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Academic year: 2022

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Fe b b ra io 2 01 0

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La discesa (ardita) del 2009 non potrà essere compensata dalla risalita (lenta) del 2010.

È da questa ovvia constatazione che deve partire qualsiasi tipo di riflessione e di analisi che voglia riguardare il futuro.

Dopo una seconda parte del 2009 che potrebbe essere intitolata “piccoli scossoni, gran- de nervosismo” e nel quale a fronte di movimenti relativamente limitati delle quotazioni (soprattutto se confrontati con quelli dell’anno precedente) si è notato un crescente ner- vosismo da parte degli operatori, l’ultimo mese dello scorso anno e le prime settimane del 2010 avevano portato un vento di novità, con un miglioramento dei volumi ed un aumento dei prezzi. Ma poi qualcosa è cambiato ed oggi prevale una grande incertez- za sulle prospettive future del mercato italiano con un sentiment ancora negativo per quanto attiene i consumi, i prezzi e le redditività attese. Tale sentiment si basa su una domanda stagnante e una sostanziale sovracapacità produttiva e distributiva.

Archiviato l’anno horribilis le prospettive per il 2010 restano quindi non brillanti.

Il 2009 si è chiuso per l’Italia con una diminuzione del PIL del 4,9% e le previsioni per il 2010 sono per un recupero dello 0,9%. Per quanto riguarda l’acciaio il 2009 ha segnato un -36% della quantità prodotta e le stime per il 2010 sono per un moderato recupero.

Cosa è successo, cosa sta succedendo e (soprattutto) cosa succederà?

Semplicemente che il mondo sta continuando a crescere ma una parte del pianeta cre- sce a ritmi sostenuti mentre la restante parte (tra cui noi) non cresce e probabilmente non crescerà più come prima.

E i prezzi dell’acciaio in Italia, che sono da sempre gli indicatori sintetici di quanto accade sul mercato, esprimono bene questa dicotomia tra spinta al rialzo (dettata dall’aumento dei costi di produzione) e i consumi reali ancora molto depressi che spingerebbero al ribasso.

Emanuele Morandi

STEEL MARKET OUTLOOK:

SOMMARIO

1. Achille Fornasini Prezzi siderurgici andamento lento … ma crescente.

2. Hans Wouters :

Non è più il vecchio mondo occidentale a determinare l’economia.

3. Giovanni Bajetti : Oggi si è chiuso il gap

tra domanda reale ed apparente.

4. Cesare Viganò : Dopo ogni tramonto, comunque,

c’è sempre un’alba…

5. Interventi del pubblico:

Romano Pezzotti, Cesare Pasini, Luigi Cuzzolin, Enrico Fornelli, Enzo Santarella, Mario Angiolini.

editore: Siderweb spa - via Don Milani, 5 25020 Flero (Bs)

Tel. 030 2540006 - Fax 030 2540041 e-mail: redazione@siderweb.com Registrazione tribunale n. 11/2004 Direttore responsabile: Marco Taesi In redazione: Stefano Ferrari Davide Lorenzini e Paolo Morandi Progetto grafico ed impaginazione:

Roma Creattiva

Numero chiuso in redazione il:

18 - 02 - 2010

Le discese ardite

e le risalite

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Che lo scenario economico stia cambiando è dimostrato dalla dinamica dei principali indici azionari: dopo un’ascesa ininterrotta da marzo 2009, e dopo aver toccato i rispettivi massimi nella prima settimana di gennaio sull’onda del tradizionale rally di fine anno, il Dow-Jones di Wall Street, l’Eurostoxx che sintetizza le borse europee, e il Composite di Shanghai ripiegano bruscamente. Tende così a ridimensionarsi il fenomeno che aveva caratterizzato l’intero scorso anno con la crescita dell’economia finanziaria, rappresentata appunto dagli indici di borsa, molto più veloce di quella dell’economia reale: un’anomalia evolutiva, segnalata più volte su queste pagine, spiegata soprattutto dall’intensa attività speculativa praticata dalle banche d’affari americane, favorite dall’abnorme liqui- dità disponibile a tassi azzerati. È bastato che il presidente Obama pro- spettasse maggiori vincoli sulle operazioni a termine, e che iniziassero a

diffondersi i timori sulla tenuta di taluni debiti sovrani europei, ed ecco tornare l’avversione al rischio. Come avevo segnalato nell’Outlook di di- cembre, è proprio l’avvento dell’avversione al rischio a causare, in queste settimane, la corsa alla ricopertura delle operazioni di carry trade, ovvero i finanziamenti in dollari per l’acquisto di attività rischiose, con il conse- guente rafforzamento del biglietto verde passato in poche settimane da 1,52 a 1,36 contro Euro. La contestuale liquidazione degli asset associati alle operazioni di carry trade, cioè azioni e materie prime, ha ovviamente determinato effetti depressivi su tutte le borse. Si preannuncia dunque un periodo connotato da elevata volatilità dei mercati azionari, dalla debolezza della valuta europea e dai conseguenti cali dei prezzi delle commodities quotate in dollari.

PREZZI SIDERURGICI ANDAMENTO LENTO…

MA CRESCENTE

Di Achille Fornasini (a.d. ISFOR 2000)

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La siderurgia

Mentre gli indici azionari sono sulle montagne russe, i prezzi della filiera siderurgica, generati dall’incontro tra domanda e offerta reali, e quindi esclusi da manovre speculative basate su strumenti finanziari derivati, appaiono più coerenti con l’effettivo stato congiunturale. La figura 1 illustra l’evoluzione dei prezzi rilevati da Siderweb relativi alle quattro principali categorie di rottame. Dopo il tracollo del secondo semestre 2008, i prezzi descrivono tre sottocicli completi: la fase negativa dell’ul- timo di questi si completa agli inizi di novembre 2009 con correzioni, rispetto ai massimi di settembre, comprese tra il 10,8% delle torniture e il 15,2% del frantumato. Prende poi corpo la fase positiva di un nuovo ciclo, che si esaurisce in occasione dello Steel Market Outlook del 5 feb- braio: l’ampiezza dei rialzi - di entità compresa tra il 27,7% delle torniture e il 32,9% del rottame da demolizioni - è tale da spingere e mantenere per diverse settimane le curve dell’indicatore ciclico sul limite superiore del suo campo di variazione. Una condizione anomala, che prelude al successivo ripiegamento e all’avvio della fase negativa dell’oscillazione corrente. Si prefigura pertanto il proseguimento del moto declinante dei prezzi dell’intero complesso dei rottami, che dovrebbe peraltro arre- starsi su livelli superiori ai minimi di fine ottobre. Una condizione, questa, che lascia intuire la formazione di un moderato trend ascendente, peral- tro coerente con la lentissima ripresa delle economie occidentali.

Prodotti lunghi

L’andamento lento ma crescente del rottame accompagna l’analoga evoluzione dei prezzi dei prodotti lunghi rilevati da Siderweb, ai quali è dedicata la figura 2 che illustra, con scale differenziate, nel diagramma superiore i prezzi della vergella in duplice tipologia, in quello inferiore le quotazioni del tondo per cemento armato e dei laminati mercantili.

Come si può osservare, la fase negativa del ciclo precedente si esaurisce anch’essa a inizio novembre con cali compresi tra il 14,6% della vergella da trafila e il 38,6% del tondo per cemento armato. Segue lo sviluppo della fase ascendente del nuovo ciclo, che riporta i prezzi intorno ai mas- simi di settembre, con recuperi piuttosto consistenti: +71,1% il tondo, +47,3% i laminati, +19,7% la vergella da rete e +15,7% la vergella da trafila. Anche i prezzi delle travi, non segnalati in figura, seguono la stes- sa dinamica con una performance di +20,3%. In perfetta sintonia con l’inizio della correzione del rottame, anche i prezzi dei lunghi flettono a inizio febbraio con cedimenti compresi tra il -2% della vergella da trafila e il -15,1% del tondo. Si prospetta pertanto la continuazione della fase negativa del ciclo corrente, destinata comunque ad arrestarsi su quote superiori a quelle definite in occasione del minimo precedente.

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Prodotti piani

L’analisi del settore si conclude, come di consueto, raffrontando l’anda- mento dei prezzi dei coils con quelli delle lamiere nere rilevati da Sider- web (figura 3). Anche in questo caso si assiste al completamento della fase negativa del ciclo precedente con cedimenti del 13,7% e del 16,9%

rispettivamente a carico dei coils nazionali e dei coils extra UE, che a loro volta accompagnano la flessione dell’8,1% delle lamiere. Nella prima decade di novembre scatta la fase positiva del nuovo ciclo, che porta le curve dell’indice a schiacciarsi sul limite superiore, prefigurando l’avvio della fase negativa. Peraltro, mentre i prezzi dei coils extra UE già cedono

l’1,6%, quelli dei coils nazionali e delle lamiere nere non hanno ancora concluso la loro corsa, con performance rispettivamente di +18,6% e di +14,2%. La posizione dell’indicatore ciclico, unitamente all’avvio della correzione dei coils esteri, lascia tuttavia presagire il prossimo ribasso dei piani. Sulle quotazioni delle lamiere zincate, non illustrate in figura, influiscono i prezzi dello zinco che nell’ultimo mese, dopo un lungo pe- riodo di rialzi, segnano un drastico calo. Anche per le zincate, dunque, si profila quel contenuto quanto temporaneo ribasso dei prezzi atteso a carico dell’intera filiera siderurgica.

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È realista e concreto l’intervento di Hans Wouters, analista di Accenture, durante il 19° Steel Market Outlook organizzato da Siderweb. La relazione verte sul tema crisi e ripresa ma non man- cano riferimenti ai fenomeni di consolidamento e di ristruttura- zione che hanno caratterizzato e stanno caratterizzando i mer- cati internazionali per poi arrivare ad approfondire i trend che contraddistingueranno i prossimi mesi.

D’accordo con le osservazioni iniziali di Fornasini che vedono una lenta ma reale crescita dell’economia mondiale, Wouters confronta i dati sul consumo apparente degli ultimi cinque anni tra i Paesi emergenti e il resto del mondo. Ciò che sottolinea è la forte spaccatura fra tre diverse macro aree: una prima, sopran- nominata «emergente», nella quale inserisce soprattutto Cina e India.

LA RIPRESA IN UN MONDO MULTIPOLARE

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Hans Wouters

(Accenture)

“Non è più il vecchio mondo occidentale

a determinare l’economia”

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Una seconda, composta tra le altre da Brasile e est Europa e una terza in cui include Europa e Nord America. La diversità delle tre zone sta nella reazione al periodo di recessione mondiale: la prima macro zona infatti, secondo l’analista di Accenture ha già superato la situazione di stallo, portandosi sui livelli del 2007 e del 2008.

Per questi Paesi la crisi non è stata che un momento, incassa- to ma già superato. Per quanto riguarda la seconda categoria d’emergenti (Brasile e est Europa), Wouters mostra una ripre- sa che viaggia ad un ritmo molto veloce, e le stime prevedono che già alla fine del 2010 si recuperino i volumi e la situazione

pre-crisi. Per gli altri (Europa, Nord America e Giappone), le dif- ficoltà sono assai maggiori e i dati non sembrano mostrare un ritorno alla normalità almeno fino al 2012. Inoltre si è verificato uno «spostamento del polo produttivo» verso le aree orientali:

le previsioni fatte nel 2006 da Accenture davano infatti la Cina legata al 35% della produzione siderurgica mondiale nel 2009 mentre l’Europa avrebbe dovuto produrre un 20% del totale.

Stime disattese perché oggi la Cina pesa per un «preoccupan- te» 46% mentre l’Europa fornisce solo l’11% dell’output globale.

Questi dati mostrano come la ripresa sia trainata dalla Cina ma anche come negli ultimi anni si sia spostato il polo produttivo

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mondiale e, in sostanza, mettono un accento diverso alla parola

«ripresa». Da una visione produttiva passa poi ad analizzare la situazione delle grandi acciaierie italiane ed europee.

Confrontando i guadagni e l’andamento delle acciaierie fino all’anno scorso appare chiara la ripresa. Tutte le aziende di riferi- mento si stanno rialzando con alcune differenze: ci sono società che sono rimaste in positivo mentre altre che, dopo un periodo di rosso, stanno tornando a generare profitti. Le strategie gioca- no un ruolo chiave: la capacità di mantenere, anche nei momenti di bassa congiuntura, una buona performance è ciò che permet- te, secondo Wouters, all’azienda di sopravvivere. La «prontezza

strategica» è uno degli elementi chiave, soprattutto in un mo- mento di difficoltà come questo. Esistono differenti strategie: c’è chi sceglie una forte crescita, magari di copertura mondiale o, dall’altra, c’è chi opta per una specializzazione di prodotto. Una cosa certa è che la crisi c’è stata per tutti, tutte le aziende hanno dovuto confrontarsi con la recessione, anche chi andava meglio.

Chi è in grado di rispondere bene e reagire a questi momenti di bassa marea poi mediamente dimostra una performance mi- gliore negli anni a seguire.

Questo è quindi, secondo Wouters, un momento decisivo per il futuro. La condizione delle aziende italiane è più critica che in

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altri Paesi e le società tricolori restano sotto la media in tutti i criteri presi in considerazione: guadagni totali, margine effettivo e ritorno sul capitale. Le grandi acciaierie del nostro Paese han- no si saputo sfruttare al meglio il boom di crescita degli ultimi anni ma si sono trovate poi a dover fare i conti con dei problemi strutturali che ancora opprimono enormemente il sistema. Wo- uters infatti sottolinea che «l’incredibile espansione vissuta solo un paio di anni fa, difficilmente si presenterà di nuovo» e che «in Italia, la mancanza di materie prime e il costo dell’energia sono difficoltà strutturali che pesano e continueranno a pesare in fu- turo».

Quale percorso devono dunque seguire le aziende? L’analista non si espone in previsioni ma a parlare sono i dati: le imprese che scelgono la via strategica del consolidamento o della specia- lizzazione sono quelle che si difendono meglio nei periodi neri e ottengono poi i risultati migliori nella fase appena successiva.

In termini di consolidamento gli ultimi due anni sono stati «tran- quilli», non ci sono stati grandi operazioni. Un problema persi- stente è la mancanza di capitale, la maggior parte dei gruppi ha tenuto l’occhio all’interno dell’azienda e di conseguenza non si sono viste grandi acquisizioni. Sicuramente ci saranno opera- zioni legate al «far parte della crescita nei mercati in via di svi- luppo, soprattutto Asia e Sud America e probabilmente anche delle aggregazioni per disperazione, delle fusione tra piccole o medie imprese che cercheranno così di avere più probabilità di sopravvivenza». Volgendo lo sguardo poi verso i trend che con- traddistingueranno il prossimo futuro Wouters prevede che le nuove tecnologie integrate tra i vari livelli aziendali svolgeranno un ruolo fondamentale.

L’integrazione aziendale dell’information technology permet- terebbe di migliorare molte operazioni anche nella quotidiana gestione imprenditoriale. Una più mirata pianificazione delle manutenzioni è solo uno degli esempi citati dall’analista. Il tema

sicurezza e sostenibilità aziendale sono altri due aspetti impor- tantissimi che la maggior parte delle aziende stanno prendendo in considerazione. Anche in questi ambiti, l’integrazione con le nuove tecnologie giocherà un ruolo centrale.

«Sulla sicurezza del luogo di lavoro - spiega Wouters –, tema d’at- tualità che ormai tutte le aziende non possono non prendere in considerazione, si sono sviluppate tecniche interessanti. Dal mondo militare è arrivata una maglietta alla quale sono appli- cati dei sensori che misurano il polso, la pressione e attraverso un cellulare inviano tutte le informazioni. In questo modo, in ogni momento possiamo vedere la salute delle persone che, ad esempio, stanno facendo la manutenzione in un altoforno o in qualsiasi altro luogo rischioso».

Wouters inoltre è convinto che la sostenibilità e i temi legati all’ambiente, così come la responsabilità sociale, siano questioni di grande attenzione da parte delle imprese nei prossimi anni.

«Stiamo assistendo ad una crescita dell’interesse da parte di molti gruppi in materia di risparmio energetico e di produzione di energia secondaria per riscaldare. Ci sono soluzioni che arriva- no dall’edilizia che si possono sfruttare anche nelle aziende».

Secondo Wouters stiamo vivendo in un mondo del tutto diverso da quello di qualche anno fa. Il contesto in cui svolgiamo le no- stre attività è mutato: «Il globo è diventato multipolare, non c’è più il vecchio mondo occidentale che determina le sorti dell’eco- nomia, oggi coesistono diverse aree con differenti caratteristiche e discordanti punti di forza e di debolezza».

L’intervento dell’analista di Accenture si conclude con una nota di timido ottimismo: «ci sono lievi segnali di ripresa, non saranno sufficienti a risolvere i problemi strutturali (soprattutto in Italia) e non pensiamo che le performance di due anni fa possano ri- petersi, ma un dato buono c’è: abbiamo toccato il fondo e ora stiamo lentamente risalendo».

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Dal consumo reale alla situazione internazionale delle materie prime, dagli stock al ruolo dell’Europa nella siderurgia. È una panoramica a 360° quella compiuta da Giovanni Bajetti, COO Duferco Italia, durante la 19° edizione dello Steel Market Outlook. Una panoramica con una stella polare: i prodotti da forno elettrico.

«Prima d’iniziare l’analisi – ha esordito Bajetti – appare necessaria una premessa. Il mondo dei lunghi è estremamente variegato: si va da prodotti comuni come il tondo per cemento armato a nicchie come l’acciaio bonificato. Nei lunghi la catena distributiva, gli stock e le dinamiche possono essere molto diverse tra un prodotto e l’altro:

di ciò bisognerà tener conto».

Una volta chiarito questo punto fondamentale, Bajetti spiega che

«pur con l’inevitabile approssimazione insita in statistiche di questo tipo, si stima che nel 2009 la richiesta reale di prodotti siderurgici lunghi in Europa sia scesa del 25%-28%, con punte ancor maggiori (fino al –40%) per i prodotti di qualità». A fronte di questa situazione, però, l’impatto che hanno dovuto assorbire le acciaierie è stato di gran lunga superiore. «La riduzione della produzione da parte delle ferriere è stata più vicino al –50% che al –25%/-28% accennato in precedenza. Nel corso dell’anno, inoltre, si è arrivati a delle punte del –60%/-70%. Lo scarto tra i due valori non rappresenta nient’altro che la differenza tra domanda apparente e domanda reale, che pesa sui conti e sui volumi delle acciaierie a causa del fenomeno di forte destoccaggio che è avvenuto».

Ora, però, la situazione appare diversa. Gli ordinativi dei produttori sono lentamente cresciuti fino ad attestarsi ad un –30% rispetto agli anni del boom, facendo toccare con mano ai siderurgici la vera entità del consumo reale, in quanto l’apparente oggi non sta incidendo.

«Ciò che arriva alla produzione è pressappoco ciò che realmente viene consumato in termini di impiego nell’acciaio: per le ferriere quindi la situazione è meno drammatica rispetto a qualche mese fa. C’è un certo incremento degli ordini dovuto all’eliminazione delle scorte, al progressivo collimare, spiegato in precedenza, tra la domanda reale e la domanda apparente». In questo panorama, comunque, non va dimenticato che negli ultimi mesi c’è stato un miglioramento «di qualche punto percentuale del consumo reale».

Alzando lo sguardo e passando dalla congiuntura alla strategia, Bajetti ha sottolineato che «si nota un fenomeno di progressiva perdita della capacità di condizionamento dei trend del mercato siderurgico da parte dell’Europa». Nel 2010, come anche negli anni immediatamente precedenti, le sorti dell’acciaio “Made in Ue” sono

«fortemente influenzate dalle dinamiche dei Paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina)» e anche in nazioni che mai avevano avuto la possibilità e la capacità di incidere nel mondo economico «si notano interessanti fenomeni di crescita percentuale del PIL. Soprattutto nell’Africa subsahariana, un mercato finora quasi sconosciuto». In questo scenario «l’Europa ha poca possibilità di incidere».

E in futuro questa capacità non pare destinata ad aumentare.

Tornando al mercato, Bajetti ha ribadito il delicato momento del comparto e ha dichiarato che «in un periodo come questo vale la pena non buttarsi in difficili previsioni, ma richiamare l’attenzione su alcune informazioni e valutarle, ricavando le conclusioni del caso».

In primo luogo «nell’ultimo anno alcuni prodotti, in particolare le materie prime ed i semilavorati, in Europa hanno mostrato un andamento del tutto incoerente rispetto ai prezzi dei prodotti finiti».

In particolare questo discorso vale per il rottame e le billette che,

«pur con oscillazioni delle quotazioni» sono rimaste «cronicamente fuori posto rispetto ai prezzi di vendita di tondo, travi, vergella e laminati mercantili». È fondamentale «porre in evidenza questa anomalia, in quanto si protrae da mesi e rischia di mettere in difficoltà il comparto». Ma perché accade ciò? «Per i motivi che abbiamo detto in precedenza: la perdita di centralità dell’economia europea nell’agone mondiale – ha spiegato Bajetti - i prezzi delle materie prime e dei semiprodotti nel Vecchio Continente sono determinati non dalla situazione europea, ma rappresentano una sintesi della situazione del mercato a livello globale, in particolare nei Paesi che oggi stanno correndo di più». In altre parole «gli operatori dell’acciaio europei, soprattutto della vecchia Europa, si trovano in una situazione complicata. Subiscono, infatti, una doppia compressione tra una tendenza ormai consolidata dei costi delle materie prime e dei semilavorati su cui hanno scarsissima possibilità di intervento ed una situazione non altrettanto rosea

IL PUNTO SUI PRODOTTI LUNGHI

«Oggi si è chiuso il gap 3

tra domanda reale ed apparente»

Giovanni Bajetti COO Duferco Italia

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sul lato della domanda». Mentre le economie in crescita hanno la possibilità, grazie ai volumi e all’entità della richiesta, «di scaricare a valle i rincari delle materie prime e quindi di mantenere un delta tra costi e ricavi per garantire una corretta copertura dei costi e margini adeguati, in Europa il quadro è diverso. Le acciaierie sono bloccate da un andamento delle materie prime legato a variabili che dipendono da altre economie, ma si trovano poi a dover affrontare un assorbimento dei prodotti finiti ancora scarso e discontinuo che impedisce un’evoluzione del prezzo in salita». Per i produttori di acciaio, quindi, «la congiuntura continua ad essere complicata, anche se è destinata a migliorare nei prossimi mesi».

Come gestire, in attesa di tempi migliori, questa situazione? «L’unica strada possibile è mantenere il ritmo delle produzioni al di sotto delle potenzialità massime, adeguandolo all’attuale basso livello della domanda». Oggi «c’è una corda tesa tra domanda apparente e reale: bisognerà quindi mantenere produzioni adeguate alla progressione o all’evoluzione della richiesta».

Ma il compito delle ferriere non si ferma qui. «Parallelamente alla gestione dei flussi, sarà necessario adoperarsi per ribaltare sul prezzo finito i rincari pagati ai fornitori di materie prime e semilavorati, al fine di arrivare ad un corretto bilanciamento dei costi, assicurando alle aziende siderurgiche la sopravvivenza».

Questi accorgimenti serviranno anche «per riuscire a continuare nei piani di miglioramento impiantistico, che non sono un’opzione ma una necessità per chi vuole restare sul mercato».

Riducendo la scala temporale del ragionamento, cosa è lecito attendersi a breve? «Tutti gli strumenti di rilevazione che noi abbiamo, anche molto vicini al settore dell’acciaio come le previsioni di Eurofer, spingono ad ipotizzare un consumo reale estremamente morbido ma in costante progressione a partire dal primo trimestre, con un’accelerazione dal secondo trimestre».

La doppia compressione di cui sono vittima le acciaierie, quindi,

«andrà progressivamente ad alleviarsi trimestre dopo trimestre man mano che il consumo reale crescerà». Da escludersi, quindi,

«gli strappi verso l’alto, ma anche un’inversione di tendenza con un ritorno al segno meno – ha continuato Bajetti -. Tutte le attività utilizzatrici di acciaio vedranno il segno più, magari anche solo un +0,1%, ma saranno in territorio positivo». Per una ripresa più decisa dei consumi, invece, «bisognerà attendere la fine del 2010 o l’inizio del 2011». Per i produttori, quindi, «non c’è altra strada che quella descritta in precedenza: accompagnare la crescita con tranquillità, tenendo ben presente la necessità del ribaltamento a valle dei costi senza però forzare un mercato ancora molto debole, ma adeguando l’offerta alla domanda».

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DOPO OGNI TRAMONTO, COMUNQUE, C’È SEMPRE UN’ALBA…

«È necessario riorganizzarsi per reagire ai cambiamenti imposti dalla crisi»

CESARE VIGANO’

(CLN e coordinatore della sezione centri servizio di Assofermet)

Uno sguardo critico sulla situazione lasciata dalla crisi nella geo- siderurgia e sui centri servizio italiani. Questi i temi affrontati da Ce- sare Vignanò nel corso dell’intervento proposto all’interno del 19°

Steel Market Outlook organizzato da Siderweb.

«Siamo in concomitanza di una situazione che ci aveva fatto arrivare nell’estate 2008 a livelli di lavoro che per la facilità con cui si riusci- vano ad ottenere utili ci aveva fatto perdere qualche attenzione sui fondamentali – ha detto Viganò -. Disattenzioni che con la cosid- detta “tempesta perfetta di ottobre”ci hanno fatto cadere dal cielo causandoci parecchio dolore. Da li in avanti tutti i dati e gli indici ci dicono che siamo entrati in una fase di disagio che purtroppo è ancora in corso. Il 2009 è stato un anno strettoia, di cui tutti in ma- niera arbitraria abbiamo dovuto subire

le conseguenze».

Viganò ha poi rimarcato i profondi cambiamenti subiti dall’intero sistema della siderurgia mondiale dove in una manciata di anni si è visto il totale ri- baltamento delle quote di mercato e produzione.

«Se guardiamo alla geo-siderurgia, - ha spiegato - un elemento significativo è la velocità con cui sono salite le pro- duzioni negli ultimi 30 anni. Dal 1970 fino ai primi anni del 2000 c’è stato un aumento medio dell1,5% all’anno, au- mento che successivamente dal 2001 al 2007 è diventato più consistente toccando il 6,8% medio fino al 2007.

Una tendenza che si è poi invertita con il 2008 a -1,4% sul 2007 e con il 2009 a -8% sul 2008. Il dato sull’anno appena concluso è però un po’ falsato, infatti guardando con più attenzione la me- dia del -8% che citavo prima è compo- sta da un “resto del mondo” a -21,1% e con solo l’Asia di cui la Cina è 13,5% e in

generale a +3,5%. Ciò equivale ad una divaricazione totale tra Asia e mondo. C’è quindi una profonda differenza di scenario tra il 1997 ed il 2009 perché a fronte di un incremento da 800 milioni di tonnel- late a 1.220 c’ è un cambiamento di mix clamoroso. La Cina pesava 13,6% ed è finita a superare il 40%. E il continente asiatico al 60%. I due terzi dell’acciaio mondiale sono prodotti in Asia e quasi la metà in Cina. Se la guardiamo da un punto di vista dei paesi produttori ritroviamo le stesse indicazioni. All’interno dei primi dieci c’è solo un Paese dell’UE: la Germania. L’Italia che era fino all’anno scorso al 10° posto con il Brasile è finita fuori dalla top ten ed è entrata la Turchia. Se togliamo la Germania e la Turchia, quindi, tutto il resto è fuori dall’Europa».

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Lo spostamento ad est del baricentro produttivo dell’acciaio ha cre- ato quindi non poche problematiche ai produttori occidentali ed in particolare europei, problematiche che il comparto acciaio del vec- chio continente sembra però avviato a rendere meno difficili.

«Al di là delle prudenze – prosegue Viganò -, sicuramente nelle ma- cro indicazioni si può pensare ad un superamento della febbre alta e all’uscita seppur lenta dalla situazione grave toccata con mano nei mesi scorsi. All’orizzonte però per ammissione stessa dei produttori credo che non sia un mistero dire che la spinta che oggi noi abbia- mo da un punto di vista delle richieste di nuovi prezzi per marzo- giugno, sia sicuramente dettata dalla crescita delle materie prime che servono per la produzione di piani. Le cui quotazioni sono ge- stite solo da tre grandi attori. Ciò sta influendo anche sulla riparti- zione della ricchezza all’interno del comparto acciaio, che oggi vede come protagonisti il coke e il minerale ferroso. Nel 2000 il 78% degli utili della filiera siderurgica veniva incamerato dal produttore di ac- ciaio, il 7% dal venditore di coke e il restante 15% dagli estrattori di

minerale. Ora invece le acciaierie sono scese al 35%, i produttori di coke al 39% e gli estrattori al 26%: è stato un cambio epocale. L’al- tra considerazione forte è che mentre parlavo di oligopolio dei tre grandi del minerale che rappresentano il 70% dell’offerta, la stessa percentuale non è riscontrabile nel mondo dell’acciaio dove i primi tre produttori contano solo per il 13%. C’è un sensibile squilibrio tra oligopolio delle materie prime e la situazione dei produttori di ac- ciaio. Quindi da questo punto di vista direi che il prezzo in un’econo- mia matura è influenzato dalla domanda locale mentre il costo per alimentare questa vendita risente della situazione internazionale».

Questi i nuovi scenari con cui l’acciaio deve confrontarsi e adeguarsi data la sostanziale perdita della capacità di negoziazione accelerata dalla crisi. Ora bisogna quindi guadare al futuro, ripensare ai mecca- nismi che finora sembravano automatici e rinnovare la maniera di fare business.

«Venendo un po’ anche al nostro mestiere, quello relativo ai centri servizio – conclude Viganò -, bisogna andare avanti pensando che

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i prezzi di vendita che applichiamo noi sono solo legati al mercato locale mentre invece il costo dei coils è internazionale. C’è poi anche il caso in cui qualcuno assuma atteggiamenti diversi quasi volesse nuotare contro corrente, un comportamento che non mi sembra giovi a nessuno, e se qualcuno pensasse che il prezzo dell’acciaio è legato alla domanda si sbaglia clamorosamente. I coils nel recente passato hanno preso 350 dollari di aumento accrescendo del 70%

il loro valore, con una domanda che è diminuita: questo riconferma che non c’è una dinamica collegata nei paesi maturi ai veri consu- mi. A questo punto sempre rientrando nella distribuzione, se è vero che il costo del venduto risente di dinamiche che non sono della domanda, non possiamo più governarlo, per toglierci da quella compressione dei margini che ci ha accompagnato per tutto il 2009 e per l’inizio 2010 non ci resta che agire sulla salvaguardia dei ri- cavi. Non possiamo pensare di monitorare il costo di acquisto per comprare meglio ma dobbiamo tenere a mente le due variabili che possono portarci ad una situazione problematica, e cioè un corretto dimensionamento dei costi alla luce della attività ridotta, e la rin- corsa dei margini». Per ciò che concerne la crisi, poi, dall’inizio si è verificata «una fase di 6 mesi criticissima a cui sono seguiti i secondi 6 mesi con un forte ridimensionamenti nell’accesso al credito ed oggi siamo nel nuovo anno con una modifica strutturale delle con- dizioni per fare business».

Secondo Viganò, infatti, nulla sarà più come prima. «Non possiamo più pensare di fare la nostra attività nella maniera in cui la facevamo un anno e mezzo fa. A volte il tempo è medico e il processo di ridu- zione dell’output che è stato fortissimo nel 2008 (-50%) si avvia alla fase conclusiva con la fine del destoccaggio, quindi siamo in una logica di percorso virtuoso. La contrazione del 2009 a livello interna- zionale, dove ogni paese si è chiuso in se stesso, probabilmente non si verificherà ancora. A livello di produzione dei piani, il consuntivo 2009 rispetto al 2008 mostra i centri di servizio europei lavorare al -27% , con una ripulitura del sistema dove gli stock si sono allineati.

In una tale situazione non possiamo perdere troppo tempo, dob- biamo ritrovare quello che all’interno della filiera è un equilibrio di interazione che salvaguardi questo tipo di sistema complessivo.

Scaricare uno sull’altro dei tentativi singoli di venirne fuori è un ope- razione che crea danni all’intero sistema di distribuzione per come è organizzato oggi. Il ruolo del commerciante è con gli odierni pre- supposti strutturali del mercato, resta il punto debole della filiera perché la produzione ragiona con logiche dettate dalle materie prime e dagli sbocchi internazionali. Il cliente ha invece dalla sua la forza di un sistema distributivo iper numerico e con caratteristiche diverse e sfrangiate in cui non si riesce più a fare sistema. Ora è il momento per riflettere se vale la pena affrontare la ripresa assieme oppure ancora in maniera conflittuale».

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«Il quarto sottociclo del mercato del rottame – ha spiegato Romano Pezzotti, presidente di Assofermet Rottame – ha dato grandi soddi- sfazioni ai commercianti». In soli 40 giorni, di cui 10 festivi, «le quo- tazioni sono salite del 30% e si sono sbloccati grossi quantitativi di materiale, di provenienza non recente che sono andati in vendita in quanto i grossisti hanno potuto applicare il giusto valore aggiunto».

Questo flusso di materiale «ha compensato la carenza di raccolta che continua ad affliggere il mercato italiano. La negativa congiun- tura del meccanico e del manifatturiero, infatti, continua a rendere difficile il reperimento dei normali volumi». Tornando alla questione- prezzi Pezzotti ribadisce «che c’è un punto di rottura oltre il quale il rottame non può scendere, perché altrimenti non ci sarebbe remu- nerazione per il ciclo di recupero del prodotto». Oltre a ciò, è da sot- tolineare «la relazione tra rottame e prodotti finiti: in questo mondo dove la comunicazione viaggia velocissima, tutti gli utilizzatori di acciaio tengono monitorato attentamente il mercato della materia

prima per capire quando è il momento giusto per comprare». In que- sto senso «la nostra rete di monitoraggio segnala una forte tensione ancora su tutti i mercati, in particolare quelli dei Paesi in via di svilup- po. Questi nuovi attori della siderurgia mondiale anticipano le ten- denze del mercato: la conferma si ha guardando ai quattro sottocicli spiegati in precedenza da Fornasini. Nel corso di queste dinamiche si nota sempre la stessa impostazione: il mercato è partito dall’Asia e solo successivamente è arrivato da noi. Il mercato domestico è con- dizionato dall’internazionale». Per i prossimi mesi Pezzotti si è detto convinto «che vedremo il verificarsi di quello che stiamo dicendo da tempo cioè che si concretizzerà un piccolo, forse piccolissimo incre- mento della produzione siderurgica che chiamerà a sé più materie prime, evidenziando la carenza di rottame in Italia». Dal punto di vista del mercato, insomma, «sono convinto che nei prossimi mesi conti- nueremo con un graduale miglioramento della situazione, magari facendo due passi avanti e uno indietro, ma continuando a crescere».

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Romano Pezzotti, presidente Assofermet Rottami

«TREND DI FONDO IN ASCESA PER

IL MERCATO DEL ROTTAME»

Cesare Pasini,

presidente Nuovo Campsider L’intervento di Cesare Pasini, presidente di Nuovo Campsider, si è concentrato «sulla criticità tipica del sistema europeo dell’acciaio che sta vivendo l’aumento delle materie prime dovuto alla cresci- ta dei consumi a livello mondiale, che però non riesce a sfruttare questo effetto sul lato delle vendite, in quanto le acciaierie vivono in un mercato che non dà la possibilità di sfruttare a pieno le pro- duzioni». E tutto ciò vale per tutti i costi produttivi, non solo per il rottame. Quest’ultimo, però, «è condizionato dalla Turchia». Una na- zione che oggi «è particolarmente esposta sul mercato del tondo

per cemento armato, che attualmente nell’area mediterranea non può contare su volumi elevati». Questa situazione congiunturale, comunque, si innesta su un «trend positivo di fondo che caratte- rizza il comparto del rottame». La speranza per le acciaierie «è che questo aumento delle materie prime si possa riversare anche sui prodotti finiti e in particolare sul tondo per cemento armato». Nel brevissimo termine, invece, «la correzione di cui parlava Fornasini in parte c’è già stata in parte la stiamo aspettando, anche se for- se potrebbe essere parzialmente disattesa dalla realtà dei fatti».

«DUE PASSI AVANTI E UNO INDIETRO»

Gli interventi dal pubblico

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«IL TRIENNIO 2006-2008 HA REGALATO SOLO ILLUSIONI»

Luigi Cuzzolin, a.d. di Pipex Il triennio 2006-2008? «Io lo considero il peggior momento della mia

carriera siderurgica». Non è ricorso a mezze misure Luigi Cuzzolin, a.d. di Pipex, per definire il cosiddetto “triennio d’oro” dell’acciaio. «In questo periodo di tempo si è assistito alla creazione di un mercato virtuale, si è creata una grande illusione, la gente ha acquistato beni di cui non aveva bisogno indebitandosi e alimentando un mercato che poi è scoppiato. Io mi auguro che non ritorni più un periodo come il 2006-2008: non abbiamo bisogno di un’altra bolla speculati- va». Meglio, quindi, il 2004-2005, quando «magari c’era un po’ meno domanda ma tutti vivevano bene, i prezzi che abbiamo erano leg- germente inferiori a quelli odierni, i costi inferiori e c’era una mag- giore facilità ad ottenere credito». Inoltre, sarebbe opportuno smet- tere di fare paragoni con gli anni appena trascorsi. «Siamo in Italia e viviamo in un Paese dove di grandi opere non ce ne sono più, i con- sumi sono fermi, e i volumi si fanno sulle esportazioni. Siamo sicuri

che se restiamo quelli che siamo sul mercato c’è spazio per tutti?»

Passando da temi di natura strategica ad una visione più tattica e di breve termine sul mercato, Cuzzolin ha rilevato che «nei tubi senza saldatura a caldo la crisi c’è ma non si sente in maniera pe- sante. Sui prodotti per il petrolchimico c’è una certa tenuta, per la meccanica invece c’è crisi ed il comparto è fermo. Sui prodotti commerciali (gas, sanitario, antincendio) c’è mercato ma la lotta sui prezzi è incredibile e c’è un grosso problema legato alle ma- terie prime, con il rottame che è salito ma in maniera superiore al rincaro dei finiti». Per ciò che concerne il settore del trafilato a fred- do «la congiuntura è drammatica: nel 2008 le vendite sono state circa 800.000 tonnellate, nel 2009 350.000 tonnellate e per torna- re a 500.000 tonnellate sarà necessario aspettare almeno fino al 2015. Nel frattempo, però, la capacità produttiva è raddoppiata».

«PRIMO TRIMESTRE 2010 PUNTO PIù BASSO

DELLA CONGIUNTURA»

Enrico Fornelli,

direttore commerciale di Beltrame Il comparto dei laminati mercantili sta soffrendo. Lo ha detto Enrico Fornelli, direttore commerciale di Beltrame. «La situazione attuale non è bella: tutti nella fine del 2009 si aspettavano un miglioramen- to nel 2010 ma nei primi mesi nulla è cambiato. Oggi non esiste il consumo reale ma nemmeno il consumo apparente, siamo al con- sumo passato nel senso che i commercianti comprano quello che hanno appena venduto e nessuno vuole investire sul magazzino in questo momento». Nei mercati all’export, invece, la congiuntura è migliore: «nel Maghreb ci sono ancora consumi accettabili, ma i prezzi non sono soddisfacenti». Per ciò che concerne l’Europa «po- tremmo dividerla in tre. A nord ci sono volumi ridotti ma stabili.

Al centro, nei Paesi che gravitano intorno a Francia e Germania, la

richiesta rimane molto bassa e c’è poca fiducia nel breve termine:

c’è confusione e manca chiarezza. Nel sud Europa, infine, la foto- grafia è simile a quella mitteleuropea però con alcune aggravanti:

il numero maggiore di player e un fortissimo nervosismo». Come affrontare questo periodo? «Ognuno di noi, fermo restando che il punto più basso sia di breve durata e successivamente ci sarà un minimo di ripresa, deve fare la sua parte cercando di non esaspe- rare quello che è un momento delicato e di restare calmo». I pro- duttori italiani «vogliono cercare un equilibrio tra la domanda e l’offerta, noi siamo pronti a farlo e siamo pronti, se necessario, a diminuire la produzione fermando gli impianti. È l’unica strada che possiamo perseguire e l’unica strada che possiamo intraprendere».

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«TREND MIGLIORE PER L’INOx ANCHE SE ALCUNI PROBLEMI RIMANGONO APERTI»

Enzo Santarella, a.d. di Santarella In un mercato come quello dell’inox «sta diventando sempre più

difficile fare previsioni a medio o lungo termine». Infatti «la com- ponente nickel, che determina in larga misura il prezzo dell’acciaio inossidabile, è molto complicata da prevedere». Lo ha detto durante il 19° Steel Market Outlook Enzo Santarella, a.d. di Santarella.

La dimostrazione dell’imprevedibilità del nickel è data dall’analisi di quanto è accaduto l’anno scorso. «Nel 2009 le quotazioni del metal- lo sono passate da un minimo inferiore ai 9.000 dollari la tonnellata ad oltre 18.000 dollari, ed il tutto con uno stock al LME che è salito di oltre 100.000 tonnellate». Ciò, quindi, «va oltre la normale legge della domanda e dell’offerta e si spiega con il fatto che il comparto è influenzato dal maggior consumatore di nickel del mondo, che non è più l’industria dell’inox ma sono i fondi di investimento».

Passando dalle materie prime al mercato, nella seconda parte del 2009 in tutta la filiera c’è stata la corsa al destoccaggio dei materiali per cercare il corretto bilanciamento dei magazzini in funzione delle esigenze di mercato. Oggi «c’è un’importante richiesta di rottame da parte delle acciaierie e una maggiore domanda a livello globale. Ciò ha portato ad un incremento in breve tempo del 20%-25% dei costi di acquisto del materiale negli ultimi 40 giorni ed oggi ci troviamo nella necessità di ribaltare questi valori a valle». Seguendo il rilancio dei prezzi «la distribuzione nei giorni scorsi ha colto il momento con- giunturale favorevole, fissando acquisti importanti dai produttori di acciaio e rimpolpando i magazzini. Ora sarà necessario verificare se la domanda apparente si tramuterà in reale». Nonostante alcuni punti interrogativi, come la tenuta delle aziende e la forza del consumo,

«LA DISTRIBUZIONE NON PUò PIù ASPETTARE A RISTRUTTURARSI»

Mario Angiolini, direttore di Sider Center Dopo un 2009 «che ci ha provato» il settore siderurgico nel 2010 «si accinge a misurarsi con un anno che dovrebbe rappresentare l’inizio di una ricostruzione lenta, faticosa e duratura». Lo ha previsto duran- te il 19° Steel Market Outlook il direttore di Sider Center Mario An- giolini. Le conseguenze dell’anno appena passato, però, non si sono ancora manifestate appieno. Soprattutto in termini occupazionali e sotto il profilo finanziario, materia nella quale «i nodi non sono an- cora sciolti: le condizioni del credito restano molto restrittive e ten- deranno a peggiorare con la presentazione dei bilanci dei debitori».

Virando più nello specifico sul settore siderurgico, il primo punto da sottolineare è che la distribuzione di acciaio in Italia «si ritrova a fare i conti con una questione ancestrale, messa in ombra dai precedenti cinque anni, quella del sovrannumero degli operatori».

Questo problema «è reso oggi ancor più manifesto dalla presenza sempre maggiore nella distribuzione della produzione, che tende a scavalcare i propri clienti commercianti rivolgendosi spesso in maniera molto aggressiva direttamente agli utilizzatori». Un altro aspetto da tenere in considerazione è il cambiamento dell’assetto produttivo. Negli ultimi dieci anni mediante partecipazioni, fusioni, acquisizioni è avvenuta una concentrazione tra le acciaierie che ha determinato cambiamenti epocali nel settore. Ma neppure questi cambiamenti «hanno scosso una distribuzione che non può più aspettare a ristrutturarsi. Dev’esserci qualcuno, più avveduto, più lungimirante, più coraggioso, che segni la strada e bisogna che altri lo seguano». Passando al mercato, «la pausa natalizia è stata

lunghissima e abbiamo ricominciato solo da quattro settimane. In dicembre il mercato si aspettava aumenti di prezzo portati esclusi- vamente dalla spinta delle materie prime e dei costi di produzione.

Questi incrementi si sono poi verificati e si possono quantificare me- diamente in circa 50 euro la tonnellata rispetto ai minimi di novem- bre». Ciò è stato facilitato anche «dal recupero del dollaro e dai forti consumi che si verificano in Asia e in Brasile che determinano man- cate esportazioni verso l’occidente». A contrapporsi alla spinta delle materie prime, però, «c’è la controspinta della perdurante assenza di domanda che ha rappresentato un freno a rincari più pesanti di quelli visti finora».

A dicembre si era raggiunto «un equilibrio tra domanda ed offerta, mentre a gennaio con la ripartenza delle acciaierie si assiste anco- ra al mancato assorbimento della maggior produzione, tant’è che già si stanno prospettando altre fermate. Contemporaneamente la spinta delle materie prime sembra allentarsi».

Per i prossimi mesi «le previsioni non sono ottimistiche ma neppure catastrofiche. Le attese sono per un incremento del consumo reale del 10% circa che, se verrà accompagnato da un aumento dei prezzi e da una successiva stabilizzazione su quei livelli, potrebbe favorire il recupero di una marginalità da troppo tempo inesistente». Per faci- litare l’uscita dalla crisi, inoltre, «sarà necessario il dialogo tra produ- zione e distribuzione per ottenere quotazioni remunerative per en- trambi e tra i vari attori della distribuzione per diminuire il conflitto molto aspro che ha portato solo all’azzeramento degli utili».

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