15 gennaio 2015
La crescita dell'occupazione passa per l'aumento dei laureati
Per far crescere l’occupazione si devono riempire le
università (TABELLE)
CRONACA - LENA PAVESE
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Una ricerca della Commissione europea
In un mondo i cui la produzione di bassa qualità e di massa si sposta sempre più lontana dall’Europa non ha senso continuare a sostenere l’occupazione di troppa forza lavoro non quali��cata. Anzi, se troppe risorse vanno in questo senso, si incentivano i giovani a non quali��carsi, si penalizzano quelli che hanno studiato di più e crolla la ricchezza del Paese, creando dunque un circolo vizioso in cui, in sostanza si brucia la classe dirigente che dovrebbe guidare il Paese verso la crescita. Dell’Italia in particolare.
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16GEN 2015Brussels, Be
Lo scrive la Commissione europea nel suo ponderoso rapporto su
“Lavoro e sviluppo sociale 2014”, presentato oggi a Bruxelles. Un capito è dedicato all’Italia, e si spiega che ovviamente, con una disoccupazione giovanile al 40 per cento, qualcosa, e anche in fretta va fatto per tamponare il fenomeno, ma se nel contempo non si progetta anche il futuro, gli interventi provvisori per “dare lavoro”
in un futuro piuttosto vicino impoveriranno il Paese e
peggioreranno la situazione. Aiutale i lavoratori “poco quali��cati” in misura eccessiva è dunque non strategico s sostiene a Bruxelles.
“Le politiche orientate al lavoro hanno un forte potenziale di creare occupazione – scrive la Commissione europea – ma queste
politiche hanno un costo quando soddisfano una forte richiesta di occupazione a bassa quali��cazione a spese dei gruppi più istruiti, cosa che potrebbe portare a minori investimenti e a una minore crescita nel lungo periodo”. In sostanza, se non si fa lavorare chi progetta una produzione, cosa produce poi il lavoratore poco quali��cato?
“Quando i sostegni all’occupazione sono generali e non riferiti a speci��che categorie – continua lo studio – l’impatto è forte”, ma, è qui sta il problema “è relativamente più forte l’ dove i salari sono più bassi, come nel caso dei giovani”. Però concentrare gli aiuti sul costo del lavoro sui giovani, dicono a Bruxelles “cambierà la componente degli impiegati in favore dei meno quali��cati”, e questo, si ripete, “potrebbe portare verso il basso gli investimenti, e dunque il Pil”.
Il governo italiano, suggerisce la Commissione, nelle sue politiche per favorire la ripresa dell’occupazione dovrebbe dunque “dividere in due parti” quello 0,1 per cento del Pil dedicato ad abbassare il costo del lavoro, con “una metà destinata a sostenere l’altra istruzione, il tutto ��nanziato dall’Iva”. Si ricorda qui che in Italia i laureati tra i 30 e i 34 anni sono sempre troppo pochi,
scandalosamente meno della media Ue: solo il 22,4 per cento, contro il 38 per cento. Ancora ben al di sotto anche dell’obiettivo
��ssato al 2020 di avere un 26 per cento di laureati in quella fascia d’età.
Insomma, secondo Bruxelles: “l’occupazione complessiva si avvantaggia se si cambia il mix dell’istruzione se i giovani sono
paesi che o��rono posti di lavoro di elevata qualità e un’e��cace protezione sociale, oltre ad investire nel capitale umano, si sono dimostrati quelli maggiormente resilienti alla crisi economica”, sintetizza Bruxelles.
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