe grandemente il risparmio di L . 12,400,000 da lui previsto a prò del varco del Sempione.

V ’ è ancora un altro punto di vista di cui il si­ gnor Tatti non si è curato, per quanto concerne il nostro Stato, e che non è certamente estraneo, I come abbiamo osservato, all’ interesse che in Frnn- 1 eia si appalesa per sostituire il Monte Bianco al Sempione. Alludiamo alla percorrenza in uno od in altro territorio della nuova congiunzione fer­ roviaria. È evidente che se uno Stato deve sobbar­ carsi ad un ingente dispendio, deve ancora trarne adeguato vantaggio. Ora questo vantaggio dipende j direttamente dal maggiore o minore percorso della nuova corrente di traffico nel territorio suo nazionale. ! Sotto quest aspetto la linea del Monte Bianco è pre­ feribile all’ altra sia per l’Italia che per la Francia. | Uà Milano difatti all’ ingresso della galleria del Monte Bianco v ’ hanno chilometri 217 circa nel ter- !

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italiano, benanche colla scorciatoia Santià- Ivrea; col traforo del Sempione questo percorso è chilometri 145 soltanto. Ora a ciò è altamente da ri­ flettersi. La vera soluzione del problema consisterebbe, secondo noi, nel cercare un varco che, mantenendo al- l’ Italia il vantaggio dianzi indicato, evitasse la troppo lunga e troppo dispendiosa linea del Monte Bianco.

A questo proposito ci sia lecito esporre un’ idea che, molto probabilmente, osiamo credere degna di considerazione. È evidente, alla semplice ispezione della carta, che la salita della Valle della Dora sus­ seguita dal traforo del Monte Bianco, getta verso i ponente una ferrovia che è poi costretta a ripie­

garsi verso settentrione per giungere, qualunque sia | 'I. tracciato oltre l’ Alpi, a Parigi. Ora, a brevissima distanza dal Monte Bianco, v’ è il Gran S. Bernardo; la strada ferrata Ivrea-Aosta è decretata. Giunti che siasi ad Aosta, anziché piegare a ponente, salgasi a settentrione nella direzione del varco attuale del ! colle del S. Bernardo. Certamente questo monte, benché 2000 metri più basso del Monte Bianco,

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esigerà una lunghissima galleria. V ’ ha però, se non certezza, almeno probabilità ch’essa non debba es- sere più lunga e difficile ma anzi più facile e breve di quelle del Gottardo e del Monte Bianco. Dal I altro lato dell’ Alpi, fra lo sbocco della galleria e Martigny la distanza è di circa 20 chilometri. Da Martigny a Pontarlier e Parigi ovvero Anversa, le ferrovie esistono fin d’ora. La distanza da M i­ lano a Pontarlier, secondo quest’andamento, sarebbe circa 370 chilometri, ossia I I chilometri più breve della linea patrocinata dal signor Colladon e dal sig. Tatti, quella cioè attraverso il Sempione. La tra­ versata del Gran S. Bernardo fu già studiata, non pochi anni addietro, da un ingegnere francese. In allora però si aveva poca fiducia sulla possibilità di ese­ guire dei lunghissimi tunnel, ed in ciò erravasi. Il progetto sarebbe da riprendere col sistema della lun­ ghissima galleria, a (ine di sminuire le troppo forti pendenze degli accessi; svantaggio che altrimenti s’ in­ contrerebbe. Non avendo noi' fra mani i dati tecnici occorrenti a giudicare della convenienza d’ un simile I tracciato, non ci facciamo lecito di preferirlo asso­ lutamente agli altri; occorre che ciò ripetiamo. Cre­ diamo però che, prima d’ impegnare l’ Italia in un nuovo colossale dispendio per creare un’ altra tra- | versata dell’ Alpi, sia dovere di chi dirige le pub­

bliche costruzioni di bene studiare se sia aifatto inconveniente di seguire questa traccia che, ao- breviando la totale distanza da percorrere meglio delle altre, e mantenendo nel nostro territorio ima grande trazione di essa, sarebbe molto favorevole agl’ interessi economici del nostro paese.

LA QUESTIONE IRLANDESE

Le ultime discussioni che sono sorte nelle Camere inglesi intorno a ciò che suol chiamarsi « la que­ stione ir'andese, » ed un recente discorso di lord Parnell, hanno naturalmente richiamata l’ attenzione della stampa europea, ed hanno dato luogo a giudizi ed a previsioni, ad encomi od a condanne, che diffe­ renziano tra loro nel concetto, quanto differenziano i vani partiti, che sono rappresentati dagli organi della

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Anche in Italia non mancarono e non mancano tuttodì i giornali di occuparsi delle cose d’ Irlanda, ma, lo diciamo con dolóre, gli articoli pubblicati, fatte poche eccezioni, palesano una completa igno­ ranza della questione di che si occupano e quindi portano conclusio:,i ed apprezzamenti tanto più erronei, quanto sono erronee le premesse.

Noi, lasciando da un lato la questiono politica, della quale non vogliamo intrattenere i nostri lettori, non discutendo qui se l’ Inghilterra tratti l’ Irlanda come paese di conquista o come parte della nazione e dello Stalo, e se l’ Irlanda, domandando una auto nomia politica abbia o no diritto a questa autonomia e sino a quanto questo diritto esista,— noi non ci occuperemo qui se non della questione, che può in­ teressare direttamente i nostri lettori, cioè dal suo lato economico; questione che alcuni con evidente confusione di idee chiamano questione agraria, altri con palese esagerazione dicono questione sociale e persino comunarda.

Per quanto il discorso recente di lord Parnell possa essere stato interpretato come una espressione di idee socialiste, non stimiamo si possa giudicarlo senza tener conto contemporaneamente dell’ambiente in cui si svolge la questione; ambiente che, a nostro credere, si risolve prima nella parte storica della questione, quindi nelle condizioni attuali del paese che la discute.

In generale, intorno a tale argomento i giudizi sono sommari e viene essa presentata al pubblico italiano con brevissimi cenni che su per giù suonano così: « I fittameli dell’ Irlanda sono poveri perchè non vogliono lavorare; mancano quindi di mezzi per pagare i fitti al proprietario delle terre; vogliono essere perciò esonerati e invocano una legge che diminuisca o tolga questi fìtti, e, non ottenendola, minacciano di uccidere, e talvolta uccidono, quei proprietari che, esercitando il loro legittimo diritto, esigono il pagamento dei fitti, stabiliti da regolari contratti, o colla forza cacciano i fìttaiuoli dalle terre. La guerra che si muove (continuasi) ai proprietari di Irlanda è guerra del socialismo e del comuniSmo contro la proprietà. Ogni passo che il governo in ­ glese faccia a vantaggio dei fìttaiuoli irlandesi è un colpo mortale che viene dato al diritto di proprieià, sul quale diritto si basa la costituzione tranquilla della società. » — Così presso a poco esponesi la que­ stione dal lato storico, e si fanno seguire giudizi ed apprezzamenti, che il lettore può facilmente imaginare.

Ma è ben strano che contemporaneamente non si faccia seguire questa domanua : Perchè avviene tutto ciò in Irlanda? vi sono cause speciali in quel paese che determinino e mantengano questo stato di cose?

E ci sembra tanto necessario conoscere ed esporre queste condizioni speciali del luogo, che, ignoran­ dole o non tenendone conto, si sviserebbe alfatto la questione, la sua origine, la sua ragione di essere, e qnindi si pronuncierebbe un giudizio falso sugli atti intrapresi da molli per scioglierla, e sui tenta­ tivi fatti da Gladstone per mitigarla, tentativi che, date le erronee premesse, dipingerebbero l’eminente Statista come davvero un connivente col socialismo.

Il Regno Unito ha una popolazione di 31,629,299 della quale 5,412,377 è nell’ isola d’ Irlanda; le due isole divise da un canale di appena 200 chi­ lometri presentano un aspetto del tutto diverso ; l’ In­ ghilterra ricca, molto ricca, la Irlanda povera, molto povera. La fame più desolante ha più di una volta

spopolata l ’ irlnnda, e ne susseguirono emigrazioni in America, che aumentarono la miseria del paese; ep­ pure il suolo dell’ Irlanda è fertilissimo per più di 4 milioni di ettari, cioè per la metà della sua su­ perficie; anche mediocremente coltivato e senza par­ lare delle 600,000 ettare di paludi, potrebbe ali­ mentare sufficientemente la popolazione de! paese; eppure gl’ irlandesi non sono per loro natura infin­ gardi ; che anzi, emigrati in America e nella Austra­ lia, si mostrarono attivissimi e laboriosissimi tanto che poterono sovvenire con larghezza i loro conna­ zionali, e Brighi racconta che oltre 350 milioni di

lire entrassero nell’ Irlanda mandate dagli emigrati. Quando gli Irlandesi passano il canale e si stanziano in Ingliterra sembrano cambiar natura, e la vita oziosa e accidiosa che conducono nel loro paese, di­ venta altrettanto piena di attività e di lavoro. Que­ ste osservazioni, che vengono fatte da tutti gli sto­ rici e scrittori imparziali, non fanno comprendere che la questione irlandese ha un aspetto ben diverso da quello della quislione socialista?

E la causa di questa diversità dell’aspetto, deriva dalla tradizione, diremo meglio da un odio tradizio­ nale dell’ Irlanda contro dell’ Inghilterra. E opportuno cercarne l’origine giacche essa si connette mirabil­ mente colla attuale situazione, anzi colla situazione che da due secoli esiste tra i due paesi.

Lasciamo la parte della conquista politica fatta da Enrico II nel 1371 e vediamo invece come sia avvenuta la conquista, diremo così, economica delPIrlanda. L ’ Inghilterra al tempo di Enrico VII divenne protestante; gli Irlandesi, che non avevano preso parte alle lotte di quel re contro il papato, non abbracciarono la nuova religione, ed i sovrani dell’ Inghilterra decisero dì imporla loro. Elisa- betta, ci racconta la storia, spese più di ottantasei milioni per domare, l ’ isola c ridurla a sottomessione; gli Irlandesi, finalmente vinti, unirono in un solo concetto la idea della libertà e quella del cattolicismo, ne nacque una terribile persecuzione della quale si raccontano fatti altrettanto tremendi, quanto quelli che subì la Chiesa cristiana ai tempi dei più crudi imperatori. Lo scopo del Governo inglese parve a quel tempo essere uno solo, distruggere i cattolici irlandesi per surrogarvi protestanti inglesi.

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unico mezzo di farla obbediente. Levò enormi som­ me, con ipoteca sui beni cbe si confischerebbero; prescrisse di non dar quartiere a qualunque irlan- landese cbe capitasse in Inghilterra; si coglievano gli irlandesi sui vascelli, ed erano buttati in mare; scovavansi nei boschi a guisa di fiere; trucidavansi nei letti, facendosi la passione esecutrice, e terribile, della legge per rid u rli alla disperazione, e trarne pretesto di sterminarli. Ricevasi cbe Gromwell fa­ cesse uccider tutti dai sedici a settari’ anni, cavare gli occhi dai sei ai sedici, traforare con ferro ro­ vente il seno delle donne. Queste esagerazioni at­ testano il terrore, continua lo storico; e certe pur troppo sono le atrocità commesse nelle città prese ed i macelli in massa; a 'Predagli non sopravvissero che trenta persone, mandate ai lavori forzati; così a Wexford, così altrove. »

L ’ isola rimase devastata in guisa che per traver­ sarla in certe regioni, bisognava portarsi il cibo; — 1’ odio tra le due nazioni divenne mortale, inestin­ guibile. E passò un lungo periodo di completa ser­ vitù dell’ isola, di abbrutimento degli irlandesi, di dispotismo dei dominatori. I nuovi proprietari dei terreni confiscati o predati, trattavano gli indigeni coll’ odio con cui il possessor della cosa altrui tratta il vinto proprietario. E nella line dell’ ultimo secolo soltanto, cominciò la lotta per l’ emancipazione, lotta che dura tuttavia.

Noi non intendiamo certo di fare una storia del- I’ Irlanda e quindi, ricordali solo quei punti che servono al nostro scopo, veniamo alle conside­ razioni.

I fittaiuoli irlandesi non sono adunque nelle stesse condizioni dei fittaiuoli degli altri paesi. Essi per lunghi secoli crebbero nella tradizione, essere i prò prietari delle loro terre gli usurpatori che, per la questione religiosa, si impadronirono colla violenza brutale del suolo irlandese; essi sono negligenti nella coltura, perchè hanno nell’ anima la storia, traman­ data di padre in figlio, essere state le terre, che sono chiamati a coltivare come coloni, di loro le­ gittima proprietà. E tutte le riforme politiche che sono state tentate, o che si tenteranno, non riusci­ ranno mai a cancellare il polente sentimento tradi­ zionale; — l’ ultimo grido degli irlandes1, quando anche giungessero alla aufonomia politica; sarà: rendeteci le terre I —

Che in mezzo ad una nazione ridotta a tali con­ dizioni, estenuata dalla fame e dai sacrifizi, sia pe­ netrato o v i abbia fatto breccia il socialismo, non si può negarlo; che le aspirazioni talvolta abbiano oltrepassata ogni giusta misura, è anche vero; ma che conoscendo la storia e leggendo delle attuali condizioni della questione irlandese, la stampa ita­ liana possa in grande maggioranza sentenziare: trat­ tasi di socialismo; noi crediamo nè vero, nè onesto. Certo i Feniani commisero atti atrocissimi; certo le rivoluzioni irlandesi furono molte volte crudelis­ sime; ma guardiamo d’ altra parte quanto non sia stata atroce e crudele la conquista! Le buone e le giuste cause molto spesso sono danneggiate dagli esageratori; ma nella loro natura cessano per que­ sto di esser buone?

Noi italiani per riacquistare la nostra libertà fummo sempre coi nostri oppressori cotanto miti ? esa­ gerammo mai i loro torli? non profittammo forse anche dei più semplici pretesti per combatterli e per mostrar loro la nostra indipendenza?

E se il popolo irlandese sente la causa della pro­ pria desolante miseria essere derivata dalle terribili persecuzioni a cui fu soggetto, se ricorda la perdita delle proprie ricchezze esser derivata dalla rapina di coloro, i cui nepoti oggi pure le godono tranquilla­ mente, diremo noi che questa è « questione agraria »

è « manifestazione del socialismo? »

Il socialismo certamente accorre in Irlanda dove trova un popolo che si servirebbe di qualunque arma per ottenere lo scopo, e vi fa proseliti e vi ottiene facilmente adesioni, ma non per questo è giusto lo sconoscere l’ origine della questione, la situazione delle cose.

Con queste nostre parole, è bene affermarlo, noi non abbiamo voluto entrare nella questione politica che esiste tra l’ Inghilterra e l’ Irlanda, ma abbiamo solo voluto mettere in guardia i nostri lettori contro la tendenza di associare senza distinzione le due idee di questione sociale e questione irlandese; abbiamo voluto anche preparare i lettori stessi a non ritenere come concessioni al socialismo gli eventuali atti cbe il Governo inglese prendesse a favore dell’ Irlanda. Queste concessioni a favore dei Guaioli non sareb­ bero una debolezza verso i socialisti, ma una ripa­ razione verso gli spogliati.

IL CONGRESSO DEGLI ARMATORI ITALIANI li C A U L I

La questione della decadenza della marina mer­ cantile italiana è di tanta importanza, e il suo ri­ sollevarsi interessa tanto l ’ avvenire economico e politico del nostro Paese cbe noi crediamo di non poterci dispensare dal dare'estesamente il resoconto delle sedute del Congresso degli Armatori italiani in Camogli, quale si trova nei principali periodici delle più importanti città marittime, e che noi pen­ siamo perciò essere il resoconto ufficiale.

Diamo quello della seduta del IO ottobre, riser­ bandoci di dare quello della seduta del dì 11 nel prossimo numero.

L’ ampio ed elegante teatro di Camogli è adornato ad ogni fila di palchi da bandiere dai colori nazionali, e dagli stemmi delle città italiane. Sul palco scenico trovasi il banco della presidenza, e sul fondo spicca il ritratto del Re in mezzo ad un incrociamento di bandiere.

Alle 11 30 T ampia platea si empie di delegati, il cui numero supera i 400, e fra i quali figurano lo rappresentanze di Venezia, Napoli, Palermo, Sorrento, Ancona, Procida e Viareg-gio,. insomma di tutte le città marittime d’ Italia. Il banco presidenziale viene occupato dal Comitato promotore, presieduto dal cav. Bozzo, sindaco della città.

Prima di dichiarare aperto il Congresso, il Sindaco- presidente dà il benvenuto ai congressisti con le se­ guenti acconcie parole:

« Signori Arm atori Italiani!

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-17 ottobre 1880 L ’ E C O N O M I S T A 1493 « Come nelle lotte politiche e guerresche, cosi in

quelle pacifiche ed incruente del lavoro e dell’ indu­ stria, sonvi dei momenti critici e decisivi, in cui la vittoria dipende, non tanto dalla mano che opera, quanto dal senno, dall’energia e costanza di chi li

j

dirige.

« La bandiera italiana, che sventola ovunque sulle j nostre navi, dovrà man mano scomparire? dovrà of­ fuscarsi la stella delle già fiorenti città marittime?

« Un interno presentimento mi fa sperare il con­ trario. I vostri studi, i vostri voti, se assecondati da chi ci regge e ci governa, allontaneranno il temuto pericolo.

« In mezzo a questo consesso di uomini di mare, in questa città marittima, a fianco delle tombe dei Doria, in vista della patria di Colombo, oggi, che ap­ punto corre la vigilia dell’ anniversario della scoperta delle Americhe, non posso dubitare dell’ avvenire, e noi devo, perchè la vostra presenza mi assicura.

« Vi invito dunque ad incominciare il vostro lavoro al grido di: Viva la marina italiana ! Viva V Italia !

Viva il re! »

Applausi fragorosi accolgono le parole del cav. Boz/.o e fanno eco ai suoi evviva. Quindi il presidente stesso -propone al Congresso, prima d'iniziare i suoi lavori, j

spedisca un saluto al Re; la proposi a è coperta dagli j applausi dell’ Assemblea. Ne legge la formola:

« A S. M. Umberto I « Monza.

« Congresso Armatori riunito in Camogli salutando augusto Sovrano fa voti sua felicità.

« A nome Congresso « Bozzo, Sindaco. » Scoppiano nuovamente gli applausi e fra le accla­ mazioni dell’Assemblea viene inviato il telegramma.

Il cav. Bozzo, prima di passare alla nomina della presidenza del Congresso, fa dar lettura del resoconto di quanto aveva fatto il Comitato promotore

Il signor Cavalli cosi riferisce all’Assemblea: « Illustrissimi Signori,

« Il Comitato degli armatori camogliesi, eletto a tutelare gli interessi marittimi, vi ringrazia della bella accoglienza che faceste al suo invitò, intervenendo numerosi a questo Congresso e fa voti perchè le vo­ stre deliberazioni siano dal Governo benevolmente accolte.

« Prima che voi passiate ad eleggere la presidenza del Congresso, permettete che il Comitato vi dia un breve resoconto del suo operato.

« Lo stato miserando della nostra Marina Mercan­ tile a voi è noto, ed urgente è il bisogno di provve­ dere seriamente onde toglierla da questa critica con­ dizione di decadenza.

« Questo bisogno il Comitato lo sentiva già da molto tempo. In seguilo a giusti pareri di valenti giurecon­ sulti, si era persuaso che la tassa di ricchezza mo­ bile non era altro che una duplicazione con le tasse marittime e consolari. In questo senso pensò di fare pratiche conciliative coi rappresentanti della finanza, i quali venuti in questa città, ove all’uopo si trova­ vano pure vari altri armatori liguri, non vollero ab­ bandonare le loro fiscalità, e la conciliazione venne quindi sospesa.

« Si principiò allora una lite, ma tutti gli sforzi del Comitato non valsero ad ottenere un giudizio in me­ rito, poiché si cercarono sempre dei raggiri di forma, atti a stancare la nostra indole decisiva e spiccia.

« Ed intanto il grido di dolore della nostra lan­ guente Marina si faceva maggiormente sentire.

« Visto che la totale esenzione dalla tassa di ric­ chezza mobile, quando anche si fosse potuta ottenere, non sarebbe di certo stata tanto efficace da mettere la Marina Mercantile in buona posizione, il Comitato pensò di inviare una delegazione a Roma, per doman­ dare al Governo altri provvedimenti, cioè :

1° Riforma della Cassa degli Invalidi, o quanto meno liberare gli armatori dalla responsabilità dei versamenti;

2° Riforma delle tariffe consolari, sopprimendo tutti i diritti sulle carte e sui movimenti di bordo e riducendo almeno a metà i diritti consolari di spe­ dizione ;

3" Riforma delle tasse marittime e sanitarie, sop­ primendo tutti i diritti sulle carte di bordo, compresi quelli dì bollo, e fondere in una le tasse di sanità e d’ ancoraggio, che rimasero uniche sopra i bastimenti, sia dichiarato che incorporino la tassa di ricchezza mobile.

« La proposta piacque al ministro della Marina e delle Finanze, ed una Commissione ministeriale, com­ posta di tre egregi direttori generali, uno della Ma­ rina, l’ altro delle Finanze ed il terzo degli Esteri, venne a tale scopo delegata. — Essa lavorò seria­ mente ed in breve spazio di tempo consegnò tre pro­ getti di legge, nei quali erano accolte le nostre do­ mande, al ministro delle Finanze, onde li proponesse al Parlamento. — Ma S. E. il ministro, poco curandosi delle sorti della Marina, pose il lavoro nel solito di­ menticatoio.

« La onorevole Mutua Sorrentina, che ha sede in Meta, ed è qui degnamente rappresentata, inoltrò an- ch’ essa una eguale petizione, ma il ministro delle Fi­ nanze, nella sua saviezza, pensò di fare il sórdo ai giusti lamenti degli armatori da un capo all’altro della penisola.

« Intanto è venuta la legge francese sui premi alle costruzioni ed alla navigazione, il favoritismo del Go­ verno austro-ungarico per la sua Marina, le facilita­ zioni dei Governi russo e norvegiano pei propri ar­ matori ecc. — Di fronte a tale concorrenza straniera e colla crescente diminuzione del traffico marittimo, nacque quindi il bisogno di convocarvi, onde una voce unanime di tutti gli armatori italiani chiegga al Go­ verno un progetto di provvedimenti, atto a salvare la nostra Marina mercantile da una inevitabile decadenza.

« Questi provvedimenti non dovranno essere però semplici palliativi. — Gli è per ciò che il Comitato crede che sia venuto il tempo di chiedere al Governo quei premi e quelle facilitazioni, che sono accordati alle altre Marine, e la soppressione di tutte le imposte, ad eccezione di quelle di ancoraggio e sanità.

« E qui finisce il compito del Comitato. Spetta óra a voi, egregi Armatori, di scegliere il mezzo più ac­ concio e conveniente per riuscire nell’intento prefisso. » Accolta con manifesti segn di approvazione la re­ lazione del Comitato, l’Assemblea, per proposta di vari delegati, proclama eletto a presidente il cav. Bozzo, sindaco di Camogli, ed a vice presidenti i rappresen­ tanti delle sei Mutue Associazioni di Assicurazioni Marittime nelle persone dei signori Turi, deputato, per la Procidana — Del Prete, deputato, per la Via- reggina — Cilento Salvatore, per la Soirentina — Nossardi per quella di Nervi — Belleno per la Fidu­ cia Ligure è Piaggio per la Riunita.

L’ on. Turi, anche in nome del suo collega Del Prete, invita l’assemblea a chiamare in loro sostitu­ zione alla vice-presidenza altre persone, dappoiché sentimento di delicatezza impone loro di non aver parte diretta nell’ azione del Congresso onde non pre­ giudicare la parte che essi potranno prendere alla Ca­ mera, nella loro qualità di deputati.

L’assemblea valutando i delicati riguardi degli ono­ revoli Turi e Del Prete, nominava in loro surroga­ zione i signori cav. Del Chiara per la Presidenza e comm. Del Prete direttore della Mutua di Viareggio. A Segretari sono nominati i signori Galleani e Ca­ valli.

Cosi proclamata e costituita la presidenza del Con­ gresso' si apre la discussione.

Schiarino Gaetano prende primo la parola ed ac­

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1496 L’ E C O N O M I S T A 17 ottobre 1880

recchi anni cominciata; allora si riteneva sufficiente sollievo l’abolizione di talune tasse e l'attenuazione di alcune altre di quella foraggine da cui la marina è colpita ; ma ricorsi, 'stanze, sollecitazioni e preghiere furono inutilmente spese, che il governo inerte ed in­ differente non corrispose a nessuna delle tante do­ mande che la classe marittima gli aveva fatte.

Ben diversamente contenevansi la Svezia e Norve­ gia e la Russia, nonché altri governi sopprimendo le tasse marittime o diminuendene i pesi. Venne poscia recentemente la legge francese coi premi alla costru­ zione ed alla navigazione: legge che, applicata, por­ terebbe inevitabilmente 1’ annichilamento della nostra marina, se non si riprovvede prontamente, energica­ mente.

Il Comitato Camogliese onde porre argine all’ im­ perversare di tanto danno volle riunirci qui nella fidu­ cia che ai nostri voti il Governo vorrà cessare da una deplorevole inerzia ; manifesta quindi parole di rin­ graziamento al Comitato Promotore per il patriottico suo operato.

Proseguendo l ' oratore dice che la abolizione delle tasse che colpiscono la marina sarebbe una cura, non un rimedio —• occorre fare qualche cosa di più radi­ cale se si vuole salvare la più grande fra le industrie nazionali.

Non abbandona l’ idea che le tasse debbono essere alleviate ; nullameno bisogna assolutamente imitare la logge francese, ma più equamente ripartita secondo le condizioni nostre, estendendone gli effetti al piccolo ed al grande cabotaggio, nonché alla navigazione co­ stiera.

La Francia potè limitare i prendi al lungo corso poiché essa ha poche navi dedite al cabotaggio, e que­ sto inoltre gode già non pochi vantaggi e privilegi per effetto della legislazione doganale e delle conven­ zioni internazionali. La marina italiana — esclama — ha sempre date prove di patriottismo e domandò aiuto al Governo soltanto allorché videsi minacciata di ro­ vina; non chiese mai nulla malgrado gravami, vessa­ zioni e trascuranze.

Il Governo spende circa 50 milioni annui in sov­ venzionare le ferrovie ; la marina non è dessa una in­ dustria dei trasporti come le ferrovie? Ma queste hanno degli azionisti, conclude, gli armatori no. (Ap­

plausi)i.

Viale Davide. Comincia col dire che il male è al

colmo; lo dimostrano i noli ribassati, il tonnellaggio dimiuuito, il capitale delle mutue scemato. I noli del Pacifico, delle Indie e dell'America sono ribassati del 30 per cento da pochi anni a questa parte ; il capitale assicurato nelle mutue da I l i milioni discese a 68; ben 500 bastimenti furono cancellati dalle nostre ma­ tricole.

Urge quindi che si adottino rimedi adeguati al male ; quali debbono essere questi rimedi ? si riserva a pre­ sentare una proposta.

La marina italiana paga 1 40 la tonn. per tasse marittime, tasso più elevato che in qualsiasi altra na­ zione ; corrobora questa sua affermazione con un det­ taglio di cifre che dice avere ricavate dalla memoria del prof. Virgilio sulle tasse marittime, memoria pub­ blicata dal Ministero d’agricoltura e commercio.

La ricchezza mobile coll’ aliquota del 13 20 viene applicata da agenti ignari delle condizioni della ma­ rina e quindi sperequazioni da provincia a provincia, e le dimostra colle cifre.

Il sistema vessatorio in cui la marina si dibatte non può durare, finora abbiamo pagato, ora non lo pos­ siamo più e dobbiamo reagire.

Egli riconosce che le cause della crisi trovansi pu- ranco nella concorrenza delle marine estere e special- mente a vapore. Fatto è però che la crisi esiste e bi­ sogna provvedere.

Non spera nei resultati delle inchieste perchè queste in Italia finiscono in nulla e vanno poi dimenticate.

Esamina le condizioni della marina francese e trova che essendo colà il cabotaggio già riservato alla ban­ diera francese e protetto dalle leggi doganali, si volle colla nuova legge favorire il lungo corso, ponendola in condizioni migliori di tutte le altre. Infatti, per quanto riguardo il cabotaggio, la marina francese non solo prospera sulle coste nazionali, ma porta una vi­ gorosa concorrenza sulle nostre.

Fa osservare che i premi della legge francese rap­ presentano pel lungo corso il 30 per cento dei noli attuali e con tale sussidio rende impossibile per essa ogni concorrenza.

Accennato benanco ai premi che la Francia verrebbe ad accordare alle costruzioni, osserva che le esenzioni di tasse non bastano più per la marina italiana, ma voglionsi premi, sussidi o sovvenzioni che vogliansi dire, e ciò per ragioni politiche cd economiche.

Lo Stato deve intervenire quando trattasi di avve­ nimenti che interessano tutta la nazione ; l’industria marittima è un interesse nazionale e lo prova coll’ac- cennare al grandissimo numero di persone che vi sono dedicate, gli ingenti capitali che vi si trovano impe­ gnati, le molteplici industrie ausiliari che da essa trag­ gono alimento ; politicamente poi afferma che non si può avero marina da guerra senza quella mercantile.

Il Governo — soggiunge — deve proteggere e tu­ telare quelle industrie che sono connaturate col paese, nessuna in Italia lo è più di quella marittima. Sostiene questa tesi con molteplici ed opportune osservazioni.

Egli non si dichiara contrario alla trasformazione del materiale navale ; ma che cosa dobbiamo lare delle navi attuali ? Abbiamo circa 700,000 tonnellate di ba- stimeuti a vela, le quali rappresentano un valore di più che 140 milioni ; si deve permettere che vadano dispersi ? E non è egli con massima parte di questo rilevante capitale che devesi procedere alia trasforma­ zione della nostra marina?

La scomparsa di questa industria sarebbe una sven­ tura nazionale, con deplorevoli effetti economici, dap­ poiché è con essa che l’ Italia colma la differenza della nostra bilancia commerciale ed attira colle esazioni dei noli non poca moneta metallica in paese contri­ buendo efficacemente a mantenere relativamente basso l'aggio sull’oro.

I dieci o dodici milioni che noi chiediamo, quale sussidio temporaneo per la marina onde salvarla dalla decadenza, non rappresentano l’ intero peso che gra­ viterà sul pubblico bilancio, poiché lo Stato in gran parte ne sarà rifatto dai tributi che essa e le indu­ strie che da essa tiaggono alimento versano allo Stato. Le sovvenzioni che gli armatori verrebbero ad avere quando il Parlamento ed il Governo d’Italia la delibe­ rassero, non costituirebbe un lucro, ma un mezzo per reggersi e lottare contro l'estera concorrenza.

Egli non è troppo fiducioso che il Governo rivolga finalmente la sua benevola attenzione alla marina, ma ciò non deve nè distogliere nè scoraggiare il Congresso nel chiedere che un sussidio sia accordato alla ma­ rina, poiché con ciò non si fa soltanto l’ interesse di nna speciale e preziosa industria, ma del paese.

Evoca le memorie delle repubbliche italiane che p er essere essenzialmente marinare fecero la prosperità dell’ Italia nel Medio Evo e diedero una grande in­ fluenza all' Italia in tutto il mondo ; fa voti che quei ricordi non debbano suonare amara rampogna ai mo­ derni governanti.

Tortello Agostino svolge la sua tesi e la sua pro­

posta sostenendo che per conservare all'Italia la ma­ rina mercantile è indispensabile che il Governo, imi­ tando, fino ad un certo punto, la Francia si decida ad accordare un sussidio ai bastimenti a vela ed a va­ pore, mediante premi in ragione di L. 10 annue per ogni tonnellata pei bastimenti al disopra di tonnel­ late 100 di registro netto, destinati sia ài grande che al piccolo cabotaggio od al lungo corso.

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47 ottobre 1880 L’ E C O N O M I S T A 1497

zione, essendo ogni bastimento registrato alla Capi­ taneria del proprio dipartimento ed equivarrebbe al 3 0[0 sul valore di costruzione del bastimento stesso.

Infatti, un bastimento di 600 tonnellate di registro netto, costrutto in legno di rovere, costa all’ incirca lire 200,000 il 3 0j0 darebbe L. 6,000, somma eguale al sussidio di lire 10 per tonnellata.

Agli armatori, o società di vapori, non sovvenzio­ nati per legge speciale, il sussidio dovrebbe essere di L. 40 annue per tonnellata se al disopra di tonnel­ late 100 e per qualsiasi navigazione.

Tale sussidio equivarrebbe al 5 0]0 sul valore di costruzione.

Infatti un vapore in ferro d; tonnellate 600, della classe di 100 A. I Lloyd costa circa lire 480,000 il 5 0j0 darebbe L. 24,000 somma eguale al sussidio.

Il naviglio a vela di tutta T Italia al disopra delle tonnellate 100 costituisce tu tt’ al più un tonnellaggio di circa tonnellate 1,000,000 La spesa pertanto del sussidio sarebbe di circa 10,000,000 lire.

I piroscafi al disopra di 100 tonnellate di tutte le Società d' Italia non sovvenzionate rappresentano a tutto oggi un tonnellaggio non maggiore di 25,000 tonnellate. In ragione di L. 40 per tonnellata, la spesa del sussidio sarebbe di circa un milione.

Lo Stato spenderebbe dunque 11 milioni circa al­ l ’anno. Bisogna però considerare che il naviglio a vela va diminuendo ogni anno di circa un ventesimo, perchè la durata media d’un veliero in legno è cal­ colata a venti anni, e perciò si avrebbe una diminu­ zione ogni anno di circa 50,000 tonnellate. Tenendo anche conto dei naufragi e del radiamento si avrà una altra diminuzione di lire 10,000.

Queste diminuzioni, come pur troppo si verifica, non vengono compensate da nuove costruzioni se non in ragione all’ incirca del decimo, cioè per tonnellate 6000. La diminuzione annua sarebbe dunque di 54,000 ton. per le quali lo Stato, verrebbe a risparmiare annual­ mente lire 540,000. Aumenterebbe invece il naviglio a vapore, che profitterebbe di quel risparmio, per au­ mentarne ogni anno il tonnellaggio di circa 16,000 tonn., cioè del quarto di quello che perderebbe il na­ viglio a vela; però senza discapito del lavoro, inquan- tochè è provato che un vapore in un anno trasporta quanto quattro velieri della stessa portata.

In tal modo si compirebbe poco a poco, senza scosse e danni sensibili quella trasformazione che è inevi­ tabile e ci conviene affrettare per tenerci al livello delle altre marine.

Vuoisi riflettere altresi che al sacrifizio di circa un­ dici milioni, lo Stato troverebbe un compenso, perchè se la marina mercantile vivrà e prospererà, farà en­ trare nelle casse dell’ erario dei milioni, mentre se il governo la lascia perire sarà una grande catastrofe per lo Stato e per la Nazione. Anche la marina da guerra ne risentirebbe il contraccolpo, scemando la sua forza.

Già fin d’ora gl’ inscritti marittimi diminuiscono fortemente ogni anno e quando non avremo più ma­ rinari, con quali elementi equipaggeremo i Duilio e i

Dandolo e via dicendo?

Olivari P. dice che la riunione d’ oggi significa

rimprovero al Governo, al quale da quattro o cinque anni si fecero istanze e voti di parziali riunioni o corpi, ma sempre inutdmente. Neppure il Dirèttore Generale della Marina Mercantile, come notarono pre­ cedenti oratori, può ottenere che le sue proposte siano approvate ed ebbe a consigliare gli armatori a litigare. Ma ognuno sa che voglia dire in Italia il litigare : è un rovinarsi. Eppure la giustizia dovrebbe essere, come suol dirsi, alla portata di tutti.

Ricorda che prima di Cavour la marina era picco­ la, ma quel Grande seppe scrutare T avvenire e fece trattati commerciali, informati ai principii della li­ bertà e con essi otteneva la parità di trattamento e la soppressione dei diritti differenziali di bandiera. Da

quel momento la nostra marina ebbe uno sviluppo che seguitò per un certo periodo di anni. Scomparso Cavour, colla sua morte, i suoi pretesi seguaci nul- T altro fecero che sopracaricarla di tasse, cosicché cinque o sei anni fa cominciò a decadere.

Egli non nega tuttavia che anche T applicazione del vapore non abbia contribuito a tale decadenza, specialmente dopoché i progressi della meccanica ri­ dussero ai minimi termini il consumo del carbone ; ma si è allora che il governo doveva cominciare ad alleviare la navigazione e T industria metallurgica, con cui avrebbe favorita la trasformazione del mate­ riale nautico, trasformazione che oggi appena s’ in­ voca.

Dice che il governo non può addurre ignoranza dei bisogni della marina, perchè replicatamente gli vennero fatti conoscete e quindi è colpevole d’indo­ lenza e di trascuranza.

Legge inoltre un suo scritto, già pubblicato, nel quale si dice che la costruzione in ferro ed il vapore, dopo il passaggio di Suez od il tagl;o dell’ istmo di Panama, finiranno per rendersi padrone del commer­ cio mondiale, meno certe carriere che per ragione di prodotti e di difficoltà nautiche sono pericolose.

Cita a conforto del suo dire l ' Inghilterra che dal 1° gennaio al 31 dicembre 1878 ha messo in mare 329 vapori in ferro ed acciaio con tonnellate 406,158 di registro ; N. 106 velieri pure in ferro con tonnel­ late 111,496 registro o soli 207 piccoli velieri in le­ gno del complessivo tonnellaggio di 52,657 registro ha portato la costruzione in ferro a vapore da 10 a 12 sterline la tonnellata di peso lordo, prezzo che prima d’ ora costavano sui nostri cantieri i bastimenti in legno a vela.

Il farsi perciò ancora delle illusioni sarebbe errore gravissimo.

Ad ovviare ai danni derivanti da questa trasforma­ zione marittima il governo, se veramente desidera migliorare le condizioni della Marina Italiana, dovrebbe adottare :

1° Parità di trattamento fra il vapore e la vela, 2° Riduzione di ogni tassa per il bastimento a vela, in armonia con le altre nazioni, onde il naviglio an­ cora esistente sia in posizione di sostenere la concor­ renza delle altre bandiere.

3” Riformare le tariffe consolari in armonia con quelle degli altri Stati,

4° Abolizione delle tasse d’ogni genere per costitu­ zione di società, esercizi di miniere ed escavazione di metalli, ligniti ecc. e ciò nell’interesse dello stesso governo, onde non in tiS ic h ir e le fonti di produzione che si hanno in Italia.

5° Esenzione dalla tassa di richezza mobile per ogni laboratorio di costruzioni navali e fonderie.

6“ Abolizione d’ogni sovvenzione e premio da parte del governo a società particolari, privilegi ridondanti a danno del commercio.

In tal modo io ho la convinzione che l’industria privata metallurgica risorgerebbe in confronto delle altre nazioni, per cui l’Italia potrebbe costrurre vapori in ferro e trasformare la marina mercantile a seconda dei nuovi bisogni e sostenere la concorrenza estera, essendo ricco il nostro paese di materie prime, cioè minerali, ligniti, foreste pei' carbone di legna, cascate di acqua per forza motrice ecc.

Solo a queste condizioni si potranno fare affluire i capitali nelle industrie metallurgiche e nella coltivazione di miniere, e potremo anche noi, con forze proprie, tra­ sformare la nostra marina, per non trovarsi in tempo non lontano senza naviglio mercantile e tributarli del- l’ estero,

Ravenna presidente dell’Associazione Marittima, co­

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1498 L’ E C O N O M I S T A

17 ottobre 1880

Da uomini pratici, egli dice, diremo quindi tutto . “ imo “ ostro. Il governo dal principio della decadenza della marma fino ad oggi fu sempre ostinatamente restio ad accogliere le opportune e giuste domande che dal ceto marittimo furongli più volte indirizzate quando si credevano bastevoli riforme amministrative ed alleviamenti di tasse.

Promesse se n’ebbero molte, ma punto seguite dai fatti, eccettochè per la tassa di ricchezza mobile che fu ridotta, per opera delle Commissioni provinciali e locali di Genova, ma che nullameno viene ad essere applicata in Italia con un mostruosa sperequazione.

Cita e fa la storia delle molte pratiche fatte dal-I Associazione Marittima la quale replicatamente ebbe ad intrattenere il governo sui bisogni della marina. Si ebbe affidamento che le tasse consolari e marittime, eccessivamente onerose, sarebbero state alleviate, ma per diverse cause eh’ egli menziona, il progetto di legge non può essai e presentato e discusso dalle Camere.

Accenna come la maggior parte delle gravi tasse i consolari vadano a benefizio di consoli ed agenti con­ solari all estero; il governo avrebbe già dovuto occu­ parsene o porvi riparo.

Parla delle molteplici, vessanti e lunghe formalità j doganali e sanitarie per cui non è possibile da noi fare j la spedizione e le pratiche d’arrivo d’un bastimento ! senza l’intervento dell’opera degli appositi spedizioneri. ! Si diffonde con vivaci parole, avvalorate dall'espo- ! siziom di fatti, sul modo con cui sono applicate in ; Italia le leggi sanitarie, specialmente por le prove­ nienze dei luoghi sospetti. Cita fra i diversi casi quello ilei Ricordo che, avendo dovuto per avaria appoggiare al Brasilo e trasbordare sopra una nave inglese 400 ton­ nellate del suo carico, al suo arrivo in Genova fu sot­ toposto alla quarantina di rigore al Varignano, mentre la nave inglese che aveva le 400 tonnellate di merce trasbordata, al suo arrivo in Genova non dovette scon­ tare che i tre giorni di quarantena d'osservazione ben­ ché la traversata non fosse stata incolume come quella del Ricordo.

Menziona altri molteplici casi di bastimenti a vela ed a vapore, i quali dopo essere stati ammessi in li­ bera pratica in Spagna ed in Francia sono da noi sot­ toposti a misure contumaciali.

Egli si dichiara fautore delle misure rigorose quando si tratta di salvaguardare la pubblica salute, ma quando queste si _ convertono in vessanti disposizioni senza guarentigie per la stessa, allora sì convertono in favori concessi ai porti ed alle marine estere a danno dei nazionali. Protesta con parole vibrate contro questa disparità di trattamento.

Vorrebbe che si imitasse il bene ovunque si trovi e quindi vorrebbe che si copiasse la legislazione inglese per quanto riguarda le spedizioni dei bastimenti, che in Inghilterra si possono compiere con una speditezza sconosciuta da noi, poiché bastano pochi momenti a compiere quelle formalità per le quali da noi in Italia voghonsi due o tre giorni. Esterna quindi il desiderio che dal governo si esaminasse se non convenga di far cessare tanto dannoso formalismo ed appigliarsi alla se- implicità inglese.

. Si dichiara contrario ai privilegi e biasima il prin­ cipio protezionista a cui si è appigliata la Francia colle legge sui premi alla costruzione ed nlla navigazione, ma dinanzi a questo fatto improvvido ne accetta ne­ cessariamente le conseguenze ed è necessario che il Governo pensi ad equiparare la nostra alle marine estere. E necessario che il Governo provveda in tal senso anche per conservare all'Italia un personale marinaro, altrimenti sarebbe inutile profondere i molti milioni nelle costruzioni di quei giganti del mare, i quali, se voglioiisi equipaggiati, bisogna salvare la ma­ rina mercantile. (Applausi).

II deputato Turi, rappresentante della Mutua di Procida, esordisce col dire che innanzi a tante accuse ed ai manifesti segni dì sfiducia rivolti al Governo, egli

sente il dovere di fare l'avvocato del diavolo che in questa discussione gli pare sia il Governo, e così met­ tere le cose nel vero punto di luce. È d’accodo cogli oratori che lo hanno preceduto circa l’ indiscutibile stato di decadimento della marina mercantile, o sulla necessità di radicali aiuti e rimedii.

Attribuisce lo stato miserevole della marina a due cause principali e generali che sono il vapore reso gigante dal progresso della scienza e delle industrie meccaniche, che hanno ridotto il consumo del carbone ad una quantità minima, cioè presso a poco ad un chilogrammo, mentre che prima si poteva calcolare questo consumo a tre chilogrammi per cavallo e per tonnellata; e la trasformazione in tutto il naviglio dal legno in ferro. Enumera poi le cause speciali della nostra marina derivanti dalla sfiducia e quindi dalla poca associazione del capitale, dalla grande diminuzione dei noli, dalle crisi cui sono soggette le industrie, dalla sproporzione delle tasse, dai trattati di commercio che richiedono pronte modifiche, dalla imparità di tratta­ mento della nqstra bandiera con quella delle altre nazioni.

11 progresso del vapore non si può di certo arrestare e sarebbe opera contraria ad ogni principio di pro- ■ gresso. Crede anzi che bisogna spingere lo sviluppo della marina a vapore, tanto più che è deplorevole il vedere^ dalle statistiche le più recenti che l’ Italia oc­ cupa l’ottavo posto in fatto di marina a vapore e viene classificata anche dopo la Germania, la Spagna, la Russia e l’ Olanda!

Constata che da un anno all’ altro vi è un aumento di 495 navi a vapore e di 565,263 tonnellate lorde. In questo momento l'ammontare dell'Inghilterra è di 265 vapori e 331,553 tonnellate; quello della Francia è di 43 vapori e di 67,151 tonnellate; e quello della Italia è appena di 2 vapori e di 7000 tonnellate ! ! !

Non saremo noi di certo, egli dice, che daremo l'ul­ timo colpo alla vela, e dice ritenere p r fermo che la vela vivrà come sussidiaria del vapore, e che vi sarà sempre bisogno delle navi a vela per portare il traf­ fico in regioni dove non arriva il vapore e per por­ tare alcune merci speciali che debbono andare con le vele, e perchè non sempre la speculazione permette arrivi e vendita a scadenza fissa e molte volte occorre tempo per vedere qual merce caricare e in qual mer­ cato vendere, e questo tempo è dato dalla navigazione a vela.

Occorre dunque, egli dice, ricercare i mezzi per ri­ sollevare ed incoraggiare la morente marina mercan­ tile senza privilegio alcuno del vapore sulla vela e della vela sul vapore, ed incoraggiando, aiutando e spingendo al progresso le due marine a vela ed a va­ pore eh’ egli crede vivranno sempre paragonandole alla piccola e grande velocità delle Ferrovie.

Crede che il Governo, nelle attuali sue condizioni finanziarie non poteva farsi promotore di un progetto di sovvenzioni, tanto più che denari ne abbiamo [ ochi, e tutti gridano contro le tasse che ci affogano, pur sempre domandando aiuti e spese per parte del Go­ verno.

Loda quindi il Comitato che patriotticamente prese 1 iniziativa di domandarla al Governo.

Egli si dichiara’ nemico del protezionismo condan­ nato da quasi tutti gli economisti, e le convenzioni marittime pel servizio di navigazione sono un prote­ zionismo, indiretto. Ed infatti cita l’ Inghilterra, che preoccupata anche essa per la recente legge di sov­ venzioni, votata dalla Camera francese, dichiara que­ sta legg;e una specie di sopratassa di bandiera, come una indiretta violazione dei trattati vigenti da tenerne certamente conto nei futuri trattati.

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