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Universidad de Jaà n Biblioteca - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. LEGGI CIVILI 5/2018

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LE NUOVE LEGGI CIVILI COMMENT ATE

5

2018

Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano.

RIVISTA BIMESTRALE

ANNO XLI a cura di GIORGIO CIAN

ALBERTO MAFFEI ALBERTI PIERO SCHLESINGER

5/2018

edicolaprofessionale.com/NLC

L’abrogazione del monopolio SIAE e la direttiva collecting Domini collettivi (l. n. 168/17)

La nuova disciplina della locazione finanziaria La sezione tributaria della S.C. (l. n. 205/17) Il primo intervento in materia di “valute virtuali”

La parabola della responsabilità civile dei magistrati Black box society: profilazione e decisioni automatizzate

“Nuovi mercati” e ruolo delle società di gestione L’intestazione intermediata delle quote di s.r.l. pmi Il diritto societario della crisi

LE NUOVE

LEGGI CIVILI

COMMENTATE

Direzione:

G. Balena, M. Campobasso, M. Cian, G. De Cristofaro, M. De Cristofaro, F. Delfini, G. Guerrieri, M. Meli, S. Menchini, E. Minervini, S. Pagliantini, D. Sarti Responsabile di Redazione:

A. Finessi

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(2)

Direzione: Prof. Piero Schelsinger, via Andegari 4/A - 20121 Milano.

Responsabile di Redazione: Prof.ssa Arianna Finessi, c/o Dip. di Giurispru- denza, Università di Ferrara, Corso Ercole I d’Este, 37 - 44121 Ferrara - Tel.

e Fax 0532.455.957 - E-mail: nuoveleggi@unife.it

Curatori:

G. CIAN - A. MAFFEI ALBERTI - P. SCHLESINGER

Direzione:

G. BALENA - M. CAMPOBASSO - M. CIAN - G. DE CRISTOFARO - M. DE CRISTO-

FARO - F. DELFINI - G. GUERRIERI - M. MELI - S. MENCHINI - E. MINERVINI - S.

PAGLIANTINI - D. SARTI

Comitato scientifico:

P. AUTERI - C.M. BIANCA - E. BOCCHINI - F.D. BUSNELLI - G. CAIA - S. CASSESE

- G. COTTINO - R. DE LUCA TAMAJO - A. DI PIETRO - G. FALCON - P. FILIPPI - N. IRTI - M. LIBERTINI - N. LIPARI - P. MARCHETTI - M. PERSIANI - P. RESCIGNO

- G. SANTORO PASSARELLI - A. TRAVI - T. TREU - A. ZACCARIA

Comitato per la valutazione scientifica:

S. BARIATTI - F. BARACHINI - P. BIAVATI - M. BOVE - G. CAPO - A. CETRA - S.

CHIARLONI - A. CHIZZINI - C. CONSOLO - L. COSTATO - V. CUFFARO - E. DEL

PRATO - S. DELLE MONACHE - D. MAFFEIS - L. DI NELLA - E. GABRIELLI - E.

GINEVRA - A. GORASSINI - A. JANNARELLI - F.P. LUISO - M. MAGGIOLO - M.

MANTOVANI - S. MONTICELLI - G. PALMIERI - M. PENNASILICO - A. PLAIA - D.

POLETTI - M. RESCIGNO - M. RICOLFI - R. SACCHI - F. SALERNO - P. SANFILIPPO

- M. SCIUTO - C. SCOGNAMIGLIO - M. SPERANZIN - M. SPOLIDORO - L.C. UBER-

TAZZI - G. VERDE - R. VIGO

Redazione centrale (Bologna, Ferrara, Padova)

(Coordinamento: proff. M. Cian, A. Finessi, G. Guerrieri) – S. Bellettato (Univ. di Ferrara), C. Fioravanti (Univ. di Ferrara), A. Guccione (Univ. di Modena e Reggio Emilia), F. Oliviero (Univ. di Ferrara), C. Rinaldo (Univ.

di Padova), O. Vanin (Univ. di Ferrara) Redazioni locali

Italia nord-occidentale: G. Afferni (Univ. di Genova), F. Bordiga (Univ. di Bergamo), S. Caporusso (Univ. e-Campus) A. Ottolia (Univ. di Genova) Italia centrale: C. Cariglia (Univ. di Perugia), N. Ciocca (Univ. di Roma Tor Vergata), I. Kutufà (Univ. di Pisa), F. Mezzanotte (Univ. di Roma Tre), A.

Ricci (Univ. di Pescara), B. Sirgiovanni (Univ. di Roma Tor Vergata) Italia meridionale e isole: P. Bartolomucci (Univ. Parthenope di Napoli), P. Cuomo (Univ. del Salento), M.C. di Martino (Univ. della Campania L.

Vanvitelli), T. Rumi (Univ. di Reggio Calabria)

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Autorizzazione del Tribunale di Padova in data 26 ottobre 1977, n. 561 Direttore responsabile: PIERO SCHLESINGER

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N. 5 ANNO XLI SETTEMBRE-OTTOBRE 2018

LE NUOVE

LEGGI CIVILI

COMMENTATE

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Referaggio - Norme di autodisciplina

1. I contributi inviati alla Rivista per la pubblicazione vengono vagliati dalla Direzione e successivamente sottoposti alla valutazione della stessa Direzione o di un componente del Comitato per la valutazione scientifica, scelto volta per volta dalla Direzione in considerazione delle sue competenze settoriali.

2. Il contributo trasmesso per la valutazione non reca l’indicazione dell’identita`

dell’Autore.

3. L’identita` dei valutatori e` coperta da anonimato.

4. Ove il valutatore, nel formulare il giudizio, suggerisca integrazioni o modifiche al contributo che gli viene sottoposto, la Direzione ne autorizza la pubblica- zione previa verifica dell’adeguamento alle indicazioni fornite.

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LE NUOVE

LEGGI CIVILI

COMMENTATE

ANNO XLI 2018

RIVISTA BIMESTRALE a cura di

Giorgio CIAN Universita` di Padova

Alberto MAFFEIALBERTI Universita` di Bologna

Piero SCHLESINGER Universita` Cattolica di Milano Direzione

Giampiero BALENA Ord. dell’Universita` di Bari Mario CAMPOBASSO Ord. dell’Univ. della Campania

‘‘L. Vanvitelli‘‘

Marco CIAN Ord. dell’Universita` di Padova

Giovanni DE CRISTOFARO Ord. dell’Universita` di Ferrara Marco DECRISTOFARO Ord. dell’Universita` di Padova Francesco DELFINI Ord. dell’Universita` di Milano Gianluca GUERRIERI Ord. dell’Universita` di Bologna

Marisa MELI Ord. dell’Universita` di Catania

Sergio MENCHINI Ord. dell’Universita` di Pisa Enrico MINERVINI Ord. dell’Univ. della Campania

‘‘L. Vanvitelli‘‘

Stefano PAGLIANTINI Ord. dell’Universita` di Siena Davide SARTI Ord. dell’Universita` di Ferrara

Redazione centrale

Arianna Finessi (Responsabile di Redazione) Sara Bellettato, Cristiana Fioravanti, Alessandro Guccione,

Francesco Oliviero, Carlotta Rinaldo, Omar Vanin

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INDICE-SOMMARIO

ANNO XL – N. 5 – Settembre-Ottobre 2018

LE NUOVE LEGGI

L’abrogazione del monopolio SIAE (art. 180 l.a.) nel contesto dell’attuazione della direttiva collecting . . . . 1057 di DAVIDESARTI

Un terzo ordinamento civile della proprieta`. La l. 20 novembre 2017, n. 168, in materia di domini collettivi . . . . 1067 di RAFFAELEVOLANTE

La nuova disciplina della locazione finanziaria (art. 1, commi 136º ss., l. 24 agosto 2017, n. 124) . . . . 1116 di CAMILLOPATRIARCA

Sui recenti provvedimenti legislativi per arginare lo speciale ‘‘disordine’’ della Sezione tributaria nell’ordinaria ‘‘crisi’’ della Suprema Corte di Cassazione 1154 di CESAREGLENDI

Il primo intervento del legislatore italiano in materia di ‘‘valute virtuali’’ . . . . 1171 di MARIOPASSARETTA

SAGGI E APPROFONDIMENTI

La parabola della responsabilita` civile dei magistrati dal c.p.c. del 1940 alla l. n. 18 del 2015 . . . . 1194 di SALVATOREBOCCAGNA

Profilazione e decisioni automatizzate al tempo della black box society: qualita` dei dati e leggibilita` dell’algoritmo nella cornice della responsible research and innovation . . . . 1209 di ENZAPELLECCHIA

‘‘Nuovi mercati’’ e ruolo delle societa` di gestione . . . . 1236 di FILIPPOANNUNZIATA

L’intestazione intermediata delle quote di s.r.l. pmi: rapporto societario, regime della circolazione . . . . 1260 di MARCOCIAN

Sul cosı` detto diritto societario della crisi: una categoria concettuale inutile o dannosa? . . . . 1280 di ROBERTOSACCHI

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LE NUOVE LEGGI

DAVIDESARTI(*) Professore nell’Universita` di Ferrara

L’ABROGAZIONE DEL MONOPOLIO SIAE (ART. 180 L.A.) NEL CONTESTO DELL’ATTUAZIONE

DELLA DIRETTIVA COLLECTING

SOMMARIO: 1. L’equivoco del legislatore all’origine della novella dell’art. 180 l.a. – 2. Il problema del criterio di collegamento internazionalprivatistico rilevante per l’applica- zione dell’art. 180 l.a. alle collecting, ai titolari, o ai diritti stranieri. – 3. L’applicazione dell’art. 180 l.a. alle (sole) collecting stabilite in Italia e la conseguente legittimita`

dell’ingresso sul mercato italiano degli EGI stabiliti in altri paesi dell’Unione. – 4.

Conclusioni: la (ridotta) portata della riserva di attivita` dell’art. 180 l.a.

1. L’equivoco del legislatore all’origine della novella dell’art. 180 l.a.

L’art. 19 del d.l. n. 148/17, convertito con l. n. 172/17, rende neces- sario aggiornare alcune considerazioni contenute nel commento pubblica- to in questa Rivista al d.lgs. 15 marzo 2017, n. 35 (d’ora in poi, anche l.

collecting) di attuazione della direttiva 2014/26/UE (d’ora in poi, anche direttiva o direttiva collecting) (1). Il decreto legge in realta` introduce mo- difiche solo marginali alla l. collecting originaria, e trova invece il suo

“cuore” nella novella apportata (dall’art. 19, comma 1˚, lett. b) all’art.

180, comma 1˚, l. 22 aprile 1941, n. 633 (d’ora in poi, legge sul diritto d’autore e per brevita` l.a.). La novella ha avuto larga risonanza anche giornalistica, ed e` stata presentata al grande pubblico in termini “rivolu- zionari” di abrogazione dello storico monopolio SIAE. Nell’attuale conte- sto le attivita` di intermediazione dei diritti d’autore sono infatti riservate

(*) Contributo pubblicato previo parere favorevole formulato da un componente del Comitato per la valutazione scientifica.

(1) Mi riferisco al commento pubblicato in SARTI, Il d.lgs. n. 35/2017 di attuazione della direttiva collecting: accesso al mercato, controlli e governance, in questa Rivista, 2017, p.

1127 ss. Questo commento e` da intendere implicitamente richiamato (per non appesantire ripetitivamente le note) nei riferimenti del testo seguente. Limitero` qui inoltre all’essenziale i riferimenti bibliografici, rinviando al precedente commento per una piu` compiuta analisi e indicazioni di dottrina e giurisprudenza.

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“in via esclusiva” non piu` soltanto alla “societa` italiana degli autori ed editori” (art. 180 l.a. nel vecchio testo), ma anche “agli altri organismi di gestione collettiva di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35” (cosı`

l’art. 180 novellato).

Il riferimento dell’art. 180 l.a. novellato agli organismi di gestione collettiva del d.lgs. n. 35/17 pone tuttavia un problema insidioso di coor- dinamento sistematico fra legge d’autore e l. collecting, che puo` essere meglio compreso alla luce del dibattito politico anteriore alla novita` legi- slativa. Questo dibattito e` stato in realta` alimentato da una “leggenda metropolitana” che ha influenzato l’approvazione della nuova norma. Si tratta della “leggenda” per cui il testo originario della l. collecting avrebbe confermato il monopolio SIAE previsto dall’art. 180 l.a. nel testo anteriore alla novella, con cio` esponendosi a dubbi di compatibilita` con la direttiva.

Organi di stampa hanno a questo punto dato atto di iniziative della Com- missione europea per chiedere chiarimenti al Governo italiano. Di queste iniziative non ho per parte mia trovato riscontri in documenti ufficiali della Commissione. La relazione al Senato al disegno di legge di conversione del d.l. n. 148/17 giustifica comunque la novella sulla base di “quanto chiesto dalla Direzione generale UE Reti di comunicazione e contenuti delle tec- nologie (DG CNET), che aveva segnalato al Governo italiano l’opportu- nita` di riconsiderare il regime di monopolio della SIAE in materia di col- lecting del diritto d’autore”.

La tesi secondo cui il testo originario della l. collecting aveva confer- mato il monopolio SIAE si reggeva sull’inciso dell’art. 4, comma 2˚, che dopo avere ripreso l’art. 5 direttiva collecting, attuando il principio di liberta` di prestazione transfrontaliera dei servizi di intermediazione, faceva salvo “quanto disposto dall’articolo 180, della legge 22 aprile 1941, n. 633, in riferimento all’attivita` di intermediazione di diritti d’autore”. Questo inciso non e` stato toccato dal d.l. n. 148/17, ma originariamente faceva riferimento al testo ante novella dell’art. 180 l.a., che prevedeva appunto il monopolio SIAE sull’intermediazione dei diritti d’autore. Nel commento pubblicato in questa Rivista alla l. collecting avevo peraltro cercato di dimostrare che in realta` l’art. 180 poteva sopravvivere nel contesto armo- nizzato della direttiva se e soltanto se applicato alle collecting stabilite in Italia. In questo contesto l’art. 180 non poteva estendere il monopolio SIAE alla prestazione transfrontaliera di servizi da parte di collecting este- re. Cosı` interpretata, la disciplina italiana poteva essere ragionevolmente considerata compatibile con la direttiva: che se da un lato all’art. 5 impone di liberalizzare la prestazione transfrontaliera di servizi di collecting; dal- l’altro non esclude esplicitamente la possibilita` per gli stati membri di

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mantenere in regime di monopolio la gestione delle attivita` da parte di soggetti stabiliti all’interno del territorio nazionale. Una conclusione del genere mi sembrava fra l’altro in linea con l’affermazione relativa alla legittimita` di questi monopoli in precedenza riconosciuta dalla Corte di giustizia (2). Le conclusioni tratte anteriormente alla novella dell’art. 180 mi paiono tuttora valide, anche se allo stato potrebbero sembrare a prima vista teoriche: perche´ comunque la novella ha espressamente eliminato il monopolio SIAE. In realta` a ben vedere quanto sostenuto nel precedente commento determina anche attualmente alcune rilevanti conseguenze in- terpretative, che sembrano completamente sfuggite al legislatore italiano, e che mi propongo di puntualizzare nei seguenti paragrafi.

2. Il problema del criterio di collegamento internazionalprivatistico rile- vante per l’applicazione dell’art. 180 l.a. alle collecting, ai titolari, o ai diritti stranieri.

Nel precedente commento alla legge collecting, avevo segnalato che l’art. 180 l.a. pone un problema di diritto internazionale privato, da risol- vere alla luce del contesto di armonizzazione della direttiva, indipenden- temente dalla volonta` del legislatore storico della legge d’autore del 1941.

Occorre cioe` chiedersi se e sulla base di quale criterio di collegamento internazionalprivatistico l’art. 180 l.a. sia applicabile alle collecting, ai tito- lari, o ai diritti stranieri. A questo problema possono essere astrattamente date tre diverse risposte, che elenco in ordine crescente di “plausibilita`”.

A) Una prima soluzione e` stata proposta da una ordinanza milanese, ispirata ad una visione fortemente orientata all’abbattimento del monopo- lio SIAE gia` anteriormente al termine di attuazione della direttiva (3).

Secondo questa pronuncia l’art. 180 (ed il monopolio SIAE vigente all’e- poca) potrebbe applicarsi soltanto alle opere di autori italiani o domiciliati in Italia, non percio` alle collecting ed ai titolari stranieri, quand’anche esercitino diritti relativi al territorio italiano (4). L’ordinanza valorizza co-

(2) Corte giust. UE 27 febbraio 2014, C-351/12, OSA, in AIDA, 2014, p. 574 e in Riv.

dir. ind., 2015, II, p. 69.

(3) Trib. Milano, ord. 6 ottobre 2014, in AIDA, 2015, p. 891, con soluzione poi seguita da Trib. Trento 20 luglio 2015, ivi, 2016, p. 1007.

(4) In realta` il criterio di collegamento presupposto dall’ordinanza e` tecnicamente piu`

complesso, in quanto e` a ben vedere costituito non solo dalla nazionalita` o domicilio italiano del titolare, ma anche e prima ancora dall’esercizio di attivita` di intermediazione di diritti relativi al territorio italiano. La territorialita` italiana del diritto e` comunque elemento co- mune al criterio di collegamento definito al successivo punto B. Le considerazioni del testo si concentrano sull’elemento della nazionalita` o domicilio in Italia dell’autore, in quanto

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me criterio internazionalprivatistico di collegamento il successivo art. 185 l.a. La soluzione non puo` tuttavia essere condivisa. Gia` in via generale l’art. 185 sembra introdurre un criterio relativo alla fattispecie costitutiva della protezione d’autore, e non anche al diritto secondario delle negozia- zioni sulle opere dell’ingegno, ivi comprese le negoziazioni che avvengono per il tramite delle societa` di gestione collettiva. D’altro canto l’applicabi- lita` della legge italiana alle sole opere di autori italiani o domiciliati in Italia e` principio che assume ormai un significato quasi soltanto teorico. Il comma 3˚ dell’art. 185 fa salve le norme delle convenzioni internazionali, prese poi in considerazione dal successivo art. 186: e percio` in primis le norme della Convenzione di Unione di Berna (CUB), che impone di proteggere secondo il diritto nazionale e senza discriminazione le opere di qualsiasi autore unionista. Data l’adesione alla CUB della pressoche´

totalita` dei paesi, e` difficile pensare all’esistenza di opere straniere non tutelate in Italia. Le ragioni per cui queste opere non dovrebbero essere ricomprese fra le “opere tutelate” cui fa riferimento l’art. 180 l.a. riman- gono allora difficili da comprendere.

Una diversa lettura tendente ad escludere l’applicazione dell’art. 180 l.a. agli autori stranieri parrebbe del resto ora in contrasto con la direttiva collecting. La direttiva infatti uniforma la legislazione degli Stati membri, espressamente ammettendo la possibilita` che collecting nazionali interme- dino diritti di titolari stranieri. Confido di avere dimostrato nel precedente commento che in questo sistema ciascuno Stato membro e` competente a disciplinare, conformemente alle norme della direttiva, le collecting stabi- lite sul suo territorio: con l’ulteriore corollario che ciascun ordinamento nazionale deve disciplinare le proprie collecting senza potere discriminare l’eventualita` che ad esse aderiscano titolari nazionali o stranieri.

B) Un secondo criterio di collegamento internazionalprivatistico di applicazione dell’art. 180 l.a. puo` fare leva sul principio di territorialita`

dei diritti intermediati. In questa prospettiva la norma sarebbe applicabile ai diritti relativi al territorio italiano, indipendentemente dalla nazionalita`

della collecting o dei titolari. Questo criterio era probabilmente sottinteso dal testo originario dell’art. 180 l.a. Esso tuttavia non e` a mio avviso ora compatibile con la direttiva collecting, e deve percio` ritenersi tacitamente abrogato dalla legge nazionale di attuazione. Questa conclusione era argo- mentabile de plano nel contesto originario di attuazione della direttiva, che

precisamente questo elemento vale a contrapporre la soluzione in esame al punto A rispetto alla successiva soluzione del punto B.

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non aveva toccato l’art. 180 l.a. e vi aveva anzi rinviato (art. 4, comma 2˚) apparentemente riaffermando la permanenza in vigore del monopolio SIAE. In questo contesto l’estensione del monopolio SIAE a tutti i diritti d’autore relativi al territorio italiano avrebbe determinato l’impossibilita` di affidarne la gestione a collecting straniere. Una conseguenza del genere sarebbe stata tuttavia in contrasto con l’art. 5 direttiva collecting, secondo cui “i titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzare un organismo di gestione collettiva di loro scelta a gestire i diritti, le categorie di diritti o i tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, per i territori di loro scelta, indipendentemente dallo Stato membro di nazionalita`, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti”. In particolare la norma con cio` espressamente consente (anche) ai titolari di diritti relativi al territorio italiano di affidarne la gestione a collecting diverse da SIAE e stabilite all’estero.

La medesima conclusione mi pare tuttavia valida anche nell’attuale contesto della novella dell’art. 180 l.a. Qui in effetti l’apertura dell’attivita`

di collecting a concorrenti di SIAE potrebbe a prima vista sembrare com- patibile con un criterio di collegamento internazionalprivatistico basato sul principio di territorialita` del diritto intermediato: in quanto l’art. 180 consente ora di affidare l’intermediazione dei diritti italiani anche ad OGC esteri, conformemente a quanto previsto dall’art. 5 della direttiva.

Gia` tuttavia sul piano storico parrebbe artificioso immaginare che il cri- terio internazionalprivatistico basato sulla territorialita` dei diritti, implici- tamente abrogato in sede di prima attuazione della direttiva, sia stato poi reintrodotto da una norma che ha lasciato inalterato l’impianto sistematico di questa attuazione. Nel commento alla originaria legge di attuazione della direttiva confido d’altro canto di avere dimostrato che il legislatore europeo demanda a ciascun ordinamento nazionale la disciplina delle collecting stabilite sui rispettivi territori, e reciprocamente esclude ogni competenza a disciplinare le collecting estere. Tanto ho sostenuto in via generale, con riferimento ad ogni profilo di regolamentazione delle collec- ting, e non solo con riferimento ad eventuali norme che prevedano mo- nopoli legali. In questa prospettiva l’art. 180 l.a. deve dunque restare disciplina dell’attivita` di collecting applicabile limitatamente ai gestori sta- biliti in Italia.

Questa conclusione e` del resto puntualmente confermata dal fatto che l’art. 180 l.a. non tocca solo i profili del monopolio SIAE (nella versione originaria) o della riserva di attivita` agli OGC (nella versione attuale), ma disciplina aspetti ulteriori e per nulla marginali dell’attivita` di gestione. Al riguardo in particolare e` significativo il comma 5˚, rimasto inalterato dalla

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novella, per il quale “nella ripartizione dei proventi prevista al n. 3 del secondo comma una quota parte deve essere in ogni caso riservata all’au- tore” secondo “limiti e le modalita` […] determinate dal regolamento”. La norma tutela l’interesse degli autori a percepire una parte dei compensi incassati attraverso l’attivita` di intermediazione, e a non “rinunciarvi”

contrattualmente a vantaggio degli editori. Si tratta quindi di un principio importante, che tuttavia non trova alcun riscontro nella direttiva. Un criterio di collegamento di diritto internazionale privato basato sulla terri- torialita` dei diritti intermediati porterebbe allora ad applicare alle collec- ting stabilite all’estero l’intero art. 180: e percio` il relativo obbligo di riservare agli autori una quota parte dei proventi ricavati dalla gestione dei diritti italiani. Una collecting estera che non rispettasse questo principio dovrebbe essere esclusa dall’attivita` di intermediazione. Questa conclusio- ne sarebbe tuttavia in contrasto con l’art. 5 direttiva collecting: che rico- nosce in termini assoluti il diritto dei titolari di rivolgersi a OGC anche stranieri; e non consente agli stati membri di subordinare questo diritto al rispetto di condizioni ulteriori e diverse (quale e` la condizione del comma 5˚ dell’art. 180) da quelle previste dalla disciplina del level playing field uniformato.

D’altro canto non parrebbe accettabile un’interpretazione che spez- zasse il contenuto dell’art. 180 l.a. per dare rilievo a due diversi criteri di collegamento internazionalprivatistici: dove i primi commi (1˚, 2˚ e 4˚) (5) sarebbero applicabili in base al principio di territorialita` dei diritti inter- mediati e percio` anche alle collecting straniere; mentre il comma 5˚ reste- rebbe confinato alle collecting stabilite in Italia. Dal punto di vista siste- matico generale questa interpretazione sarebbe gia` poco rispettosa della formulazione di un’unica norma, destinata percio` ad un’applicazione ra- gionevolmente unitaria. Dal punto di vista letterale comunque il comma 5˚

e` strettamente correlato ai commi 1˚ e 2˚. Il criterio di ripartizione dei proventi del comma 5˚ trova infatti uno spazio di applicazione individuato per relationem “al n. 3 del secondo comma”, a sua volta riferito alle attivita`

riservate dal comma 1˚ (gia` alla SIAE ed ora) agli OGC. I commi 1˚, 2˚ e 5˚

hanno dunque un campo di applicazione che la lettera del comma 5˚

assume coincidente, e che non puo` essere frammentato per effetto del- l’applicazione di regole di diritto internazionale privato difformi.

(5) Il problema non si porrebbe evidentemente per i commi 3˚, 6˚ e 7˚, espressamente riferiti soltanto a SIAE.

(15)

C) Resta percio` un terzo ed ultimo criterio internazionalprivatistico di collegamento rilevante per l’applicazione dell’art. 180 l.a., fondato sul luogo di stabilimento della collecting. Nel precedente lavoro a commento della legge di attuazione della direttiva confido di avere dimostrato che precisamente questo collegamento e` implicito nelle norme europee, ed e`

valido in via generale per qualsiasi aspetto della disciplina delle collecting (e percio` non soltanto con riferimento alla posizione di monopolio, ma anche ed in primis per quanto riguarda i controlli pubblicistici cui le collecting vengono assoggettate). A queste considerazioni mi limito percio`

ora a rinviare, qui ribadendo soltanto che per le ragioni esposte le prece- denti conclusioni devono continuare a valere anche nel vigore della novella dell’art. 180.

3. L’applicazione dell’art. 180 l.a. alle (sole) collecting stabilite in Italia e la conseguente legittimita` dell’ingresso sul mercato italiano degli EGI stabiliti in altri paesi dell’Unione.

Le precedenti considerazioni conservano rilievo anche nell’attuale con- testo di apertura del mercato della gestione collettiva. Il nuovo art. 180 l.a.

infatti non ha eliminato la precedente disciplina di riserva di attivita`;

soltanto ha esteso questa riserva dalla SIAE a tutti gli OGC, implicitamen- te percio` escludendone l’altra categoria di intermediari contemplata dalla direttiva, e precisamente le entita` “entita` di gestione indipendenti” (EGI, che preferisco declinare al maschile sostituendo al mistico termine entita`

quello piu` tradizionale di enti) dell’art. 3, lett. b, direttiva collecting, attua- to dall’art. 2, comma 2˚, l. collecting.

Gli EGI si distinguono dagli OGC per il fatto di non essere controllati dai propri membri e ad un tempo per il perseguimento di finalita` di lucro.

Gli EGI sono destinatari di un numero ridotto di norme della direttiva, ed in particolare non vengono ricompresi nell’applicazione dell’art. 5 (6). I legislatori nazionali non sono percio` obbligati ad estendere agli EGI il principio di liberta` di prestazione transfrontaliera dei servizi di interme- diazione. La formulazione attuale dell’art. 180 l.a. sembra dunque a prima vista proprio volere escludere gli EGI dalla possibilita` di svolgere in Italia servizi di intermediazione (7). Tanto risulta del resto dalla relazione alla

(6) Le norme della direttiva menzionano costantemente soltanto gli OGC. L’estensione di alcune norme anche agli EGI avviene sulla base del rinvio dell’art. 2, par. 4, direttiva collecting, che non ricomprende l’art. 5.

(7) Interpreta in questo senso la norma anche la segnalazione di Autorita` garante, AS1452, del 24 novembre 2017, in Boll. 45/2017 del 27/11/2017, p. 46 s. lamentandone

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novella, secondo cui “la norma, nel rispetto di quanto previsto dalla di- rettiva 2014/26/UE, estende a tutti gli organismi di gestione collettiva (ossia quelli senza fine di lucro e a base associativa), stabiliti in Italia, la possibilita` di operare direttamente sul mercato italiano, senza alcuna in- termediazione da parte della SIAE” (8).

Alla luce delle precedenti considerazioni questa conclusione, per quanto rispondente alla volonta` storica del legislatore, non e` tuttavia ac- cettabile. Gia` si e` visto che nel contesto di armonizzazione della direttiva l’art. 180 l.a. puo` applicarsi soltanto agli intermediari stabiliti in Italia. Il rinvio all’art. 180 non consente percio` di escludere dall’attivita` di interme- diazione gli EGI stabiliti all’estero. La posizione degli EGI esteri continua ad essere disciplinata dalla prima parte dell’art. 4, comma 2˚, l. collecting, rimasta tuttora inalterata, secondo cui “i titolari dei diritti possono affidare ad un organismo di gestione collettiva o ad un’entita` di gestione indipen- dente di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle relative categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell’Unione europea di nazionalita`, di re- sidenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva, dell’entita`

di gestione indipendente o del titolare dei diritti”. L’inciso dello stesso art.

4, comma 2˚, “fatto salvo quanto disposto dall’articolo 180, della legge 22 aprile 1941, n. 633, in riferimento all’attivita` di intermediazione di diritti d’autore” puo` dunque valere soltanto ad escludere dall’attivita` di interme- diazione riservata agli OGC gli EGI stabiliti in Italia, ferma restando la liberta` di prestazione di servizi di intermediazione da parte di EGI esteri.

L’obiettivo politico storicamente perseguito dal legislatore della novella si sarebbe dovuto esprimere attraverso una riformulazione della prima parte dell’art. 4, comma 2˚, l. collecting, che cancellasse il riferimento agli EGI, e stabilisse ad esempio “i titolari dei diritti d’autore possono affidare ad un organismo di gestione collettiva di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle relative categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per

(per la verita` in modo piuttosto preconcetto, e senza dare conto che la possibile esclusione degli EGI dall’attivita` di intermediazione e` prevista nella stessa direttiva) il carattere discri- minatorio.

(8) E` comunque erronea la definizione degli OGC come soggetti “senza fine di lucro e a base associativa”. La relazione sembra volere contrapporre gli OGC agli EGI per la presenza solo in questi ultimi di finalita` lucrative. L’art. 3, lett. a, direttiva (attuato alla lettera dall’art. 2, comma 1˚, l. collecting) e` invece chiaro nel prevedere l’assenza di finalita`

lucrative come caratteristica eventuale, ma non necessariamente presente negli OGC, i quali possono dunque costituirsi in forma di societa` lucrative, purche´ controllate dai titolari dei diritti. Tanto del resto trova riscontro nella prassi, ove quanto meno “Itsright s.r.l.” (il cui statuto e` reperibile al sito www.itsright.it) e` OGC costituito in forma di societa` lucrativa.

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i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell’Unione eu- ropea di nazionalita`, di residenza o di stabilimento dell’organismo di ge- stione collettiva o del titolare dei diritti”. D’altro canto la novella dell’art.

180 si riferisce soltanto all’intermediazione dei diritti d’autore, non a quel- la dei diritti connessi, che restano interamente disciplinati dall’art. 4, com- ma 2˚, l. collecting e dal principio di apertura del mercato anche agli EGI, siano essi stabiliti in Italia o all’estero. Nel contesto della volonta` storica del legislatore di escludere gli EGI (italiani e stranieri) dall’intermediazio- ne dei soli diritti d’autore, l’apertura agli EGI del mercato dei diritti connessi si sarebbe dovuta esprimere con l’introduzione nell’art. 4 l. col- lecting di una distinta previsione secondo cui “i titolari dei diritti connessi possono affidare ad un organismo di gestione collettiva o ad un’entita` di gestione indipendente di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle rela- tive categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell’Unione europea di nazionalita`, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione col- lettiva, dell’entita` di gestione indipendente o del titolare dei diritti” (9).

La non corrispondenza fra la disciplina delle collecting e l’intenzione storica del legislatore non puo` comunque allo stato attuale venire superata da alcuna interpretazione correttiva. La lettera delle norme si presta ad un’unica interpretazione coerente con la direttiva. Qualsiasi diversa inter-

(9) La direttiva e la legge nazionale di attuazione a ben vedere circoscrivono la libe- ralizzazione ai titolari dei diritti “indipendentemente dallo Stato membro” (art. 5, par. 2, direttiva collecting) e non anche indipendentemente da Stati terzi. La disciplina non sembra dunque imporre la liberalizzazione delle attivita` di intermediazione dei titolari di diritti di nazionalita`, residenza o stabilimento extra UE. Gli Stati membri potrebbero quindi astrat- tamente imporre ai titolari extra UE restrizioni nell’accesso ai servizi di intermediazione armonizzati (e ad esempio potrebbero imporre di avvalersi di questi servizi attraverso accordi di rappresentanza reciproca o per il tramite di una collecting monopolista). Nel nostro ordinamento peraltro ne´ l’art. 180 l.a., ne´ altre norme di attuazione della direttiva, prevedono alcuna discriminazione nel trattamento di titolari extra UE che intendano fare gestire i loro diritti dalle collecting stabilite in Italia. In particolare l’accesso ai servizi di intermediazione dei diritti d’autore prestati dagli OGC stabiliti in Italia e` disciplinato dall’art. 180 l.a. con riferimento a tutti i titolari di “opere tutelate”: e percio` anche con riferimento ai titolari di nazionalita`, residenza o stabilimento extra UE. Cosı` pure e` da ritenere che anche i titolari extra UE di diritti connessi possano accedere a parita` di condizioni ai servizi di intermediazione di EGI ed OGC stabiliti in Italia. Benche´ infatti l’art. 4, comma 2˚, l. collecting appaia testualmente riferito soltanto ai titolari UE, non vedo norme che restringano l’accesso ai servizi di intermediazione da parte dei titolari extra UE.

Vero e` soltanto che le collecting potrebbero comunque decidere di strutturare i loro statuti in modo da escludere l’intermediazione di diritti di titolari extra UE (nazionalita`, residenza o stabilimento intra UE potrebbero in altri termini costituire una condizione oggettiva di adesione alla collecting conforme all’art. 6, par., 2, della direttiva e alla relativa norma di attuazione contenuta nell’art. 5, comma 1˚, l. collecting).

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pretazione presupporrebbe un’estensione dell’applicazione dell’art. 180 l.a. sulla base di criteri internazionalprivatistici incompatibili con la disci- plina UE uniformata in materia di collecting.

4. Conclusioni: la (ridotta) portata della riserva di attivita` dell’art.

180 l.a.

Diviene ora relativamente semplice “aggiornare” il precedente com- mento alla legge di attuazione della direttiva collecting pubblicato in questa Rivista. Le osservazioni del precedente commento mi paiono in via gene- rale valide tuttora, ed anzi confermate per quanto riguarda l’assoggetta- mento al controllo di AGCOM delle sole collecting stabilite in Italia, testualmente ribadito dall’art. 19, comma 2˚, d.l. n. 148/2017. La novella dell’art. 180 l.a. porta a ricomprendere ora non solo SIAE, ma anche gli altri OGC, nella categoria dei soggetti legittimati all’attivita` di intermedia- zione dei diritti d’autore stabiliti in Italia ed assoggettati al controllo di AGCOM. Gli EGI stabiliti in Italia non possono invece nemmeno ora svolgere attivita` di collecting di diritto d’autore riservate dall’art. 180 agli OGC. Possono comunque gestire diritti d’autore al di fuori delle ipotesi riservate dall’art. 180, comma 2˚; e cosı` pure possono gestire diritti con- nessi. L’esclusione dall’attivita` di intermediazione non vale tuttavia per gli EGI stabiliti in altri paesi membri dell’Unione europea (ed assoggettati al controllo delle rispettive autorita`): che cosı` come anteriormente alla novel- la potevano prestare i loro servizi di intermediazione dei diritti d’autore e connessi nel territorio italiano, tuttora non ricadono nelle restrizioni del- l’art. 180 e possono continuare questa loro attivita`. Le restrizioni alle attivita` delle collecting stabilite in Italia non mi erano sembrate in prece- denza in contrasto con la direttiva, ed a maggior ragione ora, nel contesto della liberalizzazione della gestione dei diritti d’autore a tutti gli OGC, pur stabiliti in Italia, mi paiono in linea con la disciplina europea.

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RAFFAELEVOLANTE(*) Professore nell’Universita` di Padova

UN TERZO ORDINAMENTO CIVILE DELLA PROPRIETA`.

LA L. 20 NOVEMBRE 2017, N. 168, IN MATERIA DI DOMINI COLLETTIVI

SOMMARIO: 1. L’oggetto della l. 20 novembre 2017, n. 168: il riconoscimento della proprieta`

collettiva. – 2. Il cardine dell’ordinamento vigente in materia: la l. 16 giugno 1927, n.

1766. – 3. Il trasferimento di competenze alle Regioni e il nuovo ruolo del Commissario come giudice dei diritti collettivi nella loro valenza ambientale. – 4. Il dominio col- lettivo della l. 20 novembre 2017, n. 168. I presupposti. – 5. La disciplina del dominio collettivo come ordinamento primario. Configurazione di un terzo regime civile della proprieta` ex art. 43 Cost. – 6. Segue: l’autonormazione del dominio collettivo. – 7. Gli enti esponenziali del dominio collettivo. – 8. I beni di dominio collettivo secondo la l.

20 novembre 2017, n. 168. Beni collettivi e beni di demanio civico. – 8.1. Segue: la prima ipotesi di demanio civico: le terre originarie. Il tema delle associazioni agrarie. – 8.2. Segue: i terreni provenienti da liquidazione degli usi civici. – 8.3. Segue: le terre derivanti da scioglimento delle promiscuita`, delle associazioni agrarie, da conciliazione, permute e altri acquisti. – 8.4. Segue: i corpi idrici. – 9. Le proprieta` collettive escluse dalla disciplina della l. 20 novembre 2017, n. 168. – 10. Le conseguenze della l. 20 novembre 2017, n. 168, sull’accertamento dei diritti collettivi.

1. L’oggetto della l. 20 novembre 2017, n. 168: il riconoscimento della proprieta` collettiva.

La legge 20 novembre 2017, n. 168 colma, dopo decenni di dibattito in sede dottrinale e giurisprudenziale, un vuoto nell’ordinamento civile della proprieta` fondiaria: la disciplina della proprieta` collettiva, ossia di quella forma di proprieta` fondiaria che non e` riferibile a un singolo o a un ente pubblico, ma a una collettivita` di persone, le quali hanno il pari diritto di trarre utilita` dalla cosa e di escluderne i terzi (1). La legge riguar-

(*) Contributo pubblicato previo parere favorevole formulato da un componente del Comitato per la valutazione scientifica.

(1) Il tema ha una letteratura molto vasta. Cfr. F. MARINELLI, Gli usi civici, in Tratt.

Cicu-Messineo, Milano, 2013, passim, con una ricca e dettagliata appendice bibliografica. Il Trattato aveva gia` ospitato un volume dedicato al tema, a cura di Trifone (Gli usi civici, 1963). Tra le voci enciclopediche, si segnalano quelle di LORIZIO, Gli usi civici, in Enc. giur.

Treccani, Roma, 1994, passim e di GERMANO`, Usi civici, in Digesto IV, Disc. priv., Sez. civ.,

NLCC 5/2018

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da cosı` quella materia nota finora alla nostra legislazione col nome di usi civici, e ora piu` correttamente descritta come dominio collettivo (2). Non si tratta pero` di un semplice mutamento di definizione: la legge individua nella proprieta` collettiva una situazione da preservare per il futuro, non piu` un anacronismo da liquidare, per come era per la legge che disciplina ancora la materia, la l. 16 giugno 1927 n. 1766, che non viene tuttavia abrogata (3).

Nel sistema delineato dalla l. n. 168/17, il dominio collettivo e` una forma di proprieta` riservata originariamente a una comunita` ex art. 43 Cost. sulla base di taluni presupposti stabiliti dalla legge stessa. Il conte- nuto di tale proprieta` e` determinato dalla norma consuetudinaria che lo ha creato in tempi precedenti all’ordinamento dello Stato e il suo riconosci- mento e` limitato a una serie di beni, parimenti descritti dalla legge.

In questi termini la l. n. 168/17 da` ingresso nel nostro ordinamento a una situazione giuridica che trae origine nell’ordinamento medievale, ca- ratterizzato dalla piena atipicita` delle situazioni reali. Il principio che do- mina nel diritto medievale, rimasto indiscusso fino alla Rivoluzione fran- cese, e` che ogni rapporto immediato e diretto con la terra porta alla costituzione di un diritto di proprieta`, inteso come il diritto del soggetto che insiste sul fondo a continuare questa relazione con esso, esercitandovi talune attivita`, che costituiscono per questo il contenuto del suo diritto sulla cosa (4).

E` una situazione incomprensibile per il giurista odierno: la proprieta`

plurale. Almeno dal III secolo d.C., fino appunto al tardo Settecento, su uno stesso terreno esistono di norma piu` diritti proprietari titolati a sog-

vol. XIX, Torino, 1999, passim. Non si puo` non fare riferimento in questa sede all’opera di CERVATI, che si e` sviluppata in decine di saggi, i piu` importanti oggi riuniti nella raccolta a cura di F. MARINELLIe POLITI, Guido Cervati. Scritti sugli usi civici, L’Aquila, 2013, passim.

Un testo imprescindibile sul tema e` CERULLI IRELLI, Proprieta` pubblica e diritti collettivi, Padova, 1984, passim.

(2) Un mutamento di definizione che trova base nell’opera di P. GROSSI, che ai domini collettivi ha dedicato pagine tra le piu` importanti della sua produzione scientifica, a partire da Un altro modo di possedere, Milano, 1977, passim, ora riedito, con una nuova prefazione dell’autore, a cura di P. Nervi (Milano, 2017).

(3) L. 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del r.d. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l’art. 26 r.d. n. 751/24, e del r.d. 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall’art. 2 r.d. n. 751/24). Parimenti vigente il regolamento di attuazione, emanato con r.d. 26 febbraio 1928, n. 332.

(4) P. GROSSI, Le situazioni reali nell’esperienza giuridica medievale, Padova, 1967 e ID.,

‘Dominia’ e ‘Servitutes’. Invenzioni sistematiche del diritto comune in tema di servitu`, ora in Il dominio e le cose, Milano, 1992, p. 58 (v. soprattutto il §2).

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getti diversi. Un fondo si presume nella proprieta` formale del soggetto preminente che esercita poteri sul territorio – il Re, il Vescovo, il feuda- tario, un monastero o abbazia – ma registra la proprieta` sostanziale di colui il quale coltiva quella terra, ne trae sostentamento, ne migliora la qualita`

agraria. La scienza giuridica medievale tradurra` questa situazione nella teoria del dominio diviso: su ogni bene immobile potra` esservi un dominio diretto – la situazione formale intestata al concedente, priva di un rapporto materiale con la cosa – e un dominio utile, la proprieta` di chi, avendo al contrario quel rapporto materiale, ha il diritto di mantenerlo (5). Entrambe le situazioni sono difatti tutelate dallo stesso mezzo: l’azione di rivendica, che il proprietario utile potra` esercitare erga omnes, quindi anche contro il proprietario diretto che voglia estrometterlo dal fondo. Allo stesso modo, il proprietario diretto potra` rivendicare il suo diritto formale di proprieta`

contro il proprietario utile che voglia dichiararsi pieno proprietario del bene. L’acquisto del dominio diretto per usucapione da parte del proprie- tario utile e` escluso dal fatto che ciascuna di queste proprieta` ha uno specifico possesso, di contenuto autonomo: il possesso del proprietario utile – pur materialmente insistente sul bene – non puo` quindi coprire le prerogative del proprietario diretto, che restano su un altro piano, intangibile da qualsiasi azione del primo (6). Dominio diretto e dominio utile procedono quindi come due diritti autonomi sullo stesso bene, alie- nabili l’uno indipendentemente dall’altro: se un feudo viene alienato, non per questo i vari proprietari utili che ne coltivano i relativi fondi cadono dal loro diritto, ne´ possono essere unilateralmente sostituiti con altri da parte del nuovo proprietario diretto.

La proprieta` collettiva si inserisce naturalmente in questo contesto.

Vasti territori erano normalmente percepiti come di proprieta` dei villaggi adiacenti, i cui abitanti traevano da queste utilita` importanti per la loro sopravvivenza, come la raccolta di legna da ardere, il pascolo del bestiame o altre attivita` agricole (7). Ogni membro della comunita` aveva cosı` il pari diritto di usare del bene in quanto parte della collettivita` proprietaria e poteva per questo escludere i membri delle comunita` estranee. I giuristi

(5) P. GROSSI, ‘Dominia’ e ‘Servitutes’, cit., p. 61 ss.

(6) VOLANTE, Fatto normativo e interpretatio iuris, in Ordo iuris. Storia e forme dell’e- sperienza giuridica, a cura di M. Sbriccoli, Milano, 2001, p. 3 ss.

(7) OSTROM, Governing the Commons, Cambridge, 1990, testo frequentatissimo dal dibattito attuale sui cd. “beni comuni”, riporta molti esempi di organizzazione collettiva di spazi agrari o forestali. Solo taluni di questi schemi sono pero` assetti fondiari collettivi in senso proprio, poiche´ si traducono in un diritto reale, mentre altri si basano su schemi di tipo obbligatorio.

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del diritto comune rappresentarono questa realta` con la nozione giuridica di universitas, la condizione di comunita` inscindibile tra le persone che erano giuridicamente legate al territorio su cui vivevano. Proprieta` univer- sale fu il nome che fu riservato a questa situazione dominicale, che confe- riva diritti a tutti coloro i quali si fossero trovati ad essere, per un motivo qualsiasi, stabili membri di quella collettivita` (8). Un processo governato da norme consuetudinarie, diverse per ogni singola fattispecie di proprieta`

collettiva: da qui l’impossibilita` di tipizzare in una definizione cogente questo tipo di dominio, fatto di situazioni estremamente differenziate.

Qui e` il problema dogmatico della proprieta` collettiva. In primo luogo, essa non e` astratta dal suo titolo di costituzione: mentre la proprieta`

privata moderna e` sempre eguale a se´ stessa, descritta dall’art. 832 c.c., sia che nasca per invenzione o per usucapione, si acquisti per atto tra vivi o mortis causa, la proprieta` collettiva deve essere conosciuta in concreto dai fatti che l’hanno di volta in volta costituita e dai negozi che l’hanno via via trasmessa, perche´ ciascuno di questi titoli ha costituito un diritto dal contenuto proprio, che non puo` essere restituito dal confronto con un modello generale. Di conseguenza, essa non e` astratta dal soggetto: mentre la proprieta` privata, proprio perche´ non riceve il suo contenuto dal titolo di costituzione, ma dalla legge, e` ricostruibile come situazione giuridica a prescindere dal titolare, che resta un soggetto giuridico anche quando se ne priva, la proprieta` collettiva si identifica col titolare, che si estingue come soggetto giuridico nel momento in cui viene privato del bene.

L’eliminazione della pluralita` dei diritti di proprieta` sulla terra fu tra i principali obiettivi della Rivoluzione francese e dei Codici civili che da questa derivarono, primo fra tutti il Codice Napoleone del 1804. La pro- prieta` plurale era il sostrato giuridico della feudalita` e della divisione in ceti della societa`: da qui i molti provvedimenti adottati nel periodo rivo- luzionario per estinguere i molti diritti esistenti sui fondi, a favore di una proprieta` unica e assoluta, ricavata sul modello del diritto romano classico, il dominium ex iure Quiritium (9). Quest’unico tipo di proprieta` fu poi

(8) Il riferimento all’universitas dei diritti di proprieta` esercitati dai singoli e` argomento che trovo` massima applicazione nei giuristi del Cinquecento, in piena continuita`, tuttavia, con le istanze dei giuristi precedenti. Cfr. MANNORI, Il Sovrano tutore, Milano, 1994 p. 19, e G. ROSSI, Dottrine giuridiche per un mondo complesso. Autonomia di ordinamenti e poteri pazionati in un consilium inedito di Tiberio Deciani per la Comunita` di Fiemme (1580), in Ordo iuris, cit., p. 132 s. Utilissimo ZENDRI, Monti, colli e contadini alla fine del medio evo:

Bartolomeo Cipolla e l’eredita` della grande dottrina trecentesca, in Archivio Scialoja-Bolla, 2004, p. 75.

(9) Questo, almeno, nell’uso che i giuristi fecero del dominium romano come strumen-

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disciplinato dai Codici, i quali registrano ancora oggi la presenza di norme il cui unico scopo e` solo quello di impedire il ritorno, per via d’accordo tra privati, di qualsiasi sospetto di proprieta` plurale. Un esempio puo` essere tratto dall’art. 956 del nostro Codice civile che, vietando di stipulare una proprieta` delle piante separata dalla proprieta` del suolo, intende impedire il ritorno di una tipica forma di proprieta` plurale del paesaggio agrario di antico regime. La sintesi di questo complesso normativo e` il principio di tipicita` dei diritti reali, non codificato in specifiche enunciazioni di legge, ma centrale nella disciplina del Codice, appunto per escludere dalla tutela forme alternative di proprieta` plurale (10).

La previsione nei Codici civili di un unico modello proprietario avreb- be espresso i suoi effetti pro futuro, ma non avrebbe pero` eliminato gli assetti collettivi esistenti. La loro soppressione avvenne cosı` con leggi specifiche e secondo modalita` assai diversificate, che non possono qui essere esaminate in dettaglio (11). E` qui sufficiente ricordare solo una vicenda molto importante per il territorio italiano, di cui si ha modo di discutere ancora oggi nel giudizio per l’accertamento dei diritti collettivi: la Legge di abolizione della feudalita` emanata il 2 agosto 1806 da Giuseppe Bonaparte, Re di Napoli prima di Gioacchino Murat. La legge abolı` tutti i diritti feudali, trasformando i diritti del feudatario in una proprieta` priva- ta, che sarebbe stata soggetta a imposte (12). Resto` pero` senza soluzione una situazione specifica di proprieta` plurale: i demani collettivi.

Con questo nome venivano indicate le terre di minor pregio apparte- nenti al feudo, che il feudatario era tenuto a lasciare al godimento promi- scuo delle popolazioni, secondo l’ordinamento precedente (13). Il miglio- ramento delle tecniche agrarie aveva portato, all’incirca dal Quattrocento in poi, i feudatari a chiudere fisicamente le terre meglio coltivabili, per

to argomentativo per costruire la proprieta` piena e assoluta del Code Napoleon. Valgano qui le considerazioni di RODOTA`, La definizione della proprieta` nella codificazione napoleo- nica, ora in Il terribile diritto. Studi sulla proprieta` privata e i beni comuni, Bologna, 2013, p. 79.

(10) G. RESTA, Nuovi beni immateriali e numerus clausus dei diritti esclusivi, in Diritti esclusivi e nuovi beni immateriali, a cura di Resta, Torino, 2011, p. 22 s.

(11) Una rassegna puntuale si trova comunque in F. MARINELLI, Gli usi civici, cit. p.

43 ss.

(12) F. MARINELLI, op. cit., p. 35.

(13) La giurisprudenza formatasi sotto la legge del 1927 ha tradotto con il termine demanio la pluralita` dei diritti dominicali eminenti, altrimenti detti diretti nel lessico del diritto comune, presenti nell’ordinamento giuridico medievale, individuando cosı`, accanto al demanio regio e al demanio feudale anche un demanio ecclesiastico. FLORE, SINISCALCHI, TAMBURRINO, Rassegna di giurisprudenza sugli usi civici, Milano, 1956, p. 8.

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sfruttarle in proprio con manodopera salariata. La giurisprudenza napo- letana legittimo` tale pratica, ma alla sola condizione che fossero lasciate alle popolazioni i terreni meno fertili per trarvi un minimo vitale attraverso il pascolo, il legnatico, e altre simili attivita` (14).

La legge del 1806 lasciava i demani agli “attuali possessori”, ossia agli ex feudatari, ma faceva salvi i diritti di godimento delle popolazioni, che chiamo` usi civici, nell’ansia di evitare qualsiasi riferimento alla proprieta` e inaugurando cosı` il termine che ha dominato finora incontrastato nella definizione legislativa dei diritti collettivi (15). Il proposito espresso dalla legge era quello di arrivare a una divisione di queste terre tra il titolare della nuova proprieta` privata e i detentori dei diritti di godimento (16).

Esso cadde con la caduta del Regno murattiano: il restaurato regno bor- bonico mantenne la soppressione della feudalita`, ma certo non provvide alla divisione dei demani, spesso terreni incapaci di agricoltura. La legge veicolo` tuttavia un principio, quello della necessaria presenza di terreni di uso civico ove vi fosse stato un feudo, che viene costantemente applicato ancora oggi dalla giurisprudenza di Cassazione come strumento di prova per presunzione degli usi civici, anche per terreni dell’Italia del nord (17).

(14) Vanno ricordate la Prammatica de baronibus di Carlo V del 1536 e la Prammatica de salario di Carlo di Borbone del 1743. TRIFONE, voce Difesa, in Nuovo Digesto it., vol. IV, p. 818.

(15) Il termine uso civico si ritrova invero in testi precedenti, come l’importantissima Prammatica de administratione universitatum (23 febbraio 1792) con cui il Regno borbonico si disponeva alla divisione dei demani feudali tra i baroni e le universita`. In quella sede, tuttavia, l’uso civico era elemento di quantificazione della parte del demanio da assegnare all’universitas, che sarebbe cosı` rimasto in una situazione collettiva, non diritto da liquidare nella proprieta` privata del suolo.

(16) L’aspetto piu` importante della legislazione napoletana fu l’istituzione della Com- missione feudale, incaricata di risolvere le controversie tra i comuni amministrativi e gli ex baroni circa l’estensione delle terre da riconoscere come demanio comunale, destinate alla divisione. L’accertamento negativo della natura collettiva delle terre o la ripartizione delle stesse tra il barone e la comunita` importavano la liquidazione dei diritti civici con efficacia di giudicato e tale effetto viene pacificamente riconosciuto oggi dalla giurisprudenza di Cassa- zione. Si veda, tra gli esempi piu` recenti, Cass. 25 maggio 1992, n. 6231.

(17) Principio noto sotto l’espressione “ubi feuda, ibi demania”, ove per demanio (civico) si intende appunto un terreno che non era disponibile dal feudatario, perche´

vincolato alla sopravvivenza della popolazione. Cass. 27 febbraio 1946, n. 192. CERVATI, In tema di prove della natura feudale dei beni in rapporto alla presunzione “ubi feuda, ibi demania”, in Archivio di ricerche giuridiche, 1947, p. 78. TRIFONE, La massima “ubi feuda ibi demania” e il suo valore fuori dell’Italia meridionale con particolare riguardo alla Toscana, in Giurisprudenza completa della Corte suprema di Cassazione, 1949, 3, p. 526. L’orientamento permane invariato nella giurisprudenza di legittimita`. Si veda, da ultimo, Cass. 21 dicembre 2016, n. 26605.

(25)

2. Il cardine dell’ordinamento vigente in materia: la l. 16 giugno 1927, n. 1766.

Non tutti gli Stati preunitari si dettero una legislazione sulle proprieta`

universali, e se talvolta lo fecero, fu solo per alcuni territori (18). Lo stesso puo` dirsi per lo Stato unitario, che nei primi decenni della sua esistenza intese i detentori dei diritti civici o come occupatori abusivi di terre private o come soggetti tollerati a titolo precario, se esercitavano i loro usi tradi- zionali su terre pubbliche (19). Un’eccezione importante, ma limitata ai territori delle “ex province pontificie”, fu la l. 26 giugno 1888 n. 5489, che dispose la liquidazione dei diritti collettivi esistenti su terre private con la cessione al Comune di una parte del fondo reso libero, corrispondente al valore dei diritti estinti (20). La l. 4 agosto 1894 n. 397 integro` la disci- plina della l. n. 5489/1988, attribuendo la personalita` giuridica alle pro- prieta` collettive comunque denominate – universita`, comunanze o parte- cipanze– in cui i cittadini di un Comune o di una frazione esercitavano in comune la coltivazione o il godimento collettivo dei fondi (21). L’applica- zione delle leggi del 1888 e del 1894 fu sospesa dalla l. 8 marzo 1908, n.

(18) Il provvedimento piu` celebre e` il Regio editto sopra le chiudende, sopra i terreni comuni e della Corona, e sopra i tabacchi, nel Regno di Sardegna emanato il 6 ottobre 1820 da Vittorio Emanuele I per la sola Sardegna, che autorizzava la chiusura delle terre comuni e il loro passaggio in proprieta` privata. Il provvedimento cambio` drasticamente il paesaggio dell’isola, sia sotto il profilo fisico, che sotto il profilo sociale. Cfr. SATTA, Gli usi civici in Sardegna, in Domini collettivi e autonomia, Padova, 2000, p. 376.

(19) Un principio sancito dall’art. 112, l. n. 2248, 20 marzo 1865 n. 2248, all. a), la prima legge comunale e provinciale del Regno d’Italia, il quale stabiliva che i beni comunali dovevano essere “di regola” dati in affitto, ma che ove le “condizioni sociali dei luoghi” lo richiedessero, si poteva lasciare agli abitanti del Comune “il godimento in natura” del prodotto dei beni. Cfr. CERULLI IRELLI, Apprendere «per laudo». Saggio sulla proprieta` col- lettiva, in Quaderni fiorentini per la Storia del pensiero giuridico moderno, 45, 2016, p. 321.

Vanno poi segnalate quelle leggi emanate nel primo periodo unitario che riportarono le terre collettive di specifiche parti del territorio nazionale al demanio dello Stato o alla proprieta`

dei comuni: la l. 26 febbraio 1865 n. 2168, sull’affrancazione delle terre nel Tavoliere delle Puglie e il loro acquisto da parte dei comuni; la l. 23 aprile 1865 n. 2252, sull’abolizione degli ademprivi e delle cussorgie in Sardegna e la loro devoluzione ai comuni nello stato di fatto e diritto in cui si trovavano, pur con la condizione di soddisfare i diritti dei titolari dell’uso; la l. 25 maggio 1876 n. 3124 per le terre della Sila, che in parte venivano devolute al demanio dello Stato e in parte ai comuni, salve le terre gia` chiuse (difese) che venivano definitivamente attribuite ai possessori. Cfr. ZACCAGNINIe PALATIELLO, Gli usi civici, Napoli, 1984, passim, per una rassegna di questa legislazione.

(20) Su questo provvedimento cfr. P. GROSSI, Un altro modo di possedere, cit., p. 327. Si veda anche PETRONIO, Qualche spunto sulla questione demaniale in Italia prima della legge Zucconi, in AA.VV., Usi civici e proprieta` collettive nel centenario della legge 26 giugno 1888, Camerino, 1991, passim.

(21) P. GROSSI, op. cit., p. 323; F. MARINELLI, Gli usi civici, cit., p. 64.

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