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UNIVERSIT `A DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLT `A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI FERRARA

FACOLT `A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea Triennale in MATEMATICA

LEGAMI STOCASTICI, T-NORME E LOGICA FUZZY

Relatore:

Chiar.mo Prof.

Josef Eschgf ¨aller

Laureanda:

Monica Gazzetta

Anno Accademico 2006-2007

(2)
(3)

Indice

Introduzione 3

I. LEGAMI STOCASTICI E T-NORME

1. Distribuzioni di probabilit `a multivariate 5

2. Legami stocastici 8

3. Il teorema di Sklar 14

4. t-norme 22

5. s-norme 33

6. Isomorfismi di intervalli 35

7. Generatrici 37

8. Teoremi di unicit `a 51

9. Rappresentazioni grafiche 54

II. LOGICA FUZZY

10. La teoria classica degli insiemi sfumati 62

11. Principi di logica fuzzy 66

12. Le t-norme di Frank 71

13. Le t-norme di Yager 73

14. Sottoinsiemi sfumati di intervalli 74 15. Alcune applicazioni della logica fuzzy 90

Bibliografia 97

(4)
(5)

Introduzione

L’argomento di questa tesi sono due classi di funzioni binarie aven- ti valori nell’intervallo unitario, i legami stocastici e le t-norme, nate originariamente nell’ambito della teoria degli spazi metrici probabili- stici, su cui si basano matematicamente la logica fuzzy e, in misura sempre maggiore, la recente teoria dei rischi collegati in matematica finanziaria e attuariale.

Nel primo capitolo vengono descritte le distribuzioni di probabilit `a multivariate, nel secondo i legami stocastici con alcune delle loro pro- priet `a algebriche fondamentali.

Il teorema di Sklar, presentato in modo dettagliato nel terzo capito- lo, permette di ottenere ogni distribuzione di probabilit `a multivariata dalle sue distribuzioni marginali attraverso un legame stocastico. In questo modo si possono studiare in modo sistematico forme molto ge- nerali di dipendenza, ad esempio di rischi.

Nel quarto capitolo si danno le definizioni di t-norma e si studiano alcuni tipi fondamentali di t-norme. Nella logica fuzzy le t-norme sono usate per modellare l’intersezione di insiemi sfumati.

Nel capitolo 5 sono definite le t-conorme (o s-norme), ovvero le ap- plicazioni duali alle t-norme. Esse nella logica fuzzy sono usate per definire l’unione di insiemi sfumati.

Nel capitolo 7 facciamo vedere come ogni t-norma continua ed ar- chimedea possa essere ottenuta da una generatrice, trattando in un primo tempo il caso di t-norme cancellative ed in un secondo quello generale. Le propriet `a di unicit `a delle generatrici sono argomento del capitolo ottavo. Il capitolo 9 contiene rappresentazioni grafiche di mol- te t-norme e delle loro generatrici.

Mediante le generatrici si possono costruire numerose famiglie di t-norme: nei capitoli 12 e 13 otteniamo cos`ı le t-norme di Frank e le t-norme di Yager, molto popolari nelle applicazioni.

La teoria degli insiemi sfumati (presentata nel capitolo 10) e la logi- ca fuzzy sono state introdotte da Lotfi Zadeh nel 1965. La logica fuzzy, di cui alcuni principi base sono discussi nel capitolo 11, viene applicata soprattutto nel controllo automatico. Ne diamo alcuni esempi nel capi- tolo 15, in cui viene anche definito il concetto di sistema di regole fuzzy.

Alla fine del capitolo facciamo vedere come la logica fuzzy rientra in un argomento classico della matematica astratta, la ricomposizione (in questo caso approssimata) di una funzione globale da dati locali.

Per la modellazione delle funzioni di appartenenza usiamo alcune tecniche di composizione di funzioni, presentate con dettaglio nel ca- pitolo 14, e le trasformazioni di M¨obius dell’intervallo unitario, intro- dotte all’inizio del capitolo 15.

(6)
(7)

I. LEGAMI STOCASTICI E T-NORME

1. Distribuzioni di probabilit `a multivariate

Situazione 1.1. Denotiamo con Rm l’insieme dei vettori riga reali di dimensione m. Per a ∈ Rm denotiamo conai l’i-esima componente di a, quando non indicato diversamente. Per uno spazio topologicoX sia borel(X) la σ-algebra generata dagli aperti di X. Per i concetti speci- fici del calcolo delle probabilit `a rimandiamo ad esempio a Tucker; per un’esposizione pi `u elementare a Dall’Aglio.

Pera, b∈ Rm scriviamoa≤ b se ai ≤ biper ognii. Poniamo:

[a, b] :={x ∈ Rm| a ≤ x ≤ b} = [ai, bi]× ... × [am, bm].

(a, b] :={x ∈ Rm| ai ≤ x ≤ bi per ognii} = (ai, bi]× ... × (am, bm].

(−∞, a] := {x ∈ Rm| x ≤ a}.

Evidentemente[a, b]6= ∅ ⇐⇒ a ≤ b e (a, b] 6= ∅ ⇐⇒ ai ≤ bi per ognii.

Definizione 1.2. Sianoa, b∈ Rmcona≤ b. I vertici dell’intervallo [a, b]

sono allora i punti v ∈ Rm, per cui vi ∈ [ai, bi] per ogni i. Denotiamo convertici(a, b) l’insieme dei vertici di [a, b]. Il segno sgn(v|a, b) di un verticev in [a, b] `e definito nel modo seguente:

sgn(v|a, b) :=

(1 se|{i | vi = ai}| `e pari

−1 altrimenti

Si noti in particolare chesgn(a|a, b) = (−1)m e chesgn(b|a, b)) = 1.

E anche chiaro che due vertici adiacenti hanno sempre segno opposto.`

Definizione 1.3. SianoF : Rm −→ R una funzione ed a, b ∈ Rm con a≤ b. Definiamo

Vol([a, b], F ) := P

v∈vertici(a,b)

sgn(v|a, b)F (v)

Un’esposizione dettagliata delle propriet `a di questo operatore si trova in Elstrodt, pagg. 44-48, Renyi, pag. 149, Dall’Aglio, pagg. 90-95.

(8)

Osservazione 1.4. Si noti che per il semplice prodotto numerico F (x1, ..., xm) := x1· · · xml’espressioneVol([a, b], F ) coincide proprio con il volume(b1− a1)· · · (bm− am) dell’intervallo dato. Infatti questo pro- dotto `e una somma di fattori della forma±v1, . . . ,±vmconvj ∈ {aj, bj} in cui il segno `e−1 se e solo se il numero degli aj `e dispari:

(b1− a1)(b2− a2) = b1b2− b1a2− a1b2+ a1a2

Similmente

(b1− a1)(b2− a2)(b3− a3) = b1b2b3− b1b2a3− b1a2b3+ b1a2a3− a1b2b3 + a1b2a3+ a1a2b3− a1a2a3

Definizione 1.5. Una funzioneF : Rm −→ R si dice geometricamente crescente, se per ognia, b∈ Rm cona≤ b si ha che Vol([a, b], F ) ≥ 0.

Definizione 1.6.(Ω, A, p) sia uno spazio di probabilit `a ed X = (X1, ..., Xn) una variabile aleatoria con valori in Rm definiti in esso, cio`e una fun- zioneA-borel(Rm)-misurabile Ω −→ Rm. La distribuzione di probabi- lit `a diX `e allora la funzione F : Rm −→ R definita da

F (a) := p(X ≤ a)

dove utilizziamo, come d’uso, le abbreviazionip(X ≤ a) = p((X ≤ a)) e (X≤ a) = {w ∈ Ω | X(w) ≤ a}.

Scriveremo anchep(X1 ≤ a1, ..., Xm ≤ am) := p(X ≤ a).

Definizione 1.7. Una funzioneF : Rm −→ R si dice continua a destra, se per ognia∈ Rm ed ogniε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni x∈ Rm

conx≥ a e |a − x| < δ si abbia |F (x) − F (a)| < ε.

Definizione 1.8. Una funzioneF : Rm −→ R si chiama una funzione di distribuzione(o per il teorema 1.9, una distribuzione di probabilit `a), se possiede le seguenti propriet `a:

(1) 0≤ F ≤ 1.

(2) F `e continua a destra.

(9)

(3) Per ogni i ∈ {1, ..., m} la funzione

t

F (a1, ..., ai−1, t, ai+1, ..., am)

`e crescente.

(4) Per ognii∈ {1, ..., m} si ha lim

t→−∞(a1, ..., ai−1, t, ai+1, ..., am) = 0.

(5) lim

x→∞F (x) = 1.

x→ ∞ significa naturalmente x1 → ∞, ..., xm → ∞.

(6) F `e geometricamente crescente.

Teorema 1.9. Per una funzioneF : Rm −→ R sono equivalenti:

(1) F `e una funzione di distribuzione.

(2) Esistono uno spazio di probabilit `a(Ω, A, p) e una variabile alea- toria X : Ω −→ Rm tali cheF coincide con la distribuzione di probabilit `a diX.

(3) Esiste una misura di probabilit `ap su borel(Rm) tale che F (a) = p((−∞, a]) per ogni a ∈ Rm.

Dimostrazione. Elstrodt, pagg. 61-62, Tucker, pagg. 26-27.

Osservazione 1.10.p sia una misura di probabilit `a su borel(Rm) ed F : Rm −→ R definita da F (a) := p((−∞, a]). Allora con Ω := Rm pos- siamo considerare l’identit `aI : Rm −→ R come variabile aleatoria e siccome(I ≤ a) = (−∞, a] vediamo che F `e la distribuzione di proba- bilit `a diI.

(10)

2. Legami stocastici

Nota 2.1. A differenza del capitolo precedente,a, b, c, d da ora in avanti saranno in genere gli elementi di [0, 1]. Per funzioni [0, 1]2 −→ [0, 1]

useremo spesso la notazione operazionale, in preferenza il simbolo⊗ (che quindi non denota un prodotto tensoriale).

Definizione 2.2. Una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] si dice crescente in ogni suo argomento, se pera, b, c, d∈ [0, 1] valgono le implicazioni

a≤ c =⇒ a ⊗ d ≤ c ⊗ d b≤ d =⇒ a ⊗ b ≤ a ⊗ d

Osservazione 2.3. La funzione ⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sia crescente in ogni suo argomento. Sianoa, b, c, d∈ [0, 1] con a ≤ c e b ≤ d.

Alloraa⊗ b ≤ c ⊗ d.

Dimostrazione. Infattia⊗ b ≤ a ⊗ d ≤ c ⊗ d.

Definizione 2.4. In analogia con la definizione 1.8 una funzione

⊗ : [0, 1]2−→ [0, 1] si dice geometricamente crescente, se per a, b, c, d∈ [0, 1] vale l’implicazione

a≤ c e b ≤ d =⇒ a ⊗ b + c ⊗ d − a ⊗ d − c ⊗ b ≥ 0

Con la notazione della definizione 1.8 la condizione pu`o essere scritta nella formaVol([a, c]× [b, d], ⊗) ≥ 0.

Definizione 2.5. Un legame stocastico (o pi `u brevemente un legame)

`e una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] che soddisfa le seguenti condizioni:

(1) a⊗ 1 = 1 ⊗ a = a.

a⊗ 0 = 0 ⊗ a = 0 per ogni a ∈ [0, 1].

(2) ⊗ `e geometricamente crescente.

Nella letteratura inglese si usa il termine copula proposto da Sklar nel 1959. Come vedremo nel prossimo capitolo, ogni coppia X, Y di variabili aleatorie reali pu`o essere legata da un legame ⊗ nel senso che

p(X ≤ u, Y ≤ v) = p(X ≤ u) ⊗ p(Y ≤ v) per ogniu, v ∈ R.

(11)

Definizione 2.6. Un semilegame (in inglese semicopula) `e una funzio- ne⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] che soddisfa le seguenti condizioni:

(1) a⊗ 1 = 1 ⊗ a = a per ogni a ∈ [0, 1].

(2) ⊗ `e crescente in ogni suo argomento.

Osservazione 2.7. Ogni legame `e un semilegame.

Dimostrazione. Sia⊗ un legame. Dobbiamo dimostrare che ⊗ `e cre- scente in ogni suo argomento. Sianoa, c, d∈ [0, 1] con a ≤ c.

Siccome⊗ `e geometricamente crescente e 0 ≤ d abbiamo a⊗ 0 + c ⊗ d − a ⊗ d − c ⊗ 0 ≥ 0, per cui a ⊗ d ≤ c ⊗ d.

Nello stesso modo si dimostra la seconda disuguaglianza nella defini- zione 2.2.

Osservazione 2.8.⊗ sia un semilegame. Allora a⊗ 0 = 0 ⊗ a = 0 per ogni a ∈ [0, 1].

Dimostrazione. Infatti0 ≤ a ⊗ 0 ≤ 1 ⊗ 0 = 0 e nello stesso modo si dimostra che0⊗ a = 0.

Definizione 2.9. Una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] si dice 1-Lipschitz, se

|c ⊗ d − a ⊗ b| ≤ |c − a| + |d − b|

per ognia, b, c, d∈ [0, 1].

Osservazione 2.10. Per una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sono equiva- lenti:

(1) ⊗ `e 1-Lipschitz.

(2) |c ⊗ d − a ⊗ d| ≤ |c − a|

|a ⊗ d − a ⊗ b| ≤ |d − b| per ogni a, b, c, d ∈ [0, 1].

Dimostrazione. (1) =⇒ (2): Prendendo b = d nella definizione 2.9 abbiamo|c ⊗ d − a ⊗ d| ≤ |c − a| + |d − d| = |c − a|. Nello stesso modo otteniamo la seconda disuguaglianza.

(2) =⇒ (1): |c⊗d−a⊗b| ≤ |c⊗d−a⊗d|+|a⊗d−a⊗b| ≤ |c−a|+|d−b|.

Lemma 2.11. Per una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sono equivalenti:

(1) ⊗ `e 1-Lipschitz e crescente in ogni suo argomento.

(2) Pera, b, c, d∈ [0, 1] vale l’implicazione

a≤ c e b ≤ d =⇒ 0≤ c ⊗ d − a ⊗ b ≤ c − a + d − b (3) Pera, b, c, d∈ [0, 1] valgono le implicazioni

a≤ c =⇒ 0≤ c ⊗ d − a ⊗ d ≤ c − a b≤ d =⇒ 0≤ a ⊗ d − a ⊗ b ≤ d − b

Dimostrazione.(1) =⇒ (2): Dall’osservazione 2.3 abbiamo 0≤ c ⊗ d − a ⊗ b ≤ |c − a| + |d − b| = c − a + d − b.

(12)

(2) =⇒ (3): La prima implicazione segue da (2) ponendo b = d, la seconda ponendoc = a.

(3) =⇒ (1): `E chiaro che l’ipotesi implica che ⊗ `e crescente in ogni suo argomento. Sianoa, b, c, d∈ [0, 1], ad esempio a ≤ c e b ≤ d. Allora 0 ≤ c ⊗ d − a ⊗ d ≤ c − a e 0 ≤ a ⊗ d − a ⊗ b ≤ d − b e quindi anche

|c ⊗ d − a ⊗ d| ≤ |c − a| e |a ⊗ d − a ⊗ b| ≤ |d − b|.

Per l’osservazione 2.10 ci`o implica che⊗ `e 1-Lipschitz.

Osservazione 2.12. ⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sia 1-Lipschitz. Allora ⊗ `e continua.

Definizione 2.13. Un quasilegame (in inglese quasicopula) `e una fun- zione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] che soddisfa le seguenti condizioni:

(1) ⊗ `e un semilegame.

(2) ⊗ `e 1-Lipschitz.

Ci`o implica in particolare che⊗ `e continua e soddisfa le condizioni equivalenti del lemma 2.11.

Il concetto di quasilegame risale al lavoro di Alsina/Nelsen/Schweizer;

la definizione che qui adottiamo, molto pi `u semplice della definizione originale (cfr. teorema 2.24), `e dovuta a Genest e.a.

Proposizione 2.14. Ogni legame `e un quasilegame.

Dimostrazione.⊗ sia un legame.

(1) Sappiamo dall’osservazione 2.7 che⊗ `e un semilegame.

(2) Dimostriamo che ⊗ `e 1-Lipschitz. Per simmetria `e sufficiente dimostrare la prima disuguaglianza nel punto (3) del lemma 2.11 che dimostriamo con b al posto di d. Siano a, b, c ∈ [0, 1] con a ≤ c. Per ipotesi⊗ `e geometricamente crescente quindi, essendo b ≤ 1, abbiamo a⊗ b + c ⊗ 1 − a ⊗ 1 − c ⊗ b ≥ 0, ovvero c − a ≥ c ⊗ b − a ⊗ b(1)≥ 0.

Osservazione 2.15. Dalle definizioni e dai risultati precedenti si vede che un legame `e essenzialmente la stessa cosa come la distribuzione di probabilit `a di una variabile aleatoria con valori in[0, 1]2, le cui dis- tribuzioni marginali sono uniformi.

Osservazione 2.16. Le seguenti funzioni[0, 1]2 −→ [0, 1] sono legami:

min :=

(x,y)

min(x, y) TP :=

(x,y)

xy (legame prodotto) TL:=

(x,y)

max(x + y− 1, 0) (legame di Lukasiewicz).

Dimostrazione. `E chiaro che le tre funzioni sono semilegami. Dob- biamo dimostrare che esse sono geometricamente crescenti.

Sianox, y, u, v ∈ [0, 1] con x ≤ u e y ≤ v.

(13)

(1) Consideriamo in primo luogo la funzionemin. Sia x≤ y. Allora min(x, y) + min(u, v)− min(x, v) − min(u, y) =

x + min(u, v)− x − min(u, y) ≥ 0.

Sia invecey≤ x. Allora

min(x, y) + min(u, v)− min(x, v) − min(u, y) = y + min(u, v)− min(x, v) − y ≥ 0.

(2) Consideriamo ora la funzioneTP. Abbiamo xy + uv− xv − uy = (u − x)(v − y) ≥ 0

essendo entrambi i fattori≥ 0.

(3) Infine consideriamo la funzioneTL. Sia

A := max(x + y− 1, 0) + max(u + v − 1, 0) − max(x + v − 1, 0)

− max(u + y − 1, 0).

Sex+v≤ 1, allora x+y ≤ 1 ed A = max(u+v−1, 0)−max(u+y−1, 0) ≥ 0;

similmente ancheu + y≤ 1 implica A ≥ 0.

Siano invecex + v > 1 e u + y > 1. Ci`o implica u + v > 1, per cui A = max(x + y− 1, 0) + u + v − 1 − (x + v − 1) − (u + y − 1) = max(x + y− 1, 0) + 1 − (x, y) ≥ x + y − 1 + 1 − (x + y) = 0.

Proposizione 2.17.⊗ sia un quasilegame ed a, b ∈ [0, 1].

Alloramax(a + b− 1, 0) ≤ a ⊗ b ≤ min(a, b).

Dimostrazione. (1) Per il lemma 2.11 vale1⊗ 1 − a ⊗ b ≤ 1 − a + 1 − b e quindia+ b−1 ≤ a⊗b. Per`o a⊗b ≥ 0, cosicch`e max(a+b−1, 0) ≤ a⊗b.

(2)a⊗ b ≤ a ⊗ 1 = a e similmente a ⊗ b ≤ b.

Lemma 2.18.⊗ sia un quasilegame.

(1) Sianoa, c∈ [0, 1] con a ≤ c.

Allora esisteu∈ [0, 1] tale che a = u ⊗ c.

(2) Sianob, d∈ [0, 1] con b ≤ d.

Allora esistev∈ [0, 1] tale che b = d ⊗ v.

Dimostrazione.

(1) Siccome⊗ `e continua, `e continua anche l’applicazione f :=

x x⊗ c : [0, 1] −→ [0, 1]. Questa applicazione `e anche mono- tona e siccomef (0) = 0⊗ c = 0, f(1) = 1 ⊗ c = c, per il teorema del valor medio esiste un numerou∈ [0, 1] tale che a = f(u).

(2) Nello stesso modo.

Proposizione 2.19. Un quasilegame associativo `e un legame.

Dimostrazione. ⊗ sia un quasilegame associativo ed a, b, c, d ∈ [0, 1]

cona≤ c e b ≤ d.

Dobbiamo dimostrare chea⊗ b + c ⊗ d ≥ a ⊗ d + c ⊗ b (*).

(14)

Per il lemma 2.18 esistev∈ [0, 1] tale che b = d ⊗ v.

Utilizzando l’associativit `a di⊗ abbiamo

c⊗b−a⊗b = c⊗(d⊗v)−a⊗(d⊗v) = (c⊗d)⊗v−(a⊗d)⊗v (1)≤ c⊗d−a⊗d e ci`o `e equivalente alla (*). Qui abbiamo usato che ⊗ `e crescente in ogni suo argomento e che quindic⊗ d ≥ a ⊗ d, cosicch´e dal lemma 2.11 segue la(1)≤.

Definizione 2.20. Una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] si dice geometrica- mente crescente sul bordo, se per ognia, b, c, d ∈ [0, 1] con a ≤ c e b ≤ d e tali che almeno uno dei quattro numeria, b, c, d sia uguale a 0 o a 1 (questa condizione significa che il rettangolo corrispondente possiede un lato sul bordo di[0, 1]2) si haa⊗ b + c ⊗ d − a ⊗ d − c ⊗ b ≥ 0.

Lemma 2.21. Per una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sono equivalenti:

(1) ⊗ `e 1-Lipschitz e crescente in ogni suo argomento.

(2) ⊗ `e geometricamente crescente sul bordo.

Dimostrazione. (1)=⇒(2): ⊗ sia 1-Lipschitz e crescente in ogni suo argomento. Sianoa, b, c, d ∈ [0, 1] con a ≤ c e b ≤ d e tali che almeno uno dei quattro numeri a, b, c, d sia uguale a 0 o a 1. Consideriamo quindi separatamente i quattro casi a = 0, c = 1, b = 0 e d = 1.

Sia a = 0. Allora l’espressione a⊗ b + c ⊗ d − a ⊗ d − c ⊗ b diventa 0⊗b+c⊗d−0⊗d−c⊗b = c⊗d−c⊗b ≥ 0, dato che ⊗ `e crescente in ogni suo argomento. Siac = 1. Allora l’espressione a⊗ b + c ⊗ d − a ⊗ d − c ⊗ b diventaa⊗ b + 1 ⊗ d − a ⊗ d − 1 ⊗ b = a ⊗ b + d − a ⊗ d − b ≥ 0, per il terzo punto del lemma 2.11. In maniera analoga si trattano i casi b = 0 e d = 1. Pertanto⊗ `e geometricamente crescente sul bordo.

(2)=⇒(1): ⊗ sia geometricamente crescente sul bordo e siano a, b, c, d∈ [0, 1] con a ≤ c e b ≤ d. Per ipotesi quindi si ha che

a⊗ b + c ⊗ d − a ⊗ d − c ⊗ b ≥ 0. Ponendo prima a = 0 e poi b = 0 nell’espressione si ottiene rispettivamentec⊗ d − c ⊗ b ≥ 0 e

c⊗ d − a ⊗ d ≥ 0, da cui segue che ⊗ `e crescente in ogni suo argomento.

Ponendo invece c = 1 e d = 1, otteniamo a⊗ d − a ⊗ b ≤ d − b e c⊗ b − a ⊗ b ≤ c − a, cio`e |a ⊗ d − a ⊗ b| ≤ |d − b| e |c ⊗ b − a ⊗ b| ≤ |c − a|.

Per l’osservazione 2.10 concludiamo che⊗ `e 1-Lipschitz.

Corollario 2.22. Una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] `e un quasilegame se e solo se soddisfa le seguenti due condizioni:

(1) a⊗ 1 = 1 ⊗ a = a per ogni a ∈ [0, 1].

(2) ⊗ `e geometricamente crescente sul bordo.

Definizione 2.23. Una curva distribuzionale continua in[0, 1]2 `e una coppia di applicazioni continue e crescentiF, G : [0, 1]−→ [0, 1] tali che F (0) = G(0) = 0 e F (1) = G(1) = 1.

Teorema 2.24. Per una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sono equivalenti:

(1) ⊗ `e un quasilegame.

(15)

(2) Per ogni curva distribuzionale continua(F, G) in [0, 1]2esiste un legame ⊠ tale che F (t)⊗ G(t) = F (t) ⊠ G(t) per ogni t ∈ [0, 1].

Dimostrazione. La dimostrazione, piuttosto lunga, si trova in Ge- nest e.a.

Esempio 2.25. Il grafico di una curva distribuzionale continua:

F (t) = sin πt/2 G(t) = t0.6

(16)

3. Il teorema di Sklar

Situazione 3.1. Denotiamo con R l’insieme [−∞, ∞] con il naturale ordine totale e la naturale topologia. All’inizio di questo capitolo pre- sentiamo alcuni risultati ausiliari che in parte generalizzano quanto visto precedentemente.

Definizione 3.2. SianoC, D ⊂ R ed F : C × D −→ R. Generalizzando le definizioni 2.2, 2.4 e 2.9 diciamo che

(1) F `e crescente in ogni suo argomento se, per a, c ∈ C e b, d ∈ D valgono le implicazioni

a≤ c =⇒ F (a, d) ≤ F (c, d) b≤ d =⇒ F (a, b) ≤ F (a, d)

(2) F `e geometricamente crescente se, per a, c ∈ C e b, d ∈ D vale l’implicazione

a≤ c e b ≤ d =⇒ F (a, b) + F (c, d) − F (a, d) − F (c, b) ≥ 0 (3) F `e 1-Lipschitz se, per a, c∈ C e b, d ∈ D si ha

|F (c, d) − F (a, b)| ≤ |c − a| + |d − b|.

Osservazione 3.3. SianoC, D⊂ R ed F : C × D −→ R.

Allora sono equivalenti:

(1) F `e geometricamente crescente.

(2) Pera, c∈ C con a ≤ c l’applicazione

y F (c, y)− F (a, y) : D −→ R

`e crescente.

(3) Perb, d∈ D con b ≤ d l’applicazione

x F (x, d)− F (x, b) : C −→ R

´e crescente.

Dimostrazione. L’equivalenza delle tre condizioni `e praticamente contenuta nelle definizioni. Infatti l’applicazione

y

F (c, y)− F (a, y) : D −→ R `e crescente per a, c ∈ C con a ≤ c se e solo se per ognia, c∈ C e b, d ∈ D con a ≤ c e b ≤ d si ha

(F (c, d)− F (a, d)) − (F (c, b) − F (a, b)) ≥ 0 cio`e

F (c, d)− F (a, d) − F (c, b) + F (a, b) ≥ 0.

Ma ci`o significa proprio cheF `e geometricamente crescente.

Lemma 3.4. Siano C, D ⊂ R ed F : C × D −→ R. Assumiamo che C possieda un elemento pi `u piccolo c0 e D un elemento pi `u piccolo d0 e che le funzioni

x F (x, d0) e

y F (c0, y) siano costanti. La funzione F sia geometricamente crescente. AlloraF `e crescente in ogni suo argomento.

Dimostrazione. Per simmetria `e sufficiente dimostrare cheF `e cre- scente nel primo argomento. Sianoa, c∈ C con a ≤ c e d ∈ D.

(17)

SiccomeF `e geometricamente crescente e d0 ≤ d, abbiamo

0≤ F (a, d0) + F (c, d)− F (a, d) − F (c, d0) = F (c, d)− F (a, d) perch´e per ipotesiF (a, d0) = F (c, d0).

Definizione 3.5. SianoC, D⊂ R ed F : C × D −→ R una funzione.

F si dice ben delimitata se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

(1) C e D possiedono minimi c0 ed0 e massimic1 ed1. (2) Le funzioni

x F (x, d0) e

y F (c0, y) sono costanti.

Proposizione 3.6. SianoC, D ⊂ R ed F : C × D −→ R una funzione geometricamente crescente e ben delimitata.

Sianoc1:= max C ed d1 := max D. Allora

|F (c, d) − F (a, b)| ≤ |F (c, d1)− F (a, d1)| + |F (c1, d)− F (c1, b)| per ognia, c∈ C e per ogni b, d ∈ D.

Dimostrazione. Per simmetria `e sufficiente dimostrare il casoa≤ c eb≤ d. La disuguaglianza triangolare implica

|F (c, d) − F (a, b)| ≤ |F (c, d) − F (a, d)| + |F (a, d) − F (a, b)|.

Per il lemma 3.4 abbiamo

F (c, d)− F (a, d) ≥ 0 e F (a, d) − F (a, b) ≥ 0 e quindi

|F (c, d) − F (a, d)| = F (c, d) − F (a, d) e

|F (a, d) − F (a, b)| = F (a, d) − F (a, b).

Siccome F `e geometricamente crescente, dall’osservazione 3.3 si ha cos`ı

0≤ F (c, d) − F (a, d) ≤ F (c, d1)− F (a, d1) e 0≤ F (a, d) − F (a, b) ≤ F (c1, d)− F (c1, b) Da ci`o si ottiene l’enunciato.

Corollario 3.7. Nelle ipotesi della proposizione 3.6 si abbia inoltre

F (x, d1) = x per ogni x∈ C ed F (c1, y) = y per ogni y ∈ D.

AlloraF `e 1-Lipschitz.

Definizione 3.8. Un legame parziale (in inglese subcopula) `e una fun- zioneS : C× D −→ R che soddisfa le seguenti condizioni:

(1) C, D⊂ [0, 1].

(2) 0, 1∈ C ∩ D.

(3) S(a, 0) = S(0, b) = 0 per ogni a∈ C e per ogni b ∈ D.

(18)

(4) S(a, 1) = a ed S(1, b) = b per ogni a∈ C e per ogni b ∈ D.

(5) S `e geometricamente crescente.

Osservazione 3.9. SianoC, D⊂ R ed F : C × D −→ R una funzione.

Assumiamo che0, 1 ∈ C ∩ D e che F (a, 1) = a ed F (1, b) = b per ogni a∈ C e per ogni b ∈ D. Le funzioni

x

F (x, 0) e

y

F (0, y) siano costanti.

AlloraF (a, 0) = F (0, b) = 0 per ogni a∈ C e per ogni b ∈ D.

Dimostrazione. InfattiF (a, 0) = F (1, 0) = 0 e similmente F (0, b) = 0.

Osservazione 3.10.S0sia un legame parziale. AlloraS0 `e 1-Lipschitz.

Dimostrazione. Per definizione S0 soddisfa le ipotesi della proposi- zione 3.6 e del corollario 3.7.

Osservazione 3.11.S : C× D −→ R sia un legame parziale. Allora:

(1) S `e ben delimitata.

(2) 0≤ S(a, b) ≤ min(a, b) ≤ 1 per ogni a ∈ C e per ogni b ∈ D. S pu`o essere quindi considerata come funzioneS : C × D −→ [0, 1].

(3) S `e un legame se e solo se C = D = [0, 1].

Dimostrazione. (1) Chiaro.

(2) Dal lemma 3.4 segue che S `e crescente in ogni suo argomento;

perci`o0 = S(a, 0)≤ S(a, b) ≤ S(1, b) = b ≤ 1.

Similmente0≤ S(a, b) ≤ a ≤ 1.

(3) Chiaro.

Osservazione 3.12.S : C× D −→ [0, 1] sia un legame parziale. Allora max(a + b− 1, 0) ≤ S(a, b) ≤ min(a, b)

per ognia∈ C e per ogni b ∈ D.

Dimostrazione. Abbiamo dimostrato la seconda disuguaglianza gi `a nell’osservazione 3.11. La dimostrazione della prima `e analoga a quel- la della proposizione 2.17; potremmo anche utilizzare direttamente l’ipotesi cheS sia un legame parziale:

S(1, 1) + S(a, b)− S(a, 1) − S(1, b) ≥ 0 e quindi S(a, b) ≥ a + b − 1.

InoltreS(a, b)≥ 0 per l’osservazione 3.11.

Lemma 3.13.(X, d) sia uno spazio metrico ed f : X −→ R un’applicazione tale che|f(x1)− f(x2)| ≤ d(x1, x2) per ogni x1, x2 ∈ X. Siano x ∈ X ed y, y ∈ R. Assumiamo che esistano successioni

n

an e

n

an tali che

n→∞lim |an− an| = 0 e

n

f (an)−→ y,

n

f (an)−→ y. Alloray = y.

Dimostrazione. Per ognin abbiamo

|y − y| ≤ |y − f(an)| + |f(an)− f(an)| + |f(an)− y| ≤

(19)

≤ |y − f(an)| + |an− an| + |f(an)− y|.

Ci`o implica l’enunciato.

Lemma 3.14.S0: C× D −→ [0, 1] sia un legame parziale.

Allora esiste un unico legame parzialeS : C× D −→ [0, 1] che su C × D coincide conS0.

Dimostrazione. (1) Sia(x, y)∈ C × D. Allora esistono n

an −→ x e

n

bn−→ y con (an, bn)∈ C × D per ogni n.

Per l’osservazione 3.10S0 `e 1-Lipschitz e quindi

|S0(an, bn)− S0(am, bm)| ≤ |am− an| + |bm− bn| per ognin, m e vediamo che la successione

n S0(an, bn) `e una successio- ne di Cauchy. Per il lemma 3.13 o per un noto risultato della topologia generale (Schubert, pag. 55) possiamo porreS(x, y) := lim

n→∞S0(an, bn), ottenendo cos`ı un’applicazioneS : C×D −→ [0, 1] che su C ×D coincide conS0. `E chiaro cheS `e univocamente determinata.

(2) Le condizioni della definizione 3.8 sono di natura algebrica e se- guono quindi direttamente dalle stesse condizioni perS0. Dimostriamo ad esempio cheS `e geometricamente crescente:

Siano x, x ∈ C ed y, y ∈ D con x ≤ x ed y ≤ y. Allora possiamo trovare successioni

n

an−→ x,

n

an−→ x,

n

bn−→ y,

n bn−→ y conan≤ anebn≤ bnper ognin. Siccome S0 `e geometrica- mente crescente, abbiamo

S0(an, bn) + S0(an, bn)− S0(an, bn)− S0(an, bn)≥ 0 per ognin e ci`o implica chiaramente che anche S(x, y) + S(x, y)− S(x, y)− S(x, y)≥ 0.

Teorema 3.15.S : C×D −→ [0, 1] sia un legame parziale. Allora esiste un legame⊗ che su C × D coincide con S.

Dimostrazione. Per il lemma 3.14 possiamo assumere cheC e D sia- no chiusi. Dimostriamo ora che possiamo estendereS ad una funzione

⊗ definita in [0, 1]2 nel modo seguente: sia(a, b)∈ [0, 1]2 un punto arbi- trario e sianoa1 ea2rispettivamente il pi ´u piccolo e il pi ´u grande ele- mento diC soddisfacente la disuguaglianza a1 ≤ a ≤ a2; similmente, sianob1 eb2 rispettivamente il pi ´u piccolo e il pi ´u grande elemento di D soddisfacente la disuguaglianza b1 ≤ b ≤ b2. Notiamo che sea∈ C, alloraa1 = a = a2, e seb∈ D allora b1 = b = b2.

Definiamo oraλ11 tramite le relazioni λ1:=

(a−a1

a2−a1 sea1< a2 1 sea1= a2 µ1 :=

(b−b1

b2−b1 seb1< b2 1 seb1= b2

(20)

Infine poniamo

a⊗ b :=(1 − λ1)(1− µ1)S(a1, b1) + (1− λ11S(a1, b2) + λ1(1− µ1)S(a2, b1) + λ1µ1S(a2, b2) (∗)

L’interpolazione definita in (*) `e lineare in ogni argomento perch´eλ1 e µ1sono lineari rispettivamente ina e b. `E evidente che in questo modo

⊗ `e definita su [0, 1]2 e che a⊗ b = S(a, b) per ogni (a, b) ∈ C × D e che ⊗ soddisfa la prima condizione della definizione 2.5. Rimane da dimostrare che⊗ `e geometricamente crescente.

Sia (c, d) un altro punto in [0, 1]2 tale che c ≥ a e d ≥ b e siano c1, d1, c2, d2, λ2, µ2 definiti per c e d come a1, b1, a2, b2, λ1, µ1 per a e b.

Per calcolarea⊗ b + c ⊗ d − a ⊗ d − c ⊗ b (**) bisogner`a considerare pi `u casi a seconda che in C ci sia oppure no un punto strettamente compreso traa e c e che in D ci sia oppure no un punto strettamente compreso trab e d.

(1) Nel pi `u semplice dei casi non esiste alcun punto x ∈ C tale che a < x < c e allo stesso tempo non esiste alcun punto y ∈ D tale che b < y < d. Quindi c1 = a1, c2 = a2, d1 = b1 e d2 = b2. Come nella definizione 2.4 al posto di (**) scriviamoVol([a, c]×[b, d], ⊗) e otteniamo cos`ı

Vol([a, c]× [b, d], ⊗) = (λ2− λ1)(µ2− µ1) Vol([a1, a2]× [b1, b2],⊗) ≥ 0 dal momento cheλ2 ≥ λ12 ≥ µ1.

(2) Il caso pi `u complicato si ha pera < a2 ≤ c1 < c e b < b2 ≤ d1 < d;

allora si ottiene

Vol([a, c]× [b, d], ⊗) =(1 − λ12Vol([a1, a2]× [d1, d2],⊗) + µ2Vol([a2, c1]× [d1, d2],⊗) + λ2µ2Vol([c1, c2]× [d1, d2],⊗) + (1− λ1) Vol([a1, a2]× [b2, d1],⊗) + Vol([a2, c1]× [b2, d1],⊗)

+ λ2Vol([c1, c2]× [b2, d1],⊗)

+ (1− λ1)(1− µ1) Vol([a1, a2]× [b1, b2],⊗) + (1− µ1) Vol([a2, c1]× [b1, b2],⊗)

+ λ2(1− µ1) Vol([c1, c2]× [b1, b2],⊗) ≥ 0.

Osservazione 3.16. SiaS :{0, 1} × {0, 1} −→ [0, 1] definita da

S(0, 0) = S(0, 1) = S(1, 0) = 0, S(1, 1) = 1. Si vede facilmente che S `e un legame parziale. Siccome per`o ogni legame coincide su{0, 1} × {0, 1}

con S, vediamo che l’estensione ⊗ nel teorema 3.15 in genere non `e univocamente determinata.

Lemma 3.17. La funzioneF : R× R −→ R sia ben delimitata e geome- tricamente crescente. Siano x, x, y, y ∈ R tali che F (x, ∞) = F (x,∞) edF (∞, y) = F (∞, y).

AlloraF (x, y) = F (x, y).

Dimostrazione. Per la proposizione 3.6 si ha

|F (x, y)− F (x, y)| ≤ |F (x,∞) − F (x, ∞)| + |F (∞, y)− F (∞, y)| = 0.

(21)

Corollario 3.18. La funzione F : R× R −→ R sia ben delimitata e geometricamente crescente. Allora esiste, univocamente determinata, una funzioneS : F (R,∞) × F (R, R) −→ R tale che

F (u, v) = S(F (u,∞), F (∞, v)) (*) per ogniu, v ∈ R.

Dimostrazione. (1) Sianoa∈ F (R, ∞) e b ∈ F (∞, R), ad esempio a = F (u,∞), b = F (∞, v). Se allora poniamo S(a, b) := F (u, v), ottenia- mo una ben definita funzione che soddisfa l’uguaglianza (*).

(2) `E chiaro che questa `e l’unica scelta possibile.

Osservazione 3.19. La funzioneF : R× R −→ R soddisfi le seguenti condizioni:

(1) F `e crescente in ogni suo argomento.

(2) F (x,−∞) = F (−∞, y) = 0 per ogni x, y ∈ R.

(3) F (∞, ∞) = 1.

Allora0≤ F (x, y) ≤ 1 per ogni x, y ∈ R.

Dimostrazione.0 = F (−∞, y) ≤ F (x, y) ≤ F (x, ∞) ≤ F (∞, ∞) = 1.

Proposizione 3.20. La funzioneF : R× R −→ R soddisfi le seguenti condizioni:

(1) F `e geometricamente crescente.

(2) F (x,−∞) = F (−∞, y) = 0 per ogni x, y ∈ R.

(3) F (∞, ∞) = 1.

(4) F (R,∞) = F (∞, R) = [0, 1].

Allora esiste, univocamente determinato, un legame⊗ tale che F (u, v) = F (u,∞) ⊗ F (∞, v)

per ogniu, v ∈ R.

Dimostrazione. Per il corollario 3.18 esiste, univocamente determi- nata, una funzione⊗ : [0, 1] × [0, 1] −→ R tale che

F (u, v) = F (u,∞) ⊗ F (∞, v) per ogni u, v ∈ R. Per l’osservazione 3.19 (e il lemma 3.4)F (R, R) = [0, 1] e ci`o implica, per definizione di⊗, che a⊗ b ∈ [0, 1] per ogni a, b ∈ [0, 1].

Dimostriamo che ⊗ `e un legame. Sia a ∈ [0, 1]. Per l’ipotesi (4) dell’enunciato esisteu∈ R tale che a = F (u, ∞). Perci`o

a⊗ 1 = F (u, ∞) ⊗ F (∞, ∞) = F (u, ∞) = a.

Nello stesso modo si dimostra1⊗ a = a.

Similmente a⊗ 0 = F (u, ∞) ⊗ F (∞, −∞) = F (u, −∞) = 0 e nello stesso modo0⊗ a = 0.

Dimostriamo ora che⊗ `e geometricamente crescente.

Sianoa, a, b, b ∈ [0, 1] con a ≤ a eb≤ b. Di nuovo esistono

(22)

u, u, v, v ∈ R tali che a = F (u, ∞), a = F (u,∞), b = F (∞, v) e b = F (∞, v). Assumiamo prima che u≤ u ev≤ v.

In tal caso, siccomeF `e geometricamente crescente, abbiamo F (u, v) + F (u, v)− F (u, v)− F (u, v)≥ 0.

Per`oF (u, v) = F (u,∞) ⊗ F (∞, v) = a ⊗ b, per cui

a⊗b+a⊗b−a⊗b+a⊗b ≥ 0. Potrebbe per`o essere che u ≤ u. Siccome F

`e crescente in ogni suo argomento, abbiamo allora F (u,∞) ≤ F (u, ∞), cio`ea ≤ a. Per ipotesi per`o a ≤ a, cosicch`ea = a. In tal caso

a⊗ b + a⊗ b− a ⊗ b+ a⊗ b = a ⊗ b + a ⊗ b− a ⊗ b+ a⊗ b = 0.

Nello stesso modo si tratta il casov ≤ v.

Nota 3.21. La funzioneF : R× R −→ R soddisfi le seguenti condizioni:

(1) F `e geometricamente crescente.

(2) F (x,−∞) = F (−∞, y) = 0 per ogni x, y ∈ R.

(3) F (∞, ∞) = 1.

(4) Le applicazioni

x F (x,∞) e

y F (∞, y) siano continue.

Allora F (R,∞) = F (∞, R) = [0, 1]; perci`o, per la proposizione 3.20, esiste, univocamente determinata, un legame⊗ tale che

F (u, v) = F (u,∞) ⊗ F (∞, v) per ogniu, v ∈ R.

Dimostrazione. Dobbiamo solo dimostrare che

F (R,∞) = F (∞, R) = [0, 1]. Ma 0 = F (−∞, ∞) e F (∞, ∞) = 1.

La continuit `a diF implica per`o che F (R,∞) `e convesso e da ci`o segue F (R,∞) = [0, 1]. Necessariamente si vede che F (∞, R) = [0, 1].

Proposizione 3.22. La funzioneF : R× R −→ R soddisfi le seguenti condizioni:

(1) F `e geometricamente crescente.

(2) F (x,−∞) = F (−∞, y) = 0 per ogni x, y ∈ R.

(3) F (∞, ∞) = 1.

Allora esiste, univocamente determinato, un legame parziale S : F (R,∞) × F (∞, R) −→ [0, 1] tale che

F (u, v) = S(F (u,∞), F (∞, v)) per ogniu, v ∈ R.

Dimostrazione. Notiamo in primo luogo che per l’osservazione 3.19 (e il lemma 3.4) gli insiemi C := F (R,∞), D := F (∞, R) ed F (R, R) sono tutti sottoinsiemi di [0, 1]. Inoltre 0, 1 ∈ C ∩ D per le condizioni (2) e (3) dell’enunciato. Per il corollario 3.18 esiste, univocamente de- terminata, una funzioneS : C× D −→ [0, 1] tale che

F (u, v) = S(F (u,∞), F (∞, v)) per ogni u, v ∈ R. Come nella dimostra- zione della proposizione 3.21 si verifica facilmente cheS `e un legame parziale.

(23)

Corollario 3.23. La funzione F : R× R −→ R soddisfa le seguenti condizioni:

(1) F `e geometricamente crescente.

(2) F (x,−∞) = F (−∞, y) = 0 per ogni x, y ∈ R.

(3) F (∞, ∞) = 1.

Allora esiste, in genere non univocamente determinato, un legametale che

F (u, v) = F (u,∞) ⊗ F (∞, v) per ogniu, v ∈ R.

Dimostrazione. Siano C := F (R,∞) e D := F (∞, R). Per la propo- sizione 3.22 possiamo trovare un legame parzialeS : C× D −→ [0, 1]

tale cheF (u, v) = F (u,∞) ⊗ F (∞, v) per ogni u, v ∈ R. Per il teorema 3.15 esiste un legame ⊗ che su C × D coincide con S. Quest’ultima condizione implica cheF (u,∞) ⊗ F (∞, v) = F (u, v) per ogni u, v ∈ R.

Teorema 3.24 (teorema di Sklar). (Ω,A, p) sia uno spazio di proba- bilit `a edX, Y : Ω−→ R dua variabili aleatorie (cio`e funzioni

A-borel(R)-misurabili). Allora esiste un legame ⊗ tale che p(X ≤ u, Y ≤ v) = p(X ≤ u) ⊗ p(Y ≤ v)

per ogniu, v ∈ R.

Dimostrazione. DefiniamoF : R× R −→ R tramite

F (u, v) := p(X ≤ u, Y ≤ v). Per il teorema 1.9, la restrizione di F ad R× R `e una funzione di distribuzione. Le condizioni della definizione 1.8 implicano in modo evidente che F soddisfa le ipotesi del corolla- rio 3.23. Infine, siccome p(X ≤ u) = p(X ≤ u, Y ≤ ∞) = F (u, ∞) e similmentep(Y ≤ v) = F (∞, v), otteniamo l’enunciato.

Si noti che, utilizzando il corollario 3.23, non abbiamo avuto bisogno della condizione (2) nella definizione 1.8 (la continuit `a a destra diF ).

Definizione 3.25. Nella situazione della proposizione 3.22 diciamo che⊗ `e un legame per X, Y . Quando le funzioni

u p(X ≤ u) e v

p(Y ≤ v) sono continue, per la nota 3.21 questo legame `e univoca- mente determinato daX ed Y .

(24)

4. t-norme

Definizione 4.1. Una norma triangolare (in breve t-norma) `e un’operazione binaria⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] che gode delle seguenti propriet`a :

(A) ([0, 1],⊗) `e un semigruppo commutativo in cui 1 funge da ele- mento neutro.

(B) La composizione ⊗ `e monotona, rende cio`e ([0, 1], ⊗) un semi- gruppo ordinato:a≤ b implica a⊗c ≤ b⊗c per ogni a, b, c ∈ [0, 1].

In altre parole, una t-norma `e un’applicazione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] tale che per ognix, y, z ∈ [0, 1] valgono le seguenti condizioni:

(1) x⊗ y = y ⊗ x.

(2) x⊗ (y ⊗ z) = (x ⊗ y) ⊗ z.

(3) y≤ z implica x ⊗ y ≤ x ⊗ z.

(4) x⊗ 1 = x.

t-norme possono essere interpretate come leggi di intersezione per in- siemi sfumati.

Proposizione 4.2. Per una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sono equiva- lenti:

(1) ⊗ `e una t-norma.

(2) ⊗ `e un semilegame associativo e commutativo.

Dimostrazione. Ci`o segue dall’osservazione 2.8.

Definizione 4.3. Le seguenti t-norme fondamentali sono molto im- portanti: il minimomin, il prodotto TP =

(x,y)

xy, la t-norma di Lukasi- ewiczTL=

(x,y)

max(x + y− 1, 0) e il prodotto drastico 2.

Le prime tre sono state introdotte nell’osservazione 2.16, il prodotto drastico `e cos`ı definito:

x2y =





0 perx, y < 1 x pery = 1 y perx = 1

Lemma 4.4. Sianoa, b, c∈ R. Allora a + max(b, c) = max(a + b, a + c).

Osservazione 4.5.min, TP, TL, 2 sono t-norme.

Dimostrazione. Per min e TP chiaro. Dimostriamo l’enunciato per TL e 2. `E evidente che TL e 2 soddisfano le condizioni (1) e (4) della definizione 4.1. Sianox, y, z ∈ [0, 1]. Dimostriamo l’associativit`a prima perTLe poi per 2.

TL(x, TL(y, z)) = TL(x, max(y + z− 1, 0))

= max(x + max(y + z− 1, 0) − 1, 0)

(25)

Per il lemma 4.4 si ha

max(x + max(y + z− 1, 0) − 1, 0) = max(max(y + z − 1 + x − 1, x − 1), 0)

= max(y + z + x− 2, 0) Ora

TL(TL(x, y), z) = TL(max(x + y− 1, 0), z)

= max(max(x + y− 1, 0) + z − 1, 0) Sempre per il lemma 4.4 abbiamo

max(max(x + y− 1, 0) + z − 1, 0) = max(max(x + y − 1 + z − 1, z − 1), 0)

= max(x + y + z− 2, 0) TLquindi `e associativa.

Consideriamo ora 2. Dobbiamo distinguere 4 casi.

(1) Sianox, y, z < 1. Allora x2(y2z) = x20 = 0 (x2y)2z = 02z = 0 (2) Siax = 1. Allora

x2(y2z) = 12(y2z) = y2z (x2y)2z = (12y)2z = y2z (3) Siay = 1. Allora

x2(y2z) = x2(12z) = x2z (x2y)2z = (x21)2z = x2z (4) Siaz = 1. Allora

x2(y2z) = x2(y21) = x2y (x2y)2z = (x2y)21 = x2y Anche 2 `e quindi associativa.

Infine dimostriamo il punto (3) della definizione 4.1.

Siay ≤ z. Per TLabbiamo:

TL(x, y) = max(x + y− 1, 0) ≤ max(x + z − 1, 0) = TL(x, z).

Consideriamo ora 2. Distinguiamo 4 casi.

(1) Sianox, y, z < 1. Allora x2y = x2z = 0.

(2) Siax = 1. Allora x2y = y e x2z = z.

(3) Siay = 1. In questo caso anche z = 1 e si ha x2y = x2z = x.

(4) Siaz = 1. Allora x2y ≤ x = x2z.

Pertanto 2 `e monotona.

Definizione 4.6.1e⊗2siano due t-norme. Scriviamo allora⊗1 ≤ ⊗2

se

1(x, y)≤ ⊗2(x, y)

per ogni(x, y)∈ [0, 1] × [0, 1] e ⊗1<⊗2 se⊗1 ≤ ⊗2, ma⊗1 6= ⊗2.

(26)

Proposizione 4.7. Il prodotto drastico 2 e il minimo min sono rispet- tivamente la pi `u piccola e la pi `u grande t-norma.

Per ogni t-norma⊗ abbiamo quindi 2 ≤ ⊗ ≤ min.

Dimostrazione. SiaT una t-norma. Dimostriamo in primo luogo che 2≤ T . Dobbiamo distinguere tre casi:

(1) Perx, y < 1 si ha x2y = 0≤ x ⊗ y.

(2) Pery = 1 abbiamo x2y = x21 = x = x⊗ 1 per la propriet`a (4) della definizione 4.1. Quindix2y≤ x ⊗ y.

(3) Perx = 1 si ha x2y = 12y = y = 1⊗ y e quindi x2y≤ x ⊗ y.

Dimostriamo adesso che⊗ ≤ min. Dobbiamo distinguere due casi:

(1) Per x ≤ y si ha min(x, y) = x = x ⊗ 1 ≥ x ⊗ y, sfruttando le propriet `a di monotonia della definizione 4.1.

(2) Perx≥ y invece min(x, y) = y = y ⊗ 1 ≥ y ⊗ x = x ⊗ y.

Osservazione 4.8. Tra le quattro t-norme fondamentali sussistono le seguenti disuguaglianze strette: 2 < TL< TP < min.

Dimostrazione. Abbiamo 2 ≤ TL e TP ≤ min per la proposizione precedente.

(1) Dimostriamo prima cheTL≤ TP, cio`e chemax(x + y− 1, 0) ≤ xy per ognix, y∈ [0, 1]. Distinguiamo due casi:

(1) Siax + y− 1 ≤ 0. Allora TL(x, y) = 0≤ xy = TP(x, y).

(2) Siax + y− 1 > 0. Allora TL(x, y) = x + y− 1 ≤ x + y − 1 + (1− x) · (1 − y) = xy

(2) Dimostriamo ora che 26= TL,TL6= TP eTP 6= min. `E sufficiente osservare che:

0.620.6 = 0 TL(0.6, 0.6) = 0.2 TP(0.6, 0.6) = 0.36 min(0.6, 0.6) = 0.6

Definizione 4.9.⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sia un’applicazione. Un elemento e∈ [0, 1] si dice ⊗-idempotente se e ⊗ e = e, e si dice un ⊗-idempotente internose inoltre0 < e < 1.

Proposizione 4.10. Il minimomin `e l’unica t-norma per cui ogni ele- mentox∈ [0, 1] `e idempotente.

Dimostrazione. ⊗ sia una t-norma per cui ogni elemento x ∈ [0, 1]

`e ⊗-idempotente. Siano x, y ∈ [0, 1] con, ad esempio, x ≤ y. Allora x = x⊗ x ≤ x ⊗ y ≤ min(x, y) = x, da cui segue che x ⊗ y = min(x, y).

Definizione 4.11. Una funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] che soddisfa, per ogni x, y, z ∈ [0, 1], le propriet`a (1)-(3) della definizione 4.1 e la disu- guaglianzax⊗ y ≤ min(x, y) `e chiamata t-sottonorma.

(27)

Osservazione 4.12. Chiaramente (come si vede dalla proposizione 4.10) ogni t-norma `e anche una t-sottonorma, ma non vale il viceversa;

per esempio la funzione zero `e una t-sottonorma, ma non una t-norma.

Osservazione 4.13. Ogni t-sottonorma pu`o essere trasformata in una t-norma ridefinendo (se necessario) i suoi valori sul lato superiore e sul lato destro del quadrato unitario.

Osservazione 4.14.⊗ sia una t-sottonorma. Allora x ⊗ y = 1 implica x = y = 1.

Dimostrazione. Infatti1 = x⊗ y ≤ min(x, y) implica x = y = 1.

Proposizione 4.15. Se⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] `e una t-sottonorma, allora la funzione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] definita da

x⊗y =

(x⊗ y sex, y6= 1 min(x, y) altrimenti

`e una t-norma.

Dimostrazione. Per dimostrare che⊗ `e una t-norma dobbiamo dimo- strare che⊗ soddisfa le propriet`a (1)-(4) della definizione 4.1. Innan- zitutto⊗ soddisfa (1), cio`e la simmetria, in maniera evidente. Per di- mostrare la propriet `a (2) dobbiamo distinguere quattro casi:

(1) Siano x 6= 1, y 6= 1, z 6= 1. Per l’osservazione precedente in questo casox⊗ y < 1, quindi

x⊗(y⊗z) = x⊗(y ⊗ z) = x ⊗ (y ⊗ z) = (x ⊗ y) ⊗ z

= (x⊗y) ⊗ z = (x⊗y)⊗z.

(2) Siax = 1. Allora 1⊗(y⊗z) = y⊗z = (1⊗y)⊗z.

(3) Siay = 1. Allora x⊗(1⊗z) = x⊗z = (x⊗1)⊗z.

(4) Siaz = 1. Allora x⊗(y⊗1) = x⊗y = (x⊗y)⊗1.

L’associativit `a `e cos`ı dimostrata. Per dimostrare la propriet `a (3) as- sumiamoy≤ z. Dobbiamo distinguere 3 casi:

(1) Siax = 1. Allora x⊗y = 1⊗y = y ≤ z = 1⊗z = x⊗z.

(2) Sianox < 1 e y < 1. Allora x⊗ y ≤ x⊗y ≤ x⊗z = x ⊗ z.

(3) Sianox < 1 e y = 1. Allora anche z = 1 e quindi x⊗y = x⊗1 = min(x, 1) = min(x, z) = x = x⊗z.

Anche la monotonia `e dunque dimostrata.

La propriet `a (4) `e di verifica immediata in quantox⊗1 = x per defi- nizione.

Nota 4.16. La funzione ⊗ nella proposizione 4.15 pu`o anche essere riscritta nel modo seguente:

x⊗y =





x⊗ y sex, y6= 1

x sey = 1

y sex = 1

(28)

Come abbiamo gi `a osservato, la definizione implica che x⊗ y ≤ x⊗y per ognix, y.

Definizione 4.17. Un’applicazione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] si dice continua in ogni suo argomento, se per ognia∈ [0, 1] le applicazioni

x

x⊗ a : [0, 1] −→ [0, 1] e

x

a⊗ x : [0, 1] −→ [0, 1] sono continue.

Definizione 4.18. Per un’applicazione⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] definiamo la diagonaleδ: [0, 1]−→ [0, 1] tramite δx := x⊗ x. Per n ∈ N definiamo δncome la n-esima iterata diδ, conδ0:=identit `a. Si noti che i punti fissi diδsono esattamente gli idempotenti di⊗.

Definizione 4.19. Per un’applicazione associativa⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1]

definiamo le potenzepn: [0, 1]−→ [0, 1] tramite pn(x) := x| ⊗ ... ⊗ x{z }

n

pern∈ N + 1, mentre p0(x) := 1.

In particolarep1=identit `a e p2= δ. Lemma 4.20.⊗ sia una t-norma. Allora:

(1) δ(0) = 0.

δ(1) = 1.

(2) δ `e un’applicazione monotona.

(3) δx≤ x per ogni x ∈ [0, 1].

(4) Per ognix∈ [0, 1] la successione

n δnx `e decrescente e per x6= 1 si ha0≤ lim

n→∞δnx < 1.

(5) Per ognin∈ N + 1 ed x ∈ [0, 1] si ha δnx = x| ⊗ ... ⊗ x{z }

2n

= p2n(x).

Dimostrazione. Chiaro.

Definizione 4.21. Un semilegame⊗ si dice archimedeo, se `e associa- tivo e se per ognia, b∈ (0, 1) esiste un m ∈ N tale che pm(a) < b.

Lemma 4.22. Per un semilegame associativo⊗ sono equivalenti:

(1) ⊗ `e archimedeo.

(2) Per ognia∈ [0, 1) vale lim

n→∞pn(a) = 0.

(3) Per ognia∈ [0, 1) vale lim

n→∞δna = 0.

(4) Per ognia, b∈ (0, 1) esiste un m ∈ N tale che δma < b.

Dimostrazione. Le potenze pn sono state definite nella definizione 4.19.

(1)=⇒(2) : ⊗ sia archimedea. Per a = 0 l’enunciato `e banale perch`e in tal casopn(a) = 0 per ogni n ≥ 1. Sia perci`o a ∈ (0, 1). pn(a) `e una funzione decrescente: infattipn+1(a) = pn(a)⊗ a ≤ pn(a)⊗ 1 = pn(a).

Esiste quindi lim

n→∞pn(a) = b. Supponiamo per assurdo che b > 0.

Allorapn(a) ≥ b per ogni n ∈ N in contraddizione con l’ipotesi che ⊗ sia archimedea.

(29)

(2)=⇒(3) : Chiaro.

(3)=⇒(4) : Chiaro.

(4)=⇒(1) : Chiaro perch`e δma = p2m(a).

Osservazione 4.23. SiaδLla diagonale associata alla t-norma di Lu- kasiewicz, ovveroδL(a) = max(2a− 1, 0) per ogni a ∈ [0, 1]. Allora per ognip∈ N + 1 ed ogni k ∈ N con k ≤ p vale

δL

p− k p



= max

p− 2k p , 0

 . Dimostrazione. Infatti δL

p− k p



= max

 2

p− k p



− 1, 0



= max

p− 2k p , 0

 . Proposizione 4.24. Il prodotto

x,yxy e la t-norma TL sono t-norme archimedee (evidentemente continue).

Dimostrazione. (1) `E chiaro che il prodotto soddisfa la condizione del lemma 4.22.

(2) Dimostriamo che TL `e archimedea. Sia a ∈ [0, 1). Allora esiste p conp ∈ N + 1 tale che a < p−1p . Per la monotonia basta quindi dimo- strare che lim

n→∞δLn

p−1p

 = 0. Per l’osservazione 4.23 otteniamo una successione p−1p −→ p−2p −→ p−4p −→ p−8p −→ . . . in cui possiamo fer- marci quando arriviamo ad un valore negativo. Perp = 20 abbiamo ad esempio 1920 −→ 1820 −→ 1620 −→ 1220 −→ 204 −→ 0.

Proposizione 4.25.

(1) Un semilegame archimedeo non possiede idempotenti interni.

(2) Se ⊗ `e una t-norma che non possiede idempotenti interni e tale che l’applicazione diagonale δ `e continua, allora ⊗ `e archime- dea.

Dimostrazione. (1) Sia⊗ un semilegame archimedeo ed e un

⊗-idempotente 6= 1. Per il punto (3) del lemma 4.22 allora lim

n→∞δne = e.

Maδne = e per ogni n∈ N + 1; ci`o implica e = 0.

(2)⊗ non possegga idempotenti interni; la diagonale δsia continua.

Siaa ∈ [0, 1). Come osservato nel lemma 4.20 il limite y := lim

n→∞δna esiste. Essendo per il punto (3) 0 ≤ lim

n→∞δna < 1, se δ `e continua

`e chiaro che y `e un punto fisso di δ, cio`e un idempotente. Siccome y < 1, per ipotesi y = 0, cosicch`e `e soddisfatta la condizione (3) del lemma 4.22.

Corollario 4.26. Una t-norma continua `e archimedea se e solo se non possiede idempotenti interni, cio`e se e solo sea⊗a < a per ogni a ∈ (0, 1).

Proposizione 4.27.⊗ sia una t-norma archimedea ed a ∈ [0, 1), b∈ (0, 1]. Allora a ⊗ b < b.

(30)

Dimostrazione. Supponiamo chea⊗ b = b. Definiamo le potenze pn

come nella definizione 4.19. Sfruttando l’associativit `a di⊗ si trova che pm(a)⊗ b = b per ogni m ∈ N. Per ipotesi ⊗ `e archimedea, quindi `e possibile trovare unn∈ N per cui pn(a) < b. Allora per`o anche

b = pn(a)⊗ b < b, una contraddizione.

Teorema 4.28. Una t-norma `e un legame se e solo se `e 1-Lipschitz.

Dimostrazione. (1) Sappiamo dalla proposizione 2.14 che un legame

`e un quasilegame e quindi 1-Lipschitz.

(2)⊗ sia una t-norma e 1-Lipschitz. Allora ⊗ `e un quasilegame che per`o `e anche associativo. Per la proposizione 2.19 concludiamo che⊗

`e un legame.

Proposizione 4.29.⊗ sia una t-norma ed e ∈ [0, 1]. Allora e `e idempo- tente se e solo se vale l’implicazionea∈ [e, 1] =⇒ a ⊗ e = e.

Dimostrazione. (1)e sia idempotente ed a∈ [e, 1].

Allorae = e⊗ e ≤ a ⊗ e ≤ e.

(2) Nell’ipotesi dell’enunciato si ha in particolaree⊗ e = e.

Proposizione 4.30.⊗ sia una t-norma continua ed e ∈ [0, 1].

Allora sono equivalenti:

(1) e `e idempotente.

(2) a⊗ e = min(a, e) per ogni a ∈ [0, 1].

Dimostrazione. (1)=⇒ (2): Sia a ∈ [0, 1]. Se a ≥ e, allora per la pro- posizione 4.29 si haa⊗ e = e. Sia invece a ≤ e. Dobbiamo dimostrare chea⊗ e = a. Per ipotesi ⊗ `e continua e quindi anche la funzione x x⊗ e : [0, e] −→ [0, 1] `e continua. Siccome 0 = 0 ⊗ e ≤ a ≤ 1 ⊗ e = e, dall’ipotesi che l’applicazione

x x⊗ e sia continua, segue che esiste u∈ [0, 1] tale che a = u ⊗ e.

Alloraa⊗ e = (u ⊗ e) ⊗ e = u ⊗ (e ⊗ e) = u ⊗ e = a = min(a, e).

(2)=⇒ (1): Chiaro.

Definizione 4.31.⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sia un’applicazione associativa e commutativa. Le potenzepnsiano definite come nella definizione 4.19.

Un elementoa∈ [0, 1] si dice

(1) ⊗-nilpotente, se esiste m ∈ N tale che pm(a) = 0;

(2) un⊗-zerodivisore, se esiste b ∈ (0, 1] tale che a ⊗ b = 0.

Osservazione 4.32. ⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sia un’applicazione associati- va, commutativa e crescente in ogni suo argomento. Se esiste un

⊗-zerodivisore a 6= 0, allora esiste anche un elemento x 6= 0 con x ≤ a tale chex⊗ x = 0.

Dimostrazione. Sia a ∈ (0, 1] un ⊗-zerodivisore. Per la definizione 4.31 esiste quindib∈ (0, 1] tale che a ⊗ b = 0. Allora si ha a ≤ b oppure

(31)

b≤ a. Nel primo caso a ⊗ a = 0 e possiamo prendere x = a; nel secondo casob⊗ b = 0 e possiamo prendere x = b.

Definizione 4.33. Una t-norma⊗ si dice cancellativa (o strettamente monotona) se per ognia6= 0 vale l’implicazione

a⊗ x = a ⊗ y =⇒ x = y

E chiaro che` ⊗ `e cancellativa se e solo se per ogni a 6= 0 vale l’implicazione x < y =⇒ a ⊗ x < a ⊗ y.

Una t-norma si dice stretta (in inglese strict), se `e cancellativa e continua.

Osservazione 4.34. Una t-norma cancellativa non possiede idempo- tenti interni.

Corollario 4.35. Una t-norma stretta `e archimedea.

Dimostrazione. Osservazione 4.34 e corollario 4.26.

Definizione 4.36. La t-norma⊗ si dice regolare se non possiede nil- potenti6= 0. Per l’osservazione 4.32 sono equivalenti:

(1) ⊗ `e regolare.

(2) pn(a)6= 0 per ogni a > 0 e per ogni n ∈ N.

(3) p2(a)6= 0 per ogni a > 0.

(4) ⊗ non possiede zerodivisori 6= 0.

Lemma 4.37.⊗ sia una t-norma archimedea e continua.

Allora sono equivalenti:

(1) ⊗ `e stretta.

(2) ⊗ `e cancellativa.

(3) ⊗ `e regolare.

Dimostrazione. (1)⇐⇒ (2): Per definizione (⊗ `e continua per ipotesi).

(2)=⇒ (3): Per quanto visto nella definizione 4.36 `e sufficiente dimo- strare che⊗ non possiede zerodivisori 6= 0. Siano a, b 6= 0 ed a ⊗ b = 0.

Ma anchea⊗ 0 = 0 e quindi per ipotesi b = 0, una contraddizione.

(3)=⇒ (2): Sia a 6= 0 ed a ⊗ x = a ⊗ y con x < y. Per la continuit`a di ⊗ (`e sufficiente la continuit `a in ogni argomento) esisteu∈ [0, 1] tale che x = y⊗ u. Abbiamo allora a ⊗ y ⊗ u = a ⊗ y. Necessariamente u < 1 e se fossea⊗ y > 0, per la proposizione 4.27 si avrebbe la contraddizione a⊗ y = a ⊗ y ⊗ u < a ⊗ y. Perci`o a ⊗ y = 0 e vediamo che esiste uno zerodivisore6= 0.

Proposizione 4.38. ⊗ : [0, 1]2 −→ [0, 1] sia un’applicazione crescente in ogni suo argomento. Allora sono equivalenti:

(1) ⊗ `e continua.

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