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Programma di Fisica Misure

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Academic year: 2021

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Misure

(Per la scuola superiore)

Autore: Enrico Campanelli

Prima stesura: Giugno 2011 Ultima revisione: Settembre 2013

Per segnalare errori o per osservazioni e suggerimenti di qualsiasi tipo, potete contattarmi al seguente indirizzo email:

info@studiobells.it

Il titolare dei diritti d’autore di quest’opera è lo studio didattico Studio Bells nella persona di Enrico Campanelli (www.studiobells.it).

Quest’opera è rilasciata secondo i termini della licenza:

Creative Commons 3.0 Italia

Attribuzione - Non Commerciale - Condividi Allo Stesso Modo (http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/)

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Indice

1 Misurare 1

1.1 Grandezze fisiche . . . 1

1.2 Cosa significa misurare? . . . 1

1.3 Valore vero e migliore stima di una misura . . . 3

1.4 Incertezza delle misure . . . 3

1.5 Tipi di errore . . . 6

1.5.1 Errori sistematici . . . 6

1.5.2 Errori casuali . . . 7

1.5.3 Errori di sensibilità . . . 9

1.5.4 Stima dell’incertezza . . . 9

1.6 Accuratezza e precisione . . . 10

2 Cifre significative 11 2.1 Misure assegnate . . . 12

2.2 Misure dirette . . . 14

2.3 Misure indirette . . . 15

2.4 Notazione scientifica . . . 16

3 Regole per il calcolo delle incertezze nelle misure indirette 17 3.1 Somme e differenze . . . 17

3.2 Prodotti e quozienti . . . 18

3.3 Confronto tra regole pratiche e regole rigorose per le misure indirette . . . 20

4 Un esempio pratico 20

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1 Misurare

1.1 Grandezze fisiche

Lo scopo della Fisica è quello di descrivere come funziona l’universo, ossia scoprire quali siano le leggi che governano lo svolgersi dei fenomeni naturali. Se ad esempio tiriamo un sasso per aria, esso si muoverà lungo una certa traiettoria, con una certa velocità, ed infine ricadrà a terra in una certa posizione: lo scopo del fisico è quello di trovare dei principi, delle regole che permettano di determinare con precisione tutte queste caratteristiche del moto del sasso.

La descrizione che la Fisica vuole dare dell’universo è di natura quantitativa, ossia le leggi fisiche devono descrivere i fenomeni attraverso formule matematiche che esprimano relazioni tra determinate quantità che intervengono nel fenomeno descritto. Ad esempio, nel caso del sasso lanciato per aria, una legge fisica potrebbe essere una formula che permetta di calcolare la distanza dal suolo del sasso ad ogni istante di tempo. Le quantità che compaiono nelle leggi fisiche, come la distanza ed il tempo del nostro esempio, si chiamano grandezze fisiche.

1.2 Cosa significa misurare?

Per poter tradurre in formule matematiche le leggi della natura è necessario poter esprimere le grandezze fisiche che compaiono in esse tramite dei numeri. La procedura con cui si determina il numero da associare ad una particolare grandezza fisica è detta misurazione.

Per fare una misurazione, occorre innanzi tutto scegliere unaunità di misura, cioèuna grandezza dello stesso tipo di quella che dobbiamo misurare, da prendere come riferimento.

Ad esempio, se dobbiamo misurare la lunghezza di un tratto di strada, possiamo prendere un bastone ed usare la sua lunghezza come unità di misura. Per trovare il numero che esprime la lunghezza della strada, possiamo mettere il bastone per terra e spostarlo lungo la strada contando quante volte la lunghezza del bastone entra nella lunghezza della strada.

Ad esempio, troveremo che il bastone ci entra 29 volte e che avanza un pezzo di strada lungo più o meno come la metà del bastone. Possiamo, allora, dire che la strada misura

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‘29 volte e mezza’ la lunghezza del bastone. Possiamo esprimere questo risultato in modo compatto tramite una formula matematica, scegliendo un simbolo per indicare la lunghezza della strada (ad esempio ‘L’) ed un simbolo per indicare la lunghezza del bastone (ad esempio ‘b’) e scrivere quindi:

L = 29, 5 b (1)

L’uguaglianza (1) va intesa come il prodotto tra il numero 29,5 e l’unità di misura b.

Il numero che esprime la misura è il rapporto tra la lunghezza da misurare e l’unità di misura:

29, 5 = L

b (2)

In conclusione, possiamo dire che una misura si esprime come prodotto tra un numero e un’unità di misura; il numero esprime quante volte l’unità di misura è contenuta nella grandezza fisica misurata.

L’unità di misura di una grandezza fisica può essere scelta a piacere: essa non ha nessuna importanza sostanziale ai fini dell’espressione delle leggi fisiche. La scelta va fatta quindi basandosi su criteri di comodità. Quello che invece è importante, dopo avere scelto un’unità di misura, è usare sempre la stessa per esprimere una data grandezza all’interno di una stessa formula. Se ad esempio volessimo misurare la superficie di una piazza rettangolare, dovremmo misurare i suoi lati usando lo stesso bastone. Se uso due bastoni diversi, i numeri che ottengo sarebbero inutilizzabili per calcolare l’area. Per uniformarsi ad un’unica regola, gli scienziati hanno stabilito che l’unità di misura fondamentale per misurare le lunghezze è il metro, ed il suo simbolo è ‘m’.

Dalla uguaglianza (2), è chiaro che il numero che otteniamo in una misura dipende dall’unità di misura scelta. Se misurassimo la nostra strada usando un normale metro a nastro, troveremmo naturalmente un numero diverso da quello trovato usando il bastone (ciò accade solo se il bastone ha una lunghezza diversa da 1 metro). Ad esempio, troveremmo

che essa misura

L = 57, 4 m

il che vorrebbe dire che la lunghezza della strada è 57,4 ‘volte’ la lunghezza del metro.

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1.3 Valore vero e migliore stima di una misura

Con il termine valore vero di una misura si intende, appunto, il valore reale della grandezza fisica che si intende misurare e corrisponde al valore che si otterrebbe eseguendo una misura assolutamente perfetta (cosa nella realtà impossibile). È chiaro che il valore vero di una misura non lo conosce nessuno poiché nessuna grandezza fisica ha attaccata un’etichetta con su scritto il proprio valore e quindi il valore vero è un concetto teorico ed astratto. L’unico modo che abbiamo per conoscere il valore vero di una grandezza fisica è misurarla, ma una misura reale, essendo imperfetta, può solo fornire un’approssimazione, più o meno buona, del valore vero. Per determinare nel modo migliore possibile il valore vero di una misura possiamo usare strumenti di misura di buona qualità, eseguire la misura con la massima cura e nelle migliori condizioni possibili ma comunque il valore ottenuto sarà solo un’approssimazione.

Con il termine migliore stima di una misura si intende il valore ottenuto da una misura reale che riteniamo essere quello più vicino possibile al valore vero. Quando si esegue una misura, in conclusione, si cerca innanzi tutto di determinare la migliore stima del valore vero di quella misura. Successivamente, si deve stabilire di quanto la migliore stima si discosta dal valore vero, problema che verrà trattato nel successivo paragrafo.

1.4 Incertezza delle misure

Un problema molto importante che si presenta ogni volta che eseguiamo una misura è quello di decidere quanto la migliore stima ottenuta si discosti dal valore vero. Ad esempio, nell’esempio della misura della strada, abbiamo valutato ad occhio che il pezzetto di strada che avanzava fosse lungo circa la metà del bastone e quindi abbiamo scelto come migliore stima 29,5 b. E se il pezzo di strada fosse in realtà lungo un po’ di più di mezzo bastone? E se invece fosse un po’ di meno? Per esprimere questa incertezza nella valutazione, sarebbe più corretto fornire un intervallo di valori entro il quale si ritiene cada il valore vero della misura. Ad esempio, si potrebbe dire che il valore vero è un numero compreso tra 29,3 b e 29,7 b. Questo fatto si esprime con la scrittura:

L = 29, 5 b ± 0, 2 b = (29, 5 ± 0, 2) b (3)

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Il valore 0,2 b si definisce errore oppure incertezza della misura.

Incertezza assoluta

Nell’espressione in equazione (3), l’incertezza si chiama, più correttamente,incertezza assoluta e si indica con il simbolo della grandezza misurata preceduto dalla lettera greca delta maiuscola, ∆. Ad esempio, se abbiamo misurato una lunghezza LA ottenendo la misura (espressa in metri):

LA = (35 ± 2) m (4)

diremo che l’incertezza assoluta è ∆LA= 2 m.

Come si vede, l’incertezza assoluta è una grandezza dimensionale ed ha la stessa unità di misura della grandezza misurata.

Incertezza relativa

Un altro modo di esprimere l’incertezza di una misura è usare il concetto di incer- tezza relativa, definita come il rapporto tra l’incertezza assoluta e la misura stessa.

Nell’equazione (4), l’incertezza relativa della misura di LA è data da

∆LA LA

= 2 m

35 m ≈ 0, 06 (5)

L’incertezza relativa è una grandeza adimensionale, cioè è un numero puro, essendo un rapporto tra grandezze omogenee. Osserviamo che l’incertezza relativa fornisce più informazioni dell’incertezza assoluta riguardo alla bontà della misura. Sapere, infatti, che una lunghezza (a noi ignota) è stata misurata con una incertezza assoluta di 2 m non ci dice nulla su quanto siano stati ‘bravi’ nel fare la misura stessa. Se la misura riguardasse ad esempio l’altezza di una casa (che vale all’incirca una decina di metri), allora la misura sarebbe molto poco precisa; se invece riguardasse la distanza tra i campanili di due paesi vicini (che vale qualche chilometro), la misura sarebbe molto precisa. L’incertezza relativa, invece, ci dice subito la precisione della misura perché ‘rapporta’ l’incertezza assoluta all’entità della misura stessa. Se, infatti, sapessimo che l’incertezza relativa sulla misura di una grandezza L è 0, 01, potremmo ricavare, anche non conoscendo il valore di L, che:

∆L

L = 0, 01 ⇒ ∆L = 0, 01L

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e cioè che l’incertezza assoluta è un centesimo del valore della misura stessa, e quindi possiamo renderci conto di quanto sia buona, per i nostri scopi, la misura stessa. Vediamo con un esempio come, a parità di incertezza assoluta, l’incertezza relativa può assumere valori diversi per misure diverse. Consideriamo la misura:

LB = (174 ± 2) m (6)

che presenta la stessa incertezza assoluta ∆LB = ∆LA = 2 m della misura (4). Se calcoliamo le incertezze realtive nei due casi:

∆LA LA

= 2 m

35 m ≈ 0, 06 ∆LB LB

= 2 m

174 m ≈ 0, 01 (7)

si vede subito che, anche a parità di incertezza assoluta, l’incertezza relativa sulla misura di LB è molto più piccola e quindi la misura è più precisa.

Incertezza percentuale

Si definisce anche l’incertezza relativa percentuale, data dall’incertezza relativa moltiplicata per 100, ed espressa sotto forma di percentuale. Dall’incertezza relativa di equazione (5), si ricava l’incertezza percentuale:

(0, 06 × 100) % = 6 % (8)

Incertezza implicita

Ogni misura deve sempre indicare l’incertezza. Una misura data senza indicarne l’incertezza ha ben poco valore scientifico perché non permette di valutare quale possa essere il reale valore di ciò che si è misurato. Spesso l’incertezza è scritta insieme alla misura, come negli esempi riportati sopra, ma a volte non è così. Quando non è scritta esplicitamente, si parla diincertezza implicita e si assume che l’incertezza assoluta sia pari a 5 unità dell’ordine immediatamente inferiore a quello dell’ultima cifra riportata. Ad esempio, con 12 m, si deve intendere (12 ± 0, 5) m. Infatti, l’ultima cifra riportata è il 2 e l’ordine del 2 sono le unità. L’ordine immediatamente inferiore alle unità sono i decimi e quindi l’incertezza è 5 decimi. Altri esempi sono:

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• con 12,3 m si intende (12, 3 ± 0, 05) m

• con 12,37 m si intende (12, 37 ± 0, 005) m e così via.

1.5 Tipi di errore

La corretta valutazione dell’incertezza di una misura è un problema della massima importanza poiché da essa dipende la qualità scientifica della misurazione. L’incertezza dipende da molti fattori, ciascuno dei quali è considerato una causa di errore. Le cause di errore (o semplicemente gli errori) sono raggruppate nelle seguenti tre tipologie che verranno esaminate nei prossimi paragrafi:

• errori sistematici

• errori casuali

• errori di sensibilità

1.5.1 Errori sistematici

Un errore sistematico è un tipo di errore che, se si ripete una stessa misura molte volte, influenza il valore ottenuto sempre nello stesso modo, ossia aggiunge o sottrae dal valore vero da misurare sempre la stessa quantità. Un errore sistematico può essere causato dallo strumento di misura, da chi esegue la misura o dalle condizioni in cui si esegue una misura.

Un esempio di errore sistematico causato dallo strumento è quello di una bilancia tarata male, che ad esempio segna 100 g quando sul piatto non c’è nulla. Se pesiamo un oggetto con questa bilancia per dieci volte consecutive, tutte e dieci le misure saranno sbagliate di 100 g in più.

Un esempio di errore sistematico causato dallo sperimentatore, invece, è quello che si ha quando egli, usando la bilancia, pone inavvertitamente sul piatto un oggetto estraneo oltre a quello da pesare; in questo modo, tutte le misure saranno sbagliate per un valore pari al peso dell’oggetto estraneo.

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Un esempio di errore causato dalle condizioni di misura, infine, è quello che si ha usando una bilancia in condizioni estreme di temperatura, per cui la molla della bilancia, essendo troppo fredda o troppo calda, è divenuta troppo rigida o troppo morbida e quindi non fornisce più un valore attendibile del peso.

In conclusione, possiamo dire che gli errori sistematici sono errori il cui valore è sempre uguale e quindi, quando sia nota la loro presenza e la loro entità, l’incertezza delle misure causata da essi può essere rimossa.

1.5.2 Errori casuali

Un errore casuale è un tipo di errore che, se si ripete una stessa misura molte volte, ha sempre valori diversi ed ignoti e quindi non può essere eliminato dalle misure effettuate.

Un esempio tipico di errore casuale è quello presente nelle misure di un intervallo di tempo fatte con un cronometro manuale (cioè fatto partire ed arrestato premendo un pulsante con le dita). Supponiamo di voler misurare la durata di una oscillazione di un pendolo usando un cronometro manuale. Se ripetiamo la misura dieci volte, otterremo dieci misure tutte diverse poiché i tempi di reazione non sempre sempre uguali: a volte faremo partire il cronometro troppo presto, a volte troppo tardi e la stessa cosa vale per l’arresto. Le misure ottenute differiranno tra loro almeno di qualche decimo di secondo e non è possibile stabilire con certezza quanto sia sbagliata ogni misura.

Il problema degli errori casuali è che non è possibile rimuoverli completamente, né è possibile conoscerne con esattezza il valore. Si pone quindi il problema di come valutare l’incertezza delle misure affette da errori casuali. Osserviamo che, poiché l’entità dell’errore presente in una singola misura è ignota, per poter stimare l’incertezza è necessario disporre di un insieme di misure. Supponiamo ad esempio di aver misurato la durata T dell’oscillazione di un pendolo con un cronometro manuale e di aver ottenuto le seguenti misure:

1, 96 s 2, 11 s 2, 20 s 1, 82 s 1, 75 s 2, 34 s 2, 27 s 1, 98 s 2, 15 s 2, 01 s

Osserviamo anche che in questo caso, oltre al problema di determinare l’incertezza, c’è anche il problema di determinare la migliore stima della misura poiché abbiamo a

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disposizione dieci valori diversi: quale prendere quindi? Le regole da seguire in questi casi sono le seguenti:

• come migliore stima del valore della misura si prende la media aritmetica dei valori ottenuti:

T = 1, 96 + 2, 11 + 2, 20 + 1, 82 + 1, 75 + 2, 34 + 2, 27 + 1, 98 + 2, 15 + 2, 01

10 ≈ 2, 1 s (9)

• come incertezza, si prende la semidifferenza tra il valore massimo ed il valore minimo:

∆T = Tmax− Tmin

2 = 2, 34 − 1, 75

2 ≈ 0, 3 s (10)

In conclusione, la misura di T va espressa così:

T = (2, 1 ± 0, 3) s (11)

La formula data sopra per la stima dell’incertezza è in realtà una sovrastima, nel senso che essa fornisce il valore dell’incertezza nella peggiore delle ipotesi, e cioè nel caso in cui chi ha usato il cronometro tendeva a commettere sempre lo stesso errore in più o in meno. In realtà, se la causa dell’errore è veramente casuale, le misure sovrastimate e quelle sottostimate tendono ad essere in egual numero e ciò è tanto più vero quanto più sono numerose le misure effettuate. È possibile dimostrare che quando le misure sono più di 4 o 5, si può usare una formula diversa per il calcolo dell’incertezza, che fornisce un valore inferiore. Se indichiamo con N il numero di misure disponibili, con T1, T2, . . . , TN le misure rilevate, e con Tm la media aritmetica, allora l’incertezza è data da:

∆T =

r(T1− Tm)2+ (T2− Tm)2+ · · · + (TN − Tm)2

N − 1 (12)

Nel nostro esempio, avremo:

∆T =

r(1, 96 − 2, 1)2+ (2, 11 − 2, 1)2+ · · · + (2, 01 − 2, 1)2

10 − 1 ≈ 0, 2 s (13)

Come si vede, il valore dell’incertezza fornito da questa seconda formula è un po’ più piccolo e quindi rende la nostra misura più precisa.

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1.5.3 Errori di sensibilità

La sensibilità di uno strumento di misura è il minimo valore che può essere misurato dallo strumento. Consideriamo un comune righello in cui la distanza tra due tacche piccole successive corrisponde ad 1 mm: allora diciamo che la sensibilità di questo strumento è di 1 mm. Con questo righello non possiamo misurare lunghezze minori di 1 mm o distinguere lunghezze che differiscono per meno di 1 mm.

Supponiamo di dover misurare un bastoncino tale che l’estremità cada tra i valori 11, 2 cm e 11, 3 cm del righello. Se il valore più vicino all’estremità fosse, ad esempio, 11, 2 cm, allora prenderemmo questo come migliore stima della misura ma è chiaro che stiamo commettendo un errore per difetto poiché il valore vero della lunghezza è leggermente più grande. Inoltre, non sappiamo con esattezza ‘di quanto’ è più grande perché sul righello, tra i valori 11, 2 cm e 11, 3 cm, non ci sono altre tacche che ci permettano di valutare tale differenza. Stesso discorso varrebbe se il valore più vicino fosse 11, 3 cm, con l’unica differenza che in questo caso prenderemmo come migliore stima il valore 11, 3 cm e l’errore sarebbe per eccesso.

In conclusione, quando si esegue una misura con uno strumento, si ha sempre un contributo all’incertezza pari alla sua sensibilità. Tornando al nostro bastoncino, se la sua estremità cadesse tra i valori 11, 2 cm e 11, 3 cm e il valore più vicino all’estremità fosse 11, 2 cm, allora la misura andrebbe scritta così:

L = (11, 2 ± 0, 1) cm (14)

1.5.4 Stima dell’incertezza

Abbiamo visto i diversi tipi di errore che possono aversi quando si esegue una misura.

È importante capire che in generale questi diversi tipi di errore possono essere presenti contemporaneamente in una misura e quindi bisogna sempre analizzare tutte le cause di errore presenti in un processo di misura e valutare il contributo all’incertezza di ciascuna di esse. Fatto ciò, si prenderà come incertezza solo il contributo maggiore.

A riprova di quest’ultima affermazione, supponiamo di aver eseguito una misura e di aver ottenuto come migliore stima il valore L = 12, 34 m. Supponiamo inoltre di avere una

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incertezza dovuta all’errore di sensibilità pari a ∆Lsens = 0, 01 m e di aver determinato una incertezza dovuta all’errore casuale di ∆Lcas = 0, 15 m. Ciò significa che, tenendo conto del solo errore di sensibilità, il valore vero della misura sarebbe compreso tra i valori 12, 33 m e 12, 35 m. Tuttavia, essendo presente anche l’errore casuale, il valore vero potrebbe essere compreso tra i valori 12, 19 m e 12, 49 m. È chiaro allora che se vogliamo dare un intervallo in cui sia ragionevolmente compreso il valore vero, dobbiamo prendere quello più ampio, che è determinato proprio dal contributo maggiore all’incertezza dato, in questo caso, dall’errore casuale.

1.6 Accuratezza e precisione

Parleremo ora di due importanti caratteristiche che può avere un processo di misura, che dipendono dal tipo di errori a cui è soggetta la misura.

Una procedura di misura si dice accurata se i valori che fornisce sono molto vicini al valore vero della misura. In genere una misura è tanto più accurata quanto più l’errore sistematico è piccolo, infatti gli errori sistematici si sommano al valore vero, fornendo così un valore tanto più lontano dal vero quanto più l’errore sistematico è grande.

Una procedura di misura si dice invece precisa se i valori che fornisce ripetendo più volte una stessa misura, sono molto vicini tra loro (anche se questi sono lontani dal valore vero da misurare). Ricordando la definizione di errore casuale, si vede che una misura è tanto più precisa quanto più l’errore casuale è piccolo.

Facciamo alcuni esempi per capire bene il significato e le differenze tra queste due caratteristiche. Supponiamo di eseguire la misura di un intervallo di tempo, il cui vero valore supponiamo sia T = 3 s, con un cronometro manuale che abbia il difetto di aggiungere sempre 2 secondi ai tempi misurati (cioè si ha un errore sistematico di 2 secondi in più) e che lo sperimentatore abbia degli ottimi riflessi nel far partire e nell’arrestare il cronometro.

In questo caso, se ripetiamo la misura 5 volte, si potrebbero ottenere, ad esempio, i valori:

5, 1 s 4, 9 s 5, 0 s 5, 1 s 5, 0 s

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Si vede che tutti questi valori sono molto vicini tra loro (e quindi la misura è precisa) ma sono abbastanza lontani dal vero valore T = 3 s a causa dell’errore sistematico, e quindi la misura è poco accurata.

Se aggiustiamo il cronometro ed eliminiamo l’errore sistematico, allora la misura risulta sia accurata che precisa. Se, invece, non aggiustiamo il cronometro e prendiamo uno sperimentatore con riflessi molto lenti, la misura diventerebbe sia poco accurata che poco precisa. Se, infine, aggiustiamo l’orologio ma prendiamo lo sperimentatore con i riflessi lenti, la misura sarà accurata ma poco precisa.

2 Cifre significative

Fino ad ora abbiamo parlato di come valutare l’incertezza in una misura. Ora, invece, affronteremo il problema di come scrivere correttamente il valore della migliore stima dopo che è stata determinata l’incertezza. Consideriamo ad esempio il caso in cui si sia ottenuto come migliore stima di una lunghezza il valore L = 15, 26 m e si sia determinata una incertezza assoluta di ∆L = 2 m. A questo punto non avrebbe molto senso scrivere la misura come:

L = (15, 26 ± 2) m

infatti, poiché l’incertezza è 2, ne segue che già il numero 5 è incerto (esso potrebbe essere in realtà un 3, un 4 oppure un 6 o un 7)e quindi le cifre decimali 2 e 6 sono del tutto prive di significato. Le cifre che in una misura sono ritenute attendibili vengono definite cifre significative. Ogni volta che si scrive una misura, quindi, essa dovrebbe contenere solo cifre significative. Vedremo ora come riconoscere e come determinare il corretto numero di cifre significative per una misura. Le regole cambiano a seconda del tipo di misura che trattiamo. Possiamo distinguere tre casi:

• misure assegnate; sono misure già fatte da altri e che leggiamo ad esempio in una relazione di laboratorio o in un articolo scientifico. In questo caso, assumiamo che l’autore della misura abbia già scritto la misura con il corretto numero di cifre significative, e quindi bisogna solo imparare a ‘leggere’ quale sia tale numero;

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• misure dirette; sono misure ottenute direttamente da uno strumento nell’ambito di una procedura di misura e quindi si deve decidere, in base alle condizioni sperimentali, quante siano le reali cifre significative tra tutte quelle fornite dallo strumento;

• misure indirette; sono misure calcolate sulla base di misure dirette. Ad esempio, se misuriamo lo spazio percorso da una pallina ed il relativo tempo impiegato, e poi facciamo il rapporto per determinare la velocità media della pallina, allora il valore che otteniamo è una misura indiretta della velocità media. In questo caso, dobbiamo stabilire con quante cifre significative scrivere il risultato.

Nel seguito, descriveremo i metodi adottati in ciascuno di questi tre casi.

2.1 Misure assegnate

Quando leggiamo una misura fornita da altri, in genere si usa la seguente regola per determinare le cifre significative:

1. la cifra più significativa è sempre la prima da sinistra diversa da zero 2. la cifra meno significativa. . .

(a) . . . per una misura con cifre decimali, è sempre l’ultima a destra, anche se è zero

(b) . . . per una misura senza cifre decimali, è sempre l’ultima a destra diversa da zero

3. le cifre significative sono la più e la meno significativa insieme a tutte quelle comprese tra loro.

Facciamo alcuni esempi di applicazione di questa regola (omettiamo le unità di misura per semplicità):

• in 72,34 la cifra più significativa è il 7, la meno significativa è il 4, quelle in mezzo sono il 2 ed il 3: in tutto sono quattro cifre significative

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• in 72,340 la cifra più significativa è il 7, la meno significativa è lo 0, in mezzo ne abbiamo altre tre: in tutto sono cinque cifre significative. In questo esempio è importante osservare che mentre in matematica i numeri 72,34 e 72,340 sono identici, nel caso delle misure essi esprimono invece cose diverse. Infatti, con la misura 72,34 si intende dire che il quattro è solo una stima del vero valore della seconda cifra decimale e che il vero valore della misura è compreso tra 72,335 e 72,345 (vedi la regola dell’incertezza implicita). Con la misura 72,340 invece, si intende che è lo zero ad essere una stima e che il vero valore è compreso tra 72,3395 e 72,3405.

La misura 72,340 è, quindi, una misura più precisa rispetto a 72,34

• in 72 la cifra più significativa è il 7, la meno significativa è il 2, in mezzo non ce n’è nessuna: in tutto sono due cifre significative

• in 720 la cifra più significativa è il 7, la meno significativa è il 2, in mezzo non ce n’è nessuna: in tutto sono due cifre significative. Questo caso, in cui le misure sono numeri senza cifre decimali e che terminano con degli zeri, merita una discussione più approfondita. Il punto 2 b della regola che abbiamo dato è il criterio più usato ma come vedremo ora, non sempre è corretto. In questo tipo di misure, chi la fornisce dovrebbe specificare che cosa vuole intendere esattamente. Infatti ci sono due possibilità:

– con 720 si vuole intendere che si sta approssimando il risultato alla decina più vicinapoiché non interessa avere una precisione maggiore. Ad esempio, si sono contati 724 chiodi in una scatola per fare un inventario ma siccome ci è sufficiente riportare la misura approssimata alla decina più vicina, usiamo il numero 720. In questo caso, il criterio 2 b è corretto perché in effetti con 720 si vogliono intendere 72 decine e lo 0 serve solo a dare l’ordine di grandezza della misura (e non a dire che si sono contati esattamente 720 chiodi)

– con 720 si vuole intendere, invece, che lo 0 è la migliore stima delle unità ottenuta dalle misure. Ad esempio, ci interessa contare i chiodi con la massima precisione e dal conteggio ne sono risultati esattamente 720 e quindi, in questo

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caso, il criterio 2 b non va applicato esi deve intendere anche lo 0 come cifra significativa

• in 0072,3 la cifra più significativa è il 7, la meno significativa è il 3, in mezzo ce n’è una: in tutto sono 3 cifre significative

2.2 Misure dirette

Come già anticipato all’inizio di questo paragrafo, quando eseguiamo una misura non ha senso riportare più cifre significative di quelle permesse dall’entità dell’incertezza. Il criterio che si usa è il seguente:

In una misura diretta le cifre significative da indicare sono solo quelle fino alla prima cifra (compresa) influenzata dall’incertezza assoluta.

Prendiamo ancora il caso della misura di lunghezza L = 15, 26 m con incertezza assoluta di ∆L = 2 m. In questo caso l’incertezza influenza le unità e quindi bisogna dare la misura solo fino alle unità (comprese), per cui si scriverà:

L = (15 ± 2) m

Cifre significative dell’incertezza

Diamo ora anche una regola pratica per esprimere l’incertezza di una misura:

L’incertezza va sempre espressa con una sola cifra significativa.

In base a questa regola, se dall’analisi delle varie cause di errore si determina ad esempio una incertezza di ∆L = 0, 32 m, allora si eliminerà il 2 e si prenderà una incertezza di

∆L = 0, 3 m. Se l’incertezza calcolata fosse invece di ∆L = 0, 37 m allora si prenderà sempre una sola cifra significativa ma, essendo la cifra eliminata maggiore di 5, la cifra mantenuta si approssimerà all’unità successiva: ∆L = 0, 4 m.

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2.3 Misure indirette

Supponiamo di voler calcolare la superficie S di una piazza circolare a partire da una misura diretta del suo diametro D e supponiamo di aver trovato per il diametro il valore:

D = (32, 6 ± 0, 3) m

Tramite la formula per l’area del cerchio, usando una qualsiasi calcolatrice scientifica a 10 cifre e usando il valore esatto di π, si ottiene come migliore stima per l’area il numero:

S = 1

4πD2 = 834, 6897521 m2 (15)

A questo punto ci dobbiamo chiedere quante di quelle cifre dopo la virgola siano significative.

Poiché il valore del diametro della piazza non è noto con esattezza ma è affetto da una incertezza di 0, 3 m, anche il valore dell’area non sarà determinato in maniera esatta ed esisterà un’incertezza anche sul valore dell’area. Una volta determinata questa incertezza, si potrà applicare la stessa regola del caso delle misure dirette per determinare con quante cifre significative prendere il valore dell’area. Nel successivo paragrafo 3 ricaveremo delle regole per determinare l’incertezza sulle misure indirette a partire dalle incertezze sulle misure dirette usate nei calcoli. Se, tuttavia, non ci interessa determinare l’incertezza ma solo il numero di cifre significative da prendere, si possono applicare le seguenti regole pratiche che, pur essendo in generale meno precise, sono più semplici da usare e danno quasi sempre risultati sufficientemente corretti:

• in calcoli in cui sono presenti somme e/o differenze di misure, il numero di cifre significative da prendere per il risultato è quello determinato (in base alla regola per le misure dirette data nel paragrafo 2.2) dall’incertezza assoluta maggiore tra quelle delle misure

• in calcoli in cui sono presenti prodotti e/o quozienti di misure, il numero di cifre significative da prendere per il risultato è pari al numero di cifre significative della misura che ne ha di meno.

In base a queste regole, la misura dell’area della piazza va scritta così:

S = 835 m2

(18)

Infatti, il diametro è dato con 3 cifre significative e quindi prendiamo solo 3 cifre significative anche dal risultato. Osserviamo che abbiamo arrotondato il 4 con il 5 poiché la parte decimale è maggiore di 0,5.

Come altro esempio, supponiamo di dover scrivere la misura L risultante dalla somma delle seguenti misure:

(57 ± 3) m, (12, 5 ± 0, 5) m, (154 ± 5) m

La somma matematica dà 223,5 m. Tuttavia, l’incertezza maggiore tra le misure, che è 5 m, influenza già la cifra delle unità e quindi il risultato va scritto solo fino alle unità:

L = 223 m

2.4 Notazione scientifica

Un modo molto usato ed utile per scrivere le misure è quello di usare la notazione scientifica. Per scrivere una misura in notazione scientifica, si segue la seguente regola.

Si scrive il numero spostando la virgola in modo da avere una sola cifra prima della virgola (eliminando gli eventuali zeri a sinistra) e poi si moltiplica per una opportuna potenza di dieci per aggiustare il risultato.

Facciamo alcuni esempi:

• 720,34 si scrive 7, 2034 × 102

• 7240,340 si scrive 7, 240340 × 103

• 72 si scrive 7, 2 × 10

• 720 si scrive:

– 7, 2 × 102 se si intendono 72 decine – 7, 20 × 102 se si intendono 720 unità.

Da questo esempio si vede che usando la notazione scientifica, si risolve anche l’ambiguità già discussa relativa al punto 2a della regola per la determinazione delle cifre significative nelle misure assegnate.

(19)

• 00720,3 si scrive 7, 203 × 102

• 0,007203 si scrive 7, 203 × 10−3

3 Regole per il calcolo delle incertezze nelle misure indirette

Nel paragrafo 2.3 abbiamo dato regole pratiche semplificate (senza motivarle) per determinare le cifre significative nelle misure indirette cioè quelle ottenute tramite calcoli.

Ora ricaveremo le regole che permettono di determinare le incertezze sulle misure indirette e quindi, applicando la stessa regola data per le misure dirette, possiamo poi determinare con precisione le cifre significative della misura indiretta. Le regole per il calcolo delle incertezze sulle misure indirette vengono chiamate regole di propagazione degli errori, poiché consentono di determinare come l’errore si propaga dalle misure dirette usate nei calcoli a quella indiretta.

3.1 Somme e differenze

Supponiamo di dover calcolare

S = a + b (16)

a partire dalle seguenti misure

a ± ∆a, b ± ∆b (17)

Sviluppando il calcolo abbiamo:

S = (a ± ∆a) + (b ± ∆b) = a + b ± ∆a ± ∆b

Tenendo conto che i segni + e − possono essere scelti in una combinazione qualsiasi, si vede che la misura di S varia da un minimo dato da

S = a + b − ∆a − ∆b ad un massimo dato da

S = a + b + ∆a + ∆b

(20)

e quindi l’incertezza su S, che indichiamo con ∆S, è data da

∆S = ∆a + ∆b

Questo risultato, che qui abbiamo dimostrato per un caso particolare, ha in realtà una validità generale e cioè vale la seguente regola.

Nel caso di misure indirette contenenti somme e/o differenze, l’incertezza assoluta del risultato è data dalla somma delle incertezze assolute delle singole misure.

Osserviamo che una conseguenza di questa regola è che, nel caso in cui nella misura indiretta ci siano misure moltiplicate per dei fattori numerici, allora gli errori assoluti devono essere moltiplicati per il fattore che moltiplica la grandezza a cui si riferiscono. Ad esempio, se abbiamo la misura indiretta data dalla formula:

g = 2a + 3b allora l’incertezza assoluta su g è data da:

∆g = 2∆a + 3∆b

Questa ulteriore regola si ottiene facilmente da quella di base data prima semplicemente pensando che un prodotto non è altro che una somma ripetuta. Se infatti riscriviamo g usando le somme al posto dei prodotti:

g = a + a + b + b + b

si vede che g è la somma di 5 grandezze (di cui le prime due sono uguali e le ultime tre sono uguali) e quindi applicando la regola di base si ottiene:

∆g = ∆a + ∆a + ∆b + ∆b + ∆b = 2∆a + 3∆b

3.2 Prodotti e quozienti

Supponiamo di dover determinare

P = ab (18)

(21)

a partire dalle misure nella (17). Sviluppando il calcolo abbiamo:

P = (a ± ∆a)(b ± ∆b) = ab ± a∆b ± b∆a ± ∆a∆b (19) In genere, le incertezze ∆a e ∆b sono piccole rispetto ad a e b e quindi nella somma al secondo membro della (19) il termine ∆a∆b risulta molto piccolo rispetto agli altri e quindi lo possiamo trascurare (se ciò non fosse vero, la regola che stiamo ricavando non sarà applicabile). Quindi possiamo scrivere

P = ab ± a∆b ± b∆a (20)

Si vede, dunque, che l’incertezza su P , che indichiamo con ∆P , è data da

∆P = a∆b + b∆a (21)

Dalla (21) e dalla (18) si ottiene infine

∆P

P = ∆a a +∆b

b (22)

Questo risultato, che qui abbiamo dimostrato per un caso particolare, ha in realtà una validità generale e si applica anche ai quozienti. Vale cioè la seguente regola:

Nel caso di misure indirette contenente prodotti e/o quozienti, l’incertezza relativa del risultato è data dalla somma delle incertezze relative delle singole misure.

Osserviamo che una conseguenza di questa regola è che, nel caso in cui nella misura indiretta ci siano potenze, allora gli errori relativi devono essere moltiplicati per l’esponente associato alla grandezza a cui si riferiscono. Ad esempio, se abbiamo la misura indiretta data dalla formula:

g = a2b3 allora l’incertezza relativa su g è data da:

∆g

g = 2∆a

a + 3∆b b

Questa ulteriore regola si ottiene facilmente da quella di base data prima semplicemente pensando che una potenza non è altro che il prodotto di una grandezza per se stessa. Se infatti riscriviamo g usando i prodotti al posto delle potenze:

g = aabbb

(22)

si vede che g è il prodotto di 5 grandezze (di cui le prime due sono uguali e le ultime tre sono uguali) e quindi applicando la regola di base si ottiene:

∆g

g = ∆a a +∆a

a +∆b b + ∆b

b +∆b

b = 2∆a

a + 3∆b b

3.3 Confronto tra regole pratiche e regole rigorose per le misure indirette

Vediamo ora come queste regole danno luogo agli stessi risultati delle regole pratiche viste nel paragrafo precedente, analizzando gli stessi esempi. Nel caso dell’area della piazza, l’incertezza relativa nella misura del diametro è

0, 3

32, 6 ≈ 0, 009

In base alla regola della somma delle incertezze relative, l’incertezza relativa nella misura dell’area è 0,009 e cioè

∆S

S = 0, 009 e quindi ∆S = 0, 009S = 8 m2

Poiché l’incertezza assoluta sulla superficie è dell’ordine delle unità, il valore di S deve essere espresso fino alle unità, cioè S = 835 m2, che è quanto abbiamo ottenuto prima applicando la regola pratica.

Nel caso della somma, la somma delle incertezze assolute è

∆L = (3 + 5 + 0, 5) m = 8, 5 m

e quindi L va scritta fino alle unità cioè L = 223 m, come ottenuto prima.

4 Un esempio pratico

Facciamo un esempio pratico in cui vedremo come applicare tutte le regole viste per valutare correttamente tutte le fonti di errore presenti in un processo di misura.

Supponiamo di dover misurare la durata T dell’oscillazione di un pendolo usando un cronometro manuale che abbia la sensibilità del centesimo di secondo.

(23)

Possiamo dire subito che è presente un errore di sensibilità pari alla sensibilità del cronometro che è di 0, 01 s, per cui:

∆Tsens = 0, 01 s (23)

Supponiamo di eseguire una prima misura ed ottenere il valore T = 2, 12 s. Potremmo scrivere quindi:

T = (2, 12 ± 0, 01) s (24)

È facile capire, tuttavia, che usando un cronometro manuale la misura fatta non è proprio definitiva ed infatti se la ripetessimo una seconda volta otterremmo un valore sicuramente diverso. Siamo cioè in presenza di una fonte di errore casuale, data dai tempi di reazione del corpo umano nell’azionare il cronometro. In questi casi, in cui la misura è ripetibile, conviene sempre eseguirla molte volte in modo da ottenere una stima più attendibile del valore da misurare tramite la media aritmetica. Immaginiamo di ripeterla per cinque volte e di ottenere i valori:

2, 12 2, 32 1, 88 2, 24 1, 97 (25)

Eseguendo la media aritmetica di questi valori otteniamo il valore:

T = 2, 12 + 2, 32 + 1, 88 + 2, 24 + 1, 97

5 ≈ 2, 11 s (26)

ed il contributo all’incertezza dato dall’errore casuale è:

∆Tcasuale = Tmax− Tmin

2 = 2, 32 − 1, 88

2 = 0, 22 ≈ 0, 2 s (27)

Nella (27) abbiamo applicato la regola data nel paragrafo 2.2 a pagina 14 secondo la quale l’incertezza va presa sempre con una sola cifra significativa.

A questo punto dobbiamo confrontare le due fonti di errore presenti, l’errore di sensibilità e quello casuale. Si vede che il contributo maggiore all’incertezza è dato dall’errore casuale e quindi si prende come incertezza solo l’errore casuale e la misura andrebbe scritta così:

T = (2, 11 ± 0, 2) s (28)

Ricordando, tuttavia, che si devono riportare le cifre solo fino alla prima influenzata dall’incertezza, il modo corretto di scrivere questa misura è il seguente:

T = (2, 1 ± 0, 2) s (29)

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