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Il Fermo Amministrativo nella Giurisdizione Tributaria

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Academic year: 2022

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI GUGLIELMO MARCONI

FACOLTA DI GIURISPRUDENZA

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE GIURIDICHE

Il Fermo Amministrativo nella Giurisdizione Tributaria

Relatore Candidato

Ch.mo Prof. Felice Grande

Giuseppe D’Andrea Matr. 02909

Anno Accademico 2008/2009

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INDICE

INTRODUZIONE pag. 4

CAPITOLO I – La tutela del credito tributario

1. Il sistema di riscossione dei tributi: considerazioni di

carattere generale pag. 8

2. La tutela del credito tributario nell’ordinamento italiano pag. 15 CAPITOLO II Le azioni cautelari

1.Gli strumenti a disposizione dell’Agente della Riscossione nel recupero dei crediti tributari: le cautele patrimoniali del

credito e del rimborso pag. 18

2.Azioni cautelari pag. 20

2.1I privilegi pag. 23

2.2 Sequestro conservativo e ipoteca pag. 24

2.2.1 Oggetto e presupposti pag. 27

2.2.2 Il procedimento pag. 30

2.3 Iscrizione provvisoria, per fondato pericolo, dell’intero

ammontare del credito tributario contestato pag. 32 2.4 Altri istituti con funzione cautelare in materia di imposte

reddituali, di imposte in genere e di sanzioni non penali pag. 33 2.5 Le cautele nelle imposte doganali e di fabbricazione pag. 34 2.6 Le cautele a garanzia delle obbligazioni civili dell’imputato

per reati tributari pag. 34

2.7 Il fermo amministrativo pag. 35

3. Sospensione dei rimborsi e compensazione pag. 35 4. Vicende del provvedimento cautelare pag. 37 5. Le modifiche intervenute nell’anno 2009 pag. 38 6. Efficacia temporale delle misure cautelari adottate pag. 39

(3)

7. Modifiche alle quote inesigibili pag. 41

8. Le azioni esecutive pag. 42

8.1 L’espropriazione immobiliare pag. 43

8.2 Espropriazione mobiliare presso il debitore pag. 44 8.3 Espropriazione mobiliare preso terzi pag. 45 CAPITOLO III Il fermo amministrativo: natura giuridica

1. La natura giuridica del fermo amministrativo pag. 49 2. La titolarità del potere di sospensione del pagamento pag. 54 3. Inquadramento del fermo amministrativo in base alle

norme ed ai principi della contabilità pubblica pag. 56 4. Il fermo amministrativo in rapporto agli altri mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale pag. 58 5. Il fermo amministrativo in materia tributaria pag. 59 6. Il fermo in materia di rimborsi Iva pag. 60 7. Il fermo di beni mobili registrati disposto dal

concessionario della riscossione pag. 65

8. La funzione strumentale del fermo rispetto alla

compensazione pag. 73

9. I modi di rimozione del fermo: pagamento e ricorso pag. 79 CAPITOLO IV – Il fermo amministrativo: la giurisdizione

1. Quadro generale della giurisdizione in materia tributaria pag. 83 1.1 Il riparto di giurisdizione tra giudice tributario e giudice

ordinario pag. 88

1.2 Il riparto di giurisdizione tra giudice tributario e giudice

amministrativo pag. 89

2. La giurisdizione tributaria – concetto di tributo pag. 94

(4)

3. La materia sulla giurisdizione in punto di fermo

amministrativo successivamente al decreto Bersani pag. 97 4. La giurisdizione tributaria sul fermo amministrativo pag. 100 4.1 Il preavviso di fermo : natura e tutela pag. 110 4.2 Una recente pronuncia delle Sezioni Unite sul preavviso

di fermo pag. 111

CONCLUSIONI pag. 119

BIBLIOGRAFIA

Testi pag. 125

Riviste e periodici pag. 127

Siti internet pag. 128

Sentenze pag. 128

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INTRODUZIONE

Questo lavoro si propone di offrire una riflessione sull’istituto del fermo amministrativo e sulla tutela del contribuente.

Al fine di colpire “l’evasione da riscossione” per lungo tempo esercizio preferito dai contribuenti, il legislatore è intervenuto introducendo nell’ordinamento giuridico la possibilità per la P.A., attraverso il concessionario della riscossione, di aggredire coattivamente i beni mobili registrati dei contribuenti morosi.

L’istituto del fermo amministrativo è stato inserito nella legislazione recente con l’introduzione dell’art. 91 bis nel d.p.r. n.602/73 secondo il quale

“qualora in sede di riscossione coattiva di crediti iscritti a ruolo non sia possibile, per mancato reperimento del bene, eseguire il pignoramento dei veicoli a motore e degli auto scafi di proprietà del contribuente iscritti in pubblici registri, la direzione regionale delle entrate ne dispone il fermo” . Con la successiva riforma della riscossione approvata con il d.lgs. n.46/1999 e successivamente con il d.lgs. n.193/2001 fu inserito, in sostituzione dell’art. 91 bis, l’art. 86 che nasceva con l’intendo di allargare le maglie della esecuzione coattiva limitando anche le tutele del debitore impedendogli la possibilità di distrarre artatamente i beni mobili registrati su cui poter soddisfare il credito iscritto a ruolo.

Essa si prefiggeva, cioè, il compito di indirizzare e dissuadere i contribuenti dal non pagare tributi e tasse iscritti a ruolo. In particolare si intendeva incidere in maniera più marcata sulla disciplina della riscossione semplificando e razionalizzando l’attività del concessionario rendendola più efficace ed incisiva.

Infatti, qualora il contribuente non assolva l’obbligo di pagare le cartelle esattoriali entro il termine di 60 giorni dalla notifica, salvo i casi di sospensione o dilazione di pagamento, il concessionario della riscossione, oggi Equitalia

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S.p.A, è legittimato a “disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti nei pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza”.

Molto spesso le attività dei concessionari hanno destato un forte “allarme sociale” perché il bene aggredito, l’autovetture, non potendo essere utilizzata in ragione del fermo, limitava la libertà di movimento dei contribuenti ivi compreso il disagio per raggiungere il posto di lavoro. Per evitare il fermo del bene, molto spesso anche per crediti esigui, il contribuente era costretto a pagare; stante anche la confusione interpretativa circa la giurisdizione competente sul provvedimento cautelare.

Ci si pose la domanda sul come può difendersi un contribuente di fronte ad un provvedimento di fermo amministrativo considerato che nella norma vigente fino alla novella Bersani, non vi era alcun riferimento alla autorità giurisdizionale dinanzi alla quale esperire il giudizio di opposizione alla misura cautelare.

Sia la dottrina che la giurisprudenza non sono state sempre univoche sul giudice competente. Alcuni giudici di merito ritenevano che il provvedimento di fermo amministrativo avesse natura cautelare e quindi di competenza della giurisdizione ordinaria (sentenza Giudice di Pace di Bari del 17/03/2003;

Tribunale di Brindisi del 04/03/2003; Cassazione Civile sez. I sentenza n.14999 del 28/06/2006); altri sostenevano che il fermo amministrativo fosse un atto amministrativo discrezionale e quindi di competenza del giudice amministrativo (sentenza T.A.R. Puglia n.392 del 04/02/2004; sentenza T.A.R. Emilia Romagna n. 2516 del 25/11/2003; in senso contrario Consiglio

di Stato sez. IV sentenza n.421 del 03/02/2006).

In questo panorama alquanto confuso e nell’assenza del regolamento con il quale si dovevano stabilire “le modalità e i termini e le procedure per l’attuazione di

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quanto previsto nel presente articolo” (art. 86 d.p.r. 602/73), si è inserita la legge Bersani.

Con l’introduzione della lettera “e ter” nel comma 1 dell’art. 19 d.lgs.

n.546/92 il legislatore pensò di mettere la parola fine alla disputa sul giudice competente a decidere sul fermo amministrativo.

Tale norma, infatti, ha attribuito espressamente al giudice tributario la competenza a decidere sui ricorsi contro il fermo amministrativo.

È previsto che tra gli atti impugnabili di competenza delle Commissioni Tributarie vi è “il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602 e successive modificazioni”. Ciò fece ritenere, ai più, l’esclusione della giurisdizione del giudice ordinario in ogni caso di fermo amministrativo. Fu detto, infatti, che poiché l’art. 35 c. 26 quinquies della legge di conversione del decreto Bersani, ha introdotto, tra gli atti che possono essere impugnati dinanzi al giudice tributario il fermo amministrativo, si è definitivamente chiarito, ope legis, quale debba essere il giudice dinanzi al quale impugnare i provvedimenti di fermo amministrativo ritenuti illegittimi.

Alla volontà del legislatore è seguito che il giudice di legittimità rivedesse il proprio orientamento.

Tale cambio di indirizzo è evidente ed esposto in modo articolato dalla Corte di Cassazione che a sezioni unite ha pronunciato la sentenza n.14831/2008

“sulla base di quanto disposto dall’art. 2 d.lgs. n.546/92, queste sezioni unite, anteriormente alla surricordata modifica dell’art. 19 del medesimo decreto, avevano ritenuto che in ordine al fermo di beni mobili registrati disciplinato dall’art. 86, d.p.r. 602/73, sussistesse la giurisdizione del giudice ordinario in quanto il fermo è preordinato all’espropriazione forzata, atteso che il rimedio, regolato da norme collocate nel titolo II sulla riscossione coattiva delle imposte, si inserisse nel processo di espropriazione forzata esattoriale quale mezzo di realizzazione del credito. Questa esegesi non può oggi essere mantenuta di

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fronte alla chiara volontà del legislatore di escludere il fermo di beni mobili registrati dalla sfera tipica dell’espropriazione forzata … e conclude … la modifica introdotta all’art.

19, d.lgs. n.546/92, di cui si discute in questa sede, non ha apportato, come sua conseguenza, una corrispondente modifica del primo periodo del comma 1 dell’art. 2 del medesimo decreto, a norma del quale la giurisdizione tributaria resta ancorata, come alla sua base legittimante, alle controversie concernente tributi, sia pure in ogni genere e specie, comunque denominati. Ciò non può non significare che le controversie relative al fermo di beni mobili registrati che possono essere conosciuti dal giudice tributario siano solo quelli concernenti crediti da tributi”. La stessa sentenza si è preoccupata, stante l’incertezza interpretativa, di venire incontro al contribuente stabilendo che

“qualora il ricorso non sia stato originariamente proposto innanzi al giudice competente in relazione alla specifica natura dei crediti posti a fondamento del provvedimento di fermo, opererebbe il principio della traslatio giudici …”

Ciò nel solco dell’orientamento più volte espresso dalla Corte Costituzionale che l’oggetto della giurisdizione delle commissioni tributarie è la materia tributaria e il legislatore può riordinare o ristrutturare le commissioni tributarie nel rispetto di due limiti invalicabili, ossia di non snaturare le materie attribuite alla giurisdizione speciale e di assicurare la conformità a Costituzione del quadro delle competenza così risultanti.

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CAPITOLO I

La tutela del credito tributario

1. Il sistema di riscossione dei tributi: considerazioni di carattere generale.

Vi è una naturale tendenza, quando si parla di riscossione, a confrontare l'obbligazione tributaria con quella civilistica1 ed a notare le diversità che valgono a differenziare l’obbligazione tributaria da quella civilistica. E’ noto che la riscossione è l’insieme degli atti e fatti attraverso cui l'obbligazione tributaria è attuata ed estinta; essa è dunque assimilabile alla estinzione delle obbligazioni civilistiche, ma è, al tempo stesso, una funzione pubblica, matrice di atti autoritativi.

Un primo aspetto caratteristico della riscossione dei tributi è indubbiamente la tipicità delle sue forme, che sono rigidamente disciplinate. L'ente impositore non può riscuotere, se non nei modi previsti dalla legge, né il contribuente può liberarsi delle obbligazioni in forme diverse da quelle stabilite dalla legge.

L’Amministrazione finanziaria, a differenza del privato, non può disporre dei suoi crediti (c.d. indisponibilità dell'obbligazione tributaria). Pertanto, non si rinviene nella norma tributaria né la novazione del credito, né la remissione del debito. A parte il pagamento, i tributi possono estinguersi, nei limiti e con

1 La L. 22 settembre 1998, n. 337, ha demandato al governo il compito di riordinare la riscossione;

in attuazione di tale delega, sono stati emanati:

— il D. lgs. 22 febbraio 1999, n. 37, con cui è stato soppresso l’obbligo dei concessionari di rispondere del non riscosso come riscosso ed è stato previsto che i versamenti unitari possono essere eseguiti anche mediante delega al concessionario;

— il D. lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che ha riordinato la riscossione a mezzo ruolo

__Il D. lgs. 13 aprile 1999, n. 112, riguardante il concessionario. E’ stato disposto un potenziamento del Servizio nazionale di riscossione con D.I. 8 luglio 2002, . in L. 8 agosto 2002, n.

178, art. 3, commi 3 9, 12, 13 ter e 13 quater.

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le modalità previsti dalle norme tributarie, mediante compensazione2. Come in materia di determinazione del debito d'imposta, così in materia di riscossione, la legge innanzitutto obbliga i contribuenti a provvedere di propria iniziativa al pagamento delle imposte (c.d. autotassazione).

Il compito dell'Amministrazione finanziaria è, quindi, in primis, quello di controllare gli adempimenti dei contribuenti, e, in secondo luogo, di formare atti diretti a determinare il pagamento.

Si ha, così, una fondamentale distinzione, tra:

a) riscossione c.d. spontanea, ossia senza ruolo, che si sostanzia nel versamento diretto e ritenuta alla fonte;

b) riscossione in base ad atti emessi dall'Amministrazione finanziaria.

L’estinzione della obbligazione tributaria avviene, normalmente, con il pagamento di una certa somma di denaro determinata dalla natura del tributo per cui è dovuta e per come è determinata dalla legge. L’obbligo al pagamento è l’ultimo di una sequenza di atti che formano il procedimento tributario ed avviene, generalmente, secondo le modalità previste dall’art. 1 del D.P.R.

602/733.

La forma di riscossione più importante, dal punto di vista del gettito, è indubbiamente il versamento diretto ovvero, il pagamento di somme effettuate dal contribuente in esecuzione di un obbligo stabilito dalla legge ed in base ad autonoma liquidazione della somma da versare.

2 BUSCEMA S., voce Delegazione di pagamento (dir. fin.), in Enc. Dir., vol. XI, Milano, GIUFFRö, 1962, pag. 983.

3 Le imposte sui redditi sono riscosse mediante:

a) Ritenuta diretta;

b) Versamenti diretti del contribuente al concessionario e alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato;

c) Iscrizione nei ruoli.

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Sono quindi versamenti diretti quelli effettuati direttamente dai contribuenti, dai sostituti d’imposta e dai coobbligati, in basa ad un obbligo di legge ed alle scadenze dalla legge stabilite, indipendentemente da ogni intervento dell’amministrazione finanziaria.

Tra i versamenti diretti vanno ricordati i versamenti delle imposte determinate e liquidate dagli stessi contribuenti sui redditi risultanti nella dichiarazione annuale, nonché i versamenti relativi all’IRAP e i versamenti delle ritenute alla fonte effettuate dai sostituti d’imposta.

Con i versamenti diretti viene attuata la c.d. riscossione anticipata con la quale il legislatore mira ad avvicinare, fin quasi a renderli coincidenti, il conseguimento del reddito e il pagamento del tributo così come avviene normalmente per i redditi da lavoro. Tale forma di riscossione avviene nel corso del periodo d’imposta anticipando il verificarsi del presupposto.

La riscossione anticipata si realizza, infatti, in due modi:

a) mediante ritenuta d’acconto da parte dei sostituti d’imposta e successivo versamento;

b) mediante versamento di acconti d’imposta per autotassazione da parte del contribuente.

Ugualmente importante è la procedura di pagamento delle imposte mediante la formula della ritenuta alla fonte.

Al di fuori delle ipotesi di versamento diretto, il versamento delle imposte da parte del contribuente avviene a seguito di determinazione del relativo ammontare e dell’espressa richiesta di pagamento da parte del competente ufficio delle imposte. E’ questa la forma normale di riscossione delle tasse e delle imposte indirette.

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Pertanto, in tutti i casi in cui la riscossione delle imposte non è prevista o non è avvenuta in maniera spontanea mediante ritenuta d’acconto o versamento diretto, avviene attraverso il tradizionale strumento del ruolo.

Il ruolo è un atto amministrativo collettivo, non meglio specificato dalla norma, che racchiude un elenco di somme da riscuotere (per imposte, interessi, sanzioni)4. La disciplina base della riscossione a mezzo ruolo è contenuta negli artt. 10 e ss. del D.P.R. n. 602/1973.

Il ruolo è definito come “l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario”

dall’attuale formulazione dell’art. 10 del DPR 600/73 come indicato dall’art. 2 del D.Lgs n.46/99.

La procedura di riscossione in esame inizia con la formazione del ruolo; in ciascun ruolo sono iscritte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell'ambito territoriale cui il ruolo si riferisce.

Le iscrizioni a ruolo presuppongono un titolo che le giustifichi5: i titoli che le legittimano sono la dichiarazione e l'avviso di accertamento.

Il concessionario, al quale viene consegnato il ruolo, deve rendere note ai singoli soggetti iscritti le iscrizioni che li riguardano mediante notificazione della cartella di pagamento. L'agente della riscossione o "concessionario"

4 Art. 10 d.p.r. 602/1973 Sono riscosse dalle esattorie mediante ruoli:

1) Le imposte per le quali non è prevista ritenuta diretta;

2) Le somme per le quali non è previsto o non è stato effettuato in tutto o in parte il versamento diretto;

3) le somme dovute per interessi, soprattasse e pene pecuniarie.

5 Sono riscosse a mezzo ruolo le somme dovute in base agli avvisi di accertamento di imposte sul reddito (imposte, interessi, sanzioni amministrative); nel settore delle imposte dirette, la riscossione a mezzo ruolo è l’unica prevista per gli importi dovuti in base agli accertamenti (in altre parole, ricevuto un accertamento, il contribuente non può pagare, ma deve attendere la cartella di pagamento). A differenza dell'avviso di accertamento delle imposte sui redditi, l’avviso di accertamento dell'imposta sul valore aggiunto determina un obbligo immediato di versamento.

L'avviso è anche atto della riscossione ed il mancato pagamento legittima l’iscrizione a ruolo.

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funge quindi da "intermediario" tra l'ente creditore e il cittadino debitore, e la cartella esattoriale e' il suo strumento operativo primario.

La procedura di riscossione attivata con la cartella puo' riguardare tutte le entrate dello Stato e degli enti pubblici, previdenziali e locali. In dettaglio si puo' dire che possono essere riscossi tributi, imposte sui redditi, Inps, Iva, imposta di registro, imposte ipotecarie e catastali, imposte sulle donazioni e sulle successioni, imposte erariali di consumo, diritti doganali, tasse automobilistiche e sulle concessioni governative, Ici, Tarsu, Tia, imposte comunali sulla pubblicita', sulle pubbliche affissioni, tosap, cosap, canoni demaniali etc. Anche le sanzioni amministrative in generale (come per esempio le multe per infrazioni al codice della strada o relative a servizi pubblici) non pagate alla loro naturale scadenza, vengono iscritte a ruolo e sono soggette alla stessa procedura di riscossione coattiva delle tasse e dei tributi.

Alle cartelle di pagamento si applicano i principi di ordine generale indicati per ogni provvedimento amministrativo dall'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n.

241 (poi recepiti, per la materia tributaria, dall'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, statuto dei diritti del contribuente).

Pertanto, anche nella cartella di pagamento, l'ente impositore ha l'obbligo di chiarire, sia pure succintamente, le ragioni dell'iscrizione nel ruolo dell'importo dovuto, in modo tale da consentire al contribuente un non eccessivamente difficoltoso esercizio del diritto di difesa.

La cartella di pagamento – redatta in conformità del modello approvato con decreto del Ministero dell’economia e delle Finanze – contiene l’intimazione a pagare le somme iscritte a ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella. La cartella esattoriale, in generale, puo' essere notificata dagli ufficiali della riscossione o altri soggetti incaricati dal concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale se vi

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sono apposite convenzioni con i Comuni, oppure tramite il servizio postale, in busta chiusa spedita con raccomandata a/r (art. 26 d.p.r. 602/73).

Se si accerta che le somme sono dovute il pagamento deve essere effettuato entro 60 giorni dalla notifica, oppure a rate nel caso che vi sia un accordo in tal senso. Normalmente il pagamento e' eseguibile presso gli sportelli dell'agente della riscossione, tramite pagamento del bollettino postale allegato o presso la propria banca.

Destinazione finale delle somme riscosse è in ogni caso la Tesoreria provinciale dello Stato (o la tesoreria degli altri enti impositori). Nei fatti il ruolo è un atto collettivo, riguardante una molteplicità di soggetti e di iscrizioni. Al singolo contribuente non interessa però il ruolo come atto collettivo, ma la singola iscrizione.

L'effetto che il ruolo spiega è duplice: da un lato fa sorgere, in capo al soggetto iscritto, un obbligo di pagamento; dall'altro, se l'obbligo non è adempiuto, l'iscrizione a ruolo legittima l'esecuzione forzata.

Il ruolo, quindi, ha valore giuridico di titolo esecutivo; quando il contribuente non paga le somme iscritte a ruolo, il concessionario può sottoporre ad esecuzione forzata i suoi beni.

Si discute, però, sulla natura giuridica dell'esecuzione fiscale: si discute cioè se si tratti di una procedura giurisdizionale o di una procedura amministrativa. La soluzione di tale problema classificatorio dipende, ovviamente, dai criteri della classificazione. La maggioranza della dottrina ritiene trattarsi di procedura amministrativa (c.d. autotutela esecutiva); vi è poi chi la considera giurisdizionale, e chi, infine, ponendosi nel mezzo, considera giurisdizionale solo la fase satisfattiva.

In caso di mancato pagamento, pertanto, l'agente della riscossione puo' mettere in atto le procedure esecutive che ritiene piu' opportune al fine di

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riscuotere il dovuto. Si va dal fermo amministrativo, all'iscrizione di ipoteca fino ad arrivare all'espropriazione forzata (pignoramento e vendita coatta) dei ben immobili e mobili del debitore e dei suoi coobbligati. Possono essere pignorati anche i crediti presso terzi e le somme dovute da terzi in ambito lavorativo (nella misura massima di un quinto).

L'esecuzione forzata fiscale è disciplinata dalle norme del diritto comune (codice di procedura civile, codice civile e, per l’espropriazione di navi e aeromobili, codice della navigazione), con alcune varianti, di cui segnaliamo le principali. Le attribuzioni che, nella procedura esecutiva ordinaria, sono svolte dagli ufficiali giudiziari, sono qui esercitate dagli ufficiali della riscossione.

Perché la procedura coattiva sia fruttuosa e, quindi, per individuare i beni da pignorare, gli agenti della riscossione:

a) sono autorizzati ad accedere agli uffici pubblici, anche in via telematica, con facoltà di prendere visione e di estrarre copia degli atti riguardanti i beni dei debitori iscritti a ruolo e i coobbligati, nonché di ottenere, in carta libera, le relative certificazioni;

b) sono altresì autorizzati ad accedere alle informazioni disponibili presso il sistema informativo del Ministero delle finanze (anagrafe tributaria) e presso i sistemi informativi degli altri soggetti creditori6.

L’esecuzione forzata si articola in tre momenti: pignoramento, vendita e assegnazione del ricavato7. L’espropriazione esattoriale segue la notifica della cartella di pagamento qualora il contribuente moroso non paghi. Essa, al pari dell’esecuzione ordinaria, si basa infatti su tre momenti essenziali;

a) Il pignoramento, che è l’atto con il quale i beni oggetto dell’espropriazione sono sottratti alla disponibilità giuridica e materiale del loro proprietario;

b) Il trasferimento coattivo del bene mediante vendita all’asta;

6 DI FRASCA R. La riscossione torna indietro in Bollettino tributario n.20/1999, pag. 987.

7Enrico De Mita nel volume Principi di Diritto Tributario – Giuffrè pag. 366

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c) la distribuzione del ricavato.

Il pignoramento dei beni mobili avviene nelle forme del diritto processuale comune, ad opera dell’esattore che deve redigere un verbale da consegnare e notificare al debitore. Eseguito il pignoramento, si procede alla vendita dei beni pignorati mediante pubblico incanto, entro centoventi giorni dall’esecuzione del pignoramento.

Terminate le operazioni di vendita, il giudice dell’esecuzione procede alla distribuzione del ricavato a norma degli artt. 510, comma 1, e 596 del codice di procedura civile.

2. La tutela del credito tributario nell’ordinamento italiano

Abbiamo descritto brevemente nel precedente paragrafo le modalità attraverso cui avviene la riscossione dei tributi e cosa comporta l’inadempimento dell’obbligazione fiscale, contenuta nel titolo esecutivo, da parte del soggetto passivo.

Qualora quest’ultimo sia inadempiente, l’amministrazione procede alla espropriazione coattiva dei suoi beni approfittando della generica garanzia patrimoniale che assiste il creditore e altresì di quella specifica accordata in alcuni casi alle ragioni del fisco.

L’autorità pubblica – e in specie quella finanziaria gode di una condizione relativamente privilegiata, perché può autotutelarsi, costituendo direttamente i titoli giuridici di cui essa ha bisogno per agire in concreto; a tal fine, per effetto dell’art. 35 del d.l. n. 233/2006 convertito in legge n. 248/2006, l’affidatario dei servizi esattivi può utilizzare i dati a disposizione dell’agenzia delle entrate.

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L’autotutela amministrativa è però bandita dalla legge per i procedimenti cautelari che tendono a garantire il futuro credito fiscale, imponendo vincoli al patrimonio del sospetto evasore: gli ufficiali devono rivolgersi al giudice tributario per iscrivere ipoteca sui beni del trasgressore o eseguire un sequestro (così dispone l’art. 22 del d.lgs. n. 472 del 1997.

L’art. 26 della legge n. 4 del 1929, prima che fosse abrogato dall’art. 29 del d.lgs. 1997 n. 472, conferiva all’allora intendente di finanza, nel caso in cui fosse commessa una violazione punita con pene pecuniarie, la facoltà di chiedere al presidente del tribunale, cui spettasse la competenza per territorio, l’iscrizione di ipoteca sui beni mobili del presunto reo o l’autorizzazione ad eseguire il sequestro sui suoi beni mobili.

Benché la norma riguardasse propriamente il credito relativo alle sanzioni pecuniarie, era comunemente invocata anche per chiedere al giudice i provvedimenti cautelari. Tra i poteri a disposizione dell'Amministrazione finanziaria si annoverano quelli previsti a tutela del credito erariale dall'art. 22 D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 rubricato “Ipoteca e sequestro conservativo”.

Il richiamato art. 22 prevede che, quando l'Ufficio (o l'Ente) competente all'accertamento del tributo ha il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata al presidente dalla Commissione tributaria provinciale8, l'iscrizione di ipoteca9 sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l'autorizzazione a procedere, a

8 Ai sensi del comma 5 dello stesso art. 22 D.Lgs. n. 472/1997, nei casi in cui non sussiste giurisdizione delle Commissioni tributarie, le istanze dell'Ufficio o dell'Ente devono essere presentate al tribunale territorialmente competente in ragione della sede dell'Ufficio richiedente, che provvede secondo le disposizioni del libro IV, titolo I, capo III, sezione I, del Codice di procedura civile, in quanto applicabili.

9 ) In base all'art. 2808 cod. civ., «l'ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione. L'ipoteca può avere per oggetto beni del debitore o di un terzo e si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari. L'ipoteca è legale, giudiziale o volontaria».

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mezzo ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo10 dei loro beni, compresa l'azienda.

Attualmente, l’art. 27, comma 5 del d.l. 185/2008, convertito nella l. 2/2009, ha modificato l'articolo 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, stabilendo che si applica anche alle somme dovute per il pagamento di tributi e dei relativi interessi agli uffici e agli enti di cui al comma 1 del medesimo articolo, in base ai processi verbali di constatazione.

Ciò significa che in caso di pericolo per la riscossione, dopo la notifica, da parte dell'ufficio o ente, del provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, si applicano le misure cautelari a tutela delle somme risultanti da quell’atto.

Le misure cautelari adottate perdono efficacia dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento della cartella di cui all'articolo 25, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per gli importi iscritti a ruolo.

10L'istituto del sequestro conservativo è disciplinato dall'art. 671 cod. proc. civ., secondo il quale «il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento».

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CAPITOLO II Le azioni cautelari

1. Gli strumenti a disposizione dell’Agente della Riscossione nel recupero dei crediti tributari: le cautele patrimoniali del credito e del rimborso

La riscossione coattiva ha inizio con la notificazione, da parte del concessionario, di una cartella di pagamento che contiene l'indicazione del tributo, il suo ammontare (oltre, se dovuti, le sanzioni e gli interessi) ed il termine per il pagamento.

In caso di mancato pagamento della somma iscritta ruolo entro il termine previsto, 60 giorni dalla notifica della cartella, il Concessionario deve procedere all’espropriazione forzata sulla base del ruolo che ne costituisce il titolo esecutivo.

Le funzioni demandate agli ufficiali giudiziari sono esercitate dagli ufficiali della riscossione.

Il procedimento viene eseguito secondo modalità diverse a seconda che si tratti di espropriazione di beni mobili presso il debitore (ad esempio, beni ubicati nella casa di abitazione), ovvero presso terzi (ad esempio, presso il datore di lavoro per le somme dovute a titolo di stipendio, nella misura di un quinto dello stesso), di espropriazione di beni immobili (ad esempio, la casa di abitazione del debitore).

Se il Concessionario non procede all’espropriazione forzata in una delle forme sopra indicate nel termine di un anno dalla data di notifica della cartella, è tenuto, prima di avviare tali procedimenti, a notificare al debitore un atto di intimazione ad eseguire il pagamento di quanto dovuto nel termine di 5 giorni.

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Il Concessionario, al fine di recuperare le somme iscritte a ruolo, è altresì autorizzato ad avvalersi di tutte le ulteriori azioni previste dalle norme ordinarie a tutela delle ragioni del credito.

Sul piano sistematico ci si riferisce ai diversi ed ulteriori poteri o diritti che il Concessionario della riscossione è autorizzato ad esercitare in via di azione quale il diritto riconosciuto dall’art. 1 comma 415 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) di “promuovere azioni cautelari e conservative nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del credito”. Questa disposizione, inserita in aggiunta al comma 1 dell’art. 49 del D.P.R. n. 602/73 rubricato “Espropriazione forzata”, infatti, consente al Concessionario di promuovere, accanto agli atti veri e propri dell’espropriazione forzata, il sequestro (azione cautelare), l’azione revocatoria e l’azione surrogatoria (azioni conservative). La norma amplia i confini del tradizionale ambito della sostituzione processuale, in cui comunemente viene collocato l’esercizio dei poteri dei Concessionari della riscossione.

L’ambito di intervento dei Concessionari, dunque, a seguito del completamento del processo di riforma della riscossione introdotto dal D.Lgs.

26.2.1999 n. 46, non è più limitato alla sfera dell’espropriazione forzata ma si estende ad ulteriori strumenti di riscossione coattiva:

1) il fermo dei beni mobili registrati;

2) l’ipoteca;

3) il pignoramento presso terzi con le particolarità connesse all’espropriazione del quinto dello stipendio e degli altri emolumenti connessi al rapporto di lavoro.

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2. Le azioni cautelari

Con il termine cautele patrimoniali nel settore tributario, intendiamo alludere, genericamente, a tutte quelle misure di natura patrimoniale volte a garantire il soddisfacimento dei crediti tributari e sanzionatori (sanzione pecuniaria), e dei diritti dell’erario al recupero nelle ipotesi in cui il rimborso “anticipato” o

“accelerato” dell’imposta effettuato a favore dell’obbligato dovesse risultare, a seguito di più penetrante controllo, indebito.

Dato il diverso atteggiarsi, dal punto di vista strutturale, degli istituti ricompresi nella nozione in esame, di essa può essere data una definizione unitaria solo in termini funzionali.

Possiamo dire, dunque, che tutti questi termini assolvono alla funzione di incrementare in maniera rilevante la probabilità di un credito vantato a favore del fisco verso il contribuente11. Questo obiettivo è ottenuto con il sapiente utilizzo, da parte del legislatore, di molteplici strumenti, che spaziano dai privilegi generali a quelli speciali, dai diritti reali di garanzia (pegno e ipoteca) ai diritti personali di garanzia (fideiussioni, solidarietà dipendente limitata, ecc.) Per ragioni di chiarezza è opportuno, da subito, distinguere le misure cautelari predisposte in ambito fiscale da quelle predisposte in ambito penalistico: una caratteristica del fenomeno che stiamo studiando sulla quale tutti, si ritiene, possono convenire consiste nella sua «pluridimensionalità», fiscale e penale, con i riflessi, che verranno esaminati, derivanti dal sovrapporsi, e magari dal confliggere, dei diversi livelli di manifestazione e di osservazione.

Più in generale, possiamo affermare che, quelle che esamineremo sono misure cautelari che si collocano nella fase del controllo e dell’accertamento, ispirate dall’esigenza di anticipare il più possibile la cautela del fisco, ma proprio questo è il loro punto debole.

11 FALSITTA G., Manuale di diritto tributario, Parte generale, quarta edizione, Padova, Cedam 2003, p. 308

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Nella fase del controllo e dell’accertamento le esigenze di tutela del contribuente risultano ragionevolmente ben più pregnanti rispetto a quanto accade invece nella fase della riscossione. Orbene l’esperienza ci insegna che il naturale bilanciamento tra interessi, immanente a tutte le misure cautelari, nella fase del controllo e dell’accertamento tenderà a legittimare la cautela a favore del fisco soltanto in casi piuttosto netti, agevolmente giudicabili secondo logiche di prudente apprezzamento. Si consideri infatti che a fronte delle misure cautelari attivate dal fisco l’ordinamento riconosce ovviamente al contribuente di agire a tutela dei propri diritti ed interessi, invocando la sua specifica tutela cautelare12. Al riguardo è sufficiente pensare alle argomentazioni che normalmente vengono svolte rispettivamente dagli uffici e dai contribuenti, per rendersi conto di come nella fase di controllo e di accertamento finiscano con il prevalere le esigenze di tutela dei contribuenti (poter proseguire la normale attività economica, evitare l’allarme presso il ceto bancario, evitare restrizioni di liquidità, evitare forme di discredito tali da alterare i rapporti con i fornitori, salvaguardare i livelli occupazionali, rischio di fallimento ecc.).

Viceversa nella fase della riscossione coattiva, e soprattutto laddove sussista iscrizione a ruolo a titolo definitivo, è ragionevole tenere in adeguata considerazione l’interesse del fisco, in quanto ormai il fisco, munito di titolo esecutivo, è certamente creditore e il contribuente è certamente debitore (salve patologie pur sempre possibili).

Quindi le misure cautelari classiche, collocate nella fase del controllo e dell’accertamento possono certamente assumere un ruolo significativo a salvaguardia dell’interesse del fisco, ma ciò in casi limitati, da affrontare con

12 PROTO PISANI, Procedimenti cautelari, in Enc. Giur., 1991, 12.

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estrema prudenza e da ponderare attentamente; viceversa implementare misure cautelari nella fase della riscossione soddisfa le esigenze di una fiscalità di massa, in cui taluni rigorosi automatismi possono risultare tollerabili, stante la definitività dell’iscrizione a ruolo e la certezza del rapporto obbligatorio.

Inoltre la competenza per le misure cautelari classiche appartiene agli uffici che si occupano del controllo e dell’accertamento. Soltanto con l’ipoteca ex art. 77 e il fermo ex art. 86, D.P.R. n. 602 sono state contemplate specifiche misure cautelari per la fase della riscossione, attribuendo il relativo potere al concessionario esattore.

È ovvio che le suesposte considerazioni comportano un evidente scostamento rispetto alla teoria tradizionale della tutela cautelare nei rapporti obbligatori, laddove la ratio della misura cautelare è quella di garantire il creditore quando egli ancora non è munito di un titolo esecutivo mediante il quale poter procedere ad esecuzione forzata13. Viceversa, come si avrà modo di vedere, l’ipoteca ed il fermo si collocano in una fase in cui il concessionario esattore dispone già del titolo esecutivo e quindi può procedere immediatamente all’esecuzione forzata.

Tuttavia la previsione di queste misure cautelari in presenza di titolo esecutivo

«si giustifica in virtù della peculiarità dei modi di attuazione dell’obbligazione tributaria e degli interessi pubblici che l’amministrazione deve tutelare»14. L’evidenza empirica dimostra l’inefficacia della riscossione coattiva (cui la recente riforma tenta di porre rimedio), per cui si deve prendere atto dell’introduzione di misure cautelari sui generis, ma quantomai ragionevoli, quale risposta dell’ordinamento a fronte del rischio, ma si dovrebbe dire della

“normale prassi”, della sottrazione dei beni alla riscossione, a fronte dei tempi

13 GLENDI, Sulla nuova disciplina delle misure cautelari pro fisco, in Riv. Giur. Trib., 1999, 156; MENTI, Il processo verbale di constatazione e le misure cautelari a tutela del credito erariale, in Dir. e Prat. Trib., 2002, II, 773 ss

14 INGRAO, Le prospettive di tutela del contribuente nelle procedure di fermo e di ipoteca, in Rass. Trib., 2007, 782.

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lunghi dell’esecuzione, della difficoltà di individuare, pignorare e poi vendere i beni del debitore ecc., in un sistema come il nostro caratterizzato da una fiscalità di massa e da un’illegalità diffusa.

2.1 I privilegi

La più importante e più frequente forma di garanzia patrimoniale dei crediti tributari è quella che si realizza tramite l’istituto dei privilegi.

A differenza delle altre cause legittime di prelazione (pegno ed ipoteca), la cui fonte principale è costituita dalla volontà delle parti, il privilegio trova esclusivo fondamento nella legge. Tutta la materia dei privilegi, anche quelli fiscali, è disciplinata dal codice civile, laddove sono indicati i crediti che sono stati ritenuti dal legislatore meritevoli di essere garantiti con privilegio.

Insieme al pegno ed all’ipoteca, il privilegio è una delle cause legittime di prelazione ai sensi di quanto disposto dall’art. 2741 c.c.

In tal senso, l’istituto in esame deroga al principio generale secondo il quale i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore.

E’ possibile distinguere i privilegi in generali e speciali, a seconda dell’oggetto sul quale viene esercitata la prelazione (art. 2746 c.c.). In particolare, il privilegio generale si esercita su tutti i beni mobili del debitore; quello speciale, invece, è riferibile a determinati beni mobili o immobili del debitore.( E’ speciale quello sui beni utilizzati per lo svolgimento dell’attività del debitore).

Occorre sottolineare che solo il privilegio speciale è assistito dal c.d. diritto di seguito del bene gravato.

Oltre ai privilegi devono essere indicati:

la fideiussione, la cauzione,

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l’iscrizione di ipoteca legale sui beni immobili del trasgressore, il sequestro conservativo sui beni mobili del trasgressore.

il fermo amministrativo

2.2 Sequestro conservativo e ipoteca

L’attenzione deve quindi concentrarsi, anzitutto, sugli istituti della ipoteca e del sequestro conservativo (art. 22, decreto legislativo 18.12.1997, n. 472).

Uno dei punti deboli della lotta all’evasione è rappresentato dalla cosiddetta

“evasione da riscossione”, che incide non solo sul gettito fiscale, ma anche sulla credibilità dell’intero sistema di accertamento15.

Nell’attività di tutela del credito dell’amministrazione finanziaria o dell’Ente rientra il potere di chiedere l’adozione di misure cautelari quando ha fondato timore che la garanzia del proprio credito può essere perduta.

Tale potere, in capo all’ufficio o ente, è previsto, come abbiamo visto, dall’art.

22 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 199716 rubricato “Ipoteca e sequestro conservativo”.

La disciplina dell’ipoteca e del sequestro conservativo è chiara e minuziosa (art. 22), per cui è sufficiente segnalarne i soli tratti salienti. D’altro canto l’esperienza ha dimostrato che la maggior parte delle problematiche

15 Sui presupposti di tali misure cautelari, nonché sui relativi profili applicativi, v. per tutti MESSINA, Commento all’art. 22, in AA.VV., Commentario alle disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in materia tributaria, a cura di Moschetti Tosi, Padova, 2000, 663 ss.

16 Comma 1 art. 22 DLgs 472/97 – in base all’atto di contestazione, al provvedimento di irrogazione della sanzione o al processo verbale di constatazione e dopo la loro notifica. L’ufficio o l’ente, quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al presidente della commissione tributaria provinciale l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l’azienda.

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interpretative e applicative erano dovute alle difficoltà di coordinare la disciplina di cui agli artt. 26 e 27 con la sopravvenuta legislazione17.

In base a tale disposizione quando l’ufficio competente all’emissione dell’accertamento o al provvedimento di irrogazione della sanzione o all’emissione del processo verbale di constatazione ha il “fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito” può chiedere al Presidente della Commissione Tributaria Provinciale18 competente per territorio l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l’autorizzazione a procedere al sequestro conservativo dei loro beni compreso l’azienda.

L’ufficio può attivare la procedura cautelare solo dopo aver provveduto alla notifica dell’atto di contestazione, del provvedimento di irrogazione della sanzione o il processo verbale di constatazione.

La richiesta di ipoteca e sequestro conservativo deve essere notificata, a cura dell’ufficio, alle parti interessate le quali possono difendersi mediante il deposito di memorie e documenti difensivi entro venti giorni dalla notifica della richiesta.

Il Presidente della Commissione Tributaria ricevuta l’istanza provvede, con decreto, alla fissazione dell’udienza in camera di consiglio. Il Collegio decide con sentenza.

17 CONSOLO, Qualche verifica critica in ordine ai provvedimenti di cautela di cui all’art. 26, L. n. 4 del 1929, in Rass. Trib., I, 9; Id., Nuove verifiche sulle misure di cautela di cui all’art. 26, L. n. 4 del 1929. La fase di

“impugnazione” ex art. 27, la mancanza di una convalida del sequestro, il raccordo con l’accertamento sul “merito”, ibidem, 1987, I, 513; Id., Tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per rimuovere la ipoteca e/o il sequestro fiscale?, ibidem, 1988, I, 267; Id., Sui presupposti delle cautele patrimoniali fiscali specie in relazione al ruolo del processo verbale di constatazione (art. 24 e 26, L. n. 4 del 1929) e ai provvedimenti cautelari penali ex art. 189 del Codice penale, ibidem, 1988, II, 332; Id., Dal contenzioso al processo tributario, Milano, 1992, 701 ss.; MESSINA, L’ipoteca e il sequestro conservativo nel diritto tributario, Milano, 1997.

18 Comma 5 art. 22 DLgs 472/97 – nel caso in cui non sussiste la giurisdizione delle commissioni tributarie, le istanze di cui al comma 1 devono essere presentate al Tribunale territorialmente competente in ragione della sede dell’ufficio richiedente, che provvede secondo le disposizioni del libro IV, Titolo I, Capo III, sezione I, del codice di procedura civile, in quanto compatibile.

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Occorre tuttavia evidenziare che, nonostante il carattere di urgenza dei provvedimenti richiesti, le Commissioni Tributarie non prevedono un percorso preferenziale per la loro trattazione ed il periodo che solitamente intercorre tra la data di deposito dell’istanza e quella della trattazione potrebbe compromettere, di fatto, l’efficacia della misura cautelare. Potrebbe, in tale lasso di tempo, modificarsi la situazione relativa alla titolarità degli immobili, rendendo così necessario procedere a nuove misure.

Le misure cautelari possono essere richieste con riferimento ai beni del trasgressore e dei soggetti coobbligati.

Sono da intendersi obbligati in solido la persona fisica, la società, l’associazione o l’ente nell’interesse dei quali ha agito l’autore della violazione nonché il cessionario dell’azienda e la società o l’ente risultante dalla trasformazione, dalla fusione o scissione.

Ai fini di validamente motivare l’istanza di richiesta delle misure cautelari è necessario che ricorra il timore da parte dell’ufficio o ente, di perdere la garanzia del proprio credito.19

Qualora gli uffici intendano avvalersi dell’ipoteca e/o del sequestro conservativo, tendono a farlo sulla base del processo verbale di constatazione in quanto in tale momento non può operare alcuna forma di immediata riscossione. Tuttavia in tale fase risulta estremamente difficoltoso supportare il fumus boni iuris e il periculum in mora. Infine occorre anche sottolineare la farraginosità del procedimento cautelare ex art. 22, che attenua i poteri dell’ufficio e non rende più sollecito il ruolo del giudice tributario.

Il comma 5 della norma richiamata dispone la procedura qualora non sussista la giurisdizione tributaria. È detto infatti che “nei casi in cui non sussista

19 Per la concessione di un sequestro conservativo, occorre la presenza di uno specifico e determinato rischio di perdita della garanzia rappresentata dal patrimonio del debitore, cioè la sussistenza di una situazione di pericolo reale ed obiettiva, in cui si concreti la possibilità che il patrimonio del debitore venga sottratto o diminuito, in modo tale da non soddisfare la funzione di garanzia assegnatagli dall’art. 2470 del c.c.

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giurisdizione tributaria, le istanze di cui al comma 1 devono essere presentate al tribunale territorialmente competente in ragione della sede dell’ufficio richiedente, che provvede secondo le disposizioni del libro IV, titolo I, capo III, sez. 1 del codice di procedura civile, in quanto compatibile”.

2.2.1 Oggetto e presupposti

Come abbiamo visto in precedenza, in forza dell’art. 22, Dlgs 472/97, qualora sussista il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, emergente da un verbale di constatazione, da un atto di contestazione o da un atto di irrogazione delle sanzioni, l'ente locale può richiedere al Presidente della Commissione tributaria provinciale:

 l'iscrizione di ipoteca c.d. “fiscale” sui beni immobili o beni mobili registrati (art. 2810 c.c.) del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido;

 l'ipoteca, che deve essere iscritta nei registri immobiliari o mobiliari sulla base del provvedimento che l'autorizza (artt. 2727 e ss. c.c.), attribuisce a favore dell'ente locale il diritto di sequela sul bene, cosicchè essa è eseguibile e opponibile anche nei confronti dei successivi acquirenti del bene, nonchè il diritto di prelazione nel caso di concorrenza con altri creditori (art. 2808 c.c.);

 l'autorizzazione a procedere al sequestro conservativo sui beni mobili, o immobili, comprese i crediti e le aziende del debitore;

 il sequestro, che si esegue nelle forme del pignoramento per i beni mobili (art. 678 c.p.c.) e mediante trascrizione sui registri immobiliari del provvedimento che lo concede per i beni immobili, mira ad impedire la dispersione del patrimonio del debitore, rendendo inefficaci nei confronti dell'ente locale gli atti che hanno ad oggetto la cosa sequestrata (art. 2906 c.c.).

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La richiesta dei provvedimenti cautelari in esame presuppone che la pretesa tributaria emerga (art. 22, comma 1, D.Lgs 472/1997):

 da un verbale di constatazione (in tal caso va avvertito che l'eventuale misura cautelare concessa in base al verbale diviene inefficace se entro centoventi giorni dalla sua redazione non sia notificato al destinatario l'atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni) (comma 7);

 da un atto di contestazione, emesso al sensi dell' art. 16, comma 2, D.Lgs 472/1997;

 da un atto di irrogazione delle sanzioni, contenuto anche in un avviso di accertamento o di liquidazione (art. 17, D. Lgs 472/1997), a condizione che tali atti siano già stati notificati al trasgressore e agli eventuali coobbligati.

Ulteriori presupposti per la concessione dei provvedimenti richiesti, connaturati alla natura cautelare del procedimento, sono costituiti, come è naturale per tutti gli strumenti di natura cautelare:

- dal periculum in mora, ossia dal fondato timore per l'ente locale di veder diminuito il patrimonio del debitore, ad es. in presenza di reiterate cessioni di beni, della messa in liquidazione dell'impresa, dell'eccessivo ricorso al credito, o della sproporzionata eseguita del patrimonio dell'obbligato rispetto al debito;

- dal fumus boni iuris, ossia dalla probabile o verosimile fondatezza della pretesa tributaria.

In particolare per quanto riguarda il periculum in mora, rilevante è la sentenza emessa dalla Sezione tributaria della Cassazione la n. 24527 del 26 novembre 2007, la quale ha ravvisato ammissibile, ai fini della prospettazione del periculum in mora finalizzato alla concessione delle misure, adduzione di fatti e comportamenti anteriori agli "accertamenti" quali parametri di valutazione del comportamento del contribuente.

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In proposito, stante il dettato normativo, i giudici di legittimità hanno escluso la sussistenza di limitazioni in tal senso: infatti la norma richiede soltanto il

"fondato timore di perdere la garanzia del eredito", senza porre alcuna limitazione temporale agli elementi da cui questo "timore" può scaturire.

Ne deriva quindi, che il Giudice di merito, quando deve valutare la sussistenza o meno di quel fondato timore, per l'Amministrazione, di perdere la garanzia del proprio credito, costituente presupposto necessario per l'emanazione dei provvedimenti cautelari di cui all'art. 22, deve prendere in considerazione tutti gli elementi indicati dall'Amministrazione stessa, compresi quelli risalenti a periodi anteriori alla attività di accertamento, che è a base della richiesta di misura cautelare.

Ma anche in tal senso il Legislatore non ha perso l'opportunità di intervenire, visto che i successivi commi 6 e 7 dell'art. 27 in esame prevedono la possibile attivazione dell'ufficio finanziario per tutti gli importi dovuti a seguito della notifica di un atto di accertamento, naturalmente a nulla rilevando le successive vicende che potrebbero interessare l'atto medesimo che vanno dalla produzione di un’istanza di accertamento con adesione sino all'impugnazione dell'atto e all'avvio del contenzioso.

Misure cautelari, quelle eventualmente adottate in ragione della sussistenza dell'atto contenente la pretesa, decisamente a lunga gittata, visto che la novella dispone come queste perdono efficacia dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento della cartella di cui all’art. 25, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per gli importi iscritti a ruolo, come vedremo successivamente.

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2.2.2 Il procedimento

Per ottenere i provvedimenti cautelari in esame l'ente locale deve presentare istanza indirizzata al Presidente della Commissione tributaria provinciale nel cui ambito territoriale l'ente ha sede.

L'istanza:

deve essere motivata, in quanto deve indicare il titolo, le condizioni e i presupposti della richiesta;

deve indicare la somma per la quale si intende procedere, la misura cautelare richiesta (ipoteca o sequestro) e i beni oggetto del provvedimento richiesto;

deve essere notificata alle parti interessate tramite ufficiale giudiziario, che può utilizzare anche il servizio postale, ma non tramite spedizione diretta;

va successivamente depositata presso la segreteria della commissione adita, senza prefissione di termini decadenziali al riguardo, con il necessario supporto documentale e probatorio.

Gli interessati possono depositare presso la commissione adita memorie e documenti entro venti giorni dalla notifica dell'istanza (comma 2), ma il termine non è perentorio, cosicchè le parti potranno effettuare il deposito anche all'udienza, o ivi difendersi oralmente. In particolare, è possibile evitare o limitare l'assunzione dei provvedimenti cautelari prestando idonea garanzia, mediante cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa, la cui congruità è comunque valutata dall'organo giudiziario (comma 6).

II Presidente della Commissione, trascorso il detto termine di venti giorni, fissa con decreto la data dell'udienza in camera di consiglio, di cui è data comunicazione alle parti, anche non costituite, con biglietto di segreteria almeno dieci giorni liberi prima.

In proposito, merita di essere segnalata la sentenza della Cassazione, Sez. trib., 19 marzo 2008, n. 73422, con la quale i giudici di legittimità hanno precisato

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come, benchè la norma prescriva espressamente la previa audizione delle parti, solo in relazione alla decisione del collegio in esito a reclamo avverso il decreto presidenziale, emesso inaudita altera parte, non sembra dubitabile che tale audizione debba aver luogo pur in assenza di preventiva richiesta delle parti di trattazione in pubblica udienza ex art. 33 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 anche nell'ipotesi, ordinaria, in cui l'istanza cautelare venga direttamente sottoposta alla cognizione del collegio.

Posto che deve essere riscontrata la preclusione dell'applicazione all'istanza in esame della disciplina del procedimento cautelare uniforme, di cui agli artt.

669 bis del codice di procedura civile e seguenti, cosi come non risulta applicabile nemmeno la disciplina predisposta dalle norme che, nel processo tributario, regolano l'ordinario giudizio di cognizione tributario, la mancata esplicita prescrizione della previa audizione delle parti, in merito alla trattazione dell'istanza cautelare direttamente sottoposta alla cognizione del collegio, viene qualificata dalla Suprema Corte come una mera lacuna legislativa, frutto d'imperfetta formulazione, tuttavia agevolmente colmabile in funzione sistematica.

Pertanto, nel caso affrontato dalla Sezione tributaria, concernente l'omissione del giudice di prime cure riguardo l'ammissione delle parti in camera di consiglio, cosi da condursi in error in procedendo, incidente sulla validità del provvedimento adottato, e sulla successiva rimessione della causa, a cura dei giudici regionali, dinanzi ai giudici della Commissione provinciale, è emersa la necessita che il giudice d'appello, che eventualmente rilevi il vizio nella decisione di primo grado, vi ponga rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, ritenuto privo di rilevanza costituzionale.

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La commissione decide collegialmente, dopo aver sentito le parti, con sentenza, valutando la sussistenza dei presupposti formali e sostanziali della richiesta, e disponendo sulle spese di giudizio.

La sentenza è appellabile avanti la commissione tributaria regionale al sensi dell' art. 52 d.lgs. n.546/92, o secondo alcuni reclamabile alla stessa commissione regionale ex art. 669 terdecies c.p.c al solo fine di censurare le ragioni sulla base della quali la commissione provinciale ha concesso o negato la misura cautelare richiesta, posto che la decisione non involge il merito della pretesa tributaria, che sarà piuttosto decisa nell'autonomo giudizio promosso contro l’atto impositivo.

In caso di eccezionale urgenza o di pericolo nel ritardo, il provvedimento cautelare può essere concesso dal Presidente con decreto motivato, reclamabile al collegio nei successivi trenta giorni. Il decreto presidenziale, a differenza di quanto è previsto nella sospensiva ex art. 47 d.lgs. n.546/92, non ha valore interinale altrimenti non avrebbe senso prevedere il reclamo al collegio ed è quindi idoneo a concludere il giudizio cautelare, fermo restando la non rilevanza nel giudizio concernete la legittimità della pretesa tributaria.

2.3 Iscrizione provvisoria, per fondato pericolo, dell’intero ammontare del credito tributario contestato

Ai sensi dell’ultimo comma dell’art 11 del d.p.r. 602/1973, la sezione staccata della Direzione regionale delle entrate, può disporre che si proceda all’iscrizione a titolo provvisorio nei ruoli straordinari delle imposte per le quali esiste “un pericolo fondato per la riscossione”. In altre parole, in presenza di una situazione di effettiva probabilità della mancata riscossione dei crediti erariali per imposte sul reddito, la legge consente la riscossione di

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siffatti crediti nel loro integrale importo, nonostante la pendenza di un procedimento innanzi alle commissioni tributarie20.

2.4 Altri istituti con funzione cautelare in materia di imposte reddituali, di imposte in genere e di sanzioni non penali

In questo paragrafo tratteremo una serie di istituti che hanno anch’essi, sia pure con modalità diverse, una funzione in senso lato cautelare.

Al riguardo si rileva che assume una funzione chiaramente cautelare anche l’istituto della ritenuta d’acconto.

Possono ricomprendersi tra gli istituti aventi funzione cautelare di crediti d’imposta anche alcune particolari figure di responsabilità sancite da alcune norme del d.p.r. 602/1973.

Ad esempio l’art. 66 di questo decreto prevede che nel caso di cessione di aziende l’esattore possa procedere al pignoramento dei beni mobili e delle merci ad esse relativi per il recupero dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi nonché relative sopratasse, pene pecuniarie e interessi dovuti, per l’anno o l’esercizio in cui è avvenuta la cessione e per quello anteriore, da tutti i precedenti titolari quando alla formazione degli imponibili nei loro confronti hanno concorso redditi derivanti dalla azienda ceduta.

Del tutto simile alla disposizione citata è la figura di responsabilità prevista all’art. 80 del medesimo d.p.r. : “L’esattore può procedere sull’immobile che costituisce bene strumentale dell’azienda per il recupero dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi nonché relative sopratasse, pene pecuniarie e

20 FALSITTA G. , op. cit., pag. 314

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interessi dovuti da tutti i precedenti titolari quando alla formazione dell’imponibile nei loro confronti hanno concorso i redditi derivanti dall’azienda ceduta.21

2.5 Le cautele nelle imposte doganali e di fabbricazione

L’art. 87 del testo unico delle imposte doganali (d.p.r. n. 43/1973), prevede il rilascio, da parte del contribuente, di una polizza fideiussoria a garanzia del pagamento delle somme dovute alla dogana.

Infatti, in tutti i casi in cui è prevista la prestazione di una cauzione a garanzia del pagamento di somme dovute alla dogana, la cauzione stessa può essere prestata, oltreché mediante deposito delle somme stesse, mediante deposito di titoli di debito emessi o garantiti dallo Stato ovvero fidejussione rilasciata da un'azienda di credito sotto osservanza delle disposizioni per le cauzioni in materia contrattuale stabilite dalle norme sulla contabilità generale dello Stato, ovvero polizza fidejussoria emessa da un istituto di assicurazione accreditato presso l'amministrazione. Nel regolamento per l'esecuzione del presente testo unico possono essere previste, in aggiunta a quelle indicate nel precedente comma, altre forme di garanzia per determinate operazioni doganali.

2.6 Le cautele a garanzia delle obbligazioni civili dell’imputato per reati tributari

In materia di reati tributari si applicano le norme del codice penale e del codice di procedura penale le quali prevedono e disciplinano alcuni istituti

21 FALSITTA G., op cit.

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aventi natura cautelare a tutela delle obbligazioni civili dell’imputato per reati tributari

2.7 Il fermo amministrativo

Discorso a parte va fatto per il fermo amministrativo di cui all’art. 69, ultimo comma, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 (sulla contabilità di Stato). Rinviamo al successivo capitolo una più approfondita trattazione.

3. Sospensione dei rimborsi e compensazione

L’art. 23 d.lgs. n.472/97 rubricato “sospensione dei rimborsi e compensazioni” ha innestato nel sistema sanzionatorio tributario due istituti piuttosto originali, che comunque hanno un solido archetipo di riferimento nel fermo amministrativo di cui all’art. 69, ultima comma, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, si tratta della sospensione dei rimborsi e della compensazione amministrativa.

La sospensione ha evidente natura cautelare: laddove il trasgressore, o il coobbligato, vanti un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, e l’ufficio abbia notificato un atto di contestazione o un provvedimento di irrogazione sanzione, il rimborso può essere sospeso in via amministrativa.

La tipologia degli atti indicati rende inequivocabile l’operatività della misura ad esclusiva cautela del credito per sanzioni tributarie.

A differenza di quanto previsto per l’ipoteca e il sequestro ai fini della sospensione non rileva la notifica del mero processo verbale di constatazione.

La circostanza non è casuale: la sospensione opera nei limiti della somma

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