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IX ESPERIENZE PERSONALI

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Academic year: 2021

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IX

ESPERIENZE PERSONALI

1. Scopo del lavoro

L’associazione tra disfunzione autoimmunitaria della tiroide e altre malattie di tipo autoimmune è stata ampiamente descritta in letteratura e potrebbe suggerire una possibile presenza di anomalie della regolazione del sistema immunitario nel soggetto colpito. Recentemente è stata pubblicata una estesa review sulla associazione tra tiroidite ed altre patologie autoimmunitarie (Weetman AP, 2002). Anche per la eziopatogenesi della Malattia di Menière (MdM) si è sempre di più rafforzata l’ipotesi di un possibile coinvolgimento del sistema immune (Hughes, 1983, Dornhoffer, 1997).

Lo scopo della tesi è stato quello di valutare la prevalenza di autoimmunità diretta contro la ghiandola tiroide in un gruppo non selezionato di pazienti affetti da MdM.

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2. Pazienti e Metodi

2.1 Pazienti

Ho studiato 50 soggetti (28 donne e 22 uomini; età media: 47,4±12,8 anni) affetti da Malattia di Menière (MdM) già diagnosticata secondo i criteri dell’”American Academy of Otolaryngology” (1995) ed in trattamento presso l’Unità Operativa 3° ORL dell’Università di Pisa. I pazienti erano stati classificati come affetti da MdM unilaterale o bilaterale; in particolare, 47 soggetti risultavano affetti da MdM unilaterale (94%) e tre da MdM bilaterale (6%). Come gruppi di controllo, ho utilizzato due gruppi di soggetti appaiati per età e sesso. Il primo gruppo era formato da 50 soggetti (30 donne e 20 uomini; età media 50,4±14,1 anni) affetti da deficit labirintico acuto unilaterale (AVP), un’affezione che colpisce il labirinto membranoso e nel quale non sono presenti sintomi cocleari (gruppo A); il secondo gruppo di controllo era costituito da 50 volontari sani (26 donne e 24 uomini; età media 48.7±14.2; gruppo B).

Tutti i partecipanti dello studio provenivano dalla stessa area geografica.

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Tutti i soggetti affetti da MdM e del gruppo A di controllo hanno eseguito, durante la crisi vertiginosa acuta, la valutazione clinica e strumentale della funzionalità cocleo-vestibolare, articolata in:

• esame audiometrico tonale liminare e calcolo del PTA (pure tone average) per le frequenze di 500, 1000, 2000 e 3000Hz; • esame impedenzometrico;

• studio videonistagmografico (Sistema Ulmer- Synapsys© 2000-3) con ricerca del nistagmo spontaneo, nistagmo di posizione, di posizionamento, test di scuotimento del capo (HST) e bilancio vestibolare calorico secondo Fitzgerald-Hallpike.

I pazienti ripetevano lo stesso protocollo clinico-diagnostico dopo un mese dalla risoluzione della crisi vestibolare acuta. Per il gruppo B, lo stesso protocollo veniva applicato soltanto in condizioni basali. In tutti i pazienti, agli stessi tempi, è stato effettuato, al mattino, dopo una notte di digiuno, un prelievo ematico per la determinazione dei livelli sierici di:

• Tireotropina (TSH), Triiodotironina (FT3) e Tiroxina libera (FT4)

• Anticorpi Anti-recettore del TSH (TRAb) • Anticorpi Anti-tireoperossidasi (AbTPO) • Anticorpi Anti-tireoglobulina (AbTg)

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I criteri di esclusione dallo studio erano rappresentati da: pazienti affetti da sclerosi multipla, malformazione di Arnold-Chiari, disturbi psichiatrici maggiori; storia personale di patologia cerebrovascolare (attacchi ischemici transitori, ictus. aneurisma) ed episodi sincopali; presenza di cause identificabili di ipoacusia (esposizione al rumore, ad agenti ototossici o infettivi, traumi); pazienti con diagnosi di neurinoma del nervo acustico o lesioni retrococleari; cause congenite di ipoacusia. Infine, venivano esclusi pazienti con diagnosi di vertigine parossistica posizionale benigna o vertigine associata a emicrania.

Tutti i soggetti hanno fornito consenso informato scritto ed il protocollo di studio è stato approvato dal Comitato Etico Locale.

2.2. Metodi

• TSH

Per il dosaggio del TSH nel siero o plasma umano, è stato utilizzato il TSH Myria®, un test radioimmunometrico.

Il TSH viene riconosciuto da un anticorpo monoclonale Mab1 presente sulla superficie interna di un tubo di polistirene. La contemporanea aggiunta di un anticorpo monoclonale Mab 2 diretto

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contro un diverso epitopo della molecola e marcato con 123I, provoca la formazione di un complesso sandwich. Dopo l’incubazione, la quota di tracciante libera viene eliminata attraverso aspirazione e lavaggio.

La radioattività legata alla fase solida è direttamente proporzionale alla concentrazione dell’ormone presente nel campione.

Valori attesi:

• soggetti eutiroidei: 0,1 - 4,2 µUI/mL • soggetti ipertiroidei: < 0,1 µUI/mL • soggetti ipotiroidei: > 4,2 µUI/mL

• TrAb

Per la determinazione dei livelli sierici di TrAb, è stato utilizzato il B·R·A·H·M·S TRAK human RIA. L'identificazione è basata sulla capacità dei TRAb di prevenire il legame di TSH marcato al recettore TSH.

Nella prima fase del test, il campione del paziente con una concentrazione sconosciuta di TRAb, e, parallelamente, i calibratori con una concentrazione conosciuta di TRAb, sono incubati in provette sulla cui superficie interna è legato il recettore per TSH. Dopo un lavaggio iniziale, viene aggiunto TSH bovino marcato, che si lega ai recettori ancora liberi sulla parete delle provette. Con un

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secondo lavaggio viene allontanato il TSH marcato non legato, e viene misurato, nello strumento di lettura, il TSH marcato legato rimanente.

Il livello del segnale di misura è inversamente proporzionale alla quantità di TRAb nel campione di siero.

I parametri di riferimento del TRAK sono considerati • negativi se < 1 UI/l

• positivi se > 1,5 UI/l

• zona grigia per valori tra 1 e 1,5 UI/l

Un’UI di B·R·A·H·M·S TRAK human RIA è equivalente ad un’unità dello standard 90/672 WHO del TSAb.

• AbTPO

È stato utilizzato il test SELco® anti-TPO, un radioimmunoessay competitivo con tecnica „coated tube“. Anticorpi monoclonali anti-TPO vengono fissati ai coated tubes e competono con gli autoanticorpi del siero dei pazienti per epitopi simili del TPO umano ricombinante marcato con 125I.

Durante la fase di incubazione della durata di 90 minuti, il TPO umano marcato viene legato sia dagli anticorpi fissati alla provetta, sia da quelli del siero in esame. Se nel siero non si trovano anticorpi, il TPO si lega solamente agli anticorpi fissati alla provetta.

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Se invece il siero contiene autoanticorpi, ci sarà competizione e troveremo dei complessi antigene-anticorpo in sospensione. Dopo la fase di incubazione, segue una fase di lavaggio e decantazione in cui sia i complessi Ag-Ab in sospensione che il TPO libero vengono rimossi. La radioattività rimanente viene misurata con un contatore gamma.

La radioattività è massima se nel siero non si trovavano autoanticorpi e il TPO marcato si è legato tutto agli anticorpi monoclonali fissati alle pareti della provetta. Più autoanticorpi si trovavano nel siero, minore è il segnale. La quantità di autoanticorpi nel siero del paziente è quindi inversamente proporzionale al segnale residuo.

Valori di riferimento:

• negativo ≤ 40 U/ml • zona grigia: 40 - 50 U/ml • positivo > 50 U/ml

• AbTg

Per la determinazione dei livelli di AbTg, è stato utilizzato il test SELco® Tg 1 step, un immunometric assay (IRMA). Vengono utilizzati due anticorpi: uno marcato con 125I, ed uno marcato con

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epitopi diversi dell’antigene contenuto nei sieri campione, formando dei complessi „sandwich“.

Dopo l’incubazione della durata di una notte, la soluzione viene decantata e le molecole radioattive non legate vengono rimosse. Sono necessari due lavaggi per raggiungere la più alta sensibilità del test per concentrazioni molto basse di Tg. Successivamente viene misurata la radioattività residua.

Più è alta la concentrazione di Tg nel siero campione, più è alta la radioattività misurata. In assenza di Tg non c’è radioattività. Radioattività e concentrazione di Tg sono, quindi, direttamente proporzionali.

Valori di riferimento (persone sane): • 2 - 70 ng/ml (media 13 ng/ml)

• più basso in aree con apporto di iodi sufficiente: 1 - 35 ng/ml, media 10 ng/ml.

• FT3

Il test per il T3 libero è un dosaggio radioimmunologico con

separazione coated tube. Una sostanza cross-reagente con l’anticorpo anti-T3 è legata alla fase solida; il T3 libero presente negli

standard e nei campioni compete con la sostanza cross-reagente nel legame all’anticorpo monoclonale anti- T3, marcato con 125I.

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La superficie del coated tube è trattata per evitare possibili interferenze tra proteine vettrici presenti nel campione e la sostanza cross-reagente (sistema “pbr”, protein binding repulse system). Dopo l’incubazione, il tracciante non legato viene facilmente rimosso con un lavaggio. La quantità di tracciante 125I legato è

inversamente proporzionale al T3 libero presente nel campione. Valori di riferimento

Soggetti eutiroidei:

• 3,2 – 7,1 pmol/L • media 4,9 pmol/L.

• FT4

Il test per il T4 libero è un dosaggio radioimmunologico con

separazione coated tube. Una sostanza cross-reagente con l’anticorpo anti -T4 è legata alla fase solida; il T4 libero presente negli

standard e nei campioni compete con la sostanza cross-reagente nel legame all’anticorpo monoclinale anti-T4, marcato con 125I.

La superficie del coated tube è trattata per evitare possibili interferenze tra proteine vettrici presenti nel campione e la sostanza cross-reagente (sistema “pbr”, protein binding repulse system). Dopo l’incubazione, il tracciante non legato viene facilmente

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rimosso con un lavaggio. La quantità di tracciante 125I legato è inversamente proporzionale al T4 libero presente nel campione.

Valori di riferimento: Soggetti eutiroidei

• 11,0 – 23,9 pmol/L • media 15,9 pmol/L.

2.3. Analisi statistica

I dati sono espressi come media±deviazione standard (DS), mentre i valori di TSH sono espressi come mediana e range. Le differenze tra pazienti e controlli sono state valutate mediante test chi-quadro ed analisi della varianza a due vie (ANOVA). La regressione semplice è stata impiegata per valutare le correlazioni tra i parametri studiati; per variabili non parametriche (a distribuzione non gaussiana), è stato applicato il test di Spearman. La significatività statistica era assegnata per valori di p<0.05.

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3. Risultati

Il gruppo di pazienti affetti da MdM risultava sovrapponibile ai gruppi di controllo per quanto riguarda l’età ed il sesso (p=n.s.). Le caratteristiche cliniche ed i dosaggi ormonali tiroidei dei soggetti studiati sono riassunti nella tabella VI.

MdM (n=50) Gruppo A (n=50) Gruppo B (n=50) Età (anni) 47,4±12,8 50,4±14,1 48,7±14,2 Sesso (F/M) 28/22 30/20 26/24 TSH (mlU/L) 0,98 (0,0-2,10) 1,43 (0,23-4,53) 1,58 (0,18-3,21) FT4 (pg/ml) 11,2±5,0 11,0±2,0 11,2±1,9 FT3 (pg/ml) 3,1±0,6 3,3±0,7 3,2±0,6 Ab (sì/no) 19/31 * 6/44 6/44 AbTPO (U/L) 137,6±295,4 82,7±368,3 22,5±49,2 AbTg (U/L) 26,5±45,2 23,3±29,4 26.0±30,2 TRAb (U/L) 0,6±0,5 0,5±0,3 0,4±0,2 * p = 0,0006

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• Gruppo MdM

Nel gruppo di pazienti con MdM, otto soggetti (8/50; 16%) erano in terapia con Levotiroxina (L-T4) per una tireopatia già nota. Tra

questi, sei pazienti (6/8; 75%) risultavano affetti da tiroidite autoimmune (titolo anticorpale elevato), mentre in due (2/8; 25%) il titolo anticorpale risultava negativo. Dei soggetti in terapia con L-T4,

un paziente (1/8; 12%) era eutiroideo, mentre sette (7/8; 88%) erano ipertiroidei (ipertiroidismo iatrogeno). Dei sette pazienti con ipertiroidismo iatrogeno, cinque (5/7; 71%) presentavano un quadro di ipertiroidismo subclinico (TSH soppresso con ormoni tiroidei liberi nella norma), mentre due (2/7; 29%) un ipertiroidismo conclamato (TSH soppresso ed ormoni tiroidei liberi al di sopra del range di riferimento), di cui uno risultava affetto da tiroidite autoimmune.

Per quanto riguarda la ricerca degli autoanticorpi anti-tiroide nel gruppo di pazienti con MdM, 19 soggetti (19/50; 38%) (13 di sesso femminile, sei di sesso maschile) presentavano livelli significativamente elevati di AutoAb, in particolare: 17 (17/19; 89,5%) sono risultati positivi per gli AbTPO, di cui 13 (13/17; 76,5%) presentavano valori patologici esclusivamente per gli AbTPO, tre (3/17; 17,6%) sia per gli AbTPO che per i TRAb ed un paziente

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(1/17; 5,9%) era positivo per gli AbTPO e gli AbTg. Infine, due pazienti (2/19; 10,5%) presentavano positività solo per gli AbTg. La positività autoanticorpale, presente durante la fase acuta della MdM, si confermava anche dopo 30 giorni dalla risoluzione della sintomatologia.

• Gruppo A

Nel gruppo A di controllo (soggetti affetti da AVP), un paziente (1/50; 2%) era in terapia con L-T4 per una tireopatia già

diagnosticata non associata ad autoimmunità, mentre un paziente presentava un valore di TSH appena al di sopra dell’intervallo di riferimento (4,53 µUI/mL), associato a positività degli AbTPO.

Per quanto riguarda la ricerca degli autoanticorpi in questo gruppo, abbiamo ottenuto i seguenti risultati: sei pazienti (6/50; 12%) (di cui 3 di sesso femminile e 3 di sesso maschile) presentavano elevati livelli di autoAb, di cui quattro (4/50; 8%) erano AbTPO positivi e due pazienti (2/50; 4%) presentavano elevati livelli di AbTg.

I sei pazienti che presentavano positività per gli AutoAb durante la crisi vertiginosa acuta, confermavano valori elevati anche dopo un mese dalla risoluzione della crisi acuta.

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• Gruppo B

Nel gruppo B di controllo (soggetti sani), un soggetto (1/50; 2%) era affetto da tireopatia già nota, non associata ad autoimmunità, ed era in terapia con L-T4.

Per quanto riguarda la ricerca degli autoanticorpi in questo gruppo, abbiamo ottenuto i seguenti risultati: sei soggetti (6/50; 12%) (3 di sesso femminile e 3 di sesso maschile) presentavano elevati valori di autoAb di cui tre (3/50; 6%) erano AbTPO positivi, due (2/50; 4%) AbTg positivi ed uno (1/50; 2%) presentava elevati livelli di TRAb.

L’analisi statistica dei risultati ottenuti nei pazienti affetti da MdM ha permesso di rilevare la prevalenza di autoimmunità tiroidea significativamente più alta rispetto ad entrambi i gruppi di controllo (p=0.0006). Non è stata riscontrata, invece, una differenza significativa nella prevalenza di autoimmunità tiroidea per il sesso (p=0.2). Infine, la presenza di autoimmunità non dipendeva da una maggiore gravità del quadro clinico (numero di crisi acute e durata delle stesse). A conferma di questa osservazione, non era presente alcuna correlazione tra autoimmunità tiroidea e valori del PTA.

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4. Discussione e Conclusioni

La MdM è una patologia idiopatica dell’orecchio interno, caratterizzata da ipoacusia neurosensoriale, crisi vertiginose intense ed acufeni.

Nonostante la lesione istopatologica che caratterizza la MdM, l’idrope endolinfatico, sia ben conosciuta, l’eziopatogenesi rimane ancora non del tutto chiarita (Gates GA, 2006). L’aumento dell’endolinfa, il conseguente idrope e la sintomatologia tipica della MdM, possono essere provocati da vari fattori eziologici, tra cui alterazioni del metabolismo glicoproteico e dell’omeostasi ionica, cause virali o fibrosi perisacculare (Galey FR et al, 1988; Dornhoffer JL et L, 1993; Salt AN e DeMott, 1994; Wackym PA, 1995). Anche alterazioni vascolari, predisposizioni genetiche, disregolazioni ormonali e fattori nutrizionali e psicologici potrebbero contribuire alla genesi dell’idrope endolinfatico (Lee KS e Rimura RS, 1992; Horner KC e Cazals Y, 2005; Frykholm C et al, 2006; Naganuma H et al, 2006).

La malattia riconosce, quindi, verosimilmente una patogenesi multifattoriale e, a partire dagli anni ‘70, si è sempre più rafforazata l’ipotesi di un possibile coinvolgimento del sistema immune (Hughes GB et al, 1983; Dornhoffer JL et al, 1997).

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Molte altre disfunzioni cocleo-vestibolari sono, infatti, determinate da un danno immunomediato (McCabe BF, 1979). Hughes et al (1988) dimostrarono che in una percentuale superiore al 52% di pazienti affetti da malattia autoimmunitaria dell’orecchio interno, la sintomatologia si esprimeva con ipoacusia e vertigine oggettiva. Secondo alcuni Autori, almeno un terzo dei casi di MdM è legata a meccanismi autoimmunitari (Hughes GB et al, 1983; Dornhoffer JL et al, 1997). In letteratura esistono varie evidenze che supportano l’ipotesi autoimmunitaria della MdM, ed in particolar modo il fatto che spesso si osservi una risposta positiva alla terapia steroidea, la presenza nel siero dei pazienti affetti di anticorpi (Ab) diretti contro componenti dell’orecchio interno (Yoo et al, 2001) e l’identificazione, in alcuni casi, di immunocomplessi circolanti (CIC) (Hsu L et al, 1990). Altri studi hanno supportato l’eziopatogenesi immunologica individuando nel sacco endolinfatico il sito della risposta immune dell’orecchio interno (Rask-Anderson H, Stahle J, 1980; Harris JP, 1984; Dornhoffer JL et al, 1993).

Recentemente molti Autori hanno focalizzato la loro attenzione sulla risposta immune nei confronti di Antigeni (Ag) estratti da componenti dell’orecchio interno e sulla possibilità di identificare gli Autoantigeni coinvolti nella genesi dell’idrope. Wei et al (1990) dimostrarono Ab diretti contro cellule ganglionari autologhe in

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pazienti affetti da MdM, ma non in soggetti che avevano subito un trauma cranico in regione temporale. Questa evidenza suggerisce che alterazioni microvascolari, conseguenti alla reazione autoimmunitaria nei confronti del ganglio spirale, possano in qualche modo dare inizio a quelle modificazioni idroelettrolitiche che determinano l’idrope endolinfatico. Yoo et al (1982; 2001) dimostrarono elevati livelli di Ab anti-collagene II nel siero di pazienti affetti da MdM. Lavori successivi, effettuati analizzando livelli di Ab anti-collagene I, II, V ed Anti-proteine della membrana basale, non hanno chiarito il ruolo di questi AutoAb nella patogenesi della MdM (Fattori et al, 1994).

Nel 1990, Harris e Sharp dimostrarono che una significativa percentuale di sieri di pazienti affetti da ipoacusia neurosensoriale, mostrava Ab contro una proteina di 68 kDa, successivamente identificata come CTL-2, quando testati su estratti freschi di orecchio interno bovino. La presenza di questi Ab, inoltre, era correlata con l’attività della malattia e con la risposta alla terapia steroidea. Successivamente, altri Autori dimostrarono la presenza di Ab diretti contro Ag di 68 kDa anche in soggetti affetti MdM (Rauch SD et al, 1995; Shin SO et al, 1997; GottschIich S et al, 1995; Billings et al, 1995). Negli anni successivi sono stati dimostrati AutoAb diretti contro altre proteine di diverso peso molecolare (62,

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55, 50, 47, 42 kDa) derivanti da preparati di orecchio interno bovino e diretti contro Ag orecchio-interno-specifici (220, 60, 58, 35, 33, 32 kDa). Recentemente, Riente et al (2004) hanno studiato la reattività del siero di pazienti affetti da MdM contro Ag di orecchio interno bovino, riscontrando una reazione positiva nei confronti di Ag di 44 e 53 kDa (Boulassel M et al, 2000; Yamanobe S et al, 1993; Gottschlich S et al, 1995; Boulassel MR et al, 2001).

La presenza di autoanticorpi nel siero di pazienti menierici, indipendentemente da una reazione organo-specifica diretta contro l’orecchio interno, potrebbe dimostrare una predisposizione a sviluppare malattie autoimmuni, o comunque una generica reattività diretta contro antigeni “self”.

Le malattie autoimmuni spesso sono associate tra loro, determinando una sindrome poliendocrina. Una sindrome poliendocrina può essere secondaria a neoplasia, benigna o maligna, di più ghiandole endocrine (neoplasie endocrine multiple, MEN), oppure ad un’alterazione del sistema immunitario che interessa più ghiandole e causa in genere quadri di ipofunzione (sindromi polighiandolari autoimmuni, PGA). Le PGA includono un gruppo di patologie caratterizzate dall’associazione di due o più endocrinopatie e, spesso, di malattie autoimmuni interessanti organi non endocrini (Barker JM, 2005). Schmidt per la prima volta

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descrisse il decorso clinico di alcuni pazienti affetti da ipotiroidismo ed iposurrenalismo associati a presenza di autoimmunità. Successivamente, sono state descritte numerose PGA associate ad anemia perniciosa, vitiligo, alopecia, candidosi cronica mucocutanea. L’incremento del numero dei casi studiati ha permesso di identificare tre tipi principali di PGA sulla base dell’associazione di ghiandole od organi colpiti. La presenza di tireopatia caratterizza soprattutto le PGA tipo II e tipo III, associandosi a morbo di Addison e diabete mellito di tipo I, rispettivamente. Nella PGA di tipo I la patologia tiroidea non rappresenta l’endocrinopatia più frequente, riscontrandosi nell’11% dei casi (Betterle C et al, 2002; Gianani R, 2003; Eisenbarth GS e Gottlieb PA, 2004).

In considerazione della frequente aggregazione tra patologie autoimmuni, alcuni Autori hanno indagato la possibile associazione tra autoimmunità e/o disfunzione tiroidea e MdM.

I primi studi sulla prevalenza della patologia tiroidea tra i pazienti menierici risalgono agli anni ’70 (Pulec e House, 1973; Powers, 1978). Negli anni ’80 la relazione tra alterata funzione tiroidea e MdM venne invece esclusa dai lavori di Kinney (1980). Evans (1988) studiò lo stato HLA e la presenza di autoanticorpi e complessi immuni nel siero di pazienti menierici, evidenziando la

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presenza di almeno un autoanticorpo nel 48,6% dei soggetti. La ricerca sulla associazione tra tireopatia e MdM venne successivamente abbandonata per molti anni. Soltanto recentemente Brenner et al (2004), hanno pubblicato un lavoro sul possibile ruolo della disfunzione tiroidea, in particolare dell’ipotiroidismo, nella patogenesi e progressione dell’idrope endolinfatico. Questi Autori hanno documentato, in uno studio retrospettivo caso-controllo, che i pazienti con MdM assumevano terapia con Levotiroxina con una prevalenza significativamente maggiore della popolazione normale di controllo. E’ interessante sottolineare come, pur non essendo stato verificato il motivo di tale terapia, gli Autori ipotizzassero la tiroidite cronica autoimmune come causa principale, in quanto nessun paziente riferiva una pregressa tiroidectomia. Questi risultati suggerivano, seppur indirettamente, un’associazione tra autoimmunità tiroidea e MdM. A tutt’oggi, comunque, non vi sono studi che abbiano documentato chiaramente una associazione significativa con la tireopatia autoimmune.

Ho voluto, quindi, valutare in una casistica non selezionata di pazienti affetti da MdM la prevalenza di autoimmunità e disfunzione tiroidea comparandola sia con una popolazione sana di controllo, sia con pazienti affetti da deficit labirintico unilaterale. I miei dati

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hanno documentato una stretta associazione tra autoimmunità tiroidea e MdM; infatti, la prevalenza di autoanticorpi anti-tiroide era significativamente più elevata nel gruppo dei pazienti affetti da MdM (38%) rispetto ad entrambi i gruppi di controllo (12%) (p=0,0006). La contemporanea presenza di tiroidite autoimmune e MdM non si associava comunque ad un quadro clinico caratterizzato da maggiore gravità (numero di crisi acute e durata delle stesse). A conferma di quest’osservazione, non era presente alcuna correlazione tra autoimmunità tiroidea e valori del PTA.

La tiroidite, come già accennato, si associa ad altre patologie per le quali è riconosciuto un substrato patogenetico autoimmune, come, ad esempio, l’anemia perniciosa (Chen SH et al, 2006), la vitiligo (Daneshpazhooh M, et al2006), il diabete mellito di tipo I (Barker JM, 2006), il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide, la sclerosi sitemica (Biro E et al, 2006). La forte associazione con la tiroidite nei pazienti studiati può rafforzare, quindi, l’ipotesi di un possibile ruolo patogenetico dell’autoimmunità.

Per quanto riguarda l’associazione tra disfunzione tiroidea e MdM, i dati non consentono di escluderla nel suo complesso, in quanto nessun paziente era ipotiroideo al momento dello studio. Infatti, degli otto soggetti in terapia con Levotiroxina (sei con tiroidite autoimmune), sette risultavano ipertiroidei (ipertiroidismo iatrogeno):

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cinque presentavano un quadro di ipertiroidismo subclinico, mentre due un ipertiroidismo conclamato. In tutti i casi, comunque, la condizione di ipertiroidismo, sia subclinico che conclamato, non si associava ad una maggiore gravità clinica della MdM.

La tiroidite cronica autoimmune è una condizione frequente nella popolazione generale e rappresenta uno dei principali motivi di richiesta di una valutazione specialistica endocrinologica. La sintomatologia vertiginosa, anche se non frequente, può accompagnare la presenza di disfunzione tiroidea (sia iper- che ipotiroidismo) (Stollberger C et al, 2001; Chen P et al, 2003; Kuroda H et al, 2005; Kang MY et al, 2006) per cui, alla luce dei nostri dati, lo specialista endocrinologo dovrebbe valutare attentamente sintomi, anche se sfumati, compatibili con una patologia vestibolare (vertigini, sensazione di sbandamento) in quanto possono mascherare una MdM.

In conclusione, i nostri dati documentano una significativa associazione tra autoimmunità tiroidea e MdM, confermando una possibile patogenesi immunitaria di quest’ultima e sottolineano l’importanza, per un corretto inquadramento diagnostico-terapeutico, di un approccio multidisciplinare in presenza di sintomatologia non direttamente correlabile con la tireopatia e che, comunque, può compromettere la qualità di vita.

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Figura

Tabella VI: Risultati

Riferimenti

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