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Dall’arbitrato alla soluzione amministrativa della controversia, nel percorso delineato dalle delibere dell’AEEG. - Judicium

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MARIA ANGELA ZUMPANO

Dall’arbitrato alla soluzione amministrativa della controversia, nel percorso delineato dalle delibere dell’AEEG.

SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. Le delibere relative ai procedimenti arbitrali – 3. le delibere relative alle procedure di reclamo – 4. Profili problematici del modello arbitrale – 5. Profili problematici del modello di decisione su reclamo.

1. La nostra legislazione manifesta da qualche tempo la tendenza a diffondere o a potenziare le

soluzioni non giurisdizionali delle controversie anche affidandone il compito a amministrazioni pubbliche. In alcuni settori di grande rilievo sociale come quelli attinenti ai servizi di pubblica utilità è stata determinante la spinta in tal senso da parte del legislatore comunitario1, giacché le politiche anticoncorrenziali adottate dagli Organismi dell’Unione hanno avuto come riflesso l’esigenza di garantire un riequilibrio delle posizioni interessate impiegando le autorità indipendenti in funzione mediatrice-conciliativa e/o giustiziale, valorizzando quella correlazione tra il profilo di indipendenza e l’attività di risoluzione dei conflitti, di cui si è parlato fin dal debutto dei nuovi soggetti2.

Fra i settori che hanno dato concretamente corso alle previsioni generali spicca quello dell’energia, dove in attesa della disciplina attuativa3, e facendo fronte al ritardo nella emanazione di questa, l’Autorità di regolazione per l’energia elettrica e il gas ha adottato una serie di delibere volte a permetterle l’esercizio dei poteri che le sono attribuiti dalla legge, adeguando però tecniche e

1 STICCHI DAMIANI, Le forme risolutive delle controversie alternative alla giurisdizione, in Riv. it. dir. pubb.

comun., 2003, 743 ss, in part. 749, 755.

2 PAJNO, L’esercizio di attività in forme contenziose, in I Garanti delle regole. Le autorità indipendenti, a cura di S.

Cassese e C. Franchini, Bologna, 1996, 119 ss.

3 L’art. 2, comma 24, lett. b) della Legge 14 novembre 1995, n. 481, istitutiva delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, demandava all’emanazione di uno o più regolamenti “i criteri, le condizioni, i termini e le modalità per l’esperimento di procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso le Autorità nei casi di controversie insorte tra utenti e soggetti esercenti il Servizio”.

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soluzioni ai vari tipi di controversie di sua pertinenza4. Diversi sono pertanto i modelli impiegati, a seconda che in relazione alla lite l’Autorità sia già in grado di svolgere funzioni decisorie in base a un’apposita investitura delle parti, oppure che debba preventivamente ottenere la collaborazione di una parte sottoposta al rispetto delle sue direttive, colmando così uno squilibrio che rende difficoltoso alla controparte accedere alla procedura stessa. Se il dato comune di questi modelli rimane pur sempre la soluzione di una controversia ad opera di un soggetto amministrativo che si mantiene in posizione di terzietà rispetto alle parti, e che quindi ricopre sostanzialmente un ruolo proprio del giudice, sono tuttavia ben distinti i caratteri dell’attività con la quale si giunge alla definizione della lite e i problemi che pone il provvedimento conclusivo. Si cercherà, in questa sede, di analizzare le condizioni che hanno condotto uno fra i più attivi di tali soggetti, appunto l’AEEG, a sperimentare dapprima il modello arbitrale come sostituto privilegiato delle soluzioni giurisdizionali, per giungere poi ad affiancarvi una procedura meno aderente ai tradizionali strumenti alternativi e in particolare al più classico e conosciuto, idonea a dirimere anche quelle controversie che non approdano all’arbitrato per l’impossibilità o per la difficoltà di raggiungerne l’indispensabile presupposto convenzionale5.

2. Una prima delibera6, emanata in seguito alla richiesta di risolvere in via arbitrale una controversia in tema di accesso alle reti, adottava un regolamento contenente “disposizioni procedurali e organizzative per l’esperimento di procedure di arbitrato in contraddittorio presso l’Autorità”. Pur trattandosi di previsioni a carattere provvisorio e dettate allo scopo di organizzare le attività

4 In particolare, si evidenziano le controversie in materia di accesso alle reti di interconnessione e di contratti di importazione ed esportazione (art. 5, comma 3, d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79); quelle, anche transfrontaliere, sull’accesso al sistema del gas naturale (art. 35, d. lgs. 23 maggio 2000, n. 164); e quelle insorte fra produttori e gestori di rete (art.

14, comma 2, lett. f-ter, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, integrato dalla l. 24 dicembre 2007, n. 244), come previsto in specifico dall’art. 23 par. 5, direttiva 2003/54/CE, e dall’art. 25, par. 5, direttiva 2003/55/CE. La direttiva n. 54 è attualmente sostituita dalle corrispondenti disposizioni della direttiva 2009/72/CE (infra, nt. 13).

5 Finora l’AEGG ha scelto di non svolgere internamente servizi di mediazione-conciliazione, preferendo attivarsi nella promozione di iniziative volte a diffondere protocolli d’intesa e a finanziare progetti di formazione; in proposito possono consultarsi i dati raccolti da ISDACI negli annuali Rapporti sulla diffusione della giustizia alternativa in Italia.

6 Delibera n. 127/03, pubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 27 novembre 2003 (poi revocata: cfr. nota 11).

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necessarie per portare a termine l’incarico ricevuto, la struttura di questo regolamento era assimilabile in tutto e per tutto ai regolamenti arbitrali precostituiti di cui fa menzione l’odierno art.

832 c.p.c. Com’è infatti d’uso fra le istituzioni che amministrano procedure arbitrali, anche in tale regolamento si definivano la composizione dell’organo giudicante, le udienze, i termini, gli atti istruttori e le regole per la stesura del lodo, nonché i compiti dell’ufficio nelle attività di segreteria.

Pure il fatto che “per quanto non disciplinato espressamente” vi fosse un rinvio alle disposizioni del codice di procedura civile induceva ad analoga conclusione, essendo molto frequente che i regolamenti posti dalle istituzioni apprestino norme specifiche per gli aspetti che più si ritengono rilevanti, e richiamino la normativa comune come risorsa residuale.

Era inoltre da escludere che la soluzione arbitrale potesse imporsi di fronte all’Autorità, non già come forma di arbitrato obbligatorio (ormai da scartarsi a priori, state le ripetute e ben note censure di illegittimità costituzionale) bensì come ipotesi di arbitrato obbligatoriamente amministrato analogo a quello adottato in materia di pubblici appalti, necessariamente da svolgersi presso l’omonima Autorità di vigilanza7. In questo caso la scelta di ricorrere all’organismo arbitrale istituito presso l’Autorità8 restava sicuramente del tutto libera, e alternativa alla possibilità di devolvere la controversia a un arbitrato ad hoc secondo la disciplina comune.

Infine, l’adesione alla procedura amministrata poteva avvenire senza incidere sui rapporti con il processo giurisdizionale, in quanto il suddetto Regolamento non prefissava termini per l’accesso evitando, quindi, di rendere operativa una delle poche norme di legge speciale non demandate alla disciplina di attuazione: l’idoneità del termine di presentazione dell’istanza a sospendere i termini

7 Questa almeno era la conclusione più diffusa fra gli interpreti e ribadita dal fermo indirizzo della Camera arbitrale per i lavori pubblici, prima che il quadro venisse alterato dalle modifiche normative (cfr. VERDE, L’arbitrato in materia di opere pubbliche alla luce dell’art. 5, comma 16-sexies l. n. 80/2005, in Riv. arb., 2005, 223 e ss.), sfociate poi nella previsione di “nuove disposizioni razionalizzatici” secondo i criteri prefissati dall’art. 44, comma 1, l. 7 giugno 2009, n.

88 (su cui v. ODORISIO, La legge delega per la riforma dell’arbitrato in materia di contratti pubblici, in Riv. dir.

proc., 2009, 1615 ss).

8 Con Delibera n. 183/2004, l’AEGG provvedeva a istituire all’interno del Segretariato generale una specifica unità responsabile della gestione del contenzioso e dell’amministrazione delle procedure arbitrali; a seguito della Delibera n.

328/2006, l’Unità Contenzioso e Arbitrati ha anche il compito di assicurare la coerenza dei propri provvedimenti con gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa.

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per presentare il ricorso dinanzi al giudice amministrativo, e a rendere quest’ultimo improcedibile nel caso in cui l’istanza venga concretamente proposta. Tale previsione risulta in effetti sganciata dall’emanazione dei futuri regolamenti, al pari di quella che conferisce alla decisione arbitrale la qualità di titolo esecutivo9, ma a differenza di questa non è pienamente autosufficiente, poiché comunque richiede che l’Autorità (o chi per lei) stabiliscano un dies ad quem per il deposito della domanda arbitrale. E’ comprensibile, tuttavia, che l’AEGG non si sia sbilanciata in tal senso, ove si consideri che all’epoca del Regolamento citato non c’era neppure una disciplina comune a cui fare riferimento per definire con sicurezza i rapporti tra le due procedure, e anzi le relazioni fra arbitro e giudice statuale costituivano uno dei nodi più dibattuti10.

La scarsa utilizzazione pratica dello strumento, nella perdurante assenza dei preannunciati regolamenti governativi, ha successivamente indotto l’AEGG a dubitare dell’opportunità di mantenere uno schema generale provvisorio, preferendo piuttosto limitarsi ad agevolare l’accesso alla procedura arbitrale per le controversie che manifestavano un concreto interesse al riguardo, ossia quelle aventi ad oggetto i servizi di trasmissione elettrica e di trasporto del gas. Emergeva infatti che, nel vasto panorama delle questioni di accesso alle reti, la regolazione in via negoziale avviene soltanto nei casi in cui non sussistono grossi squilibri fra le parti dal lato tecnico, cosicché anche la possibilità di raggiungere l’accordo necessario per investire l’Autorità di funzioni arbitrali viene pesantemente condizionata dalla disponibilità a sottoporsi alla procedura in condizioni di parità. Si capisce perciò che, nel prendere atto di tale circostanza, l’AEGG abbia deciso, con ulteriore delibera11, di revocare il Regolamento del 2003 per adottare un più limitato meccanismo, adeguato soprattutto a garantire la presenza di un’apposita convenzione arbitrale e di una specifica investitura proveniente dall’accordo comune delle parti. A tal fine vengono predisposti modelli di

9 Art. 2, comma 24, ultima parte, dell’art. 2 della legge n. 481/1995, cit. Il punto verrà ripreso infra.

10 A oggi, qualora vi fosse una procedura che fissa termini per presentare l’istanza, si tratterebbe semmai di vedere in che modo possano coordinarsi le soluzioni previste dalla legge speciale con il generale dettato dell’art. 819-ter c.pc.

11 Delibera n. 42/2005, pubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 17 marzo 2005.

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compromesso e di clausola compromissoria che gli interessati debbono sottoscrivere per poter adire l’Autorità con riguardo a una nuova controversia, mentre le liti in corso proseguono dinanzi alla stessa AEGG a condizione che le parti ne facciano istanza aderendo entro breve termine (15 giorni) allo schema di compromesso introdotto.

Anche questa delibera conferma il modello di arbitrato amministrato; rispetto alla versione precedente può notarsi che l’Autorità si è orientata a valorizzare maggiormente l’espressione della volontà pattizia, tanto che sia negli schemi di convenzione, sia nell’annesso Regolamento, le parti vengono stimolate a effettuare direttamente alcune scelte fra le più rilevanti, come la nomina degli arbitri e il termine per la pronuncia del lodo12. L’AEGG non rinuncia, dunque, a offrire il proprio contributo tecnico e specialistico in posizione di terzietà, ma per esercitarlo ritiene essenziale che alla base vi sia un reale e comune intento di porre fine alla controversia da parte dei litiganti, e che questi siano disposti a partecipare attivamente al procedimento sino alla sua conclusione.

3. Sulla scelta operata con tale delibera aveva peraltro influito la considerazione di due direttive

europee che configuravano diversamente il ruolo dell’AEGG nelle controversie attinenti all’accesso alle reti elettriche e al sistema del gas naturale, attribuendo all’autorità di regolamentazione poteri decisori attivabili su reclamo13. Trattandosi di poteri più propriamente amministrativi (del genere adjudication), era possibile utilizzarli per dirimere controversie che molto difficilmente sarebbero giunte all’Autorità nella sede arbitrale, giacché questa presuppone pur sempre l’accordo iniziale

12 Per quanto riguarda gli arbitri, la Delibera n. 42/2005 mantiene la dimensione collegiale dell’Organo giudicante ma, anziché identificarlo nell’organo collegiale dell’Autorità (ex art. 3, Regolamento all. Delibera n. 127/2003), rimette la scelta di due membri su tre alle parti, riservandosi solo la designazione del Presidente fra uno dei propri funzionari (di regola, il Direttore della Direzione Legislativo e Legale). Per quanto riguarda il termine di pronuncia, gli schemi di convenzione lasciano il dato in bianco lasciando capire che le parti possono modificare liberamente il termine di 30 giorni stabilito in via suppletiva dal Regolamento.

13 Il riferimento è alle già citate Direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE (v. nota 4), per le quali l’Autorità è competente a risolvere con effetti vincolanti le controversie insorte verso il gestore della rete. Attualmente la Direttiva 2003/54/CE risulta abrogata con effetto dal 3 marzo 2011 e, quanto alla competenza in esame, sostituita dall’art. 37, comma 11 della Direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, che prevede un’analoga potestà decisoria dell’Autorità di regolamentazione

“in veste di autorità per la risoluzione di controversie”.

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delle parti e quindi la volontà comune di sottoporsi alla decisione in contraddittorio dinanzi a un soggetto terzo. Viceversa, quello tra produttore e gestore della rete si delinea come un rapporto fortemente squilibrato, dove le controversie che si presentano in occasione della richiesta di connessione scontano la posizione di forza in cui si trova il gestore, il quale, avendo spesso interesse a non dare seguito alla richiesta del produttore, finisce per mantenere in stallo la lite rendendo così impraticabile una soluzione della stessa per via arbitrale.

Situazioni di questo tipo si riscontrano soprattutto in riferimento alla rete elettrica, nella quale i gestori godono di un monopolio di fatto, e la regolazione non avviene per via negoziale bensì per via amministrata da parte dell’Autorità. In particolare, la legge prevede che l’AEGG definisca le condizioni tecniche ed economiche per erogare il servizio di connessione, ma la scelta tecnica nella sua concretezza viene rimessa alla determinazione unilaterale del gestore quale soggetto più idoneo a determinarla, fermo restando che questi è tenuto a rispettare le condizioni minime prestabilite dall’Autorità come necessarie e sufficienti a garantire l’accesso14. Ora, se da un lato la facoltà di individuare la soluzione unilateralmente, senza il contraddittorio del produttore, dà spesso adito a controversie, dall’altro lato è rarissimo che in queste controversie l’AEGG sia chiamata a fare da arbitro, in quanto il gestore della rete normalmente fa resistenza a esporre le proprie motivazioni, a maggior ragione evita di farlo di sua iniziativa (come è inevitabile affinché si avvii l’arbitrato).

Mentre la procedura arbitrale, in casi del genere, è destinata a restare lettera morta, un diverso procedimento che riesca a condurre le parti dinanzi all’Autorità senza dover passare per un preventivo accordo in quel senso ha sicuramente migliori probabilità di riuscita. A tal fine, inserendosi sulla linea tracciata dalle già menzionate Direttive europee, l’AEGG ha definito una

14 Le caratteristiche della rete elettrica fanno sì che i parametri specifici del luogo e dell’impianto condizionino di volta in volta la soluzione tecnica per la connessione, ed è proprio il gestore della rete il soggetto più idoneo a valutare l’incidenza dell’impianto e la sussistenza dei requisiti di qualità e sicurezza, perché conosce le proprie infrastrutture e dispone delle informazioni necessarie al riguardo. In considerazione di tali rilievi l’AEGG, con Delibere n. 281/2005 e n. 89/2007, successivamente riunite in unico testo integrato con Deliberazione ARG/elt 99/2008, ha stabilito che competa al gestore della rete individuare la “soluzione tecnica minima” necessaria e sufficiente a stabilire la connessione, perseguendo obiettivi di economicità, razionalità e necessarietà dell’opera.

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nuova e speciale procedura per risolvere con decisioni vincolanti le controversie che insorgono tra produttori e gestori di rete15. La particolarità di quest’ultima procedura consiste nell’essere appunto attivabile su richiesta di una sola parte (normalmente: il produttore), di modo che l’altra non possa sottrarsi a enunciare le problematiche circa l’erogazione del servizio, sottoponendosi alle verifiche e alle direttive dell’Autorità di regolamentazione.

Anche in questo caso il Regolamento allegato alla delibera specifica le condizioni di accesso, i tempi e le modalità del procedimento. Le caratteristiche sono quelle tipiche del procedimento amministrativo, con istruttoria condotta da un responsabile nominato dall’Autorità, e compartecipazione delle parti eventualmente assistite da consulenti tecnici e/o legali (art. 4). Nel frattempo l’Autorità può emanare misure d’urgenza per assicurare in via cautelare la continuità del servizio, o per far cessare scorrettezze e abusi da parte del gestore (art. 7)16. Al termine dell’istruttoria le risultanze vengono comunicate alle parti, le quali si possono esprimere con memorie, anche in vista della proposta di soluzione che il responsabile dovrà presentare all’Autorità. Sarà poi il Collegio di quest’ultima a definire la controversia con decisione motivata e vincolante (art. 6, comma 4).

A distanza di alcuni anni dalla sua emanazione, il Regolamento citato continua a rappresentare il principale punto di riferimento per quella attività di risoluzione extragiudiziale della controversie cui si rivolge attualmente anche la Direttiva comunitaria 2009/72/CE, “relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva la direttiva 2003/54/CE”. La materia disciplinata dalla direttiva abrogata è stata infatti riconfermata, in parte qua, dalla direttiva

15 Delibera ARG/elt n. 123/2008, pubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 17 settembre 2008. La Delibera attua l’art. 14, comma 2, lett. f-ter, del cit. d.lgs. n. 387/2003, così come integrato dall’art. 2, comma 165, legge 24 dicembre 2007, n. 244: “prevedono, ai sensi del par. 5 dell’art. 23 della direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, e dell’art. 2, comma 24, lett. b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori della rete, adottate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, vincolanti fra le parti”.

16 L’adozione di provvedimenti temporanei con tali finalità è prevista dall’art. 2, comma 20, lett. e) della legge n.

481/1985, che peraltro li colloca esplicitamente “nell’ambito della procedura di conciliazione o di arbitrato”. Sulla problematicità di questi provvedimenti in rapporto alle procedure cui dovrebbero accedere, e segnatamente riguardo alla procedura arbitrale, CHIRULLI, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità, cit., 396 s.

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in vigore, alla luce della quale l’Autorità di regolamentazione dispone della facoltà di dirimere controversie sugli obblighi del gestore, in seguito ai reclami che possono esserle presentati “da qualsiasi parte”17. In attuazione della direttiva 2009/72/CE, l’art. 44, d.lgs. 1 giugno 2011, n. 93, ha stabilito che l’AEGG disciplini con proprio regolamento la procedura di risoluzione delle controversie avviata con i reclami sopraindicati; in attesa che l’Autorità emani tale nuovo regolamento, dobbiamo perciò ancora riferirci al regolamento annesso alla delibera ARG/elt n.

123/2008.

4. Si tratta ora di mettere in evidenza quali problematiche emergano dalle procedure sopra descritte

quanto ai profili più strettamente attinenti al diritto processuale.

La procedura che risulta dalla delibera n. 42/2005 è certamente identificabile come procedura arbitrale amministrata. Essa appare anche in linea col vigente disposto dell’art. 832 c.p.c. nella parte in cui presuppone un rinvio della convenzione arbitrale a un regolamento precostituito, perché in entrambi i modelli di convenzione, rispettivamente predisposti con gli allegati A e B, si prevede che l’arbitrato abbia luogo “secondo le modalità seguenti” (specificamente indicate). Resta dunque fermo il carattere volontaristico della scelta in relazione sia all’an che al quomodo, dal momento che l’Autorità viene incaricata da tutte le parti attraverso la convenzione arbitrale, e la ricezione delle modalità con le quali avrà luogo la procedura viene consapevolmente effettuata dagli interessati così come prevede l’art. 816-bis, primo comma del c.p.c.

Peraltro le prescrizioni stabilite al riguardo regolano in dettaglio la gestione delle attività procedimentali, mentre sotto l’aspetto propriamente processuale vi è un ampio ricorso alla

17 Precisamente, l’art. 37, comma 11 della direttiva cit. così recita: “Qualsiasi parte che intenda sporgere reclamo contro un gestore di un sistema di trasmissione o di distribuzione per quanto concerne gli obblighi di quest’ultimo ai sensi della presente direttiva, può adire l’autorità di regolamentazione la quale, in veste di autorità per la risoluzione delle controversie, adotta una decisione entro un termine di due mesi dalla ricezione del reclamo. Il termine può essere prorogato di due mesi qualora l’autorità di regolamentazione richieda ulteriori informazioni. Tale termine prorogato può essere ulteriormente prorogato con il consenso del reclamante. La decisione dell’autorità di regolamentazione produce effetti vincolanti a meno che e fin quando non sia invalidata in seguito ad impugnazione”.

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disciplina comune, prevedendosi che il Collegio arbitrale deciderà “in esito a procedimento disciplinato dalle norme contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile”.

L’eventuale derogabilità delle previsioni dettate dal codice e non fatte oggetto di regolamento è questione che non si presenta in maniera diversa da come si pone in qualsiasi ipotesi di arbitrato amministrato, lo stesso dicasi per il problema della derogabilità di una prescrizione regolamentare che le parti non gradiscono e preferiscano modificare nel singolo caso; mentre alcuni regolamenti specificano quali prescrizioni possono essere oggetto di integrazione o modifica18, il regolamento in esame parrebbe configurare l’arbitrato AEGG come servizio a offerta rigida, che mantiene potere di scelta alle parti solamente in alcuni aspetti esplicitamente indicati (ad es. sulla fissazione del termine per la decisione), ma che per il resto è sostanzialmente un prodotto da “prendere o lasciare”.

Il profilo più degno di nota rimane quello dell’efficacia del lodo: trattandosi di lodo rituale, esso può certamente acquisire gli effetti di titolo esecutivo, e la dizione dell’art. 2, comma 24, Legge n.

481/1995, sembra annettere tali effetti direttamente alla pronuncia, senza richiedere a questo fine il deposito e l’attivazione del procedimento previsto dall’art. 825, c.p.c. Peraltro, sui dubbi che sono stati già espressi in proposito non può certo influire la qualifica dell’organo decidente, che rappresenta una garanzia di equilibrio e di indipendenza per questo tipo di controversie, ma che non la rende comunque fungibile rispetto all’autorità giudiziaria nel controllo istituzionale sulla regolarità della decisione arbitrale; in altre parole, che l’exequatur sia o meno necessario è questione che può dipendere solo da come si intende la voluntas legis, non potendosi dare rilievo né alla “natura pubblica e istituzionale” dell’arbitro né a indicazioni che vengano dai regolamenti attuativi19. Spetta infatti alla legge selezionare gli atti che possono fare da presupposto

18 Cfr. ad es. art. 2 Regolamento della Camera arbitrale nazionale e internazionale di Milano, art. 14 del Regolamento della Camera arbitrale di Roma.

19 Come invece sostiene NAPOLITANO, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità.

Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità (l. 14 novembre 1995, n. 481), sub art. 2, comma 24°, in Nuove leggi civ. comm., 1998, 402. Sui regolamenti dell’Autorità sembra fare affidamento pure BANDINI, Le Autorità indipendenti, l’arbitrato e la conciliazione: l’esperienza dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in Riv. Arb., 2005, 629. Diversamente MOLE’, La giurisdizione sugli

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all’esecuzione forzata, d’altro canto il catalogo dei titoli esecutivi è talmente eterogeneo che sarebbe vano cercare argomenti di tipo sistematico almeno là dove sussiste l’attribuzione espressa dell’efficacia esecutiva, come prescrive l’art. 474, n. 1, c.p.c.

Se c’è un aspetto che, invece, conviene affrontare con criteri sistematici è l’impugnazione del lodo.

Nel silenzio della legge alcuni commentatori hanno fatto leva su un’esigenza di razionalizzazione che vedrebbe l’affidamento alla giurisdizione amministrativa come il punto di raccordo per tutte le istanze successive all’intervento dell’Autorità, ritenendo illogico che le pronunce arbitrali siano portate dinanzi al giudice ordinario, mentre per quelle sanzionatorie sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo20. Sennonché, il fatto che l’art. 2, comma 25, d.lgs. n.

481/1995 disponga l’attribuzione a quest’ultimo giudice di tutti i ricorsi contro gli atti e i provvedimenti dell’Autorità non giustifica la deviazione dalle regole di diritto comune che attribuiscono alla Corte di appello una competenza funzionale in materia di impugnazione dei lodi arbitrali. Anzitutto perché la funzione sanzionatoria e di regolazione, anche quando sia esercitata dall’AEGG con carattere decisorio, non è equiparabile a quella processuale (infra), e l’arbitrato, indipendentemente dal fatto che a svolgerlo sia un soggetto privato o pubblico, è uno strumento qualificato mediante specifiche regole che si riscontrano nel processo e che proprio per questo lo rendono pienamente sostitutivo della giustizia statuale. Inoltre perché gli strumenti e i motivi di impugnazione del lodo non vengono in alcun modo menzionati dalla normativa de qua, conseguentemente, dovendosi fare riferimento per tali aspetti alla disciplina dettata dal c.p.c., è certamente più lineare applicare quest’ultima anche per ciò che riguarda l’individuazione del giudice.

atti e provvedimenti dell’Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, in Attività regolatoria e autorità indipendenti. L’Autorità per l’energia e il gas, Atti del convegno di studi tenuto a Roma il 2-3 febbraio 1996, pubblicati in Quaderni della rassegna giuridica dell’energia elettrica, 1996, 108, il quale giunge a affermare che non potrebbe trattarsi di un arbitrato rituale perché la legge non richiede che il lodo debba essere integrato dal decreto pretorile per divenire titolo esecutivo.

20 PATRONI GRIFFI, Tipi di autorità indipendenti, in I Garanti delle regole, cit., 32; NAPOLITANO, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità, cit., 402 s.; PARISIO, ivi, sub art. 2, comma 25°, 416 s.

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5. Lo scenario che si apre con la delibera n. 123/2008 è ben diverso. L’articolazione della procedura

rivela un’attenta considerazione delle esigenze difensive e più in generale del contraddittorio, nondimeno è da escludere che essa possa configurarsi in termini propriamente processuali. Anche l’indubbia neutralità dell’organo decidente, equidistante rispetto a ciascuno degli interessi in contesa, è garanzia di affidabilità della decisione, ma questa mantiene evidente carattere di provvedimento amministrativo. Si tratta di un atto mediante il quale l’AEGG esercita i propri poteri di regolazione in merito alle materie di sua competenza; la definizione della controversia rappresenta in certo senso l’occasione più propizia per stabilire adeguatamente le condizioni di connessione alla rete e specificarle in ogni profilo, “tecnico, economico e procedimentale”, come appunto prevede l’art. 6, comma 5, dell’annesso Regolamento21. La natura intrinsecamente amministrativa della pronuncia che conclude la procedura in esame è riconfermata, poi, nell’art. 6, comma 10, Reg., dove si stabilisce, richiamando sul punto l’esplicita previsione dell’art. 2, comma 25, l. n. 481/1995, che nei riguardi di tale atto le parti possono fare ricorso al giudice amministrativo di primo grado, individuato nel TAR Lombardia secondo le regole di competenza territoriale22.

Per quanto non siano mancati rilievi circa la stessa opportunità dell’opzione legislativa23, la sottoposizione a controllo giurisdizionale delle decisioni emesse dall’Autorità costituiva comunque una condizione imprescindibile a fronte delle garanzie costituzionali e in particolare dell’art. 113, primo comma, Cost., mentre l’attribuzione di questo sindacato alla giurisdizione esclusiva dell’A.G.A. è stata letta dalla dottrina come la conseguenza più naturale della qualifica

21 Risulta evidente, sotto tale profilo, l’analogia col modello anglosassone dei complaints, su cui v. ancora CHIRULLI, op. cit., 386 ss.

22 L’art. cit. fa infatti riferimento al “tribunale amministrativo regionale ove ha sede l’Autorità”, e com’è noto, in base al d.p.c.m. 22 ottobre 1996, l’Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità per l’energia elettrica e il gas ha sede nella città di Milano.

23 V. ad es. CASSESE, Le autorità indipendenti: origini storiche e problemi odierni, in I garanti delle regole, Bologna, 1996, 221 s.

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amministrativa dell’Autorità, ossia del soggetto che emana l’atto da controllare24. Tuttavia è indispensabile tener conto della circostanza che quell’atto amministrativo risolve pur sempre una controversia, ossia che mediante la procedura in esame l’AEGG svolge, in posizione di terzietà, una funzione decisoria e quindi distinta dalla cura amministrativa di interessi propri. Se questo, da un lato, assicura che la soluzione data dall’Autorità sia particolarmente attendibile proprio in ragione delle competenze specialistiche di cui essa dispone (le quali difficilmente potrebbero ritrovarsi dinanzi al giudice, ove sarebbe comunque disposta una consulenza tecnica), d’altro lato ci porta a riflettere su alcuni aspetti che rendono assai meno agevole l’inquadramento della tutela affidata a questo soggetto e dell’atto col quale viene impartita.

Innanzitutto, il procedimento dinanzi all’Autorità come abbiamo visto è attivabile senza che sia necessaria una preventiva adesione del gestore o comunque un accordo tra le parti, pertanto si configura come modalità obbligatoria a insindacabile scelta del reclamante; di conseguenza è possibile accogliere una qualificazione di tale attività in termini effettivamente decisori a patto che non venga meno, in seguito o a causa di essa, la facoltà di ricorrere al giudice, e di ricorrervi per ottenere la stessa tutela alla quale si avrebbe diritto se non si fosse stati costretti a portare le proprie ragioni in sede amministrativa. In altre parole, la parte convenuta dinanzi all’Autorità, non potendo sottrarsi al procedimento mediante alcuna declinatoria, dovrebbe poter investire la giurisdizione della medesima controversia che l’AEGG sta cercando di dirimere o che ha già deciso con proprio provvedimento. Ogni conclusione di segno diverso verrebbe inevitabilmente a scontrarsi con il principio sancito dall’art. 24 Cost., e del resto la direttiva 2009/72/CE stabilisce in maniera espressa che i reclami esperibili innanzi alle Autorità “lasciano impregiudicati i mezzi di impugnazione previsti dal diritto comunitario e/o nazionale” (art. 37, comma 15, direttiva cit.).

In secondo luogo, dopo avere chiarito che la via alternativa di carattere amministrativo di per sé non esclude la via giurisdizionale, bisogna indagare sull’ambito del controllo che si prospetta dinanzi al

24 Cfr. PARISIO, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità, cit., 403 ss.

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giudice una volta che l’Autorità, adita nei termini sopra descritti, abbia deciso la controversia e la relativa pronuncia sia stata impugnata.

E’ appena il caso di ricordare che in questo processo di impugnazione non si dibatte sulla legittimità di un provvedimento amministrativo bensì sul rapporto che era stato portato dinanzi all’Autorità e su cui questa si è espressa con proprio atto. Tale atto, quindi, è solamente il veicolo tramite il quale il rapporto approda alla sede giurisdizionale, dove tornano in primo piano i diritti e gli obblighi delle parti così come definiti in base alle regole che li disciplinano.

Ora, in linea di massima, quando al giudice viene chiesto di controllare una decisione, ossia un atto che detta esso stesso le regole di condotta tra le parti ed è idoneo per legge a produrre effetti vincolanti25, gli spazi di contestazione per le parti e la cognizione del giudice investito dell’impugnazione si riducono al sindacato di validità del procedimento e della pronuncia, dovendosi escludere la possibilità di un riesame sul merito del rapporto e quindi sulla giustizia della decisione impugnata. Tuttavia il caso che ci occupa presenta la particolarità, niente affatto trascurabile, di prescindere dal consenso di tutti gli interessati e di permettere a una sola delle parti di sottomettere l’altra alla procedura amministrativa, diversamente da quanto avverrebbe se, invece, l’Autorità fosse stata investita e avesse deciso in base a una convenzione arbitrale. Se è logico, infatti, che a fronte di un lodo (così come di una transazione) la cognizione del giudice possa essere delimitata dalla presenza di un atto che ha già stabilito la disciplina sostanziale del rapporto, non si può dire lo stesso tutte le volte in cui quella disciplina proviene da un atto che vincola le parti senza che ciascuna di esse abbia acconsentito alla sua emanazione, rinunciando liberamente a percorrere la via giurisdizionale.

Perciò delle due l’una: o si ammette che la decisione dell’Autorità possa essere superata e privata di effetti mediante la semplice proposizione di una domanda che porti lo stesso rapporto davanti al suo giudice naturale, oppure si conferisce al giudizio di impugnazione un carattere di opposizione piena

25 Come appunto prevede l’art. 14, comma 2, lett. f-ter, d.lgs. n. 387/2003, per le decisioni dell’AEGG (v. nt. 14).

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e completa anche su tutti i profili del merito. Dal momento che la prima possibilità sembra esclusa, anche in considerazione di quanto stabilisce la nuova direttiva comunitaria del 200926, è inevitabile abbracciare la soluzione che resta e concludere, con il conforto di autorevole dottrina, che l’impugnazione della pronuncia emessa dall’AEGG apre “un processo dichiarativo identico a quello che si ha quando la domanda è proposta direttamente in sede giurisdizionale”27.

Il giudizio di impugnazione è attribuito, come si è visto, alla giurisdizione amministrativa esclusiva.

A quanto pare, i motivi che hanno ispirato la scelta consistevano nel bisogno di assicurare rapidamente una tutela davanti al giudice scongiurando così ex ante le possibili incertezze dovute alla difficoltà di distinguere la natura delle situazioni soggettive coinvolte, ed eventuali ritardi causati dal rimando fra i due settori della giurisdizione28. E sembra che queste difficoltà da riparto siano ancora molto attuali, giacché l’art. 133, lett. l), d.lgs. n. 104/2010 (c.d. codice del processo amministrativo) include fra le materie di giurisdizione esclusiva le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti adottati dall’AEGG e dalle altre Autorità istituite dalla l. n. 481/1995.

In realtà, se dovessimo dare per buona la logica esposta, verrebbe da chiedersi perché quelle stesse ragioni non abbiano piuttosto portato a devolvere tutte le liti medesime alla giurisdizione ordinaria, come ad es. è avvenuto in materia di tutela dei dati personali29; tanto più che, non essendo stata affiancata alla giurisdizione esclusiva anche quella di merito, non varrebbe neppure obiettare che al giudice ordinario manca il potere di intervento sostitutivo sull’atto, poiché nel caso in esame si

26 L’art. 37, comma 11, direttiva 2009/72/CE infatti recita: “La decisione dell’autorità di regolamentazione produce effetti vincolanti a meno che e fin quando non sia invalidata in seguito ad impugnazione”.

27 LUISO, Diritto processuale civile, V, La risoluzione non giurisdizionale delle controversie, Milano, 2011, 216, ove afferma che questo è l’unico modo perché l’intervento di una autorità amministrativa nella risoluzione di controversie sia conforme ai principi costituzionali e all’art. 6 della CEDU.

28 Sul punto, ampiamente, PARISIO, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità, cit., 403 ss.

29 Materia in cui già l’art. 29, comma 8, l. 675/1996 stabiliva la competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria per tutte le controversie “che riguardano comunque l’applicazione della presente legge”; soluzione confermata dal nuovo codice della protezione dei dati personali (art. 151, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) e dal d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, che disciplina il procedimento all’art. 10.

La proposta di attribuire alla giurisdizione ordinaria l’intera materia regolata dalla l. n. 481/1995 era stata effettivamente avanzata all’inizio dell’iter parlamentare, ma è stata poi abbandonata per ragioni sia tecniche che politiche: PARISIO, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità, loc. cit., in part. pp. 406 e 414.

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troverebbe comunque a disporre di poteri identici a quelli del giudice amministrativo; ma si tratterebbe, anche qui, di un errore di prospettiva perché come abbiamo detto il giudizio che si apre dopo la decisione dell’Autorità è solo formalmente un’impugnazione dell’atto decisorio: anche il giudice amministrativo - come farebbe quello ordinario - deciderà del rapporto con pieni poteri, e a tal fine non avrà alcun bisogno né di annullare, né di modificare, revocare o sostituire la pronuncia emessa in sede amministrativa.

Peraltro, sussiste al riguardo anche un’opinione contraria secondo la quale il giudizio di impugnazione non rientrerebbe tra i casi menzionati dall’art. 133, c.p.a., per il fatto che “il giudice amministrativo non ha (e non può avere) giurisdizione nelle controversie di diritto privato”; di conseguenza la domanda proposta in seguito al provvedimento decisorio dell’AEGG si dovrebbe proporre al giudice ordinario, ossia al giudice “che si sarebbe potuto adire al posto della pubblica amministrazione”30. Ove così fosse, il d.lgs. n. 93/2011 sarebbe stata una buona occasione per sciogliere quest’ultimo dubbio riportando le controversie menzionate nell’art. 44 al loro giudice naturale.

30 LUISO, Diritto processuale civile, V, La risoluzione non giurisdizionale delle controversie, cit., pp. 230-231.

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