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RIVISTA MUSEO del CIVICO

SCIENZE NATURALI di

“ENRICO CAFFI”

BERGAMO 2014 volume

27

REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI BERGAMO AL n. 19 (16 settembre 1999) Comune di Bergamo

Assessorato alla Cultura

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Museo Civico di Scienze Naturali “E. Caffi”

Piazza Cittadella, 10/I - 24129 Bergamo Tel. 035.286011 - Fax 035.286019 www.museoscienzebergamo.it infomuseoscienze@comune.bg.it

Direttore Responsabile:

Marco Valle Redazione:

Paolo Pantini, Rossana Pisoni

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3

Aldo Oriani, Gabriele Medolago, Chiara Crotti

Lupo, orso e lince nel territorio bergamasco dal medioevo ad oggi

a cura di Aldo Oriani

Numero monografico

Rivista del Museo civico di Scienze Naturali “Enrico Caffi” di Bergamo

Volume 27

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5

INDICE

Premessa

di Marco Valle

Introduzione

di Aldo Oriani, Gabriele Medolago e Chiara Crotti

Sguardo generale

di Chiara Crotti

Obiettivi e metodo della presente ricerca

di Aldo Oriani e Gabriele Medolago

PARTE PRIMA: la storia Capitolo 1.

Orso e lupo nella cultura popolare

di Aldo Oriani, Gabriele Medolago e Chiara Crotti

Toponomastica Araldica e onomastica

Iconografia

Tradizioni religiose Leggende

Capitolo 2.

Leggi, norme statutarie e avvisi circa le bestie feroci

di Aldo Oriani e Gabriele Medolago

Repubblica Veneta Stato di Milano Periodo Napoleonico

Regno Lombardo -Veneto

Regno d’Italia e Repubblica Italiana

p. 9

11

11

14

21

21 26 27 27 30

41

43

49

49

54

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Capitolo 3.

Analisi della documentazione storica sul lupo

di Aldo Oriani

Abbattimenti

Stagionalità delle catture Distribuzione

Valli Imagna e San Martino

Val Brembana

Val Seriana

Val Cavallina

Sebino

Isola Bergamasca

Bergamo e dintorni

Pianura bergamasca

Attacchi del lupo all’uomo

Il lupo antropofago

Il lupo rabido

Altre informazioni rilevate

Ambiente

Tecniche venatorie

Cacciatori

Capitolo 4.

Analisi della documentazione storica sull’orso

di Aldo Oriani

Distribuzione

Stagionalità delle catture Interazioni con l’uomo Altre informazioni rilevate

Tecniche venatorie

Cacciatori

Orsi ammaestrati

Utilizzo delle spoglie

Capitolo 5.

Analisi della documentazione storica sulla lince alpina

di Aldo Oriani

p. 61

61 64 64

78

90

93

93 97 97 98

101

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7

Capitolo 6.

Ricomparsa del lupo e dell’orso sulle Orobie bergamasche

di Chiara Crotti

Distribuzione storica ed attuale: la scomparsa e il ritorno Conflittualità derivanti dalla scomparsa dei grandi predatori Modificazione dell’ambiente

Confronto tra presenza storica ed attuale Prospettive future

PARTE SECONDA: la documentazione Capitolo 7.

Prospetto generale delle notizie desunte da fonti documentarie

di Aldo Oriani, Gabriele Medolago e Chiara Crotti

Notizie sui lupi Notizie sugli orsi

Ringraziamenti Bibliografia

p. 105

105 106 106 107 109

119

120 187

195

195

(8)
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9

Premessa

di Marco Valle

Questo volume, edito dal Museo, costituisce indubbiamente un contributo estremamente originale sulla presenza, storica ed attuale, dei grandi carnivori nella provincia di Bergamo.

L’opera assume particolare valore dalla fusione delle diversificate competenze degli Autori:

Gabriele Medolago, storico ed archivista, Aldo Oriani naturalista da tempo impegnato nella ricerca storica riferita ai popolamenti animali nel nostro Paese e Chiara Crotti ricercatrice, con esperienza sul campo, in relazione al monitoraggio dei grandi carnivori. Un gruppo di lavoro certamente in grado di affrontare con cognizione le antiche vicende di queste specie, da tempo osteggiate dall’uomo, e di poter leggere le presenze di oggi, non sempre accolte con favore dalla popolazione locale, ma certamente segnale importante per la conoscenza dello stato di salute dell’ambiente naturale.

Essenziale per la realizzazione di questa ricerca è stata la possibilità di consultare presso la Biblioteca Civica “Angelo Mai”, in archivi parrocchiali e presso l’Archivio di Stato, una moltitudine di documenti relativi alla riscossione delle taglie riferite all’abbattimento di queste

“fiere”. Tali documenti, uniche tracce da essi lasciate sul nostro territorio, hanno consentito di ricavare importantissime informazioni sulla consistenza delle popolazioni di lupo e orso e le zone da essi frequentate in un arco temporale di oltre 500 anni, con riferimento a più di 1500 capi abbattuti. Una messe di dati veramente unica, anche a livello nazionale, per la quantità di riferimenti e l’ampiezza del periodo considerato.

Fattore che conferisce a questa ricerca una valenza di notevole attualità è la ricomparsa sulle Orobie, negli ultimi anni, di lupi e orsi, dopo quasi un secolo di assenza (l’ultimo giovane orso venne abbattuto a Foppolo nel 1914). Questi carnivori sono stati segnalati nel nostro territorio e, grazie alle moderne tecnologie, è stato possibile documentarne la presenza, tipizzarli geneticamente e seguirli negli spostamenti.

Oggi le incursioni dei grandi carnivori, nel territorio bergamasco, sono piuttosto sporadiche.

L’orso maggiormente segnalato (JJ5) è stato catturato nel giugno del 2012 in Trentino ed è morto in seguito a difficoltà respiratorie intervenute dopo l’anestesia. Un altro esemplare è stato rinvenuto morto nel comune di Gandellino nel settembre dello stesso anno; le analisi genetiche condotte da ISPRA hanno stabilito che si trattava del maschio DJ1G1, di 6 anni di età. I resti sono stati recuperati e lo scheletro, seppur incompleto, è conservato presso il Museo di Scienze Naturali di Bergamo.

Il ritorno di questi grandi carnivori non è stato da tutti bene accolto e i pareri in proposito

sono molto contrastanti. Auspichiamo che la presente ricerca possa avvicinare, anche un

pubblico non specialistico, alla conoscenza di questi animali, farne comprendere il ruolo

nell’ambiente e l’importanza della loro presenza in un territorio.

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11

Introduzione

di Aldo Oriani, Gabriele Medolago e Chiara Crotti

Il presente studio, attraverso l’attenta analisi dei documenti disponibili, si pone l’obiettivo di ricostruire dove, all’interno del nostro territorio provinciale, lupi, orsi e linci potessero vivere, quale entità avessero le loro popolazioni, che tipo di vicissitudini abbiano attraversato nei secoli e come siano giunte all’estinzione.

La realizzazione del lavoro è stata resa possibile grazie alla cospicua disponibilità di documenti storici, di dati pubblicati nel 2002 in uno studio eseguito in ambito più ampio e di conoscenze recentemente acquisite, da studi in corso, sulla ricomparsa di lupo, orso e lince in territorio bergamasco.

La ricerca, condotta nel corso di più anni, ha consentito lo studio di importanti serie documentarie che hanno fornito abbondanti dati inediti e seriali, permettendo di disporre di un quadro sufficientemente significativo sulla presenza delle specie in studio. Per la prima volta si sono riuniti dati specifici sull’argomento, ponendo le basi per l’ampliamento delle conoscenze relative alle tre specie in studio.

Gli autori hanno condotto questa indagine avvalendosi delle rispettive competenze, storico- documentaria, storico-naturalistica e naturalistica, nella consapevolezza che la collaborazione tra storici e naturalisti conduca a risultati unici e di indubbio valore. L’analisi dei documenti d’archivio attraverso una competenza naturalistica ha permesso di interpretare con maggiore correttezza la realtà biologica del passato e di meglio comprendere il presente. Tale indagine pone l’ “animale storico” quale ponte logico tra l’animale leggendario delle favole e quello biologico-etologico dei nostri giorni.

Grazie al consistente materiale documentario rinvenuto all’Archivio Storico Civico di Bergamo è stato possibile concretizzare questo lavoro dedicato a quelle che un tempo erano definite “bestie feroci” e speriamo che la lettura di queste pagine aiuti a comprendere meglio che tra il lupo delle favole e quello dei documentari in realtà c’era un lupo storico.

Sguardo generale

di Chiara Crotti

I grandi predatori sono scomparsi da gran parte dell’Europa nel corso dei secoli XVIII e XIX a causa della persecuzione diretta da parte dell’uomo e dei cambiamenti ambientali. In particolare deforestazione e riduzione o estinzione delle popolazioni di ungulati selvatici, a causa della caccia non regolamentata

1

, hanno giocato un ruolo fondamentale nella scomparsa di questi animali.

Nel diciottesimo secolo, l’uomo ha portato all’estinzione il lupo (Canis lupus Linnaeus, 1758) in Gran Bretagna, Irlanda e in diverse regioni dell’Europa centrale e settentrionale; popolazioni isolate di lupo riuscirono a sopravvivere nell’Europa meridionale (Italia, Spagna e Balcani) grazie alla presenza di ambienti aspri, selvaggi, poco sfruttabili da parte dell’uomo e grazie a risorse trofiche di origine antropica, quali il bestiame e le discariche di rifiuti non gestite

2

.

1 Breitenmoser, 1998.

2 Macdonald, 1983.

(12)

Negli anni Sessanta, la distribuzione del lupo era limitata a piccole popolazioni in Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, Yugoslavia, Scandinavia ed Europa orientale; oggi, partendo da questi nuclei, il lupo sta ricolonizzando Francia, Germania, Svizzera, Austria e Repubblica Ceca

3

. In Italia, dalla fine degli anni ’80, il lupo ha iniziato un processo di ricolonizzazione che inizialmente ha riguardato l’Appennino settentrionale e successivamente l’arco alpino a partire dalle Alpi Marittime. Il ritorno del lupo sulle Alpi può essere considerato un fatto positivo per la popolazione italiana della specie, perché potrebbe portare ad una congiunzione con la popolazione dei Balcani e, di conseguenza, all’interruzione del lungo isolamento cui la popolazione è stata sottoposta e che ha provocato una perdita di variabilità genetica, con conseguenze non ancora valutabili

4

.

Le popolazioni di orso (Ursus arctos Linnaeus, 1758), originariamente diffuse in tutta Europa (eccetto le isole maggiori: Irlanda, Islanda, Corsica e Sardegna) fino agli inizi del XIX secolo, sono state drasticamente ridotte principalmente a causa della distruzione dell’habitat per deforestazione e della persecuzione diretta da parte dell’uomo: sopravvivevano soltanto piccoli nuclei in Europa settentrionale, sui Pirenei, sui Monti Cantabrici e sull’Appenino centrale, popolazioni più numerose, ma comunque isolate, vivevano in Slovacchia, Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Albania, Grecia, Bulgaria e Romania. La maggior parte degli orsi bruni europei vive in Russia, sebbene anche qui, prima della rivoluzione russa del 1917, fossero quasi estinti a causa della caccia intensiva

5

.

Attualmente il numero complessivo di orsi in Europa è di circa 50.000 individui su un territorio di oltre 2,5 milioni di km

2

. Nel territorio compreso tra gli Urali e le coste occidentali della Finlandia si ha la più grande e continua popolazione stimata in circa 37.500 esemplari.

La popolazione dei Carpazi, con circa 8.100 individui, è la seconda in Europa per dimensioni.

Molto consistente è anche la popolazione, di circa 2.800 capi, che vive tra le Alpi Orientali e le montagne greche del Pindos.

Nell’arco alpino italiano, l’estinzione quasi totale dell’orso nei vari settori si è verificata nel corso degli ultimi 150-200 anni. Le cause della scomparsa sono da ricercare in vari fattori concomitanti: la frammentazione dell’areale, la continua riduzione numerica, la distruzione degli habitat, la persecuzione diretta ed infine fattori genetici determinati dall’isolamento dei diversi nuclei. A partire dal XVIII secolo, le progressive opere di diboscamento e di trasformazione agricola del territorio dell’arco Alpino e dell’Italia settentrionale, hanno causato il confinamento dell’orso nelle zone montane, fino a portare alla totale estinzione nelle Alpi occidentali nel primo ventennio del XX secolo e nel resto della catena montuosa dopo gli anni ’50 del secolo scorso, ad eccezione del Trentino dove sono rimasti pochi individui fino ai giorni nostri.

Attualmente l’orso in Italia è presente con tre differenti popolazioni distribuite in Appennino centrale, nelle zone comprese tra Monti Sibillini, alto Molise, Simbruini laziali e Majella, da sempre minacciata d’estinzione; nelle Alpi orientali: Carnia, Dolomiti Bellunesi e Val Pusteria, ricolonizzate naturalmente dalla popolazione slovena, a partire dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso, e in Trentino, dove nel 1999, con una popolazione ridotta a soli 3 individui, che ormai non si riproducevano più, è stato avviato un ripopolamento con 9 orsi della Slovenia

6

.

3 Duprè et al., 2000.

4 Lucchini et al., 2004.

5 Breitenmoser, 1998.

6 Duprè et al., 2000.

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13

La lince eurasiatica (Lynx lynx Linnaeus, 1758) è una delle specie di felini a più ampia distribuzione al mondo con un areale continuo dalla costa pacifica dell’Asia fino alla Scandinavia.

Nel corso dei secoli passati il felide trovò condizioni ideali per sopravvivere nell’Europa continentale, ove era abbondantemente diffuso.

Nel XIX secolo la lince scomparve da tutte le regioni di pianura occidentali e meridionali d’Europa, riuscendo a sopravvivere soltanto in ambienti montani: Pirenei, Massiccio Centrale francese, Alpi, foreste boemo-bavaresi e dell’Europa settentrionale ed orientale. Il crollo demografico ebbe un picco negli anni ’50, portando all’estinzione di tutte le popolazioni dell’Europa occidentale, con il ritiro delle popolazioni dell’Europa orientale e meridionale a ridosso dei Carpazi e dei Balcani e con una riduzione e frammentazione notevole delle popolazioni settentrionali

7

. I motivi che hanno portato a questa situazione critica sono da attribuirsi prevalentemente all’uomo: lo sfruttamento delle foreste e l’espansione di aree coltivate provocarono una grave alterazione degli ecosistemi, con conseguente distruzione di siti di rifugio, frammentazione di areali e riduzione di risorse alimentari. Inoltre continuavano gli abbattimenti di questi animali ritenuti dannosi per il bestiame e competitori nella caccia.

Successivamente si è assistito ad una lenta ripresa grazie ad una sensibilizzazione nei confronti delle specie a rischio d’estinzione, a programmi di reintroduzione e all’incremento del numero di ungulati selvatici. In Svizzera, tra il 1971 ed il 1976, ed in Slovenia, nel 1973, si attuarono operazioni di introduzione di linci carpatiche che furono coronate da un successo, giunto anche oltre le aspettative. Si sottolinea l’uso del termine introduzione, e non reintroduzione, perchè le linci utilizzate appartengono ad una sottospecie (Lynx lynx carpathicus Kratochvil & Stollman, 1963) diversa da quella originariamente vivente sulle Alpi (Lynx lynx alpina Ragni et al., 1993) ormai completamente estinta

8

. Inizialmente queste operazioni non incontrarono il favore dell’opinione pubblica, a causa della elevata pressione predatoria sulle popolazioni di ungulati, ma in seguito l’atteggiamento si fece più tollerante. Dopo queste prime introduzioni si tentò di attuarne anche in altri Paesi, ma senza o con scarso successo: in Italia nel Parco Nazionale Gran Paradiso nel 1975, in Austria tra il 1976 ed il 1979, infine in Francia e in Baviera. Fino a tutti gli anni Ottanta del secolo scorso le neopopolazioni originatesi in Slovenia ed in Svizzera mostrarono una crescita molto consistente, successivamente l’espansione subì un rallentamento, per riprendere solo in tempi recenti. Nel caso svizzero, la popolazione si espanse anche sulle Alpi francesi e nel Jura, dove la lince alpina era scomparsa all’inizio del ventesimo secolo, ed anche qui, nel giro di un ventennio, si è osservato un incremento demografico generale, con conseguente espansione della specie verso il sud del Paese di circa 200 km, anche se in aree discontinue e con osservazioni frammentarie

9

.

Attualmente, la popolazione alpina di lince, originata dalle suddette introduzioni, consiste in 2 principali sottopopolazioni: una nelle Alpi occidentali di Svizzera e Francia ed una in Slovenia, dove la specie è protetta dal 1994. Da quest’ultima sottopopolazione provengono generalmente gli individui che si disperdono in Italia ed Austria.

Il primo segno di un evidente successo si ebbe, dall’area alpina orientale, nei primi anni ’80, come risultato delle introduzioni effettuate nel decennio precedente in Austria, Slovenia e Svizzera. Segnalazioni frammentarie si sono avute in Trentino-Alto Adige, Val d’Aosta,

7 K.O.R.A., 2005.

8 Ragni et al., 1993.

9 Stahl & Vandel, 1998.

(14)

Val d’Ossola, e nelle Alpi bellunesi e friulane dove se ne concentra la maggior parte

10

. Nelle Alpi Occidentali molti segni di presenza sono stati rilevati al confine con la Francia.

Il numero stimato di linci in Italia è approssimativamente inferiore a 20 individui e la popolazione, per sopravvivere, dipende ancora dall’immigrazione dai Paesi confinanti

11

. La prima segnalazione sulle Alpi lombarde è dell’inverno del 2008 e riguarda un maschio, proveniente dalla Svizzera e dotato di radio-collare, che attraversò la parte nord-orientale dell’alta Valtellina per poi stabilirsi in Trentino

12

.

Attualmente, la lince è distribuita uniformemente nei Paesi Scandinavi e in Russia, mentre in Europa centroccidentale e meridionale sopravvivono popolazioni isolate e frammentate

13

.

Obiettivi e metodo della presente ricerca

di Gabriele Medolago e Aldo Oriani

É opportuno premettere che le fonti su cui si basa il presente studio sono costituite da documenti tratti da archivi storici civili ed ecclesiastici, che non hanno, per loro natura, consentito di disporre di serie storiche complete di dati conferendo, talvolta, alla trattazione carattere di discontinuità ed apportando limitazioni ai risultati conseguiti.

Complessivamente si hanno dati relativi a 1.335 eventi che riportano la presenza di lupi, orsi e linci nel territorio dell’attuale provincia di Bergamo nel periodo compreso tra il 1476 ed il 1914.

La quasi totalità dei dati, oltre il 97%, proviene da documenti conservati in archivi civili (comunali o statali) nei quali sono stati reperiti soprattutto dati riguardanti le richieste di premi ed, in minor misura, informazioni sulla organizzazione di cacce e sulle aggressioni di lupi sia idrofobi che antropofagi.

La maggior parte di questi dati (81,2%) proviene da oltre 1.000 documenti conservati nell’Archivio Storico del Comune di Bergamo, Sezione Antico Regime, e riguardano le taglie sui lupi nel periodo 1476-1801. Di questi: 854 sono richieste di erogazione di premi, conservate nel fondo Spese Ordinarie, e 228 sono delibere del Consiglio di Bergamo, che autorizzano il pagamento di taglie, verbalizzate nei registri delle Azioni. Talvolta è stato anche possibile incrociare la richiesta del cacciatore con la successiva delibera comunale.

L’8,1% dei documenti proviene dall’Archivio di Stato di Bergamo. I dati relativi ai lupi erano già stati analizzati e pubblicati in un precedente studio

14

. I documenti, concernenti lupi ed orsi, sono conservati nelle cartelle Prefettura del Serio - Polizia, 1108 e Sanità, 1237 per il periodo 1805-1813 e nella cartella I.R. Delegazione di Polizia, 3002 per il periodo 1841- 1852. Altri dati, quali avvisi a stampa sulle cacce e le taglie e relazioni sulle aggressioni di lupi rabbiosi registrate nel lodigiano e nel cremonese nel XVIII secolo, sono stati tratti da documenti conservati presso gli Archivi di Stato di Brescia e Milano

15

.

10 Ragni et al., 1987; Molinari et al., 2001.

11 Molinari-Jobin et al., 2006.

12 Groff, 2008.

13 Breitenmoser et al., 2000.

14 Comincini & Oriani, 2002: 196-205.

15 Comincini & Oriani, 2002.

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Presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma è stata consultata la documentazione di pagamenti di premi sull’abbattimento di orsi del periodo 1870-1888, conservati nelle cartelle 1°

versamento, 173, Fasc. 1872 Premi per uccisione di bestie feroci e 5° versamento, 798 Fasc.3501 del fondo Ministero Agricoltura Industria Commercio, Direzione Generale Agricoltura.

Ulteriore fonte archivistica utilizzata, soprattutto per gli orsi è quella degli Archivi civici delle province di Bergamo, Lecco e Sondrio. Sono stati anche consultati alcuni archivi parrocchiali e plebani che, in particolare nei Libri dei Defunti, contengono notizie di aggressioni da parte di lupi, ed, in un caso, anche di orsi. Da queste fonti si sono attinte notizie sia dirette che mediate da precedenti pubblicazioni di storia locale: 17 sono gli archivi parrocchiali indagati in provincia di Bergamo e 6 nei limitrofi territori monzesi, lecchesi, cremonesi e bresciani.

La tabella 1 elenca gli archivi civili ed ecclesistici dai quali si sono tratti i dati e le abbreviazioni utilizzate nel testo.

Abbreviazione Località Archivio Fondo e/o cartella e/o Fonte ACBarzio

vecchie scritture Barzio (LC) civico Vecchie scritture sui Piani di Bobbio;

Atti scritti diversi ACBarzio serie

1, 47, 11 Barzio (LC) civico Disciplina ed istruzioni per la caccia, 1859

ACBranzi Branzi civico 1711. Questo libro serve per il commune de Branci

ACChiavenna Chiavenna

(SO) civico Antico Regime - Stabellimenti ACFondra Isola di Fondra civico Libro del Comune di Fondra l’anno

1702. Entrata et uscita del Comune 1641-1789 - 111

ACGromo Gromo civico Polizia in Comincini & Oriani, 2002; 201 ACMojo Mojo de’ Calvi civico in Rho, 2000: 35

ACPiazza Libro Piazza Brembana civico Libro de maneggi della Comune di Piazza 1753 usque 1804

ACPiazza

Ordinazioni Piazza

Brembana civico 1797 Ordinazioni e Parti del Comune della Piazza

ACPoschiavo Poschiavo (CH,

GR) civico Libro di taglia

ACRoncobello

Cassa Roncobello civico Libro cassa del Comune di Ronco 1705-1760

ACRoncobello

Libro Roncobello civico Libro nel quale si estendono…

ACSMAIC DGA Roma centrale

dello Stato

Ministero Agricoltura Industria Commercio, Direzione Generale dell’Agricoltura

continua

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Abbreviazione Località Archivio Fondo e/o cartella e/o Fonte ACSerina Val.4 Serina civico

Archivio della Valle Brembana, 1560- 1805 Deliberazioni del Consiglio della Valle Brembana superiore. 1560 giugno 22 - 1664. Allegati dal 1759 al 1790

ACSerina Val.5 Serina civico

Archivio della Valle Brembana, 1560- 1805 Notarolo de’ consigli della Valle Brembana superiore. 1666 ottobre 6 - 1741 dicembre 22

ACSerina Vic.86 Serina civico Vic. 86 Vicario veneto della Valle Brembana superiore

ACVilminore Vilminore di

Scalve civico Libro del Consiglio di Scalve in Caffi s.d. [1918]

APAlbino Albino parrocchiale Libro dei defunti

APAlmSB Almenno San

Bartolomeo parrocchiale Liber mortuorum 1628-1736

APAlmSS Almenno San

Salvatore parrocchiale Libro Battesimi, Matrimoni, Morti II APBellusco Bellusco (MB) parrocchiale in Arlati, 1985: 161-162

APBerbenno Berbenno parrocchiale Inventario parrocchiale

APBondione Valbondione parrocchiale Mappe seu Disegni; delli Beni Campivi, e Boschivi di raggione del Beneficio di S.Lorenzo di Bondione APBrione Brione (BS) parrocchiale Registro dei morti 1799-1851 APCarvico Carvico parrocchiale Libro dei morti 1597-1836

APCremeno Cremeno (LC) parrocchiale Libro dei morti 1578-1630 in Oriani, 2005: 17

APFara Fara Gera

d’Adda parrocchiale Registro dei defunti in Comincini & Oriani, 2002; 199 APlOggiono Oggiono (LC) plebano Miscellanea cart. 10 in Comincini &

Oriani, 2002: 240

APMartinengo Martinengo parrocchiale Liber mortuorum 1626-1651 in Anonimo, 1936 APOlginate Olginate (LC) parrocchiale Defuncti tempore pestis de anno 1630 in Cazzani, 1979: 281

continua

(17)

17

Abbreviazione Località Archivio Fondo e/o cartella e/o Fonte

APOsioSopra Osio Sopra parrocchiale Liber mortuorum 1639-1770 in Abati, 1936: 9-10 APPalazzago Palazzago parrocchiale Liber mortuorum 1652-1684 in Medolago, 2000 APPontida Pontida parrocchiale Liber mortuorum 1630-1663 APRivolta Rivolta d’Adda

(CR) parrocchiale Registro dei defunti in Comincini & Oriani, 2002, 238 APSMartino

Cenate Cenate Sotto parrocchiale Registro dei defunti in Comincini & Oriani, 2002, 198 APSottochiesa Sottochiesa di

Taleggio parrocchiale Manoscritto di Locatelli G., 1823 - Cenni, ed osservazioni Sulla Vallata di Taleggio, Libri quattro, in un sol volume.

APTrescore Trescore

Balneario parrocchiale in Sigismondi, 1976: 71 APUrgnano Urgnano parrocchiale Liber mortuorum 1593-1648 APValtorta Valtorta parrocchiale Libro parrocchiale I

APVilla Villa d’Adda parrocchiale Liber mortuorum, 1623-1727 ASBg, IRDP Bergamo di Stato I.R. Delegazione di Polizia ASBg Pref.Serio Bergamo di Stato Prefettura del Serio - Polizia 1108 ASBg Sanità Bergamo di Stato Sanità, 1237

ASBs IRDP Brescia di Stato I.R.Delegazione Provinciale AscBg azioni Bergamo storico

civico Antico Regime - Azioni AscBg spese Bergamo storico

civico Antico Regime - Spese ordinarie AscBg

Ricordanze Bergamo storico

civico Ricordanze d’Astino H 153-153v ASMi Religione Milano di Stato Religione, ora MMD

ASMi Sanità Milano di Stato Sanità P.A. 91 e 182

ASNo Pref.Dip. Novara di Stato Prefettura dipartimentale dell’Agogna 1890

BCBg Mazzoleni Bergamo storico

civico Mazzoleni A. Zibaldone M.285

Tab. 1. Abbreviazioni utilizzate nel testo relative agli archivi civili ed ecclesistici dai quali si sono attinte notizie.

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Lo spoglio dei giornali, contemporanei ai fatti documentati, ha fornito interessanti informazioni sulle cacce agli orsi nel periodo 1886-1914. Per quanto riguarda i lupi, invece, ci si è avvalsi di cronache coeve in particolare: Effemeride sagro-profana di quanto di memorabile sia successo in Bergamo, sua diocese et territorio da suoi principij sin’al corrente anno di Padre Donato Calvi.

La bibliografia naturalistica ha contribuito in modo trascurabile alla ricerca, come esiguo è il materiale conservato nelle collezioni dei Musei di Storia naturale di Bergamo e Milano.

Per ogni evento si sono riportati: l’ubicazione geografica (che si è, nei limiti del possibile, ricondotta all’attuale Comune), l’inquadramento temporale (anno e mese), la tipologia (segnalazione, abbattimento, attacco a persone, danni al bestiame, cacce, ecc.), le caratteristiche del luogo (pascolo, prossimità delle case, centro abitato, zona coltivata, ecc.) e dei predatori coinvolti (numero di esemplari, sesso ed età). Nel caso di aggressioni a persone è stato generalmente possibile appurare se la vittima fosse stata uccisa e divorata, oppure se fosse morta in seguito alle ferite riportate o per l’insorgere dell’idrofobia. Sovente è stato possibile anche rilevare il contesto ambientale nel quale si era svolta l’aggressione e, nella maggior parte dei casi, appurare l’età, il sesso ed anche le generalità della vittima.

L’analisi condotta si limita ad un approccio di tipo quali-quantitativo che ha consentito di

ordinare i dati raccolti e renderli di immediata comprensione. Ogni ulteriore sforzo per

ricavare informazioni di tipo strettamente quantitativo si scontra con la non omogeneità dei

campioni conseguente anche al differente approccio di coloro che, nel corso di secoli, hanno

redatto i singoli verbali.

(19)

19

PARTE PRIMA

la storia

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(21)

21

CAPITOLO 1

ORSO E LUPO NELLA CULTURA POPOLARE

di Chiara Crotti, Gabriele Medolago e Aldo Oriani

La ricerca faunistica, condotta attraverso la cultura popolare, è una “caccia” avvincente che consente di seguire, attraverso i secoli, le tracce dei grandi animali che vivevano sul nostro territorio.

Numerosi elementi testimoniano come la presenza di orsi e lupi fosse molto sentita nella cultura e dalla popolazione, sino ad almeno il XIX secolo. Orsi e lupi hanno lasciato significative testimonianze nella cultura popolare. Della lince, invece, sono rimasti pochi segni e di gran lunga più labili se non addirittura assenti sia in Bergamasca che in Lombardia a causa delle caratteristiche proprie di questa specie: estrema elusività e basse concentrazioni di popolamento sul territorio. Relativamente al lupo vi erano alcuni riferimenti anche nei calendari: ad esempio il giorno 3 maggio era uno dei due giorni “egiziaci” del mese, che presagiva disgrazie e malanni: Tertius in Majo Lupus est, et septimus anguis

16

. Il lupo era protagonista di vari giochi infantili quali Ol luf e i pegore, un tempo in uso a Lizzola

17

ed era parte della farmacopea popolare: le sue interiora venivano applicate sul ventre di chi era colpito da dolori colici

18

ed anche l’empiastro ancora fatto di sterco di Lupo è molto utile a i dolori colici

19

. Altre parti del lupo tra le quali: il fegato disseccato e messo in polvere, la testa polverizzata, il fiele mischiato con semi di zucche avevano un utilizzo medicinale. Ad altre parti del suo corpo si attribuivano funzioni scaramantiche: i denti legati adosso de’ fanciulli, levano loro la paura che hanno dormendo e servono molto a farli venire i denti, legati ai cavalli li difendevano dagli attacchi dell’animale e la pelle di un lupo ammazzato di fresco era appesa nelle stalle a protezione degli ovini

20

.

Naturalmente gli elementi che qui per comodità verranno definiti della cultura popolare, non sempre hanno una ben definita collocazione cronologica od una precisione relativa al tipo di fatto.

Toponomastica

I toponimi, rispetto alle notizie documentarie, hanno diversa validità ed efficacia per definire la distribuzione storica di specie come il lupo e l’orso. Infatti, mentre nei documenti storici riferiti a eventi specifici (predazioni sul bestiame, aggressioni a persone, uccisioni da parte di cacciatori, avvistamenti od altro) è sempre individuabile la data dell’evento e la sua localizzazione, i toponimi permangono nel tempo e non sono quasi mai riferibili a eventi particolari. Di conseguenza i dati documentali possono essere utilizzati per analizzare le variazioni temporali degli areali di distribuzione delle specie, i toponimi invece consentono solo un confronto tra una distribuzione storica, non definibile temporalmente, ed una attuale, pur nel questionabile grado di affidabilità di questa analisi. Uno studio, condotto in Inghilterra sui toponimi riguardanti il lupo e il castoro (Castor fiber), ha però messo in evidenza una stretta associazione tra toponimi ed eventi storici riguardanti le due specie

21

.

16 Finazzi, 1872: 44; Calvi, 1676: 17

.

17 Bellini & Pinessi, 1994: 85.

18 Scotti, 1897: 140.

19 Stefano, 1583: 39.

20 Stefano, 1583: 496.

21 Aybes & Yalden, 1995.

(22)

In campo storico-geografico la toponomastica può, quindi, risultare di rilevante utilità per la ricostruzione storica di areali e come integrazione delle informazioni ricavabili dai documenti.

La presenza storica del lupo in bergamasca è testimoniata da molti toponimi (fig. 1):

quali “Passo del lupo”, “Valle dei lupi”, “Cà del lupo”, cascine “Lupo”, “Caccialupo” e

“Raspalupo” e molti altri ancora. Localmente gli abitanti dei paesi di Valbondione, Gorno, San Lorenzo di Rovetta, Brembilla, Vilminore di Scalve, San Giovanni Bianco e Grasso di Taleggio sono chiamati: “lupi”.

Fig. 1. Toponimi correlati al lupo rilevati in provincia di Bergamo.

(23)

23

Comune Toponomastica riguardante il lupo

Albino Chiesa Madonna del lupo

Albino Valle dei Lupi

Albino Pian de la loera (Valoti, 2002) Almenno San Bartolomeo Cà lupo (Comincini, 2002: 174) Alzano Lombardo Casa del lupo (Comincini, 2002: 174) Bonate di Sotto Mulino del lupo (Comincini, 2002: 175) Bonate (Isola bergamasca) Ponte del lupo (ASCBg, spese, 59 f. 66) Brembate Sopra Cà del lupo

Brusaporto Canta Lua

Brusaporto Casinetta di lupo (Comincini, 2002: 175) Calcio Campo del lupo (Comincini, 2002: 175) Calusco d’Adda Località Foppa Luera (Medolago, 2007: 20) Camerata Cornello Costa dei Lupi (Comincini, 2002: 175) Caprino Bergamasco Perlupario

Caravaggio Campo di caccialupi

Cortenuova Cascina lupo

Cortenuova Ca’ del Lupo

Dossena Costa dei Lupi

Martinengo Cascina Lupo (Comincini, 2002: 175)

Medolago Località Ad lueram o Foppa Luera (Medolago, 2007: 20) Mozzanica Roggia e Cascina Caccialupo (Comincini, 2002: 175)

Nembro Cà lupetto

Osio Sopra Cascine Raspalupo

Palazzolo Sull’Oglio Cà del lupo

Pognano Cascina del lupo (Comincini, 2002: 175)

Ranica Casa del lupo

Rogno Frazione Lovano (Comincini, 2002: 175)

Romano di Lombardia Cascina Lupo (Comincini, 2002: 175)

Rovetta Valle dei Lupi

San Giovanni Bianco Frazione Costa De’ Lupi

Taleggio Il passo Basamorti era detto Raspalupo (Comincini, 2002: 175) Terno D’Isola Val di Lupo (Comincini, 2002: 175)

Treviglio Varie cascine dette Caccialupi (Comincini, 2002: 175) Treviglio Alcune terre dette Accoppalupi (Comincini, 2002: 175)

Treviglio Valle del Lupo

Valbondione Pizzo Coca chiamato Pizzo del Lupo

Valtorta Costa dei Lupi

Zogno Presso Ambria: Valle del Lupo (Comincini, 2002: 175)

Tab. 2. Elenco dei toponimi riscontrati il cui nome ci riporta alla presenza del lupo.

(24)

Testimoniano la presenza del lupo anche toponimi originati dalla antica presenza di trappole a fossa per la cattura: le loere o fosse luere, di cui permane traccia ad esempio a Medolago, Calusco d’Adda

22

e ad Albino

23

. In tabella 2 sono elencati i toponimi riscontrati, alcuni di questi sono stati rilevati in documenti del passato e sono ormai desueti, sicuramente l’elenco è incompleto, ma vuole illustrare l’ampia diffusione di località il cui nome ci riporta alla presenza del lupo.

22 Medolago, 2007: 20.

23 Valoti, 2002.

Fig. 2. Toponimi correlati all‘orso in provincia di Bergamo.

(25)

25

Nella toponomastica locale delle montagne bergamasche, è spesso presente anche il termine

“orso” (fig. 2) abbinato a valichi, valli, coste ed altro: “Passo dell’orso”, “Baita dell’orso”,

“Cà dell’orso”, frazione “Orso”, “Valle dell’orso” e molti altri ancora riportati nella tabella 3 per la quale vale quanto già detto relativamente al lupo. Per l’orso però si inseriscono ulteriori possibilità di confusione causate soprattutto dalla presenza, in grotte

24

, di reperti fossili di orso delle caverne (Ursus spelaeus) che possono aver determinato il toponimo.

Anche l’araldica ha dato origine a nomi quali la piazza dell’orso di Schilpario.

24 Boesi, 1927; Anonimo, 1984; Gaspari, 1992.

Comune Toponomastica riguardante l’orso Alzano Lombardo Piazza dell’orso

Brumano Ponte e Contada dell’orso in Val Celana (Oriani, 2005: 73) Castione d. Presolana Orseul

Castione d. Presolana Castel Orsetto e Baita di Castelorsetto (Gaioni, 1990)

Dossena Passo dell’orso

Dossena Piazza dell’orso

Gandellino Bosco e Corno dell’orso (Ellegi, 1933)

Lenna Passo dell’orso

Lovere Baita l’ors

Lovere Valle dell’orso

Mezzoldo Baita della Foppa dell’orso Olmo al Brembo Orsa

Oltre Il Colle Passo dell’orso Oltre Il Colle Grotta dell’orso

Oneta Valle dell’orso

Rogno Valle dell’orso

Roncobello Cornello dell’orso Rota Imagna Cà dell’orso

San Giovanni Bianco Piazza delle orse sul confine con Dossena San Giovanni Bianco Corna orsi

San Pellegrino Terme Baita dell’orso San Pellegrino Terme Orso

Schilpario Piazza dell’orso Sovere (Piazza) Passo dell’orso

Taleggio (Peghera) Fontana dell’orso o di pé de l’urs (Oriani, 2005: 74)

Valcanale Piano dell’orso

Valgoglio Valle dell’orso

Zogno Caorsone (forse non riferito all’orso)

Tab. 3. Elenco dei toponimi riscontrati il cui nome ci riporta alla presenza dell’orso.

(26)

Araldica e onomastica

Nell’araldica comunale dell’area bergamasca si incontrano le figure del lupo nello stemma del comune di Oltressenda Alta, e dell’orso negli stemmi di Schilpario e Vilminore di Scalve e nel logo della Comunità Montana di Scalve (tav. 1).

Orso e lupo sono presenti anche nell’araldica famigliare (tav. 2-4) e nell’onomastica, in taluni casi si tratta di stemmi “parlanti”: nella tabella 4 abbiamo riepilogato quanto è emerso nel corso della ricerca.

Le chiavi di volta degli archi d’ingresso di alcune dimore, a Schilpario ed a Vercurago, sono ornate da arme con orsi, ma non è stato possibile attribuirle ad una casata.

L’araldica e l’onomastica non forniscono dati in grado di testimoniare, con certezza, la reale presenza delle specie. I nomi di persona Lupo e, in misura minore, Orso, erano comuni in particolare nell’Alto Medioevo e come è noto, spesso da nomi e soprannomi, attribuiti per qualità personali reali o presunte, si sono originati i cognomi che a loro volta possono aver dato luogo a stemmi “parlanti”.

La figura dell’orso ricorre piuttosto comunemente nell’araldica dell’area alpina simbolizzando la forza, quasi il contraltare locale alla mediterranea figura del leone.

Quella del lupo è invece meno frequente, forse per le connotazioni negative che la specie incarnava.

La bandiera del Rione dei Bianchi di Albino Alto ha, come stemma, il lupo della Madonna della Concezione a ricordo del fatto miracoloso di cui si tratterà più avanti

25

.

25 Carrara, 1983.

Araldica famigliare Animale

Albertoni (Camozzi, 1994: 218 n° 3143) Orso

Alzani (Camozzi, 1994: 229 n° 3411) Orso

Amici (Maspoli, 2000: 74) Lupo

Avancini (Viviano, 1978: I, 183) Orso

Bartsch von o de (Camozzi, 1994: 246 n° 3751) Orso Gasalis da Averaria (Camozzi, 1994: 178 n° 2137) Orso Lupi o Lupi della Costa (Viviano, 1978: II, 46) Lupo Orsetti de Gherardi (Camozzi, 1994: 200 n° 2690) Orso Orsini o Ursini (Camozzi, 1994: 150 n° 1436) Orso Tiraboschi (Camozzi, 1994: 170 n° 1927) Orso Ursini o Orsini (Camozzi, 1994: 171 n° 1952) Orso

Zampi dal milanese (Camozzi, 1994: 181 n° 2225) Zampa d’orso Zerbini Rasello (Camozzi, 1994: 244 n° 3685) Orso

Tab. 4. Elenco dei casi in cui orso e lupo sono presenti nell‘araldica famigliare e nell’onomastica.

(27)

27

Iconografia

Le rappresentazioni artistiche di lupi ed orsi sono di tipologie diverse. In alcuni casi, come le scene di caccia sul portale di Santa Maria Maggiore in Bergamo e l’orso affrescato sulla facciata di Casa Milesi a Cassiglio (tav. 5), la raffigurazione ha funzione prettamente decorativa, così come la caccia all’orso, di ambito nord-europeo del XIX secolo, conservata al museo della basilica di Gandino.

Diversamente la decorazione era legata ad un evento particolare, come nella statua di Teodoro Sonzogni al Padergnone di Zanica (tav. 6) che ricorda l’uccisione di quattro lupi, o ad un richiamo alla toponomastica, come la testa in pietra della fontana dell’Orso (tav. 7) a Peghera di Taleggio, o all’araldica come la statua in Piazza dell’Orso a Schilpario. In altri casi ancora l’iconografia si riferisce a fatti ritenuti miracolosi, come nelle santelle di Piazzolo di Torre de’ Busi (affresco del 1939 di Vittorio Manini che pare riprenda un precedente dipinto) e del Canto di Berbenno, di cui si tratterà in seguito, o negli affreschi delle storie di San Patrizio nel santuario di Colzate (tav. 8) e nelle opere presso il Santuario della Madonna del Lupo di Albino (un affresco di Pietro Baschenis del XVII secolo, una tela di Guglielmo Lechi ed una statua di inizio XX secolo).

Lupi sono anche raffigurati in alcuni cabrei settecenteschi, quasi come parte del paesaggio rurale.

Esempi di questo genere si trovano ad esempio a Rodi di Filago, del sec. XVIII

26

e Bondione

27

. E’infine da ricordare un gruppo scultoreo, realizzato fra il XIX ed il XX secolo per il santuario della Valletta di Somasca di Vercurago, che raffigura San Girolamo Emiliani (1481- 1538) che salva gli orfanelli dai lupi. In Bergamasca, come altrove, sono anche riscontrabili varie raffigurazioni di episodi legati al culto di alcuni santi: San Francesco ed il lupo, in varie località, e San Romedio

28

con l’orso, nella chiesa di San Rocchino a Valgoglio, si tratta comunque di immagini che non rivestono un particolare interesse ai fini della nostra ricerca.

Infine, come già ricordato nel paragrafo dedicato all’araldica, chiavi di volta in pietra raffiguranti arme con orsi sono sul portale della casa natale di Giovanni Mai a Schilpario e su un’altra casa a Vercurago.

Tradizioni religiose

L’orso è sicuramente uno degli animali che ha lasciato i segni più profondi nella cultura umana. I culti, su di esso incentrati, affondano le loro radici nella preistoria, attraversano il mondo classico con i miti greci dell’Arcadia e di Artemide, che nell’ambiente celto-romano diventa la dea Artio

29

. La radice “art” identifica ancora oggi l’orso in varie lingue indoeuropee ed i nomi propri Arturo e Bernardo non sono altro che la variante del nome latino Orso rispettivamente nelle lingue celtiche ed anglosassoni

30

.

Il “relitto culturale” delle feste dell’orso precristiane sopravvive ancora ai giorni nostri, in alcune celebrazioni di fine inverno che, nel calendario cristiano, si stemperano nelle feste della Candelora e del Carnevale

31

.

26 ASMi, Fondo di Religione, ora MMD.

27 “Rotolo, con Mappe seu Disegni; delli Beni Campivi, e Boschivi di raggione del Beneficio di S: Lorenzo di Bondione: Fatto d’ordine del molto Illustre, e Reverendo Sig: Don Gioan Morandi, Meritissimo Paroco di detot luogho: Costantino Valmadri di Vilminore Publico Perito & Collegiato Agrimensore di Bergamo” APBondione.

28 Medolago, 2012: 104 e 369

29 Biedermann, 1991: 354; Pastoureau, 2008: 28-33.

30 Pastoureau, 2008: 52-53.

31 Pastoureau, 2008: 128-132.

(28)

In Bergamasca, la presenza del lupo e dell’orso è una costante nelle tradizioni che, nel caso dell’orso, si perdono nella preistoria e sono pressoché comuni a tutto l’emisfero settentrionale.

La diffusione del cristianesimo in Europa, continente ricco di orsi e lupi, introdusse questi animali anche nell’immaginario cristiano grazie soprattutto alle vite dei santi, sia di ambito cattolico che ortodosso, al fine di esorcizzare il timore da essi suscitato.

Nelle leggende più antiche (IV-V secolo) l’orso, in cattività, è strumento di persecuzione dei cristiani, ma da carnefice, alla presenza del santo, diventa mansueto. Questa è la tipologia delle leggende dei Santi Eufemia, Tecla, Colomba di Sens e Cerbone. In epoca successiva (VI-X secolo) la belva, libera nella foresta, entra nella storia del santo, spesso dopo avergli sbranato l’animale domestico, per diventarne il fedele compagno nel romitaggio o durante il viaggio che stava compiendo. Di questa tipologia sono le storie di San Marino e di numerosi Santi della regione alpina: Gallo, Romedio, Colombano e Corbiniano

32

. L’orso affardellato di quest’ultimo santo vescovo bavarese è raffigurato sullo stemma papale di Benedetto XVI.

In bassa val Camonica, è ambientata la leggenda di San Glisente sulla quale ci si soffermerà più avanti. La figura del lupo aveva connotazioni ben più negative di quella dell’orso ed impersonava la malvagità per i danni ed i lutti che provocava. Già nelle culture pagane nordeuropee era considerato un animale vigliacco, immondo e crudele

33

e nell’iconografia cristiana la sua immagine, enfatizzata ed amplificata, personifica il demonio che minaccia il gregge dei fedeli e che soltanto i santi sono in grado di sconfiggere

34

. Famosissimo al proposito l’episodio del lupo di Gubbio, meno noto quello di Sant’Eustorgio che soggiogò al carro i lupi che avevano ucciso i buoi mentre trasportava le reliquie dei Re Magi a Milano.

Come in molte altre zone europee

35

, anche nella Bergamasca, erano invocati alcuni Santi per proteggere dai danni e dagli attacchi dei lupi, in particolare:

̶ Sant’Alessandro era oggetto di devozione come protettore dai lupi

36

. Un lezionario della Cattedrale di Bergamo, antecedente al 1318, racconta che a Vercana e Moltrasio, nella diocesi di Como, comparvero molti lupi, ed altre fiere, che attaccavano uomini e bestiame ed entravano nelle case a predare i bambini. Gli abitanti ricorsero all’intercessione di Sant’Alessandro obbligandosi, se fossero stati liberati dalle fiere, a visitare ogni anno processionalmente le sue sacre spoglie, ed a offrire le forme di formaggio prodotte con tutto il latte munto in un giorno. Ottenuta la grazia, per molti anni, gli abitanti di quei due Comuni adempirono al voto. Su quest’esempio, e trovandosi nella stessa situazione, i comuni dell’alta Val Brembana, nel sec. XIV

37

, e gli abitanti di Sedrina, della Costa, di Sambusita, di San Pietro d’Orzio, San Giovanni Bianco, San Gallo, Dossena, e Bracca fecero voto al Santo e furono esauditi. Così, annualmente, il venerdì dopo l’Ascensione dalla Val Brembana si recavano alla cattedrale di Bergamo. Solo a motivo delle guerre s’interruppe il pellegrinaggio pur continuando la spedizione annuale del tributo

38

.

32 Montanari, 1988: 58-67; Pastoureau, 2008: 119-126.

33 Pastoureau, 2008: 48.

34 Biedermann, 1991: 280.

35 Ortalli, 1997: 111-113; Comincini, 2002: 160-171.

36 Ortalli, 1997: 111.

37 Bonandrini, 1926: 145.

38 “Acta Sanctorum”, 1643-1940: V, 800-801; Ronchetti, 1973-1975: III, 117-118, accennato anche in Guarneri, 1584, f. 40v-41; Torricella, 1872: 109.

(29)

29

L’11 maggio 1364 Bono Burri, nunzio giurato della Curia di Bergamo, riferì al vicario generale vescovile di aver notificato al prete Giorgio Rovari, Canonico di Sant’Alessandro, sotto pena di scomunica, di rendere conto quello stesso giorno, a Pietro Costa, prevosto e Canonico in Sant’Alessandro maggiore ed alla Comunità della chiesa del formaggio di Vercana offerto a quella chiesa da varie comunità. Il Rovari ottemperò al precetto dichiarando il numero di forme dato da ciascun Comune ed il relativo peso

39

.

̶ Santa Grata, figlia di un nobile bergamasco di nome Lupo, che, secondo quanto scriveva nel XIII secolo Pinamonte da Brembate, liberò Moltrasio e Como dai lupi che rapivano dalle case i fanciulli

40

.

̶ San Defendente, sia in Bergamasca che nel resto dell’Italia settentrionale, era invocato a difesa dal pericolo dei lupi e degli incendi

41

.

L’allarme sociale causato dai danni e dai lutti provocati dai lupi alimentò, in quasi tutti i territori europei abitati dal predatore, storie che molto verosimilmente traevano origine da fatti realmente accaduti. La conclusione, senza danni a persone, di alcuni di questi episodi venne attribuita dalla religiosità popolare all’intervento divino e queste credenze si radicarono sul territorio talvolta al punto da giustificare, oltre alla produzione di tavolette ex-voto, anche l’erezione di cappelle e santuari a ricordo dello scampato pericolo. La Bergamasca è ricca di queste testimonianze:

A

lbino

: il territorio di Albino nel 1470 era infestato dai lupi e, per non esporsi ai pericoli, la notte nessuno usciva di casa. Una sera un giovanetto di nome Gidino, figlio di Antonio Fornari, venne colto dal sonno ai piedi del monte Cereto, e lì dormì fino all’alba. Mentre stava così esposto al pericolo di essere sbranato, gli apparve in visione la Madonna, portando nella sinistra una torcia, mentre con la destra mostrava di volerlo difendere delle fiere. Svegliatosi a chiaro giorno, corse nel paese di Albino raccontando a tutti la visione e la clemenza della Madonna. La pietà popolare offrì tante elemosine che bastarono per costruire una chiesa intitolata all’Immacolata Concezione e quel luogo, da allora, fu chiamato Valle dei Lupi

42

. b

erbenno

: in località Canto di Berbenno si trova una cappella della Madonna Assunta. Essa, come ricorda la tradizione, venne edificata, come ringraziamento, per volere di un medico che in quel luogo, mentre era a cavallo, fu assalito da un branco di lupi, e, invocata la Madonna, miracolosamente si salvò. All’interno della cappella, un quadro rappresenta un cavaliere caduto da cavallo al margine di un bosco, assalito da un branco di lupi , l’apparizione della Madonna ed è riportata un’epigrafe con l’iscrizione

43

:

S

AcrAtiSSimæ virginiSmAriæ

honoriioSeph

39 ASBg, Notaio Francesco Zenalia fu Venturino Imbreviatura 1364, not. 57 f. 306 ex 166.

40 Ortalli, 1997: 111.

41 Ortalli, 1997: 111; Comitato San Defendente.

42 Tacchi, 1868: 61-62.

43 APBerbenno, Inventario parrocchiale 548.

(30)

dedonAtiShAnc eccleSiAmStrvere

mAndAvit Annomdcxxxiv

i

mberSAgo

(LC): la leggenda della fondazione del Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago racconta che una pastorella aveva momentaneamente lasciato il proprio figlioletto, in fasce, all’ombra di un cespuglio, mentre custodiva il gregge al pascolo nel bosco. Udito un urlo del piccolo, accorse e vide che un lupo lo stava trascinando via. Alla sua invocazione la Madonna le concesse la grazia ed il lupo abbandonò il piccolo illeso

44

.

p

AlAzzAgo

: la relazione del parroco Don Pietro Colleoni, databile intorno al 1670

45

, spedita al Padre Donato Calvi, narra che il 20 maggio 1609 una giovane di circa 21 anni, mentre si recava di giorno ad una proprietà di suo padre, fu aggredita da tre lupi. Invocato l’aiuto della Madonna Immacolata, le fiere si allontanarono mansuete come cagnolini. Una tavoletta dipinta, ora perduta, appesa nella cappella dell’Immacolata, all’epoca collocata al di sotto del presbiterio della parrocchiale, riproduceva l’accaduto e riportava la seguente scritta:

Il gran miracolo occorso alli 20 di maggio 1609 nel comune di Palazzago, di una giovine di anni 21 in cerca molto devota della vergine maria, qual essendo andata di giorno ad un luogo di suo padre fù assalita da trè lupi, i quali la spogliarono del tutto, stracciandoli le vestimenta da dosso, et li capelli di testa, et fù dalla beata vergine preservata senza alcuna offesa della vita.

46

Leggende

Di seguito riportiamo alcune leggende in cui orsi e lupi sono protagonisti:

b

erzo

i

nferiore

(BS): Glisente era giunto, assieme al fratello Fermo ed alla sorella Cristina, in Valcamonica con l’esercito di Carlo Magno per combattere i longobardi, forse, più probabilmente, era un nobile camuno di Berzo discendente dalle famiglie franche di Esine. Terminata la guerra, stanco delle violenze, chiese al re di poter restare nella valle per ritrovare la pace nella solitudine delle foreste. I tre fratelli si separarono e si inerpicarono per sentieri diversi verso le cime: Glisente raggiunse una grotta su un monte di Berzo, Fermo si ritirò su quello di Borno e Cristina su quello di Lozio. Prima di separarsi decisero che ogni sera avrebbero comunicato tra loro con un fuoco che ciascuno avrebbe acceso fuori dal proprio eremo e Glisente, per consentire il contatto tra Fermo e Cristina, che non potevano comunicare direttamente tra loro, accendeva due falò. L’eremita veniva svegliato al mattino da una cerva che aveva in bocca un ramoscello dai frutti d’oro e da un lupo che gli portava la legna per il fuoco. Altre versioni parlano di un’orsa che giornalmente offriva al santo frutti selvatici e radici e di una pecora che gli forniva il latte. Anche il fratello Fermo si racconta vivesse nel suo romitorio con un’orsa ed un’aquila.

Per molti anni i valligiani ogni sera videro quei fuochi sui monti, finché col passar degli anni uno

44 Perego, 1993: 20-23.

45 APPalazzago.

46 Calvi, 1676: 98; 1677: 34; Tacchi, 1868: 110; Medolago, 1997.

(31)

31

alla volta si spensero per sempre. Alcuni dicono che l’ultimo a morire fu Fermo, altri ritengono che fu Glisente che si spense nel suo eremo il 6 agosto 796. Il giorno dopo alcuni pastori videro una colomba che portava ramoscelli e foglie sopra la grotta e lì trovarono il corpo dell’eremita.

Lasciarono alcune sue reliquie nella spelonca e ne portarono altre nella chiesa di San Lorenzo a Berzo Inferiore. A San Glisente è dedicata una chiesetta con cripta, che esisteva già all’inizio del Duecento, a 1956 metri nei pressi dalla omonima Colma; a Bovegno ne esisteva un’altra dedicata al Santo e nella quattrocentesca chiesa di S. Lorenzo a Berzo Inferiore un dipinto lo raffigura con gli eremiti, l’orso e la pecora

47

.

b

rAnzi

: si racconta che alla Foppa dell’Orso, un orso attaccò un toro e questi reagì scagliandolo contro un albero ed incornandolo; l’orso gli conficcò nel corpo gli artigli. La mattina seguente gli abitanti li rinvennero entrambi morti. Una storia del tutto identica è ambientata anche sul Legnone in Val Lesina

48

.

c

AStionedellA

p

reSolAnA

: alle pendici della Presolana, viveva un orso che predava le greggi della zona. Gli alpigiani ne erano atterriti ed inutilmente gli tendevano trappole. Un giovane decise di affrontarlo e si inoltrò tra gli altissimi campanili del Monte Scanapà e del Col di Lantana, ma non fece più ritorno e di lui non si seppe più nulla. Gli amici sconcertati si riunirono nella baita di Val Fada quando, all’improvviso uno scoiattolo, dal pelo bianco e lungo, fece irruzione nella stanza e, tra lo stupore generale, disse di essere l’anima di colui che non era più tornato. Spiegò che c’era una sola maniera di eliminare la belva: bisognava preparare una ciotola di legno piena del latte di una capra rossa, misto a radici di genziana secca e sangue di falco ucciso prima dello spuntare del sole. La pozione doveva essere lasciata ai piedi della rupe dell’orso in una notte di luna nuova dopo che tutti i campanili delle valli avessero suonato l’Ave Maria.

I pastori uccisero il falco, raccolsero le radici e, trovata la capra dal pelo rosso, prepararono la pozione. Uno degli amici del giovane scomparso, si diresse verso la rupe dell’orso attraversando, pieno di paura, il bosco dell’Abetona e depose la ciotola, come stabilito.

All’indomani i pastori salirono ai piedi della rupe sperando di trovare l’orso morto, ma non ne videro neppure la traccia. Nel punto esatto dove era stata deposta la ciotola era spuntato un cespuglio di bacche rosse: il sorbo selvatico. L’orso non fu più rivisto nemmeno nelle vicine valli di Scalve e Seriana. La rupe che per tanto tempo era stata il suo regno è ancora lì, a sinistra della strada della Cantoniera, poco sopra la Casera, e si chiama Castel Orsetto, tutt’intorno crescono i sorbi e poco lontano sorge la baita di Castelorsetto

49

.

p

AlAzzAgo

: c’erano una volta un lupo ed una volpe che avevano trovato il modo di entrare in una cascina attraverso un buco per bere il latte. La volpe, più furba, non mangiava la panna, il lupo sì. Un giorno il padrone entrò di sorpresa, la volpe scappò dal buco perché era magra, il lupo, reso grasso dalla panna, stentò a passarci e fu preso a legnate. Sulla via del ritorno incontrò la volpe che, fingendo di essere più malconcia di lui, si fece portare sulle spalle.

Durante il percorso gli ripeteva Ol malat el porta ol sa. Allora il lupo, adirato, la gettò dal ponte, in fondo alla strada che collega Brocchione a Palazzago, ma, poichè era di animo

47 Fappani, 1983: IV, 97; su San Glisente vedasi Azzoni, 2012.

48 Galli-Valerio, s.d.(1915): 21.

49 Gaioni, 1977: 47-51.

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generoso, corse sotto il ponte a riprenderla. Secondo un’altra versione i protagonisti della storia sarebbero stati, un mago ed una maga gobbi, che utilizzavano il camino per entrare nella cascina

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.

v

Albondione

: un tempo vi fu una carestia così grave che anche i lupi, non trovando di che nutrirsi nei boschi, si avvicinavano all’abitato. Un tale vide capitargliene due in cucina, mentre stava vuotando la zangola dove aveva messo insieme poche once di burro. Non ebbe paura, anzi ne provò compassione e versò il siero rimasto in una ciotola di legno piena di polenta, le due belve mangiarono avidamente, poi se ne andarono scodinzolando di soddisfazione.

Pochi giorni dopo, l’uomo, sul sentiero che, tra boschi e pascoli, attraverso il Manina, conduce a Bondione, incontrò due omacci male in arnese e magri da far paura che, con atti e parole, gli manifestarono il piacere di vederlo. Alla fine uno di essi gli rivelò che erano stati pietosamente sfamati quando, mutati in lupi, si erano presentati in casa sua

51

.

50 “Palazzago leggende”, 1980.

51 Traini, 1938: 47.

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33

Tav. 1. Stemmi di Oltressenda Alta, Schilpario, Vilminore di Scalve e logo della Comunità Montana di Scalve.

Oltressenda Alta

Vilminore di Scalve

Schilpario

Comunità Montana di Scalve

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Tav. 2. Stemmi di alcune famiglie del territorio bergamasco.

Alzani

Bartsch

Amici

Casalis

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35

Tav. 3. Stemmi di alcune famiglie del territorio bergamasco.

Orsetti

Tiraboschi

Orsini

Ursini

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Tav. 4. Stemmi di alcune famiglie del territorio bergamasco.

Zampi Zerbini

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Tav. 5. Particolare del portale di Santa Maria Maggiore a Bergamo (sopra), particolare della facciata di Casa Milesi a Cassiglio (sotto).

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Tav. 6. Statua di Teodoro Sonzogni al Padergnone di Zanica (foto Maria Zanchi).

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Tav. 7. Fontana dell‘Orso a Peghera di Taleggio.

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Tav. 8. Un lupo che divora un bambino nel ciclo di affreschi delle storie di San Patrizio nel Santuario di Colzate.

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CAPITOLO 2

LEGGI, NORME STATUTARIE E AVVISI CIRCA LE BESTIE FEROCI

di Gabriele Medolago e Aldo Oriani

La presenza delle bestie feroci è stata sempre percepita dall’uomo come un problema: oltre a causare danni, anche rilevanti, al patrimonio zootecnico era considerata una minaccia per l’incolumità della popolazione. Già nel Medioevo si registrano i primi tentativi di contrastare questa presenza nei territori sottoposti ai feudatari che, tra i doveri di difesa del proprio feudo, erano obbligati a proteggere i contadini dai lupi

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. Da quest’obbligo derivò, quando la caccia venne regolamentata dal diritto feudale, che alla nobiltà fossero riservate alcune particolari prede con gravi sanzioni stabilite per i trasgressori. Ai contadini invece era imposta l’assistenza nelle battute più pericolose, soprattutto in quelle organizzate per la cattura delle bestie feroci e dei cinghiali. Nel Bresciano, soggetto alla signoria del vescovo, che deteneva l’esclusiva della caccia alla grossa selvaggina, quando veniva ucciso un orso, gli abitanti del territorio dove era stato ucciso, dovevano tributargli una pecora per aver difeso i loro beni

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: una pratica anticipatoria del pagamento dei premi sugli abbattimenti delle bestie feroci. La caccia alla grossa selvaggina, pur restando ancora un diritto del signore, venne successivamente concessa alle singole comunità a patto che parte delle spoglie fosse tributata al feudatario. Si conservano ancora, relativamente ad alcune valli alpine, documenti che minuziosamente elencano, tra gli altri tributi a cui aveva diritto il feudatario, cosce, teste o costole di orsi e cinghiali e pelli di lupi e linci

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. A Edolo, il 23 marzo 1299, i consoli di Corteno confermarono al camerario del vescovo di Brescia il giuramento di fedeltà ed il diritto della Curia di avere una coscia di ogni orso ucciso

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.

Anche la Bergamasca non faceva eccezione. Nel marzo 1178 Quintavalle fu Lanfranco de Guala di Solto con i suoi figli, ser Armano e Lanfranco fecero refutò a Guala vescovo un ottavo di tutta la caccia e di metà della caccia dell’orso e di tutto quello che a loro pertineva in monti, piano e valli e fuori dalle valli, sia per foresto, sia per conatica, né per vietata, né per altro, né che pertineva alla caccia dell’orso. L’atto fu rogato dal notaio Girardo

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. Con un atto del notaio episcopale Ottone, rogato il 17 maggio 1186, il vescovo di Bergamo cedette in affitto il monte Cornello agli abitanti di Frerola e Bracca riservandosi però il diritto di caccia all’orso ed al camoscio e la decima su tutte le altre bestie di quei monti

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. Secondo alcuni la caccia all’orso nei boschi di Piazzatorre e Piazzolo, ancora nel sec. XVI, sarebbe stata riservata al pendatorio di Olmo

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.

I diritti feudali, progressivamente devoluti ai vassalli, passarono successivamente alle Comunità che, alla fine del XIV secolo, avviarono la formalizzazione degli Statuti. Molti di questi documenti prevedevano benefici per coloro che uccidevano le bestie feroci. Nelle loro stesure più antiche, oltre alla corresponsione di danaro per la cessione, a prezzi prefissati, delle spoglie dell’animale, era precisata la destinazione delle singole parti della spoglia.

52 Galloni, 1993: 154.

53 Varanini, 1989: 19.

54 Varanini e Rigoli, 1990: 6-7, 18.

55 Archetti, 1994: 313.

56 “Rotulus Episcopatus Bergomi” 1258 ASDBg - Mensa f. 103

57 Carrara Zanotti, 1874: 21, 115.

58 Bonandrini, 1926: 145.

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